Il Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano protagonista con tre convegni
SICUREZZA | A SCUOLA DI SICUREZZA
Il progetto guida gli studenti delle scuole medie nella comprensione del rischio
EDITORIALE |
Visioni e memoria: l’ingegneria come responsabilità condivisa
di Albert( R()*g,(li* Il 69° Congresso Nazionale degli Ingegneri, che si è appena concluso ad Ancona, ha rappresentato molto più di un appuntamento programmatico. È stato un momento di riconoscimento reciproco, un tempo in cui la nostra comunità professionale si è guardata negli occhi per ridefinire il proprio ruolo nel Paese. Oltre mille colleghi, provenienti da ogni regione, si sono confrontati su temi che toccano in profondità la vita della collettività: la riforma delle professioni, l’innovazione tecnologica, l’intelligenza artificiale, la sicurezza delle infrastrutture, la resilienza dei territori e la centralità della prevenzione. In un contesto in cui la trasformazione digitale e la transizione ecologica ridisegnano scenari e responsabilità, è apparso evidente come l’identità dell’ingegnere rimanga saldamente ancorata a un principio non negoziabile: la tutela dell’interesse pubblico. L’ingegnere è garante di sicurezza, competenza e responsabilità sociale. È questa la radice che conferisce autorevolezza alla nostra professione e che giustifica, oggi come ieri, l’esistenza dell’Ordine come luogo di presidio etico e culturale.
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Il futuro dell’atomo
Via libera alla delega per il nucleare sostenibile. Intervista a Remo Vaudano, Vice Presidente Vicario del CNI
INGEGNERIA ECONOMICA | Intelligenza Artificiale: nuove frontiere della valutazione immobiliare
I nuovi modelli migliorano le stime immobiliari, ma in Italia pesano diffidenze e scarsa formazione PAG. 11
Tra riforma, innovazione e sicurezza
Oltre mille professionisti si sono confrontati su competenze emergenti, infrastrutture resilienti, mobilità e standard europei per la professione PAG. 8
Maria Antonietta Aiello e Nicola Vitiello delineano modelli di ateneo fondati su qualità e partecipazione
C3I |
L’ingegnere informatico nell’era dell’IA
Attore principale della trasformazione digitale, promuove soluzioni innovative e responsabili
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| L’impatto del BIM sulle attività consortili
Intervista a Paolo Pivato, Direttore Tecnico del Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Pordenone PAG. 16
AUDIZIONI |
Riordino disciplina edilizia: osservazioni e proposte Sono state esposte dal Presidente Angelo Domenico Perrini nell’ambito dell’audizione della RPT PAG. 20
69° CONGRESSO NAZIONALE |
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DIRETTORE EDITORIALE
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TESTATA
ASSOCIATA
Il futuro dell’atomo
Via libera alla delega per il nucleare sostenibile: ricerca, sicurezza e nuove competenze al centro
di R(bert( Di S*,-(
Il secondo passo è stato computo. Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via definitiva, lo schema di disegno di legge recante la delega al Governo in materia di energia nucleare sostenibile. Un d.l. che, nelle intenzioni, dovrà disciplinare in modo organico l’introduzione del nucleare sostenibile, nel quadro delle politiche europee di decarbonizzazione al 2050 e degli obiettivi di sicurezza energetica. La delega prevede, tra l’altro, l’elaborazione di un Programma nazionale per il nucleare sostenibile, l’istituzione di una Autorità per la sicurezza nucleare indipendente, il potenziamento della ricerca scientifica e industriale, la formazione di nuove competenze e lo svolgimento di campagne di informazione e sensibilizzazione. I decreti legislativi attuativi dovranno essere adottati entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.
L’ITALIA PUNTA SULL’ATOMO
SOSTENIBILE
Come ha spiegato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto: “L’Italia si dota di uno strumento fondamentale per guardare al futuro con realismo e ambizione. Vogliamo essere protagonisti delle nuove tecnologie, dagli SMR e AMR fino alla fusione, nel quadro della neutralità tecnologica e della transizione energetica europea. Il nucleare sostenibile è una scelta di innovazione, sicurezza e responsabilità verso i cittadini, imprese e verso l’ambiente”.
DALL’ALLEANZA UE AL DISEGNO DI LEGGE NAZIONALE
Secondo passo, come detto. Perché il primo, dello scorso giugno, è stato l’adesione del nostro Paese all’Alleanza UE sul nucleare, dopo avervi preso parte finora in qualità di osservatore. Una strategia chiara del Governo, che sposa un’Alleanza fortemente voluta dalla Francia e della quale fanno parte anche Bulgaria, Croazia, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria.
“Si tratta – ha sottolineato il ministro – di una decisione in linea con le scelte di politica energetica del
governo italiano che promuove con convinzione il principio della neutralità tecnologica, per seguire una transizione energetica sostenibile, che garantisca la sicurezza e la resilienza del sistema energetico e favorisca imprese e famiglie.
L’Italia sta infatti seguendo una strategia nazionale che in maniera trasparente e graduale, promuove una rivalutazione pragmatica del ruolo dell’energia nucleare come fonte decarbonizzata, sicura, adabile e programmabile”.
I COSTI E LE PROSPETTIVE EUROPEE
Già. Ma i costi? La realizzazione dei piani degli Stati membri in materia di energia nucleare, come sottolinea la Commissione europea nel suo ottavo programma indicativo nucleare (PINC), richiederà investimenti significativi, pari a circa 241 miliardi di euro fino al 2050, sia per l’estensione del ciclo di vita dei reattori esistenti che per la costruzione di nuovi reattori su larga scala. Sono necessari ulteriori investimenti per i piccoli reattori modulari (SMR), i reattori modulari avanzati (AMR) e i microreattori e nella fusione per il futuro a più lungo termine. Per alcuni paesi dell’UE, l’energia nucleare è una componente importante delle strategie di decarbonizzazione, competitività industriale e sicurezza dell’approvvigionamento. La Commissione stima che oltre il 90% dell’energia elettrica nel 2040 sarà prodotta da fonti decarbonizzate, principalmente rinnovabili, integrate dall’energia nucleare. Si prevede che la capacità nucleare installata in tutta l’UE aumenterà da 98 GWe nel 2025 a 109 circa GWe entro il 2050.
SICUREZZA E GESTIONE DEI
RIFIUTI RADIOATTIVI
Nel documento di Bruxelles si ricorda che garantire i più elevati standard di sicurezza, protezione e salvaguardie nucleari, nonché una gestione sicura e responsabile dei rifiuti radioattivi, rimarrà una priorità assoluta. Sono necessari maggiori sforzi per lo sviluppo di infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, unitamente a una disattivazione e cace e a un’e cienza in termini di costi.
no esplorando questa via. Criticità, dicevamo: ebbene, nessun reattore modulare è operativo in Occidente, si contano solo in Cina e Russia. La certificazione dei nuovi impianti resta costosa, anche perché, ricorda il report, ogni paese impone una trafila particolarmente lunga ed onerosa per ottenerla.
LE LEVE PER ACCELERARE LA TRANSIZIONE
INNOVAZIONE, COMPETENZE E NUOVE TECNOLOGIE
Migliorare le competenze della forza lavoro esistente, coinvolgere nuovi talenti e sostenere le startup stimolerà l’innovazione. Anche la commercializzazione e la di!usione sul mercato di tecnologie nucleari all’avanguardia, compresi i piccoli reattori modulari, i reattori modulari avanzati, i microreattori e la fusione a lungo termine, saranno fondamentali per il futuro del settore in Europa e nel resto del mondo.
LA SCOMMESSA SUGLI SMR
Una strategia di rinascita che passa essenzialmente dallo sviluppo dei Small Modular Reactors (SMR). Si tratta di reattori di piccola taglia con una potenza contenuta fino a 300 megawatt elettrici (MWe). Pensati per essere prodotti in serie e installati nei siti prescelti, questi impianti sono costituiti da reattori a fissione che si distinguono dalle altre centrali nucleari soltanto per la taglia. Per questo tipo di tecnologia possono essere utilizzate diverse varianti di reattori a fissione: da quelli termici, ai reattori veloci, passando per quelli ra!reddati a gas o con sali fusi. L’obiettivo è rendere operativi questi impianti entro i primi anni del 2030. A investire nell’atomo ci sono anche i giganti tech: tra data center, gigafactory e intelligenza artificiale, Amazon, Google e Microso t puntano alla costruzione di mini reattori per avere energia illimitata.
MERCATO GLOBALE E CRITICITÀ
Non mancano però gli ostacoli. Come si legge nella recente analisi dello studio di consulenza Arthur D. Little “The growth and future of Small modular reactors”, attualmente nel mondo operano 413 di questi mini reattori, per 371 GW. Per centrare la transizione green ne servono fino a 800 GW in più entro il 2050. Insomma, servono soluzioni rapide, economiche e scalabili. Il report stima un mercato globale per gli SMR tra i 50 e i 100 miliardi di dollari entro il 2030, con un tasso di crescita annuo superiore al 20%; ad oggi ci sono 68 progetti mappati dall’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) e più di trenta Stati stan-
Come intervenire, dunque? Arthur D. Little individua quattro leve per accelerare: valutazione tecnologica neutrale, adeguamento degli standard Aiea ai reattori non ad acqua, razionalizzazione delle zone di emergenza (come ha fatto la Finlandia), armonizzazione regolatoria tra i diversi Paesi. Ma serve anche un piano massiccio di formazione, abbattendo il divario generazionale nel nucleare in sinergia con industria e università. “Solo con approccio coordinato tra tecnologia, utility, regolatori, investitori, il potenziale degli SMR potrà esprimersi appieno”, concludono gli analisti.
NUCLITALIA: LA NUOVA ALLEANZA ITALIANA PER L’ATOMO
Proprio l’Italia si sta muovendo in questa direzione, visto che nei mesi scorsi è nata “Nuclitalia”, società controllata da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo, che si occuperà dello studio di tecnologie avanzate e dell’analisi delle opportunità di mercato nel settore del nuovo nucleare. Tra i compiti di Nuclitalia, un approfondimento iniziale sugli SMR ra!reddati ad acqua. Il processo includerà la definizione dei requisiti specifici per il nostro sistema Paese e la selezione delle soluzioni più promettenti sulla base di un’approfondita analisi tecnico-economica. La società esaminerà inoltre le opportunità di partnership industriali e di co-design con un approccio fondato su innovazione, sostenibilità ambientale ed economica e valorizzazione delle competenze della filiera italiana.
COMPETENZE E RESPONSABILITÀ NELLE SCELTE ENERGETICHE
Un percorso lungo e complesso che necessita delle giuste competenze e conoscenze, come sottolineano da tempo gli ingegneri italiani. Nessuna crociata pro o contro una tecnologia specifica. Come ha sottolineato in più occasioni il presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Angelo Domenico Perrini, le decisioni future in campo energetico, incluso il nucleare, richiedono professionisti competenti e specializzati. “Dobbiamo essere coscienti che le scelte sul mix energetico del futuro non riguardano solo gli addetti ai lavori, ma l’intera società” ha a!ermato Perrini in tempi non sospetti. E ancora: “A!rontiamo sfide energetiche senza precedenti che richiedono decisioni coraggiose e basate su fatti concreti. Dobbiamo basare le nostre scelte su dati solidi e sul consenso pubblico. Perché al centro di ogni decisione deve esserci l’interesse della comunità”.
Il dibattito sulla riforma, che mira a chiarire competenze, ra orzare l’equo compenso, rinnovare i percorsi formativi e restituire centralità al progetto, si colloca proprio qui: nel riconoscimento che la società ha bisogno di una professione solida, visibile, coerente e rispettata. E che la qualità delle opere non è solo una questione tecnica, ma un bene pubblico. Proprio mentre riflettevamo su questo, è giunta la notizia della scomparsa dell’ing. Giovanni Angotti, già Presidente del Consiglio Nazionale dal 1990 al 1999. La coincidenza temporale non è casuale, ma simbolica. Angotti fu protagonista di una stagione complessa e decisiva, segnata da grandi trasformazioni del sistema degli appalti, dalle discussioni sulla riforma delle professioni, dalla necessità di difendere la libera professione in anni in cui la tentazione di comprimere ruolo, autonomia e responsabilità era forte. Oltre tutto, sotto la sua guida gli ingegneri furono tra i primi a dotarsi di un organismo creato al fine di “conoscere per deliberare”: parliamo del Centro Studi CNI di cui fu Fondatore e primo presidente.
In anni segnati dalla crisi morale di Tangentopoli, Angotti seppe tenere la barra dritta, a ermando principi che oggi consideriamo acquisiti, ma che allora non lo erano: la separazione netta tra chi progetta e chi realizza, come garanzia di trasparenza; la centralità della qualità del progetto come fondamento della qualità dell’opera; la dignità economica e professionale del lavoro tecnico; la necessità di una legge sugli appalti ispirata a correttezza, e cienza e interesse pubblico. Non meno importante fu la sua visione europea. Da Presidente della Feani e del Claiu, Angotti comprese prima di molti altri che la professione non poteva restare chiusa nei confini nazionali e che costruire standard comuni e percorsi condivisi significava investire nella crescita del Paese, non solo dei professionisti. Oggi, leggendo il Documento Programmatico approvato ad Ancona, ritroviamo quell’eredità culturale: la centralità del progetto, la responsabilità verso i cittadini, la qualità come valore non negoziabile. Non è un semplice ricordo: è una direzione di marcia.
La miglior forma di memoria è la continuità dell’impegno. Il miglior omaggio che possiamo fare a Angotti è continuare a pensare l’ingegneria come servizio al Paese, non come tecnica neutra. Il Congresso ci ha indicato una strada chiara. Sta a noi percorrerla, insieme, con consapevolezza e coraggio.
“L’energia nucleare ha bisogno di informazioni corrette e rigorose”
Intervista a Remo Vaudano, Vice Presidente Vicario del CNI
Formare professionisti competenti e soprattutto informare in maniera corretta e rigorosa, fornendo elementi tecnici certi sui quali poi poter prendere una posizione, senza preclusioni ideologiche. Sono questi i compiti degli ingegneri nei confronti di una tematica – l’energia nucleare – che porta troppo facilmente a ragionare per slogan, scelte legate all’appartenenza politica. Dimenticando il valore scientifico e tecnologico di una fonte che merita invece un’attenta analisi per i risvolti internazionali che potrà avere in futuro. Tesi sostenute con particolare vigore da Remo Vaudano, Vice Presidente Vicario del CNI, con deleghe all’Energia, Impianti e sostenibilità e all’Ingegneria industriale. Un Consiglio Nazionale Ingegneri direttamente coinvolto dal Governo nella questione nucleare in seguito all’istituzione, da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della “Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS)”, un network strutturato il cui obiettivo è creare un punto di sintesi e convergenza nazionale sulle diverse iniziative, le esperienze, le criticità, le prospettive e le aspettative sul settore nucleare avanzato. La piattaforma costituisce lo strumento di raccordo e coordinamento da parte del MASE dei diversi attori nazionali che a vario titolo e livello si occupano di energia nucleare, sicurezza e radioprotezione, rifiuti radioattivi, sotto tutti i profili. Il focus è sullo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale, con elevati standard di sicurezza e sostenibilità, senza trascurare gli aspetti economici e finanziari e di accettabilità sociale. Come ha ripetuto il MASE, l’obiettivo prioritario della Piattaforma è “sviluppare nell’arco di alcuni mesi linee guida e una roadmap, con orizzonte 2030 e 2050, per seguire e coordinare gli sviluppi delle nuove tecnologie nucleari nel medio e lun go termine. Valutando nel me dio termine le possibili ricadute in ambito italiano, in particolare nel settore degli SMR e dei reat tori di IV generazione, e le possi bilità di impiego di tali tecnolo gie, ove provate di livello di sicu rezza ed economicità adeguati, e della fusione nel lungo termi ne, a supporto dello sviluppo della generazione di energia dalle rinnovabili, secondo gli obiettivi indicati nell’ag giornamento del PNIEC per giungere alla decarbonizza zione totale al 2050”.
Ingegner Vaudano, l’Italia sta lanciando chiari messaggi che vanno nella
direzione di uno sviluppo delle tecnologie per il nucleare, prima con l’istituzione del PNNS e poi con l’approvazione dello schema di disegno di legge recante la delega al Governo in materia di energia nucleare sostenibile. Un d.l. che, nelle intenzioni, dovrà disciplinare in modo organico l’introduzione del nucleare sostenibile. È questa la strada scelta, dunque?
Pare proprio di sì. Il nostro coinvolgimento nel PNNS del MASE è un segnale importante. Un progetto che ha visto il CNI protagonisti in due dei sette Gruppi di Lavoro che hanno poi portato ad una serie di relazioni conclusive dalle quali raccogliere spunti, indirizzi e strategie sul futuro dell’energia nucleare in Italia. I Gruppi di lavoro ai quali abbiamo dato il nostro contributo sono il 6 Formazione ed educazione e il 7 Aspetti trasversali (Ambiente, accettabilità sociale, comunicazione). Gli altri Gruppi di Lavoro sono i seguenti: Contesto, scenari e prospettive; Tecnologie di fissione; Tecnologie di fusione; Sicurezza e prevenzione, quadro normativo, certificazione; Rifiuti e decommissioning
Formazione e informazione, dunque. Due aspetti strategici per gli ingegneri in un settore, quello energetico, che ne ha particolarmente bisogno. Sul tema nucleare è importante dare delle informazioni corrette. La questione è piuttosto spinosa, spesso viene trattata in maniera superficiale, con notizie parziali e inesatte. Proprio perché molte persone sono tutt’oggi scettiche e nutrono forti preoccupazioni nei confronti del settore, noi ingegneri abbiamo il dovere di fornire un quadro rigoroso e scientifico della reale situazione nell’evoluzione del nucleare. Qui non si tratta di essere ‘pro’ o ‘contro’: gli ingegneri hanno le competenze per fornire degli elementi certi dai quali poi ci si può formare un’opinione per-
sonale sulla materia. Vedo ancora troppa confusione sul nucleare, si pensa ancora alle catastrofi accadute nel passato. Certo, nessuna attività è a rischio zero, ma lo sviluppo di tale fonte energetica ha avuto evoluzioni notevoli che meritano di essere esaminate con spirito critico, scevro da posizioni personali e pregiudizi ideologici.
Perché, secondo lei, il nucleare sta tornando in auge a livello internazionale?
Partiamo da una certezza: nei prossimi anni la richiesta di energia salirà vertiginosamente. Cresceranno anche i consumi – e quindi anche i costi – nonostante l’impegno per l’e cientamento energetico che tutti i Governi stanno mettendo in campo, pensiamo solo al settore dell’edilizia con la sostenibilità green, per fare l’esempio più lampante.
La domanda, dunque, è: come produrre tutta questa energia? La diversificazione di fonti energetiche è la risposta più sensata. Dall’eolico sino al fotovoltaico, per arrivare al nucleare, che certamente sarà una fonte di approvvigionamento importante. Teniamo presente che ormai siamo arrivati allo studio della quarta generazione di nucleare, siamo in uno stato particolarmente avanzato.
Parliamo di una tecnologia sicura?
La quarta generazione è quella del futuro con reattori nucleari particolarmente e cienti e con un quantitativo di scorie sempre più ridotto, che anzi in parte possono essere riutilizzate e genereranno energia. I tempi sono però ancora lunghi, si parla di 30 anni. Quella attuale è l’era della terza generazione, particolarmente attiva anche in Europa, dove i sistemi di sicurezza sono molto avanzati e l’e cienza energetica notevole. Ecco, in Italia di centrali di tale livello non ve nesono mai state, ci siamo fermati alla seconda gene-
La parola d’ordine è quindi diversificazione?
Sì, anche nel nucleare. A cominciare dai reattori nucleari. Contemporaneamente alla ricerca sulla terza e poi sulla quarta generazione, si è sviluppata la ricerca sui reattori nucleari di piccola taglia. Ve ne sono di due tipi: gli Small Modular Reactors (SMR) e gli Advanced Modular Reactors (AMR). Le principali caratteristiche distintive dei primi sono la potenza ridotta e la costruzione modulare, che rispondono all’esigenza di maggiore flessibilità e garantiscono certezza di bu-
dget e puntualità di realizzazione. Si tratta di un buon compromesso. La produzione è già avviata e possono avere un utilizzo locale, ma non certo su scala nazionale o internazionale. Questi reattori potranno integrarsi positivamente nel futuro sistema energetico, o!rendo significativi vantaggi rispetto alle centrali nucleari di maggiore dimensione. Sebbene di grandezza simile agli SMR (50-300 MWe), gli AMR utilizzano tecnologie avanzate di quarta generazione, integrando diverse soluzioni innovative (reattori a sali fusi, alta temperatura, etc.). Questi reattori sono ancora in fase di sviluppo, con progetti soprattutto in Cina e Russia.
Tra le criticità segnalate per il ripristino del nucleare, i costi valutati ancora troppo alti: è proprio così?
Non mi sbilancerei troppo sulla questione economica. I costi sono tutti da verificare, stiamo parlando di tipologie di reattori in fase di sviluppo e progettazione scientifica. È prematuro dare i numeri, se così possiamo dire. Certo, è lampante che gli investimenti per tale sistema energetico dovranno essere ingenti, su questo non ci sono dubbi. Anche perché le preoccupazioni maggiori riguardano il costo iniziale, vale a dire la fase della costruzione delle centrali e tutto ciò che ne consegue, come l’acquisizione dei reattori, la messa in sicurezza dei diversi settori. Poi l’approvvigionamento del combustibile ha una spesa molto ridotta. Tutto il contrario di quanto succede con il gas o il carbone, solo per citare due casi eclatanti. Altra questione, regole ancora disomogenee tra nazioni: è un ostacolo non da poco per lo sviluppo armonico del settore. Non le pare? Una questione che non riguarda solo l’Europa ma tutto il mondo. Certo, il Vecchio Continente da un punto di vista burocratico sconta una serie di carenze ataviche che fatichiamo a sanare. Credo che il lavoro più duro da fare sarà proprio quello di armonizzare leggi e norme e produrre una legislazione chiara ed univoca che coinvolga tutti i paesi. Anche in questo caso, la strada è lunga e irta di ostacoli. Proprio in questa direzione va l’adesione dell’Italia all’Alleanza UE sul nucleare. Una decisione in linea con le scelte di politica energetica del governo italiano che all’insegna della neutralità tecnologica e di una transizione energetica sostenibile e sicura. Si spera che l’Alleanza europea sia in grado di promuovere la definizione di un quadro europeo favorevole allo sviluppo dell’intera catena del valore dell’energia nucleare.
Le novità in libreria
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TERZA EDIZIONE
La nuova edizione del libro nasce innanzitutto dall’esigenza di aggiornamento degli argomenti trattati, specialmente alla luce dell’evoluzione della normativa Europea. Si fa infatti riferimento alla nuova versione degli Eurocodici, ormai sostanzialmente definita, che sarà necessariamente recepita dalla normativa italiana. Si è sentita inoltre l’esigenza di estendere la trattazione dall’edificio intelaiato, che rimane il principale tema del libro, anche alle altre configurazioni dell’edificio antisismico in c.a. e specificamente alla tipologia mista telai-pareti, agli edifici isolati alla base ed a quelli con controventi metallici. Questo ampliamento consente quindi anche un confronto tra le possibili tipologie strutturali ai fini della scelta più conveniente per il Progettista. Maggiore attenzione è dedicata anche all’approccio statico non lineare con spettro elastico che viene presentato ed utilizzato non solo come strumento sussidiario di verifica e conferma del più comune approccio lineare con spettro di risposta, ma anche come strumento autonomo di progetto. L’estensione delle tipologie esaminate evidenzia anche come l’approccio dissipativo diffuso, sicuramente prevalente nella nostra cultura progettuale, trova possibili graduali eccezioni in strutture con dissipazione concentrata (isolatori alla base, controventi dissipativi) o strutture non dissipative. Questa revisione culturale include anche la maggiore importanza dedicata allo Stato Limite di Danno che assicura, con il comportamento elastico, la limitazione del danno per i terremoti frequenti, utile anche ai fini della classificazione di rischio sismico della struttura. Si conferma e si estende anche l’esigenza di fornire ed affinare procedure speditive di dimensionamento e verifica che consentono di controllare facilmente, almeno come ordine di grandezza, i risultati di elaborazioni complesse rese sempre più accessibili dal calcolo automatico col computer.
Dario Flaccovio Editore
SHINING
Colti da un insolito destino nell’azzurro mare di ottobre
di Gi0.e11e M*rgi(tt*
Su quella nave non c’era una stanza 237, semmai una cabina 10035 o 10037, in cui temo che qualcuno abbia fatto nottetempo la famiglia a fette (cfr Caparezza).
The shining (la luccicanza) mi ha riportato indietro nel tempo su una nave molto simile a questa (lirica o poesia sono in fondo la stessa cosa), dove sono avvenuti fatti e misfatti terribili che ci hanno condotto fin qui, come una sorta di Overlook Hotel natante.
La suggestione mi ha preso vedendo quei lunghi corridoi con la moquette in cui, per fortuna, non correva un solitario Danny in triciclo, ma tanti passeggini con a bordo pa!utelli ingegneri in erba.
Nessuno ha fatto una foto del vecchio consiglio nazionale di allora (era il 2022), sospeso tra i due mondi indistinti ma separati dell’essere già, ma non essere ancora, per la volontà suprema dell’uomo che non doveva chiedere mai, soprattutto al Ministero Vigilante.
Altrimenti, tra le tante foto appese alle pareti oggi avreste potuto trovare l’immagine di quei consiglieri su uno dei tanti divani del ponte 6 e al centro, in bella mostra, l’immagine del segretario di adesso, come un Jack Torrance qualsiasi.
Ma cosa c’entra il film di Stanley Kubrick con il Congresso di quest’anno, ad eccezione di questa suggestione dei corridoi che vi ho raccontato e delle urla e risate misteriose di cui vi ho taciuto? C’entra.
GLI INDIZI
Cercherò di mettere in fila una serie di indizi che convergono verso un finale inquietante e ineluttabile. Si sono fatti, quest’anno, voli pindarici per ricondurre quel titolo, Visioni, a qualcosa di reale e connesso all’ingegneria. Non perché non ci fossero spunti di riflessione ma perché gli argomenti erano addirittura troppi, come è d’uso da qualche anno a questa parte. Nel numero scorso (RISVEGLI) ho fatto un po’ di ironia sui titoli di questo ciclo di Congressi, che a ben ragione penso si sia concluso con questo 69° felice evento.
Cercando su uno dei più noti motori di ricerca “69 Congresso ingegneri d’Italia”, l’IA mi ha sintetizzato quello che segue (giuro): “Il 69° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia, organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni) in collaborazione con gli Ordini degli ingegneri di Ancona e Macerata, si svolgerà dal 13 al 16 ottobre 2023”
Già questo primo fatto mi inquieta: l’intelligenza artificiale ha sbagliato o abbiamo sbagliato noi a fare i conti con il tempo che passa e siamo tornati indietro al punto di partenza o quasi? Il dubbio è legittimo.
LA LUCCICANZA
Per i cinofili e i sinologi, e dunque
“MI DISPIACE DI DOVERLA CONTRADDIRE, MA È LEI IL CUSTODE DELL’ALBERGO, È SEMPRE STATO LEI IL CUSTODE, IO LO SO PERCHÉ IO SONO QUI DA SEMPRE…”
Delbert Grady a Jack Torrance Dal film Shining
non per i cinefili che ne conoscono a memoria la trama, all’inizio del film, mentre visitano l’albergo, i Torrance incontrano il capocuoco Dick Hallorann, il quale possiede la “luccicanza”, una sorta di potere telepatico e di preveggenza, e si rende subito conto che anche il piccolo Danny ne è dotato. Il cuoco avvisa il bambino che nell’albergo si possono avere visioni di alcuni eventi accaduti in passato, ma gli assicura che non bisogna averne paura perché si tratta di eventi non più reali. Il prosieguo del film dimostrerà che non tutto è innocuo. In queste giornate di congresso abbiamo spesso avuto di queste visioni. Percorrendo il teatro delle Muse o i ponti della nave e persino a colazione o nel centro di Fiume era possibile imbattersi in presenze non più reali ma lugubri o aggressive. Fatto ancor più misterioso è stato vedere queste presenze conversare a lungo con esseri viventi in carne ed ossa; ma può darsi che anche questi ultimi fossero solo le vestigia delle persone che erano e non di quelle che saranno. Sapete che queste, chiamiamole esoteriche, sono solo un tipo di visioni. Esistono poi quelle estatiche, per cui delle persone cadono in uno stato di trance per cui vedono o credono di aver visto (anche in sogno) apparizioni del tutto straordinarie. Scartata l’ipotesi che ci fossero dei santi o delle sante tra noi, mi auguro e auguro ai sognatori di non
risvegliarsi delusi o arrabbiati da questo stato dell’anima che li ha resi per un attimo felici, sardonici o sarcastici nei confronti di chi si è esposto in vece loro, nascondendosi nell’ombra del teatro.
IL DISORDINE GLOBALE
Credo, ma non voglio essere assoluto, che la principale visione o, se volete, una vera preconizzazione, ce l’ha data il prof. Giuliano Noci nella sua lezione, che sarà stata pure definita “brevis” ma merita ampiamente l’aggettivo di “magistralis”. È fondamentale rendersi conto che lo scenario illustrato dal professore non è apocalittico ma disegna l’accelerazione tra il passato anche recente ed il futuro immediato della nostra professione. Molto presto, quando l’intelligenza artificiale si trasformerà in applicazioni ad uso industriale, il nostro sistema andrà incontro a un problema di deficit cognitivo e di insu ciente cultura digitale. L’IA è destinata a trasformare radicalmente la società, abbattendo ogni ostacolo legato al controllo dei dati. Le nuove generazioni, i cosiddetti nativi digitali, sono già pronti ma tutti gli altri non lo siamo. E dobbiamo prenderne atto.
L’ANNO CHE VERRÀ
È sottilmente imbarazzante vedere la categoria che continua a disquisire di argomenti pur importanti ma confinati in ambiti settoriali e specialistici tradizionali, quando è ormai evidente il cambio totale di paradigma tra l’attuale assetto “analogico” della professione e il salto generazionale già avvenuto in molti contesti e che ineluttabilmente si imporrà anche nel nostro. Si tratta ad ogni piè sospinto di argomenti fondamentali, tutti focus molto importanti che trattiamo tutto l’anno in giro per l’Italia e - scusate l’impudenza - che i nostri interlocutori considerano ormai scontati da parte nostra, come una sorta di déjà-vu.
Allora non dobbiamo parlarne? Dobbiamo continuare a farlo come
integrare senza soluzione di continuità il Cyberspazio con lo Spazio Fisico”. L’idea di una Società Smart mette alla prova le capacità disciplinari in termini di metodo e solo l’ingegnere, con tutte le sue quasi infinite variazioni, è in grado di declinarla fino in fondo.
UNA NUOVA VISIONE
abbiamo sempre fatto, con le nostre proposte e le nostre critiche costruttive, ma non trattarle tutte assieme in un evento mediatico come un Congresso. Il tema del congresso deve essere tale da focalizzare l’interesse, di attrarre, di incuriosire. È dunque necessario pensare a un solo tema per volta. E pensare a TUTTI gli Ingegneri, o se volete a tutti i laureati in ingegneria, già nel nome dei nostri Congressi. Il 70° dovrà essere dunque il Congresso Nazionale degli Ingegneri, e non più solo quello degli Ordini degli Ingegneri d’Italia, per far capire ai due terzi dei laureati che non sono iscritti all’albo che vogliamo rimetterli al centro del nostro interesse per tornare a essere un’unica categoria.
UN NUOVO UMANESIMO
SCIENTIFICO
Un autorevole collega del Consiglio (con un solo vero difetto dichiarato) ha più volte proposto un tema per il futuro Congresso che voglio oggi rilanciare. Posto che Industria 4.0 e Transizione 5.0 sono programmi importanti ma sono piani che trattano di incentivi e strategie puntuali, la vera rivoluzione è rappresentata dal concetto di Società 5.0. In quel principio di “consilienza”, introdotto nel numero scorso e che non può essere destinato esclusivamente all’ambito dell’ingegneria civile, i valori umanistici non sono solo quelli della storia dell’arte o della cultura umanistica tradizionale e via discorrendo, ma dobbiamo guardare ad un nuovo umanesimo scientifico. Il concetto di Società 5.0 è stato introdotto dal Governo giapponese nel 2019 nell’ambito del programma “Scienza e Tecnologia per una Società Futura” e può sintetizzarsi nel progetto di creare “una società basata sulla centralità dell’Uomo che cerca di bilanciare il progresso economico con la risoluzione dei problemi sociali tramite un Sistema elaborato per
Capite che porre al centro dell’attenzione della categoria e della classe politica nazionale un concetto così ampio e farlo in un Congresso nazionale dedicato, potrà coinvolgere aspetti diversi del paese ma inquadrati in un unico quadro d’insieme, in cui le competenze dell’ingegneria troveranno sempre nuova centralità. Non diremo per una volta cose già dette e cose già scritte. Nell’odierno scenario di disordine globale tracciato dal prof. Noci, potremo coinvolgere sociologi, psicologi, economisti, scienziati di tutte le discipline, imprenditori, politici e poeti che dovranno confrontarsi inevitabilmente con chi è in grado, per conoscenze e competenze specifiche, di tradurre questi concetti in progetti concreti e cioè gli ingegneri. Detto così sembra della sana utopia, ma potrebbe trattarsi invece e semplicemente di una “visione” del futuro imminente.
CONCLUSIONI
Potrei parlarvi a questo punto del nostro ospite speciale Neri Marcorè, ma ve lo siete goduto in diretta e non saprei riassumerne le tante sfaccettature.
Anche l’intera tematica del Disegno di legge delega sulle professioni lo trovate riassunto non solo nei nostri documenti u ciali ma anche e mirabilmente in un post di Fulvio Giani su Facebook del 19 ottobre.
Cosa mi resta da raccontare allora? Ma di un altro mistero: il workshop che non c’era. Il titolo criptico “Visioni per l’Ordine professionale di domani - Confronto guidato tra i delegati al Congresso Nazionale” nascondeva una bella innovazione metodologica: l’applicazione del LEGO Serious Play come strumento per migliorare la comunicazione e la collaborazione interna. È stato uno strumento adeguato per la gestione del cambiamento? Non lo so, sicuramente è un’interessante promozione dell’innovazione.
Certo, chiedere ai convitati che cosa non va nel Consiglio Nazionale, a dando la risposta ai nuovi fondi di ca!è del terzo millennio, non mi è sembrato il massimo in termini di strategia e rinnovamento. Anche la sintesi dei workshop presentata alla fine sembrava più un report del mio Centro Studi che un riassunto di quello che era avvenuto negli angoli e cubicoli della nave o nei labirinti verticali del teatro delle Muse. Ma sono peccati veniali che ricordo solo per la mia ben nota cattiveria.
69° CONGRESSO NAZIONALE
Tra riforma, innovazione e sicurezza
Oltre mille professionisti si sono confrontati su competenze emergenti, infrastrutture resilienti, mobilità e standard europei per la professione
Per tre giorni, il capoluogo marchigiano è diventato il centro pulsante dell’ingegneria italiana. Il 69° Congresso degli Ordini degli Ingegneri d’Italia, organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dagli Ordini territoriali di Ancona e Macerata, ha riunito oltre mille professionisti provenienti da tutta Italia, trasformando la città in un laboratorio di idee, riflessioni e proposte concrete per il futuro della professione. L’evento ha messo al centro tematiche fondamentali: la riforma delle professioni, l’innovazione tecnologica, l’in-
telligenza artificiale, la sicurezza delle infrastrutture e la prevenzione dei rischi, con uno sguardo costante alle sfide del territorio e alle esigenze della collettività.
Un appuntamento che ha trasformato Ancona in un crocevia di competenze e visioni, con la presenza di oltre 106 Ordini provinciali e rappresentanze di tutte le regioni italiane.
Come ricordato dal presidente dell’Ordine di Ancona, Stefano Capannelli: “Il Congresso è l’occasione annuale per confrontarci sui temi che riguardano la professione e il Paese, ma anche per rinsal-
dare il senso di appartenenza e di comunità tra colleghi”.
ANCONA ACCOGLIE GLI
INGEGNERI: TRA COMPETENZA E COMUNITÀ
L’apertura dei lavori si è svolta presso il Teatro delle Muse, con un saluto di Stefano Capannelli, Presidente dell’Ordine di Ancona, che ha ricordato come l’ingegneria rappresenti un patrimonio fondamentale di conoscenze e responsabilità al servizio della comunità. Capannelli ha sottolineato come le attività ricreative e sportive, che accompagnano an-
nualmente l’assise, siano molto più di un momento di socializzazione: rappresentano l’occasione per consolidare lo spirito di collaborazione e la coesione tra professionisti. Non a caso, nel periodo estivo che ha preceduto il Con-
gresso, gli Ordini di Ancona e Macerata hanno promosso una serie di attività sportive – dal calcio al paddle, fino alla corsa e al ciclismo – che hanno coinvolto decine di ingegneri e le loro famiglie, in un clima di partecipazione e ap-
Riforma delle professioni: una svolta storica
La legge delega introduce principi chiave: le competenze devono essere coerenti con i percorsi formativi, coordinate tra professioni a ni e garantire equità nei compensi. L’obiettivo è un quadro unitario, trasparente e moderno, che valorizzi la professione e tuteli la collettività.
partenenza. “Lo sport è un valore – ha ricordato Maurizio Paolini, presidente dell’Ordine di Macerata – perché unisce e ra!orza il senso di squadra che caratterizza anche la nostra professione”.
Il Sindaco di Ancona, Daniele Silvetti, ha aperto u cialmente la città agli ingegneri, definendo la professione come un elemento essenziale per lo sviluppo e la sicurezza del territorio. “La vostra presenza non è simbolica, ma concreta – ha detto Silvetti – perché contribuite con competenze e visione a migliorare la vita dei cittadini e la qualità del territorio.”
In un’intervista a margine dei lavori, Silvetti ha aggiunto: “Il Congresso nazionale degli ingegneri è una grande opportunità anche per una città come Ancona, che si sta riscoprendo in termini di rigenerazione urbana e rilancio culturale. È un’occasione di ascolto e confronto con chi, come voi, contribuisce alla crescita del Paese e del sistema territoriale”.
Il Presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, ha ricordato come gli ingegneri abbiano svolto un ruolo determinante nella gestione delle emergenze e nella ricostruzione post-sisma e post-alluvione. “Il vostro lavoro non si limita a riparare i danni, ma contribuisce a riprofilare il territorio, a renderlo più sicuro, più sostenibile e più resiliente. Per noi, la collaborazione con la categoria è stata e rimane strategica.”
Parole che trovano eco nell’intervento di Alberto Romagnoli, consigliere del CNI con delega ad Ambiente, Territorio e Comunicazione, che ha ricordato come la fragilità del territorio marchigiano rappresenti una sfida continua: “A quasi nove anni dal sisma del 2016, e dopo le recenti alluvioni, il Congresso di Ancona è anche un’occasione per discutere concretamente di prevenzione e resilienza, due parole chiave che devono guidare la pianificazione del futuro”.
Tra gli interventi istituzionali, Massimo Conti, Presidente della Federazione Ingegneri delle Marche, Massimo Garbari di Inarcassa ed Eros Mannino, Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, hanno sottolineato l’importanza del coordinamento tra le diverse istituzioni e del ruolo centrale degli ingegneri nel garantire la sicurezza della collettività. Il Ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha inviato un messaggio video sottolineando come “Visioni”, il titolo del Congresso, evochi la capacità di immaginare nuovi scenari per la professione. “L’ingegneria è il cuore delle trasformazioni del Paese – ha detto: dalle costruzioni materiali al digitale, dalla gestione dei dati alla cybersecurity. L’intelligenza artificiale deve essere alleata del lavoro umano, e la sicurezza non può essere considerata un capitolo a parte, ma parte integrante del progresso”.
SICUREZZA, RIFORMA E
FUTURO DELLA PROFESSIONE
Il momento più significativo della prima giornata è stata la relazione del Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Angelo Domenico Perrini. La sua ana-
lisi ha abbracciato l’intero spettro delle sfide della professione, dalla sicurezza delle infrastrutture alla gestione del digitale, dalla protezione dei cittadini alla formazione dei giovani professionisti. Perrini ha ribadito che la sicurezza deve guidare ogni intervento dell’ingegnere moderno, una responsabilità che va ben oltre il cantiere o il progetto: riguarda l’intero tessuto sociale ed economico del Paese. “L’ingegnere è e deve restare il garante della sicurezza”, ha a!ermato Perrini, ricordando come la figura professionale non si limiti alla progettazione ma includa la prevenzione, la valutazione dei rischi e la tutela della collettività. Un principio, questo, che a!onda le sue radici nella storia ultracentenaria dell’albo professionale e che oggi si rinnova di fronte alle sfide della transizione digitale ed ecologica. La riforma delle professioni è stata uno dei temi centrali della relazione. Perrini ha ricordato che la legge delega mira a superare i limiti del D.P.R. 137/2012, ridefinendo competenze e attività riservate, introducendo lauree abilitanti e tirocinio formativo, e ra!orzando l’equo compenso. Si tratta di una riforma destinata a oltre 1,6 milioni di professionisti, che chiarisce i confini delle competenze e valorizza il patrimonio di conoscenze dei tre settori della professione: civile e ambientale, industriale e dell’informazione. Perrini ha inoltre evidenziato l’importanza dell’iscrizione obbligatoria all’Albo per tutti coloro che esercitano la professione, sottolineando come questo rappresenti un punto di riferimento fondamentale per garantire competenza, aggiornamento continuo e responsabilità etica.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE
E NUOVE FRONTIERE DELLA
PROFESSIONE
Il Congresso ha dedicato particolare attenzione al ruolo dell’intelligenza artificiale. Durante il modulo Sicurezza e a dabilità delle reti intelligenti: cogliere le opportunità, contrastare le minacce, Emanuele Frontoni ha sottolineato
Marina Elvira Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
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come l’IA possa liberare gli ingegneri dalle attività ripetitive, permettendo loro di concentrarsi su scelte di responsabilità e progettazione strategica. Nicola Colacino ha evidenziato come l’IA richieda una regolamentazione attenta, per tutelare la componente umana e definire chiaramente la prevalenza delle decisioni del professionista.
In un contesto di rapida trasformazione tecnologica, il dibattito ha messo in luce un punto comune: l’intelligenza artificiale non sostituisce l’ingegnere, ma ne amplifica il potenziale.
Come ha ricordato Elio Masciovecchio, vicepresidente del CNI, “la tecnologia deve rimanere uno strumento al servizio della competenza umana, non il contrario”; mentre Nicola Fiore del Comitato C3i ha sottolineato che i dati devono essere sempre mediati e validati dall’ingegnere.
IL RITORNO
ALLA CENTRALITÀ DEL PROGETTO
Un altro tema di grande interesse è stato il Correttivo al Codice dei contratti, discusso come strumento per riportare al centro il progetto e la figura del professionista. Arturo Cancrini e Pietro Baratono hanno evidenziato come il correttivo corregga criticità accumulate negli anni, valorizzando il principio del risultato e la qualità dell’opera finale, piuttosto che concentrare l’attenzione esclusivamente sulla sanzione. Gianluca Rovelli ha sottolineato come il correttivo favorisca l’equo compenso e migliori la gestione dei subappalti, tutelando le piccole e medie imprese e ra!orzando la sicurezza del lavoro.
POST-SISMA E POSTALLUVIONE: PARLANO I PROFESSIONISTI
Il Congresso ha dedicato ampio spazio alla ricostruzione, con in-
Il CNI incontra la camera croata degli ingegneri civili
Nell’ambito dei lavori del 69° Congresso Nazionale, si è svolto un incontro istituzionale tra il CNI e una delegazione della Camera Croata degli Ingegneri Civili (HKIG). Due gli impegni prioritari emersi dal confronto. Il primo è quello di ra orzare una collaborazione e un dialogo strutturato tra CNI–HKIG. Un dialogo fondamentale per a rontare in modo coordinato le sfide imposte dalla transizione digitale ed ecologica. In secondo luogo, costruire un percorso di formazione condiviso, orientato alla qualità e alla mobilità professionale.
Al centro del dialogo, temi strategici per la professione a livello europeo. Ampio spazio è stato dedicato alle direttive comunitarie sugli appalti pubblici, con particolare attenzione alla promozione di criteri di qualità nelle gare e all’applicazione del principio dell’o erta economicamente più vantaggiosa (OEPV, noto anche come MEAT), che consente di valorizzare non solo il prezzo, ma anche l’e cacia e la sostenibilità delle soluzioni proposte. L’obiettivo è garantire la massima trasparenza e correttezza nell’a damento dei lavori pubblici, creando un sistema competitivo ma equo per i professionisti e le imprese. Accanto a questo, le sfide della digitalizzazione delle costruzioni. Il confronto si è focalizzato sull’implementazione di strumenti come il BIM e l’openBIM, l’e-procurement e la digitalizzazione degli iter autorizzativi.
Altro tema chiave è stata la direttiva europea EPBD, relativa alla prestazione energetica degli edifici. È stato discusso il percorso di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, come indicato dai nuovi standard europei.
Infine, è stata posta grande attenzione al Common Training Framework (CTF), previsto dalla Direttiva 2005/36/CE, come strumento per favorire la mobilità dei professionisti in Europa. L’obiettivo è creare un quadro formativo comune che permetta il riconoscimento automatico delle qualifiche degli ingegneri civili tra i Paesi membri, promuovendo così lo scambio di competenze, esperienze e best practice a livello transnazionale.
“Quest’anno - ha commentato il Presidente del CNI - il Congresso si è aperto verso un paese vicino, la Croazia che, come l’Italia, sceglie un sistema ordinistico invece che associazionistico per l’esercizio della professione. L’incontro di oggi è volto a favorire la formazione reciproca degli iscritti anche in un’ottica di mobilità internazionale”.
terventi di Guido Castelli e Fabrizio Curcio. Castelli ha ricordato come la ricostruzione post-sisma 2016 rappresenti un laboratorio di innovazione: oltre 12.700 cantieri conclusi su 22.223 autorizzati, 10,77 miliardi di euro concessi per la ricostruzione privata, più di 4,6 miliardi destinati a interventi pubblici. Curcio, invece, ha sottolineato la complessità della ricostruzione post-alluvione, dove le analisi tecniche dei territori guidano le politiche di prevenzione e la pianificazione degli interventi.
“La prevenzione richiede coraggio e investimenti di lungo periodo –ha osservato Romagnoli. Investire in sicurezza non significa solo costruire, ma saper prevenire”. Michele Mazzaro dei Vigili del Fuoco ha sottolineato come la transizione energetica debba essere integrata con la sicurezza, evidenziando rischi specifici come incendi di impianti fotovoltaici o materiali infiammabili. Felice Monaco del CNI ha illustrato il lavoro della Struttura Tecnica Nazionale, coordinando oltre
5.000 tecnici, di cui 3.000 specializzati nella gestione del rischio sismico.
INFRASTRUTTURE RESILIENTI, MOBILITÀ E INNOVAZIONE
Il dibattito sulle infrastrutture moderne e resilienti ha coinvolto esperti di pianificazione e trasporti come Dario Caro, Ennio Cascetta, Andrea Ferrante ed Emanuele Renzi. La sfida è progettare reti intelligenti, sicure e sostenibili, capaci di rispondere alle complessità del territorio italiano e alle esigenze di mobilità dei cittadini, integrando innovazione tecnologica e gestione dei dati. Un’attenzione particolare è stata riservata alla connessione tra infrastrutture materiali e digitali, in un’Italia che guarda alla
Ricostruzione
34.148 richieste di contributo
15,8 miliardi di euro complessivi
smart mobility e alla gestione intelligente delle reti come pilastri del futuro urbano e industriale.
VISIONI PER L’ORDINE
PROFESSIONALE DI DOMANI
Il Congresso si è concluso con il workshop “Visioni per l’ordine professionale di domani” e con l’approvazione del Documento Programmatico 2025. Perrini ha ribadito come la riforma delle professioni rappresenti un momento cruciale per consolidare le competenze, ridefinire le attività riservate e garantire sicurezza e qualità dei servizi alla collettività. È stata inoltre annunciata la sede del 70° Congresso CNI, che si terrà a Trieste, mentre a Nuoro sono stati assegnati i campionati sportivi
• 10,77 miliardi concessi per la ricostruzione privata
• 3.500 interventi pubblici finanziati
Angelo Domenico Perrini, Presidente CNI
INGEGNERIA ECONOMICA | ESTIMO
Aggiornarsi per restare competitivi
di I11(lit* C2i*r(li,i, C(,.iglier* deleg*t* *ll’I,geg,eri* E/(,()i/*-E.ti)(
Le dinamiche dei mercati immobiliari e l’impatto dirompente delle nuove tecnologie rendono la formazione continua e l’aggiornamento professionale non un semplice obbligo, ma il fondamento stesso della professione dell’ingegnere valutatore immobiliare. In un contesto dominato da standard internazionali (IVS), nazionali (come il codice delle valutazioni immobiliari) e da nuove sfide (come l’ESG), l’inerzia equivale a obsolescenza. L’ingegnere che investe nella formazione su temi all’avanguardia, dall’utilizzo di strumenti digitali avanzati alle nuove metodologie, acquisisce un livello di professionalità che gli consente di competere con successo nel mercato professionale. L’innovazione è l’occasione privilegiata per dimostrare attivamente il valore dell’ingegneria.
Intelligenza Artificiale: nuove frontiere della valutazione immobiliare
IA e nuovi modelli migliorano le stime immobiliari, ma in Italia pesano diffidenze e scarsa formazione. La sfida è unire innovazione e responsabilità
di M*rt* B(tter(, Federi/( Dell’A,,*, Ale..*,dr* O11i(*
Negli ultimi anni le tecniche di Intelligenza Artificiale sono sempre più impiegate per svolgere operazioni di classificazione, associazione, ottimizzazione e previsione in molteplici domini applicativi. Nell’ambito della disciplina dell’Estimo e della Valutazione, il ricorso alle stime su larga scala e la messa a punto di strumenti di supporto alle decisioni complesse ha richiesto da tempo l’uso di algoritmi capaci di raccogliere, analizzare e processare una grande quantità di dati. Inoltre, la crescente disponibilità di Big data provenienti da fonti di!erenti amplifica le potenzialità dell’uso dell’Intelligenza Artificiale nei processi di valutazione, rendendo più e cace la capacità di identificare pattern che i metodi tradizionali non riescono a cogliere, di supportare in modo più robusto le analisi predittive e di fornire un aiuto nella generazione di scenari alternativi nell’ambito di problemi decisionali caratterizzati da elevata complessità e incertezza.
DAL MODELLO TEORICO
AGLI ALGORITMI
CHE IMPARANO DAI DATI
Quando si deve valutare non un singolo immobile ma grandi insiemi in modo coerente, l’automazione diventa necessaria. I primi Modelli di Valutazione Automatizzata poggiavano sulla teoria dei prezzi edonici secondo cui il valore di un bene immobiliare corrisponde alla somma dei “prezzi impliciti” delle sue caratteristiche. Successivamente, il machine learning ha fatto il suo ingresso con un approccio radicalmente diverso: questi algoritmi non partono da una teoria economica prestabilita, ma “imparano” direttamente dai dati.
GLI STRUMENTI DELL’IA
PER LA VALUTAZIONE
Parlare di IA come di un singolo strumento è fuorviante. Siamo davanti a un insieme articolato di algoritmi, ciascuno con caratteristiche e campi di applicazione propri nel settore immobiliare.
Partiamo dall’apprendimento supervisionato, l’approccio che oggi viene utilizzato più frequentemente per stimare i valori, dove il modello viene alimentato con migliaia di transazioni storiche e, analizzan-
dole, impara a riconoscere quali fattori influenzano realmente i prezzi. Diverso è l’apprendimento non supervisionato. In questo caso non vengono fornite categorie predefinite. L’algoritmo esamina i dati e trova da solo le somiglianze, scopre pattern nascosti risultando particolarmente interessante per far emergere micro-mercati e segmenti che con le classificazioni tradizionali resterebbero invisibili.
Il deep learning lavora su un altro piano, analizzando aspetti qualitativi di cili da quantificare. Un algoritmo di questo tipo, partendo dalle foto, riesce a valutare per esempio lo stato di conservazione, a distinguere i materiali utilizzati, a riconoscere elementi di pregio o segnali di degrado. E non si limita alle immagini: elabora anche testi complessi, estraendo informazioni che altrimenti richiederebbero un’attenta analisi manuale.
Infine, c’è l’intelligenza artificiale generativa, quella che negli ultimi tempi sta attirando maggiore attenzione. La sua utilità si manifesta soprattutto nella fase di redazione: può produrre bozze di perizie assemblando dati numerici, riferimenti normativi, analisi di mercato. Cambia, quindi, la velocità con cui si gestisce la parte più routinaria del lavoro.
LE BARRIERE ALL’ADOZIONE IN ITALIA
Nonostante queste potenzialità, l’adozione dell’IA nel panorama professionale italiano procede in modo fortemente disomogeneo. Mentre grandi società di consulenza e startup PropTech investono risorse significative, la stragrande maggioranza dei piccoli e medi studi che costituiscono il tessuto connettivo del settore rimane legata a metodologie tradizionali.
In Italia la professione si è storicamente costruita sull’esperienza individuale e sulla relazione diretta con il cliente, elementi percepiti come vero valore distintivo. L’algoritmo viene quindi visto con sospetto, come qualcosa che de-umanizza il processo di valutazione.
C’è poi il problema delle competenze. I percorsi universitari hanno iniziato solo di recente a integrare la scienza dei dati o il machine learning nel campo della valutazione immobiliare, con il risultato che la maggior parte dei professionisti in attività non ha mai ricevuto formazione spe-
cifica su questi strumenti.
SCATOLA NERA E NECESSITÀ
DI TRASPARENZA
La sfida più delicata resta il problema della scatola nera. Molti modelli avanzati restituiscono risultati accurati, a volte sorprendentemente precisi, ma lasciano completamente al buio sul processo decisionale che li ha generati. Per chi esercita una professione dove la firma comporta responsabilità civile e penale, non poter spiegare il “perché” di una valutazione è inaccettabile. La risposta viene dalla eXplainable
AI (XAI) o Intelligenza Artificiale Spiegabile, che si pone l’obiettivo di rendere trasparenti o almeno interpretabili le decisioni algoritmiche. Un sistema XAI non si limita a fornire un numero, ma evidenzia quali caratteristiche hanno pesato maggiormente nella definizione del valore.
IL FUTURO DELLA
PROFESSIONE
Gli studi ormai lo dimostrano chiaramente: il machine learning supera i modelli di regressione tradizionali in termini di accuratezza predittiva, purché il professionista continui a mantenere il controllo sul processo. Organismi come la Royal Institution
of Chartered Surveyors e l’International Valuation Standards Council hanno pubblicato linee guida specifiche proprio sul tema: come integrare l’innovazione tecnologica senza perdere la responsabilità professionale. Il punto nodale di questa evoluzione è la costruzione di una vera sinergia uomo-macchina. Il futuro non appartiene né alle macchine che sostituiscono gli umani, né agli individui che rifiutano ogni innovazione. Appartiene a chi saprà collaborare in modo intelligente e critico con questi strumenti, integrandoli nel proprio lavoro.
*SIEV – S(/iet3 It*li*,* di E.ti)( e V*l0t*-i(,e
Guarda i tuoi progetti da una nuova prospettiva
Sismicad si evolve con un pacchetto innovativo importante ed un cambio di major release: arriva Sismicad 13. Nuova interfaccia 3D, sistema di gestione delle geometrie, accesso ai comandi e alle licenze. Si aggiungono anche miglioramenti su pareti, rinforzi agli edifci esistenti, BIM e molto altro ancora sta per arrivare. Non riusciamo a scrivere tutto qui: provalo!
Prosegue il ciclo di interviste che il Giornale dell’Ingegnere dedica ai nuovi Rettori di formazione tecnica. Le recenti elezioni accademiche confermano come l’approccio ingegneristico – analitico, progettuale e orientato alla soluzione – stia diventando una risorsa chiave per la governance universitaria. Questo approfondimento raccoglie le testimonianze di Maria Antonietta Aiello, Rettrice dell’Università del Salento, e Nicola Vitiello, Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Due approcci che convergono su un obiettivo comune: costruire un’università che valorizzi persone, competenze e benessere, e al tempo stesso promuova una ricerca d’eccellenza capace di generare impatto economico e sociale. Ne emerge una visione comune di Ateneo aperto, responsabile e innovativo, in cui la qualità della formazione e della ricerca si traduce in crescita per la comunità e in contributo concreto allo sviluppo del Paese.
Benessere, qualità e partecipazione al centro
Intervista a Maria Antonietta Aiello che propone un modello di Ateneo inclusivo, aperto al dialogo e orientato alla crescita condivisa, alla ricerca e alla sostenibilità
Professoressa Ordinaria di Tecnica delle Costruzioni, con oltre trent’anni di attività accademica all’Università del Salento, dal 1° novembre Maria Antonietta Aiello è la prima donna alla guida di un’università pugliese per il sessennio 2025-2031. Laureata all’Università della Calabria in Ingegneria Civile, ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Lecce. Ha ricoperto diversi incarichi istituzionali tra cui, di recente, quello di Prorettore Vicario e di Delegata al Patrimonio edilizio e alla Sicurezza; è stata membro ed ha coordinato vari gruppi di lavoro, comitati e commissioni di Ateneo, in particolare inerenti l’Assicurazione di Qualità, il Piano di Sostenibilità, la Sicurezza, le Pari Opportunità. Dirige il Laboratorio di Tecnica delle Costruzioni e il laboratorio SEERS (Structural and Earthquake Engineering for Resilient and Sustainable Constructions).
È stata membro del Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e componente del CdA dell’Accademia delle Belle Arti di Lecce. È componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e di organismi di ricerca nazionali e internazionali, coniugando attività scientifica e impegno per la sicurezza, la sostenibilità e lo sviluppo della comunità accademica e territoriale. È Chair del Comitato Tecnico RILEM “Durability of Inorganic Matrix Composites used for Strengthening of Masonry Constructions”, composto da 87 ricercatori e partner aziendali, nazionali e internazionali. È responsabile di diversi Progetti di Ricerca per l’Università del Salento e autrice di più di 350 pubblicazioni scientifiche; è inclusa nella classifica dei World’s Top 2% Scientists 2024 e 2025. Per il suo impegno sociale, culturale e scientifico ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, fra cui nel 2025 il Premio Edoardo Kramer dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere di Milano. Nel dialogo con il Giornale dell’Ingegnere, Aiello traccia le priorità per un Ateneo capace di coniugare merito, sostenibilità e sviluppo sociale.
L’università pubblica italiana sta attraversando una fase
di profonda trasformazione Il primo pilastro del suo programma è la centralità della persona. Come si traduce questa visione in una strategia capace di integrare il benessere della comunità accademica e la valorizzazione dell’impegno, del merito e delle competenze delle persone che la compongono?
La visione di centralità della persona costituisce il pilastro strategico per la profonda trasformazione dell’Università pubblica italiana. Questa visione si traduce in un programma organico volto a interconnettere il benessere della comunità con la valorizzazione di impegno, merito e competenze. Intendiamo raggiungere questo obiettivo attraverso la definizione di percorsi chiari di crescita professionale e un’o!erta di
“VOGLIAMO COSTRUIRE UN’UNIVERSITÀ CAPACE DI CONIUGARE IL BENESSERE DELLA COMUNITÀ CON LA VALORIZZAZIONE DI IMPEGNO, MERITO E COMPETENZE, ATTRAVERSO PERCORSI DI CRESCITA PROFESSIONALE E FORMAZIONE PERMANENTE CHE GENERINO FIDUCIA E UN RINNOVATO SENSO DI APPARTENENZA”
formazione permanente mirata, in grado di generare un clima di fiducia e un rinnovato senso di appartenenza. È prioritario intervenire per creare prospettive concrete di stabilizzazione e contrastare il precariato, in particolare per i ricercatori altamente qualificati e il personale tecnico-amministrativo e bibliotecario. Il valore della persona sarà riconosciuto anche potenziando le misure di conciliazione vita/lavoro, e garantendo il benessere psicologico e relazionale per tutte le componenti, a partire da studenti e studentesse, a cui saranno assicurati ambienti di apprendimento sani, spazi di ascolto e supporto psicologico. L’impegno si concretizzerà nella promozione di un Piano d’Azione sul Benessere, inclusivo e partecipato, sviluppato
a partire dall’analisi dei bisogni dell’intera comunità.
La seconda premessa è l’impegno per la qualità. In un panorama sempre più competitivo, quali le azioni concrete per perseguire l’eccellenza nella ricerca e nella didattica?
L’impegno per la qualità è il pilastro per l’eccellenza, fondato sulla convinzione che la Ricerca sia il motore che alimenta la Didattica e la Terza Missione. Per innalzare la qualità e la competitività, costituiremo un Comitato interno di Valutazione, Monitoraggio e Supporto della Ricerca con obiettivi di breve e lungo termine. Parallelamente, un’apposita task force si dedicherà all’intercettazione dei finanziamenti pubblici e privati, promuovendo anche il crowdfun-
ding e l’e cienza nell’uso delle risorse, in linea con il modello Open Lab, che favorirà la collaborazione e la condivisione delle infrastrutture tecnologiche. In didattica, istituiremo un Osservatorio permanente per la progettazione strategica dell’o!erta, potenziando l’attrattività dei corsi magistrali e adottando metodi didattici innovativi, interattivi e interdisciplinari. L’eccellenza formativa sarà garantita valorizzando il dialogo tra le aree del sapere e consolidando partnership strutturate con il mondo del lavoro per percorsi che rispondano concretamente ai fabbisogni del mercato.
Università e Terza missione. Come superare le barriere tra la ricerca accademica e la società? Non userei il termine barriere in quanto proprio le iniziative di Terza missione favoriscono un dialogo e uno scambio costante tra il ruolo dell’Università e la società. Attraverso la Terza Missione, la conoscenza e la ricerca scientifica vengono trasformate in soluzioni e servizi in grado di creare un impatto positivo e misurabile sul territorio. Alla base di questo processo vi è la capacità di co-progettare e ascoltare i bisogni sociali reali, per poi valutarne l’e cacia con un approccio integrato, sia quantitativo che qualitativo. Per definire le linee di intervento e valutarne l’impatto, si propone la costituzione di una Consulta permanente Università-Territorio, che coinvolga gli attori pubblici e privati che operano per lo sviluppo e il benessere della comunità.
Il trasferimento tecnologico rappresenta oggi uno strumento decisivo con cui un Ateneo può generare innovazione e favorire lo sviluppo del territorio. Quali aspetti ritiene prioritario ra orzare per renderlo ancora più e5cace?
Il trasferimento tecnologico è una leva strategica per generare innovazione, sostenere lo sviluppo e contribuire al benessere del territorio. Per renderlo più e cace, è prioritario valorizzare la ricerca, non solo supportando e snellendo le procedure per l’attivazione di start-up e brevetti, ma anche creando un saldo collegamento tra ricerca e mercato attraverso la partecipazione a reti di collaborazione con enti nazionali e internazionali. Ritengo, inoltre, fondamentale superare la visione restrittiva che limita il trasferimento tecnologico alle sole aree scientifiche; l’intento è di estenderlo e armonizzare tutte le aree disciplinari – comprese le scienze umane e sociali – valorizzando l’innovazione e l’impatto che queste generano, ad esempio con progetti educativi, di promozione del patrimonio o attraverso collaborazioni con le industrie culturali. L’obiettivo finale è costruire un ecosistema dell’innovazione d’Ateneo realmente inclusivo e interdisciplinare.
Quale il ruolo delle infrastrutture tecnologiche avanzate e aggiornate, della digitalizzazione e dell’Intelligenza artificiale
nella didattica dell’Ateneo?
Credo che l’uso e l’aggiornamento delle tecnologie sia importante nella didattica, per ottenere sempre maggiore coinvolgimento, interazione e anche personalizzazione del percorso; sia in presenza che a distanza.
A tal fine bisognerà valorizzare anche la piattaforma e-learning, facilitandone l’accesso e sperimentando modelli innovativi asincroni, di alta qualità. Sarà anche introdotta una piattaforma Open Badge integrata con tecnologie blockchain per il riconoscimento trasparente e tracciabile delle competenze acquisite. Così come si renderà necessario un uso “consapevole” dell’intelligenza artificiale, introducendo chatbot educativi, che forniscano assistenza sui contenuti, monitorino le performance degli studenti e prevengano eventuali criticità.
Voglio precisare che sarà posta grande attenzione all’etica dell’uso dell’intelligenza artificiale e
delle risorse digitali, grazie ad attività formative rivolte a tutte le componenti della nostra comunità accademica, mirate a garantire e cacia e inclusività dei nuovi strumenti e ad alimentare la cultura della responsabilità e della sostenibilità. Questo è un tema fondamentale per il nuovo corso della nostra Università; pertanto, ogni progetto di innovazione digitale dovrà essere valutato anche in termini di impatto ambientale e sociale.
Le analisi di contesto dei bilanci di genere hanno reso evidenti i gap di genere a sfavore delle donne, soprattutto ai livelli apicali delle carriere e soprattutto nelle aree scientifiche. Quali le azionimesse in campo dall’Ateneo e quali quelle future?
L’Università è consapevole delle disuguaglianze di genere evidenziate dai bilanci, in particolare ai livelli apicali delle carriere e nelle
aree scientifiche. Per colmare tali gap, l’Ateneo ha già promosso azioni importanti, tra cui l’istituzione di un fondo di ricerca dedicato a docenti e ricercatrici al rientro dalla maternità. Su questa scia, l’impegno futuro sarà quello di potenziare tale azione considerandone l’estensione anche alle ricercatrici precarie divenute madri.
Ritengo, inoltre, fondamentale continuare e ra!orzare i progetti che danno visibilità alle attività di ricerca svolte dalle donne e che premiano il loro impegno attraverso specifici premi di studio e di ricerca.
Penso che il problema sia di natura essenzialmente culturale, per cui sarà necessario intensificare la formazione su pregiudizi, stereotipi di genere e leadership femminile per tutte le componenti della comunità accademica.
Quale ruolo può avere, a suo avviso, il Consiglio Nazionale
degli Ingegneri in una collaborazione sinergica con l’università, non solo sul tema della parità di genere, ma anche in una prospettiva più ampia e strategica, alla luce della sua esperienza di ingegnere?
Il CNI, insieme a tutti gli ordini professionali, svolge un ruolo sinergico cruciale con l’Università. L’impegno è di creare una proficua collaborazione che si estenda oltre il tema della parità di genere nelle discipline STEM, mirando ad arricchire ulteriormente i percorsi formativi di base, post-laurea e di Life Long Learning. Questa sinergia strategica è fondamentale per garantire che l’o!erta didattica e la formazione permanente siano costantemente allineate con i reali fabbisogni del mercato, incrementando le concrete opportunità di crescita e di futura scelta professionale dei laureati, e rafforzando strutturalmente il ponte tra la formazione accademica e il mondo del lavoro.
Dalla ricerca d’eccellenza al valore pubblico
Intervista a Nicola Vitiello, Rettore della Scuola Sant’Anna di Pisa, che racconta la sua visione per un Ateneo di scienze applicate capace di attrarre talenti, incidere sulle politiche pubbliche e trasformare la ricerca in opportunità per il Paese
Ingegnere biomedico, Nicola Vitiello è Rettore della Scuola
Superiore Sant’Anna di Pisa. Professore ordinario di Bioingegneria Industriale, insieme alla prof.ssa Simona Crea e all’ing. Emilio Trigili guida il Wearable
Robotics Laboratory dell’Istituto di BioRobotica, lavorando su esoscheletri, protesi robotiche e tecnologie indossabili per l’assistenza e la riabilitazione. È co-fondatore della spin-o IUVO, oggi partecipata da COMAU e da Össur, e co-inventore dell’esoscheletro MATE, portato sul mercato per ridurre l’a!aticamento nei lavori ripetitivi. Ha coordi-
nato progetti europei di punta, tra cui i progetti FP7 CYBERLEGs e H2020 CYBERLEGs Plus Plus. Dal 2023 siede nel Board of Directors di euRobotics ed è coinvolto nel Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico della Robotica (RobotIT) come membro dell’advisory board. Si è formato a Pisa: laurea in Ingegneria Biomedica (2006), Licenza in Ingegneria alla Scuola Sant’Anna (2007) e Dottorato in Bio-robotica (2010), tutti con lode. È autore di oltre 200 articoli su riviste scientifiche internazionali (ISI/Scopus) e in conferenze internazionali peer-reviewed, oltre a numerosi contributi in capitoli
di libri e più di 50 brevetti nazionali e internazionali.
In questa intervista, propone una riflessione ampia su come coniugare qualità della ricerca, attrattività internazionale e terza missione, mettendo al centro mobilità sociale, inclusione e un ecosistema dell’innovazione capace di trasformare risultati scientifici in imprese, politiche pubbliche e impatto concreto.
Professore, il contesto internazionale della formazione e della ricerca è sempre più competitivo. Qual è la strategia della Scuola Sant’Anna per
ra orzare attrattività e visibilità internazionale come centro di ricerca di altissimo livello? Il quadro globale – anche geopolitico – sta cambiando rapidamente e chi guida un ateneo deve tenerne conto nelle scelte scientifiche, nelle politiche di reclutamento e nelle alleanze. La nostra identità resta però nitida: siamo una school of talent con una doppia priorità. Da un lato il Collegio, dove coltiviamo merito e talento, favorendo mobilità sociale: ai nostri Allievi e Allieve Ordinari o!riamo una didattica integrativa di altissimo profilo che inte
gra il loro percorso di studenti e studentesse dell’Università di Pisa. Dall’altro lato c’è la ricerca d’eccellenza che contamina la didattica e mira a competere nelle nostre nicchie con i migliori al mondo. La sfida è consolidare e rilanciare questo modello proprio mentre aumentano gli atenei presenti nei ranking e crescono i sistemi universitari di Paesi come Emirati, Turchia, India, Cina. Parliamo di Paesi con sistemi universitari e scientifici ormai robusti e molto ambiziosi. Siamo una realtà agile (una faculty di dimensioni medio-piccole): per questo puntiamo su selettività delle scelte e rigore. La nostra bussola è una: qualità altissima della ricerca e capacità di trasformarla in impatto. Su questo costruiremo attrattività e reputazione nei prossimi anni.
“Qualità altissima”: cosa significa operativamente?
Significa in primo luogo, eccellenza scientifica non incrementale: risultati groundbreaking su temi realmente cogenti, riconosciuti nelle migliori sedi internazionali. Standard e misurabilità: valutazione rigorosa, apertura al confronto globale e accountability sui risultati. Infine, impatto: trasferire conoscenza in tecnologie, servizi e strumenti che migliorino la vita delle persone e la competitività del Paese. In sintesi: meno quantità, più originalità, apertura e responsabilità.
Oltre all’eccellenza scientifica, come diventare un riferimento nell’elaborazione di politiche sociali ed economiche per un Paese e un’Europa più inclusivi e sostenibili?
La visibilità internazionale non dipende solo dagli indicatori accademici, ma anche dalla capacità di incidere sulle politiche pubbliche. Come scuola di scienze applicate, progettiamo ricerca che generi valore pubblico: non solo prototipi e servizi, ma anche policy design, contributi regolatori e piattaforme di dialogo tra scienza, istituzioni e imprese. È così che la Scuola Sant’Anna è percepita – dentro e fuori dall’Europa – non solo come centro di ricerca d’eccellenza, ma come attore autorevole nella costruzione di politiche inclusive e sostenibili.
Come si crea l’ecosistema che rende possibile tutto questo?
Con tre leve. Reclutamento mirato dei profili migliori; ambiente interdisciplinare in cui idee e persone circolano tra aree diverse; infrastrutture di prim’ordine a supporto di ricerca e didattica. Dopo l’espansione degli ultimi anni, il mio compito è consolidare questo impianto – selezionando priorità e investimenti – e rilanciarlo su aree strategiche, preservando la nostra agilità e la capacità di competere su scala internazionale.
Ne consegue anche una revisione
dell’o erta formativa?
Sì, ma partendo dall’identità della Scuola. La Scuola Sant’Anna non è un ateneo generalista, abbiamo una struttura peculiare. Da una parte Allieve e Allievi Ordinari (circa 350 su oltre 50-60 mila dell’ecosistema pisano), che vivono in collegio, studiano a Pisa e seguono percorsi complementari ad alta selettività; alla fine ottengono la laurea dall’Università di Pisa e un titolo dalla Scuola Sant’Anna equiparato ad un master universitario di II livello. Accanto a loro, quasi 400 Allieve e Allievi Perfezionandi, che seguono 10 corsi di dottorato. Non abbiamo corsi di laurea propri – in questo siamo a ni, per struttura, alla Scuola Normale Superiore–, ma lauree magistrali congiunte con Università di Pisa e Università di Trento: è sui corsi di dottorato e le lauree magistrali congiunte che si concentra oggi la revisione, per costruire indirizzi più coerenti verticalmente e di valore per l’ecosistema pisano.
Relativamente all’o erta dottorale, i PhD si aggiornano continuamente perché nascono dalla ricerca. L’idea guida è o rire a chi entra alla Scuola Sant’Anna, superati i concorsi, una traiettoria chiara verso il dottorato. All’estero questo si chiama graduate program (Laurea Magistrale + PhD in 6–7 anni); in Italia manca ancora una cornice regolatoria definita, ma possiamo avvicinarci definendo un continuum formativo tra magistrali congiunte e PhD, nel rispetto delle regole. Intanto, su ambiti come AI e sugli incroci tech–social sciences siamo già allineati ai macro-trend: l’obiettivo non è “fare tutto”, ma eccellere dove possiamo essere front-runner
Nel suo programma lega in modo inscindibile merito e mobilità
“PROGETTIAMO RICERCA CHE GENERI VALORE: PROTOTIPI E SERVIZI, POLICY DESIGN, CONTRIBUTI REGOLATORI E PIATTAFORME DI DIALOGO TRA SCIENZA, ISTITUZIONI E IMPRESE. COSÌ LA SCUOLA SANT’ANNA È RICONOSCIUTA NON SOLO COME CENTRO D’ECCELLENZA, MA COME ATTORE AUTOREVOLE NELLA COSTRUZIONE DI POLITICHE INCLUSIVE E SOSTENIBILI”
cy interne su parità e benessere, coordinamento tra Comitato Unico di Garanzia, comitati e figure di tutela, accoglienza internazionale, accessibilità e protezione per chi è in condizioni di fragilità. Il messaggio è chiaro: non ci limitiamo a promuovere l’inclusione nelle scuole, ma la pratichiamo nelle nostre aule, laboratori e u ci.
Venendo alla Terza Missione: come tenere insieme ricerca di eccellenza e impatto?
sociale. Come fare perché il merito diventi davvero uno strumento di mobilità?
Alla Scuola Sant’Anna il merito è il criterio di tutte le selezioni, ma per noi significa anche rimuovere barriere. Cito un progetto a cui tengo molto, che ho seguito prima da delegato e oggi continuo a sostenere: Me.Mo. – Merito e Mobilità sociale è un percorso di orientamento e mentoring rivolto a studentesse e studenti di talento iscritti al quarto anno delle scuole secondarie superiori e provenienti da contesti socio-economici fragili o famiglie non laureate, nei quali, più spesso, il potenziale rischia di non tradursi in opportunità. Nel corso dell’anno alterniamo incontri territoriali/online e lavori di gruppo, culminando in un tirocinio residenziale di tre giorni a Pisa: laboratori, lezioni interdisciplinari, testimonianze e momenti pratici su borse, DSU, alloggi, cioè sulle “regole del gioco” per accedere e riuscire all’università. Lo scopo non è “portare tutti alla Scuola Sant’Anna”: vogliamo aprire porte e dare strumenti perché ciascuno scelga consapevolmente la formazione universitaria in qualsiasi ateneo. Il calendario tipico va da febbraio a novembre, così da seguire gli studenti lungo l’intero anno decisivo.
Quali risultati vedete e quali sono le prospettive?
Partiamo dal dato OCSE: solo il 15% dei figli di genitori senza diploma arriva all’università. Me. Mo. è la risposta della Rete MERITA – di cui fa parte anche la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (capofila), insieme alla Scuola Normale Superiore, al Collegio Superiore dell’Università di Bologna, alla Scuola Galileiana di Studi Superiori dell’Università di Padova e alla Scuola Superio-
re di Studi Avanzati della Sapienza Università di Roma. L’iniziativa intercetta il talento dove è meno visibile, lo accompagna con informazioni e modelli positivi e alza la propensione all’immatricolazione; tra i partecipanti delle nostre edizioni la quota che poi si iscrive è intorno al 90%.
L’iniziativa è entrata in una fase di consolidamento e crescita: l’ultima edizione pianificata prevede fino a 600 partecipanti (erano ~360 in passato), grazie anche al Protocollo d’intesa con il Ministero dell’Istruzione e del Merito e al lavoro con la Rete MERITA (supportata dal Ministero dell’Università e della Ricerca). Con il supporto del PNRR puntiamo a consolidare la rete e ad ampliare la platea, contribuendo a mitigare l’“inverno demografico” e a far crescere la quota di diplomate e diplomati che scelgono l’università.
La Scuola Sant’Anna vuole essere un modello di inclusione: parità di genere, conciliazione vita–lavoro, accessibilità, valorizzazione della diversità. Quali azioni concrete per eliminare barriere e ridurre il gender gap?
Lavoriamo su due piani integrati. Primo, l’orientamento mirato: oltre a Me.Mo., il corso residenziale gratuito “STEM: le ragazze si mettono in gioco” è rivolto a studentesse di IV superiore; in pochi giorni di attività nei laboratori e con esempi femminili, aiuta ad abbattere gli stereotipi e a scegliere percorsi in ingegneria, informatica, scienze della vita. Selezioniamo per merito, con attenzione a chi proviene da contesti non accademici: è un modo concreto per trasformare il merito in mobilità sociale e ridurre il divario di genere prima dell’immatricolazione. Secondo, il piano organizzativo e culturale: poli-
Siamo una scuola di scienze applicate: ingegneri, medici, agronomi, giuristi, economisti, esperti di biotecnologie e di informazione applicata all’intelligenza artificiale. Facciamo ricerca per migliorare la qualità della vita e generare valore pubblico. Per noi la valorizzazione non viene “dopo”: è nel modo in cui progettiamo linee e obiettivi. L’impatto si concretizza in tecnologie e servizi che arrivano al mercato, competenze messe al servizio di istituzioni e imprese quando le regole cambiano – basti pensare all’AI – e, in alcuni casi, iniziative di science diplomacy con cui i nostri esperti di diritti umani e relazioni internazionali contribuiscono ad aprire spazi di dialogo. Eccellenza e utilità non stanno ai margini l’una dell’altra: avanzano insieme. Come ra orzate, in concreto, questa traiettoria di impatto? Con gli esempi e gli strumenti giusti. Da ricercatore ho fondato un’azienda spin-o che ha portato esoscheletri sul mercato: dimostra che si può risalire la catena del valore fino al prodotto usato dalle persone. Da rettore, voglio moltiplicare questi percorsi. Stiamo lavorando a un Innovation Hub a San Giuliano, circa 20.000 metri quadrati per laboratori, startup e centri di ricerca, con un modello che unisce la costruzione d’impresa alla finanza per l’innovazione. Facciamo leva sui nostri punti forti – robotica e trasferimento tecnologico, anche grazie all’esperienza di RoboIT supportata da CDP e Pariter Partners – e proviamo ad affrontare il vero nodo del sistema: favorire lo scale-up delle aziende spin-o . Siamo bravi a far nascere nuove imprese; dobbiamo aiutarle a crescere con capitali adeguati, mentoring, accesso ai mercati, cura della proprietà intellettuale e competenze manageriali. Oggi contiamo 46 spin-o , oltre 20 milioni di fatturato complessivo e più di 250 impiegati; ma non siamo soddisfatti, vogliamo avere aziende che arrivino a fatturare da sole decine o centinaia di milioni di euro. Oggi non mancano opportunità né interlocuzione: il dialogo con decisori regionali e nazionali è positivo. E la nostra sostenibilità è sana: a grandi linee, quanto riceviamo come Fondo di Finanziamento Ordinario lo replichiamo con la raccolta di fondi competitivi e grant industriali–segno che la missione genera fiducia e risorse. Dobbiamo continuare a fare bene ciò per cui siamo nati: lavorare ogni giorno per allineare persone, processi e investimenti su questa rotta.
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L’ingegnere informatico nell’era dell’IA
Attore principale della trasformazione digitale, promuove soluzioni innovative e responsabili, mettendo sempre al centro l’essere umano
di Gi(v*,,i M*.i* e Ri//*rd( Petri//***
Stiamo attraversando un’epoca di grandi cambiamenti digitali, in cui l’innovazione avanza a un ritmo travolgente, trasformando profondamente la società, il mondo del lavoro e le professioni. In questo scenario in continua evoluzione, l’ingegnere informatico gioca un ruolo centrale.
Non è solo un esperto di tecnologie, ma un professionista capace di tradurre la ricerca scientifica in soluzioni concrete, utili e accessibili, facendo da ponte tra il potenziale dell’AI e i bisogni reali delle persone, tra il progresso tecnico e lo sviluppo umano.
IL NUOVO VOLTO
DELL’INGEGNERIA MODERNA
Da sempre l’ingegneria è stata alla base del progresso. Se in passato questo significava soprattutto costruire ponti, strade o edifici, oggi il campo di lavoro degli ingegneri si è ampliato, abbracciando sistemi più astratti, distribuiti e intelligenti. L’ingegnere di oggi non è più solo una figura tecnica, è prima di tutto una persona che progetta cambiamento. Si muove dentro contesti sempre più complessi, dove le competenze devono dialogare tra loro e dove le sfide, spesso, non assomigliano a quelle del passato. Oggi l’ingegnere è chiamato a pensare anche alle conseguenze sociali, etiche e ambientali del proprio lavoro.
L’INGEGNERIA INFORMATICA NELL’ERA DELL’IA
In questo scenario in continua evoluzione, l’ingegnere informatico assume un ruolo sempre più importante. Oggi non è più semplicemente uno sviluppatore di so tware, ma un vero e proprio progettista di infrastrutture digitali. La sua figura è cambiata profondamente: è diventato un professionista trasversale; colui che sa leggere e interpretare il linguaggio dei dati per trasformare le necessità pratiche in soluzioni concrete ed e caci.
L’Intelligenza Artificiale, con tecnologie innovative come il Machine Learning, il Deep Learning e l’AI generativa, rappresenta una svolta epocale: per la prima volta abbiamo sistemi digitali che apprendono autonomamente, analizzano informazioni complesse e prendono decisioni indipendenti. Non sia-
mo di fronte a una semplice evoluzione tecnologica, ma a una vera e propria rivoluzione, che cambia radicalmente il nostro modo di progettare e interagire con la tecnologia. In questo contesto, l’ingegnere informatico diventa ancora più centrale, assumendo la responsabilità di progettare sistemi capaci di prendere decisioni affidabili, garantendo la correttezza del loro funzionamento e vigilando sul rispetto dei principi etici che devono accompagnare ogni innovazione digitale.
APPLICAZIONI REALI
E NUOVE COMPETENZE
Oggi gli ingegneri informatici sono protagonisti in molti settori, con e!etti concreti sulla vita quotidiana: sanità: sviluppano algoritmi capaci di diagnosticare precocemente le malattie e personalizzare i percorsi terapeutici; pubblica amministrazione: creano assistenti virtuali per facilitare l’accesso dei cittadini ai servizi; finanza: realizzano modelli per valutare il rischio e individuare rapidamente possibili frodi; cybersecurity: progettano sistemi capaci di fronteggiare minacce informatiche sempre più sofisticate. In un panorama in continua evoluzione, l’ingegnere lavora per garantire sicurezza e resilienza, anticipando gli attacchi prima che si manifestino; industria manifatturiera: portano l’intelligenza dentro le fabbriche, introducendo soluzioni di automazione avanzata e manutenzione predittiva. Il tutto per aumentare l’e cienza delle linee produttive, ridurre i fermi e migliorare la qualità; energia e ambiente: si impegnano a rendere i sistemi energetici più intelligenti e sostenibili, sviluppando strumenti per ottimizzare i consumi, ridurre gli sprechi e prevedere la domanda in modo sempre più accurato; logistica e supply chain: costruiscono modelli predittivi che aiutano a gestire scorte e domanda con maggiore precisione, rendendo le catene del valore più flessibili, e cienti e pronte a rispondere a imprevisti e cambiamenti. Dietro ogni innovazione ci sono ingegneri che progettano sistemi, scrivono codice, risolvono problemi complessi e si assicurano che tutto funzioni in modo a dabile e sicuro. Ma per restare al passo con un mondo che cambia alla velocità dell’IA, non basta più quello che si
è imparato all’università. Oggi, chi fa questo mestiere deve aggiornarsi continuamente, esplorando campi come il Machine Learning, il Deep Learning, l’AI generativa o la gestione dei Big Data. La formazione non è più un’opzione, è parte del lavoro stesso: master, corsi online, certificazioni. Tutto serve per restare competitivi. E lo dimostrano anche le nuove professionalità che stanno nascendo, dall’AI Systems Engineer allo specialista di etica dell’AI, ruoli che fino a pochi anni fa nemmeno esistevano e che oggi sono sempre più richiesti.
ETICA, TRASPARENZA E DIGNITÀ NELL’INGEGNERIA
L’Intelligenza Artificiale apre scenari a!ascinanti, con un potenziale davvero straordinario. Ma proprio per questo richiede prudenza, consapevolezza e responsabilità. Non possiamo ignorare il fatto che anche i sistemi più evoluti possono sbagliare, amplificare pregiudizi o generare risposte che sembrano attendibili ma sono del tutto sbagliate. Sono le cosiddette “allucinazioni dell’AI”, e quando si verificano in contesti delicati – come la sanità, il diritto o l’informazione – possono causare danni molto seri. È qui che l’ingegnere è chiamato a fare la di!erenza. Ogni progetto basato sull’intelligenza artificiale dovrebbe poggiare su tre pilastri fondamentali: trasparenza, etica e rispetto della dignità umana. Trasparenza: perché le decisioni prese da un sistema automatico devono essere comprensibili, verificabili e spiegabili. Non basta che un algoritmo funzioni: è importante sapere come e perché prende certe decisioni.
Etica: perché la domanda da porsi non è solo “cosa possiamo fare con l’AI”, ma “cosa è giusto fare”. Questo significa a!rontare con serietà i rischi di discriminazione, distorsione o abuso. Vuol dire assumersi la responsabilità, anche quando il compito è a dato a una macchina. Dignità umana: bisogna assicurarsi che la tecnologia rimanga sempre al servizio delle persone. L’obiettivo è potenziare le capacità umane senza mai sostituire il giudizio personale, la sensibilità o l’empatia. Gli esseri umani devono mantenere il pieno controllo delle decisioni più importanti. In questo contesto, l’ingegnere informatico diventa un vero “costruttore di fiducia pubblica” e un garante della sicurezza delle tecnologie. È lui che deve mediare continuamente tra gli aspetti tecnici e
VERSO UN FUTURO CONDIVISO
Nei prossimi anni, ingegneria e Intelligenza Artificiale cresceranno fianco a fianco, in un rapporto sempre più integrato e dinamico. La collaborazione tra queste due dimensioni si farà più stretta, dando vita a nuove soluzioni, nuovi modelli e ruoli professionali.
i valori umani, traducendo principi astratti come l’etica e la trasparenza in soluzioni pratiche: sistemi affidabili, algoritmi sicuri, interfacce intuitive e codici responsabili.
AI ACT: UN NUOVO QUADRO NORMATIVO
Per a!rontare in maniera concreta le sfide etiche poste dall’uso dell’Intelligenza Artificiale, l’Unione Europea ha introdotto l’AI Act, in vigore dal 1º agosto 2024. Parliamo di un regolamento che finalmente mette ordine nel mondo dell’Intelligenza Artificiale, stabilendo regole precise e distinguendo le applicazioni in base al livello di rischio che comportano. Una classificazione che aiuta a capire cosa può essere usata liberamente, cosa va tenuto sotto controllo e cosa, invece, non dovrebbe proprio esistere. Le categorie principali sono quattro, le prime due le più delicate, e vanno dal rischio più alto a quello nullo. Rischio inaccettabile. Qui rientrano quelle applicazioni che, per legge, sono vietate. Parliamo, per esempio, del social scoring, cioè la valutazione delle persone basata sul loro comportamento, o della sorveglianza biometrica di massa. Sono usi dell’AI considerati incompatibili con i diritti fondamentali.
Alto rischio. Questa categoria comprende tecnologie impiegate in contesti molto sensibili, come la sanità, l’istruzione o il settore finanziario. In questi casi, il regolamento impone requisiti molto severi: i sistemi devono essere trasparenti, sottoposti ad audit accurati, e il loro funzionamento va monitorato costantemente.
Rischio limitato. Sistemi interattivi come chatbot, per i quali è obbligatorio informare gli utenti del fatto che stanno interagendo con un’intelligenza artificiale.
Rischio minimo. Comprende la maggior parte delle applicazioni di AI, che non hanno requisiti normativi particolari.
In questo quadro, gli ingegneri hanno un ruolo fondamentale.
Saranno loro, infatti, a garantire che le tecnologie rispettino pienamente gli standard normativi richiesti, sviluppando metodologie di test e caci, audit periodici e procedure rigorose di controllo qualità. Il 2025 segnerà un passaggio decisivo, sarà l’anno in cui l’AI Act inizierà davvero a prendere forma, passando dalle parole ai fatti. In questa fase di transizione sarà fondamentale mantenere un dialogo costante tra chi progetta la tecnologia e chi è chiamato a regolamentarla.
All’orizzonte si intravedono già alcune tendenze che meritano particolarmente attenzione:
• collaborazione sempre più avanzata tra uomo e macchina: i sistemi IA a ancheranno gli ingegneri, aiutandoli nelle scelte strategiche e nelle attività di progettazione;
• automazione completa e digitalizzazione industriale: grazie all’IA, il settore manifatturiero vivrà una vera rivoluzione, con impianti produttivi più e cienti, automatizzati e intelligenti;
• IA sostenibile: crescerà l’attenzione verso modelli di intelligenza artificiale più e cienti dal punto di vista energetico per limitarne l’impatto ambientale;
• digital twins e simulazioni avanzate: l’IA sarà sempre più utilizzata per creare repliche virtuali precise di impianti, macchinari e processi industriali, rendendo più e cace la progettazione e semplificando la manutenzione. Ma l’Intelligenza Artificiale non è un obiettivo da raggiungere, quanto piuttosto uno strumento a disposizione dell’umanità. Il suo valore reale dipenderà sempre dal modo in cui verrà progettata, implementata e gestita. In questo contesto, gli ingegneri hanno una responsabilità unica: assicurare che l’innovazione tecnologica sia davvero utile, inclusiva e coerente con i valori umani. Costruire un futuro intelligente richiede, dunque, formare ingegneri sempre consapevoli, capaci di governare la complessità tecnica senza perdere di vista il fattore umano. La rivoluzione digitale è già in corso, ed è irreversibile. La vera domanda oggi non è se l’ingegneria debba evolvere, ma in quale direzione guidare questa evoluzione e quali valori mettere al centro delle scelte. Spetta agli ingegneri, oggi più che mai, il compito di trasformare l’innovazione tecnologica in vero progresso, sviluppando soluzioni non solo e caci e sostenibili, ma profondamente rispettose dell’uomo e della società. L’IA non sostituirà mai la creatività e l’intuizione umana, ma le renderà più potenti: il futuro dell’ingegneria dipenderà proprio dalla capacità degli ingegneri di guidare questo progresso con visione, competenza e responsabilità, assicurando sempre che l’intelligenza artificiale resti uno strumento al servizio delle persone, e mai viceversa.
L’impatto del BIM sulle attività consortili
Da consorzio a laboratorio di innovazione territoriale con focus su sostenibilità, capitale umano e dialogo con imprese e istituzioni
di Livi( I--(*
Oggi entriamo in una delle meraviglie poco conosciute della collaborazione pubblico-privato: i consorzi di sviluppo economico locale. Strutture di diritto privato, supportate dalle Regioni, ma che vivono a contatto osmotico e simbiotico con le realtà imprenditoriali e commerciali locali, cui predispongono il terreno migliore per il loro start up e la successiva crescita. Realtà molto di!use in Friuli Venezia Giulia ma che hanno ispirato iniziative analoghe in varie altre Regioni d’Italia. Consorzi nati con strutture tecniche quasi inesistenti ma poi cresciute contestualmente in competenze BIM e in output operativo.
Oggi intervistiamo l’Ing. Paolo Pivato, Direttore Tecnico del Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione della Provincia di Pordenone (in sigla NIP), uno dei sei consorzi di questo tipo della Regione FVG. Una storia a!ascinante, quella del NIP, sia per le sue origini nel tempo, subito dopo il disastro del Vajont, e sia per la crescita metodica ma decisa che, da una certa dimensione in poi, si è indissolubilmente dipanata in chiave di BIM.
Può presentarci la vostra realtà consortile con un breve excursus della vostra storia fino al vostro trend attuale, delineando le vostre tipologie di attività?
Il Consorzio NIP viene costituito nel febbraio 1966 ai sensi e per gli e!etti dell’art. 16 della Legge 31 maggio 1964, n. 357 (la legge per la ricostruzione dopo il disastro del Vajont) con sede a Maniago. Oggi il Consorzio gestisce 5 aree industriali attrezzate nei comuni di Maniago, Montereale Valcellina, Meduno, Cimolais e Claut, Erto e Casso oltre a sei nuove aree industriali recentemente convenzionate (San Quirino, Sequals, Budoia, Vivaro, Arba e Vito D’Asio) per diversi servizi. La superficie di pertinenza complessiva è di circa 5.180.000 mq, con oltre 300 aziende insediate e 6.550 occupati.
Quale è la tipologia di asset strutturali e infrastrutturali che realizzate e/o che gestite?
Nelle aree di pertinenza, urbanisticamente definite in modo univoco dal Piano Territoriale Infraregionale (PTI) del 2005, ci occupiamo di tutte le infrastrutture primarie, di quelle secondarie quali asili nido e aree verdi attrezzate, del servizio idrico integrato, di iniziative immobiliari (centri servizi, capannoni per start-up, parcheggi). Opere che realizziamo con fondi europei, regionali o propri e che gestiamo per tutta la loro vita utile o fino al riscatto da parte di terzi.
Il vostro è un consorzio tipico o siete (stati) degli apripista o, comunque, una realtà atipica? Avete delle specificità rispetto agli altri consorzi della regione? Il Consorzio NIP, pur operando nell’ambito delle norme regionali che regolano i Consorzi di Sviluppo Economico Locale del Friuli Venezia Giulia, presenta alcune specificità che lo rendono una realtà atipica e, per certi aspetti, unica e pionieristica. La nostra peculiarità nasce innanzitutto dal contesto territoriale: gestiamo aree industriali situate nella fascia pedemontana e montana della provincia di Pordenone, territori logisticamente complessi, caratterizzati da forti vincoli orografici e da condizioni ambientali che impongono approcci tecnici evoluti alla pianificazione e alla gestione delle infrastrutture. Questa conformazione ci ha spinto a sperimentare strumenti e progetti avanzati, con l’obiettivo di ottimizzare la gestione del patrimonio infrastrutturale e migliorare la capacità di coordinamento progettuale. L’adozione del BIM, per esempio, ci consente di operare con una visione sistemica e predittiva: possiamo simulare il comportamento delle infrastrutture nel tempo, valutare in anticipo le interferenze tra reti tecnologiche, ridurre gli errori in fase esecutiva e ottimizzare i costi di manutenzione. È una logica che sposta il focus dalla semplice progettazione
regione di sviluppare così tanto la formula dei consorzi di sviluppo economico?
Il sistema dei Consorzi industriali del Friuli Venezia Giulia rappresenta un modello di eccellenza riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Grazie alla visione della Regione, alla sinergia con gli enti locali e con le imprese e alla qualità delle competenze tecniche, siamo diventati veri e propri laboratori di innovazione territoriale. Il nostro punto di forza è la capacità di ascoltare, comprendere e collaborare costantemente con le aziende, costruendo insieme progetti concreti che nascono da esigenze reali. Ogni iniziativa del Consorzio NIP parte dal dialogo con il sistema produttivo locale e si traduce in soluzioni operative, sostenibili e condivise. L’obiettivo è soddisfare e, quando possibile, anticipare i bisogni delle imprese, creando le condizioni per la loro crescita e per l’attrattività del territorio. Abbiamo saputo evolvere da gestori di aree industriali a protagonisti dello sviluppo sostenibile, integrando infrastrutture, tecnologia e capitale umano in un’unica strategia di crescita per il futuro. Da qui l’evoluzione voluta dalla Regione: da Consorzi Industriali a Consorzi di Sviluppo Economico Locale.
al ciclo di vita dell’opera e che si adatta perfettamente alle nostre esigenze di gestione multi-sito e multi-infrastruttura.
In questo senso, possiamo dire che il NIP mira a proporsi come un laboratorio territoriale avanzato: un ente pubblico-economico che ha scelto di adottare metodologie e tecnologie proprie del mondo industriale, anticipando in parte quella trasformazione che oggi la normativa nazionale sta progressivamente rendendo obbligatoria per le stazioni appaltanti.
Quali sono state le condizioni storiche e/o di altra natura che hanno permesso alla vostra
NIP
Quali sono stati i problemi maggiori per il vostro sviluppo, con le relative soluzioni? E quali le maggiori risorse e/o opportunità? Quale è stato il vostro contributo al territorio, oltre gli obiettivi statutari? Gestiamo aree industriali situate nella fascia pedemontana e montana pordenonese, in un contesto magnifico ma logisticamente complesso, caratterizzato da vincoli ambientali, limitata accessibilità infrastrutturale e da una tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento demografico, purtroppo per certi aspetti inevitabile. Queste di coltà, tuttavia, sono diventate il motore della nostra
evoluzione. Abbiamo scelto di trasformare i limiti territoriali in opportunità di sviluppo, agendo su più livelli. Da un lato, abbiamo potenziato le infrastrutture e i servizi industriali – in particolare attraverso il ciclo idrico integrato, e i progetti di sostenibilità ambientale – per garantire alle imprese insediate standard elevati di servizio. Dall’altro, abbiamo attivato iniziative di natura sociale e territoriale volte a migliorare la qualità della vita, l’attrattività e la coesione delle comunità locali. Uno dei risultati più significativi è che oggi, nei Comuni del nostro comprensorio, lavora più gente di quanta ne risieda stabilmente. Questo dato è emblematico: il Consorzio NIP ha saputo contrastare l’emigrazione e rallentare lo spopolamento delle valli e delle Dolomiti friulane non solo attraverso politiche industriali, ma anche creando ecosistemi produttivi sostenibili, capaci di generare occupazione diretta e indotta, sviluppo economico e anche nuova residenzialità. Le principali opportunità che abbiamo saputo cogliere derivano dalla sinergia con la Regione Friuli Venezia Giulia e dal rapporto costante con il tessuto imprenditoriale, le associazioni di categoria, i parchi scientifici, le scuole tecniche e le università. Insieme, abbiamo costruito un modello che non si limita a “fare impresa”, ma genera valore territoriale, rigenerando spazi, servizi e competenze. Oggi il contributo del NIP va ben oltre i propri obiettivi statutari: siamo un attore di sviluppo territoriale integrato, che unisce infrastrutture, sostenibilità, capitale umano e welfare in un’unica visione strategica. È questo approccio che ci ha permesso di diventare non solo un punto di riferimento per le imprese, ma anche un punto di riferimento economico per l’intera area pedemontana del Friuli Venezia Giulia.
In merito alle nuove costruzioni, può descrivere il flusso operativo
Finalità statutarie: promuovere le condizioni per la creazione e lo sviluppo di realtà produttive.
Tipo di attività svolta: progettazione, costruzione, gestione, manutenzione, etc.
Tipologia e numerosità per categoria dei soggetti coinvolti: Regione, (ex Provincia), 17 comuni soci, 2 comunità montane, Unione Artigiani e Camera di commercio Pordenone. Dimensione economica e organizzativa: l’ultimo bilancio si è chiuso con uno stato patrimoniale attivo di 37.617.686,13 €, un valore della produzione di 5.990.579,32 €. Gli ultimi dieci bilanci si sono chiusi in positivo con un utile medio di 160.000 € per esercizio. Un direttore, 2 impiegati amministrativi e 5 impiegati tecnici. Struttura organizzativa e composizione del CdA per categoria di Consorziati: DG, Responsabile Tecnico, Responsabile Ambientale, U cio Tecnico e U cio Amministrativo. Il Cda, nominato dall’assemblea dei soci, è composto da un presidente, due consiglieri e un revisore dei conti, figure che provengono dal mondo industriale. Attività e ettivamente svolte: gestione di servizi (acquedotto, fognature, illuminazione, neve, fibra, casa lavoro, supporto ai bandi, relazioni pubbliche, progetto e DL di alcune opere etc.), creazione di contenitori per le start up, trasformazione dell’ambiente come prerequisito degli investimenti esteri etc. Campi in cui opera in BIM: progettazione civile, infrastrutturale, strutturale, edile etc. Gestione e manutenzione degli asset dopo il rilievo del pregresso.
BIM Storie di Bimizzazione di organizzazioni tecniche
di una vostra commessa?
L’attività di promozione dello sviluppo economico richiede una continua attenzione alle necessità delle imprese (ascolto del territorio), alle proposte del mercato (partecipazione a cluster, fiere o congressi), alle azioni di pianificazione locale, regionale o interregionale. Dal confronto nascono le idee, da queste le azioni programmatiche ed infine i progetti di sviluppo. Solitamente si parte da uno studio di fattibilità che per complessità o raggio di azione può essere sviluppato internamente o a dato a soggetti esterni qualificati. Il Consiglio di Amministrazione del NIP valuta e approva i progetti più strategici a dandone l’esecuzione alla direzione disponendo risorse proprie o rimandando all’istanza di contributi pubblici. Per i progetti più semplici il NIP conduce tutte le fasi di progettazione e direzione lavori internamente, per quelli più complessi a da all’esterno tutte le funzioni professionali nel rispetto del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023 e s.m.i.). Per quanto concerne i lavori o le gestioni, non disponendo di struttura operativa propria, a da tutto all’esterno con bandi pubblici.
In merito alla gestione e manutenzione, può descrivere il flusso operativo delle vostre attività? In quale modo il BIM sta entrando nella loro gestione? Il NIP è dotato di struttura tecnica all’interno della quale vengono individuati i responsabili dei vari servizi. Le attività di gestione e manutenzione sono di volta in volta a date a ditte terze qualificate che operano secondo precisi capitolati prestazionali sotto il coordinamento del responsabile tecnico consortile. Il BIM sta gradualmente entrando nella gestione delle infrastrutture del servizio idrico integrato e dell’illuminazione pubblica. Il rilievo e la digitalizzazione dell’esistente unitamente allo sviluppo progettuale del nuovo consentono la creazione di una banca dati fondamentale per la redazione di capitolati e la definizione di specifiche tecniche indispensabili per garantire elevati standard di servizio.
In che anno avete iniziato a interessarvi di BIM? Quali vantaggi potenziali avete percepito, e cercato, per la vostra organizzazione e attività?
La normativa italiana si basa sul processo di adozione graduale introdotto dal decreto BIM (decreto ministeriale 560/2017 dello 01/12/20217). Proprio in quel periodo il NIP ha deciso di strutturare un u cio tecnico interno con una impostazione moderna capace di gestire e cientemente una serie importante di asset in continua crescita.
Quale segmento delle vostre attività è stato BIMizzato per primo e con quali aspettative?
Il primo settore BIMizzato è stato quello immobiliare, ovvero la realizzazione di quelli che il NIP
chiama “incubatori”, cioè dei capannoni modulari espandibili studiati appositamente per l’insediamento di start-up o nuove attività produttive. Sono strutture che vengono concepite senza conoscere nel dettaglio le caratteristiche o le esigenze di chi le occuperà, né per quanto tempo. Devono pertanto essere versatili, facilmente adattabili o modificabili. La loro modellazione deve essere semplice e immediata e il rendering che ne deriva di facile comprensione e accattivante. Il BIM in tutto questo è fondamentale, risultando elemento di competitività, semplificazione degli approcci, razionalizzazione degli interventi e parsimonizzazione delle risorse.
Come siete arrivati al primo progetto di implementazione, quante persone sono state coinvolte nel processo decisionale e con quali ruoli?
A fine 2017 il NIP ha beneficiato di un contributo regionale per la realizzazione di un nuovo incubatore d’impresa. Durante l’a damento dell’incarico di progettazione, nei criteri di valutazione dell’o!erta tecnica (metodologica) è stata premiata la proposta di redazione di un capitolato informativo avanzata dall’operatore che poi si è aggiudicato l’appalto. Sono stati coinvolti il RUP e un tecnico del NIP con funzioni di a ancamento al BIM coordinator, incarico a dato a consulente esterno.
Che tipo di risorse esterne avete coinvolto e con quale processo li avete individuati?
L’appalto per la progettazione del nuovo incubatore ci ha fatto conoscere il gruppo Contec con Contec Ingegneria socio fondatore di Assobim e Pronext S.r.l. società specializzata nel supportare gli enti pubblici nei processi di compliance e di gestione del procurement che richiedono conoscenze sempre aggiornate e competenze specializzate, ma soprattutto integrate. Da allora sono i nostri partner di fiducia nello sviluppo del progetto BIM.
Per le risorse interne vi siete appoggiati alle qualifiche previste dalla UNI 11337 o avete cercato o formato figure con un profilo specifico?
Abbiamo valorizzato una risorsa interna dell’u cio tecnico, una geometra con esperienza quinquennale in disegno CAD e cantieristica, formandola per tutti quegli aspetti indispensabili per poter interloquire con gli esperti di settore. Abbiamo equipaggiato la sua postazione con nuovi hardware e so tware più performanti ed organizzato delle sedute formative full-immersion con il nostro partner di progetto.
Il primo progetto ha avuto esito positivo? In che misura ha soddisfatto o meno le attese?
L’esito del primo esperimento è stato assolutamente positivo in termini di e cacia (in particolare per gli adattamenti richiesti già all’insediamento della prima
realtà produttiva) e semplicità di gestione (la nostra figura interna ha saputo interloquire con il BIM manager esterno senza problemi).
In fase di cantiere il Consorzio ha invece registrato alcune dicoltà vista la limitata esperienza nell’uso della tecnologia da parte delle imprese coinvolte, problema superato imponendo alle imprese un supporto esterno qualificato. Non essendo ancora un obbligo di legge, il Consorzio si è fatto carico delle spese.
Quali sono stati i fattori e gli attori determinanti e/o favorenti e/o frenanti?
Fondamentale il supporto a 360° di Pronext S.r.l. con assistente dedicato e la proattività della nostra risorsa interna.
Avete approcciato la digitalizzazione razionalmente e/o perché stimolati dalla vostra vocazione di innovatori?
L’approccio è stato di tipo razionale ovvero dettato dalla consapevolezza della necessità futura di dotarsi di simili strumenti operativi. La vocazione di innovatori ha fornito l’ottimismo e l’energia necessaria per superare i primi ostacoli dovuti alla scarsità di risorse tecniche ed economiche inizialmente disponibili.
In quali altri ambiti o segmenti dell’attività avete sviluppato con successo o intendete sviluppare la BIMizzazione? In quali l’avete ritenuta non conveniente e/o avete ottenuto insuccessi?
Lo sviluppo ha riguardato i settori di gestione del patrimonio e dei servizi erogati gradualmente a!rontati ed approfonditi. Ad oggi non abbiamo ancora sperimentato insuccessi.
Lo sviluppo è avvenuto con trend lineare o avete abbandonato alcuni approcci per adeguare il progetto? Se sì, per quali motivazioni?
Lo sviluppo purtroppo non è stato lineare in quanto non specificatamente finanziato. In una struttura modesta ed oberata come la nostra si è dovuto attendere e sfruttare ogni momento di pausa o rallentamento dell’attività ordinaria o gli stimoli derivanti dai saltuari contributi per nuove opere. L’ossigeno per fortuna non è mai mancato del tutto.
Lo sviluppo del progetto di digitalizzazione ha avuto un impatto sulla vostra organizzazione, sulle vostre procedure e/o sulle vostre stesse codifiche gestionali?
Certo. Sono state individuate due figure tecniche e aggiornati i rispettivi mansionari. Il loro impegno medio su base annua per il progetto di digitalizzazione è del 8-10%
Riscontrate un dialogo digitale compatibile con tutti i clienti e fornitori o trovate di ormità nelle aspettative o nelle procedure con esigenza di adattare di volta in volta le
vostre procedure?
Trattandosi di un impegno sostanzialmente ancora facoltativo, ci siamo per ora concentrati solo sui fornitori principali i quali, se non ancora allineati, hanno comunque confermato la presenza sul territorio di consulenti specialisti cui fare riferimento.
Avete verificato una convenienza della digitalizzazione sin dalle prime implementazioni o ne avete valutato una forte convenienza solo una volta coinvolte diverse fasi operative ed attività collaterali come la loro gestione e manutenzione?
Nel nostro specifico campo di azione la convenienza è emersa in ambito di gestione e manutenzione.
Gli strumenti e le procedure che avete messo a punto sono utilizzati da tutta l’organizzazione o sono applicate a pelle di leopardo e/o per alcune tipologie di attività e/o commesse? E, nel secondo caso, quali sono le cause?
Ad oggi sono ancora applicate a pelle di leopardo sulla base di valutazioni del RUP in merito a importanza strategica dell’attività e risorse disponibili. La giustificazione di ciò è nel fatto che salvo per poche opere l’uso non è ancora cogente.
Avete avuto esperienza di interazione del BIM con altre tecnologie come, p.e., la Intelligenza Artificiale, i droni e/o i rilievi digitali?
Certamente, soprattutto nell’attività di rilievo e digitalizzazione del patrimonio esistente per il quale sono stati a dati incarichi specifici di rilievo con tecniche laser-scanner.
Quanti tipi di so tware utilizzate oggi per le vostre applicazioni e in quali ambiti li avete trovati maggiormente e5caci? Con quale progressione nel tempo li avete adottati e con quali obiettivi?
Ad oggi utilizziamo principalmente so tware di visualizzazione e controllo di modelli BIM in formato aperto, per la validazione dei contenuti sviluppati dai nostri fornitori. Stante il nostro ruolo nel processo edilizio, che è tipicamente quello di Committente finale, questa tipologia di so tware costituisce lo strumento che ci consente di operare con un ruolo attivo nell’ambito di un processo condotto secondo metodologia BIM. Dopo le prime implementazioni, ci siamo anche dotati di so tware di BIM authoring per poter essere autonomi nell’attuare quelle piccole modifiche agli immobili in nostra gestione che ci capita di gestire in autonomia. Il so tware di progettazione BIM che ci è stato proposto e che abbiamo deciso di utilizzare è Autodesk Revit .
Avete dovuto sviluppare appositi plug in o sono stati su5cienti gli ambienti standard dei so tware?
Per le funzionalità utilizzate internamente sono per ora su cienti gli ambienti standard, all’interno dei quali - ad esempio - andiamo ad impostare le nostre regole personalizzate di interrogazione dei modelli.
Quando avete sentito il bisogno di completare la vostra digitalizzazione con un CDE (Common Data Environment), che tipo di prestazioni vi aspettavate di avere allora e che ruolo svolge oggi?
Sin dalle prime implementazioni, la soluzione che ci hanno proposto i nostri fornitori ha reso evidente l’utilità di questo strumento nella gestione di un processo complesso come il processo edilizio. Da lì, abbiamo avviato un processo di digitalizzazione dei nostri processi interni, che si avvale di uno strumento nuovo che, ad oggi, è utilizzato solo internamente alla nostra organizzazione, ma che prevediamo di estendere anche ai nostri fornitori al fine di farne il nostro CDE. Il CDE ci è stato messo a disposizione da Pronext fin dal principio, con ciò semplificando tutti i processi e massimizzando le prestazioni.
Quante persone, interne ed esterne, sono oggi coinvolte nei vari processi BIMizzati e con quali ruoli e competenze? E qual è il trend nel coinvolgere risorse maggiormente interne o maggiormente esterne?
La struttura agile che il Consorzio NIP ha scelto di darsi tende a confliggere con lo sviluppo interno di competenze ultra-specialistiche, quali quelle che, almeno in questa fase, l’adozione del BIM impone. In questo senso i nostri a damenti, quantomeno quelli più significativi, sono orientati a garantire la presenza, presso i nostri fornitori, di figure specializzate in materia di BIM, col duplice scopo di fornirci un servizio di qualità e trasferire, per via più o meno diretta, nuove conoscenze e competenze alle nostre risorse interne. Ad oggi possiamo contare su alcuni fornitori consolidati dotati ciascuno di un BIM Manager, ossia di una figura aziendale di riferimento con cui ci interfacciamo per gli aspetti inerenti questa materia. Al nostro interno stiamo procedendo con la formazione di un tecnico identificato per fare da nostro referente in ambito BIM, che ha già all’attivo alcune esperienze concrete di progetti condotti secondo questa metodologia.
Avete registrato una diversa soddisfazione da parte dei vostri associati per merito della vostra maturità digitale?
I risultati raggiunti sono di dominio interno in quanto il percorso di crescita non è ancora a uno stadio di completa maturazione. Il prossimo obiettivo è quello di internalizzare il CDE e le competenze di BIM Manager
La sicurezza delle opere edili e infrastrutturali oggi riveste un ruolo centrale. L’infrastruttura stradale italiana comprende infatti autostrade, strade statali, strade regionali, provinciali e comunali, dove si contano 2.179 gallerie. Eppure, il contesto italiano è tutt’altro che roseo, il 70% della rete infrastrutturale italiana è in esercizio da oltre 30 anni, crepe e infiltrazioni d’acqua sono solo una parte delle problematiche a cui sono esposte le nostre infrastrutture. Sul fronte del trasporto ferroviario nazionale, sono attualmente in esercizio 1.633 gallerie, un numero che conferisce all’Italia un’estensione superiore rispetto alla media europea. Queste gallerie costituiscono circa il 7,7% della rete ferroviaria nazionale, che si estende per circa 16.800 km. Questi dati invitano noi tecnici a una riflessione approfondita: progettare e realizzare infrastrutture sicure e durature non è solo possibile, ma è un dovere professionale. A tal proposito preme ricordare la tragedia del
traforo del Monte Bianco avvenuta il 24 marzo 1999 che comportò la morte di 39 persone. In quel caso, a scatenare l’incendio fu un tir che trasportava farina e margarina. Per via dell’e!etto “forno” il tunnel in pochissimo tempo raggiunse temperature di oltre 1000 °C; ciò ha causato il crollo e l’ammaloramento di parti consistenti della galleria dovuti allo spalling. Scenari simili disgraziatamente possono ripetersi se non si a!ronta il problema alla radice. A tal proposito le esperienze pregresse devono essere da monito sia per i futuri progettisti di nuove opere che per i tecnici chiamati a dare il proprio contributo tecnico per restaurare, proteg-
Secondo i dati di riferimento estratti dalle linee guida europee sulle gallerie (Piarc e Nfpa) gli incendi causati da autovetture o mezzi pesanti sono i seguenti:
- autovetture (motore termico): temperature max tra 600-900 °C, con picchi fino a 1000 °C; - autovetture auto elettriche: temperature max oltre i 1000 °C con picchi fino a 1500 °C; - autobus: temperature max tra 1000-1200 °C; - autotreni che trasportano merci infiammabili (es. materiale plastica, pneumatici, ecc.) temperature max 1200-1350 °C.
gere e quindi migliorare le opere esistenti. L’incendio rappresenta forse la condizione più severa per gli elementi strutturali, motivo per cui la prestazione delle misure e degli elementi posti a protezione delle strutture per migliorare il comportamento al fuoco, devono essere tali per garantire la capacità portante e quindi il livello di sicurezza in caso d’incendio per l’intera struttura e/o parte di essa, in modo da permettere l’evacuazione degli occupanti in autonomia o comunque per permettere alle squadre di soccorso di operare in sicurezza. Anche in questo caso fortunatamente ci vengono in aiuto le normative, non a caso la UNI 11076 si occupa esattamente di stabilire le modalità di prova per la valutazione del comportamento di protettivi applicati a so tti di opere sotterranee, in condizioni di incendio. Sappiamo per certo che lo spalling può iniziare già a 300-400 °C e diventare estremamente intenso a 600-800 °C. Tale fenomeno è ancora più evidente nel caso in cui ci troviamo di fronte a calcestruzzi ad alta resistenza, in quanto il calcestruzzo inizia ad avere un abbassa-
mento delle resistenze tra 200-400 °C. Mentre per quanto riguarda l’acciaio per calcestruzzo armato ordinario, sappiamo che questo è in grado di mantenere la propria resistenza a rottura fino a 350 °C, la stessa si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 800 °C. Nel caso invece di un calcestruzzo armato precompresso, la resistenza ha un decadimento del 30%, si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 750 °C. Per quanto riguarda invece il punto di rammollimento dell’acciaio da costruzione sappiamo che questo si verifica in un range tra i 1100-1300 °C, il suo punto di fusione si determina a 1538 °C.
DETERMINAZIONE DELLA
RESISTENZA AL FUOCO
SECONDO LA UNI 11076:2003
La prova ha una durata max di 120 minuti e consiste nella determinazione della temperatura a 25 mm dall’intradosso del supporto, per mezzo di termocoppie di tipo platino rodio e conformi alla CEI EN 60584-1.
CLASSIFICAZIONE T1
La temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate a
25 mm dall’intradosso del supporto non deve superare la temperatura iniziale di 200 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 250 °C. Mentre la temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate sull’interfaccia fra rivestimento protettivo e supporto non deve superare la temperatura iniziale di 330 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 380 °C.
CLASSIFICAZIONE T2
La temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate a 25 mm dall’intradosso del supporto non deve superare la temperatura iniziale di 250 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 290 °C. Mentre la temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate sull’interfaccia fra rivestimento protettivo e supporto non deve superare la temperatura iniziale di 380 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 420 °C. Per l’esecuzione della prova la struttura di supporto normalizzata
Lato esposto (protettivo) al termine della prova
Particolare protettivo al termine della prova
Come ottenere la classi cazione T1?
Un intonaco speciale protettivo anti fuoco dovrebbe garantire, a 2,5 cm dall’intradosso:
- una temperatura massima di 250 °C: Aeternum Fire garantisce una temperatura massima 102 °C (148 °C in meno della classe T1);
- e una temperatura media di 200 °C: Aeternum Fire garantisce una temperatura media 91,5 °C (108,5 °C in meno della classe T1).
Un intonaco speciale protettivo anti fuoco dovrebbe garantire, all’interfaccia fra supporto e il rivestimento protettivo:
- una temperatura massima di 380 °C: Aeternum Fire garantisce una temperatura massima 274 °C (106 °C in meno della classe T1);
- e una temperatura media di 330 °C: Aeternum Fire garantisce una temperatura media 247 °C (83 °C in meno della classe T1).
deve essere eseguita rispettando i parametri dettati dalla UNI 11076 appendice B. Dunque, il prodotto protettivo deve essere applicato su una soletta in c.a. delle dimensioni 1650x1650 mm spessore 150 mm. A 25 mm dall’intradosso della soletta viene posizionata la rete elettrosaldata realizzata con tondini di Ø12 mm posizionati a maglia quadrata da 200x200 mm. Sebbene questo problema sia estremamente grave e ampiamente discusso dalle stesse norme, non è raro oramai assistere alle teorie più disparate, si invita il lettore, infatti, a voler riflettere
abbondantemente su quanto si legge sempre più spesso su vari articoli. La domanda allora sorge spontanea: “Come si può pensare che un prodotto qualsiasi – si spera a base cementizia – che non sia stato specificatamente concepito, progettato e formulato per rispondere a prove di laboratorio così stringenti, possa farlo positivamente in situazioni di reale pericolo per la collettività? Ma soprattutto, perché questi materiali non sono certificati T1 e T2??”. La norma ci dice che un intonaco antincendio deve proteggere e, di conseguenza, isolare la struttura sottostante.
ESISTONO PROPOSTE
RISPONDENTI ALLA NORMA DI RIFERIMENTO IN COMMERCIO?
Un’attenta ricerca di mercato, ha permesso di venire a conoscenza del fatto che l’unico prodotto esistente sul mercato in grado di rispondere alla suddetta norma è, salvo smentite, l’Aeternum Fire di Tekna Chem. Aeternum Fire è uno speciale intonaco antifuoco premiscelato, progettato per resistere a condizioni estreme. Allo spessore di 60 mm, si mantiene strutturalmente integro a contatto diretto con fiamme superiori a 1400 °C, per un tempo che va ben oltre i 120 minuti previsti dalla norma di riferimento UNI 11076. Con Aeternum Fire, la protezione passiva al fuoco grazie alla conformità normativa, rappresenta una garanzia di continuità verso l’a dabilità delle infrastrutture. Aeternum Fire è certificato alla resistenza al fuoco secondo la normativa UNI 11076:2003: classificazione T1 allo spessore di 6 cm.
QUALI OBIETTIVI DEVONO PORSI OGGI I TECNICI CHE VOGLIONO DAVVERO PROTEGGERE E MIGLIORARE IL LIVELLO DI COMPORTAMENTO AL FUOCO DELLE STRUTTURE? Come abbiamo potuto constatare già all’inizio dell’articolo (si riporta testuale): “… il calcestruzzo inizia ad avere un abbassamento delle resistenze tra 200-400 °C. Mentre per quanto riguarda l’acciaio per calcestruzzo armato ordinario, sappiamo che questo è in grado di mantenere la propria resistenza a rottura fino a 350 °C, la stessa si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 800 °C. Nel caso invece di un calcestruzzo armato precompresso, la resistenza ha un decadimento del 30%, si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 750 °C”. È evidente che, se non si rispettano questi parametri, non si sta proteggendo la struttura. Di fronte a questi dati è facile dimostrare come la teoria proposta da molti, secondo cui l’immissione di fibre in acciaio e polipropilene, fallisca miseramente. Il vero obiettivo di un tecnico deve essere proteggere interamente l’opera con uno strato di sacrificio, come può essere un intonaco antincendio studiato e progettato specificatamente, dopotutto l’ingegneria ci insegna a risolvere problemi complessi non a cercare di aggirarli. L’aggiunta di fibre in polipropilene che per loro natura iniziano a sublimare parzialmente già a 170 °C, non può assolutamente rappresentare la panacea per questo tipo di problema! Sappiamo che il calcestruzzo a 200 °C inizia a subire un lento, ma inesorabile decadimento delle sue proprietà e dunque le caratteristiche di un intonaco antincendio devono essere tali per garantire il mantenimento della capacità portante delle strutture in condizioni di emergenza. Per proteggere, per esempio, la calotta di una galleria, un intonaco antifuoco deve possedere caratteristiche tali da consentirgli di rappresentare un vero e proprio scudo per il calcestruzzo e per le armature metalliche, in modo che quest’ultime possano conservare il più a lungo possibile la loro resistenza a rottura. È sulla base di queste riflessioni e argomentazioni che un tecnico dovrebbe progettare la durabilità ed il restauro delle opere e non seguire le mode imposte dal “mercato”. Tentare di mitigare gli e!etti negativi dello spalling nel calcestruzzo (agente veicolante per il calore) non è una soluzione, ma è soltanto un disperato e maldestro tentativo di aggirare il problema. Il vero killer è rappresentato dal calore che colpisce calcestruzzo e l’acciaio d’armatura e non dalle fessurazioni che si generano a seguito di questo fenomeno.
Riordino disciplina edilizia: osservazioni e proposte
Sono state esposte dal Presidente Angelo Domenico Perrini nell’ambito dell’audizione della RPT presso la VIII Commissione Ambiente della Camera
Si è svolta il 30 settembre, presso la VIII Commissione Ambiente della Camera, un’audizione della Rete delle professioni Tecniche, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge recanti delega al Governo per l’aggiornamento, il riordino e il coordinamento della disciplina legislativa in materia edilizia.
In rappresentanza del Consiglio Nazionale degli Ingegneri è intervenuto il Presidente, Angelo Domenico Perrini. “Noi siamo in prima linea per la riforma del Dpr 380 che risale al 2001 ed è ormai assolutamente datato – ha a!ermato Perrini in apertura del suo intervento. Oltre tutto, il Dpr è stato promulgato prima dell’uscita delle nuove Norme tecniche sulle costruzioni che risalgono al 2008 (poi aggiornate nel 2018), per cui non sono stati recepiti i principi generali, i criteri di progettazione,
ACCORDI |
di pianificazione, di organizzazione e di gestione delle norme strutturali, così come derivate dalle norme tecniche. Nel testo vigente ci sono delle criticità relativamente alle procedure, alla fissazione dei contenuti minimi del progetto strutturale, che sono poi aggravate dalla complessità dell’iter autorizzativo. L’utilizzo di diverse piattaforme per il deposito digitalizzato delle pratiche risulta un aggravio per i professionisti. Un’ulteriore criticità è quella relativa alla definizione degli interventi, in base alla loro rilevanza, che non sono unificati a livello nazionale, con una disomogeneità applicativa delle procedure di deposito e collaudo. C’è poi la mancanza di chiarezza sulle competenze e sul ruolo svolto dagli attori coinvolti, con classificazione diversa dei profili di responsabilità”.
Perrini, in seguito, indica le direzioni su cui bisogna interve-
nire per superare le criticità. “È necessaria – ha detto - una maggiore puntualizzazione nella definizione dell’accertamento di conformità delle norme strutturali. Inoltre, di fronte al nuovo Testo Unico, si rende necessaria l’abrogazione di tutte le norme pregresse, in modo da avere, per così dire, un’unica ‘cassetta degli attrezzi’. È necessario definire le competenze e le responsabilità delle varie figure professionali e delle imprese coinvolte nel processo. Serve, inoltre, la semplificazione delle pratiche strutturali, la digitalizzazione unificata con modelli procedurali standard.
Per ottenere finalmente lo snellimento delle procedure occorre procedere all’abolizione dell’autorizzazione preventiva. È necessaria una classificazione degli interventi indispensabili sulla base della loro maggiore o minore rilevanza. Vanno ben definite le varianti in
corso d’opera, evidenziando chiaramente la di!erenza tra sostanziali e non sostanziali, col deposito delle varianti sostanziali prima dell’inizio della realizzazione delle opere, mentre per quelle non sostanziali il deposito può avvenire anche alla fine dei lavori”. Relativamente all’opera di prevenzione, il problema principale, secondo Perrini, è la scarsa conoscenza del nostro patrimonio edilizio. “Il fascicolo digitale del fabbricato – ha a!ermato Perrini – permetterebbe di avere tutte le informazioni disponibili sugli immobili, con immediata consultazione: sarebbe uno strumento straordinario per individuare e pianificare gli interventi di manutenzione e di gestione. L’aggiornamento nel tempo di tutte queste informazioni consentirebbe, inoltre, di monitorare il livello di sicurezza e di a dabilità delle costruzioni nell’intero ciclo di vita.
Firmato il Protocollo di Intesa tra DPC e STN
L’accordo rafforza la collaborazione tra il Dipartimento della Protezione Civile e la Struttura Tecnica Nazionale per prevenzione, gestione dell’emergenza e rilievo del danno
Durante l’incontro “Il ruolo strategico dei professionisti tecnici nelle attività di prevenzione e gestione dell’emergenza”, presso l’Auditorium STN (via XX Settembre 5). l’Ing. Felice Monaco, Presidente Coordinatore STN, e il Prefetto Fabio Ciciliano, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione con un focus particolare dedicato alla mobilitazione dei professionisti, alla formazione e alle procedure operative condivise. “Questo Protocollo – ha a!ermato Ciciliano – corona una collabora-
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zione già in atto. È un riconoscimento del lavoro dei professionisti che fanno parte, a pieno titolo, del sistema di protezione civile. È utile avere un riferimento unico con cui interloquire. A nché l’interfaccia uno-a-uno funzioni è necessario che tutte le componenti siano nella stessa cornice di lavoro. Nelle emergenze non possiamo procedere per sequenze. Voglio ringraziare chi si assume responsabilità in contesti operativi complessi, spesso senza che gli venga richiesto. Questo è lo spirito della protezione civile”.
“Il protocollo d’intesa disciplina la reciproca collaborazione tra il
Dipartimento e la Struttura Tecnica Nazionale, nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, per la gestione delle emergenze nazionali – ha dichiarato Felice Monaco. Abbiamo condiviso un testo che definisce le attività generali che le parti si impegnano a realizzare, sia in regime ordinario sia nelle fasi emergenziali, in relazione alla formazione, alle modalità e ai criteri per la mobilitazione e l’impiego dei professionisti iscritti alla STN nelle attività di protezione civile. Definisce compiti, ruolo e procedure nei possibili scenari di intervento. Negli ultimi anni abbiamo testato sul campo il model-
Firenze al femminile
Insediati anche i consigli di Trieste e Monza-Brianza
Si completano le operazioni elettorali 2025 relative agli Ordini Provinciali degli Ingegneri. Nel corso del mese di ottobre, infatti, si sono insediati gli ultimi quattro Consigli: Firenze, Trieste, Monza-Brianza e Novara. Primo in ordine di tempo (1 ottobre) quello del capoluo-
go toscano che ha visto il trionfo delle donne. Tutte e tre le cariche, infatti, parlano al femminile. Nuovo Presidente è Claudia Nati che sarà a ancata da Maria Francesca Casillo nel ruolo di Consigliere Segretario e da Sara Recenti in quello di Consigliere Tesoriere. Il 7 ottobre si è insediato il nuovo Consiglio dell’Ordine
di Trieste cui, com’è noto, sarà adata l’organizzazione del 70° Congresso degli Ingegneri. Ecco com’è composto il direttivo: Presidente Giovanni Basilisco, Vicepresidente Ermanno Simonati, Consigliere Segretario Marina Palusa, Consigliere Tesoriere Edoardo Marega L’8 ottobre si è insediato il nuo-
lo STN: esercitazioni, il terremoto in Sicilia, una delegazione in Albania e il lavoro ai Campi Flegrei. Oltre 3.000 tecnici formati sul rischio sismico, più di 5.000 iscritti a STN, in tutte le regioni. Con il DPC, grazie anche al Vice Capo Dipartimento Natale Mazzei e all’ing. Sergio Sabato, abbiamo costruito una rete territoriale organica”. Il Protocollo definisce regole di attivazione, standard formativi e strumenti digitali comuni per i sopralluoghi e il rilievo del danno. Mira, inoltre, a rendere più rapido e coordinato il contributo tecnico nelle fasi di prevenzione, risposta e ripristino.
vo Consiglio dell’ordine di Monza. La compagine direttiva per il periodo 2025-29 è così composta: Pierpaolo Cicchiello (Presidente), Paolo Salsone (Vicepresidente Vicario), Giuliano Brioschi (Vicepresidente), Elisabetta Berticelli (Consigliere Segretario) e Andrea Colombo (Consigliere Tesoriere). Sul finire del mese di ottobre è stata la volta dell’Ordine di Novara, la cui composizione risulta la seguente: Paolo Pettina-
La proposta è anche quella di costituire uno sportello unico comunale, quale strumento a datario del procedimento, l’unico punto di accesso per i cittadini ed enti di riferimento per il rilascio di pareri e autorizzazioni.
Occorre, inoltre, istituire l’anagrafe digitale delle costruzioni per le opere pubbliche e private, indispensabile per la gestione e il controllo del territorio”.
In conclusione, Perrini ha posto all’attenzione un problema ripetutamente segnalato dal CNI: la responsabilità dei soggetti professionali coinvolti.
Ha chiesto di fissare con chiarezza la durata temporale del periodo in cui è ascrivibile al professionista la responsabilità sulla corretta realizzazione dell’opera, definendo il momento di inizio e quello di prescrizione, fermo restando il principio della responsabilità individuale.
roli (Presidente), Alessandra Del Boca (Vicepresidente), Mauro Crepaldi (Segretario), Attila Bellazzi (Tesoriere). Intanto, si sono svolte anche le elezioni per il rinnovo dell’Ordine di Napoli, il cui nuovo Consiglio è in attesa di insediamento. Va segnalata, infine, l’elezione del nuovo Presidente della Federazione degli Ordini degli Ingegneri del Lazio, Mauro Annarelli, attuale Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Frosinone.
Costruire un futuro sostenibile e sicuro
per
cittadini e territori
Il CNI presente al convegno “Strategie ambientali e territoriali per costruire il futuro”
Mercoledì 22 ottobre, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si è tenuto il convegno “Strategie ambientali e territoriali per costruire il futuro”, promosso da RemTech Expo e dall’Istituto per le Tecnologie della Costruzione del CNR. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri era rappresentato all’incontro dal Consigliere Alberto Romagnoli, che nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di costruire una alleanza strategica tra il mondo della ricerca, le professioni tecniche e le pubbliche amministrazioni, per
tradurre la conoscenza scientifica in azioni concrete. “Incontri come questo – ha detto Romagnoli –hanno un valore speciale perché uniscono mondi che comunemente non dialogano, ma che, in realtà, condividono lo stesso obiettivo: costruire un futuro sostenibile e sicuro per i cittadini e per il territorio. Il CNI crede fortemente nella necessità di una visione integrata delle politiche ambientali e territoriali, che metta insieme ricerca, competenze professionali e capacità amministrativa”. In seguito il Consigliere ha sottolineato come il CNI stia lavorando,
in sinergia con istituzioni e mondo della ricerca, per promuovere strumenti innovativi quali la pianificazione preventiva del rischio e della manutenzione del costruito, la cultura della prevenzione, la digitalizzazione spinta dei processi, dal progetto all’esercizio delle opere, una maggiore attenzione ai criteri di sostenibilità e resilienza, che oggi non sono più un’opzione ma una necessità. Ha poi ricordato che solo unendo competenze, ricerca e visione strategica sarà possibile rendere più e caci le norme, semplificare le procedure e orientare gli investimenti ver-
so interventi realmente utili per il Paese. Il CNI rinnova il proprio impegno nel promuovere una cultura della prevenzione e della so-
stenibilità, confermando il ruolo dell’ingegneria come strumento di sviluppo, sicurezza e innovazione per il territorio.
L’ingegneria italiana a Expo Osaka 2025
In anteprima il documentario “Le Idee Muovono il Mondo Osaka 1970-2025” promosso dall’Ordine degli Ingegneri di Varese
Il 10 ottobre è culminata la realizzazione del progetto Italia a Osaka: 1970–2025, promosso dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Varese e patrocinato dal CNI. Il documentario, intitolato “Le Idee Muovono il Mondo”, con la regia di Dario Biello, viene proiettato in anteprima internazionale durante l’Expo Osaka 2025, Esposizione Universale organizzata dal Bureau international des Expositions, che si tiene a Osaka, in Giappone, sull’isola artificiale di Yumeshima.
Il progetto si è posto l’obiettivo di raccontare il ruolo dell’ingegneria italiana nelle Esposizioni Universali di Osaka, a 55 anni dalla partecipazione del 1970, l’occasione per riscoprire lo storico Padiglione Italia realizzato dall’Ing. Sergio Brusa Pasquè, già Presidente del CNI,
e dai fratelli Tommaso e Gilberto
Valle. Il docufilm è stato proiettato all’interno di Padiglione Italia, in occasione dell’incontro tra il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e il Governatore della Prefettura di Osaka, Hirofumi Yoshimura
“Come Consiglio Nazionale, manifestiamo grande soddisfazione per il successo della proiezione del documentario – ha dichiarato Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI. Sin dai primi anni della sua attività, il CNI ha lavorato intensamente all’interno degli organismi internazionali di categoria, al fine di valorizzare il ruolo dell’ingegneria italiana nel mondo. Ciò anche grazie a uomini energici e brillanti come Brusa Pasqué, nostro indimenticato Presidente.
Nel corso degli anni il Consiglio Nazionale non è mai venuto meno a questo impegno internazionale, come dimostra il sostegno a questa lodevole iniziativa”.
“L’eredità dell’ingegner Brusa Pasquè, varesino, non appartiene solo al passato – ha aggiunto Giulia Guarnerio, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Varese –, ma anche al futuro che vogliamo costruire.
Il progetto al quale ha partecipato per l’Expo 1970 ci ricorda che l’ingegneria è, prima di tutto, un atto di fiducia nel progresso umano e nella bellezza delle idee. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un’ingegneria capace di guardare oltre la tecnica, dotata di visione, in grado di interpretare il cambiamento e di progettare un futuro sostenibile e condiviso”.
Cerimonia di Premiazione “Ingenio al Femminile” 2025 L’iniziativa, promossa dal CNI, mira a valorizzare il talento e la professionalità delle donne ingegnere in Italia
Si svolgerà il 12 novembre presso la Sala Convegni del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma la Cerimonia di Premiazione della Quinta Edizione del Premio Tesi di Laurea “Ingenio al Femminile”. Il tema centrale di questa edizione 2025 è stato “Intelligenza artificiale per le nuove sfide del 2050”. Questo focus evidenzia l’importanza del ruolo femminile nello sviluppo di tecnologie all’avanguardia e nella riduzione del gender gap in ambito STEM, in linea con l’Obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030 sulla parità di genere. Il concorso è riservato esclusivamente a laureate e dottorate di ricerca in Ingegneria, che abbiano discusso la tesi tra il 1° aprile 2024 e il 31 marzo 2025, con una votazione minima di 105/110. L’edizione 2025 ha confermato cinque categorie di premio, ciascuna con un
riconoscimento in denaro di 1.500,00 euro:
- Ingegneria Civile e Ambientale.
- Ingegneria Industriale.
- Ingegneria dell’Informazione.
- Tesi di Dottorato di Ricerca (riservata a candidate iscritte all’Albo degli Ingegneri).
- Premio Speciale “Giulia Cecchettin” per la miglior tesi in Ingegneria Biomedica.
Oltre al premio in denaro, l’iniziativa o re alle vincitrici visibilità nazionale e l’opportunità di entrare in contatto con importanti aziende ambassador del settore. Durante la cerimonia interverranno il Dott. Emilio Fortunato Campana, Direttore del Dipartimento ICT e Tecnologie per l’Energia e i Trasporti del CNR, e Angelo Domenico
Perrini, Presidente del CNI.
A concludere, l’Ing. iun. Ippolita Chiarolini, Consigliera del CNI e delegata al progetto “Ingenio al Femminile”. La discussione toccherà temi cruciali come la formazione e l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla competitività delle imprese e sui processi decisionali, con interventi da parte di Confindustria e del CNR stesso. Il focus sulla persona al centro della transizione AI sarà a rontato anche dalla Dott.ssa Maria Ra aella Caprioglio, Presidente di Cesop HR Consulting Company. La fase conclusiva dell’evento sarà stata dedicata alla Cerimonia di Premiazione e al discorso delle vincitrici che rappresentano la nuova generazione di professioniste in grado di a rontare le sfide del futuro con eccellenza e innovazione.
PREMI |
RUBRICA SICUREZZA
A scuola di sicurezza
Avviato nel 2019 e giunto alla sesta edizione, il progetto guida gli studenti delle scuole medie nella comprensione del rischio
di Ti-i*,* Petrill(* e Gi*,l0/* Gi*g,i**
Anche quest’anno il progetto “La sicurezza a partire dai banchi di scuola” riparte con grande entusiasmo. Il 1° luglio 2025 il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione un protocollo volto a diffondere la cultura della sicurezza nelle scuole. Numerosi ingegneri hanno già coinvolto oltre 60 istituti su tutto il territorio nazionale, integrando nei programmi scolastici concetti chiari e semplici sulla sicurezza. Certamente siamo soddisfatti di essere arriva-
DAL TERRITORIO
ti fin qui, grazie all’impegno di un gruppo dedicato, il GTT1 composto da colleghi ingegneri di vari ordini territoriali, cresciuto seguendo un obiettivo preciso: sviluppare la cultura della sicurezza, passo dopo passo, dalla prima alla terza media. Ormai possiamo a!ermare con certezza che il “quaderno di viaggio”, ovvero il testo elaborato nel tempo e arrivato alla sua terza edizione, descrive nei dettagli il percorso che gli studenti devono seguire. Abbiamo dato loro gli strumenti per accrescere la sensibilità verso la tematica della sicurezza e la percezione del rischio.
Anche l’ultimo anello formativo
per le terze medie è ormai non più sperimentale, ma collaudato. Di fatti nelle terze medie il viaggio nella sicurezza si è concluso con un esame finale facendo divertire gli studenti, che hanno interagito con coetanei di altre città in un Safety Day denominato “Banchi Olimpici”. Ogni classe partecipante è stata divisa in squadre, composte da un minimo di 2 a un massimo 6 alunni, identificate con il nome di un animale scelto fra: Gira!e, Leoni, Lupi e Puma. La scelta dei nomi è legata alle caratteristiche del periodo particolare di crescita dei ragazzi di scuola nel quale, ovviamente, iniziano a tira-
GTT1. GRUPPO DI LAVORO DEL GDL SICUREZZA DEL CNI
Tiziana Petrillo Consigliere CNI - Responsabile Area sicurezza
re fuori la loro personalità. Tutte le scuole hanno adottato gli stessi nomi delle squadre allo scopo di far gareggiare tra loro le squadre con lo stesso nome e appartenenti a classi di istituti diversi. Le domande hanno trattato gli argomenti sviluppati nelle schede del “Quaderno di viaggio”, diventato così un reale libro di testo per tutti i ragazzi. Tutto è pronto e ripartirà il 5 novembre 2025 con
Competenze, sicurezza e restauro
A MADE Expo, il Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano sarà protagonista con tre convegni gratuiti
Dal 19 al 22 novembre 2025 torna a Fiera Milano MADE Expo, manifestazione dedicata all’edilizia, all’architettura e all’ambiente costruito. In questa edizione si distingue la partnership con il Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, che contribuisce con tre convegni al palinsesto formativo della manifestazione.
La collaborazione nasce con l’obiettivo di promuovere il dialogo tra progettazione e realizzazione, o!rendo agli operatori del settore contenuti specialistici, aggiornamenti normativi e spunti di riflessione su come a!rontare le sfide dell’edilizia contemporanea.
La partecipazione ai convegni è gratuita, con ingresso libero fino a esaurimento posti.
“TIME MANAGER E COST
MANAGER: FIGURE E
COMPETENZE PROFESSIONALI
INDIFFERIBILI”
Mercoledì 19 novembre.
Ore 13:00–14:00
La gestione e cace di tempi e costi nei progetti edilizi è diventata una competenza chiave in un contesto normativo e finanziario sempre più complesso. Il convegno mette in luce il ruolo strategico di figure professionali specializzate, come il time manager e il cost manager, oggi centrali nei processi legati a PNRR, superbonus e appalti pubblici. Spesso formate sul campo, queste figure non hanno ancora un riconoscimento formale nei percorsi accademici, pur rappresentando una leva fondamentale per la riuscita di interventi immobiliari sempre più articolati.
Relatori:
Ing. Massimiliano Pulice (Gruppo CDP, Past Chair RICS Italia); • Ing. Emanuele Gozzi (Presidente,
Ingegneri Riuniti S.p.A.).
Coordinamento:
• Arch. Claudio Sangiorgi, Presidente del Collegio;
• Ing. Davide Luraschi, Vicepresidente del Collegio
“SICUREZZA ANTINCENDIO ED EDIFICI ALTI: EVOLUZIONI NORMATIVE E RISPOSTE TECNICHE”
Giovedì 20 novembre. Ore 9:30–10:30
L’aumento di edifici alti sia in ambito residenziale che terziario richiede una riflessione profonda sul tema della sicurezza antincendio. Recenti norme italiane, come il DM 30 marzo 2022 (RTV edifici civili) e la UNI 11018-1:2023, introducono criteri più stringenti per le facciate e le coperture, ma restano interrogativi aperti su e cacia, coordinamento e applicabilità. Il convegno propone un’analisi tec-
nica del quadro normativo attuale, con un focus sui rischi e sulle soluzioni per gli edifici sviluppati in altezza, anche attraverso l’utilizzo di strumenti GIS per la prevenzione e la gestione dell’emergenza.
Relatori:
Prof. Ing. Davide Luraschi (Politecnico di Milano, Vicepresidente del Collegio);
• Ing. Edoardo Cavalieri d’Oro (VV.F. Milano);
• Ing. Gaetano Pirrera (Direzione Centrale Formazione VV.F.).
Coordina:
• Arch. Claudio Sangiorgi, Presidente del Collegio.
“LOGISTICA DI CANTIERE E SISTEMI DI ALLESTIMENTO PER I BENI VINCOLATI E DI VALORE STORICO-ARTISTICO” Venerdì 21 novembre.
Ore 16:30–17:30
Nel restauro dei beni storici e ar-
una sessione formativa per tutti i referenti degli ordini professionali interessati. Vi aspettiamo anche quest’anno fiduciosi per questa iniziativa ormai consolidata.
*C(,.igliere ,*-i(,*le dell’Ordi,e degli i,geg,eri. Re.1(,.*bile Are* .i/0re--* e 1reve,-i(,e i,/e,di CNI **C((rdi,*t(re GTT1 “L* .i/0re--* * 1*rtire d*i b*,/2i di ./0(l*”. C()1(,e,te GdL Si/0re--* CNI
tistici, anche la fase di cantiere richiede una progettazione attenta e rispettosa. Il convegno prende spunto dall’esperienza della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, esempio di eccellenza mondiale nella cura del patrimonio storico, per esplorare soluzioni di allestimento provvisorio e gestione logistica che preservino l’integrità dei monumenti durante i lavori. Attraverso il caso concreto del cantiere del tiburio del Duomo, si discuterà di come contemperare esigenze operative, sicurezza, accessibilità e conservazione del valore culturale.
Relatori:
Ing. Francesco Canali (Direttore Lavori, Veneranda Fabbrica del Duomo);
Prof. Ing. Davide Luraschi (Politecnico di Milano);
• Arch. Claudio Sangiorgi (Presidente del Collegio).
DESTINATO AD INTERVENTI DI ADEGUAMENTO SISMICO A SPESSORE SOTTILE IN COMPLETA ASSENZA DI ARMATURE TRADIZIONALI, COME TUTTE LE NOSTRE PRODUZIONI COPERTE DA POLIZZA ASSICURATIVA GENERALI