n° 1 2023 | anno 3 | MAGAZINE DI ECONOMIA, AFFARI, IMPRESA E SOCIETA’ POSTE ITALIANE S.P.A. –SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE AUT. N°933 STAMPE IN REGIME LIBERO
a caccia di addetti E l’industria aumenta i ricavi
RAVENNA FORLÌ-CESENA RIMINI Agricoltura
AGROALIMENTARE DOSSIER
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Dossier Agroalimentare
in questo numero:
Meno frutta e più cereali pagina 3
In arrivo 913 milioni per l’agricoltura pagina 11
L’energia che serve ai campi e non solo pagina 15
Nei campi manca la manodopera pagina 19
L’industria alimentare al traguardo delle mille imprese pagina 23
Le coop big dell’agroalimentare pagina 27
Gli agricoltori contro il cibo sintetico pagina 35
Romagna 24 economia - Rassegna notizie pagina 39› 47
Resta uno dei settori centrali dell’economia romagnola ma sta radicalmente cambiando la geografia dell’agricoltura emiliano-romagnola nel 2023. Ci saranno meno frutteti e più ettari a seminativo. Confagricoltura Emilia-Romagna stima nell’anno la crescita delle superfici a grano fino a toccare 260.000 ettari complessivi e l’aumento dell’incidenza del duro sul tenero che raggiunge il 40%; bene inoltre l’andamento dell’orzo che arriva a sfiorare i 26.000 ettari totali. In vista delle semine primaverili, si guarda positivamente anche alle colture oleaginose, destinate al mercato alimentare (soia e girasole in primis), sulla spinta del boom di richieste innescato dal conflitto russo-ucraino. Sempre nello scenario tendenziale, è stimato invece in forte calo il mais (-15%). In questo numero di Romagna24Economia passiamo in rassegna le principali problematiche legate alla coltivazione dei terreni e alla trasformazione dei prodotti agricoli.
RASSEGNA NOTIZIE 1
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MENSILE DI ECONOMIA, AFFARI, IMPRESA E SOCIETA’
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L’ORO DELLA TERRA
RECUPERO RIFIUTI AGROALIMENTARI
IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO
ll compost, detto anche terricciato o composta, ottenuto nell’impianto ADCOMPOST è il risultato della decomposizione e dell’umificazione di un misto di materie organiche naturali quali: residui di potatura, sfalci, scarti lignei, scarti alimentari, i rifiuti del giardinaggio come foglie e erba. Il compost può essere utilizzato: come fertilizzante su prati o prima dell’aratura, come terriccio per giardinaggio e vivaismo e come ammendante in una molteplicità di applicazioni agricole. Il suo utilizzo, con l’apporto di sostanza organica e oligoelementi migliora la struttura del suolo e la biodisponibilità di elementi nutritivi (composti del fosforo e dell’azoto). Come attivatore biologico aumenta inoltre la biodiversità della microflora nel suolo aumentando le difese immunitarie delle piante. Tutto il compost prodotto nell’impianto ADCOMPOST deriva unicamente dalla filiera agro-alimentare e non è prevista la trasformazione di scarti/sottoprodotti al di fuori di tale filiera.
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Meno frutta e più cereali
L’agricoltura romagnola cambia pelle
Cambia la geografia dell’agricoltura emilianoromagnola nel 2023. Ci saranno meno frutteti e più ettari a seminativo. Confagricoltura Emilia-Romagna stima nell’anno la crescita delle superfici a grano fino a toccare 260.000 ettari complessivi e l’aumento dell’incidenza del duro sul tenero che raggiunge il 40%; bene inoltre l’andamento dell’orzo che arriva a sfiorare i 26.000 ettari totali. In vista delle semine primaverili, si guarda positivamente anche alle colture oleaginose, destinate al mercato alimentare (soia e girasole in primis), sulla spinta del boom di richieste innescato dal conflitto russo-ucraino. Sempre nello scenario tendenziale, è stimato invece in forte calo il mais (-15%). Lo sguardo d’insieme sulle colture a seminativo in EmiliaRomagna rileva la costante diminuzione delle risaie, che in sei anni si sono ridotte della metà (da 8.000 a 4.000 ettari circa). Pressoché stabile, oltre i 15.000 ettari, la superficie a barbabietola da zucchero destinata all’unica filiera
Oltre 307mila gli ettari coltivati tra Imola e Cattolica
bieticolo-saccarifera d’Italia. «Si conferma per il quarto anno consecutivo l’incremento delle coltivazioni di grano tenero e duro in tutta la regione – dichiara il presidente dei cerealicoltori di Confagricoltura
Emilia Romagna, Lorenzo Furini -. Nel 2022 la resa si è attestata mediamente al di sotto degli standard del territorio a causa delle difficili condizioni climatiche, a fronte però di quotazioni del periodo sensibilmente elevate. Cresce anche la superficie a orzo seguendo la buona performance commerciale ottenuta dal cereale anche in terreni cosiddetti “marginali”. Flette quella del mais per la scarsa redditività e i costi di produzione troppo alti: la coltura richiede una giusta concimazione e molta acqua».
E la Romagna si colloca a pieno in questo trend. Da Imola a Cattolica sono oltre 307mila ettari coltivati (il 23,6% della superfice agricola regionale) che produce oltre 1 miliardo di valore sui 4,45 realizzati a livello regionale. “Il dramma è
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Nei primi sei mesi del 2022 le esportazioni del comparto agroalimentare (produzioni agricole e industria alimentare) del territorio Romagna (ForlìCesena e Rimini) sono state pari a 494,5 milioni di euro e sono cresciute del 16,6% (+16,3% Emilia-Romagna, +18,7% Italia). L’export agroalimentare costituisce il 13,5% del totale provinciale, valore che si mantiene superiore al dato regionale (12,8%) e nazionale (9,6%). Il 19,4% del valore dell’export agroalimentare provinciale deriva da prodotti di colture permanenti (frutta), il 19,2% da colture non permanenti (cereali), il 13,4% sono “altri prodotti alimentari” (pasti preparati), il 13,2% bevande (sostanzialmente vino) e il 10,1% carne e prodotti a base di carne. I principali Paesi di destinazione dell’export agroalimentare sono Germania (17%), Stati Uniti d’America (9,4%), Francia (6,5%), Spagna (5,1%), Paesi Bassi (4,7%) e Belgio (4,3%).
“I dati sull’agroalimentare italiano nei primi sei mesi dell’anno confermano che il settore sta registrando un trend di crescita storico. Un dato particolarmente buono anche per un settore anticiclico come questo, poco correlato al ciclo economico, che risente meno delle fasi di rallentamento o recessione economica – dichiara Carlo Battistini, presidente della Camera di commercio della Romagna – e anche nei nostri territori i numeri sono positivi; i risultati in crescita dimostrano la qualità dei prodotti che le nostre imprese sanno portare sui mercati internazionali. La Camera della Romagna ha tra le proprie linee strategiche l’Internazionalizzazione del nostro tessuto produttivo, che sosterrà con attività specifiche e con il sostegno alle iniziative di sistema che promuovono le nostre produzioni all’estero”. In particolare, per la provincia di Forlì-Cesena nei primi sei mesi del 2022 le esportazioni del comparto agroalimentare (produzioni agricole e industria alimentare) sono state pari a 328 milioni di euro e sono cresciute del 7,3% (+16,3% Emilia-Romagna, +18,7% Italia). L’export agroalimentare costituisce il 14,7% del totale provinciale, incidenza che si mantiene superiore al dato regionale (12,8%) e nazionale (9,6%). Il 2021 è stato archiviato con
Dalla Romagna alle tavole del mondo
Dalla frutta al vino esportazioni in continua crescita
una crescita delle esportazioni pari all’8,9% (+15,3% Emilia-Romagna, +11,1% Italia). Il 26,7% del valore dell’export agroalimentare provinciale deriva da prodotti di colture permanenti (frutta), il 25,4% da colture non permanenti (cereali), il 12,8% carne lavorata e prodotti a base di carne, l’8,8% oli e grassi vegetali e animali e il 6,4% dalle bevande (sostanzialmente vino). I principali Paesi di destinazione dell’export agroalimentare sono prevalentemente europei: Germania (20,9% l’incidenza), Paesi bassi (6,0%), Belgio (5,5%), Francia (5,4%) e Spagna (4,4%).
Per quel che riguarda la provincia di Rimini, nei primi sei mesi del 2022 le esportazioni del comparto agroalimentare (produzioni agricole e industria alimentare) sono state pari a 167 milioni di euro e sono cresciute del 40,6% in termini nominali (+16,3% Emilia-Romagna, +18,7% Italia). Il rilevante incremento riportato nel periodo gennaio-giugno 2022 deve essere contestualizzato alla parzialità del dato semestrale e alla stagionalità di alcuni prodotti agroalimentari, nonché all’effetto dell’inflazione che si è riflesso sul valore nominale delle esportazioni. L’export agroalimentare Riminese costituisce l’11,5% sul totale provinciale, incidenza che risulta inferiore al dato regionale (12,8%) ma superiore a quella nazionale (9,6%). Il 2021 è stato archiviato con una crescita delle esportazioni pari al 10,0% (+15,3% EmiliaRomagna, +11,1% Italia). Il 34,3% del valore dell’export agroalimentare provinciale deriva da “altri prodotti alimentari” (vale a dire piatti e pasti preparati), il 30,6% da bevande (sostanzialmente vino), il 14,5% pesce e prodotti della pesca e il 5,6% da prodotti per alimentazione degli animali (mangimi). I principali Paesi di destinazione dell’export agroalimentare riminese sono Stati Uniti d’America (25,1% del totale), Francia (9,3%), Spagna (6,8%), Germania (6,8%) e Regno Unito (3,3%).
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Carlo Battistini, presidente Camera di commercio della Romagna
che non sappiamo più su cosa investire, con prezzi sempre più volatili e peculiarità locali che rischiano di scomparire. Il 2023 – spiega il presidente di Confagricoltura Ravenna Andrea Betti – si apre con non poche preoccupazioni, a partire da quella climatica che dopo un inverno che non è stato inverno temiamo le ormai consuete gelate primaverili. Ma a parte queste incognite l’agricoltura romagnola, e quella ravennate in particolare, sta cambiando faccia, con sempre meno frutteti e sempre più seminativo. Si continuano ad estirpare frutteti, a partire da peschi e prugne e così il ravennate rischia di perdere una sua peculiarità. Servirebbero dei seri, ripeto, seri, progetti di valorizzazione che promuovano la nostra frutta anche all’estero ma purtroppo non è stato fatto quasi niente di significativo. E i risultati sono sotto i nostri occhi con espianti a getto continuo”. E se si perdono i frutteti aumenta la quota di seminativo. “Certamente – spiega Betti - ma non tutti i terreni, penso in particolare quelli sopra la via Emilia nel faentino, pur interessato da larghi espianti di frutteti, sono solo parzialmente idonei al seminativo e al grano in particolare e necessitano di abbondanti apporti di acqua che, da parte sua, è sempre più rara. Peraltro con rese per ettaro tra i 40 e i 50 quintali che sono circa la metà dei terreni di pianura”. Del resto, colture non irrigue diventano, per necessità, irrigue se vogliono sopravvivere agli effetti del cambiamento climatico: siccità e ondate di calore. Su tutte la soia, che in regione rappresenta circa 43.000 ettari coltivati, ed è la componente proteica più comune nella mangimistica. «Dove si è potuto dare acqua – spiega Marco Faccia,
responsabile oleaginose per Confagricoltura Emilia-Romagna – le rese sono state soddisfacenti, tra i 20 e i 35 quintali ad ettaro con punte di 40, ma senza irrigazione di soccorso sono scese fino a 5 quintali ad ettaro (idem per i secondi raccolti). Il prezzo all’origine ha oltrepassato i 60 euro al quintale nel 2022 e non può che essere di buon auspicio per il futuro nonostante la fiammata dei costi colturali nelle principali voci di spesa: diserbanti, concimi e gasolio agricolo. In estrema sintesi – sottolinea il produttore ferrarese di semi oleosi – ci attendiamo un trend positivo delle semine anche nel 2023 per soia, colza e girasole “alto-oleico” ad uso alimentare». Preoccupa, infine, la crescente disaffezione alla risicoltura oggi estesa su 4000 ettari soltanto, quasi interamente concentrati nel ferrarese.
Per il presidente di Coldiretti Ravenna Nicola Dalmonte nel 2023 la situazione di contesto non sta migliorando con costi energetici sempre elevati e materie prime costose. Per quel che riguarda il 2022 la frutta non è andata benissimo
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Andrea Betti, presidente Confagricoltura Ravenna
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Lorenzo Furini, presidente cerealicoltori di Confagricoltura Emilia Romagna
Due cose contribuiscono ad avanzare: andare più rapidamente degli altri o andare per la buona strada
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causa una contrazione generalizzata dei consumi ma quel che stupisce, semmai, sono i costi dei terreni. “I prezzi sono ancora molto alti rispetto alle rese economiche dei terreni e le porzioni irrigabili nel ravennate vanno tra i 40 e i 60mila euro l’ettaro; per le zone collinari –spiega Dalmonte - non irrigabili di fatto quasi non c’è mercato e se si vendono parliamo di cifre che non superano i 20mila euro l’ettaro”.
E quello dell’irrigazione resta uno dei problemi principali del settore agricolo che però in Romagna è stato affrontato per tempo. “Tra Faenza e Castel Bolognese abbiamo realizzato 3 laghetti – spiega Dalmonte – che nel 2024 saranno messi in rete con il Cer, Canale emiliano-romagnolo per cui dalle nostre parti l’acqua non è più il primo problema. E la strada obbligata, ovunque ce ne sia la possibilità, è quella di creare laghi artificiali in gradi di contenere le acque nel momento in cui essa si renda disponibile poi conservarla”. Ma Dalmonte è anche presidente del Cer il cui apporto economico vale 324 milioni di euro l’anno: è questa la positiva sintesi dei valori economici complessivi generati dal Canale Emiliano-Romagnolo nel territorio in cui è presente, (Province di Ferrara, Modena, Bologna, Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena) e certificata dall’approfondito studio, durato due anni, realizzato in collaborazione con lo staff tecnico-scientifico esperto di un partner d’eccezione, Nomisma. Il principale beneficiario del valore del Cer è senza dubbio il settore primario, l’agricoltura che, d’altra parte rappresenta la principale mission per cui lo stesso canale è stato istituito oltre 60 anni fa: dall’indagine emerge chiaramente che, nella sua complessità, ogni anno l’acqua “preziosa” distribuita dal Cer assicura una produzione agricola per un valore pari a 304 milioni di euro. Il territorio interessato dal sistema del Canale ha una superficie
di 336.000 ettari di cui 227.000 ettari di superficie agraria. Di questi, 158.000 sono attualmente irrigabili con opere di distribuzione canalizzate. Si stima che l’acqua distribuita su circa 75-80 mila ettari di superficie abbia determinato un valore aggiunto sulla Produzione lorda vendibile (Plv), valutabile in circa 1 euro a metro cubo nelle annate più siccitose e in circa 0,35 euro a metro cubo in quelle umide. Il canale parte da S. Agostino, in provincia di Ferrara e termina in provincia di Rimini in prossimità del fiume Uso. La sua portata si riduce progressivamente lungo il percorso, passando dagli iniziali 60 metri cubi al secondo a 6 metri cubi al secondo nella fase finale. L’attività del Cer è di grande importanza per il territorio emiliano romagnolo in quanto riguarda una grande varietà di soggetti di diversa natura. Quella del Cer può essere definita un’azione ad ampio raggio, essa infatti interessa numerosi settori: agricolo, industriale, civile e ambientale. Simbolo concreto dell’importanza e dell’impegno del Cer nella distribuzione della risorsa idrica per usi extragricoli è la costituzione di Plurima spa, fra il Canale Emiliano Romagnolo e Romagna Acque per la gestione delle acque per usi civili, industriali e ambientali in Romagna e più precisamente per le aree di Faenza, Ravenna, Forlì e Cesena. Coprendo e assicurando l’approvvigionamento idrico ad un’area che rileva molte problematiche sotto questo aspetto. Esempi concreti della grande varietà ed impiego delle acque del Canale sono l’alimentazione, a 5 km dalla foce del Reno tramite uno sbarramento mobile che rende possibile la derivazione dal fiume, del Petrolchimico di Ravenna, dei vari stabilimenti industriali, dell’acquedotto di Ravenna e delle varie utenze irrigue dei territori a nord della città. Ma il Cer influisce anche sull’ecosistema del nostro territorio e sulla preservazione della biodiversità: la sua attività apporta infatti benefici anche sotto il profilo ambientale e della sostenibilità, consentendo di erogare servizi ecosistemici pari ad almeno 20 milioni di euro all’anno.
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Nicola Dalmonte, presidente Coldiretti Ravenna
Dei 1.300 agriturismi attivi in Regione circa 400 sono quelli attivi in Romagna con la provincia di Forlì-Cesena che ne detiene il numero maggiore seguita da Ravenna e da Rimini. Stando al numero di presenze registrate nelle strutture agrituristiche della nostra regione, il 2022 chiude con un bilancio tutto sommato positivo per alloggi e ristorazione, con un aumento di turisti italiani e stranieri, ma l’incremento insostenibile dei prezzi di luce, gas e materie prime ha ridotto all’osso i margini. Altra nota dolente è la mancanza di personale e la ristorazione viaggia al 50% del suo potenziale: non si trovano camerieri e nemmeno addetti alla cucina, spesso le strutture sono costrette a dire di no ai clienti: meno pranzi e cene. Il comparto nel 2022 registra fatturati spesso superiori al periodo pre-pandemia con richieste record per le festività natalizie e Capodanno, però sconta i rincari e una maggiore mole di lavoro dovuta all’organico sottodimensionato. Poi il nodo manodopera rischia di vanificare il buon risultato raggiunto nella ristorazione, nella valorizzazione di prodotti tipici del territorio, mettendo in difficoltà la tenuta del sistema. “Il lavoro non manca, anzi – spiega Fabio Della Chiesa, presidente provinciale di Terranostra, l’associazione degli agriturismi di qualità Coldiretti di Forlì-Cesena e Rimini e titolare dell’agriturismo Punto Zero nei pressi di Cesena – specie per coloro che stanno imboccando la strada della ristorazione di qualità nel rispetto della tradizione. Noi sosteniamo la possibilità di diventare agrichef, cioè di portare la giusta innovazione all’interno dell’utilizzo di materie prime locali e di ricette della nostra tradizione”. E così fanno l’ingresso in cucina le cotture a bassa temperatura e le marinature sotto vuoto. “Ma noi ne facciamo solo una questione di innovazione qualitativa senza stravolgere i nostri menù. Ad esempio io propon-
go la tagliata, poi come la realizzo e la cucino è un altro conto; noi vogliamo continuare a vendere la tradizione, solo cerchiamo di innovare quel che serve per avvicinare anche nuovi clienti”. E i clienti recepiscono. “Noi - spiega Della Chiesa – siamo ripartiti alla grande e il vero problema di questi mesi non è trovare clienti ma trovare personale. Di soggetti qualificati in giro se ne trovano pochissimi e pochi sono disponibili al lavoro al sabato e alla domenica; e la colpa è anche dei social che ingigantiscono un problema che in parte è sempre esistito ma così facendo inducono molti giovani a dire che il sabato e la domenica non si lavora”. Anche per Alessandro Ricci Bitti vicepresidente ravennate di Agriturist regionale il comparto sta andando bene. “Sicuramente stiamo andando bene come presenze sia al ristorante che come pernottamenti ma dobbiamo dire che all’incremento dei fatturati, causa i costi proibitivi, non fa riscontro l’aumento dei margini che, anzi, tendono a comprimersi sempre più. In questo senso diventa fondamentale per le strutture non vicine alla città come le nostre collocate tra Casola Valsenio e Riolo Terme, cercare di incrementare i flussi anche fuori stagione. E ad esempio noi lavoriamo molto anche grazie agli eventi organizzati dal circuito di Imola o legati al ciclismo come è stato per i mondiali e come sarà grazie al Tour de France che fassa dalle nostre parti”. Un lavoro quello degli agriturismi fatto di picchi e di vuoti che rende complesso anche il reperimento della forza lavoro. Mancano sia camerieri sia personale di cucina, ma anche alla reception, e di certo non ci aiuta il fatto di aver bisogno soprattutto nei fine settimana e comunque con orari non da ufficio.
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Alessandro Ricci Bitti, vicepresidente Agriturist Emilia Romagna
Fabio Della Chiesa, presidente provinciale Terranostra
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Agriturismi al lavoro ma manca il personale L’ospitalità contadina fa il pieno di presenze
La fauna selvatica mette a rischio la sicurezza dei cittadini e costa cara all’agricoltura dell’Emilia-Romagna. Confagricoltura stima quasi 3 milioni annui di danni provocati da specie cacciabili (in primis ungulati, lepri e fagiani) e non (oche, picchi, cormorani e altro), fermo restando i crescenti attacchi a bestiame e animali domestici da parte del lupo: un problema trop-
La fauna selvatica costa cara agli agricoltori
Oltre 3 milioni i danni da cinghiali e non solo
po sottovalutato. «Agire in fretta affinché siano rispettati gli obiettivi dei Piani di prelievo annuali approvati dalla Regione. Per quanto concerne il cinghiale, che è un animale pericoloso sia per l’uomo che per l’economia del territorio in quanto rappresenta il principale veicolo di diffusione della peste suina africana, non si è raggiunto il target nel 2020 (su 30.000 capi prelevabili assegnati, ne sono stati realmente abbattuti 21.000), e neppure nel 2021: sono stati prelevati solo 26.000 capi sui 34.000 indicati nel Piano. A fine anno la Regione ha pubblicato tre bandi della programmazione scorsa in via di conclusione, che riguardano le misure per fronteggiare i danni da fauna, le attività di informazione e l’agricoltura sociale, per un valore complessivo di 6,1 milioni di euro.
“A nostro avviso – propone Confagricoltura EmiliaRomagna – occorre rafforzare le misure di autodifesa dell’agricoltore che finora hanno dato buoni risultati e consentire l’utilizzo di un maggior numero di coadiuvanti, cacciatori abilitati. Fondamentale è attivare anche nuovi corsi di abilitazione su tutto il territorio». Per risarcire gli agricoltori, si legge nel Report redatto dalla Confagricoltura regionale, sono stati spesi 1.790.000 euro di soldi pubblici nel 2021 – somma che include gli importi ero-
gati dalla Regione Emilia Romagna (1.140.000 euro) e dagli ATC-Ambiti territoriali di caccia per i danni arrecati dalla fauna cacciabile nel rispettivo territorio di competenza (circa 650.000 euro) -, ma ben superiore è stata la perdita di prodotto realmente subita dalle aziende agricole e zootecniche. Infatti, nell’ammontare dei risarcimenti il danno è stato sottostimato, non si è tenuto conto delle produzioni agricole di particolare pregio (biologico, trasformazione e commercializzazione diretta del prodotto di qualità). Al totale calcolato, prosegue l’analisi, bisogna quindi aggiungere almeno un + 15% (268.500 euro). E non solo. Per avvicinarsi alla realtà, la cifra va ulteriormente maggiorata del 30% (617.550 euro), in considerazione del fatto che molte aziende non hanno potuto accedere al contributo a causa del superamento del limite “de minimis”. «In sintesi, nel 2021, l’entità dei danni all’agricoltura regionale da fauna selvatica, cacciabile e protetta, è stata pari a 2.676.050 euro e per il 2022 – conclude Confagricoltura Emilia-Romagna – possiamo certamente confermare il trend di crescita annuale del periodo 2019-2021 (+2530%), visto il costante aggravarsi della situazione e la presenza massiccia di animali selvatici non solo in collina e montagna ma anche in pianura, appesantita dalla grave siccità che ha costretto, ad esempio, i cinghiali a scendere a valle alla ricerca di cibo in particolare nei campi di grano, mais, patate e sorgo. Che ha visto le lepri invadere i vivai, attaccare i terreni coltivati a orticole, soia e girasole senza risparmiare frutteti e vigneti. Che ha assistito al proliferare di una “nuova” specie non cacciabile, l’oca selvatica, soprattutto nelle province di Ferrara, Modena e Bologna, talmente dannosa da decimare colture a seminativo già in sofferenza per il caldo africano e lo stress idrico».
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Oltre 913 milioni di euro per l’EmiliaRomagna, 132 in più confrontando le risorse 2014-20 con quelle del periodo 2021-27. È uno dei risultati dell’accordo tra le Regioni per il riparto del Fondo europeo per l’agricoltura. L’intesa è stata approvata dalla Conferenza Stato-Regioni e vede l’Emilia-Romagna al primo posto per valore delle risorse assegnate fra le regioni del centro nord.
In sostanza nell’accordo raggiunto sul Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (Feasr), la Regione per il periodo 2023-2027 potrà contare su 913,2 milioni di euro, così suddivisi: quasi 372 milioni di risorse comunitarie, 379 milioni di finanziamento statale e 162,5 milioni a carico del bilancio regionale.
Le risorse Confrontando le risorse per la programmazione 2014-20 con quelle del periodo 20212027 (che comprende i due anni di transizione 2021 e 2022 più la nuova programmazione 2023-2027), la differenza è di oltre 132 milioni di euro di risorse in più. Un risultato reso possibile, oltre che dal superamento del criterio dei parametri storici di riparto, dalla maggiore quantità di risorse comunitarie ottenute nel periodo di transizione 21-22 e dal maggiore cofinanziamento nazionale (sia statale sia regionale), per il periodo 2023-2027. In estrema sintesi, gli elementi alla base del riparto delle risorse per lo sviluppo rurale 2023-2027 sono l’utilizzo di nuovi parametri che hanno consentito di migliorare la posizione
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In arrivo 913 milioni per l’agricoltura L’importo dei fondi Por-Fesr per l’Emilia-Romagna
Da parte sua la Regione investe 162 milioni per lo sviluppo del settore
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Da anni l’Azienda Agricola Casadei ha intrapreso un progetto di forte valore territoriale, con la produzione di vino Sangiovese di Romagna, Albana di Romagna e la coltivazione degli ulivi per la produzione dell’olio extravergine d’oliva. Qui, le vigne si incontrano con gli ulivi in un panorama bucolico, accogliente e tranquillo. L’azienda a conduzione famigliare essendo da sempre grande amante della vera storia e tradizione romagnola, le vuole raccontare con l’intento di far conoscere e apprezzare i prodotti del nostro meraviglioso territorio. Inoltre, già certificata come azienda biologica continua a concentrare i suoi sforzi sia in campo sia all’interno della cantina per avere un’attenta cura dell’ecosistema e un continuo studio delle tecniche che lo salvaguardino.
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regionale, in particolare nei confronti delle aree del centro nord e il superamento del criterio storico, l’Introduzione di strumenti di perequazione per attenuare la riduzione di risorse a disposizione delle Regioni del centro sud, la variazione della percentuale di cofinanziamento comunitario con conseguente maggiore impegno a carico delle risorse statali, ma anche regionali. “Un traguardo che ci soddisfa molto, frutto di un’intensa attività di confronto fra le Regioni e con l’allora ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli. Un successo politico importante sia per la disponibilità del Governo di mettere maggiori risorse
sia per l’impegno delle Regioni a favore di tutti i territori. In questo modo sarà possibile proseguire, senza rallentamenti, il lavoro per la nuova Politica agricola comunitaria e dare le risposte necessarie a chiudere il negoziato con la Commissione europea, dando avvio alla fase attuativa della nuova programmazione”, ha spiegato l’assessore all’Agricoltura Alessio Mammi.
“La programmazione del PSR 20232027 – commenta il direttore di Coldiretti Regionale Marco Allaria Olivieri – offre dotazioni finanziarie molto importanti a favore dell’agroambiente nel corso di tutto il periodo, i 188 milioni di euro dedicati all’agricoltura biologica come i 60 milioni di euro dedicati alla produzione integrata, fortemente voluta e richiesta da Coldiretti anche per il sostegno al mantenimento ovvero per coloro che avevano già adottato
tale tipo di gestione in passato, devono essere fruibili in maniera semplice e veloce da parte delle imprese”. Gli 11 bandi usciti a fine 2022 riguardano le produzioni integrate e biologiche, le tecniche di lavorazione dei suoli rispettose dell’ambiente, la gestione di prati e pascoli, gli interventi per favorire l’agrobiodiversità e per un uso più sostenibile dei prodotti fitosanitari.
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Alessio Mammi, Assessore regionale all’agricoltura e agroalimentare, caccia e pesca
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Produrre energia come integrazione al reddito agrario. Una strada che molti agricoltori stanno seguendo e che se non può essere considerata una attività primaria (che resta quella di produrre beni legati all’alimentazione umana o animale) resta comunque una buona strada per mettere a frutto o porzioni marginali di terreno o copertura di spazi aziendali. Di fatto, le ‘agroenergie’ – termine sempre più diffuso per definire l’energia prodotta dalle imprese agricole, zootecniche, forestali e dall’agroindustria – costituiscono oggi in Italia la più importante fra le fonti energetiche rinnovabili per l’ampia disponibilità di materia prima e, soprattutto, perché possono fornire elettricità, calore e biocarburanti con tecnologie mature e affidabili. Tuttavia, se la biomassa è una risorsa rinnovabile, continua e programmabile, non è inesauribile e deve essere utilizzata in modo da permetterne la ricostituzione senza alterare gli ecosistemi e senza entrare in conflitto con l’uso del suolo agricolo per la produzione di alimenti e mangimi: di fatto, l’uso a fini energetici deve essere assolutamente “sostenibile”. Il 2023
potrebbe essere l’anno di svolta per l’agrovoltaico, a partire dal decreto attuativo che sbloccherà i fondi Pnrr, atteso a breve. Si tratta di 1,1 miliardi di euro per lo «Sviluppo agrovoltaico», che fissa l’obiettivo di installare entro il 2026 impianti per 1,04 gigawatt, con una produzione di circa 1.300 gigawattora annui. L’obiettivo è quello di ridurre i costi di approvvigionamento energetico del settore agricolo, oggi oltre il 20% dei costi aziendali, e migliorarne le prestazioni climatiche e ambientali, con una diminuzione potenziale di 0,8 milioni di tonnellate di CO2. Nel dettaglio, i fondi dovrebbero prevedere contributi a fondo perduto fino al 40% per la realizzazione degli impianti definiti agrivoltaici avanzati. E stanno avanzando progetti in cui i pannelli fotovoltaici non sono in competizione con le colture ma si integrano con esse ad una altezza di oltre 4 metri dal piano di campagna. Ad esempio, le installazioni della Remtec di Mantova con il sistema Agrovoltaico® ad inseguimento solare (cioè i pannelli ruotano per “cercare” il sole) se non comporta alcun impatto sulla resa agricola media, su altre
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L’energia che serve ai campi e non solo Avanzano le realizzazioni per produrre tra i filari e sui tetti
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Interessante l’esperienza della coop Mirasole che aiuta le imprese a gestire i progetti
ne migliora la produzione. Gli studi effettuati hanno evidenziato un incremento di produzione del 4.3% per il mais sotto a un impianto Agrovoltaico® rispetto allo scenario in campo aperto.
Il sostegno per il fotovoltaico agricolo, concesso tramite il regime approvato, si traduce in sovvenzioni dirette fino al 90% dei costi di investimento ammissibili: i beneficiari potranno investire in capacità fotovoltaiche non eccedenti il proprio fabbisogno energetico, per cui i contributi saranno soggetti a massimali in funzione della capacità dell’impianto fotovoltaico. Gli aiuti saranno finanziati con il Recovery Fund europeo (RRF – Dispositivo per la ripresa e la resilienza), a seguito della valutazione positiva della Commissione e del Consiglio UE delle misure previste nel PNRR italiano.
Interessante l’esperienza di Roberto Bassi, imprenditore agricolo a Castel Bolognese (Ravenna) che oltre ad avere installato un impianto energetico è anche vicepresidente della cooperativa Mirasole.
Partendo dall’esperienza personale, Roberto Bassi spiega che la decisione di avviare l’attività energetica nasce dalla convinzione di dover diversificare l’attività. “Attualmente – spiega Bassi che gestisce un’azienda di 27 ettari – circa il 15% delle entrate dell’azienda arriva dalla parte energetica, sia sui tetti che a terra, e dall’altra parte l’installazione del fotovoltaico ci ha permesso di ridurre del 40% i costi dell’approvvigionamento energetico. Ma sia chiaro che noi siamo principalmente agricoltori e non vogliamo né abbattere i frutteti per fare energia né creare nei campi delle centrali di produzione. Semplicemente cogliamo una importante occasione di produrre un bene
che serve anch’esso alla collettività, come i prodotti agricoli, ma in misura limitata rispetto al nostro business principale che resta l’agricoltura”. E da parte degli agricoltori c’è molto interesse verso l’energia. Lo dimostra l’attività della Cooperativa Mirasole che conta già 180 soci in area romagnola. Mirasole è una cooperativa di servizi a mutualità prevalente con esperienza nel settore delle fonti rinnovabili. Svolge molteplici servizi per la gestione degli impianti, sviluppa, per i propri associati, convenzioni assicurative, manutentive e di gestione collegiale dell’energia, offrendo competenze professionali a prezzi vantaggiosi. Mirasole valuta l’economicità di nuovi investimenti per la produzione di energia verde, sia in contesto aziendale che domestico. La coop Mirasole nasce nel 2010 con lo scopo di gestire collegialmente gli impianti fotovoltaici realizzati da un ristretto gruppo di Soci fondatori. La compagine sociale, costituita inizialmente da imprese agricole produttive della provincia ravennate, è cresciuta aggregando nuove aziende (non solo agricole) fino a costituire un ampio gruppo uniformemente distribuito su tutto il territorio romagnolo. Oggi Mirasole vanta contatti e rapporti con centinaia di soggetti offrendo servizi gestionali a più di 400 impianti, per un valore complessivo di investimento che supera i 130 milioni di euro. Lo scopo sociale è quello di promuovere, gestire, valorizzare la produzione di energia da fonti rinnovabili per favorire il risparmio energetico e la ricerca dell’equilibrio ottimale tra qualità delle produzioni, tutela dell’ambiente ed investimento economico. Mirasole opera per fornire servizi gestionali ai propri soci e clienti e calmierare i costi. Fornisce chiarimenti utili in rapporto agli obblighi di legge, favorisce la realizzazione di nuovi investimenti, attraverso la collaborazione di molteplici partner, e promuove iniziative per la corretta gestione delle fonti rinnovabili. In pratica valorizzare l’etica del settore offrendo scelte strategiche in termini di sostenibilità economica ed ambientale.
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Roberto Bassi imprenditore agricolo e vice presidente della Coop Mirasole
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Si pensa all’acqua e all’emergenza climatica quando si riflette sul problema principe dell’agricoltura italiana ma se si parla con gli operatori emerge anche un’altra realtà, forse ancora più problematica: l’emergenza lavoro. Con i giovani italiani che snobbano la campagna ormai in mano per la gran parte a lavoratori stranieri. La realtà, infatti, è che non si trovano addetti, né per le lavorazioni né per la raccolta dei prodotti, frutta in primis che nella scorsa stagione è stata anche fatta marcire sugli alberi perché non si trova chi la raccolga. “Proprio così – spiega il presidente di Coldiretti Ravenna Nicola Dalmonte – e il lavoro è diventato il nostro primo problema. Il decreto flussi non dà risposte soddisfacenti nel senso che chiediamo 10 e arriva si è no 3, ma poi ci sono una infinità di lungaggini burocratiche. La verità è che tutto questo incide sugli investimenti che gli agricoltori faranno e sul tipo di prodotti che ricaveremo dai terreni. Che significa meno frutta, più viticoltura, anche se i costi di impianto sono saliti moltissimo, e più seminativo”.
E il decreto flussi è appena arrivato. Nel 2023 potranno entrare legalmente in Italia per lavorare come stagionali in agricoltura 44mila cittadini extracomunitari. Il decreto flussi, infatti, fissa a 82.705circa 13mila in più rispetto al 2022 - gli ingressi dei lavoratori non Ue per l’anno in corso. Alle campagne dunque è riservata circa la metà delle domande, con un aumento rispetto all’anno scorso di 2mila unità. All’interno della quota agricola, inoltre, 1.500 sono le posizioni per le richieste di nullaosta stagionale pluriennale, che cioè consentiranno alle imprese di richiamare il lavoratore in maniera automatica negli anni successivi, senza dover attendere la pubblicazione di un nuovo decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Per presentare le domande ora bisognerà attendere la fine di marzo. Un po’ tardi per chi si occupa delle colture primaverili. Anche quest’anno, insomma, il decreto è arrivato lungo. Anche Franco Folli, imprenditore agricolo a Massa Lombarda, conferma. “Finirà che i nostri investimenti saranno guidati per la gran parte dal fatto che le colture siano mecca-
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Nei campi manca la manodopera
Gli italiani snobbano le campagne e gli stranieri sono pochi
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Si investe sempre più sulle colture altamente meccanizzabili
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nizzabili o meno. Per esempio, il kiwi giallo sarebbe interessante ma ha bisogno di molto lavoro manuale e ora come ora non si può affrontare. Diverso il discorso della vite e dell’uva la cui coltura è oggi meccanizzata al 60-70% perché - potatura a parte, ma ci sono sperimentazioni anche su quel fronte - si può gestire con macchine. Quindi il seminativo resta la prospettiva più percorribile. Ad ogni modo noi abbiamo oltre in terzo dei terreni a frutta e vite e di sicuro la quota di frutteto non aumenta; anzi, tende leggermente a diminuire”. E questo essenzialmente per la mancanza di manodopera. “Lo scorso anno non abbiamo raccolto susine perché non avevamo personale e le cose non paiono migliorare”, spiega Folli. Che aggiunge: “noi stabilmente occupiamo 20 addetti che diventano 45 in estate. Per la gran parte sono stranieri, in primis albanesi, rumeni e qualche sudamericano. I giovani italiani? Sono pochi e quasi sorpresi dal fatto che il lavoro all’esterno in piena estate possa non essere piacevole. Un tempo davamo lavoro a studenti, oggi non più”. La paga netta per chi lavora sono una cinquantina di euro al giorno mentre all’azienda ne costano poco meno di 100. “Il fatto è – spiega Folli - che sentiamo la concorrenza di altri settori come l’artigianato in cui vi è uno sgravio contributivo per chi assume i giovani under 35. E alla fine lavorare in fabbrica è più piacevole che starsene fuori magari con 40 gradi. Ad ogni modo, devo dire che sotto questo profilo i ragazzi italiani sono stati un po’ una delusione anche perché mollano alla prima difficoltà e ormai il nostro lavoratore tipo è straniero”. Positiva l’esperienza dei buoni lavoro anche perché non fanno perdere un eventuale reddito di cittadinanza mentre è stata assurda quella del click day per la quota flussi. “Abbiamo fatto domanda entro il primo minuto dall’apertura e siamo rimasti fuori dalle assegnazioni. Una cosa ridicola”, attacca Folli. Che il sistema delle quote non funzioni lo conferma anche Andrea Bet-
ti, presidente di Confagricoltura Ravenna: “solo nel ravennate – spiega mancheranno almeno 300 addetti e per la gran parte, quelli che ci sono, arrivano dal Nord Africa e ci sono non pochi problemi di inserimento. Mi pare che complessivamente manchi la consapevolezza dell’importanza del settore alimentare”.
L’arrivo dei buoni lavoro è importante nelle campagne dove occorre lavorare con la semplificazione burocratica per salvare i raccolti e garantire nuove opportunità di reddito in un momento particolarmente difficile per il Paese. È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento ai contenuti della manovra che prevede l’introduzione dei buoni lavoro a tempo determinato per un importo fino a 10mila euro. Siamo grati al Governo per aver accolto le nostre sollecitazioni sul problema della manodopera agricola e – sottolinea Prandini - siamo pronti al confronto con le Istituzioni e i sindacati per individuare le formule più adeguate che garantiscano maggiore semplificazione per le imprese e le necessarie tutele per i lavoratori agricoli. Sovranità alimentare significa nei fatti – conclude Prandini - un impegno per investire nella crescita del settore con il lavoro, aumentare le produzioni, ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità. Aumenta il tetto del valore spendibile attraverso i buoni lavoro, che raddoppia da 5.000 a 10.000 euro. Cresce altresì da cinque a dieci il numero massimo di dipendenti a tempo indeterminato che un’azienda deve avere per far ricorso a prestazioni di lavoro occasionale, eccettuate le aziende che operano nel settore turistico, per le quali il limite scompare. Di contro, rimangono invariati i limiti di 2.500 euro che ciascun lavoratore può percepire dallo stesso utilizzatore e di 5.000 euro quale ammontare massimo che il lavoratore può percepire da diversi utilizzatori. Parimenti, non muta la modalità di gestione tramite sistema telematico Inps di questo tipo di prestazioni, così come le tutele ed i diritti del lavoratore “occasionale”. In particolare, i compensi percepiti sono esenti da imposizione fiscale, non incidono sullo stato di disoccupazione e sono computabili ai fini reddituali per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
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Ettore Prandini, presidente Coldiretti
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Anche per il settore alimentare il 2021 è un anno positivo, con un aumento della produzione industriale pari al 4,8% dopo la contrazione del 2020 (-2,5%); e per il 2022 le stime indicano incrementi ancora più forti. Un segno positivo che conferma l’andamento del quinquennio precedente alla pandemia caratterizzato da progressi consecutivi della produzione dell’industria alimentare. Nel 2021, per l’alimentare si registra un +8,1% per gli ordinativi esteri e un +10,8% del fatturato degli stessi. Queste indicazioni portano ad evidenziare l’importanza strategica dell’industria alimentare a livello regionale. Nel 2021 risultano iscritte negli appositi registri delle Camere di Commercio dell’Emilia-Romagna 42.007 imprese manifatturiere – 26.360 artigiane e 15.647 industriali - delle quali 4.744 (l’11,3%) – 3.032 artigiane e 1.712 industriali - appartengono al settore alimentare e delle bevande e delle quali 184 operano nella fabbricazione di bevande.
Per quel che riguarda l’area romagnola, secondo i dati resi
disponibili dall’ufficio studi della Camera di Commercio della Romagna ma riferibili all’intero territorio delle tre province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, a fine dicembre 2021 le imprese attive nel settore nelle tre province erano 995, un numero sostanzialmente stabile negli ultimi 10 anni (erano 997 al 31 dicembre 2011). Si tratta per la gran parte di imprese piccole se non piccolissime visto che delle 995 imprese attive a fine 2021 444 hanno tra 2 e 5 addetti e 176 un solo addetto, 137 tra 6 e 9 addetti, 17 tra 50 e 99 addetti, 13 tra 100 e 249 addetti, e solo 10 si collocano tra i 250 e i 500 e più addetti. “Al 31 dicembre 2021 nell’area Romagna, geograficamente intesa - commenta l’Ufficio Informazione economica della Camera di commercio della Romagna – Forlì-Cesena e Rimini – erano presenti 995 imprese attive (sedi) dell’industria alimentare; queste costituiscono l’11,6% del manifatturiero e lo 0,9% del totale delle imprese attive presenti sul territorio. Le attività maggiormente rappresentative risultano essere “produzione di pane e di prodotti di pasticceria freschi”, con
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L’industria alimentare al traguardo delle mille imprese Settore molto frammentato – 444 aziende da 2 a 5 addetti
Nel 2021 produzione in crescita del 4,8%.
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Stime al rialzo per il 2022
Da Riolo Terme le uova “sostenibili”
Benessere animale e lavorazione a mano
La produzione delle uova come “missione” di una agricoltura sostenibile e rispettosa della natura e degli animali. L’azienda agricola Ricciardelli, fondata da Angelo Ricciardelli nel 1964, è una piccola azienda a conduzione familiare situata nelle colline di Riolo Terme, all’interno del Parco della Vena del Gesso Romagnola. Attualmente diretta dai figli di Angelo, Roberta e Pierluigi Ricciardelli, l’azienda si dedica all’allevamento di galline ovaiole per la produzione di uova da consumo. “Abbiamo al lavoro – spiega Roberta Ricciardelli – circa 5.200 galline e produciamo una media di circa 4.500 uova al giorno che vengono raccolte in maniera meccanizzata ma poi lavorate a mano una a una e collocate negli appositi contenitori in cartone riciclabile”. Le galline vengono allevate a terra rispettando tutte le norme del benessere animale, sono libere di muoversi, appollaiarsi sui trespoli e deporre le uova in nidi a forma di piccole casette per tutelare la riservatezza al momento dell’ovodeposizio-
504 imprese attive (50,7% del settore industriale), e “produzione di pasta e di prodotti farinacei”, con 137 imprese attive (13,8%).
Nel complesso, le industrie alimentari hanno subito un calo annuo dell’1,4% (stessa variazione negativa per le due attività sopra citate); diminuzione che si è avuta anche nel medio periodo 2016-2021 (-3,7%) mentre una sostanziale stabilità caratterizza il lungo periodo 2011-2021 (-0,2%). Ben l’80,9% delle imprese alimentari (805 su 995) rientra nella categoria delle cosiddette microimprese (0-9 addetti), le quali, però, subiscono variazioni negative su tutti i periodi di analisi, che risultano, tra l’altro, superiori a quelle delle imprese totali alimentari. In termini di distribuzione territoriale, il 36,6% delle imprese
ne. Gli animali sono alimentati selezionando con particolare attenzione i cereali base per la loro nutrizione, in parte coltivati direttamente sui nostri terreni. Grazie a queste condizioni di benessere la gallina “non stressata” produce un uovo di ottima qualità che si differenzia per la buona consistenza del tuorlo, dell’albume e dal gustoso sapore. “E se la lavorazione avviene tutta in azienda la vendita – spiega Roberta Ricciardelli – la realizziamo direttamente nei mercati di Campagna amica a Ravenna e con un mezzo mobile a Faenza oltre in alcuni esercizi commerciali vicini a noi. Il consumatore le paga tra i 35 e i 40 centesimi l’una”. L’azienda viene inoltre sottoposta al sistema di autocontrollo con la tecnica dell’HACCP e periodici controlli dell’AUSL per assicurare al consumatore un uovo con garanzia di freschezza e qualità. Negli ultimi anni l’azienda ha scelto di proporsi maggiormente ad una clientela locale, riconoscendo nelle piccole realtà la presenza di una tradizione culinaria ancora molto forte che apprezza un alimento sano, prodotto con garanzia di freschezza e qualità.
attive alimentari risiede nella provincia di Forlì-Cesena (364 unità), il 34,6% nella provincia di Ravenna (344 unità) e il 28,8% in quella di Rimini (287 unità); pur avendo la minore concentrazione di imprese, la provincia riminese risulta essere l’unica ad aver avuto un incremento annuo, nel medio e nel lungo periodo (rispettivamente, +1,4%, +4,7% e +7,9%), a differenza di ForlìCesena (nell’ordine, -1,6%, -8,1% e -2,7%) e Ravenna (-3,4%, -5,2% e -3,6%). In ultimo, come per la Romagna, per ciascuna delle tre province, pur con pesi differenti, si confermano ai primi due posti le attività alimentari della “produzione di pane e di prodotti di pasticceria freschi” e “produzione di pasta e di prodotti farinacei”, così come si ribadisce la forte presenza delle microimprese”.
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Le coop big dell’agroalimentare
Oltre 6 miliardi il valore della produzione
Agroalimentare sempre centrale importante per il movimento cooperativo romagnolo. Legacoop Romagna associa nel settore agroalimentare 64 cooperative agricole, che a loro volta coinvolgono oltre 22.400 coltivatori associati, distribuiti in varie zone d’Italia ma prevalentemente in Romagna. Le cooperative associate danno lavoro direttamente a quasi 8.000 addetti (dato che non comprende i lavoratori coinvolti nelle aziende agricole socie). Il valore della produzione annuo complessivo è di circa 1,7 miliardi di euro, con un patrimonio netto di 472 milioni di euro.
Il modello cooperativo è profondamente radicato nel sistema agroindustriale romagnolo. “La prima peculiarità – sottolinea Stefano
Patrizi, responsabile settore agroalimentare di Legacoop Romagna - è proprio la pervasività, l’efficienza e la distintività che esprime, in una pluralità di settori colturali (vino, ortofrutta, cereali, foraggere, sementi, colture industriali, latte, carni, conduzione terreni). La capacità di stare sul mercato e allo stesso tempo di tutelare il reddito degli agricoltori associati determina una resilienza delle filiere fondamentale grazie alla quale alcune colture continuano a resistere nel nostro territorio nonostante le condizioni economiche e climatiche sempre più dure”.
Da parte sua, Confcooperative annovera 96 coop associate, 11.782 addetti, 19.780 soci e ricavi per oltre 4,4 miliardi di euro. Andando nei dettagli dei settori il cerealicolo è andato bene con rese (+20%) e qualità in crescita e aree aumentate grazie anche alla frenata della frutticultura, avicolo in difficoltà per la caduta dei prezzi, vitivinicolo strangolato più dalla siccità che dalle gelate con rese in calo fino al 30% e
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Sistema in salute dal vino all’ortofrutta, dalle carni al foraggio
Stefano Patrizi, responsabile settore agroalimentare Legacoop Romagna
ortofrutticolo messo in ginocchio nelle aree di pianura dalle gelate con perdite fino all’80% per le pere.
Conserve Italia
Molti i big della cooperazione agroalimentare a partire da Conserve Italia, un gruppo cooperativo con sede a San Lazzaro di Savena (Bo), leader in Italia nel settore della trasformazione alimentare, che associa oltre 14.000 produttori agricoli e lavora 550.000 tonnellate di frutta, pomodoro e vegetali in 12 stabilimenti produttivi, di cui 9 in Italia, 2 in Francia e uno in Spagna. Il fatturato del Gruppo Conserve Italia è di circa 900 milioni di euro. Conserve Italia dà lavoro in Italia a oltre 3.000 persone tra lavoratori fissi e stagionali e detiene marchi storici del made in Italy alimentare come Cirio, Valfrutta, Yoga, Derby Blue e Jolly Colombani. Dal bilancio 2020-2021 si vede in leggera flessione il fatturato aggregato di Gruppo (-2,7%), che si attesta a 872 milioni di euro. A determinare questo andamento è stata innanzitutto la contrazione delle vendite nel canale retail (sia nel mercato interno che all’estero), in particolare nel confronto con gli ultimi mesi dell’esercizio precedente caratterizzati dal lockdown che aveva fatto registrare un’impennata della domanda di generi alimentari con l’effetto “accaparramento” delle scorte. Oltre al naturale ridimensionamento del mercato a seguito delle fibrillazioni da lockdown, l’esercizio 2020-21 ha risentito per tutta la sua durata degli effetti economici della pandemia, che hanno determinato una generalizzata contrazione dei consumi da parte delle famiglie. Ancora in forte difficoltà il canale horeca e food service, che rappresenta una quota importante del fatturato italiano di Conserve Italia e ha dovuto fare i conti per tutti i 12 mesi dell’esercizio con le restrizioni e le chiusure di bar e ristoranti, che hanno inevitabilmente generato una forte diminuzione nei consumi fuori-casa rispetto ai livelli pre-Covid. “Questo bilancio è stato il primo caratterizzato per intero dagli effetti economici del Covid che hanno influito in maniera negativa sulle vendite, soprattutto nel canale horeca e food service - spiega Maurizio Gardini, riconfermato dall’assemblea dei soci alla presidenza di Conserve Italia -. A queste difficoltà vanno aggiunte quelle registrate in campagna dai nostri soci agricoltori, soprattutto nel comparto della frutta dove da anni si vive una situazione drammatica tra gelate primaverili, cimice asiatica e altre patologie che riducono fortemente i volumi di produzione. Nonostan-
te tutto ciò, abbiamo tenuto l’azienda in buon equilibrio economico e assolto la nostra mission di filiera cooperativa, aumentando il valore riconosciuto ai soci agricoltori”. “Per il futuro – conclude Gardini – ci attende un percorso di crescita sostenibile a tutti i livelli, che vogliamo portare avanti insieme ai nostri soci, ai nostri collaboratori e ai nostri stakeholder, consapevoli dell’importanza che ricopre questa Azienda per il sistema agroalimentare italiano”.
Apofruit
Sulla scena internazionale da oltre 50 anni, Apofruit Italia è un’impresa cooperativa che opera dalla sede di Cesena con proprie strutture e soci produttori dal nord al sud dell’Italia. L’impresa associa oltre 3.200 produttori con 15 stabilimenti di lavorazione e 16 strutture per il ritiro e lo stoccaggio dei prodotti e che si avvale della collaborazione di 220 addetti fissi oltre a 2.200 addetti che lavorano dalle 120 alle 160 giornate l’anno. Oggi Apofruit orienta principalmente la sua attività verso lo sviluppo delle produzioni biologiche grazie a uno staff di tecnici specialisti per l’assistenza tecnica alle aziende e a una unità di marketing strategico e operativo senza trascurare gli investimenti finalizzati al risparmio energetico e al continuo miglioramento delle varietà prodotte. Il rendiconto 2021 registra 235 milioni di euro di fatturato, in linea con l’andamento del 2020 e con un utile di esercizio di 620 mila euro. Il bilancio consolidato del Gruppo (rappresentato dalle società Canova per il biologico, Piraccini per i mercati generali, Mediterraneo Group
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Maurizio Gardini, presidente Conserve Italia
per la distribuzione dei prodotti dei partner commerciali, Vivi Toscano per il bio in Lazio e Toscana, Canova France e Canova Spagna per i rispettivi mercati) ammonta inoltre a 348 milioni di euro, per un patrimonio netto di 103 milioni di euro e un risultato netto di esercizio pari a 812.000 euro. “Le premesse con cui si era aperta l’annata 2021 non lasciavano presagire nulla di buono - commenta Ernesto Fornari, direttore generale del Gruppo Apofruit -. A causa delle gelate tardive che si sono verificate in tutta Italia tra marzo e aprile 2021, abbiamo toccato il minimo storico per quantitativi di ortofrutta conferiti in cooperativa, ovvero 1.450.000 quintali. Ciò significa avere avuto un 16% in meno in volume rispetto al 2020, che già era stato un anno contrassegnato da problemi di gelo, ma localizzati per la maggior parte tra Emilia Romagna A questa difficile situazione, il Gruppo Apofruit ha reagito innanzitutto con un’attenta gestione dei propri centri di lavorazione. Continua Fornari: “Visto ciò che stava accadendo, abbiamo deciso di tenere chiusi tutti i centri di ritiro non fondamentali, cercando il più possibile di concentrare la lavorazione”.
Il presidente di Apofruit Italia, Mirco Zanotti, aggiunge: “Data la situazione che si era venuta a creare, siamo molto soddisfatti per come abbiamo chiuso il 2021. Consideriamo infatti che Apofruit è una vera cooperativa di produttori, in quanto il 90% dei prodotti che commercializza sono conferiti dai soci. Un altro aspetto rilevante è il rapido efficientamento che siamo stati in grado di mettere in campo e che ha permesso, da un lato, di ottimizzare le performance gestionali, dall’altro di liquidare ai soci il 63% del fatturato. Resta purtroppo la difficoltà per i soci che non hanno avuto produzione a causa delle gelate di primavera 2021”.
Terremerse
Tra i big delle coop agricole vi è certamente Terremerse. Nel 2021 il fatturato di Terremerse è risultato pari a 248,4 milioni di euro, in crescita per oltre 88 milioni rispetto al 2020, mentre quello del bilancio consolidato è di 265 milioni. Il risultato netto, positivo per oltre 1,2 milioni di euro, include importanti accantonamenti incrementali rispetto al budget per circa 1,7 milioni di euro, a fronte di rischi collegati alla congiuntura attuale e a fondo spese future per costi che dovranno essere sostenuti nei prossimi esercizi, di importo non esattamente determinabile. I primi dati sul 2022 resi disponibili a fine gennaio 2023 indicano che quello
scorso è stato un anno positivo per Terremerse, dal punto di vista economico e finanziario: l’andamento gestionale è migliorato rispetto al 2021 e il fatturato consolidato si attesterà ben oltre i 300 milioni di euro (contro i 265 milioni del 2021) e nel 2023 sono previste 18 nuove assunzioni. Il forte incremento del fatturato deriva da vari fattori. L’incorporazione della Società Pempacorer, e la nascita dell’O.P. (Organizzazione di Produttori) Terremerse Sezione Ortofrutta, ha portato un aumento di fatturato di oltre 70 milioni di euro, che si sono aggiunti ai volumi di prodotti ortofrutticoli da industria. Oltre al settore ortofrutta, i comparti delle Agroforniture e dei Cerealproteici contribuiscono rispettivamente alla crescita per 8 e 11 milioni. L’aumento nel settore dei mezzi tecnici è dovuto principalmente all’acquisizione di quote di mercato su nuovi territori. Per i cereali nel 2021 la crescita del fatturato è frutto del forte incremento dei prezzi, che consentirà liquidazioni relative alla campagna 2021 di estrema soddisfazione per gli agricoltori.
Il settore carni ha fatto registrare una flessione in termini di volumi di quantità vendute, passando da un fatturato di 26 milioni del 2020 ai 23 milioni di euro del 2021, ma ha in ogni caso prodotto una buona redditività, superiore alle previsioni di budget. “Da qualche anno si è innescato un circolo virtuoso che ha permesso a Terremerse di migliorare tutti i propri indici economici, patrimoniali e finanziari, rendendo la Cooperativa più solida e attrattiva per gli agricoltori e gli stakeholders in generale. Questo è stato reso possibile anche grazie a un processo di riorganizzazio-
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Ernesto Fornari, direttore generale Apofruit
Emilio Sabatini, direttore generale Terremerse
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ne e sviluppo organizzativo che, a fronte delle aumentate dimensioni e del necessario ricambio generazionale, ha permesso di valorizzare risorse interne e acquisire nuove competenze dall’esterno. La marcata riduzione del debito finanziario, le maggiori risorse e il migliore accreditamento di Terremerse sono anche funzionali a poter cogliere, in modo selettivo, opportunità di investimento per la continua crescita e affermazione del nostro modello di impresa”, sottolinea il direttore generale Emilio Sabatini. Prosegue il presidente Marco Casalini: «Lo sviluppo dimensionale, se correttamente gestito, consente di elevare le sinergie e l’integrazione tra i vari comparti della Cooperativa. Ricordiamo, infatti, che il dialogo con nuove aziende agricole e con un nuovo territorio, può offrire opportunità contestualmente per le agroforniture, i cereali e l’ortofrutta. Senza mai trascurare il settore carni, che sta puntando anch’esso su uno sviluppo commerciale e industriale attraverso investimenti in tecnologia».
Terre Cevico
Terre Cevico che associa più di 5mila famiglie di viticoltori chiude l’annata 2021-22 con un fatturato aggregato di 189,6 milioni di euro, per una crescita del +15,3% rispetto all’esercizio precedente (164,3 milioni). Terre Cevico, quindi, gestisce oltre il 30% della produzione del bacino romagnolo e oltre la metà del vino del gruppo è venduto confezionato. L’incremento si deve alla crescita nei mercati, in particolare quelli esteri, così come all’acquisizione del 60% di Orion Wines. In crescita anche il patrimonio netto aggregato arrivato a 86 milioni di euro (+16,3%), mentre il plusvalore riconosciuto ai soci, vale a dire l’incremento della liquidazione dei vini conferiti ai prezzi di mercato per l’esercizio 2021/22, ammonta a 6,9 milioni di euro (6,4 mln in precedenza). Cresce anche la quota di export che tocca la cifra di 72,9 milioni di euro (+40%), tanto da incidere per il 43% sui ricavi del consolidato. In sostanza quasi una bottiglia su due arriva dai mercati oltreconfine, con una presenza in 70 Paesi in giro per il mondo. I mercati di maggiore incidenza per quanto
riguarda l’imbottigliato sono Giappone, Cina, Svezia, Danimarca, Usa, Francia e Germania. In buona crescita il vino biologico venduto, oltre in Italia, anche in 40 Paesi del mondo, che ha registrato un +7% rispetto all’esercizio precedente. In ordine di fatturato questi i mercati principali: Corea del Sud, Svezia, Svizzera, Taiwan, Danimarca, Giappone, Spagna. Il numero dei dipendenti cresce, 343 (+3,3%), così come sono in crescita le ore di formazione (+12,6%). Interessante il capitolo sulle risorse ambientali con un 98% dei rifiuti destinati al recupero, così come una riduzione del -8,6% nel prelievo dell’acqua e un +7,8% nel recupero di fecce da lavorazione. San Crispino si conferma il big player con oltre 30 milioni di brik venduti in un anno.
Caviro
Da parte sua Caviro (Faenza), il più grande “vigneto” d’Italia con 12.400 agricoltori al lavoro e 36.300 ettari localizzati in 7 regioni italiane presenta risultati in crescita. Il bilancio d’esercizio chiuso al 31 agosto 2021 presenta un fatturato consolidato di 390 milioni di euro, in aumento dell’8% rispetto al 2020, con un complessivo di 583 persone mediamente impiegate, (+15 unità). La crescita del Gruppo è stata sostenuta da ottimi risultati dell’export (+17%), di cui vino +6% e B2B +75% e, in particolare, dalle performance straordinarie della società Caviro Extra. La composizione dei ricavi è così suddivisa: vino 65%, mosti, alcol e acido tartarico 20%, energia e ambiente 15%. «In un anno in cui i consumi
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di vino in Grande distribuzione hanno avuto una flessione, abbiamo registrato un deciso aumento sul fatturato trainato principalmente dalle esportazioni. Questo – commenta il Presidente di Caviro Carlo Dalmonte – è di particolare soddisfazione perché, come è noto, lo sviluppo del vino italiano dovrà guardare con sempre maggiore attenzione ai mercati esteri. In generale il Gruppo ha dimostrato flessibilità in un anno caratterizzato da frenate e ripartenze improvvise. Un legame sempre più stretto con la filiera, i risultati dei tanti investimenti per la sostenibilità e una struttura coesa hanno dato concretezza e valore economico alla gestione rendendo Caviro un ‘gigante agile’». L’utile di esercizio al 31 agosto 2021 è di 8,7 milioni di euro, mentre gli investimenti realizzati dal Gruppo hanno raggiunto quota 22 milioni di euro. Nel comparto daily prevale lo storico marchio Tavernello, il vino più consumato in Italia e il vino italiano più venduto al mondo. Nel segmento premium hanno performato bene i brand delle società controllate Leonardo da Vinci e Cesari e il nuovo marchio di Caviro sca Vigneti Romio. Il Regno Unito, con un peso del 36%, si conferma il primo mercato di destinazione delle esportazioni, seguito da Stati Uniti (12,5%) e Germania (11,5%). Gli altri principali mercati esteri nel mondo del vino sono, in ordine, Canada, Svizzera, Francia, Giappone, Cina e Russia. Molto bene i risultati di Caviro Extra, società controllata che porta avanti e completa l’economia circolare del Gruppo valorizzando i sottoprodotti della produzione trasformandoli in prodotti nobili, alcol ed energia. Nel 2020/2021 Extra ha conseguito un incremento di fatturato del 23% rispetto al fiscal precedente. «Il segmento B2B del ‘non vino’ ha evidenziato performance straordinarie, un risultato dovuto a fattori contingenti ma anche alla capacità di Extra di penetrare nuovi mercati – aggiunge Dalmonte -. Il legame con la filiera e gli investimenti in economia circolare sono per noi elementi concreti e non operazioni di puro green washing, questi numeri lo evidenziano». Nel 2020/21 l’azienda ha investito circa 22 milioni di euro in impianti e tecnologie rivolti a migliorare le perfor-
mance ambientali, una direzione, quella della sostenibilità, che il Gruppo porta avanti da anni e che caratterizzerà anche la gestione 2022.
Amadori
Il bilancio 2021 di Amadori mette in luce ricavi per 1.362 milioni di euro e un incremento di 130 milioni rispetto l’anno precedente. Ebitda a 86 milioni, patrimonio netto a 296 milioni, investimenti per 95 milioni e utile netto pari a 18,7 milioni.
Il trend positivo è stato guidato dalle vendite nel canale moderno (+4,7%) e da una ripresa (+0,6%) del canale tradizionale, che tuttavia non è ancora tornato ai numeri prepandemia. Il fuoricasa ha registrato una importante accelerazione (+16,9%), anche se non ha recuperato il ritardo accumulato nel periodo delle chiusure 2020. Il Gruppo nel 2021 si è presentato sul mercato con importanti novità di prodotto, entrando nel segmento della colazione e della merenda con i nuovi impasti freschi per pancake, e sedimentando la sua leadership nel segmento degli impanati snack con il lancio delle nuove Birbe Pops. Innovazioni che sul mercato hanno trovato un riscontro più che positivo sia da parte del trade che dei consumatori.
“Per il nostro Gruppo, il 2021 è stato un anno di soddisfazione. Il fatturato ha segnato una crescita del +10,5% rispetto al consuntivo 2020, confermando l’ottimo lavoro portato avanti lungo tutta la filiera, con particolare attenzione ai temi dell’innovazione e della sostenibilità - ha dichiarato Flavio Amadori, presidente di Amadori Spa. Abbiamo intrapreso, con convinzione e successo, un percorso di sviluppo che possiamo definire, senza esitazione, responsabile sia rispetto al nostro ruolo all’interno del settore sia nei confron-
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SimonPietro Felice, direttore Generale, e Carlo Dalmonte, presidente Caviro
Via Godo, 64 - Villanova di Ravenna Tel e Fax 0544 499276
INNOVATIVE
L’AGRICOLTURA VERDE
DOMANI
SOLUZIONI
PER
DEL
ti dei nostri stakeholder, con i quali condividiamo oggi questi risultati”. Per i prossimi anni, il Gruppo conferma le linee guide strategiche di ampliamento dell’offerta di prodotti a base proteica e il conseguente piano strategico di investimenti con l’obiettivo di medio periodo di raggiungere 1,7 miliardi di fatturato, consolidando il modello di filiera 100% italiana, integrata e sostenibile. Rispetto alle previsioni, il 2022 mostra diverse incognite, dall’aumento generalizzato dei costi di produzione all’emergenza aviaria. Nonostante ciò il Gruppo Amadori conferma gli obiettivi di crescita anche attraverso maggiori investimenti in comunicazione.
Orogel
Il Gruppo Orogel di Cesena - 2.182 dipendenti, di cui 1.200 solo a Cesena - punto di riferimento italiano nel mercato dei vegetali surgelati, ha chiuso l’esercizio 2021 con una buona performance, che ha consentito all’azienda romagnola di portare il proprio fatturato consolidato a 302,4 milioni di euro. Un incremento del 7,3% a valore, ancora più significativo in un anno caratterizzato dalla progressiva stabilizzazione del mercato. Questo risultato conferma il progressivo affermarsi di Orogel come uno degli operatori più rilevanti e dinamici, rivolto con lungimiranza al futuro grazie a un piano di investimenti previsti nel triennio 2022-2024 di 100 milioni di euro. L’incremento del fatturato consolidato del 7,3% conferma la comprovata qualità del prodotto e premia l’efficace sinergia tra le strategie aziendali, sia commerciali che di comunicazione, in grado di mantenere fedeli all’azienda i nuovi clienti intercettati durante la pandemia. Le vendite nel 2021 hanno sviluppato un volume totale di 116.300 tonnellate (+2,7% sul 2020) e un valore complessivo di 261,5 milioni di euro (+5,8%). Dati che hanno consentito a Orogel di confermare la propria performance in termini di quote di mercato a valore (17,2%) nel segmento Vegetali e di consolidare la propria performance nel segmento Passati di verdura e altri segmenti core (quota valore 36,6%). I soci produttori sono 1.610 soci e coltivano in campo aperto con sistemi di produzione integrata, residuo zero e biologica 9.256 ettari di superficie (6.314 ettari per colture destinate al surgelato). “Il 2021 si è rivelato per il Gruppo un anno positivo – spiega il presidente di Orogel Bruno Piraccini – e la graduale normalizzazione ha favorito innanzitutto quel ritorno a una vita più regolare che tutti auspicavamo mentre dal punto di vista del business Oro-
gel ha saputo migliorare il fatturato fatto registrare nel canale Retail, recuperando le perdite nel Food Service. Una crescita per nulla scontata che ci ha consentito di confermare la bontà del nostro lavoro e la qualità del prodotto che ci viene riconosciuta dai consumatori. Partiamo da queste solide basi per fissare gli obiettivi dei prossimi anni, consci che l’attuale congiuntura economica inviti alla prudenza. Tuttavia per l’anno in corso i risultati sono previsti in sensibile ribasso a causa dell’aumento straordinario dei costi di produzione con al primo posto quello energetico”. Intanto corrono gli investimenti. Il piano previsto nel triennio 2022-2024 è pari a 100 milioni di euro, in parte allocati per il completamento di Orogel 3. L’avanzamento del progetto prevede la costruzione del nuovo reparto di confezionamento e di un tunnel sospeso che collegherà Orogel 2 e Orogel 3 e porterà a compimento nel 2023 il restyling del layout produttivo del polo di Cesena. Sulla cella di Orogel 3 è in fase di installazione anche un impianto fotovoltaico, che svilupperà una potenza di circa un megawatt, a dimostrazione dell’attenzione dell’azienda sul fronte del contenimento dei costi energetici e della sua sensibilità in termini di sostenibilità ambientale.
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Bruno Piraccini, presidente Orogel
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SRL
Gli agricoltori contro il cibo sintetico Partita
Partita la raccolta firme per promuovere la legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione del cibo sintetico in Italia promossa da Coldiretti, Fondazione Campagna Amica e Filiera Italia. Dalla carne prodotta in laboratorio al latte “senza mucche” fino al pesce senza mari, laghi e fiumi, il cibo in provetta potrebbe presto inondare il mercato europeo – denuncia Coldiretti Rimini – poiché già ad inizio 2023 potrebbero essere introdotte a livello Ue le prime richieste di autorizzazione all’immissione in commercio che coinvolgono Efsa e Commissione Ue. “La carne in provetta, cancella l’identità di una intera nazione e del nostro territorio - afferma il Presidente di Coldiretti Rimini Guido Cardelli Masini Palazzi - È importante sostenere e difendere il cibo naturale, salutare e sostenibile contro i surrogati biotecnologici spacciati per alimentati che aiutano
l’ambiente.”
Ben 7 italiani su 10 la pensano già così infatti, secondo un’indagine di Coldiretti/Ixè, il 68% degli italiani non si fida del cibo creato in laboratorio con cellule staminali in provetta. Interrogati sui motivi principali per i quali bocciare il cibo fatto in laboratorio gli italiani – spiega l’analisi Coldiretti/Ixe’ – mettono in cima il fatto di non fidarsi delle cose non naturali (68%), mentre al secondo posto ci sono i consistenti dubbi sul fatto che sia sicuro per la salute (60%). Rilevante anche la considerazione che il cibo artificiale non avrà lo stesso sapore di quello vero (42%) ma c’è anche chi teme per il suo impatto sulla natura (18%). Una pericolosa deriva degli alimenti creati in laboratorio – sottolinea Coldiretti Rimini – a favore di interessi commerciali e speculativi che esaltano, a sproposito, il mito della maggior sostenibilità rispetto alle tra-
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da Rimini la raccolta di firme
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Il cibo in provetta cancella la nostra identità
dizionali attività dell’agricoltura. Per quanto riguarda la carne da laboratorio – spiega Cardelli Masini Palazzi - la verità che non viene pubblicizzata è che non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore, non è neppure carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato. “Le bugie sul cibo in provetta confermano che c’è una precisa strategia delle multinazionali che con abili operazioni di marketing puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione. Si sta cercando di imporre sul mercato un nuovo modo di mangiare che presto potrebbe avere il lascia passare europeo con le prime richieste di autorizzazione all’immissione in commercio di produzioni create in laboratorio. È necessario - termina il presidente di Coldiretti Rimini - sensibilizzare le famiglie e i consumatori dei rischi del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire
quello naturale. Le tipicità tradizionali e i prodotti della nostra agricoltura rischiano di essere condannati all’estinzione e scomparire per sempre insieme al paesaggio rurale che siamo abituati a vedere e agli agricoltori che ne sono i custodi”. Per difendere il cibo naturale e fermare l’avanzata del cibo sintetico è possibile firmare tutti i giorni negli uffici di Coldiretti e nei mercati di Campagna Amica ed ogni martedì mattina al mercato esclusivo di Campagna Amica nella corte di Palazzo Ghetti sede della Banca Malatestiana.
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RASSEGNA NOTIZIE
Crisi energetica, aumento dei prezzi e ridotta reperibilità delle materie prime, ma soprattutto bassa crescita e alta inflazione. Nonostante tutto, l’Emilia-Romagna riesce a confermare le performance, col pil della Regione che, nel 2022, segnerà un incremento del 4,1%, confermandosi ai vertici della graduatoria delle regioni italiane. Inflazione e costo dell’energia saranno i principali ostacoli alla crescita per il 2023, anno in cui lo scenario pare profilarsi in sensibile rallentamento, caratterizzato da una modesta espansione, solo lo +0,6%, ma comunque superiore a quella nazionale, ferma a un +0,4%, che allinea l’Emilia-Romagna all’area euro, allontanando i venti di recessione che sembravano prossimi a investire l’Italia. Questi sono i dati che si ricavano dal rapporto sull’economia regionale, realizzato in collaborazione tra Regione e Unioncamere e presentato nel dicembre scorso a Bologna. (foto Shutterstock)
EMILIA-ROMAGNA 23 dicembre La crisi energetica non ferma l’economia
2022 il PIL cresciuto del 4,1%
Nel
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Ravenna
Forlì-Cesena
Rimini
Circuito Italiano di Testate d’Informazione locale
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Ravenna 14 febbraio
Soddisfatto
“Apprendiamo con grande soddisfazione – ha dichiarato il sindaco Michele de Pascale – che la società Agnes ha presentato al Governo la documentazione per la Valutazione di impatto ambientale del progetto di parco eolico da realizzare al largo di Ravenna. Si tratta di un intervento molto innovativo, che l’intera comunità ravennate – istituzioni e comparto economico – ha seguito e sostenuto fin dall’inizio e in tutte le sedi. La sua realizzazione rappresenta una grande opportunità, per l’intero Paese e per il distretto energetico offshore ravennate, in termini di risposte concrete all’esigenza sempre più forte di dare un significativo impulso allo sviluppo delle energie rinnovabili e di crescita occupazionale per tutto il distretto ravennate. Nei confronti di questo progetto abbiamo riscontrato un grande interesse da parte del ministro Roberto Cingolani nel precedente governo e del ministro Gilberto Pichetto Fratin in quello attuale”. (foto Shutterstock)
Ravenna
8 febbraio
Infortuni sul lavoro in crescita
In provincia 15 decessi
Dati allarmanti quelli diffusi dall’“Osservatorio permanente sugli infortuni e sulle malattie professionali in Emilia Romagna. Nel 2022 in provincia di Ravenna gli infortuni sul lavoro risultano in crescita del 10,7% (sopra la media regionale), 7.012 contro i 6.336 del 2021. Ancor peggiore il dato sugli infortuni mortali, che sono 15 nel 2022, più che raddoppiati rispetto al 2021 (7). In calo, invece, in contro-tendenza con le medie regionali, le malattie professionali: 511 quelle denunciate nel 2022 contro le 696 del 2021.
In Emilia-Romagna nel 2022 l’Osservatorio ha registrato 81.170 infortuni denunciati (+9,6% rispetto ai 74.066 del 2021) e 88 denunce di infortunio con esito mortale (nel 2021 erano state 110). Il settore con il maggiore di morti sul lavoro in Emilia-Romagna è quello del trasporto e magazzinaggio (21 infortuni mortali denunciati). (foto Shutterstock)
Forlì-Cesena/Rimini
9 febbraio
Crescono le imprese artigiane attive
In aumento le costruzioni, cala la ristorazione
Nel territorio Romagna – Forlì-Cesena e Rimini un’impresa su tre è artigiana; i dati elaborati dall’Ufficio Informazione economica della Camera di commercio della Romagna confermano la rilevanza, la diffusione e la centralità dell’artigianato. Nel corso del 2022 migliora il saldo tra iscrizioni e cessazioni. Le imprese artigiane attive crescono ed evidenziano un trend in aumento nel settore delle costruzioni, nei servizi alla persona e nei servizi alle imprese; diminuiscono, invece, nel comparto alloggio e ristorazione, nel manifatturiero e nei trasporti. “Nelle province di Forlì-Cesena e Rimini crescono le imprese artigiane attive, con una dinamica in controtendenza rispetto a Emilia-Romagna e Italia. Aumenta, perciò, la numerosità delle imprese attive e l’imprenditorialità artigiana, cioè l’incidenza dell’artigianato sul totale delle imprese”, commenta Roberto Albonetti, segretario generale della Camera di commercio della Romagna. (foto Shutterstock)
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Il parco eolico va avanti
il sindaco De Pascale
IMPIANTI ELETTRICI CIVILI E INDUSTRIALI Sistemi Fotovoltaici Videosorveglianza Automazione Domotica - Allarmi Cablaggi Quadri Settore Navale FORNACE ZARATTINI (RA) Via Maestri del Lavoro,34 Tel e Fax 0544 1826348 www.nexelsrl.it - info@nexelsrl.it L’AZIENDA RICERCA PERSONALE ELETTRICISTA DA INSERIRE NEL PROPRIO ORGANICO CON POSSIBILITÀ DI CRESCITA E FORMAZIONE
Gli occupati nell’area Romagna (Forlì-Cesena e Rimini), nel terzo trimestre 2022, sono 320mila, con un aumento annuo pari allo 0,8%; si riscontra un incremento, però, solo per i settori commercio e turismo (+10,2%, 23,4% del totale degli occupati) mentre calano tutti gli altri: costruzioni (-3,8%, 6,7%), agricoltura (-3,2%, 4,6%), industria in senso stretto (-2,5%, 21,7%) e altri servizi (-0,9%, 43,6%). I disoccupati, in termini assoluti, risultano 18mila, in deciso calo tendenziale (-22,4%).Nel confronto con Emilia-Romagna e Italia, il tasso di occupazione è più alto del dato regionale (69,1%) e nazionale (59,8%) mentre il tasso di disoccupazione risulta inferiore sia alla media regionale (5,4%) sia al dato nazionale (8,4%). (foto Shutterstock)
Ravenna
6 febbraio
Ravenna Farmacie cerca due addetti
Attività da svolgere anche nel forese
Ravenna Farmacie Srl ha indetto una selezione finalizzata all’instaurazione di due rapporti di lavori a tempo indeterminato per “Farmacista Collaboratore” livello 1 delle tabelle nazionali delle qualifiche del personale C.C.N.L. ASSOFARM vigente. Le competenze di base richieste sono le capacità tecnico professionali del farmacista, la propensione a porsi al servizio del cliente, la predisposizione alla vendita di prodotti farmaceutici e non, con un accentuato orientamento al risultato di vendita e al fatturato programmato. L’attività lavorativa potrà essere prestata presso tutte le Farmacie Comunali di Ravenna, Alfonsine, Fusignano, Cotignola, Cervia e altre farmacie in convenzione ed eventuali altre farmacie che potranno essere gestite da Ravenna Farmacie Srl anche al di fuori dei citati ambiti comunali. (foto Shutterstock)
Rimini
7 febbraio
Torna la voglia d’impresa
Il saldo è positivo per 477 unità
Dopo lo shock del Covid, il territorio di Rimini nel 2022 pare confermare la fase di ripresa economica. L’indicazione arriva da Movimprese, l’analisi statistica che fotografa la natalità e la mortalità delle imprese condotta da InfoCamere, che riconsegna per il contesto provinciale dati incoraggianti. Primo tra tutti il saldo delle imprese, cioè la differenza tra imprese avviate e cessate, che per Rimini fa segnare un +477, grazie alle 2.539 iscrizioni a fronte delle 2.062 cessazioni. Un dato positivo che conferma l’andamento dello scorso anno (quando il saldo rispetto all’anno horribilis del 2020 è stato di 587 unità) e non si facevano registrare dal 2010, quando si raggiunse il massimo di iscrizioni degli ultimi 15 anni (3.255, con un saldo di +695). (foto Shutterstock)
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Forlì-Cesena / Rimini 3 febbraio Occupati a quota 320mila Disoccupazione in forte flessione (-22,4%)
L’Unione della Romagna Faentina ha pubblicato sul sito istituzionale un avviso di manifestazione di interesse per la segnalazione di immobili privati eventualmente disponibili ad essere sottoposti a interventi di riuso e di rigenerazione urbana. L’impegno a contenere il consumo di suolo e prevenire forme di degrado urbano chiede anche di trovare, tra pubblico e privato, gli strumenti per rigenerare e ridefinire la funzione di questi spazi oggi inutilizzati. L’avviso, appena pubblicato, si rivolge a privati, operatori economici, imprese o altri soggetti che hanno la proprietà di un immobile nel territorio dell’Unione della Romagna Faentina e che nelle intenzioni può essere rigenerato, ad esempio, per finalità associative, culturali o per avviare start-up o piccole imprese o ancora per politiche abitative e per altre progettualità
Ravenna
28 gennaio
Paola Carpi alla guida degli avvocati
La civilista ha vinto le elezioni
L’avvocato civilista Paola Carpi con la lista “Insieme per l’avvocatura del futuro” ha vinto le elezioni per il nuovo Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della provincia di Ravenna con ben 308 voti, seguita da Docimo Alessandro (235 preferenze), Masotti Mauro (221), Contarini Marco (213), Benini Carlo (209), Masetti Lisa (194), Madonna Biagio (193), Donelli Luca (150), Fabbri Valentina (140), Campese Silvia (136) e Costa Erica con 136 voti. Nata a Ravenna e iscrittasi all’Albo degli Avvocati nel 1992, è stata, fra le altre cose, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Ravenna dal 2010 al 2012, nonché Direttore della Fondazione Forense Ravennate dall’anno 2015; dal 2019 membro del Consiglio di Indirizzo della Fondazione Del Monte dove, per il mandato 2022 – 2026, è membro del Consiglio di amministrazione.
ROMAGNA
30 gennaio
Paolo Lucchi alla guida di Legacoop
Nuovo incarico per l’ex sindaco di Cesena
Arriva un nuovo incarico per Paolo Lucchi. Infatti, dal 2 febbraio, data del congresso di Legacoop Romagna all’Almagià di Ravenna, l’ex sindaco di Cesena e attuale amministratore delegato di Federcoop Romagna, è diventato presidente di Legacoop Romagna succedendo a Mario Mazzotti, giunto alla pensione, che guidava la struttura dal 2015, prima come direttore e poi come presidente. In Romagna sono poco meno di quattrocento le imprese aderenti a Legacoop, un’associazione che rappresenta aziende con una valore della produzione di oltre sei miliardi di euro, ottantamila soci e oltre 23 mila lavoratori. Da parte sua Paolo Lucchi ha guidato la Confesercenti di Cesenatico, prima, e di Cesena poi, è stato amministratore delegato di Federcoop, oltre a consigliere comunale, regionale e poi sindaco di Cesena per due mandati.
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gennaio
censisce gli immobili non usati Possibile la rigenerazione urbana
Ravenna 25
Faenza
L’economia provinciale nel 2022 ancora in crescita
L’export viaggia a ritmo sostenuto (+28,1%)
Riviste al rialzo dal Centro Studi della Camera di commercio di Ravenna le stime di crescita dell’economa provinciale: +3,8% nel 2022 e +0,4% nel 2023, con un moderato miglioramento rispetto alle precedenti proiezioni. Segnali, dunque, ancora positivi provengono dalla maggior parte dei settori dell’economia ravennate, al cui interno, però, si rilevano intensità differenziate tra i vari comparti. Prosegue la crescita della produzione industriale per il settimo trimestre consecutivo, ad una velocità comunque meno intensa (+3,6%) e simile tra le tipologie dimensionali delle imprese. L’export continua ad aumentare ad un ritmo molto sostenuto (+28,1%) e, nel commercio al dettaglio, solo il comparto non alimentare e la piccola e media distribuzione, cioè quella sotto i 19 addetti, registrano un calo delle vendite rispetto al terzo trimestre dello scorso anno. (Foto Shutterstock)
Forlì-Cesena
17 gennaio
Settore cinema e audiovisivi in crescita
Cna promuove nuovi corsi di formazione
Consolidato il ruolo di CNA Formazione per il settore cinematografico e audiovisivo. I corsi gratuiti, finanziati dalla Regione Emilia-Romagna e dal Fondo Sociale Europeo, sono rivolti agli esperti del settore e vedranno la collaborazione di importanti realtà del territorio. “Le professioni dello spettacolo – spiega Veronica Bridi (nella foto), responsabile CNA Cinema e Audiovisivo Forlì-Cesena – sono tra quelle che hanno subito più duramente le conseguenze della pandemia, delle restrizioni e chiusure. Si è reso necessario per il settore adottare nuove strategie performative sperimentando differenti modalità digitali e creative per poter coinvolgere il pubblico. È importante fornire ai professionisti che ci lavorano tutto il supporto possibile per restare al passo con le novità. Per noi di CNA, in collaborazione con CNA Formazione, questo significa prima di tutto offrire formazione, completamente gratuita, di alto livello”.
Rimini 20 gennaio
La digitalizzazione avanza a Misano
Il Comune mette a frutto i fondi Pnrr
Poco meno di 310.000 euro già ottenuti e altri 20.000 euro in arrivo: il comune di Misano Adriatico prosegue spedito nel processo di digitalizzazione in atto già da qualche tempo. Grazie alle risorse messe a disposizione dal Pnrr, l’amministrazione comunale è riuscita ad intercettare preziosi fondi che consentiranno di attuare o portare a termine importanti progetti. Circa 122.000 euro, attinenti all’iniziativa “Abilitazione al Cloud per le PA locali”, serviranno ad integrare il lavoro di digitalizzazione delle procedure che il Comune di Misano sta già portando avanti da tempo per ricostruire i processi amministrativi in modo digitale e fruibile via web.
RASSEGNA NOTIZIE 45
Ravenna 20 gennaio
La Cmc vince una gara prestigiosa
Firmato martedì 10 gennaio, a Palazzo Isimbardi, sede istituzionale della Città metropolitana di Milano, il contratto per la realizzazione della metrotranvia Milano-Desio-Seregno, affidata alla Cmc Ravenna. Una firma storica, come sottolineato da fonti milanesi, che arriva dopo un lungo percorso di attese e rinvii, e che porterà in 38 mesi di cantiere a consegnare al territorio un’importante infrastruttura per la mobilità nell’area metropolitana. Un contratto del valore di 131 milioni di euro, quello appena siglato, e che vede già impegnato l’ente di area vasta nelle interlocuzioni coi Comuni interessati per avviare le opere e le attività propedeutiche all’avvio del cantiere, previsto entro il 15 marzo 2023.
Forlì-Cesena/Rimini
11 gennaio
Più lavoro in Romagna
Le aziende locali a caccia di addetti
“I dati delle previsioni occupazionali per il primo trimestre di quest’anno confermano anche per le province di Forlì-Cesena e Rimini una buona vitalità - commenta Carlo Battistini, presidente della Camera di commercio della Romagna - e volontà competitiva del nostro sistema imprenditoriale”. A gennaio, si evidenzia un balzo in avanti delle entrate previste riservate a laureati, che si attestano al 16%, con una crescita del 6% a Forlì-Cesena e del 3% in provincia di Rimini, rispetto al mese precedente, ma anche rispetto alla media annua 2022 dell’11% e 9%, quando in EmiliaRomagna il dato 2022 si attesta al 14% e in Italia al 15%. Inoltre, il 23% a Rimini e 21% a Forlì-Cesena delle assunzioni programmate in gennaio 2023 riguarda dirigenti, specialisti e tecnici, in forte crescita rispetto al mese di dicembre 2022. (Foto Shutterstock)
Esselunga vuole aprire in città
Partita la ricerca dei candidati
Esselunga ricerca candidati a Ravenna in vista della nuova apertura di un supermercato in città. Attraverso il portale www.esselungajob.it è possibile registrarsi e inviare la candidatura: i candidati più in linea con i requisiti riceveranno una mail e un sms con le indicazioni necessarie per proseguire l’iter selettivo, attraverso video presentazioni e video colloqui effettuati con i recruiter del Talent Acquisition Center di Esselunga. Esselunga ha ideato un progetto di digitalizzazione dell’iter di selezione, una nuova soluzione che ha generato un impatto positivo in termini di candidate experience, sostenibilità sociale e ambientale. (Foto Shutterstock)
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Ravenna 18 gennaio
Ravenna 11 gennaio
la metro Milano-Desio-Seregno
Realizzerà
Il Porto di Ravenna chiude con il botto
Movimentazione a quota 27,4 milioni di tonnellate
Dopo l’anno record del 2021 (con 27,1 milioni di tonnellate movimentate) il porto di Ravenna ha chiuso un altro anno da primato. Le stime appena elaborate per il mese di dicembre, portano infatti la movimentazione complessiva del 2022 a circa 27,4 milioni di tonnellate superando appunto lo storico risultato del 2021. “Arrivare a questi risultati in un anno complicato come questo non era semplice – esordisce il Presidente dell’AdSP Daniele Rossi -. La tragica guerra in Ucraina ha quasi azzerato il traffico con l’Ucraina e la Russia (circa 4 milioni di tonnellate/anno), senza considerare poi le tensioni dovute ai prezzi dell’energia che hanno rallentato tutta l’economia nazionale”. (Foto Shutterstock)
Ravenna
29 dicembre 2022
Cicaii e Cila si uniscono
Nasce il big della termoidraulica
Si sono svolte le assemblee straordinarie del consorzio “Ciicai” di Ravenna e del gruppo “Cila” di Faenza, da decenni realtà leader nel settore della termoidraulica. Oltre a prendere visione dei dati consuntivi per il 2022, che danno la proiezione di un fatturato complessivo a circa 75 milioni, le due assemblee hanno, soprattutto, approvato una novità sostanziale per entrambe, su cui si stava già lavorando da mesi, ossia la fusione fra i due gruppi che, a partire da mercoledì 1 marzo del 2023, darà vita a un solo consorzio, denominato “CilaCiicai”. Un “matrimonio” che consolida, ancora di più, il ruolo cruciale delle due realtà, in un territorio complessivo che va ben oltre l’intera provincia di Ravenna e si estende nel ferrarese e nel bolognese.
Rimini
28 dicembre 2022
Nuovo mercato coperto
Parte la gara per la progettazione
Pubblicato il bando di gara per la concessione attraverso partnenariato pubblico privato della progettazione, realizzazione e gestione del nuovo mercato coperto di Rimini. Il progetto, per un investimento complessivo di 27 milioni di euro, prevede la demolizione dell’esistente fabbricato di via Castelfidardo e la ricostruzione, sulla stessa area, di un nuovo edificio con caratteristiche e dotazioni performanti, sostenibili e innovative, sia dal punto di vista strutturale sia impiantistico. Il nuovo mercato coperto sarà completamente antisismico, a energia quasi zero e dotato con tecnologie all’avanguardia, tra cui fotovoltaico integrato in copertura (Foto Shutterstock)
RASSEGNA NOTIZIE 47
Ravenna 3 gennaio
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n°1 | anno 3 | febbraio 2023
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