Il Giornale dell'Ingegnere N. 8/2025

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IA E DIGITALIZZAZIONE

DEGLI STUDI PROFESSIONALI

L’IA trasforma gli studi tecnici, automatizza i processi, abilita nuovi servizi e richiede nuove competenze

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INGEGNERIA ECONOMICA |

IL MANAGEMENT PER CREARE VALORE IN INGEGNERIA

Ippolita Chiarolini spiega perché il management è oggi indispensabile nell’ingegneria PAG. 16

Un fronte comune per la riforma delle professioni

Come noto, il Governo si appresta a varare una nuova riforma delle professioni. Un passaggio che, ancora una volta, tocca da vicino il ruolo, le competenze e la responsabilità di chi opera nei mestieri tecnici e intellettuali. È un’occasione importante, ma anche un banco di prova: perché la riforma non può essere né calata dall’alto né affrontata in ordine sparso.

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha già espresso soddisfazione per l’avvio di una riforma organica, che porta a completamento le modifiche introdotte con la 137/2012, contenuta nel disegno di legge di delega, approvato dal Consiglio dei Ministri, che mira ad una revisione delle normative vigenti, puntando ad un sistema delle professioni più coerente e moderno. Tra i punti di maggiore interesse per la categoria degli ingegneri si possono citare la revisione della disciplina dell’equo compenso, la revisione della formazione continua e del tirocinio e il riordino delle competenze, delle attività professionali riservate e delle specializzazioni. Tra le altre cose, il nostro auspicio è che venga riformato l’accesso alle professioni con la modifica delle modalità di sostenimento dell’esame di abilitazione, di cui si parla nella legge delega, portando a compimento per la professione di ingegnere l’introduzione della laurea abilitante già

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INTERVISTE | Rettori ingegneri: guidare il cambiamento

Enrico Foti e Alessandro Reali raccontano programmi e priorità per atenei più inclusivi, innovativi e radicati nel territorio

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SAFETY EXPO 2025 |

Semplificare la prevenzione incendi Nel corso del convegno “Semplificare la sicurezza: come snellire i procedimenti amministrativi” sono state illustrate le proposte degli ingegneri

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Un rischio sempre più attuale dove la tecnologia può essere un valido strumento

L’analisi effettuata dal Centro Studi del CNI relativa al secondo quadrimestre del 2025 attesta un ulteriore calo

RIGENERAZIONE URBANA | Traiettorie urbane e territoriali

Le giornate studio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sulla rigenerazione urbana

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TESTATA ASSOCIATA

MONITORAGGIO SUI BANDI PER SERVIZI DI INGEGNERIA

MAGGIO-AGOSTO 2025

Servizi di ingegneria: l’effetto PNRR e bonus è ormai un ricordo

L’effetto propulsivo del piano politico con finanziamenti legati al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), registrato nel 2022, si è ormai esaurito.

Nel periodo in esame (maggio-agosto 2025) le stazioni appaltanti hanno pubblicato gare per un importo a base d’asta complessivo per le sole gare di progettazione ed altri servizi (escludendo dunque accordi quadro, concorsi, servizi ICT e gare con esecuzione) pari a poco più di 254 milioni di euro, registrando una perdita lineare di ben 667 milioni di euro rispetto al picco massimo raggiunto nel 2022.

L’analisi effettuata dal Centro Studi del CNI relativa al secondo quadrimestre del 2025 attesta un ulteriore calo

a cura della redazione

L’effetto propulsivo sui servizi di ingegneria e architettura, registrato a partire dal 2022, garantito dai finanziamenti legati al PNRR, è ormai completamente esaurito. Nel periodo che va da maggio ad agosto di quest’anno le stazioni appaltanti hanno pubblicato gare per un importo a base d’asta complessivo per le sole gare di progettazione ed altri servizi (escludendo, quindi, accordi quadro, concorsi, servizi ICT e gare con esecuzione) pari a poco più di 254 milioni di euro: una perdita secca di ben 667 milioni di euro rispetto al picco massimo raggiunto proprio nel

2022. Il dato relativo ai primi otto mesi dell’anno, procede di conseguenza: il calo rispetto ai primi due quadrimestri del 2024 supera i 186 milioni di euro. È quanto emerge dal consueto rapporto del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sul mercato dei Sia appena pubblicato.

Le cose non migliorano se consideriamo il mercato dei servizi di ingegneria nel suo complesso. Anche aggiungendo il valore degli importi a base d’asta fissato nei bandi per gli accordi quadro, i concorsi di idee e di progettazione e le gare con annessa l’esecuzione dei lavori (escludendo i costi di esecuzione), la stima degli importi complessivi a base d’asta non arriva ai 490 milioni di euro,

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circa 65 milioni in meno rispetto ai primi 4 mesi del 2025 e ben 130 milioni circa in meno rispetto al periodo maggio-agosto 2024.

“Già da un po’ di tempo i rapporti del nostro Centro Studi hanno registrato il tramonto definitivo della fase positiva determinata dal PNRR e dai diversi bonus edilizi –afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI. Il mercato dei servizi di ingegneria e architettura è ormai tornato a livelli “normali” e questo ci impone di prestare ancora più attenzione alla corretta valorizzazione del lavoro degli ingegneri e al rispetto che si deve alla centralità del progetto. Le anomalie registrate dal nostro Osservatorio bandi, infatti, confermano che una degli elementi che vanno maggiormente salva-

guardati è l’applicazione corretta dell’Equo compenso. Come Consiglio Nazionale siamo costantemente impegnati nelle opportune interlocuzioni istituzionali, al fine di giungere alla piena affermazione di questo principio fondamentale, e lo saremo nel prossimo futuro anche in occasione delle discussioni relative al recente ddl delega sulla riforma delle professioni”.

Di riflesso, anche gli importi complessivi posti a base d’asta nei bandi pubblicati nei primi 8 mesi del 2025 risultano inferiori rispetto ai primi due quadrimestri del 2024, contando, a fine agosto, un calo di oltre 186 milioni di euro.

“L’esaurimento dell’effetto ‘esterno’ che, per un certo periodo, ha sostenuto il mercato dei servizi di ingegneria e architettura ci induce a valutare la realtà per quella che è allo stato attuale – dice Giuseppe Margiotta, Consigliere Segretario del CNI con delega al Centro Studi. Il fatto che oltre il

EDITORIALE | SEGUE DA PAG. 1

richiesta dal Consiglio Nazionale ai sensi dell’art. 4 della legge 163/2021, di cui si fa menzione alle lettere d ed e dell’art. 2 dello stesso disegno di legge delega. Il CNI condivide anche la volontà di estendere il principio dell’equo compenso a tutte le prestazioni professionali, di semplificare gli adempimenti per gli ordini e di unificare e semplificare le procedure di nomina e di funzionamento dei consigli disciplinari territoriali e nazionali. Ribadiamo, infine, la necessità che la vigilanza resti attribuita al Ministero della Giustizia, al fine di mantenere e consolidare la funzione degli ordini di controllo della correttezza e competenza con cui i propri iscritti rendono i servizi alla società civile. La fase di definizione dei principi e ancor più quella di attuazione attraverso i decreti legislativi richiederà molta attenzione e il coinvolgimento diretto dei Consigli Nazionali in rappresentanza delle singole professioni, ciascuna con le sue peculiarità, in special modo laddove si dovrà parlare di «riordino» delle competenze. Per questi motivi, oggi più che mai, le professioni tecniche — ingegneri, architetti, geometri, periti, tecnologi — devono ritrovare una voce comune. Non si tratta di annullare le differenze, ma di costruire una piattaforma condivisa che sappia rappresentare al Governo una visione coerente del futuro del lavoro tecnico, del valore della competenza e del principio della responsabilità professionale. Parallelamente, è indispensabile che tutte le rappresentanze del mondo professionale, dalle istituzioni ordinistiche alle associazioni, fino alle realtà imprenditoriali del settore, riconoscano l’importanza del lavoro intellettuale come bene strategico per il Paese. In passato, la frammentazione — come avvenne con le posizioni divergenti assunte da alcune associazioni, tra cui l’OICE, rispetto al resto delle professioni tecniche — ha indebolito la forza di proposta del nostro sistema. Oggi non possiamo permettercelo. Il nuovo scenario normativo richiede una capacità di concertazione e visione sistemica. Non è più tempo di difese di categoria: serve una piattaforma comune che valorizzi il ruolo dei professionisti nella progettazione, nell’innovazione, nella transizione ecologica e digitale del Paese. Solo così potremo contribuire, con autorevolezza, alla definizione di una riforma che riconosca il valore del sapere tecnico e del lavoro intellettuale come motore di sviluppo, sicurezza e qualità della vita.È il momento di agire insieme, con coerenza e con visione. Perché la riforma delle professioni non può essere soltanto un capitolo di legge: deve essere un progetto condiviso di modernizzazione del Paese.

*Consigliere CNI con delega alla comunicazione

MAGGIO-AGOSTO 2025

BANDI

CENTRO STUDI CNI |

Al momento della stesura di questo rapporto, in 23 casi c’è stato un riscontro da parte della stazione appaltante.

GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA (SENZA ESECUZIONE)

PER IMPORTO A BASE D’ASTA*. MAGGIO-AGOSTO 2025 (VAL. %)

MONITORAGGIO SUI BANDI PER SERVIZI DI INGEGNERIA MAGGIO-AGOSTO 2025

Bandiconimportoabase d’astasuperiorea215milaeuro Distribuzione dellegare Distribuzione degliimpor

MONITORAGGIO SUI BANDI PER SERVIZI DI INGEGNERIA MAGGIO-AGOSTO 2025

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MONITORAGGIO SUI BANDI PER SERVIZI DI INGEGNERIA MAGGIO-AGOSTO 2025

IMPORTI MEDI DI AGGIUDICAZIONE DELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA (SENZA ESECUZIONE) PER AGGIUDICATARIO. CONFRONTO MAGGIO - AGOSTO 2024- 2025 (VALORI IN EURO)

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IMPORTI MEDI DI AGGIUDICAZIONE DELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA (SENZA ESECUZIONE) PER AGGIUDICATARIO. CONFRONTO MAGGIO - AGOSTO 2024- 2025 (VALORI IN EURO)

LE AGGIUDICAZIONI DEL PERIODO MAGGIO-AGOSTO 2025

Per quanto riguarda le aggiudicazioni, nel periodo in esame i liberi professionisti vedono aumentare l’importo medio delle gare a loro affidate da 52.350 euro a 57.164. Un aumento di circa 21 400 euro viene registrato anche per le RTI/ATI miste (composto da società e liberi professionisti).

(*)SPA,SRL,RTI/ATItrasocietà (**)Liberiprofessionis singoli,studiassocia ,societàdiprofessionis ,RTI/ATIdisoliprofessionis

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viaconsulenzevarie

RIPARTIZIONE DELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA (SENZA ESECUZIONE)

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Vengono penalizzate le Società a fronte dell’enorme successo raggiunto dai Consorzi, che vedono passare l’importo medio delle gare a loro affidate da 275.868 euro a circa 1,170 mln di euro, anche se il dato è fortemente condizionato da una unica aggiudicazione di importo vicino ai 9 milioni di euro.

AGGIUDICATE PER FASCIA DI IMPORTO A BASE D’ASTA GENNAIO-APRILE 2025 (VAL.%) I liberi professionisti si sono aggiudicati nel periodo maggio-agosto 2025 il 35,6% delle gare, ma appena il 6,6 % degli importi. La fetta maggiore è appannaggio delle società (SPA, SRL, RTI/ATI tra società) che si sono aggiudicate il 55,7% delle gare e ben il 68,2% degli importi.

RIPARTIZIONE DELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA (SENZA ESECUZIONE)

I liberi professionisti si sono aggiudicati nel periodo maggio-agosto 2025 il 35,6% delle gare, ma appena il 6,6 % degli importi. La fetta maggiore è appannaggio delle società (SPA, SRL, RTI/ATI tra società) che si sono aggiudicate il 55,7% delle gare e ben il 68,2% degli importi.

AGGIUDICATE PER FASCIA DI IMPORTO A BASE D’ASTA

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Approfondendo l’analisi dei dati, si osserva che all’aumentare degli importi a base d’asta diminuisce il numero di gare e l’importo aggiudicato dai liberi professionisti:

> Per i bandi con importo a base d’asta inferiore a 140mila euro, la quota di gare e di importi aggiudicati è pari rispettivamente al 40% e al 43%.

MONITORAGGIO SUI BANDI PER SERVIZI DI INGEGNERIA MAGGIO-AGOSTO 2025 (*)SPA,SRL,RTI/ATItrasocietà (**)Liberiprofessionis singoli,studiassocia ,societàdiprofessionis ,RTI/ATIdisoliprofessionis ,societàdiprofessionis

NELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA* AGGIUDICATE. CONFRONTO

In aumento appare il valore medio dei ribassi di gara: nel periodo

RIBASSO MEDIO E RIBASSO MASSIMO RILEVATO NELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA* AGGIUDICATE. CONFRONTO MAGGIO-AGOSTO 2020- 2025

MEDIO E RIBASSO MASSIMO

Ribassomedio Ribassomassimo

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mag-ago2020mag-ago2021mag-ago2022mag-ago2023mag-ago2024mag-ago2025 Ribassomedio Ribassomassimo

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degli Ingegneri per individuare eventuali anomalie. Su 1011 bandi esaminati, in 285 casi si è reso necessario un approfondimento più dettagliato dei documenti di gara, a seguito del quale, per 56 gare è stata inviata alla stazione appaltante una lettera di segnalazione dell’anomalia con relativa istanza di modifica o, in alcuni casi, di sospensione del bando. Le anomalie hanno riguardato principalmente aspetti correlati all’equo compenso e al calcolo dell’importo a base d’asta.

68% dei bandi abbia un importo a base d’asta inferiore a 140.000 euro fa sì che i liberi professionisti riescano ad aggiudicarsi complessivamente oltre il 35% continua da pag. 2

(***)RTI/ATIcompostedasocietàeliberiprofessionis Sonoesclusiibandidelse oreICTequellirela viaconsulenzevarie

> Per i bandi con importo a base d’asta compreso i 140mila e i 215mila euro si scende al 18,2% per la quota dei bandi aggiudicati e all’11,1% per gli importi.

> Per i bandi con importo maggiore di 215mila euro la quota delle gare aggiudicate scende oltre l’1,7%, con importi aggiudicati pari all’1,4%, laddove le società arrivano ad aggiudicarsi il 79% delle gare e quasi l’81% degli importi.

dei bandi. Questo dato, apparentemente positivo, segnala però il fatto che sui bandi caratterizzati dai grandi importi, com’è ormai consuetudine, i liberi professionisti facciano più fatica. Lo dice il fatto che riescono ad aggiudicarsi

RIPARTIZIONE DELLE GARE PER SERVIZI DI INGEGNERIA (SENZA ESECUZIONE)

AGGIUDICATE PER FASCIA DI IMPORTO A BASE D’ASTA. MAGGIO-AGOSTO 2025 (VAL.%)

solo il 6% degli importi complessivi. Questa realtà, di cui è bene prendere atto, amplifica l’attenzione del nostro sistema ordinistico per l’effettiva applicazione dell’Equo compenso, stabilendo con precisione quali parti dei costi della progettazione debbano rispettare con rigore quei parametri che sono i soli a garantire un’alta qualità della prestazione”. “I dati del monitoraggio – sostiene Marco Ghionna, Presidente del Centro Studi CNI – mostrano che il rallentamento del mercato e la frammentazione delle gare rischiano di relegare i professionisti a un ruolo marginale. È indispensabile intervenire sul piano legislativo per garantire che le competenze professionali restino un elemento qualificante e riconoscibile nei processi di aggiudicazione, assicurando così che le opere siano concepite e sviluppate con un elevato livello tecnico e qualitativo. È necessario favorire forme di collaborazione tra professionisti e società, mantenendo tuttavia un ruolo centrale delle figure iscritte agli Ordini professionali per assicurare la tracciabilità delle responsabilità e la qualità tecnica”.

Tornando ai bandi di gara per servizi di ingegneria e architettura “tipici” emerge che, nel periodo in oggetto, ben oltre la metà dei bandi pubblicati (il 68,1%) presenta un importo a base d’asta inferiore a 140.000 euro. I bandi che presentano un importo a base d’asta maggiore di 215.000 euro ricoprono solo il 25,9% delle gare emesse, percentuale quasi dimezzata rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (49,8%). Tutti i bandi di gara utilizzati in questa indagine sono stati sottoposti ad un’analisi dei contenuti da parte dell’Osservatorio bandi della Fondazione del Consiglio Nazionale

LE AGGIUDICAZIONI DEL PERIODO MAGGIO-AGOSTO 2025 Prendendo in esame le aggiudicazioni, nel secondo quadrimestre 2025 i liberi professionisti vedono aumentare l’importo medio delle gare a loro affidate da 52.350 euro a 57.164. Un aumento di circa 21.400 euro viene registrato anche per le RTI/ATI miste (composto da società e liberi professionisti). Vengono penalizzate le Società a fronte dell’enorme successo raggiunto dai Consorzi, che vedono passare l’importo medio delle gare a loro affidate da 275.868 euro a circa 1,170 mln di euro, anche se il dato è fortemente condizionato da una unica aggiudicazione di importo vicino ai 9 milioni di euro. I liberi professionisti si sono aggiudicati nel periodo il 35,6% delle gare, ma appena il 6,6 % degli importi. La fetta maggiore è appannaggio delle società (SPA, SRL, RTI/ATI tra società) cui vanno il 55,7% delle gare e ben il 68,2% degli importi. Appare in aumento, infine, il valore medio dei ribassi di gara: nel periodo maggio-agosto 2025 è pari al 31,8%, contro il 22,4% rilevato nello stesso periodo dell’anno precedente. Scende invece il ribasso massimo (l’81,2%).

Maggio-Agosto 2024
Maggio-Agosto 2025

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EFFEMERIDI

RISVEGLI

In attesa di un Congresso di là da venire, gli ingegneri torneranno a essere i nuovi architetti?

L’idea del titolo per un futuro congresso mi era venuta un po’ per celia e un po’ per non morir (di noia) come avrebbe detto Madama Butterfly.

“Risvegli” era la giusta nemesi a conclusione di anni di Congressi nazionali degli Ingegneri che hanno visto susseguirsi titoli come: 2022, CONFINI 2023, METE 2024, SVOLTE 2025, VISIONI

Si era cominciato a Sassari con un beneaugurante OLTRE (BEYOND), che corrispondeva quasi accidentalmente con il nome della missione Beyond dell’astronauta italiano Luca Parmitano sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2019, che era comparso sugli schermi del Congresso con uno straordinario collegamento in differita dalla ISS, di cui non ci siamo presi nessun merito in famiglia. Mi era parso il primo timido, ma simbolico avvicinamento della nostra categoria al secondo e terzo settore dell’ingegneria, da sempre un po’ ai margini della nostra attenzione.

Anzi, una missione spaziale credo sia la più perfetta sintesi tra ingegneria industriale e dell’informazione che possa sperarsi e, come ci ha spiegato Parmitano nel suo collegamento, l’occasione per l’ingegneria applicata alla ricerca in tanti altri campi, non ultime le stesse scienze biomediche.

L’appuntamento virtuale di Parma, con il suo NEXT, è sembrato andare nella stessa direzione. “Quest’anno abbiamo avuto un’anteprima di futuro” scrivevo (Cfr il mio articolo “BUON FUTURO Congresso di Parma e narrazione digitale” ne Il Giornale dell’Ingegnere n. 4/2021). Ma evidentemente qualcosa è andato storto.

Sono seguiti bei Congressi, non c’è che dire, organizzati bene e con sacrificio, ma senza quello scatto di orgoglio e di immaginazione, da parte nostra, che era necessario.

INGEGNERI-ARCHITETTI

Siamo un sistema di ingegneri civili (non tutti per la verità, nel senso corrente del termine per lo meno), che ragionano da ingegneri civili, spesso da edili, quasi come degli architetti. “Quasi” nel senso che non siamo più avvertiti nemmeno alla loro altezza, secondo quanto riferisce con ironia e un pizzico di cattiveria il prof. Ratti sul Corriere del 20 settembre u.s.

Molti colleghi sono rimasti sorpresi, altri si sono indignati a sentire le provocazioni del collega di Torino, diversamente ingegnere anche lui. Sospetto che molti non abbiano letto per intero l’articolo… Recuperiamo subito, citando

testualmente (orrore) un passaggio illuminante dell’articolo:

“Ma forse è arrivato il momento di superare una volta per tutte la vecchia dicotomia. Serve una nuova figura… capace di immaginare e verificare, di sognare e calcolare. Di collegare il rigore della scienza con l’intuizione del progetto – nel solco della migliore cultura politecnica. Per arrivare a questo obiettivo dovremo iniziare a ripensare i nostri percorsi universitari: più ibridi, più trasversali, più consilienti”

A evitare che mi addebitiate il tempo perso a cercare la parola (la consilienza sai è come il vento): la consilienza è un approccio interdisciplinare che prova a combinare discipline scientifiche e umanistiche.

MONSIER LE CORB U

È passato un secolo da quando Le Corbusier, al secolo Charles-Édouard Jeanneret, sosteneva che gli ingegneri fossero i nuovi architetti. Ma è passata giusto la nostra età ordinistica e il professore torinese ci spiega che ormai è vero il contrario, ci piaccia o no. Proviamo allora a giocare in controtempo e riprendere quella leadership che ci veniva riconosciuta dal grande Architetto francese. D’altra parte, che siamo diventati una professione “labile”, almeno agli occhi dei nostri interlocutori istituzionali, lo ha detto lo stesso Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri a Gorizia. Forse e consapevolmente i nostri cugini vogliono farci le scarpe, spingendo per impossessarsi della figura di coordinatore del progetto.

Ma non è quella della contrapposizione la strada giusta.

Una ridefinizione aggiornata di un testo del 1925 potrebbe aiutare, tenuto conto che la famosa “riserva” sui beni culturali discende dal contesto della formazione dell’epoca e dai compromessi nel passaggio dalle accademie o istituti di belle arti

del Regno alle facoltà di Architettura. Ed è unica in Europa. Ma anche in questo caso smettiamola di ragionare solo da ingegneri-architetti o viceversa, limitando di fatto i nostri ragionamenti ad un ambito sostanzialmente ridotto del problema…

VOLVER - TORNARE

“Volver” è un film del 2006, che amo molto, scritto e diretto da Pedro Almodóvar. Mi piace citarlo perché ha una caratteristica forse unica e degna di maggior attenzione rispetto allo sforzo titanico di declinare degli/delle, altri/e, tuoi/tue delegati/e, etc. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2006, ha vinto il premio per la migliore interpretazione assegnato all’intero gruppo di attrici protagoniste, con in testa Penélope Cruz e Carmen Maura. Volver, in spagnolo, vuol dire tornare. Ed è questo il nostro programma: tornare a essere ingegneri tout court, come lo siamo stati fino al 1° settembre 2001, con l’entrata in vigore del D.P.R. 5 giugno 2001 n.328.

Da allora non siamo più semplicemente ingegneri, ma ingegneri così o colì, ingegneri così o cosà, ingegneri mini e maxi: è stata sconvolta l’unitarietà della professione.

Se l’ingegnere italiano (e non parlo solo della nostra raffinata rivista) è diventato una figura labile – come dicevamo – a differenza delle altre professioni, la cura è il ritorno all’ingegnere multiculturale e alla realizzazione di specializzazioni post laurea, come per i medici, come ha scritto da qualche parte un collega per me anonimo.

Un avvocato è un avvocato e nessuno fa confusione tra penalista, civilista o un esperto in materie amministrative.

Sapete quante sono, invece, le specializzazione di medicina? Sono circa 50, raggruppate in 3 aree (Medica, Chirurgica, Servizi Clinici). Eppure un medico è un medico e nessuno immagine-

Una visione che ha creato solo una indeterminatezza assoluta nelle competenze. Infatti, nonostante questa molteplicità di catalogazioni sia stata “compattata” in due sezioni e complessivamente in sei settori, che dovrebbero facilitarne l’individuazione, riceviamo quotidianamente quesiti dagli ordini sulle effettive competenze del singolo laureato, sia per qualità sia per quantità, in un ginepraio di sfumature e sofisticazioni difficilmente districabili anche dai nostri uffici.

LA MALA EDUCACIÒN

rebbe di farsi curare gli occhi da un otorino, o per un mal di denti andare dall’ortopedico!

DI-VISIONI

In attesa di capire se il nuovo decreto legge delega sulle professioni abbia effettivamente compreso quanto enuncia, e cioè che la laurea abilitante e l’obbligo dell’iscrizione all’albo (rectius limitare l’uso del titolo agli iscritti) sono un vantaggio e una risorsa per la società e adesso pure un programma di governo, sforziamoci anche noi di ragionare in maniera differente.

Se crediamo al valore legale del titolo di studio come fatto irrinunciabile, come mai releghiamo al solo curriculum il dottorato di ricerca?

La certificazione delle competenze, o meglio la certificazione delle esperienze lavorative, può fare il resto.

Fino agli albori del millennio avevamo un sistema universitario dell’ingegneria abbastanza semplice, distinto al suo interno in un biennio di formazione generale di base e un triennio di specializzazione ante litteram, con delle materie comunque obbligatorie. I corsi di laurea quanti erano cinque? Dieci?

Anziché perfezionare questo sistema, eliminando da una parte e differenziando meglio dall’altra, mantenendo comunque una omogeneità del sistema formativo, si è passato alla bipartizione della laurea triennale e quella magistrale (scusate la semplificazione linguistica), con il cosiddetto sistema 3+2, e a tutto il resto. Gli ingegneri adesso sanno tutto ma proprio tutto (di una determinata cosa) ma solo quello, come diceva un altro vecchio adagio goliardico. L’intera offerta formativa in ingegneria risulta attualmente articolata in 4 classi di laurea e 20 di laurea magistrale (compresa quella a ciclo unico), anche se le denominazioni dei corsi sono ormai centinaia.

“La mala educaciòn” è un film del 2004 anch’esso diretto da Pedro Almodóvar. Ma è lungi da me parlare di temi un po’complicati come quelli affrontati dal grande regista spagnolo o, dio ci scampi, parlare di sesso (anche se non siamo inglesi meglio non farlo).

Il titolo ci serve per introdurre la sintesi di quello che bisogna fare per la categoria ma soprattutto per il nostro sistema ordinistico e i suoi valori di garanzia sociale. Si tratta della progressiva scomparsa dal sistema regolamentato e dai nostri orizzonti ordinistici di tutte le altre declinazioni della professione, che poi sono la parte più innovativa e adesso più numerosa, quella più richiesta dal sistema produttivo e dal complesso degli interessi sociali e strategici nazionali e mondiali. E se vogliamo, quelle più facilmente individuabili come “ingegneria”. Parola di ingegnere civile edile con indirizzo architettura e pianificazione. Se vogliamo venirne a capo, dobbiamo dialogare con due distinti ministeri, quello della Giustizia e quello dell’Università e della ricerca, e da qualche tempo con il Ministero del Lavoro. È bello e meritevole incontrare gli altri pur importanti ministri, ma rispetto al nostro obiettivo principale non servono a una beata… (parte iniziale di un’espressione idiomatica siciliana non proprio elegante).

Queste interlocuzioni dobbiamo farle in forma ufficiale, attraverso i vertici istituzionali, nostri e loro. Tutte le interferenze, spontanee e mosse dai più nobili scopi, sono dannose.

In questo senso la mala educaciòn, che altri pratica letteralmente per le vie brevi o pretendendo la simmetria tra un organismo nazionale istituzionale e l’associazione che essa emana, ha tante altre forme meno evidenti ma non meno deleterie. Per concludere, adesso che le citazioni evangeliche sono diventate di moda anche oltre oceano, mi permetto di farlo anch’io: “Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi”

PS. “Risvegli” è pure il nome di un film, ma non voglio esagerare.

IDRORICICLO

Per la raccolta e il riutilizzo delle acque meteoriche

Rearma Italia offre soluzioni avanzate per la gestione e il riutilizzo delle acque piovane, con serbatoi in acciaio NovaCor modulari e autoportanti, ideali per applicazioni in ambito civile, industriale e agricolo

Acqua, risorsa preziosa. Non basta dirlo nei periodi di siccità. Non basta lamentarsi in presenza di grandi e improvvise piogge. Bisogna agire con la capacità del progettista, con le più avanzate soluzioni delle imprese. Lavorando proprio in questa direzione, Rearma Italia Srl ha recentemente avviato a Moriondo Torinese (TO) uno stabilimento di produzione di tubazioni autoportanti in acciaio che rappresentano un’ottima soluzione per la realizzazione in tempi rapidi di opere di canalizzazione, attraversamenti carrabili, etc. e soprattutto finalizzate alla realizzazione, mediante applicazione di idonei accessori quali fondi, pozzetti di ispezione, prese per carico e scarico, etc... dei serbatoi autoportanti NovaCor che rappresentano la più versatile soluzione interrata disponibile sul mercato per la raccolta, l’accumulo, il trattamento, lo smaltimento controllato, ma anche il riutilizzo delle acque meteoriche.

APPLICAZIONI DEI SERBATOI Senza entrare in merito ai cambiamenti climatici governati da un

effetto serra esasperato dal comportamento antropico sul pianeta, risulta evidente che la tendenza per gli anni a venire mostri come i periodi di scarsa precipitazione piovosa, piuttosto che i fenomeni estremi di piogge intense

e concentrate, siano destinati ad aumentare come frequenza, imprevedibilità e intensità. Alla luce di quanto esposto, acquista sempre più importanza il concetto di risparmio e tutela delle acque, inteso come gestione e accumulo

Punti di forza

Modularità: la lunghezza e il volume dei serbatoi sono illimitati. I singoli elementi possono essere collegati attraverso giunti a collare o flangiati, realizzando linee e/o batterie che permettono di raggiungere infinità capacità di volume.

Versatilità: dimensionamento secondo richiesta di progetto; leggerezza dei manufatti.

Carrabilità: i serbatoi interrati sono autoportanti e idonei a essere installati in presenza di carichi di traffico stradale senza necessità di opere in calcestruzzo. Ottimizzazione degli spazi; no consumo di suolo. Qualità e certificazione: il processo produttivo è certificato da enti terzi (FPC). I prodotti sono marcati CE in conformità al CPR 305/2011 – EN1090. Il tipo di acciaio utilizzato e i rivestimenti proposti garantiscono durabilità molto elevata (fino a 100 anni).

Semplicità di installazione: tempi ridotti e costi contenuti in cantiere grazie alla facile movimentazione; assenza di opere complementari in CLS.

Compatibilità ambientale: l’acciaio è totalmente riciclabile. Inoltre, gli stessi serbatoi vengono prodotti con acciaio certificato che contiene percentuale di materiale riciclato. È in corso di ottenimento la certificazione EPD che attesta la conformità al Decreto CAM.

delle risorse d’acqua durante gli eventi piovosi, per poi riutilizzarle in periodi di necessità. In questo quadro di risparmio e riutilizzo si inserisce il serbatoio in lamiera ondulata tipo NovaCor. Un valore aggiunto di questi serbatoi è quello di poterli associare a sistemi di raccolta sia civili, sia industriali. Nel settore dell’edilizia civile e industriale, l’acqua proveniente dai pluviali delle abitazioni, dei capannoni, dalle pavimentazioni e da tutte le superfici impermeabili progettate ad hoc, viene raccolta e, previo trattamento depurativo, riciclata per attività che non richiedono l’uso di acqua potabile (raffreddamento di macchinari, servizi igienici, autolavaggi, etc.). Nel settore agricolo, i serbatoi sono impiegati per la raccolta di acque da destinare all’irrigazione, mentre per esigenze di tutela del territorio e di sicurezza trovano applicazione come invasi antincendio. In campo acquedottistico, i serbatoi NovaCor possono essere abbinati alla rete e svolgere la funzione di contenitore di scorta, presso le utenze terminali, per ovviare a deficienze di approvvigionamento.

VASCHE PER LA LAMINAZIONE DELLE ACQUE METEORICHE

Durante gli eventi piovosi si formano nell’ambiente, specie urbano, grandi portate meteoriche che solo entro certi limiti possono essere regolarmente accolte, convogliate, depurate e scaricate dalla rete fognaria. Esiste pertanto la necessità di gestire e controllare le portate meteoriche al fine di garantire la prote-

zione idraulica ed ambientale del territorio (invarianza idraulica). I serbatoi NovaCor permettono la realizzazione di invasi (in linea o fuori linea) con cui potenziare la capacità di accumulo e smaltimento delle reti fognarie esistenti, ovvero le vasche di laminazione. Il compito delle vasche di laminazione non è solo quello di accumulare volumi d’acqua, ma anche di contenere gli scarichi entro valori accettabili con la capacità idraulica dei ricettori. Il convogliamento delle acque in eccesso può avvenire attraverso la rete di drenaggio superficiale e/o sotterraneo (canalette, tombinature, fognatura, etc.), mentre lo svuotamento graduale dei serbatoi può avvenire per gravità, attraverso sistemi meccanici e/o elettrici, a discrezione del progettista e della portata in uscita massima che si deve soddisfare.

VASCHE DI ACCUMULO PER IMPIANTI ANTINCENDIO I serbatoi NovaCor sono adatti alla realizzazione di vasche idriche per l’alimentazione di impianti antincendio. Da rilevare che la possibilità di interrare tali vasche mantenendo la carrabilità delle stesse, ottimizza l’utilizzo dello spazio in superficie.

REARMA

Zona industriale 10020 - Moriondo Torinese (TO) www.rearma.it | info@rearma.it

Rettori ingegneri: guidare il cambiamento con ricerca, formazione di qualità e dialogo

Enrico Foti (Università di Catania) e Alessandro Reali (Università di Pavia) raccontano programmi e priorità per atenei più inclusivi, innovativi e radicati nel territorio

Le più recenti elezioni accademiche hanno visto diversi Atenei italiani scegliere rettori con formazione ingegneristica, segno di quanto la cultura tecnica sia ormai riconosciuta come risorsa strategica per l’università e per il Paese. Dopo aver raccolto, nel precedente numero, le voci di Enrico Quagliarini (Università Politecnica delle Marche) e Umberto Fratino (Politecnico di Bari), questo numero ospita le interviste a Enrico Foti , neo Rettore dell’Università di Catania, e a Alessandro Reali , neo Rettore dell’Università di Pavia. Dalle loro testimonianze emerge un

Laureati ICT: insufficienti per la domanda

Secondo AlmaLaurea, nel 2024 i laureati nell’area STEM sono 39.409. Ma a fronte di un’elevata richiesta di profili informatici da parte delle imprese, solo 2.416 si sono laureati nel settore Informatica e Tecnologie ICT. Un dato allarmante per un comparto chiave dell’innovazione, che rischia di restare privo di competenze strategiche. Fonte: Profilo dei Laureati 2024 –AlmaLaurea

SPYROGRIP Migliora la resistenza sismica ed aumenta la classe energetica dell’edificio in un’unica operazione.

Il sistema di distanziatori e pannelli in EPS Twinpor TM, dall’alto potere isolante, si installa direttamente sulla muratura dell’edificio fungendo da cassero per la creazione di una lama di calcestruzzo armato addossato alla struttura esistente che ne migliora il comportamento sismico. I pannelli isolanti, oltre che contenere il getto di calcestruzzo, rimangono in opera come cappotto termico

orizzonte condiviso, che vede nell’università un luogo capace di mettere la persona al centro, offrire formazione di qualità, sostenere la ricerca e i giovani talenti, rafforzare il legame con il territorio e aprirsi all’innovazione, all’intelligenza artificiale e alla Terza Missione. Una visione che restituisce all’istituzione accademica un ruolo non solo educativo, ma anche culturale e sociale, chiamato a incidere concretamente sul futuro del Paese. Il percorso proseguirà anche nei prossimi numeri, con nuove interviste ad altri Rettori con formazione ingegneristica recentemente nominati.

Quota di laureati ancora sotto la media UE

Nel 2024, solo il 31,6% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni ha conseguito un titolo universitario, un dato che colloca l’Italia agli ultimi posti in Europa, davanti soltanto alla Romania (fonte: Eurostat, 2025). Un ritardo strutturale che allontana il nostro Paese dagli obiettivi fissati a livello internazionale: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile punta a raggiungere entro il 2030 una quota del 45% di laureati in questa fascia di età, ma secondo gli esperti si tratta di un target difficilmente raggiungibile per l’Italia.

Fonte: Profilo dei Laureati 2024 – AlmaLaurea

Ingegneria e università, un binomio strategico per il Paese

Centralità dello studente, orientamento formativo, collaborazione con il territorio e sfide infrastrutturali: le priorità del mandato di Enrico Foti, neo Rettore dell’Università di Catania, per un Ateneo radicato e internazionale

Professore ordinario di Idraulica presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania, Enrico Foti è il rettore designato dell’Ateneo catanese per il sessennio 2025-2031. Ingegnere idraulico, con una lunga carriera accademica e numerosi incarichi di rilievo, Foti è stato direttore del DICAR dal 2014 al 2022, Visiting Scientist al MIT di Boston e Researcher alla Naval Postgraduate School in California. Collabora da anni con le istituzioni su temi legati alle infrastrutture e alla gestione del rischio: è membro della Cabina di regia per la Siccità della Regione Siciliana, componente della Commissione nazionale “Grandi rischi” e collaudatore della nuova Diga Foranea di Genova. Tra il 2015 e il 2017, ha partecipato anche al progetto MoSE di Venezia. Nel colloquio che segue, Foti propone una visione ampia e concreta del ruolo che l’università è chiamata a svolgere oggi: mettere lo studente al centro, rafforzare il legame con il territorio e costruire una formazione più flessibile, in dialogo con le esigenze della società e delle professioni.

Nel suo programma elettorale lei parla di “studente persona” e non “numero”. Cosa significa concretamente?

Il cuore della mia visione rettorale è riportare la persona al centro, superando la logica dello “studente numero”. Gli studenti non sono semplici utenti, ma il fulcro della missione universitaria. Parlo di centralità non solo didattica, ma anche di servizi, spazi e opportunità di crescita. L’università deve essere un luogo in cui si studia, ma anche si vive, si partecipa, si costruiscono relazioni. Senza gli studenti, l’ateneo perderebbe la sua funzione profonda, riducendosi a un semplice centro di ricerca. Negli ultimi anni, è mancata un’attenzione adeguata alle loro esigenze quotidiane: aule spesso non confortevoli, mense poco funzionali, carenza di spazi adeguati allo studio. Questo impatta soprattutto sugli studenti fuori sede, che non dispongono di ambienti adatti nelle proprie abitazioni. È quindi fondamentale garantire l’apertura serale e nei fine settimana delle aule studio, come già avviene in altri atenei, specie nei periodi d’esame. Questi luoghi servono non solo per studiare, ma per confrontarsi, socializzare, sentirsi parte di una comunità. L’università deve essere vissuta, non solo frequentata: è questa la chiave per rendere piena l’esperienza formativa e rafforzare il senso di appartenenza.

Come incentivare l’accesso all’università, in particolare ai corsi di ingegneria, in un contesto segnato da bassa percentuale di laureati e forte denatalità?

Siamo di fronte a un problema strutturale. La denatalità inciderà sempre più sul sistema universitario, specie al Sud. Ma il problema non è solo quantitativo: molti ragazzi ottengono un diploma senza avere una preparazione adeguata. I dati Invalsi mostrano che uno studente su due non raggiunge livelli soddisfacenti nella comprensione del testo e in matematica. Per questo bisogna intervenire già nelle scuole superiori, ma non con semplice orientamento informativo. Serve un orientamento formativo, che parta dal quarto anno, per intercettare attitudini, passioni, fragilità. Solo così possiamo guidare scelte consapevoli, anche nei corsi STEM.

Tanti giovani si avvicinano all’ingegneria attratti dalle buone prospettive occupazionali, ma questo non può essere l’unico criterio di scelta. Senza una reale motivazione, senza basi solide in matematica, fisica e progettazione, è difficile portare a termine un percorso così impegnativo. Le richieste da parte delle imprese sono numerosissime, e oggi il mercato avrebbe bisogno di molti più ingegneri di quanti ne riusciamo a formare. Ma è nostro compito prepararli in modo serio, con percorsi coerenti con le loro attitudini e allineati alle reali esigenze del sistema produttivo.

Questo ci porta a un altro punto del suo programma: la necessità di “studiare e lavorare in Sicilia”.

AlmaLaurea ci dice che circa il 10% dei laureati STEM emigra all’estero, spesso attratto da retribuzioni più alte e carriere più rapide.

Come invertire questa tendenza?

La cosiddetta “fuga dei cervelli” è una ferita aperta, ma serve cambiare narrazione: partire deve essere una scelta, non un obbligo. La formazione che offriamo deve essere di qualità, capace di aprire opportunità in Italia e all’estero, ma anche di permettere ai nostri giovani di restare e contribuire allo sviluppo della propria terra. In Sicilia, oggi, esistono opportunità. Pochi giorni dopo la mia elezione, ho incontrato la presidente di Confindustria Catania: le imprese ci chiedono laureati preparati. Serve però un patto tra università e sistema produttivo. Uno strumento chiave sono i master, in particolare quelli di primo livello, ancora poco utilizzati nel nostro Ateneo. Altrove il modello 3+1 – triennale più master professionalizzante – è consolidato.

Questi percorsi, con il contributo del mondo del lavoro, trasferiscono non solo conoscenze ma anche competenze operative, rafforzando il legame con il territorio e contrastando la dispersione di talenti. E tutto questo va inserito in un quadro più ampio di formazione continua, che accompagni i giovani lungo tutto il loro percorso professionale.

Ha parlato dell’importanza di ripensare i percorsi formativi anche in chiave di formazione continua. In questo contesto, quale ruolo possono giocare l’Ordine degli Ingegneri e il Consiglio Nazionale?

L’Ordine degli Ingegneri di Catania ha fatto grandi passi avanti da quando è stata introdotta la normativa sui crediti formativi, offrendo percorsi aggiornati e di qualità.

L’università, invece, è rimasta più legata allo schema tradizionale

del 3+2. Credo sia il momento di uscire da modelli rigidi e costruire percorsi più flessibili, in collaborazione con gli ordini e con il tessuto produttivo locale. Questo significa attivare sinergie reali, che generino stage, spin-off, progetti condivisi. Quando dirigevo il Dipartimento, ho voluto che nella triennale ci fossero moduli tenuti da professionisti indicati dall’Ordine: un modo concreto per far comprendere, fin dall’inizio, l’utilità delle conoscenze teoriche. Queste esperienze vanno rafforzate, perché gli ingegneri si formano anche attraverso il confronto con le sfide del mondo reale. In Sicilia, oggi, non mancano le opportunità: infrastrutture, energia, servizi avanzati. La formazione deve dare ai giovani gli strumenti per scegliere consapevolmente se restare o partire, e per affrontare con competenza qualunque contesto professionale.

Un altro nodo centrale è la parità di genere nelle materie STEM. Le ragazze sono ancora poco presenti in informatica, ingegneria industriale e ICT. Il CNI ha avviato diverse iniziative, come STEMInsieme e Ingenio al Femminile. Nel suo mandato, sono previste azioni specifiche per contrastare il gap di genere?

Ho diretto per dodici anni il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura e posso dirlo con convinzione: le ragazze che intraprendono percorsi STEM sono spesso più motivate e costanti. È vero, iniziano in meno, ma si disperdono molto meno dei colleghi maschi. Il gap va affrontato fin dalle scuole primarie, con attività di orientamento che coinvolgano anche le bambine. Come Dipartimento abbiamo promosso esperienze ludico-didattiche per

avvicinarle all’ingegneria: sono attività che lasciano il segno. L’università può contribuire con spazi e servizi adeguati, ma la questione è soprattutto culturale. Ancora oggi, molte responsabilità familiari e sociali continuano a gravare in misura maggiore sulle donne. È un nodo che va affrontato a livello di società, non solo nel mondo accademico.

Quale contributo può offrire oggi il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, secondo il punto di vista accademico, in una logica di alleanza con l’università?

La collaborazione con il CNI e, in particolare, con l’Ordine degli Ingegneri di Catania – al quale sono iscritto – è già molto concreta e proficua. Oltre ai premi di laurea assegnati annualmente, abbiamo avviato percorsi formativi condivisi, come già accennato, che prevedono anche l’intervento di professionisti indicati dall’Ordine. È un modo per valorizzare il legame tra università e mondo del lavoro. Portare in aula esperienze reali, problemi concreti, aiuta gli studenti a comprendere l’utilità delle conoscenze teoriche. L’esercizio può essere lo stesso, ma la narrazione cambia. E cambia anche la motivazione: il sapere si traduce in competenza applicabile. Credo che questa integrazione vada ulteriormente rafforzata: gli ingegneri non vanno formati solo in aula, ma anche attraverso il confronto diretto con le professioni.

Ingegneria è sinonimo di innovazione. Quali sono, secondo lei, i settori tecnologici strategici per l’Ateneo e come si inserisce in questo scenario l’intelligenza artificiale?

Viviamo in un territorio con grandi criticità infrastrutturali. L’ingegneria civile, ambientale, energetica è fondamentale. Abbiamo emergenze idriche, dissesto, reti obsolete, infrastrutture viarie e ferroviarie inadeguate, e mancano ancora elementi fondamentali come l’alta velocità. Ma ci sono anche opportunità: PNRR, fondi europei e investimenti richiedono visione e competenze. L’intelligenza artificiale, in questo scenario, è una rivoluzione. Ma va governata. È uno strumento potentissimo, che può migliorare la nostra vita professionale e quotidiana. Per questo serve introdurla nei percorsi formativi fin dall’inizio, in modo consapevole. Sarà una tecnologia trasversale, che cambierà tutto: dobbiamo preparare i nostri studenti a saperla usare, ma anche a saperla comprendere, con senso critico e responsabilità.

Didattica, ricerca e territorio: l’università

come motore di crescita e innovazione

Alessandro

Reali, neo

Rettore dell’Università

di Pavia, racconta la sua visione per un Ateneo capace di valorizzare i talenti, sostenere la ricerca e rafforzare il dialogo con il territorio

Professore Ordinario di Scienza delle Costruzioni dal 2016 e direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura per due mandati dal 2018 al 2024 (riconosciuto come “Dipartimento di Eccellenza” Ministero), dal 1° ottobre Alessandro Reali è alla guida dell’ateneo pavese per il sessennio accademico 20252031.

Ingegnere Civile e Dottore di Ricerca in Ingegneria Sismica, è autore di circa 200 articoli su riviste internazionali, con circa 18mila citazioni e un h-index superiore a 60 (G.S.). Tra i riconoscimenti, nel 2017 è stato nominato Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, e per cinque volte, dal 2014 al 2018, ha ricevuto la menzione di Highly Cited Researcher dall’istituto ISI Thomson-Reuters/Clarivate.

In questa intervista propone una riflessione ampia su qualità della formazione, sostegno ai giovani ricercatori, impatto dell’intelligenza artificiale nella didattica, terza missione e ruolo dell’università come motore di sviluppo culturale e sociale.

Nel suo programma elettorale un posto di rilievo è riservato alle due finalità primarie dell’Università di Pavia, didattica e ricerca, con la qualità come parola chiave. Quali iniziative ritiene prioritarie per rafforzare la formazione e migliorare la vita universitaria, e quali per affrontare le sfide future della ricerca?

Per garantire e migliorare ulteriormente la qualità della didattica e l’attrattività a livello nazionale e internazionale, sono necessari nuovi investimenti mirati a livello di promozione, di incentivazione della docenza, di innovazione, di creazione e adeguamento di opportuni spazi di lezione e studio, senza dimenticare il tema fondamentale del diritto allo studio.

Per elevare la qualità della ricerca, il primo obiettivo sarà quello di garantire condizioni ottimali per tutti i nostri ricercatori, a partire da quelle di finanziamento, anche interno, favorendo la produttività e l’attrazione di fondi da bandi competitivi, promuovendo e incentivando le linee di ricerca di tutte le aree dell’Ateneo e puntando con forza sull’interdisciplinarità. Particolare attenzione verrà data alla creazione di opportunità per i giovani, a partire dal dottorato di ricerca e dai passi successivi verso il consolidamento della posizione lavorativa.

Tutto questo andrà integrato all’interno di un’organizzazione e di un sistema di supporto amministrativo agile ed efficiente, che sappia valorizzare le competenze, semplificare gli adempimenti burocratici e ridurre il carico amministrativo.

Ingegneria è sinonimo di innovazione. Quale ruolo può avere l’intelligenza artificiale nella didattica universitaria?

Credo che sia fondamentale considerare l’impatto che l’intelligenza artificiale può avere (e molto spesso già ha) sulla didattica, sia dal lato dello studente, sia dal lato del docente. Questo va però studiato attentamente e regolamentato, in modo da poter sfruttare in modo ottimale le possibilità che offre e offrirà in modo sempre più marcato e diffuso. Siamo all’inizio di una vera e propria rivoluzione, che però va capita e controllata perché sia a vantaggio di tutti. Ritengo questo tema così importante da aver introdotto nella mia squadra di governance un Delegato a Innovazione e Intelligenza Artificiale per la Didattica.

La Terza Missione, i rapporti con il territorio e il rafforzamento del brand sono punti centrali del suo programma. Quali strategie intende adottare per valorizzare queste dimensioni e renderle motore di sviluppo per l’Ateneo?

Con il termine “Terza Missione” si intende l’insieme delle attività di trasferimento culturale, scientifico, tecnologico e di trasformazione produttiva delle conoscenze e dei risultati della ricerca ed è quindi per sua natura inscindibilmente legata alla didattica, alla ricerca ma anche a tutte le attività di disseminazione collegate con il ricco patrimonio

culturale del nostro Ateneo. In particolare, credo fermamente che i rapporti col territorio vadano curati attentamente sia a livello di enti locali, enti e istituzioni nazionali, realtà aziendali, imprenditoriali, professionali e di volontariato. In particolare, a livello locale, la presenza sul territorio di tre IRCCS, dello IUSS e degli altri centri e fondazioni con finalità di ricerca rappresenta un’opportunità unica per dare all’Ateneo nuovi impulsi e possibilità di ulteriore sviluppo. In questo contesto, l’Università di Pavia si deve porre come candidata per un ruolo di coordinamento di tutte le potenziali collaborazioni e attività, anche sfruttando le opportunità che offrirà il nascente Parco “Gerolamo Cardano” per l’Innovazione Sostenibile, luogo dove le competenze scientifiche multidisciplinari che caratterizzano l’Ateneo incontreranno il mondo delle aziende per creare nuovi saperi, unitamente a quanto già presente come, per esempio, il Parco Tecnico Scientifico di Pavia, la Fondazione Chips-IT e le numerose spin-off dell’Ateneo.

In un Paese con pochi laureati e segnato dalla denatalità, quali strumenti possono rendere più attrattivi e accessibili i percorsi universitari, soprattutto quelli di ingegneria?

Sono convinto del fatto che l’Università di Pavia si debba porre come centro di cultura riconosciuto a livello nazionale e internazionale, caratterizzato dall’elevata qualità della sua formazione.

Avendo in mente questo obiettivo, nonostante le prospettive di decrescita demografica e del conseguente calo delle immatricolazioni, vanno da un lato

agevolati e, ove presenti, consolidati i corsi di studio su temi moderni e all’avanguardia in grado di attrarre un alto numero di studenti, dall’altro vanno potenziati e curati con orgoglio i corsi di studio di elevato valore culturale, in grado, anche se più di nicchia, di dare lustro al nostro Ateneo. Questo bilanciamento non solo è possibile, ma è strategicamente importante e vale in tutti i campi, a maggior ragione in quello dell’Ingegneria, e va integrato con una migliore internazionalizzazione che deve per forza passare anche da una più ampia offerta di corsi di studio in lingua inglese.

Va inoltre sottolineato come l’unicità del sistema pavese dei collegi (non semplici dormitori, ma vere e proprie comunità in grado di indirizzare positivamente l’intera esperienza accademica) rappresenti una straordinaria risorsa da sfruttare e valorizzare al fine di riuscire a costituire un vero e proprio sistema integrato di formazione e crescita, anche dal punto di vista sociale e umano, di tutti gli studenti, inclusi quelli che non risiedono in collegio. Desidero infine rimarcare come in tutto questo esista un elemento centrale che deve sempre contraddistinguere l’Università di Pavia e che, sono certo, farà la differenza: la qualità.

In Italia la domanda di competenze STEM è in costante crescita, mentre i laureati restano ancora troppo pochi. Quali azioni ritiene necessarie per colmare questo divario?

Come detto in precedenza, sono convinto del fatto che sia necessario in primis proporre un’offerta didattica di qualità elevata da tutti i punti di vista, ma che sia anche fondamentale lavorare in modo deciso sulle attività di orientamento, a partire dalle scuole medie e dai primi anni di scuola superiore, cercando di avvicinare i ragazzi e, soprattutto, le ragazze alle discipline STEM lavorando per eliminare - o quanto meno limitare – gli eccessivi timori che troppo spesso hanno nei confronti di tali discipline e rimarcando le enormi possibilità che offrono in termini di carriera.

Quali iniziative possono contribuire a eliminare le barriere fisiche e culturali e contrastare il gap di genere e favorire un ambiente accogliente, sicuro, equo e accessibile per tutti gli studenti, le studentesse e il personale dell’Ateneo?

L’obiettivo che ci si deve porre è garantire che ogni individuo, indipendentemente dalle sue caratteristiche personali, possa vivere la propria esperienza accademica senza barriere fisiche e culturali che possano ostacolarne il percorso. In quest’ottica si deve partire dall’ampliamento delle opportunità di accesso all’istruzione superiore per gli studenti con disabilità, per i quali saranno previsti servizi di supporto completi, che includano assistenza materiale e psicologica, oltre a investimenti per eliminare barriere fisiche. Sarà inoltre necessario un forte impegno a coordinare, valorizzare e promuovere politiche di pari opportunità che favoriscano la piena partecipazione all’esperienza accademica a tutto tondo di tutti, garantendo che nessuno sia escluso o penalizzato a causa del proprio genere, della propria etnia, del proprio orientamento sessuale o di altre caratteristiche personali. Nell’ottica di aumentare le opportunità per i meno abbienti verranno implementate misure più eque di contribuzione e potenziate le borse di studio. Verranno anche costituiti un Comitato Etico di Ateneo (che fornisca le giuste linee guida di comportamento e intervenga, se necessario, per garantire la giustizia e il rispetto dei diritti di tutte e tutti) e un Centro Antiviolenza e verrà potenziata l’operatività di sportelli di supporto psicologico. Infine, fa parte di questo progetto la creazione di asili nido dedicati alla comunità accademica ed economicamente accessibili (idealmente, gratuiti per studentesse e studenti e con rette convenzionate proporzionali al reddito per i dipendenti).

Quale ruolo può avere, a suo avviso, il CNI in una collaborazione sinergica con l’università, non solo sul tema della parità di genere ma anche in una prospettiva più ampia e strategica, alla luce della sua esperienza di ingegnere?

Credo che le possibilità di collaborazione siano molteplici, sia a livello di orientamento e accompagnamento allo studio, sia a livello di impatto sulla progettazione delle attività didattiche. Diverse ottime iniziative sono già in corso, ma molte altre possono essere introdotte; sono convinto che un confronto continuo e costruttivo sia la base di partenza necessaria. Del resto, non è un caso che in italiano “ingegnere” derivi da “ingenio” (e in inglese engineer derivi da engine).

INFORMAZIONE DALLE AZIENDE

Tennis Club Bonacossa, riqualificazione dei campi veloci

Una sinergia virtuosa tra Play It e Heidelberg Materials Italia per un nuovo standard nelle superfici da gioco

Nel cuore di Milano, immerso in un’area di oltre 26.000 mq, sorge il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa. Fondato nel 1893, il club si è trasferito nella sua sede attuale nel 1923 per volere del conte Bonacossa, che ne affidò il progetto a Giovanni Muzio, celebre architetto milanese esponente più rappresentativo del movimento artistico Novecento

Sin dagli inizi, il TCM si afferma come il principale punto di riferimento per il tennis italiano: sui campi della nuova sede di via Arimondi, i più grandi campioni nazionali e internazionali si confrontano in competizioni di altissimo livello. Oggi il Tennis Club continua a essere un punto di riferimento per un numero elevato di atleti e appassionati, che qui possono imparare, perfezionarsi, competere e divertirsi. L’intervento di riqualificazione ha interessato l’area delle superfici veloci, in particolare i campi 12, 14, 15 e 16. Il progetto è stato pensato per servire al meglio

non solo la squadra di vertice, promossa in serie A, ma anche le 30 squadre attive nel circolo, che partecipano a competizioni federali durante tutto l’anno. Inoltre, i lavori dovevano essere completati entro una finestra temporale molto ristretta, per garantire l’avvio dei Campionati Italiani Under 12 in programma dal 28 agosto.

DAL SOTTOFONDO ALLA

SUPERFICIE

L’intervento si è articolato in due fasi principali: la realizzazione del sottofondo in calcestruzzo, curata da Heidelberg Materials, e la posa della superficie sportiva in resina, affidata all’impresa Play It, realtà a conduzione familiare con sede a Desenzano del Garda.

Per il sottofondo è stato utilizzato i.pro PAVIMIX® di Heidelberg Materials, un calcestruzzo a prestazione progettato per pavimentazioni soggette a umidità da moderata ad alta e a sollecitazioni di media intensità.

“Abbiamo fornito circa 330 m³ di calcestruzzo, per una superficie complessiva di oltre 2.200 mq –

spiega Andrea Cervato, Responsabile Attività Territoriali di Heidelberg Materials. Il prodotto garantisce una serie di vantaggi tecnici fondamentali: facilità di posa allo stato fresco, indurimento omogeneo della lastra, ottima planarità, tempi ridotti di finitura e grande durabilità”. La fornitura, partita dall’impianto Heidelberg Materials di Rho (MI), è stata gestita operativamente da i.build, la business unit del gruppo specializzata nella posa delle pavimentazioni chiavi in mano. “L’intervento non ha avuto luogo in un cantiere convenzionale –sottolinea Cervato – bensì all’interno di una struttura pienamente operativa, con attività sportive in corso. Abbiamo lavorato in condizioni di massima sicurezza, operando all’interno di aree delimitate e pianificate con precisione, ma la sfida principale è stata di tipo logistico: 32 betoniere, getti pompati, approvvigionamenti cadenzati e un costante coordinamento con le esigenze funzionali del club. La posa del nuovo sottofondo in calcestruzzo

è stata eseguita direttamente sopra le pavimentazioni esistenti, una soluzione progettuale adottata per ottimizzare le tempistiche di intervento e garantire la piena operatività dell’impianto entro le scadenze previste”.

Sopra il massetto è stato applicato il sistema Play-Flex Confort®, prodotto e posato da Play It. Si tratta di una soluzione multistrato particolarmente adatta anche a campi da pallacanestro, pallavolo e calcio a 5, sia in ambienti indoor che outdoor. Grazie alla particolare elasticità della sua composizione, infatti, garantisce il massimo comfort di gioco, esaltando il rimbalzo della palla e riducendo i traumi alle articolazioni. È facile da applicare, richiede una minima manutenzione e assicura una lunga durata del campo (oltre vent’anni).

“Il sistema è composto da un tappeto di gomma prefabbricata da 6 mm, incollato su sottofondo, e rivestito con quattro strati di resina – spiega Laura Zanola, oggi alla guida dell’azienda con i genitori. È il nostro prodotto di

punta, quello che più ci identifica sul mercato. Grazie alla sua struttura, garantisce massimo comfort, ottimo rimbalzo, lunga durata e riduzione dei traumi articolari, con uno shock absorber del 30%”. Il sistema è certificato ITF Classe 3 (velocità media), ma consente modulazioni a seconda della finitura. “Nel caso del Bonacossa – aggiunge Zanola – abbiamo configurato due campi più veloci (ITF3, campi 12 e 14) e due più lenti (ITF2, campi 15 e 16). La colorazione scelta riprende quella dell’Australian Open, con interno blu e bordo azzurro”.

TEMPISTICHE, METODI E PRECISIONE ESECUTIVA

La lavorazione della superficie è fortemente condizionata dalla qualità del sottofondo e dalle condizioni climatiche. “Il nostro tappetino segue fedelmente il fondo – spiega Zanola. Se ci sono irregolarità, dobbiamo intervenire per correggerle. Un fondo perfettamente livellato è rarissimo, ma quello realizzato da HM ci ha permesso di procedere con grande efficacia”.

Per ogni campo sono necessari circa 6-7 giorni di lavoro, tra incollaggio del tappetino e posa progressiva dei quattro strati di resina. “Le elevate temperature estive rappresentano un fattore critico per la corretta esecuzione dei lavori: l’applicazione delle resine deve avvenire entro un preciso intervallo termico, al fine di evitare fenomeni di indurimento accelerato o alterazioni delle prestazioni. Inoltre, ciascun strato deve essere lasciato asciugare completamente prima di procedere con quello successivo, nel rispetto dei tempi tecnici di maturazione”, precisa Zanola.

UNA SINERGIA REPLICABILE

L’intervento ha dato il via a una collaborazione tra due realtà di riferimento nei rispettivi settori: Play It, specializzata nella realizzazione di superfici sportive per il tennis, e Heidelberg Materials, tra i principali produttori integrati di soluzioni e materiali per le costruzioni a livello globale. Una collaborazione ben strutturata, che ha portato alla realizzazione di un intervento efficace sia dal punto di vista tecnico che organizzativo, frutto dell’integrazione di competenze complementari e di una visione condivisa basata su qualità, precisione esecutiva e attenzione ai dettagli.

Il BIM come centro strategico in un’impresa di costruzioni

Intervista a Nicola De Biaggio, Responsabile Progettazione di I.CO.P. S.p.a

Se nel “modello BIM” prodotto da una impresa di costruzioni si fanno convergere tempi, costi, sicurezza, qualità, ambiente e ogni singola armatura o altro materiale costituente e lo si interfaccia con il magazzino materiali, il magazzino macchine, l’ufficio acquisti e il cantiere, le potenzialità della digitalizzazione si comprendono appieno e si realizza l’obiettivo (e non lo slogan) di maggiore efficacia assieme a una maggiore efficienza.

Una fantasia? Beh, non proprio. Oggi intervistiamo Nicola De Biaggio, Responsabile Progettazione di I.CO.P. S.p.a, impresa che da oltre 100 anni è sempre un passo avanti nell’implementazione delle nuove tecnologie che possano favorire lo sviluppo aziendale.

Può presentarci la vostra realtà imprenditoriale con un breve excursus della vostra storia fino al vostro trend attuale, delineando le vostre tipologie di attività e di lavorazioni?

ICOP è un’impresa con più di 100 anni di storia. Nel 1914 l’ingegnere Alvise Petrucco firmò i suoi primi progetti, mentre un documento datato gennaio 1920 attesta l’esistenza dell’impresa “Petrucco e Costantini”. La seconda metà degli anni ’50 vede l’ingresso in società dell’ingegner Paolo Petrucco, figlio di Alvise. Paolo sviluppa le attività della società e nel 1965 fonda la ICOP, concentrandosi su opere di fondazione speciali e sulla progettazione e realizzazione di opere infrastrutturali. Gli anni ’80 vedono l’ingresso in azienda della terza generazione: gli ingegneri Vittorio e Piero, figli di Paolo, che daranno corso al primo importante cambiamento in ICOP che, nel 1991, introduce in Italia la tecnologia del microtunneling e continua a evolvere le proprie capacità e tecnologie nel campo delle fondazioni speciali ed opere infrastrutturali. Nel 2009 inizia un processo di internazionalizzazione strutturato dell’impresa con l’acquisizione della ISP in Svizzera, mentre nel 2012 la società avvia le operazioni in Francia, partecipando ai lavori delle nuove linee della metropolitana di Parigi. Nel 2018 la quarta generazione della famiglia Petrucco entra nel Consiglio di amministrazione della società. Nel 2020 l’azienda si trasforma in una Benefit Corporation – prima società nel settore delle infrastrutture – mentre nel 2023 assistiamo a una significativa accelerazione dell’attività e l’avvio del progetto di quotazione in borsa sul segmento Euronext Growth di Milano che si completa nel corso del 2024.

Nel corso del 2025 ICOP acquisisce la società statunitense AGH (Atlantic GeoConstruction Holdings Inc.) specializzata nei lavori di ground improvement; alcuni giorni fa ha acquisito la quota di maggioranza delle azioni della Palingeo, società italiana di fondazioni speciali, incrementando così le proprie capacità in tale ambito.

Qual è la tipologia di realizzazione/cantiere dove è più adatto il vostro intervento e perchè?

Oltre a essere un’impresa che opera nel settore delle infrastrutture siamo un’impresa specializzata nelle fondazioni e nel microtunnelling. Va da sé che prediligiamo lavori in cui vi sia una presenza di questo tipo di attività perché pensiamo di poter portare un contributo importante di idee volte a migliorare il progetto e/o l’infrastruttura in genere.

Il vostro è un settore maturo, dove ci sono molti concorrenti, o siete degli apripista?

Siamo sicuramente una realtà atipica perché, rispetto a molti nostri concorrenti che demandano interamente a società esterne di ingegneria l’attività di progettazione, noi svolgiamo direttamente questa attività per poter incidere con la nostra conoscenza specialistica.

Può descrivere il flusso operativo di una vostra commessa: dall’individuazione del progetto ideale alla sua progettazione, anche costruttiva, e alla cantieristica. Gestite in prima persona ogni fase o avete dei partner in qualche segmento della filiera?

Per illustrare come ICOP accede al mercato delle costruzioni bisogna prima fare una premessa. Da settembre 2021 siamo entrati a far parte del Consorzio Eteria, costituito originariamente dai gruppi Caltagirone e Gavio. Lo scopo del consorzio è di unire capacità industriali e competenze nella realizzazione di opere complesse con un target su lavori di importo supe-

riore ai 50 milioni di euro. ICOP detiene una quota del 10% nel Consorzio, ma gode di una ripartizione variabile di lavori di ciascun progetto, a seconda delle specificità dell’opera ed esegue direttamente solo le attività specialistiche di fondazioni e microtunnelling. In questi casi il consorzio individua il progettista già in fase di gara e la progettazione interna si limita a fornire il supporto specialistico nell’ambito di un processo gestito completamente da terzi. Diverso è il caso in cui ICOP partecipa direttamente a una gara, dove l’attività di progettazione nasce direttamente in fase di offerta con un contributo in termini di value engineering. Le idee, le soluzioni, vengono prodotte e sviluppate all’interno di ICOP demandando la sola parte di calcolo strutturale e/o geotecnico a studi esterni la cui organizzazione è integrata con quella della ICOP stessa. Alla fase di progettazione esecutiva, quando prevista, segue un’attività di progettazione costruttiva che copre tutte le fasi realizzative, dalla cantierizzazione, al dettaglio costruttivo, alle istruzioni operative per l’impiego di casseforme, strutture di sostegno, opere provvisionali, strutture per prove di carico, etc. Naturalmente ricorriamo a specialisti esterni per quanto riguarda tutta una serie di discipline specialistiche quali impianti, ambiente e sicurezza.

In che anno avete iniziato a interessarvi di BIM? Da quale scenario o cantiere specifico? E quali vantaggi potenziali avete percepito? Nel 2015 ICOP ha acquisito i lavori per la costruzione della nuova piattaforma logistica del Porto di Trieste. Si trattava di un impalcato da realizzarsi su mare con fondazione su pali. La struttura si presentava particolarmente complessa sia per geometria, per densità di armatura e per la presenza di cavi di post tensione, in entrambe le direzioni principali, che rendevano l’impalcato un unico grande solaio di 80.000 mq. Vista la complessità, anche di rappresentazione del progetto ai fini di una facile lettura per le maestranze che avrebbero dovuto realizzare la struttura, si è deciso di abbandonare la classica progettazione 2D a favore di una modellazione 3D molto spinta. A fine 2015 abbiamo introdotto l’utilizzo di Tekla Structures in Ufficio Tecnico e, con l’assistenza di Harpaceas, iniziato una corposa campagna di formazione sulla modellazione. Con grande soddisfazione devo dire che le stesse persone che fino a quel momento avevano progettato in 2D sono state coloro che hanno guidato e trainato il cambiamento nella nuova direzione. Tengo a precisare

I.CO.P. S.p.a

Tipo di Organizzazione: I.CO.P. S.p.a è una Società Benefit a capo di un gruppo di oltre 20 società partecipate presenti in Italia e all’estero con specifico focus su Nord Europa e Nord America le cui attività principali consistono nella realizzazione di lavori di microtunneling, fondazioni speciali e, limitatamente all’Italia, opere infrastrutturali con particolare riferimento a porti, strade, autostrade e ferrovie.

Numeri: valore della produzione per l’anno 2024: 187 milioni e 355 dipendenti.

Tipo di attività svolta: progettazione e costruzione per tutte le attività specialistiche, supporto all’attività di progettazione (nei casi in cui siano stati individuati progettisti esterni), realizzazione per tutte le altre tipologie di opere.

Campi in cui opera in BIM: progettazione infrastrutturale, strutturale e, per quanto riguarda l’attività specialistica, laddove richiesto dal cliente.

che non avevamo nessun vincolo contrattuale, nemmeno normativo, per utilizzare un processo BIM. Né, tantomeno, avevamo un PGI da rispettare. Nei mesi successivi tutto il personale dell’UT iniziò un percorso di formazione BIM e, da quel momento in poi, tutta la progettazione sviluppata internamente era pronta per affrontare un processo BIM. L’occasione per metterci alla prova si presentò quando, alla fine del 2019, ICOP acquisì una parte dei lavori di realizzazione di una galleria artificiale ferroviaria a Drammen, in Norvegia, per conto della Veidekke. Nei paesi scandinavi il processo BIM era già molto diffuso e maturo ma, nonostante fossimo agli inizi, ci siamo trovati subito a nostro agio nel seguire e rispettare i vincoli contrattuali con grande soddisfazione del cliente. Seguì, a fine 2022, il primo progetto BIM in Italia, per la costruzione di una vasca di prima pioggia a Cattolica per conto di Hera. Infine, da settembre 2023, il progetto per la costruzione del “Nuovo Acquedotto Marcio” per conto di Acea a Roma ed il progetto per la Messa in Sicurezza Permanente dell’ex area a caldo della Ferriera di Servola a Trieste.

Nel corso di questi anni ci siamo resi conto di quale valore avesse tutto il patrimonio informativo di un progetto e come tale patrimonio potesse arricchire qualsiasi processo produttivo dell’impresa. Ad esempio, integrare in un unico strumento le attività di controllo qualità sia della progettazione che della produzione, il controllo di tempi e costi delle commesse, la configurazione di mezzi ed attrezzature da impiegare, la gestione delle cantierizzazioni, oltre a contestualizzare sui modelli digitali tutti i documenti relativi ad origine dei materiali, documenti di trasporto ovvero tutto quanto necessario per consentire una gestione e manutenzione ottimale dell’in-

frastruttura nel corso della sua vita utile. Per questo motivo, a inizio 2023, abbiamo iniziato un percorso con la società 4Days per l’utilizzo della loro piattaforma di gestione del processo BIM di una commessa. Tale software (Truspace) integra in un unico strumento le funzionalità di CDE e la gestione dei processi decisionali di un progetto in modo personalizzato e aderente alle nostre necessità.

Quale segmento delle vostre attività è stato BIMizzato per primo e con quali aspettative?

Come detto, abbiamo iniziato con le commesse nelle quali c’era un obbligo contrattuale, ovvero Drammen (fondazioni) e, contestualmente a seguire, Cattolica (infrastrutture e fondazioni speciali), Acquedotto Marcio (infrastrutture, fondazioni e microtunnelling) e MISP Ferriera di Servola (infrastrutture e fondazioni). Nel primo, l’aspettativa principale era di valutare la nostra crescita confrontandoci con un mercato nel quale il BIM era un processo affermato. Nelle altre commesse, insieme a 4Days, ci siamo dati l’obiettivo di consolidare l’utilizzo di Truspace con un percorso che comprendesse l’integrazione di sistemi di controllo qualità con i modelli digitali e lo sviluppo del 4D e 5D.

Come siete arrivati al primo progetto di implementazione? Quante persone sono state coinvolte nel processo decisionale e con quali ruoli?

La spinta verso il cambiamento è nata dalle persone che compongono l’UT e, come ricordavo, la condivisione è stata totale senza alcuna necessità di convincimento. Bisogna anche dire che le cose sono state facilitate dalla predisposizione della proprietà all’innovazione. Da subito ci ha spalancato le porte all’acquisto di

BIM Storie di Bimizzazione di organizzazioni tecniche
Nicola De Biaggio, Responsabile Progettazione di I.CO.P. S.p.a

software, corsi di formazione, consulenze e tutto quanto necessario a sostenere il cambiamento.

Che tipo di risorse esterne avete coinvolto e con quale processo li avete individuati?

La nostra natura di specialisti ci ha portato a fare delle scelte molto decise. Abbiamo scelto Tekla Structures perché il nostro obiettivo è produrre disegni di officina anche di un’opera in cemento armato. In questo senso abbiamo scelto inizialmente Harpaceas come consulente esterno per tutta l’attività di supporto e formazione. Successivamente, una volta maturato l’utilizzo degli strumenti di modellazione e capito il valore del patrimonio informativo che il modello si portava dietro, abbiamo cercato di individuare degli strumenti che ci consentissero di gestire, in un unico ambiente, i processi di progettazione, 4D, 5D, HSE e QA in modo concreto e mirato alle necessità di ICOP. Abbiamo individuato in Truspace lo strumento ideale ed in 4Days il partner adatto a sostenerci in questa fase di sviluppo e da ormai 2 anni abbiamo iniziato un lavoro di personalizzazione della piattaforma.

Per le risorse interne vi siete appoggiati alle qualifiche previste dalla UNI 11337 o avete cercato o formato figure con un profilo specifico?

Stiamo formando e certificando il personale interno per le qualifiche previste dalla UNI 11337 e, una volta completato, punteremo alla certificazione aziendale.

Il primo progetto ha avuto esito positivo? In che misura ha soddisfatto o meno le attese?

Molto positivo. Direi soddisfacente sotto tutti gli aspetti; dal processo di progettazione (riduzione drastica delle revisioni, efficacia di verifiche e controlli) al processo produttivo in cantiere (consultazione del progetto tramite tablet, controllo rapido delle quantità, ottimizzazione degli ordini dei materiali). Infine, il positivo coinvolgimento delle persone a tutti i livelli dell’organizzazione. Basti pensare alla possibilità per l’Ufficio Acquisti di consultare il modello digitale attraverso il CDE e comprendere visivamente il progetto.

Quali sono stati i fattori e gli attori, interni o esterni alla organizzazione, determinanti e/o favorenti e/o frenanti?

Esternamente all’organizzazione il principale fattore a favore è stato sicuramente l’obbligo normativo all’utilizzo del BIM. Ma anche il confronto costante con i consulenti esterni come 4Days è stato trainante per lo sviluppo continuo degli strumenti. Tra i fattori interni abbiamo ottenuto risposte positive a quasi tutti i livelli dell’organizzazione.

Avete approcciato la digitalizzazione razionalmente e/o perché stimolati dal vostro DNA di innovatori?

Entrambe le cose. L’innovazione fa parte del nostro DNA, ma l’approccio razionale è stato determinante e, come detto nelle premesse, ha anticipato i tempi e gli obblighi. Avevamo bisogno di farlo.

In quali altri ambiti o segmenti dell’attività avete sviluppato con successo o intendete sviluppare la BIMizzazione? Lo sviluppo è avvenuto con trend lineare o avete abbandonato, nel tempo, alcuni approcci per adeguare il progetto e se sì per quali motivazioni? Quali sono i vostri attuali obiettivi di sviluppo del progetto?

Dobbiamo distinguere la modellazione dal BIM. Tutti i progetti sviluppati dall’impresa sono basati sulla modellazione 3D. Quelli per i quali vi è un obbligo contrattuale e normativo vengono fatti in BIM. La cosa importante è capire che il modello digitale è il cuore della gestione della commessa e che ogni informazione deve essere contestualizzata con il modello. Faccio un esempio per meglio esprimere il concetto: siamo un’impresa specializzata che per sua natura lavora spesso in subappalto. Da questo punto di vista riceviamo il progetto dell’appaltatore/Cliente e lo realizziamo. Molto spesso questi progetti non sono ancora fatti in BIM e nemmeno modellati digitalmente. In ogni caso produciamo un modello semplificato che funge da contenitore per tutte le informazioni necessarie al controllo del processo produttivo.

Lo sviluppo del progetto di digitalizzazione ha avuto un impatto sulla vostra organizzazione, sulle vostre procedure e/o sulle vostre stesse codifiche gestionali?

Certamente ha avuto un forte impatto sull’organizzazione perché ha richiesto un pesante aggiornamento delle persone. Abbiamo voluto salvaguardare la professionalità, competenza e l’esperienza di chi da anni lavora nell’impresa andando ad inserire figure giovani. Conseguentemente abbiamo iniziato un pesante lavoro di aggiornamento del nostro SQ aziendale a

utilizzate da tutta l’organizzazione o sono applicate a pelle di leopardo e/o per alcune tipologie di commesse? E, nel secondo caso, quali sono le cause?

Sono utilizzate ormai per tutte le commesse di impresa generale laddove ICOP è l’appaltatore principale. Per l’attività specialistica di microtunnelling utilizziamo la modellazione 3D completando con il BIM solamente ove richiesto contrattualmente; per le attività di fondazione in subappalto stiamo testando, come avevo prima anticipato, l’opportunità di realizzare un modello semplificato come contenitore di informazioni.

Avete avuto esperienza di interazione del BIM con altre tecnologie, come IA, droni e/o rilievi digitali?

Stiamo testando l’utilizzo di visori per la realtà aumentata collegati con il modello digitale mentre per l’AI i tempi non ci sembrano ancora maturi.

partire dalla gestione documentale e quindi dalla classificazione dei documenti. Le fasi successive riguarderanno l’adeguamento delle Procedure Tecniche di controllo qualità e la loro integrazione in Truspace.

Riscontrate un dialogo digitale compatibile con tutti i vostri clienti o trovate difformità nelle aspettative o nelle procedure con esigenza di adattarle di volta in volta?

Dipende dal cliente. Si passa da clienti con protocolli molto rigidi e poca disponibilità al dialogo digitale ad altri molto più flessibili che, per esempio, accettano di partecipare ai flussi approvativi all’interno del nostro CDE. Inutile dire che quest’ultima è una semplificazione di non poco conto.

Avete verificato una convenienza della digitalizzazione sin dalle prime implementazioni o ne avete valutato una forte convenienza solo una volta coinvolte diverse fasi operative e attività collaterali (qualità, sicurezza, ambiente, attrezzature, materiali) e la loro gestione integrata?

Da subito è stato evidente il vantaggio, sotto diversi aspetti. Alcuni esempi: il primo, la possibilità di far arrivare in ferriera una distinta di taglio delle barre di armatura ancor prima di far arrivare il disegno in cantiere; il secondo, la disponibilità di strumenti di modellazione parametrica (ad es. Grasshoper) che consentono riduzioni dei tempi di modifica del progetto da giorni a ore; infine, la drastica riduzione di carta attraverso strumenti CDE in grado di gestire il flusso approvativo dei documenti.

In quale misura la digitalizzazione facilita o complica la vostra presenza su così tante zone geografiche?

Il caso di Drammen in Norvegia è stato emblematico. L’utilizzo di strumenti e processi BIM è qualcosa che va oltre lo scoglio linguistico semplificando il dialogo.

Gli strumenti e le procedure che avete messo a punto sono

un’efficace gestione documentale integrata con i modelli e che ci garantisse al contempo un elevato grado di personalizzazione e sviluppo futuro. Oggi Truspace è il cuore di ogni progetto.

Quante persone, interne ed esterne, sono oggi coinvolte nei vari processi BIMizzati e con quali ruoli e competenze? E qual è il vostro trend nel coinvolgere risorse interne o esterne?

Quanti tipi di software utilizzate oggi per le vostre applicazioni e in quali ambiti li avete trovati maggiormente efficaci? Con quale progressione nel tempo li avete adottati e con quali obiettivi? Come detto in premessa, il nostro fine è privilegiare una progettazione specialistica. Quindi abbiamo iniziato nel 2015 con Tekla Structures al quale successivamente, nel 2018, abbiamo affiancato Grasshoper e Rhino per la modellazione parametrica e come strumento per la gestione del cantiere. A questi abbiamo in seguito affiancato Roads e Civil Design per la modellazione stradale mentre dal 2023 abbiamo introdotto Truspace come CDE e gestione del flusso approvativo. Nel corso degli ultimi mesi abbiamo introdotto anche Revit, Inventor e Naviswork. Per la gestione dei computi metrici utilizziamo STR Vision. L’obiettivo finale è quello di completare il modello digitale, attraverso l’utilizzo di Truspace, arricchendolo con tutta una serie di informazioni, dall’as-built, ai report di controllo qualità, alle schede tecniche dei materiali, certificati di origine, documenti di trasporto, ecc.

Avete dovuto sviluppare appositi plug in o sono stati sufficienti gli ambienti standard dei software?

Soprattutto con Tekla abbiamo sviluppato una serie di macro personalizzate per la modellazione di pali, diaframmi ed altri elementi strutturali facenti parte della nostra attività specialistica. Lo stesso abbiamo fatto con Grasshoper per migliorare la parametrizzazione degli oggetti mentre la parte più importante riguarda il percorso appena intrapreso di personalizzazione di Truspace.

Quando avete sentito il bisogno di completare la vostra digitalizzazione con un CDE, che tipo di prestazioni vi aspettavate di avere allora e che ruolo svolge oggi? Abbiamo da subito ricercato uno strumento in grado di certificare i flussi approvativi, assicurare

Ad oggi l’Ufficio Tecnico è composto da una decina di persone e quasi tutte potrebbero rivestire contemporaneamente il ruolo di BIM Specialist, BIM Coordinator, BIM Manager. Naturalmente si tratta di un assetto temporaneo che nei prossimi mesi verrà adeguatamente rivisto con l’inserimento di nuove figure che, in ogni caso, saranno sempre interne. Per non stravolgere, tuttavia, l’attività dell’UT si è deciso per una soluzione ponte con un BIM Manager esterno, per arrivare ad una soluzione interna entro fine anno. Tutti gli altri ruoli, CDE Manager compreso, sono interni e definiti.

In che misura e quali tipologie di rapporti operativi, con le organizzazioni a monte e a valle, sono cambiate (SA, Professionisti, fornitori etc.)?

A monte, con le stazioni appaltanti, i rapporti sono cambiati relativamente ed in modo dipendente dalla SA. Con alcune di esse siamo riusciti a coinvolgerle a tal punto da farle partecipare al processo approvativo all’interno del nostro CDE. Con altre invece c’è forse prima il rispetto del formalismo a scapito dell’efficienza del processo. A valle invece l’impatto è stato molto più forte. C’è stata sia una ricerca di nuovi professionisti attrezzati e formati per il BIM sia, per quelli già integrati nella nostra organizzazione, e con i quali c’è un profondo rapporto di fiducia, un lungo lavoro di formazione ed istruzione per far sì che il loro contributo fosse già indirizzato verso il nuovo processo.

Avete registrato un vantaggio competitivo, sul mercato, per merito della vostra maturità digitale o comunque vantaggi sul conto economico e/o per altri aspetti come il controllo di gestione più preciso, la gestione della qualità, della sicurezza, dell’ambiente etc.?

Un vantaggio tangibile è dato dalla velocizzazione del processo di progettazione, dalla standardizzazione, dalla riduzione delle modifiche e dal miglioramento del controllo e dello sviluppo dei computi. Il vantaggio più importante l’avremo quando riusciremo a ridurre la carta in cantiere eliminando disegni, moduli, etc., con consultazioni, registrazioni e controlli, di qualsiasi natura (qualità, sicurezza, ambiente, etc) che saranno effettuati direttamente in piattaforma.

*Esperto CNI c/o COMM BIM - UNI

PARTICOLARE TRAVI RETICOLARI MISTE

COMITATO ITALIANO INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE

L’impatto dell’IA sulla trasformazione digitale degli studi professionali

L’IA trasforma gli studi tecnici, automatizza i processi, abilita nuovi servizi e richiede nuove competenze per un modello di lavoro sempre più ibrido e competitivo

L’di Cristian Randieri* intelligenza artificiale (IA) con il passare del tempo sta diventando un elemento sempre più centrale nella trasformazione digitale che riguarda anche gli studi professionali, in particolare per ingegneri, architetti e consulenti tecnici. Grazie alle più moderne tecnologie disponibili come il machine learning, il riconoscimento automatico dei dati e gli algoritmi predittivi, l’IA rappresenta un valido alleato che permette di automatizzare numerose attività tradizioni dello studio tecnico che sino ad oggi sono state espletate in modo manuale, aumentando l’efficienza e la precisione operativa. Per esempio, nell’ambito dell’ingegneria civile, software basati su IA sono in grado di analizzare grandi quantità di dati geotecnici o strutturali per prevedere possibili criticità e ottimizzare i progetti prima ancora

della fase relativa alla costruzione. Allo stesso modo, negli studi di progettazione architettonica, gli strumenti intelligenti possono essere di supporto nel generare modelli 3D dinamici che si aggiornano automaticamente in base ai vincoli normativi o alle modifiche richieste del cliente, riducendo drasticamente i tempi di revisione. Oltre a migliorare i vari processi interni di un tipico studio tecnico, l’intelligenza artificiale apre la strada a nuovi servizi, come l’assistenza personalizzata tramite chatbot avanzati o la manutenzione predittiva di infrastrutture, che permettono ai professionisti di offrire un valore aggiunto significativo ai propri clienti. Questa trasformazione non riguarda solo la tecnologia, ma implica anche un cambiamento di tipo culturale e professionale che richiede ai professionisti di aggiornare le proprie competenze a favore di una maggiore integrazione dei nuovi strumenti digitali nel proprio flusso di lavoro quotidiano.

AUTOMAZIONE E

OTTIMIZZAZIONE DEI PROCESSI

L’intelligenza artificiale rappresenta una rivoluzione fondamentale nell’automazione delle attività operative, tradizionalmente ripetitive e dispendiose in termini di tempo, che caratterizzano gli studi professionali. Processi quali la gestione e archiviazione documentale, la redazione di report tecnici complessi e il monitoraggio della conformità normativa, un tempo svolti manualmente, adesso sotto la supervisione del professionista possono essere delegati a sistemi intelligenti capaci di processare grandi moli di dati in modo rapido, accurato e sistematico. Un esempio concreto è rappresentato dall’adozione di software di tipo OCR (Optical Character Recognition) potenziati da algoritmi di intelligenza artificiale, in grado di digitalizzare automaticamente i documenti cartacei anche in formato non strutturati. Questi strumenti non si limitano solo alla semplice conversione in formato digitale dei docu-

menti, ma sono capaci di estrarre e classificare in modo intelligente le informazioni chiave, come codici, dati tecnici, tabelle e parametri progettuali, facilitando l’accesso e l’analisi delle informazioni senza necessità di intervento umano diretto. In ambito prettamente ingegneristico, per esempio, l’IA applicata al controllo qualità può consentire l’automazione della verifica della conformità di materiali e processi rispetto alle normative vigenti, attraverso l’analisi simultanea di documentazione tecnica e certificazioni. Tale automazione non solo riduce drasticamente gli errori umani, ma consente anche di ottimizzare i tempi di risposta, garantendo sia al professionista che al cliente una maggiore tempestività e affidabilità nei servizi erogati. Il risultato complessivo è quindi una significativa liberazione di risorse professionali che si traduce in tempo utile da riallocate verso attività a maggior valore aggiunto, quali per esempio la progettazione innovativa, la consulenza speciali-

stica e lo sviluppo di soluzioni su misura. Questo nuovo paradigma, se saputo usare correttamente, tenendo sempre conto che qualsiasi ausilio delegato all’IA va sempre verificato dal professionista, può concretamente consentire agli studi tecnici di incrementare in modo significativo la loro produttività, migliorandone la qualità dei risultati mantenendo un elevato livello di competitività nel contesto attuale sempre più caratterizzato da una digitalizzazione spinta del mercato professionale.

NUOVI SERVIZI E ANALISI PREDITTIVA

L’integrazione di strumenti avanzati basati sull’intelligenza artificiale consente agli studi professionali di sviluppare e offrire servizi innovativi che fino a pochi anni fa risultavano inaccessibili o estremamente complessi da implementare. La capacità di raccogliere, elaborare e analizzare grandi volumi di dati eterogenei, provenienti da fonti diverse quali sensori IoT (Internet of

Things), piattaforme BIM e sistemi di monitoraggio remoto, apre nuove prospettive anche nel contesto della manutenzione predittiva e nella gestione proattiva dei progetti. Per esempio, un ingegnere strutturale può avvalersi di algoritmi di machine learning sviluppati ad hoc applicati ai dati raccolti in tempo reale da particolari sensori installati su ponti, edifici o impianti industriali. Questi sistemi basati su IA sono in grado di identificare pattern anomali e prevedere possibili guasti o degradi strutturali prima che si manifestino criticità particolarmente evidenti. Inoltre, questo approccio definito proattivo consente anche di pianificare interventi di manutenzione mirati, riducendo il rischio di guasti improvvisi, ottimizzando le risorse economiche destinate alla gestione degli asset. Parallelamente, l’intelligenza artificiale può favorire anche la personalizzazione delle soluzioni progettuali grazie all’analisi approfondita delle specifiche esigenze del cliente, combinata con modelli predittivi capaci di riuscire a simulare in pochissimo tempo differenti scenari e risultati progettuali. Nel campo dell’ingegneria civile o impiantistica, per esempio, è possibile sviluppare progetti altamente customizzati che tengono conto di variabili ambientali, normative e di utilizzo, massimizzando in questo modo l’efficienza e la sostenibilità delle soluzioni proposte al cliente. L’adozione di questi servizi innovativi non solo migliora la qualità e la tempestività dell’assistenza fornita al cliente, ma rappresenta anche un vantaggio competitivo strategico per gli studi professionali, che si posizionano come partner tecnologici affidabili e capaci di anticipare le esigenze di un mercato sempre più dinamico e orientato all’innovazione.

INTEGRAZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE

Nonostante i molteplici vantaggi offerti dall’intelligenza artificiale siano inequivocabili, la sua integrazione efficace all’interno degli studi professionali rappresenta ancora oggi una sfida complessa che va ben oltre la sua mera adozione tecnologica. Per sfruttare appieno il potenziale dell’IA è infatti necessario un impegno significativo nel campo della formazione e dell’aggiornamento professionale continuo delle competenze, accompagnato da un profondo cambiamento culturale all’interno delle organizzazioni. In altre parole, l’introduzione di questi sistemi intelligenti richiede ai professionisti di sviluppare delle nuove abilità tecniche, quali la comprensione dei principi di machine learning, l’analisi avanzata dei dati “data analysis” e la gestione di processi digitali integrati. Tali competenze sono fondamentali non solo per utilizzare correttamente gli strumenti IA, ma anche per valutare criticamente i risultati prodotti, riconoscendo i limiti e le potenzialità delle tecnologie impiegate. In questa prospettiva, la formazione specialistica assume un ruolo dav-

vero cruciale e imprescindibile che grazie a programmi didattici strutturati e workshop mirati dovrebbe consentire di aggiornare il capitale professionale, favorendo una reale integrazione tra ciò che rappresenta il tradizionale knowhow tecnico e le nuove capacità offerte dall’intelligenza artificiale. Per esempio, corsi avanzati su algoritmi predittivi e analisi dei big data potrebbero permettere agli ingegneri di sviluppare modelli più precisi e affidabili, mentre training dedicati all’automazione dei processi potrebbero migliorare la gestione operativa dello studio professionale. La sfida più importante risiede nell’implementazione di un modello di lavoro di tipo ibrido, in cui l’esperienza e la sensibilità umana del professionista si combina efficacemente con l’efficienza e la capacità analitica offerta delle macchine. Solo in questo modo è possibile prendere decisioni consapevoli, innovative e supportate da dati oggettivi, valorizzando al massimo il contributo di entrambe le componenti. In definitiva, per costruire uno studio professionale 4.0 occorre che la formazione continua e la cultura digitale ne rappresentino i pilastri, capaci di affrontare in modo ben strutturato le sfide di un mercato caratterizzato da una rapida e continua evoluzione.

IMPATTI STRATEGICI E FUTURI

Proiettandosi ancor più verso il futuro, la trasformazione digitale, catalizzata dall’intelligenza artificiale, si configura come un elemento dirompente in grado di ridefinire radicalmente il ruolo del professionista tecnico all’interno degli studi professionali. Le realtà più all’avanguardia hanno già iniziato a integrare soluzioni IA per potenziare la propria competitività, offrendo servizi caratterizzati da elevata rapidità di esecuzione, personalizzazione su misura e qualità superiore, rispondendo così alle esigenze di un mercato sempre più esigente e dinamico. Come già visto in precedenza, l’adozione di sistemi basati su dati e modelli predittivi favorisce decisioni più informate e strategiche, ampliando la capacità di visione sia nella fase progettuale sia in quella gestionale anticipando scenari, valutazioni di impatti

di diverse soluzioni progettuali e ottimizzare l’impiego di risorse in maniera più efficace ed efficiente. Un aspetto cruciale di questa evoluzione è la ridefinizione del concetto di collaborazione tra uomo e macchina, che non va intesa come un processo di sostituzione della componente umana, bensì come un arricchimento mediante affiancamento capace di moltiplicare le capacità professionali. L’intelligenza artificiale funge quindi da amplificatore di competenze, fornendo strumenti di supporto che potenziano l’analisi, la creatività e la capacità decisionale del professionista. In questo contesto, l’innovazione tecnologica diventa un driver strategico e fondamentale per la crescita del valore aggiunto offerto dagli studi professionali, promuovendo modelli di lavoro altamente integrati e sinergici in cui la tecnologia e l’esperienza umana si completa-

no in modo sinergico e reciproco. Tutto ciò apre la strada a nuove modalità operative e a un ripensamento complessivo dei classici processi decisionali, ponendo le basi per uno sviluppo ancor più sostenibile e competitivo nel medio e lungo periodo.

CONCLUSIONI

La diffusione dell’intelligenza artificiale all’interno degli studi professionali rappresenta senza alcun dubbio un cambiamento significativo poiché è capace di trasformare profondamente le modalità operative, i modelli di servizio e le competenze richieste ai professionisti tecnici. L’adozione consapevole e strategica di queste tecnologie consente di migliorare l’efficienza, ampliare l’offerta di servizi e supportare decisioni sempre più accurate e tempestive. Tuttavia, per cogliere appieno queste opportunità è indispensabile un impegno co-

stante nelle attività di formazione e nell’aggiornamento professionale, nonché una visione più aperta e lungimirante che riesca a favorire l’integrazione armoniosa tra le capacità umane e le potenzialità digitali offerte dall’IA. Solo attraverso un giusto equilibrio tra l’innovazione tecnologica e la competenza professionale sarà possibile costruire uno studio professionale 4.0, capace di rispondere in modo sempre più efficace a quelle che oggi rappresentano le sfide di un mercato in continua evoluzione, mantenendo al centro l’eccellenza tecnica e la qualità del servizio al cliente. In un’epoca in cui il confine tra uomo e macchina si fa sempre più sottile, la vera sfida non è di sicuro scegliere tra l’uno o l’altro, ma bensì di riuscire a imparare a sfruttare appieno la sinergia tra entrambi per creare un tipo di valore duraturo e pienamente sostenibile.

INGEGNERIA ECONOMICA | MANAGEMENT

Il management per creare valore in ingegneria

La consigliera CNI, Ippolita Chiarolini, spiega perché il management è oggi indispensabile nell’ingegneria: per affrontare sfide complesse, creare valore sostenibile e rafforzare il ruolo strategico degli ingegneri

Consigliera Chiarolini, perché è importante diffondere la cultura del management tra gli ingegneri? Non basta la competenza tecnica?

Negli ultimi decenni la complessità delle sfide è aumentata: cambiamenti climatici, digitalizzazione, crescente interazione tra pubblico e privato, risorse limitate, responsabilità sociale. La competenza tecnica è fondamentale, ma da sola non è sufficiente. È necessario che l’ingegnere sappia pianificare, gestire risorse umane e finanziarie, valutare impatti economici e ambientali, coordinare stakeholder, comunicare, adattarsi. Il management serve per trasformare il “fare bene” in “fare sostenibile”, per garantire che i progetti siano realizzati nei tempi, nei costi previsti, con qualità, responsabilità e impatto positivo.

Nel contesto delle pubbliche amministrazioni, in che modo una maggiore cultura manageriale degli ingegneri può fare la differenza?

Le pubbliche amministrazioni oggi sono chiamate a gestire grandi programmi, come quelli legati al PNRR, alla transizione ecologica, alla digitalizzazione. Spesso però mancano competenze manageriali strutturate: capacità di project management, gestione del rischio, monitoraggio, valutazione delle performance, trasparenza, partecipazione, capacità di dialogo con il privato. Quando gli ingegneri che operano all’interno delle PA (o a contatto con le PA) padroneggiano queste competenze, è possibile migliorare la qualità delle infrastrutture, accelerare i tempi, ridurre gli sprechi, migliorare la sostenibilità ambientale e sociale, garantire che gli investimenti raggiungano gli obiettivi attesi.

Ha parlato più volte di Ingegneria economica come tema trasversale, anche in iniziative come la “Giornata nazionale dell’ingegneria economica”. Potrebbe spiegare cosa si intende con questo concetto e quali sono le sue declinazioni?

L’Ingegneria economica è un concetto che integra la dimensione tecnica con quella economico-finanziaria, manageriale, organizzativa. Include la valutazione degli investimenti, il partenariato pubblico privato (PPP), la gestione dei processi progettuali e produttivi, la sostenibilità, la pianificazione strategica, l’analisi dei rischi, la progettazione che tenga conto del ciclo di vita degli asset, della manutenzione, del valore nel tempo. Le declinazioni pratiche sono molte: dall’edilizia al patrimonio costruito, dai servizi infrastrutturali, ai servizi tecnologici, digitali, ambientali; nella

Pubblica Amministrazione come nelle imprese, anche nelle nuove imprese/startup che devono già incorporare buon management per essere sostenibili.

Guardando ai dati recenti presentati dal CNI, in che misura emerge che gli ingegneri ricoprono ruoli manageriali, e anche quali gap esistono? Un’indagine del Centro Studi del CNI ha mostrato che gli ingegneri in ruoli dirigenziali o di quadro direttivo/ apicale sono principalmente uomini (87 %) contro il 13 % donne. La fascia d’età prevalente è quella tra 46-55 anni, seguita da 56-65. Circa il 61,2 % assume ruolo di direttore tecnico, il 21,6 % quello di direttore generale, il 16,1 % di dirigenti su ricerca, sviluppo, progettazione; Il 10,5 % ricopre ruoli di pianificazione strategica. Quindi si nota un buon livello di presenza manageriale tecnica, ma minor diffusione nei ruoli strategici, anche di genere, e anche una distribuzione che non è omogenea sul territorio e nei settori emergenti. C’è un potenziale di crescita significativa se si stimola la formazione e la cultura manageriale.

In che modo il sistema ordinistico – CNI, Ordini provinciali, Albi – può promuovere questa cultura del management?

Ci sono vari livelli di azione. Un primo ambito di intervento è quello della formazione professionale continua, attraverso l’organizzazione di corsi, seminari e workshop su project management, leadership, sostenibilità, management del cambiamento, finanza di progetto.

Parallelamente, i Centri Studi e le pubblicazioni promosse dal sistema ordinistico possono avere un impatto significativo. Ricerche, raccolte dati, casi di studio e monografie – come “L’Ingegnere italiano”n.387 – possono rappresentare un riferimento concreto per comprendere il valore dell’ingegneria anche in chiave strategica e innovativa.

La promozione della cultura del management può inoltre passare attraverso un’apertura verso il mondo esterno, grazie a collaborazioni con Università, aziende, pubbliche amministrazioni, startup e organismi professionali internazionali.

Infine, gli Ordini stessi possono agire

come veri e propri acceleratori di cambiamento, includendo deleghe specifiche, che permettano di inserire il management nei temi affrontati; promuovendo la presenza degli ingegneri nei ruoli decisionali, sia tecnici sia strategici, anche nella PA, nella politica locale; incentivando la leadership femminile; sostenendo chi intraprende attività d’impresa innovativa.

Può indicare qualche iniziativa concreta promossa dal CNI sotto la sua delega, che già sta contribuendo a diffondere la cultura manageriale? Sì. Abbiamo la Giornata nazionale dell’ingegneria economica, coorganizzata con ANCE, focalizzata su temi come il partenariato pubblico-privato, la gestione del patrimonio costruito, e l’uso delle tecnologie e dell’IA.

A questa va ad aggiungersi l’indagine del Centro Studi CNI – che ho già citato prima – sulla presenza degli ingegneri nei ruoli apicali, con dati su genere, età, ruolo, settore, distribuzione territoriale, che permette di evidenziare punti di forza e di debolezza e orientare le politiche formative e istituzionali; un rilevamento della stato di fatto per consentire ai delegati di management e di ingegneria gestionale degli Ordini di programmare e realizzare le attività previste.

Inoltre, fondamentale, l’attenzione sugli appalti (con gli emendamenti al codice), in particolare per il project financing, i workshop informativi ed eventi territoriali.

Quali sono gli ostacoli maggiori che si frappongono oggi alla diffusione del management nell’ingegneria italiana?

La diffusione del management nell’ingegneria italiana incontra diversi ostacoli, spesso profondamente radicati e interconnessi tra loro. Uno dei principali è di natura culturale: spesso si pensa all’ingegnere come figura tecnica che “fa progetti”, non come manager o come decisore strategico. È necessario cambiare la percezione interna ed esterna della professione.

A questa difficoltà si aggiunge una formazione non sempre adeguata sotto il profilo manageriale. Non tutti i percorsi universitari o di formazione professionale danno adeguata attenzione agli aspetti manageriali, economici, normativi, di leadership e di sostenibilità economico-finanziaria. Anche le strutture istituzionali giocano un ruolo rilevante nel rallentare la diffusione del management. In particolare, nella PA, nel sistema degli appalti, nelle procedure che non sempre premiano la competenza manageriale, la qualità, l’innovazione, la sostenibilità.

Un ulteriore ostacolo è rappresen-

tato dalla scarsità di incentivi reali: chi investe in queste competenze non sempre vede ricompense evidenti nei ruoli, nella retribuzione e nei riconoscimenti professionali. Infine, pesano anche gli squilibri territoriali e di genere. Come evidenziato, donne sottorappresentate, una distribuzione non uniforme nel territorio degli ingegneri manager, carenza di presenze apicali strategiche soprattutto in alcuni settori emergenti.

Cosa può fare il mondo delle startup e delle imprese innovative grazie ad una maggiore cultura manageriale in ingegneria?

Le startup, in particolare quelle tecnologiche, quelle green, quelle che propongono nuovi modelli di business, hanno bisogno non solo della capacità tecnica di innovazione, ma di strategie chiare, gestione efficiente delle risorse, modelli di sostenibilità, capacità di internazionalizzazione, capacità di misurare impatto, gestione del rischio. Un’ingegneria che integra management può aiutare a definire business plan realistici; ad attrarre investimenti; a gestire la crescita; a restare competitive anche nei mercati internazionali e a costruire modelli di impresa che rispettino criteri ambientali, sociali, etici. Questo è ormai non soltanto un valore aggiunto, ma sempre di più un requisito.

Quanto è centrale il tema della sostenibilità – ambientale, sociale, economica – nel suo lavoro legato al management e all’ingegneria economica?

Oggi non si può parlare di management o di progetto se non si parla di sostenibilità: le risorse del pianeta sono limitate; le trasformazioni climatiche richiedono resilienza; la transizione energetica, la decarbonizzazione, l’economia circolare, l’efficienza energetica devono essere integrate nella progettazione, nella gestione, nei processi decisionali. La sostenibilità sociale significa considerare gli impatti sui territori, l’equità, la partecipazione, la sicurezza, la salute. È inevitabile che, per fare bene il proprio lavoro, l’ingegnere manager guardi anche questi aspetti, non come add-on, ma come elementi strutturali.

Lei citava la distribuzione territoriale degli ingegneri che ricoprono ruoli apicali. Come il management può contribuire a ridurre le disuguaglianze territoriali?

Possiamo pensare alla formazione diffusa: assicurare che anche gli Ordini provinciali e le Università favoriscano l’accesso a offerte formative di qualità manageriale; reti e collaborazioni, per facilitare collaborazioni tra centri forti e zone

svantaggiate, progetti pilota, mentoring, scambi professionali; digitalizzazione e accesso alle tecnologie: abolire distanze rendendo possibile lavorare bene anche in contesti non centrali se si ha infrastruttura digitale, supporto organizzativo, management remoto, buone pratiche condivise.

Guardando al futuro: quali risultati concreti si aspetta nei prossimi anni, grazie al lavoro che sta portando avanti?

Mi aspetto che un numero crescente di ingegneri assuma ruoli strategici non solo tecnici, ma decisionali sia nel privato sia nella pubblica amministrazione; che la formazione manageriale diventi parte integrante dei percorsi universitari e della formazione continua obbligatoria degli ingegneri; che il sistema ordinistico si rafforzi come hub di competenze manageriali, sostenibili, innovativo, non solo tecnico; che le startup e le imprese innovative dell’ingegneria possano trovare politiche, strutture e reti favorevoli per crescere; che ci sia una maggiore equità di genere, territoriale, generazionale nei ruoli apicali; che la sostenibilità ambientale e sociale diventi norma, non eccezione, nei progetti: dalla progettazione alla gestione, dall’asset al costruito e che le relazioni tra pubblico e privato, tra accademia, mondo professionale, sistemi finanziari siano più integrate, per promuovere investimenti che non guardino solo al breve termine ma al valore nel tempo.

Per concludere: quale appello farebbe oggi agli ingegneri, agli Ordini, agli amministratori pubblici affinché questo processo di diffusione del management e della cultura manageriale non resti solo un’idea, ma si traduca in pratica? Direi che è il momento di agire. Il mondo cambia troppo rapidamente per restare fermi. Ai colleghi ingegneri: investite in voi stessi, cercate formazione manageriale, assumete responsabilità anche fuori dalla vostra zona di comfort tecnica. Agli Ordini: promuovete iniziative concrete, fate rete nella vostra provincia, promuovete percorsi formativi di qualità, mettete al centro della vostra agenda il management, la sostenibilità, la leadership. Agli amministratori pubblici: riconoscete che i progetti tecnici hanno bisogno di management; semplificate, incentivate, sostenete chi integra queste competenze, fatelo nelle normative, nei fondi, nelle gare, nei partenariati. Solo così l’ingegneria italiana potrà essere davvero motore di sviluppo per il Paese, contribuendo non solo con infrastrutture, ma creando valore, sostenibilità, innovazione, equità.

Semplificare la prevenzione incendi

Nel corso del convegno “Semplificare la sicurezza: come snellire i procedimenti amministrativi”, curato dal Corpo dei VV.F, sono state illustrate le proposte degli ingegneri

di Tiziana Petrillo*

Il 17 e 18 settembre scorsi si è tenuta a Bergamo “Safety Expo 2025 – Prevenzione Incendi – La fiera nazionale sulla prevenzione e la sicurezza antincendio”, un evento in due giornate dedicato al futuro della sicurezza antincendio tra memoria, innovazione e responsabilità condivisa. Al centro del dibattito la riflessione su come è cambiata e come dovrebbe cambiare la sicurezza antincendio in Italia. Come di consueto, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri è stato presente a questa importante manifestazione con un proprio stand nel quale, tra le altre cose, è stato distribuito il documento che descrive l’attività svolta dal Gruppo di Lavoro sicurezza in tema di prevenzione incendi.

SEMPLIFICAZIONE DEI

PROCEDIMENTI:

LE PROPOSTE DEL CNI

Uno dei momenti più significativi della prima giornata di lavori è stato il convegno “Semplificare la sicurezza: come snellire i procedimenti amministrativi” curato dal Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco. La sessione è stata coordinata da Giampietro Boscaino (Direttore Centrale Prevenzione e Sicurezza Tecnica, Antincendio ed Energetica – C.N.VV.F.).

Nel corso del convegno il CNI ha proposto un confronto con-

tinuo, volto a una razionalizzazione complessiva del sistema. Ha quindi suggerito un pacchetto di proposte di revisione e aggiornamento del Dpr 151/2011 che consentirebbero di realizzare una serie di obiettivi concreti. Intanto, lo snellimento delle procedure autorizzative per un notevole numero di attività soggette, soprattutto a rischio medio e dotate di regola tecnica. Una maggiore definizione di alcuni procedimenti per i quali resta un margine di interpretazione (per esempio rinnovi tardivi e Scia parziali). Un terzo vantaggio deriverebbe dalla riduzione dei tempi di autorizzazione di nuove attività produttive e dei tempi di regolarizzazione delle modifiche di attività esistenti. Infine, l’uniformità sulla documentazione da caricare nei portali SUAP e PRINCE. Nello specifico le proposte del CNI toccano vari aspetti quali: l’inserimento di nuove attività soggette (ad esempio deposito trattamento rifiuti, impianti fotovoltaici di potenza maggiore di 100/200 kW, stazioni di ricarica veicoli elettrici, impianti di accumulo energia, impianti di produzione e deposito di batterie); la revisione delle soglie di assoggettabilità e della classificazione dell’attività; l’eliminazione di alcune attività desuete; chiarimenti sulle Scia parziali e sulla gestione dell’attività individuata al numero 73.

VERSO UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ

Il CNI, inoltre, sostiene la prospettiva, ormai condivisa, di giungere alla modifica dell’Allegato I, con la riclassificazione delle attività da tre categorie (A, B, C) a due (A e B). Ne deriverebbero alcuni chiari benefici: l’aumento delle attività in categoria A non sottoposte a preventiva valutazione progetto VV.F. e la valutazione preventiva volontaria per alcuni casi che pre-

sentano situazioni più complesse o che richiedono soluzioni alternative; la riduzione delle attività da sottoporre a valutazione preventive del progetto VV.F., con relativo snellimento delle procedure; modifica delle soglie di assoggettabilità nel passaggio dalla categoria A alla B, Un ultimo aspetto riguarda la sussidiarietà e la depenalizzazione dei procedimenti. Su questo piano, il processo di semplificazione può dirsi

compiuto, dal momento che l’autorizzazione per l’avvio di un’attività produttiva può essere sostituita dall’asseverazione del professionista che opera in accordo col Codice di prevenzione incendi. Sarebbe auspicabile intervenire anche sulla depenalizzazione di alcuni procedimenti di prevenzione incendi, limitatamente alle violazioni di modesta entità agli effetti del rischio incendio. Il CNI ritiene che su questo punto sia auspicabile quanto prima avviare il processo, agendo in parallelo alle modifiche del Dpr 151/2011.

UN APPROCCIO SISTEMICO

ALLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Alcune delle proposte del CNI, pur presentandosi come un’articolazione più strutturata delle attività da svolgere, mirano in realtà a introdurre una semplificazione, volta a favorire un’applicazione più coordinata della normativa tra professionisti, manutentori e committenti, così da garantire in modo più efficace il raggiungimento del livello di sicurezza. L’obiettivo è costruire un approccio sistemico, capace di assicurare un maggiore controllo e un più efficace coordinamento tra le diverse attività e le figure coinvolte nel sistema della sicurezza.

COLLABORAZIONE TRA CNI E CORPO DEI VV.F.

In apertura del convegno ci sono stati i saluti di Eros Mannino, Capo del Corpo dei VV.F., con il quale il CNI intrattiene uno stretto rapporto di collaborazione, come dimostra la recente firma di un importante accordo quadro. Il Consiglio Nazionale porta avanti numerose iniziative nel settore della prevenzione incendi, attraverso un’attività di coordinamento con gli Ordini territoriali e un confronto costante con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Oltre ai gruppi di lavoro tematici, che producono documenti tecnici e linee guida, ricordiamo la collaborazione con INAIL e VVF che ha portato alla pubblicazione dei Quaderni Tecnici di Prevenzione Incendi, strumenti pratici che offrono applicazioni concrete della normativa anche in contesti complessi. Parallelamente, il CNI organizza seminari, convegni e le  Giornate Nazionali dell’Ingegneria della Sicurezza, che rappresentano momenti di confronto di alto profilo non solo sulla prevenzione incendi, ma anche sugli altri ambiti della sicurezza, tutti uniti dalla promozione della cultura e della percezione del rischio. Le prossime due edizioni sono previste il 29 ottobre a Firenze e il 26 novembre a Roma”. *Consigliera

Innovare controcorrente: quando il calcestruzzo diventa AETERNUM

In un settore spesso frenato dalle norme, Tekna Chem scelgie la strada dell’innovazione tramite ricerca, formazione e soluzioni che durano nel tempo

“L’innovazione è rischiosa, meglio attenersi alle regole”. È questa la frase non detta che aleggia ancora troppo spesso nel nostro settore. Un ritornello che si ripete

tra uffici tecnici, direzioni lavori e cantieri: meglio non rischiare, meglio seguire lo schema già collaudato, meglio non discostarsi dalle norme — anche quando sappiamo che quelle stesse norme non bastano a garantire la dura-

bilità e la qualità delle opere. Il paradosso è evidente: tutti parlano di progresso, di sostenibilità, di nuove tecnologie, ma quando arriva il momento di sperimentare davvero, scatta l’istinto di conservazione. E allora l’innovazione

diventa una minaccia, un salto nel buio. “È troppo bello per essere vero”, si dice. E intanto i problemi rimangono: pavimentazioni che si fessurano, calcestruzzi che si ammalorano precocemente, interventi che devono essere rifatti dopo pochi anni.

La verità è che l’innovazione non può essere limitata da norme datate e comunque superate dall’innovazione stessa: deve andare oltre. Le norme sono necessarie, vanno conosciute a fondo, ma non possono essere un recinto invalicabile. Se ci fermassimo sempre al “minimo indispensabile”, non faremmo mai un passo avanti.

RICERCA, FORMAZIONE, ASSISTENZA È con questa consapevolezza che, fin dalla nascita dell’Istituto Italiano per il Calcestruzzo, ci siamo dati tre obiettivi chiari e imprescindibili: formazione: perché senza cono-

scenza non c’è progresso; assistenza tecnica: perché l’innovazione deve tradursi in soluzioni applicabili; • ricerca: perché solo osando si aprono nuove strade. Tre pilastri che si alimentano a vicenda. La formazione ci permette di trasmettere ai giovani ingegneri e tecnici lo spirito critico e la curiosità, l’assistenza ci mantiene a contatto con le esigenze reali dei cantieri, la ricerca ci consente di trasformare problemi concreti in soluzioni tangibili. Non a caso, uno dei nostri punti di forza è stato lavorare con gli studenti degli istituti tecnici per geometri.

Ragazzi che non si accontentavano delle nozioni preconfezionate, che facevano domande, che non accettavano un “è così e basta”. Da questa curiosità abbiamo imparato molto e, ancora oggi, selezioniamo i nostri collaboratori privilegiando chi ha voglia di andare oltre.

UN PAVIMENTO

SENZA GIUNTI

Il 2005 è stato un anno spartiacque poiché abbiamo sviluppato e realizzato FLOORTEK, la prima pavimentazione postesa senza alcun tipo di giunto: un’area di 12.000 mq presso la società Tenax di Sirtori. Un’idea rivoluzionaria, ma anche un salto nel vuoto. Non c’erano norme a supportarla, non c’erano manuali o letteratura tecnica che potessero certificarne la validità. C’erano, invece, molte resistenze: progettisti e direzioni lavori dubbiosi, scetticismo diffuso, difficoltà a convincere che quella strada fosse praticabile. Eppure, ci fu un momento decisivo: la committenza, nella persona del Dott. Beretta, ebbe il coraggio di

dire “Il progetto mi convince, lo facciamo!”. Una scelta controcorrente, dettata da visione e fiducia. Il risultato? Subito dopo la consegna, il pavimento suscitò l’interesse di due grandi nomi illustri del settore, il prof. Filiberto Finzi e il prof. Franco Mola, che vollero presentare il caso in un seminario al Politecnico di Milano. Da quel giorno, Floortek è diventato non solo un progetto riuscito, ma anche un simbolo di ciò che si può ottenere quando si ha il coraggio di andare oltre la norma. E la conferma più grande è arrivata vent’anni dopo: quel pavimento è ancora lì, nelle stesse condizioni di allora, a dimostrare che l’innovazione, quando è fatta con competenza e serietà, non è un rischio ma un investimento.

AL SERVIZIO DELL’INGEGNERIA

Per ottenere un risultato del genere non bastava il calcestruzzo tradizionale. Serviva un materiale diverso, con prestazioni superiori, capace di resistere al tempo e all’aggressione ambientale. La nostra ricerca nata 25 anni fa ci ha portati indietro nei secoli, alle costruzioni romane che ancora oggi resistono: ponti, acquedotti, edifici che hanno sfidato i millenni. Analizzando quelle tecniche, abbiamo capito che la chiave era nella chimica dei leganti. Da lì è nato AETERNUM, che non appartiene ai cristallizzanti, ma è un compound che ha trasformato il calcestruzzo in un materiale con caratteristiche uniche: compensazione del ritiro, riduzione drastica dell’acqua d’impasto, incremento delle resistenze meccaniche e permeabilità zero.

PERCHÉ LA DURABILITÀ È SOSTENIBILITÀ

Spesso, quando si parla di sostenibilità, si pensa subito alle

Una gamma di soluzioni uniche

Oggi Aeternum è la base per una linea completa di prodotti che Tekna Chem offre al mercato: AETERNUMCAL – calcestruzzo ad alte prestazioni, impermeabile, resistente e durevole;

• AETERNUM FIRE – intonaco antifuoco certificato T1, la classe più alta per un materiale cementizio, ideale per gallerie e grandi opere;

• GRAUTEK R-A – malte da ristrutturazione tixotropiche e autolivellanti, armate con fibre metalliche o polimeriche, con resistenze meccaniche superiori, permeabilità zero e sfrido ridotto;

• AETERNUM HTE – microcalcestruzzo incrudente, pensato per interventi antisismici, ristrutturazioni a basso spessore ed elementi prefabbricati ultrasottili.

Soluzioni che non si limitano a rispettare le norme, ma le superano. Prodotti che nascono da anni di ricerca e da una visione precisa: garantire la durabilità delle opere come unica vera forma di sostenibilità.

certificazioni, ai protocolli, agli slogan. Ma la verità è molto più semplice: un’opera che dura nel tempo è la forma più concreta di rispetto per l’ambiente. Ogni pavimento che non deve essere rifatto, ogni ponte che resiste all’aggressione ambientale, ogni galleria che mantiene le sue prestazioni è un risparmio di risorse, energia, materie prime. È meno CO₂ emessa, meno rifiuti prodotti, meno cantieri da riaprire. Per questo Tekna Chem investe da sempre nella ricerca di materiali che garantiscano resistenza, impermeabilità, durabilità. Non si tratta solo di tecnologia, ma di una responsabilità verso il futuro. Innovare significa osare, ma osare con metodo, con conoscenza e con rigore scientifico. Significa non accontentarsi di ciò che è “già visto”, ma cercare soluzioni migliori, anche quando non esistono norme pronte ad accoglierle. È questo lo spirito che ci guida in Tekna Chem e che ci ha permesso di sviluppare le nostre soluzioni: prodotti che hanno dimostrato, nei cantieri reali, che innovare non è un rischio, ma una necessità.

Vuoi scoprire come portare queste tecnologie nei tuoi progetti e trasformare la durabilità in un vantaggio concreto? Contattateci

Fase di getto
Fase finale della formazione eseguita direttamente in cava

Traiettorie urbane e territoriali

Le giornate studio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sulla rigenerazione urbana

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, con il supporto del gruppo di lavoro tematico sulla rigenerazione urbana coordinato dalla consigliera Irene Sassetti, ha aperto a Lecce un percorso nazionale di approfondimento su principi, norme, progetti e casi concreti di rigenerazione urbana, confrontandosi nei diversi territori e città italiane.

Il primo appuntamento di quest’anno, dopo una tappa iniziale nel 2024 a Prato, è stato organizzato insieme all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e al CENSU (Centro Nazionale di Studi Urbanistici) presieduto dal prof. Paolo La Greca, con il patrocinio di tutti gli Ordini degli Ingegneri pugliesi (BAT, Bari, Brindisi, Foggia e Taranto) e della Regione Puglia, della Provincia di Lecce e Barletta-Andria-Trani, dei Comuni di Brindisi, Lecce e Taranto e dell’Università del Salento, che ha ospitato la giornata di studio nella Sala Conferenze del Rettorato. La rigenerazione urbana è oggi un tema urbanistico di particolare importanza in cui convergono politiche pubbliche, importanti e significativi investimenti – si pensi a quelli per i PINQUA e il PNRR –, innovazione tecnica, obiettivi sociali e di miglioramento della qualità della vita, di sostenibilità ambientale con un consumo di suolo bilanciato e un’attenzione alla partecipazione dei cittadini, attuando una pianificazione e progettazione attenta a rispondere alle reali esigenze di quel contesto urbano e territoriale in cui si opera. Si parla di città e territori più accessibili e inclusivi, di transizione energetica e di adattamento climatico, di competitività dei sistemi locali e di tutela del

patrimonio urbano, ambientale e sociale. È in questo orizzonte che abbiamo ideato e avviato “Traiettorie Urbane e Territoriali”, un ciclo di incontri nei territori organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, con il supporto del gruppo di lavoro sulla rigenerazione urbana, per mettere a confronto esperienze, visioni e soluzioni diverse.

L’obiettivo è costruire un quadro nazionale che valorizzi la specificità dei contesti, facendo dialogare le istituzioni, i professionisti, gli ordini, le università e le imprese. Un’occasione di confronto e dialogo in un format che sarà comune a tutte le varie tappe con tre tavole rotonde: la prima politico-istituzionale e le altre due tecniche con due focus specifici sui principali argomenti della rigenerazione urbana, raccontando le pratiche più diffuse ed efficaci con casi concreti. A Lecce le due tavole tecniche hanno avuto come temi la rigenerazione urbana nei quartieri e la mobilità sostenibile: gentrificazione, progetti per rigenerare ambiti urbani delle città di Catania e Bari, concetto di prossimità, trasporto pubblico locale e reti integrate di mobilità sono stati alcuni degli argomenti affrontati dai relatori. Il ciclo proseguirà con nuove tappe: il 7 novembre a Modena, poi Cagliari e la Basilicata, queste quelle già programmate. In ogni tappa saranno introdotti focus sui principali temi del dibattito e un racconto delle pratiche più diffuse ed efficaci di rigenerazione urbana.

APERTURA E SALUTI

ISTITUZIONALI

In apertura hanno portato il loro saluto il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Lecce, Francesco Micelli, Raffaele Dell’Anna,

consigliere dell’Ordine di Lecce, e Giovanni De Biase, vicepresidente dell’Ordine di Bari, componenti del gruppo di lavoro CNI sulla rigenerazione urbana, introducendo i temi della giornata e l’approccio di lavoro fondato su ascolto e confronto. Sono seguiti i saluti istituzionali del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, secondo cui: “Rigenerare le nostre città non significa soltanto riqualificare gli spazi fisici, ma anche ricucire il tessuto sociale, promuovendo modelli di sviluppo sostenibili, inclusivi e capaci di valorizzare il patrimonio esistente”. Il presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Angelo Domenico Perrini, ha ribadito la necessità di

una nuova norma urbanistica. A seguire, il messaggio del vicepresidente esecutivo per la coesione e le riforme dell’Unione Europea, Raffaele Fitto, ha proposto una lettura su scala europea delle sfide in corso, ricomponendo in un’unica agenda le priorità dell’accesso all’abitare, della transizione energetica, della resilienza e della competitività, con un richiamo al ruolo delle politiche di coesione nel sostenere processi di rigenerazione inclusivi e misurabili.

IL CONFRONTO

POLITICO-ISTITUZIONALE

Il confronto politico-istituzionale ha offerto una messa a fuoco sugli snodi di governance e ha visto gli interventi di Stefano Betti (vicepresidente ANCE), Michele Sperti (presidente ANCI Puglia), Paolo La Greca (presidente CeNSU e vicesindaco di Catania), Francesco Rotondo (presidente INU Puglia), Stefano Lacatena (consigliere regionale della Regione

Puglia con delega all’urbanistica). Dal dialogo è emersa la necessità di un allineamento tra visione e strumenti: un quadro normativo aggiornato e coerente con gli obiettivi di rigenerazione, la capacità di integrare piani e programmi a più livelli, l’attenzione alle disuguaglianze territoriali e sociali e la valorizzazione delle competenze tecniche nel governo dei processi.

PROSSIMITÀ E QUARTIERI RESILIENTI

Il primo panel tecnico, dedicato a prossimità e quartieri resilienti, ha intrecciato casi studio e riflessioni progettuali. Carlo Crespellani Porcella, del Gruppo di Lavoro Rigenerazione Urbana del CNI, ha guidato il dibattito mettendo in evidenza come lo spazio pubblico e le connessioni locali siano infrastrutture sociali decisive. Saverio Mecca, professore emerito dell’Università di Firenze e assessore all’Urbanistica del Comune di Scandicci,

ha proposto la prossimità come diritto e come condizione che abilita capacità individuali e relazioni di comunità. Biagio Bisignani, direttore dell’Urbanistica del Comune di Catania, ha illustrato il lavoro sulla resilienza urbana in un contesto esposto a rischi naturali come la città di Catania, sottolineando l’esigenza di fare sistema tra programmi e risorse, anche in relazione alle opportunità del PNRR. Sul versante delle pratiche, Giacomo Potì ha presentato il progetto di rigenerazione dell’ex Galateo di Lecce come esempio di intervento complesso capace di coniugare visione, partecipazione e impatto sociale. Laura Casanova, dirigente del Comune di Bari, ha raccontato l’evoluzione del lungomare cittadino tra valorizzazione del faro, pedonalizzazione e creazione dei Giardini di San Cataldo, con l’obiettivo di restituire accessibilità e qualità ambientale alla costa. Andrea Dallari (ADW, Londra) ha illustrato la riqualificazione del waterfront di Catania, concepita come lungomare verde proiettato verso una città più pedonale e permeabile; Fedele Canosa (Fondere Architects, Delft) ha portato l’esperienza dei Paesi Bassi, richiamando la centralità della qualità dello spazio pubblico e della partecipazione nei processi di trasformazione.

MOBILITÀ SOSTENIBILE

Il secondo panel tecnico ha concentrato l’attenzione sulla mobilità sostenibile, intesa come spina dorsale della rigenerazione. Guidato da Pierluigi De Amicis, presidente dell’Ordine degli Ingegneri dell’Aquila, ha raccolto punti di vista complementari. Michele Ottomanelli, professore ordinario di Trasporti al Politecnico di Bari, ha proposto chiavi tecniche per pianificare reti e servizi con criteri di efficienza, sicurezza e sostenibilità. Paolo Intini, ricercatore dell’Università del Salento, ha inquadrato il contributo della ricerca sui sistemi intelligenti applicati alla mobilità e sulle metriche per

misurarne gli impatti. Il progettista Stefano Ciurnelli (TPS PRO) ha portato la prospettiva operativa della progettazione dei piani di mobilità, con attenzione all’integrazione tra modi di trasporto e accessibilità agli hub Francesco Alberti, professore associato dell’Università di Firenze, ha insistito sulla necessità di modelli realistici, capaci di rispondere ai bisogni quotidiani delle persone e di tenere insieme inclusione sociale e performance ambientale. Domenico Gabriele (Sertec Engineering Consulting) ha illustrato il progetto “Green Line” di Imperia come progetto di rigenerazione urbana integrata alla mobilità, mettendo in relazione la qualità dello spazio pubblico, l’intermodalità e i benefici ambientali.

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

Dalla giornata è emersa una trama coerente di idee. La rigenerazione chiede un quadro normativo aggiornato e adeguato alle esigenze contemporanee, non più della città in espansione, ma della riqualificazione del costruito; una nuova norma capace di accompagnare processi complessi e di favorire il passaggio da progetti isolati a programmi coordinati, organici e misurabili. L’attenzione al carattere sociale diventa l’elemento ricorrente nei progetti di rigenerazione urbana: l’elemento peculiare da rendere misurabile e concreto al fine di rendere reale e concreta la rigenerazione urbana rispondente alle esigenze della cittadinanza. L’obiettivo comune nella rigenerazione urbana è di apportare miglioramenti significativi alla comunità locale, eliminando eventuali condizioni di marginalità, migliorando o potenziando il sistema dei trasporti, offrendo servizi di qualità per i cittadini e, in molti casi, migliori condizioni abitative. Non è sufficiente recuperare e rendere più belli e funzionali spazi pubblici o interi quartieri se poi a tali interventi non si affianca un’offerta consistente di servizi di prossimità e servizi in grado di sostenere

interi strati sociali che vivono forme differenti di disagio. Il duplice obiettivo del recupero funzionale degli spazi urbani e del recupero del tessuto sociale è forse la sfida più complessa ma anche più interessante e più significativa degli interventi di rigenerazione urbana.

Nello specifico, sui due focus trattati: la prossimità diventa infra-

struttura sociale: spazi pubblici, servizi essenziali e connessioni leggere costruiscono benessere e coesione se integrati con una mobilità accessibile.

Entrambi i comuni di Bari e Catania hanno deciso di raccontare i loro progetti di riqualificazione degli spazi urbani collegati alle aree portuali: i waterfront tornano a essere fronti di rela-

zione, viene creata una connessione tra città, mare e aree produttive del porto. La mobilità, infine, è la condizione per creare reti di interscambio; il trasporto pubblico locale integrato determina l’accessibilità a luoghi, opportunità e diritti.

*Consigliera tesoriere CNI con delega all’urbanistica e all’edilizia

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Il CNI a Remtech Expo 2025

Due giornate fitte di appuntamenti che hanno visto protagonisti i Gruppi di Lavoro del Consiglio Nazionale Ambiente-Rifiuti, Dissesto Idrogeologico e Rigenerazione Urbana

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha partecipato a Ferrara a RemTech Expo 2025, l’Hub Tecnologico Ambientale dedicato ai temi del risanamento, della rigenerazione e dello sviluppo sostenibile dei territori. Per la prima volta il CNI è stato presente con uno stand dedicato e un ricco programma di eventi tecnici, resi possibili dal lavoro dei Gruppi di Lavoro Ambiente-Rifiuti, Dissesto idrogeologico e Rigenerazione Urbana. La partecipazione del CNI è avvenuta grazie anche alla collaborazione dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ferrara. L’evento è stata un’occasione per il Consiglio Nazionale per promuovere il dialogo e la cooperazione su temi cruciali per il nostro Paese e per sottoporre una serie di proposte concrete, condividendo esperienze e supportando decisioni basate su solide competenze tecniche. Nel corso della giornata inaugurale il CNI, rappresentato dal Consigliere Alberto Romagnoli, ha avuto occasione di incontrare il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, confrontandosi su alcune priorità strategiche: semplificazione normativa, qualità progettuale e supporto alle amministrazioni locali, sempre con attenzione a trasparenza e responsabilità.

“Questi giorni – ha affermato Romagnoli – hanno confermato quanto l’Ingegneria debba essere al centro dei processi di transizione ecologica, rigenerazione urbana e cura del territorio. È stato un confronto aperto e concreto, che ci ha permesso di ascoltare esperienze

ELEZIONI |

diverse e di condividere proposte fondate su qualità, trasparenza e responsabilità”.

Nelle giornate del 17 e 18 settembre il CNI ha avuto un ruolo attivo in numerose iniziative con la presenza dei propri rappresentanti. Il Gruppo di Lavoro Ambiente e Rifiuti, coordinato dal Consigliere Alberto Romagnoli, ha dato vita a due appuntamenti dedicati alla transizione ecologica, al rapporto tra innovazione e tutela dell’ambiente e al ruolo sempre più strategico dell’ingegnere, consulente e protagonista dei processi di sostenibilità. In particolare, è stata ribadita l’importanza e l’assoluta necessità della figura dell’ingegnere nella gestione di un tema così delicato: la presenza del CNI a uno degli eventi più importanti a livello nazionale in tema ambientale ha sottolineato tale aspetto, confermando l’importanza del confronto con le istituzioni, con le altre categorie professionali e con tutti gli operatori del settore.

Il Gruppo di Lavoro su Dissesto Idrogeologico, coordinato dal Consigliere Domenico Condelli, ha partecipato a una giornata focalizzata sulla prevenzione del dissesto idrogeologico, con la presenza delle voci più autorevoli del settore. Contributi tecnici e casi studio concreti hanno mostrato come l’ingegneria possa diventare strumento efficace di sicurezza e tutela del territorio.

“Il CNI ha voluto essere presente al RemTech Expo in quanto il dissesto idrogeologico costituisce una delle criticità strutturali più rilevanti per il territorio nazionale – ha detto

Condelli – con impatti profondi sia sulla sicurezza delle comunità che sulla sostenibilità dello sviluppo socio-economico. L’ingegneria, in particolare, assume un ruolo centrale non solo nella progettazione e realizzazione di interventi di mitigazione, ma anche nella definizione di strategie di prevenzione e gestione del rischio, attraverso l’analisi dei dati, la modellazione dei fenomeni e la promozione di soluzioni resilienti”. Il Gruppo di Lavoro Rigenerazione Urbana, coordinato dalla Consigliera Irene Sassetti, infine, ha contribuito con una serie di

interventi che hanno offerto uno sguardo corale sul tema: dal quadro normativo nazionale ai casi studio, evidenziando strumenti e progetti che connettono qualità urbana, mobilità sostenibile e infrastrutture innovative. “È importante che all’interno di RemTech Expo sia stata inserita anche la rigenerazione urbana – ha detto Sassetti. Con questo appuntamento prosegue il ciclo di eventi che il CNI sta dedicando a questo tema su tutto il territorio nazionale, con particolare focus sulle buone pratiche e sugli aggiornamenti del disegno

Insediati i nuovi ordini territoriali

Procedono le operazioni elettorali 2025: rinnovati altri otto Consigli

Va completandosi la tornata elettorale che in questo 2025 ha visto rinnovare i Consigli di 16 Ordini territoriali. In un precedente articolo abbiamo dato conto degli esiti relativi agli Ordini di Ascoli, Bari, Matera, Padova, Teramo, Trapani, Vercelli e Udine. Di quest’ultimo Ordine, al momento della stesura, non disponevamo dei dettagli sulle cariche, nel frattempo stabilite: Giovanni Piccin (Presidente), Giuseppe Monfreda (Tesoriere), Giacomo Borta (Segretario),

Genziana Buffon e Elena Moro (Vicepresidenti). Dal mese di luglio in poi si sono insediati i nuovi Consigli dei rimanenti 8 Ordini in cui erano programmate le elezioni. Il nuovo presidente dell’Ordine di Biella è Alberto Prospero che sarà affiancato, nelle cariche direttive, da Vittorio Valcauda (Vicepresidente), Giandario Giolito (Segretario) e Giorgia Botto (Tesoriere). Restando in Piemonte nuovo Consiglio anche per Verbano-Cusio-Ossola che sarà guidato da questa compagine: Fabio Torri (Presidente), Barbara Colagiovanni (Vicepresidente), Dario Lalomia (Tesoriere), Silvia Melloni (Segretario). Nella regione i rinnovi sono completati dall’Ordine di Asti, il cui neo-presidente Marco Allegretti sarà coadiuvato da una nutrita squadra: Marina Parrinello (Vicepresidente vicario),

Giuseppe Ricca e Gianmario Stella (Videpresidenti), Paola Binello (Segretario) e Marco Dabbene (Tesoriere). Domenico Armenio è il nuovo presidente dell’Ordine di Agrigento, con Ketty Mula nella carica di Segretario e Maurizio Simone in quello di Tesoriere. Tre sole cariche anche per l’Ordine degli Ingegneri di Treviso il cui nuovo presidente è Alessandro Turchetto , che sarà affiancato da Enrico Biscaro (Segretario) e Luigino Scomparin (Tesoriere). L’Ordine di Catania ha fatto registrare la conferma nel ruolo di presidente di Mauro Scaccianoce che è anche al vertice dell’Assemblea dei presidenti degli ordini degli Ingegneri. La sua squadra è composta da Alfredo Foti (Segretario), Gianmaria Mondelli (Tesoriere), Giorgia Ferlazzo e Davide Salvà

di legge sulla rigenerazione urbana attualmente in discussione. Desidero sottolineare anche la nostra partecipazione al convegno FABRE su “Ponti e Viadotti negli Enti Locali: classificazione del rischio, trasporti eccezionali e infrastrutture critiche”, a conferma dell’impegno del Consiglio Nazionale anche in tema di infrastrutture”. La partecipazione a RemTech conferma l’impegno del CNI nel costruire, insieme ai territori e alle istituzioni, percorsi di rigenerazione, qualità urbana e sviluppo sostenibile.

Birbante (Vicepresidenti). Un altro Ordine siciliano ad aver rinnovato i vertici è quello di Caltanissetta , il cui presidente nel 2025-29 sarà ancora una volta Fabio Corvo , che si conferma al vertice. Sarà affiancato da Francesco Savatta (Vicepresidente), Rosario Cigna (Segretario) e Pietro Giannone (Tesoriere). A completare il quadro c’è l’Ordine degli Ingegneri di Rimini, il cui nuovo presidente è Domenico Bordoni, affiancato dal vicepresidente Francesco Delbaldo, dal segretario Michele Bruno e dal tesoriere Daniela Sabino. Per concludere va segnalata l’elezione a presidente della FOIV (Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri del Veneto) di Fabio Bonfà , già vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.

Ingegneri costruttori di ponti tra persone, culture, paesi

Inaugurata la mostra “Il fiume Isonzo e i suoi ponti” cui ha fatto seguito un convegno che ha proposto una riflessione su cosa significa costruire ponti oggi

Lo scorso 19 settembre è stata aperta, presso il Teatro KC Bratuz di Gorizia, la mostra “Il fiume Isonzo e i suoi ponti” che ha illustrato i principali ponti esistenti sul suo corso. Un’indagine importante che ha permesso di riassumere le caratteristiche storiche, tecniche, e le future prospettive di queste infrastrutture che contribuiscono alla definizione della rete delle comunicazioni viarie e ferroviarie del territorio sloveno ed italiano.

IL CONVEGNO

A conclusione della mostra si è tenuto un importante convegno dal titolo “Ponti dell’Isonzo, una riflessione sul progettare ponti oggi”. Si è trattato di un momento di confronto che ha proposto una serie di approfondimenti per esaminare con maggior precisione i tratti della straordinarietà del Fiume stesso, i caratteri tipologico-costruttivi di alcuni singolari manufatti che lo attraversano, le tematiche relative alla loro manutenzione e infine quelle relative al progettare ponti ai giorni nostri. Il convegno, che è stato organizzato in occasione dell’Assemblea dei presidenti degli ordini degli Ingegneri, in programma sempre a Gorizia, è stato presentato dall’On. le Giorgio Brandolin (ex deputato ed ex Presidente della Provincia di Gorizia) che, oltre a soffermarsi sui contenuti del convegno, ha dato avvio ai saluti istituzionali. Sono intervenuti l’assessore Patrizia Artico, in rappresentanza del Sindaco di Gorizia, e Cristina Amirante, assessore regionale alle infrastrutture del Friuli Venezia Giulia. Alberto Pich (Presidente dell’Ordine di Gori-

zia) ha ringraziato tutti coloro che hanno concorso alla realizzazione della mostra, in particolare Angelo Domenico Perrini, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Perrini nel suo intervento si è espresso così: “Il CNI ha voluto fortemente la valorizzazione di questa importante iniziativa che travalica i confini nazionali. È significativo che al centro ci sia l’ingegneria che usa un linguaggio che unisce i popoli, non li divide. I ponti sono elementi creati dall’uomo che uniscono quello che la geografia divide. Non sono solo elementi tecnici ma veri e propri atti di unione, di dialogo, di confronto. In questo senso, il fatto che siamo qui a Gorizia a parlare di ponti assume un significato particolare”. Subito dopo Perrini, il suo omologo sloveno Crtomir Remec ha sottolineato come iniziative come queste consolidano la collaborazione transfrontaliera. Nell’occasione è intervenuto anche Mauro Scaccianoce, Presidente dell’Assemblea dei presidenti degli Ordini degli Ingegneri, che, tra le altre cose, da siciliano si è augurato che un confronto simile possa essere presto organizzato anche in relazione alla futura costruzione del Ponte sullo stretto. Infine, Luca Scappini, Consigliere CNI e Segretario Generale dell’EAMC (Engineering Association of Mediterranean Countries) ha detto: “Quello di oggi è un evento davvero significativo perché si inserisce all’interno di Nova Gorica-Gorizia capitale europea della cultura 2025. Gli ingegneri sono costruttori di ponti tra persone, culture e paesi. La tecnica è anche uno strumento di dialogo e comprensione reciproca”.

RELAZIONI TECNICHE E CULTURALI

I lavori veri e propri sono stati illustrati e moderati da Edino Valcovich, responsabile scientifico della mostra, che ha sottolineato il rapporto tra ponte e ambiente e il fiume Isonzo e che raccontando di questo ponte si racconta la storia di due popoli. Di grande profilo culturale i primi due interventi in programma. Andrea Bellavite, giornalista, teologo e scrittore, ha proposto una traccia della storia del fiume Isonzo in rapporto al suo ambiente. Gorazd Humar, che ha curato per la parte slovena l’area ricerca della mostra, ha presentato una serie di ponti sull’Isonzo di particolare valore storico e ambientale. La seconda sessione del convegno ha avuto un maggiore carattere di approfondimento tecnico. Enzo Siviero, partendo da una prospettiva storica e ambientale, ha illustrato alcuni particolari aspetti tecnici di una serie di ponti realizzati. Claudio Borri, a

partire dal Ponte sullo stretto, ha affrontato la questione del vento e le sfide che pone ai progettisti. Marian Pipenbaher e Viktor Markelj hanno illustrato alcuni dei più importanti progetti di ponti dello Studio Ponting. Luca Vittori di Friuli Venezia Giulia Strade, infine, si è soffermato sugli aspetti legati alla manutenzione dei ponti nella regione.

COOPERAZIONE MEDITERRANEA

Gorizia è stata anche la sede di un altro importante evento per gli ingegneri. È stato firmato, infatti, il nuovo statuto dell’associazione degli ingegneri dei paesi dell’area mediterranea (EAMC). Portogallo, Italia, Slovenia, Grecia, Cipro, Libano, Palestina, Giordania, Egitto, Tunisia, più due organismi internazionali (ECCE - consiglio europeo degli ingegneri civili, e FAE - federazione degli ingegneri arabi) hanno siglato il documento. La firma è avvenuta al termine dell’assemblea generale dell’associazione, tenutasi nel con-

A Taranto i primi laureati protagonisti del progetto P-Tech 2.0 Skillsbuild

Si sono laureati in Ingegneria Informatica e dell’Automazione, nella sede di Taranto del Politecnico di Bari, i primi studenti italiani protagonisti del progetto P-Tech 2.0 Skillsbuild. Una grande soddisfazione per l’Ordine degli Ingegneri della provincia che dal 2019 ha sostenuto il Pathways in Technology Early College High School (idea nata in Usa), progetto pilota nazionale che ha coinvolto scuola superiore, università e mondo del lavoro grazie alla collaborazione tra pubblico e privato. Si tratta di un percorso che si sviluppa in sei anni, partendo dal terzo anno della scuola superiore nelle cui aule

gli studenti già acquisiscono 24 CFU che si rivelano utili nel successivo percorso universitario in Ingegneria Informatica e dell’Automazione del Politecnico. Sette, nella provincia di Taranto, le scuole protagoniste: gli istituti Principessa Maria Pia, Pacinotti, Righi, Pitagora e i licei Battaglini, Archita e Moscati. L’Ordine degli Ingegneri ionico, come detto, è tra i partner progettuali con Politecnico di Bari, Regione Puglia, Confindustria Taranto, Enel e Intesa Sanpaolo. Il P-Tech fu avviato a Taranto, nell’ottobre del 2019 (varo con l’allora ministro Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti,

testo delle attività di Nova Gorica Capitale Europea della Cultura 2025. A rappresentare il CNI il Consigliere, Luca Scappini, che ha detto: “Celebriamo oggi non solo la professionalità, la tecnica e l’innovazione, ma anche l’amicizia, la cooperazione e la fiducia internazionale. Questi valori sono il cuore di EAMC, che continua a essere un punto di riferimento unico per chi opera tra Europa, Asia e Africa. L’auspicio è quello di coinvolgere i paesi di cultura e storia del mediterraneo, fino a completare il periplo del Mare Nostrum, ed includere anche le nazioni limitrofe che vogliano partecipare a questo progetto”. Questo importante evento ha visto anche la presenza dell’ing. Nicola Monda, ideatore e primo segretario generale dell’Associazione, al quale va il ringraziamento del Consiglio Nazionale. L’auspicio è allargare la compagine sociale a tutti i paesi che sono bagnati dal Mediterraneo, con l’innovazione introdotta dal nuovo statuto della figura di “paese osservatore” destinata a quei paesi che non sono propriamente lambiti dal mare, ma che chiedono di entrare nelle attività di partenariato. Formazione, scambi di esperienze, condivisione di buone pratiche segnano le principali attività che EAMC metterà in campo per il prossimo futuro, cercando di portare il contributo degli ingegneri alla realizzazione di un clima di pace contrapposto alle turbolenze che caratterizzano questi tempi.

nel salone di Rappresentanza della Provincia) e ha coinvolto nel primo anno di più di centoventi ragazzi delle scuole superiori, diventati più di quattrocento nell’anno 2024/25. Di questi, più di cinquanta hanno scelto il corso di laurea istituito a Taranto dal PoliBa. L’Ordine degli Ingegneri ha aderito al progetto sin dall’inizio, a seguito della proposta formulata dall’iscritta ad honorem Floriana Ferrara (top manager IBM, tarantina e responsabile del progetto per conto di IBM), affidandone la cura interna al segretario del Consiglio provinciale dell’Ordine, Nicola Rochira

Associazione degli ingegneri dei paesi dell’area mediterranea (EAMC)

Innovazione sostenibile nei sistemi di tubazioni in PP

Aquatherm sviluppa e produce sistemi di tubazioni in polipropilene per il trasporto di fluidi in ambito edilizio e industriale. La produzione avviene in Germania, con attività internazionali e servizi di prefabbricazione e formazione

Negli ultimi 52 anni, aquatherm è diventato il principale produttore mondiale di sistemi di tubazioni in polipropilene. La commercializzazione nel mercato italiano dei suoi prodotti cominciò all’inizio degli anni ottanta e fu un grande successo; da allora l’Italia si annovera tra i più importanti mercati del gruppo. In totale, aquatherm impiega oltre 500 persone in Germania, Italia, Inghilterra, Stati Uniti e Canada. La produzione avviene esclusivamente negli stabilimenti tedeschi di Attendorn (sede centrale) e di Ennest.

PER UN’AMPIA GAMMA DI SETTORI

Dai capannoni produttivi, ai complessi residenziali, dai musei ai palazzetti dello sport

SOSTENIBILITÀ

fino ai data center: le soluzioni e i prodotti aquatherm sono utilizzati in numerosi settori. I campi di applicazione comprendono non solo sistemi di tubazioni per acqua potabile e impiantistica di riscaldamento, raffrescamento e refrigerazione, ma anche sistemi per impianti antincendio a sprinkler e sistemi per il riscaldamento e raffrescamento radiante. La gamma aquatherm comprende più di 17.000 articoli in sei famiglie di prodotti.

AQUATHERM GREEN

Non solo ha rivoluzionato il settore delle tubazioni in materia plastica, ma lo ha plasmato per decenni. Grazie alle sue eccellenti proprietà ecologiche, il sistema in polipropilene mostra i suoi vantaggi soprattutto nel campo delle applicazioni con

I sistemi di tubazioni aquatherm sono sinonimo non solo di eccellenza tecnica, ma anche di sostenibilità. Il polipropilene, la tecnica di collegamento la polifusione, ma anche tutti i processi produttivi sono progettati per ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente. L’azienda aderisce ai più severi standard di produzione in materia di sostenibilità, utilizza processi produttivi ecocompatibili e lavora costantemente a ulteriori miglioramenti. L’EPD conferma che i sistemi di tubazioni hanno basse emissioni di gas serra e un basso consumo energetico, il che li rende una scelta ecologica per un’ampia tipologia di applicazioni.

refrigerati e utilizzi in diversi ambiti industriali, escluso il trasporto di acqua potabile. La bassa conducibilità termica garantisce una migliore convenienza energetica in confronto alle tubazioni metalliche ed è 100% resistente alla corrosione. aquatherm blue è disponibile anche in versione OT: tubazione con barriera antiossigeno conforme alla DIN 4726.

PREFABBRICAZIONE

SU MISURA

acqua potabile e negli impianti sanitari.

AQUATHERM ENERGY

È il sistema che combina le tubazioni in polipropilene resistenti alla corrosione e all’ossidazione, con l’isolamento termico in poliuretano rigido e il rivestimento in polietilene HDPE. aquatherm energy è stato progettato per grandi reti interrate di distribuzione di energia termica e frigorifera di quarta generazione e trova applicazione anche nelle reti a breve distanza nell’industria, nei grandi complessi edilizi come resort alberghieri, strutture pubbliche e ospedali.

AQUATHERM BLUE

In polipropilene (PP) resistente alla corrosione è lo specialista per il trasporto di fluidi caldi e

“Il tempo è denaro“, questo vale particolarmente nel settore dell‘edilizia. Nella moderna impiantistica si sta affermando la tendenza a prefabbricare collettori e componenti speciali. Dopo tutto, la prefabbricazione offre diversi vantaggi nel settore sanitario, di riscaldamento e raffrescamento. Nelle varie tipologie di costruzioni, gli aspetti logistici e le tempistiche strette, rappresentano spesso una sfida per progettisti e architetti. L‘esecuzione pratica nei cantieri solleva non pochi problemi anche al direttore dei lavori. Né le condizioni esterne né l‘assillo del tempo permettono di dedicare delle risorse alla costruzione di collettori impegnativi, con spese elevate di manodopera.

L’OFFERTA aquatherm progetta e costru -

isce collettori e componenti speciali direttamente nei propri stabilimenti di Attendorn e Campi Bisenzio, secondo le specifiche del cliente e li spedisce pronti per l’installazione in tutto il mondo. Sono sufficienti i dati di progettazione, i disegni 3D e/o gli schizzi con le dimensioni, per ricevere un’offerta completa, che include l’elenco dei materiali necessari e un disegno. Un team competente di tecnici esperti è a disposizione dei clienti per fornire assistenza e consulenza.

FORMAZIONE

aquatherm offre anche un programma completo di informazione e formazione per installatori e progettisti nel settore dell’impiantistica. Si va dai seminari online, a giornate banco dai grossisti, a formazione diretta in cantiere e a corsi di formazione presso il campus situato nella sede centrale di Attendorn in Germania. Si tratta di un moderno luogo di incontro a disposizione degli operatori di mercato per corsi interni di formazione. Nell’area dell’officina, i visitatori possono familiarizzare con le tecniche di lavorazione dei sistemi di tubazioni aquatherm. Nell’area espositiva, simile a un museo, i visitatori invece possono conoscere in modo interattivo la storia, la filosofia e i prodotti dell’azienda.

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PREFABBRICAZIONE: COLLETTORE AQUATHERM BLUE

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La quattordicesima edizione del TU Sicurezza, aggiornata a marzo 2025, contiene tutte le ultime novità in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa edizione include infatti le nuove disposizioni introdotte dalla Legge 13 dicembre 2024, n. 203 (collegato lavoro) che ha recato significative modifiche alle norme sulla sicurezza del lavoro, con particolare riguardo per la disciplina delle visite mediche.

Un dettagliato indice analitico-alfabetico consente di individuare agevolmente le prescrizioni relative agli articoli del Testo Unico.

Nuova Edizione

RUBRICA SICUREZZA

Il lavoro in solitario

Un rischio sempre più attuale dove la tecnologia può essere un valido strumento

di Tiziana Petrillo* e Gianluca Giagni**

Il lavoro in solitario rappresenta una delle situazioni più rischiose nell’ambito delle attività lavorative. A partire dal 2020, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, questa modalità di lavoro si è diffusa in modo più ampio e trasversale, interessando tutte le tipologie di aziende, indipendentemente dal settore o dalle mansioni. In passato, si parlava principalmente di lavoratori come guardie, sorveglianti o manutentori, che operavano in isolamento per natura delle loro mansioni. Oggi, invece, anche figure come impiegati amministrativi o operatori di sportelli possono trovarsi a svolgere attività da soli, grazie anche alla diffusione dello smart working, che ha ridotto la presenza contestuale di più persone all’interno degli ambienti lavorativi.

LA COMPLESSITÀ NELLA SCELTA

DELLE SOLUZIONI DI SICUREZZA

Questa evoluzione impone ai responsabili della sicurezza di affrontare nuove sfide e di adottare prioritarie misure di tutela. Ma come scegliere la soluzione più efficace in caso di emergenza? Non esistono regole rigide e universali, perché ogni attività e contesto di lavoro presenta caratteristiche diverse. Per esempio, uno strumento come uno smartphone dotato di un’app dedicata al lavoro in solitario può rappresentare un valido supporto, ma va valutato attentamente rispetto alla specificità delle attività svolte. Due figure professionali come un contabile e un manutentore, pur lavorando nello stesso stabilimento, svolgono compiti differenziati e in orari diversi. Entrambi, tuttavia, possono trovarsi a operare da soli, con rischi molto diversi tra loro, come ag-

gressioni, malori, attacchi di panico o esposizioni a gas nocivi o sostanze tossiche.

Pertanto, un’analisi approfondita dei rischi è fondamentale per definire le misure di prevenzione più adeguate oltre che definire al meglio i criteri per la gestione delle emergenze nel lavoro in solitario.

Indipendentemente dalla soluzione adottata, è fondamentale che il lavoratore in solitario possa avvisare il proprio responsabile in caso di emergenza e/o datore di lavoro e/o preposto, sia attraverso sistemi manuali che automatici. Sul mercato sono disponibili diverse tecnologie che si basano su infrastrutture cellulari, radio o sistemi cordless. Tuttavia, è importante sottolineare che nessuna di queste garantisce una gestione sempre tempestiva degli allarmi.

Per minimizzare i rischi, è cruciale condurre un’analisi accurata dei luoghi di lavoro, effettuando sopralluoghi tecnici specifici. Le soluzioni che utilizzano le reti cellulari sono tra le più diffuse e semplici da implementare, poiché non richiedono modifiche strutturali significative e si affidano alle reti degli operatori telefonici, offrendo così una risposta immediata e praticabile per molte aziende. In definitiva, è essenziale valutare attentamente i criteri che un sistema di gestione delle emergenze deve soddisfare, affinché possa garantire il massimo livello di sicurezza per gli operatori.

COME PUÒ AIUTARE

LA TECNOLOGIA OGGI

Dunque, negli ambienti di lavoro pericolosi o dove si lavora da soli è fondamentale individuare rapidamente se qualcuno si immobilizza o si trova in emergenza. Per questo motivo, sono state create diverse soluzioni

Principali criteri per garantire un buon livello di sicurezza

Posizionamento geografico

La localizzazione precisa del lavoratore in solitario, sia all’esterno che in ambienti interni, è alla base di un intervento rapido ed efficace in caso di emergenza. Sapere esattamente dove si trova il lavoratore permette alle squadre di soccorso di intervenire con maggiore rapidità, aumentando le possibilità di successo nell’aiuto. Assenza di connettività

In ambienti remoti o in spazi confinati, la rete cellulare può essere assente o instabile. È quindi importante disporre di sistemi di comunicazione alternativi come radio o satellitari, che garantiscano una connessione affidabile a prescindere dalla copertura.

Comunicazione Efficace

La possibilità di comunicare dettagliatamente sull’incidente può fare la differenza tra un intervento tempestivo e un ritardo che può essere fatale. La comunicazione deve essere facile ed immediata, anche in situazioni di stress o disorientamento.

Adattabilità alle attività svolte

Un sistema di gestione delle emergenze deve essere flessibile e adattabile alle diverse attività lavorative svolte dal lavoratore solitario. Per esempio, un manutentore che opera in uno spazio confinato potrebbe necessitare di strumenti diversi rispetto a un impiegato che lavora in un ufficio.

Attivazione automatica degli allarmi

In situazioni in cui il lavoratore solitario non può generare un allarme manualmente – come in caso di malore o perdita di coscienza –è essenziale che il sistema sia in grado di attivare automaticamente un segnale di allarme.

TABELLA 1. Caratteristiche principali degli smartwatch per lavoratori isolati

CARATTERISTICHE PRINCIPALI

Rilevamento uomo a terra

Rilevamento di inattività

Pulsante di emergenza con GPS

Design impermeabile

Uno dei rischi maggiori per i lavoratori solitari è quello di cadere o perdere conoscenza a causa di un incidente. Grazie al rilevamento automatico, il dispositivo può inviare un allarme immediato nel caso di caduta consentendo un intervento tempestivo

In situazioni in cui il lavoratore rimane immobile per un periodo prolungato il sistema può interpretare questo come un segnale di potenziale pericolo. In questo caso viene attivato immediatamente un allarme per far intervenire un soccorritore

Questo permette al lavoratore di inviare una richiesta di soccorso immediata e condividere la propria posizione esatta grazie al GPS integrato. In caso di pericolo imminente la precisione della localizzazione è fondamentale per ridurre i tempi di intervento e garantire la sicurezza del lavoratore

Certificazione IP68, il che significa che sono completamente impermeabili e progettati per funzionare in ambienti ostili. Ad esempio, cantieri esposti a pioggia o aree industriali dove i lavoratori possono essere esposti a liquidi

Monitoraggio avanzato e Geofencing Una tecnologia che utilizza la geolocalizzazione per creare un confine virtuale (la geofence) attorno a un’area geografica specifica

VANTAGGI

Comunicazione stabile

Portata estesa

Comunicazione voce chiara e affidabile, particolarmente utile in ambienti chiusi o industriali

Forniscono una copertura migliore rispetto ai telefoni cordless standard, riducendo le zone d’ombra nei luoghi di lavoro

Rilevamento automatico delle emergenze Molti sistemi DECT possono essere integrati con funzionalità di rilevamento di cadute e immobilità

Integrazione con altri sistemi

SVANTAGGI

Possono essere collegati facilmente con altre soluzioni di gestione delle emergenze

Necessità di infrastruttura dedicata I sistemi DECT richiedono l’installazione di stazioni base e altre componenti infrastrutturali per garantire una copertura completa;

Limitata compatibilità con dispositivi nonDECT

Costo di implementazione

tecnologiche. Questi sistemi, grazie a strumenti di rilevamento e comunicazione, possono attivare subito una richiesta di aiuto quando si verificano situazioni sospette o pericolose. In questo modo, contribuiscono a rendere i luoghi di lavoro più sicuri e a intervenire tempestivamente in caso di bisogno.

SMARTWATCH

Gli smartwatch di ultimissima generazione rappresentano uno strumento versatile per il monitoraggio continuo delle condizioni di salute e sicurezza (vedi Tabella 1) i cui principali vantaggi sono:

• la facilità d’uso;

• il monitoraggio continuo in quanto possono rilevare parametri vitali come la frequenza cardiaca e cadute improvvise; la connettività: GPS e reti cellulari permettono un monitoraggio in tempo reale.

DISPOSITIVI

PORTATILI

Progettati specificamente per rilevare immobilità e inviare allarmi, questi dispositivi sono robusti e resistenti a condizioni ambientali avverse. I vantaggi principali sono: alta specializzazione nel rilevare immobilità e robustezza adatta a condizioni difficili. Tra gli svantaggi principali, invece, c’è la durata della batteria limitata e il costo elevato per alcune funzionalità avanzate.

Possono non essere compatibili con alcuni dispositivi di sicurezza esistenti che utilizzano tecnologie diverse

L’installazione di un sistema DECT può essere costosa, specialmente in ambienti ampi o complessi

sono economiche e facili da aggiornare. I principali vantaggi sono certamente l’accessibilità economica di tale strumento, spesso anche gratuito, oltre ad un facile aggiornamento per nuove funzionalità.

Tra gli svantaggi vi è la dipendenza dalla qualità della connessione e della batteria del telefono. Pertanto, sono utilizzati negli uffici o in attività per assistenza domiciliare e sanitaria; in generale per ambienti coperti dalla rete cellulare.

RADIO

Le radio comunicano direttamente e rapidamente in caso di emergenza, senza bisogno di rete cellulare e sono senza dubbio certezza di una comunicazione immediata e affidabile, anche perché funzionano in zone senza copertura cellulare. Tra gli svantaggi vi è una portata limitata e variabile a seconda dei luoghi di utilizzo, oltre alla necessità di manutenzione e gestione costante. Le applicazioni principali sono per cantieri, siti industriali e aree isolate.

SISTEMI DECT

I sistemi DECT (Telecomunicazione

Senza Filo Digitale Avanzata, uno standard radio per comunicazioni cordless a corto raggio, che può essere adattato per molte applicazioni) possono utilizzare varie allocazioni di frequenza a livello internazionale. È una tecnologia adatta per applicazioni voce, dati e di rete con una portata fino a 500 metri,

che offre una comunicazione stabile e affidabile, particolarmente indicata in ambienti chiusi o industriali.

CONCLUSIONI

Affrontare le sfide associate al lavoro in solitario richiede un approccio strategico che integri l’adozione di tecnologie innovative con piani operativi accuratamente studiati. La selezione di strumenti quali smartwatch, dispositivi portatili, applicazioni mobili, sistemi radio e DECT deve essere effettuata con attenzione, considerando le specifiche caratteristiche dell’ambiente di lavoro e i rischi potenziali, al fine di garantire una protezione efficace e tempestiva dei lavoratori. È fondamentale sottolineare che l’efficacia di tali soluzioni dipende dalla loro corretta integrazione all’interno di un framework di protocolli operativi chiari, supportati da una formazione approfondita e costante del personale. Solo attraverso questa sinergia tra tecnologia, procedure e competenze, si potrà creare un ambiente di lavoro che non solo rispetti le normative di sicurezza, ma che realmente tutela la vita e il benessere di ogni lavoratore solitario.

*Consigliere nazionale dell’Ordine degli ingegneri. Responsabile Area sicurezza e prevenzione incendi CNI

**Coordinatore GTT1 “La sicurezza a partire dai banchi di scuola”. Componente GdL Sicurezza e prevenzione incendi CNI

TABELLA 2. VANTAGGI E SVANTAGGI DEI SISTEMI DECT

NGW CLIMATIZZAZIONE ALL’AVANGUARDIA

E MINIMO IMPATTO AMBIENTALE

POMPE DI CALORE ACQUA-ACQUA REVERSIBILI CON REFRIGERANTE ECOLOGICO R32

NGW è la più recente soluzione per interni, con alta efficienza energetica e impatto ambientale ridotto (GWP = 675). Produce acqua refrigerata o riscaldata, rispondendo così alle diverse esigenze di climatizzazione, sia in ambito residenziale che commerciale, e di raffreddamento di processo nei contesti industriali.

Disponibile nella versione H, con reversibilità interna al circuito frigorifero, e nella versione con reversibilità lato idraulico, la serie copre un’ampia gamma di potenze, da 107 kW a 788 kW frigoriferi. Le unità NGW sono dotate di leak detector integrato, un quadro elettrico completamente separato dal vano compressori e valvole di sicurezza doppie con rubinetto di scambio. Grazie alla cofanatura di serie, sono particolarmente silenziose e adatte all’installazione all’interno di machinery rooms conformi alla norma EN 378-3. NGW offre una vasta flessibilità operativa, consentendo la produzione di acqua refrigerata a temperature fino a -10°C e acqua calda fino a 60°C. Inoltre, vanta un’elevata efficienza sia in termini puntuali che stagionali, combinata con un design estremamente compatto.

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IL CALCESTRUZZO COPERTO DA CERTIFICATO DI VALUTAZIONE TECNICA IN CLASSE 14D INCRUDENTE DESTINATO AD INTERVENTI DI ADEGUAMENTO SISMICO A SPESSORE SOTTILE IN COMPLETA ASSENZA DI ARMATURE TRADIZIONALI, COME TUTTE LE NOSTRE PRODUZIONI COPERTE DA POLIZZA ASSICURATIVA GENERALI

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