MENSILE DI PULIZIE INDUSTRIALI, SANIFICAZIONE E IGIENE AMBIENTALE
EDIZIONE
GREEN
PER LA SOSTENIBILITÀ
SOCIALE E AMBIENTALE
MERCATI
Italia alla ricerca delle terre rare
STRATEGIE Regolamentare la sostenibilità
APPALTI
Green Public Procurement
Sostelia è leader nel trattamento delle acque civili e industriali, nello smaltimento di rifiuti speciali, nelle bonifiche ambientali.
È il primo Gruppo italiano, con pochi eguali anche in ambito internazionale, in grado di affrontare i temi della sostenibilità con tecnologie innovative, solide competenze, una visione aperta al futuro.
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16OPPORTUNITÀ CHIAVE PER IL CLEANING
36PLASTICA E CLEANING IN PRIMO PIANO 8 È TEMPO DI CAMBIARE DAVVERO ATTUALITÀ 12ALLA RICERCA DELLE TERRE RARE
20NUOVE FRONTIERE ECOLABEL 24GREEN PUBLIC PROCUREMENT
28RESTRIZIONE 78 REACH TENDENZE
32MENO DANNI PIÙSENSIBILITÀ AMBIENTALE
40IL CASO DEL TISSUE PROFESSIONALE
46LA FIBRA CHE PUÒ CAMBIARE LA FILIERA
54ACQUA E IMPRESA, UN NUOVO EQUILIBRIO IMPRENDITIVITÀ
60IL VALORE (VERO) DELLE PAROLE
Ci sono strade che vanno percorse per il bene di tutti.
BAMBOO
ECO-SUSTAINABLE SOLUTION
D6 VELOCE
Così veloce, così agile
IN COPERTINA
Industrie Celtex è un’azienda specializzata nella produzione di referenze a uso igienico-sanitario in carta tissue, tessuto non tessuto e sistemi di dispensazione per il settore dell’AFH. Una multinazionale con 8 stabilimenti in tutta Europa e oltre 500 dipendenti che in tutta la filiera produttiva adotta una visione sostenibile, garantendo qualità ed elevate performance dei prodotti in ottica di ridotto impatto ambientale.
Antonio Iovene | a.iovene@lswr.it Tel. +39 349 1811231
Stampa GALLI e C. Gavirate (VA)
Abbonamenti
Abbonamento annuale: 49 euro
Annuale estero: 160 euro
Copia arretrata: 17 euro
Costo di una copia: 1.30 euro abbonamenti.quine@lswr.it Tel. 02 864105 www.quine.it www.dimensionepulito.it
III COPERTINA
Quine Srl Via G. Spadolini, 7 - 20141 Milano www.quine.it info@quine.it Tel. 02 864105
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Dimensione Pulito periodico mensile registrato: autorizzazione del Tribunale di Milano N. 598 del 9.11.92. Quine è iscritta al Registro Operatori della Comunicazione n. 12191 del 29/10/2005. La pubblicazione o ristampa di articoli e immagini della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’editore. Gli articoli pubblicati su Dimensione Pulito sono sotto la responsabilità degli autori. I manoscritti e i disegni pubblicati non saranno restituiti.
Distribuzione Rivenditori, Imprese di servizi, Aziende alimentari, Sanità e RSA, Enti pubblici, Pubblici esercizi, Hotellerie, Lavanderie professionali, Disinfestazione e servizi ambientali, Grande distribuzione
MAURIZIO PEDRINI direttore tecnico
LA
È tempo di cambiare davvero
Nel mondo della pulizia professionale la parola “green” è ormai dovunque. Per anni è stato uno slogan, una saggia dichiarazione d’intenti, la volontà di cambiare in meglio. Oggi tutti la pronunciano, parecchi la sbandierano ma troppo pochi la praticano davvero. Eppure la transizione ecologica non è una moda passeggera, ma una rotta obbligata per chi vuole restare competitivo e credibile in un mercato che cambia ed è in costante evoluzione.
Essere sostenibili significa, anzitutto, ripensare i prodotti, ridurre davvero gli sprechi, scegliere fornitori responsabili, formare operatori consapevoli. Ma significa anche cambiare mentalità, passare dalla logica del prezzo a quella del valore: una sorta di salto di qualità epocale che supera molti stereotipi radicati nella classica mentalità commerciale. Un’impresa che investe in soluzioni ecologiche non solo tutela l’ambiente, ma migliora la qualità del lavoro, l’immagine aziendale e i rapporti con i clienti.
In questo momento il cleaning professionale ha un’occasione straordinaria e irripetibile: dimostrare che “pulire” può voler dire anche “rigenerare”, ovvero restituire equilibrio e rispetto all’ambiente in cui viviamo.
Non è un percorso facile, richiede coraggio, visione, impegno e coerenza. Però è l’unica strada che può garantire un futuro di crescita al settore e un vero sviluppo alla nostra società.
E questa responsabilità non riguarda soltanto gli spazi interni o le strutture produttive: si estende alle nostre città, ai luoghi pubblici, alle strade e ai quartieri che viviamo ogni giorno.
L’igiene urbana è parte integrante della sostenibilità, perché è lì che si misura concretamente il livello di civiltà e di rispetto collettivo. Una città pulita non è solo più gradevole da vivere, ma anche più sicura, più salubre, più accogliente. La gestione dei rifiuti, la pulizia delle superfici pubbliche, la cura del verde urbano sono tasselli di una stessa visione che unisce benessere, educazione civica e tutela ambientale. E il mondo del cleaning, con la sua competenza tecnica e la sua capacità di innovazione, può offrire un contributo decisivo anche su questo fronte.
Chi, come noi, opera nel mondo della pulizia, più di chiunque altro, sa che il vero cambiamento parte proprio dal prendersi cura. Delle superfici, delle persone, degli ambienti, delle città. Tutti noi siamo chiamati ad affrontare la sfida di contribuire a costruire un modello produttivo più equo, attento alle risorse del pianeta e alla qualità della vita di chi lo abita.
In questo percorso, ne sono fermamente convinto, il cleaning professionale può e deve giocare un ruolo da assoluto protagonista. Perché cambiare non è più una scelta. È un dovere. Ed è tempo di farlo davvero.
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Valore ad ogni fibra
Celtex costruisce da anni un modello produttivo fondato sull’economia circolare, in cui la carta non è solo una materia prima, ma una risorsa da valorizzare, trasformare e rigenerare. La selezione attenta delle fibre, la lavorazione responsabile e l’adozione di standard certificati sono il punto di partenza per la creazione di linee professionali dalle elevate performance, che accompagnano operatori e strutture in un’igiene efficace e consapevole.
Le gamme Prime, Save Plus ed E-Tissue esprimono tre visioni complementari della sostenibilità, offrendo soluzioni mirate per ogni esigenza d’uso.
Prime è l’eccellenza in pura cellulosa . Una gamma pensata per chi cerca la massima resa con attenzione all’ambiente. Fibre selezionate, provenienti da foreste gestite responsabilmente, si trasformano in prodotti morbidi al tatto, dall’alto potere assorbente e dalla resistenza superiore. La scelta perfetta per gli ambienti in cui le prestazioni non possono scendere a compromessi.
Save Plus rappresenta un perfetto equilibrio tra etica e convenienza: 100% di fibre rigenerate, recuperate dagli sfridi di pro-
duzione della pura cellulosa, in fase pre-consumo. Questa linea si distingue per l’elevato grado di bianco (75%) senza aggiunta di candeggianti o sbiancanti ottici. Un’opzione intelligente per chi vuole coniugare attenzione ambientale e risparmio.
E-Tissue è il riciclato di “prima generazione” che unisce agli sfridi di cellulosa quelli di kraft, entrambi mai utilizzati, combinandoli per dare vita a nuova materia dal delicato colore avana La sua composizione garantisce igiene e performance equiparabili alla pura cellulosa. La carta non rilascia odori, nemmeno da bagnata, non contiene sbiancanti ottici né coloranti ed è resistente e delicata, anche sulla pelle più sensibile.
Tutte le linee in carta Celtex offrono una gamma completa di articoli in diversi formati: rotoli industriali, asciugamani e carte igieniche. Inoltre, sono certificate PEFC, EU Ecolabel e conformi ai Criteri Ambientali Minimi (CAM), a garanzia della massima attenzione posta verso l’ambiente.
Grazie alle proprie soluzioni, circolari e modulabili, Celtex accompagna le imprese verso un’igiene professionale sempre più green e responsabile, dove ogni scelta ha un impatto positivo e ogni fibra ha un potenziale da esprimere.
CELLULOSA
DALLA MATERIA PURA
ALLA SUA RINASCITA
SENZA SPRECHI
DALLA PUREZZA
ALL’INNOVAZIONE
CARTA RIGENERATA RISPARMIO SOSTENIBILE
attualità
mercati
Per fronteggiare lo strapotere cinese nell’estrazione e lavorazione di terre rare, nel marzo scorso l’UE ha attuato la normativa del Critical Raw Material Act e recentemente l’Italia ha dato il via al Piano di esplorazione dei giacimenti di materie prime critiche
ALLA RICERCA DELLE TERRE RARE
attualità mercati
LUCA ROSSI
Attualmente la Cina detiene il monopolio nell’estrazione e nella lavorazione delle terre rare, dominando il mercato globale con oltre il 90% della produzione. Questa concentrazione geografica crea una forte dipendenza per le industrie europee e rappresenta un rischio per la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime critiche. In questa direzione, e in linea con le strategie dell’Unione Europea, l’Italia sta puntando a rafforzare la sua sovranità nell’approvvigionamento di questi materiali con la recente approvazione di progetti strategici per l’estrazione, la raffinazione e soprattutto il riciclo. Il Governo ha approvato nei mesi scorsi il “Programma nazionale di esplorazione mineraria” stilato dagli esperti dell’Ispra: in 14 zone, in tutta la Penisola, partiranno le analisi per aprire in futuro nuove miniere. Oggi l’Italia estrae solo dal suo sottosuolo il feldspato e la fluorite. La nuova ricerca si concentra quindi sul potenziale di giacimenti di materie prime critiche sul territorio nazionale. Un forte accento è stato posto sul riciclo delle terre rare da prodotti a fine vita, come le apparecchiature elettroniche, per ridurre
SE A LIVELLO GEOPOLITICO
LA SFIDA PER LE TERRE
RARE RIGUARDA
LA SICUREZZA NEGLI
APPROVVIGIONAMENTI
E LA TRANSIZIONE
ENERGETICA, A LIVELLO
SETTORIALE QUESTE
MATERIE PRIME HANNO
UN IMPATTO DIRETTO
ANCHE SU COMPARTI
MENO VISIBILI
MA IN FORTE EVOLUZIONE
AIUTARE
GLI APPROVVIGIONAMENTI
Il “Programma nazionale di esplorazione mineraria”, a cura dei ministeri dell’Ambiente e delle Imprese, prevede per ora 14 progetti esplorativi. Se saranno individuati nuovi giacimenti, potranno essere sfruttati a fini estrattivi. Il piano coinvolge 11 regioni e oltre 400 specialisti, con un investimento di 3,5 milioni di euro per la prima fase di indagine. Il tutto sarà gestito dall’Ispra per conto del Comitato interministeriale per la transizione ecologica.
l’estrazione e la dipendenza dalle importazioni. A oltre un anno da quando l’Italia ha approvato il suo decreto “Materie critiche”, nel giugno del 2024, e a due anni da quando si parlò di riattivare i vecchi giacimenti chiusi, il piano per l’esplorazione mineraria fa così un importante passo avanti.
Litio, grafite, rame, manganese, tungsteno, magnesio e platino sono tra i minerali oggetto delle ricerche: si tratta delle materie prime critiche ritenute strategiche dalla Commissione Europea, che lo scorso marzo ha dato attuazione al Critical Raw Material Act approvato nel 2023. In questo senso l’UE ha stanziato 22,5 miliardi per 47 progetti in tredici Stati membri: quelli di estrazione sono 25 e riguardano Spagna, Portogallo, Romania e Repubblica Ceca, mentre all’Italia erano stati assegnati solo quattro progetti di riciclo delle terre rare. Il provvedimento ha l’obiettivo di ridurre il
LA DISPONIBILITÀ DI TERRE RARE DIVENTA UN NODO COMPETITIVO DEL SETTORE CLEANING UN LEGAME INVISIBILE MA ESSENZIALE
Quando si parla di terre rare, il pensiero corre subito all’industria bellica, aerospaziale o alle grandi tecnologie energetiche. In realtà, questi elementi strategici hanno un impatto silenzioso ma concreto anche su comparti come quello del professional cleaning, dove l’innovazione passa sempre più da motori efficienti, automazione, elettronica avanzata e sistemi di sanificazione ad alta tecnologia. Oggi la Cina controlla oltre il 90% della produzione globale di terre rare. Un monopolio che si traduce in forte dipendenza e vulnerabilità per l’Europa e, a cascata, per tutte le filiere industriali che necessitano di questi materiali. È per questo che l’Unione
Europea ha varato il Critical Raw Material Act e che l’Italia ha avviato il Programma nazionale di esplorazione mineraria, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’estero e di rafforzare anche il riciclo di componenti a fine vita.
Ma perché interessano il cleaning?
Le macchine di nuova generazione utilizzate nella pulizia professionale contengono quantità non trascurabili di terre rare:
• Motori elettrici ad alte prestazioni di lavasciuga, aspiratori e spazzatrici funzionano grazie a magneti permanenti a base di neodimio, disprosio e praseodimio.
rischio di carenza delle terre rare in Europa e indica diciassette minerali strategici, considerati insostituibili e molto richiesti per le tecnologie elettroniche. Questi materiali sono fondamentali per la transizione energetica, essendo materie prime insostituibili per costruire turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e batterie di accumulo. Ma anche pc e smartphone, fertilizzanti e dispositivi medici. Le materie sono molto utilizzate anche dall’industria bellica e aerospaziale per realizzare missili, radar e aerei militari. Negli ultimi anni la Cina ne ha limitato le esportazioni verso l’Occidente. Dopo i dazi imposti dalla amministrazione Trump, il Paese del Dragone ne ha sfruttato il suo monopolio come strumento per le trattati-
ve. Un’eventuale interruzione dell’approvvigionamento comporterebbe problemi in molti settori industriali e per questo l’UE ha deciso di puntare sulla riapertura delle miniere.
DOVE SONO I SITI
Il programma nazionale di esplorazione include, oltre a ricerche geologiche e telerilevate, anche il database Gemma per censire i depositi di materie prime critiche. Grazie al supporto dell’UE, l’Italia sta investendo in progetti strategici di riciclo dei materiali critici.
Nel Nord-Est, Lombardia e Trentino-Alto Adige saranno al centro delle ricerche per la presenza di fluorite e barite, nonché di
• Robot e sistemi di automazione integrano sensori e componenti elettroniche che sfruttano cerio e ittrio.
• Dispositivi LED e lampade UV-C per la disinfezione ambientale si basano su europio e terbio.
• Filtri e catalizzatori per la purificazione dell’aria o dell’acqua utilizzano ossidi di terre rare.
RISCHI E SCENARI
La transizione verso macchine più sostenibili, autonome e connesse si lega quindi in modo diretto all’accessibilità di queste materie prime.
Una loro scarsità comporterebbe rincari dei macchinari, ritardi nell’innovazione e difficoltà nella diffusione di soluzioni più green. Il professional cleaning, che negli ultimi anni ha accelerato sulla digitalizzazione e sull’automazione, rischierebbe di rallentare la propria corsa verso modelli più sostenibili ed efficienti.
Al tempo stesso emergono opportunità: valorizzare il riciclo di motori, batterie e schede elettroniche provenienti da macchinari dismessi; investire in eco-design per ridurre l’uso di elementi critici e facilitarne il recupero; cogliere le sinergie con i programmi europei, che sostengono filiere resilienti e circolari.
UNA SFIDA PER LA COMPETITIVITÀ
Per le imprese del cleaning professionale, la disponibilità di terre rare diventa un nodo competitivo: senza approvvigionamenti sicuri, il rischio è di rallentare l’evoluzione verso soluzioni più performanti e sostenibili. Viceversa, se l’Italia e l’Europa riusciranno a consolidare nuove filiere di estrazione e riciclo, il settore potrà beneficiare di tecnologie affidabili e innovative, rafforzando la propria posizione sui mercati internazionali.
Le terre rare, dunque, oltre ad essere un tema “macro” di geopolitica ed energia, sono parte integrante, anche se invisibile, della pulizia professionale del futuro.
Cristina Cardinali
terre rare localizzate nelle Alpi Meridionali. A Nord-Ovest, l’attenzione si concentrerà sull’area di Finero, in Piemonte, per l’indagine sui metalli del gruppo del platino (PGM), mentre nelle ofioliti liguri verranno esplorati giacimenti di rame e manganese. Sempre in Piemonte e in Liguria si cercherà di approfondire la conoscenza dei depositi di grafite.
In Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Marche e alcune aree del Piemonte sarà analizzato il potenziale del litio, sia in contesti geotermali che sedimentari. In Toscana, inoltre, saranno oggetto di studio i noti depositi di antimonio e magnesio delle Colline Metallifere, mentre nel Lazio le attività si focalizzeranno sulla fluorite, anche in relazione alla sua concentrazione in terre rare. La Campania sarà interessata da indagini sul litio, sui feldspati e su altri minerali industriali strategici per l’industria nazionale, mentre in Calabria verranno esaminati i significativi giacimenti di grafite della Sila. In Sardegna, storicamente la principale regione mineraria italiana, l’esplorazione riguarderà diversi materiali: minerali industriali come feldspati, zeoliti, bentoniti e caolino presenti nelle aree magmatiche; mineralizzazioni a fluorite, barite e terre rare nel centro-sud dell’isola; e i più importanti depositi metalliferi. In particolare, si opererà nel distretto di Funtana Raminosa, dove verranno indagati tungsteno, terre rare, rame e altri solfuri, e nel settore sud-occidentale dell’isola, dove l’interesse è rivolto al rame e al molibdeno, associati a stagno, bismuto, arsenico e oro. La miniera di Silius in Sardegna è in fase di preparazione per estrarre la fluorite, che contiene terre rare, posizionandosi come un potenziale giacimento europeo.
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Makita ridefinisce la pulizia degli ambienti proponendo al mercato nuove soluzioni che innalzano la qualità del lavoro mettendo al centro dell’attenzione la salute dell’uomo e il rispetto dell’ambiente. Da oggi la pulizia è consentita trasversalmente in diverse condizioni, in ambienti professionali così come in uffici privati e pubblici, biblioteche, aree ospedaliere sanitarie, aree sensibili, mezzi di trasporto come treni, aeromobili, pullman, questo è quello che Makita offre, una macchina capace ad adattarsi alle più diverse esigenze operative.
Oggi è possibile un lavoro attento ed accurato grazie alla tecnologia nata per superare quelli che fino a ieri erano considerati dei limiti come ad esempio la potenza e l’autonomia di macchine
C LE AN E R S CLEANERS
cordless. Makita con l’evoluzione dei suoi progetti aiuta l’uomo nel lavoro migliorando la qualità di vita. L’assenza di cavi elettrici oggi è un plus, macchine ergonomiche evolute, progettate sulle esigenze fisiche degli operatori, nate per essere affidabili e sicure in tutte le situazioni di lavoro.
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Fornito senza batterie e caricabatterie.
OPPORTUNITÀ CHIAVE
per il professionalecleaning
Dal 17 giugno 2025 le aziende italiane possono prenotare, tramite la piattaforma del GSE, l’accesso ai 2,2 miliardi di euro di risorse legate al credito d’imposta
Transizione 4.0, finanziato con fondi del PNRR
Il provvedimento è stato ufficializzato dal decreto direttoriale del 16 giugno, che dà attuazione al decreto ministeriale dello scorso 15 maggio. Con l’apertura della piattaforma, si entra ora nella fase operativa ed è infatti possibile avviare la prenotazione delle risorse. Per le imprese del cleaning il PNRR rappresenta un’opportunità principalmente attraverso la realizzazione di progetti legati alla digitalizzazione e alla transizione ecologica, che richiedono soluzioni più smart e sostenibili..
CRISTINA GUALDONI
CONTRIBUTI PNRR
CONTESTO
DESTINATARI
CHI PUÒ ACCEDERE
I contributi sono destinati alle imprese residenti in Italia che nel corso del 2025 investiranno in beni strumentali 4.0.
Rientrano tra i beneficiari anche quelle che completeranno i progetti entro giugno 2026, a patto di versare entro dicembre 2025 un acconto pari almeno al 20% del valore dell’investimento.
Sebbene non ci siano bandi specifici dedicati al cleaning le aziende del settore possono comunque accedervi grazie a progetti strutturali che prevedano l’introduzione di macchinari e tecnologie digitali dotate di interconnessione, automazione e controllo da remoto. È proprio in quest’ambito che molte aziende del comparto della pulizie professionali - produttori di macchine e sistemi smart per la sanificazione - possono trovare un terreno fertile per innovare.
Scopo del PNRR è, infatti, quello di promuovere investimenti in digitalizzazione e innovazione, ma per il settore del cleaning professionale in cosa si traduce? Le imprese di pulizia possono investire in soluzioni più smart e sostenibili, ad esempio attraverso l’introduzione di macchinari autonomi e attrezzature interconnesse per la pulizia, l’introduzione di dispositivi IoT per la gestione da remoto, creando linee produttive digitali e automatizzate per l’intera gestione dei processi. Inoltre tutto questo si traduce in un miglioramento dell’efficienza energetica e una riduzione dei del consumo di risorse. Il tutto in un contesto in cui transizione ecologica, sostenibilità e digitalizzazione rappresentano priorità politiche e industriali a livello europeo e nazionale. Chi interessato deve agire con tempestività registrandosi sulla piattaforma GSE.
Credito d’imposta Transizione 4.0. Piattaforma GSE dal 17/06/2025 ore 14:00. Plafond: 2,2 miliardi di euro
Imprese italiane con investimenti 4.0 nel 2025 Ammessi anche investimenti entro giugno 2026 con acconto ≥20%entro dicembre 2025
FRUIZIONE Credito d’imposta in F24. Dal 10 del mese successivo alla trasmissione dati
OPPORTUNITÀ PER IL CLEANING Macchine smart, linee digitali, soluzioni eco-efficienti Spinta a digitalizzazione e sostenibilità
RACCOMANDAZIONI Registrarsi subito su GSE. Preparare documentazione e inviare prenotazione al più presto
I 2,2 miliardi del PNRR non sono soltanto un aiuto fiscale, ma un’occasione per accelerare la modernizzazione delle imprese italiane.
Un’occasione che il comparto del cleaning professionale, già al centro delle sfide della digitalizzazione e della sostenibilità, non può permettersi di lasciar sfuggire.
LA PROCEDURA: TRE PASSAGGI OBBLIGATORI
L’iter per accedere al credito si articola in tre fasi, tutte da completare tramite il portale GSE, con SPID del legale rappresentante o di un delegato. Una volta inseriti i dati degli investimenti e del credito stimato la priorità verrà assegnata in base all’ordine cronologico. Inoltre entro 30 giorni dalla comunicazione preventiva, l’impresa deve dimostrare il versamento di almeno il 20% dell’investimento. In caso di mancato invio
nei termini, la prenotazione decade. La comunicazione di completamento della procedura avverrà a chiusura del progetto, entro il 31 gennaio 2026 per gli investimenti realizzati nel 2025 o entro il 31 luglio 2026 per quelli conclusi nella prima metà del 2026. Un passaggio delicato riguarda le imprese che avevano già inviato una comunicazione preventiva con il vecchio modello: per non perdere la priorità, dovranno ripresentarla entro il 17 luglio 2025 con la nuova modulistica GSE.
COME UTILIZZARE IL CREDITO
Il beneficio fiscale sarà fruibile in compensazione tramite modello F24, a partire dal giorno dieci del mese successivo a quello in cui il Ministero comunicherà i dati all’Agenzia delle Entrate.
Le trasmissioni avverranno ogni mese, entro il quinto giorno lavorativo.
Fonte: AFIDAMP
ECO ATTITUDE
Al centro della crescita degli ultimi anni di Paredes è l’attenzione all’innovazione e al cliente ma non è di meno la sostenibilità. In generale, l’azienda ha costantemente investito in tecnologie all’avanguardia per ottimizzare i processi produttivi, ridurre gli sprechi e migliorare le prestazioni dei prodotti ma, di fatto, la sostenibilità è uno dei pilastri dell’identità di Paredes fin dalla sua fondazione nel 1942.
Paredes si è impegnata a favore di un’economia circolare dalla sua genesi; prima di diventare il distributore di prodotti per l’igiene che è oggi, recuperava e forniva tessuti riutilizzati come stracci in ambiti industriali, per poi lanciare la prima bobina di ovatta di cellulosa ricavata dalle eccedenze di magazzino, adottando così anche il riciclaggio negli anni ‘60.
L’azienda ha investito in sistemi di riciclaggio che consentono di riutilizzare gli scarti di produzione, riducendo ulteriormente il suo impatto ambientale. L’ultima di queste misure implementate: 3600m² di pannelli solari installati presso lo stabilimento di produzione Paredes Mapedo Fab a Lucca. L’azienda è rimasta fedele a questo approccio eco-responsabile e nel 1995 lanciò la sua filosofia Eco Attitude.
Eco Attitude è volta al rispetto per l’ambiente e alla diminuzione degli sprechi. Questo rispetto deriva dalla adozione di diverse misure per ridurre al minimo la propria impronta ecologica partendo già dalle materie prime provenienti da foreste sostenibili certificate ma anche dal design dei distributori che sfruttano sistemi di erogazione ragionato del materiale di consumo e durabilità nel tempo. Viene incluso anche formazioni e attività di sensibilizzazione presso i clienti e il tutto verte sul principio che, a parità d’igiene, si può consumare meno a vantaggio di tutti gli stakeholder.
Paredes ha anche scelto di mantenere le loro attività in Europa, come Paredes Renew, lanciato in Italia negli anni ’90 e dal 2023 in Francia, è l’attività dedicata al riciclaggio e al ricondizionamento dei distributori di asciugamani e saponi. Questa innovazione virtuosa riflette la volontà di aumentare in modo significativo la riciclabilità delle loro soluzioni. Paredes continua la sua integrazione nell’economia circolare attraverso il riutilizzo delle sue attrezzature.
Anche gli investimenti immobiliari portano innovazione come Ker Paredes a Rennes, stabilimento di oltre 6000m² a energia positiva con una produzione fotovoltaico di 450 kW e certificazione BREEAM e ICPE.
A completare le attività di responsabilità sociale di impresa, azioni legati al territorio come la creazione di tre alveari a Limoges, un orto comunale a Genas, e piantumazione dei giardini presso la sede di Lione, oltre all’appoggio a varie associazioni caritatevoli ed enti benefici.
Sostenibilità, innovazione tecnologica e soddisfazione del cliente per realizzare la mission di Paredes: accompagnare i clienti per rendere il mondo professionale più pulito, più performante, più rispettoso dell’ambiente.
NUOVE FRONTIERE ECOLABEL
Biodegradabilità, packaging e materie prime al centro della revisione europea
Il percorso verso la prossima generazione di detergenti con marchio Ecolabel UE entra nel vivo. A Bruxelles, nel marzo 2025, si è riunito per due intense giornate il secondo gruppo di lavoro della Commissione Europea incaricato di aggiornare i criteri ambientali per i prodotti detergenti, con l’obiettivo di arrivare a un nuovo quadro normativo entro il secondo trimestre del 2026, quando scadranno gli attuali requisiti.Un passaggio decisivo che coinvolge istituzioni europee, produttori, associazioni di categoria e organismi di certificazione: un confronto tecnico ma anche politico, dove si ridefiniscono i confini della sostenibilità applicata alla detergenza professionale.
COSA CAMBIA…
L’Ecolabel 2025 diventa una leva di qualificazione ambientale e competitiva, capace di distinguere i prodotti realmente sostenibili. Si rafforza così il legame tra prestazione tecnica e responsabilità ambientale, nel segno di un futuro in cui efficacia e sostenibilità saranno due facce della stessa formula.
PER I PRODUTTORI
• Obbligo di dati aggiornati sulla biodegradabilità anaerobica dei tensioattivi
• Verifica più severa delle impurezze e delle sostanze a concentrazioni <0,1%
• Necessità di certificare la provenienza sostenibile delle materie prime
PER I DISTRIBUTORI
• Aumenta la rilevanza delle formulazioni ultra concentrate e refill system
• Maggiore attenzione a dosi ottimali e sistemi automatici di erogazione
IL QUADRO GENERALE
• Adeguamento a nuove regole di riciclabilità e contenuto post-consumo dei packaging
• Priorità a fornitori con catene di approvvigionamento tracciabili e conformi ai nuovi standard
Fonte: European Commission
Il Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, coordinatore scientifico del processo, ha chiarito che la revisione dei criteri Ecolabel si muove in un contesto normativo “altamente dinamico”, influenzato dalla revisione del Regolamento Detergenti e dalle nuove direttive su imballaggi, microplastiche e approvvigionamento sostenibile delle materie prime. L’obiettivo è duplice: da un lato rafforzare la credibilità ambientale dell’Ecolabel, dall’altro semplificarne l’applicazione per le aziende, evitando barriere eccessive che rischierebbero di penalizzare l’innovazione.
Il primo passo è semantico ma significativo: il termine “industriale e istituzionale” lascia il posto a “professionale”, in linea con la nuova terminologia del Regolamento Detergenti. Un cambiamento che fotografa meglio l’evoluzione del mercato e l’integrazione crescente fra il mondo consumer e quello del cleaning professionale.
BIODEGRADABILITÀ:
L’ASTICELLA SI ALZA
Tra i temi più dibattuti c’è la biodegradabilità, cuore della sostenibilità chimica. Il nuovo criterio prevede che i tensioattivi non siano solo aerobicamente, ma anche
anaerobicamente biodegradabili: una svolta importante, volta a ridurre l’impatto dei residui nei sistemi acquatici dove l’ossigeno è scarso, come nei fanghi e negli ambienti di trattamento delle acque reflue. Si tratta di un requisito già adottato in alcuni schemi nordici (come Nordic Swan) ma che ora l’UE intende rendere sistematico. Non mancano tuttavia le perplessità: i test di biodegradabilità anaerobica sono complessi, costosi e ancora poco diffusi. Molti produttori temono di dover rinunciare a circa il 30% dei tensioattivi attualmente in uso, in attesa che nuovi dati vengano inseriti nel DID list (Detergent Ingredient Database).
Il JRC, consapevole delle difficoltà, apre a flessibilità e deroghe mirate, purché giustificate da benefici ambientali documentati o da necessità di prestazione per i prodotti professionali.
Anche le pellicole idrosolubili, usate nelle capsule monodose, dovranno dimostrare biodegradabilità effettiva. Si potranno adottare metodi ISO e OECD o test alternativi validati, con controlli più rigorosi sul bilancio del carbonio residuo.
Una misura che anticipa il crescente dibattito sulle microplastiche solubili, oggetto di future restrizioni europee.
DANIELE CARLI
LA REVISIONE
DEI CRITERI ECOLABEL
VUOLE RAFFORZARE
LA CREDIBILITÀ
AMBIENTALE
DEL MARCHIO
E SEMPLIFICARNE
L’APPLICAZIONE
TOSSICITÀ ACQUATICA
E SOSTANZE ESCLUSE
Il secondo passaggio della revisione riguarda la tossicità per gli organismi acquatici (CDV – Critical Dilution Volume).
Il JRC propone una riduzione media del 30-50% dei limiti CDV rispetto ai valori del 2017, in linea con gli standard più severi del Nordic Swan Ecolabel.
Le associazioni industriali hanno accolto con cautela la proposta, ricordando che i dati per i prodotti professionali sono ancora limitati e dipendono fortemente dalla durezza dell’acqua e dalle condizioni d’uso. Si prevede quindi che i nuovi limiti tenga-
no conto di tali variabili, con soglie differenziate per acque dure e morbide. Sul fronte delle sostanze escluse o ristrette, si amplia la lista nera, con l’esclusione progressiva delle sostanze endocrine disruptors di categoria 1 e 2, restrizioni più severe per preservanti e formaldeide releasers e chiarimenti su nanomateriali e microplastiche, con definizioni armonizzate rispetto al REACH e al nuovo regolamento europeo sulla Classificazione Etichettatura e Imballaggio (CLP).
Interessante l’introduzione di criteri ispirati alla tassonomia europea: i detergenti Ecolabel dovranno dimostrare di non arrecare danni significativi agli ecosistemi lungo tutto il ciclo di vita, in coerenza con gli obiettivi climatici UE.
MATERIE PRIME
E SOURCING
SOSTENIBILE
Una delle novità più strategiche riguarda la revisione del criterio dedicato al “renewable and sustainable sourcing of raw materials”.
L’Ecolabel non si limiterà più a calcolare la quota di ingredienti di origine vegetale, ma richiederà certificazioni di filiera tracciabile, in particolare per olio di palma e derivati, con riconoscimento di schemi RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) o equivalenti. È inoltre in discussione l’estensione a cocco, soia e canna da zucchero, sebbene il mercato non sia ancora pienamente pronto. La proposta iniziale di aumentare ogni anno la percentuale di materie prime rinnovabili è stata criticata come eccessivamente onerosa. Le imprese chiedono un valore fisso minimo, da rispettare all’atto della certificazione, senza obblighi di incremento annuale.
Il principio tuttavia resta: l’Ecolabel punta a favorire una transizione strutturale verso chimiche bio-based e circolari, integrate in modelli di produzione carbon-neutral.
PACKAGING E SISTEMI
DI DOSAGGIO
Sul piano del packaging, i nuovi criteri si allineano al Regolamento europeo Imbal-
laggi e Rifiuti di Imballaggio, approvato nel 2024. Verranno introdotte definizioni uniformi di materiale riciclato, contenuto post-consumo, opaco e composito, insieme all’obbligo di indicare chiaramente il livello di riciclabilità. Grande attenzione anche ai sistemi di ricarica e di dosaggio automatico, considerati strumenti chiave per ridurre sprechi e sovradosaggi. I sistemi “closed loop” per i detergenti concentrati in ambito professionale riceveranno punteggi premianti, poiché garantiscono sicurezza, tracciabilità e minori impatti ambientali.
PRESTAZIONI E “FITNESS FOR USE”
Un prodotto ecologico deve anche funzionare. Il gruppo di lavoro “Fitness for Use” ha aggiornato i protocolli di prova per tutte le principali categorie di detergenti, dai laundry detergents ai surface cleaners. Le nuove linee guida puntano a una verifica armonizzata delle prestazioni, con prove di laboratorio obbligatorie per le principali affermazioni d’efficacia (“primary claims”), riducendo l’uso di test soggettivi.
Vengono introdotti nuovi detersivi di riferimento e formule campione aggiornate alle specifiche IEC e ISO più recenti.
Per i prodotti microbici, ancora in fase sperimentale, si prevede una validazione specifica per sicurezza e performance nel lungo periodo.
EQUILIBRIO FRA AMBIZIONE E FATTIBILITÀ
Il filo conduttore della revisione è la ricerca di un equilibrio: criteri più rigorosi, ma applicabili da un’industria in rapida evoluzione.
Come ha ricordato il JRC, l’Ecolabel europeo deve rimanere un marchio credibile e accessibile, capace di guidare il mercato verso la neutralità climatica senza trasformarsi in un ostacolo burocratico.
Le prossime tappe prevedono una terza consultazione tecnica entro fine 2025, seguita dalla fase di comitologia nel 2026.
Le nuove regole si applicheranno fino al 2032, aprendo la strada a una detergenza sempre più circolare, trasparente e scientificamente fondata.
informazione aziendale lrindustries.it
FRAGRANZE di qualità e sostenibili
LR Industries, azienda di riferimento nel settore nella creazione e produzione di fragranze e aromi alimentari, continua a investire nella ricerca e nello sviluppo di prodotti innovativi e di alta qualità. Una delle loro ultime proposte è la linea di fragranze Biodé, che si distingue per innovazione e biodegradabilità.
Biodé è una linea di fragranze che racchiude tutte le famiglie olfattive, dalle più fresche alle più intense, abbracciando note agrumate, floreali e muschiate. Questa linea di fragranze è realizzata con ingredienti accuratamente selezionati, scelti con la massima cura per garantire la massima qualità, efficacia e rispetto per l’ambiente. Le fragranze sono formulate con estratti di fiori e piante, oli essenziali puri e altre sostanze.
Le fragranze Biodé non solo garantiscono un’esperienza sensoriale raffinata, ma promuovono anche la sostenibilità. La loro biodegradabilità riduce l’impatto ambientale, facendo di Biodé una scelta consapevole per chi è attento all’ambiente.
Oltre al loro impegno per l’ambiente, LR Industries pone anche una forte enfasi sull’efficacia del prodotto e sulla soddisfazione del cliente. Ogni fragranza della linea Biodé viene sottoposta a rigorosi test per garantirne la longevità e l’effetto a lunga durata. La dedizione dell’azienda all’eccellenza è evidente in ogni aspetto dei loro prodotti.
Una soluzione che combina sostenibilità e alta qualità per un profumo che rispetta l’ambiente.
Il settore del pulito professionale italiano ha anticipato la rivoluzione green, adottando certificazioni ambientali e tecnologie innovative. L’esperienza dimostra come la sostenibilità possa diventare leva competitiva e valore strategico per il Made in Italy
GREEN PUBLIC PROCUREMENT
MAURIZIO PEDRINI
Gli Acquisti Verdi rappresentano oggi uno strumento irrinunciabile. La Pubblica Amministrazione, per orientarsi verso scelte più sostenibili, obbliga prodotti, servizi e lavori a rispettare i Criteri Ambientali Minimi (CAM). In questo contesto, abbiamo incontrato Paolo Fabbri, fondatore e presidente di Punto 3, società che si è affermata come un punto di riferimento a livello nazionale nello sviluppo di progetti dedicati alla sostenibilità. Guidata da un gruppo dinamico di esperti con una profonda conoscenza del mondo green, la società ha maturato competenze specifiche nelle certificazioni ambientali, LCA, carbon footprint e Bilanci di Sostenibilità, consolidando una reputazione autorevole nel settore degli Acquisti Verdi. La conversazione si è poi estesa alle incertezze economiche attuali, che mettono in discussione gli obiettivi del Green Deal, e alle prospettive future dell’industria Made in Italy del pulito professionale, un comparto che continua a distinguersi nel mercato mondiale grazie a produzioni sempre più innovative e sostenibili.
Partiamo da una sua valutazione generale sull’andamento della rivoluzione verde nel settore del pulito professionale, quali sono gli elementi che caratterizzano questo importante processo nel nostro Paese?
Da diciotto anni orsono, all’interno del comparto del professional cleaning ho potuto constatare un forte potenziale e una spiccata sensibilità verso i temi della sostenibilità. Questo si è tradotto in un’attenzione concreta sia nella gestione aziendale, sia nella progettazione e realizzazione di prodotti, attrezzature, macchinari e nell’erogazione dei servizi. L’approccio positivo alla difesa dell’ambiente da parte delle imprese del cleaning professionale - a mio avviso - è avvenuto facilmente perché, in questo settore dinamico, gli elementi di sostenibilità hanno trovato la giusta sensibilità e la convinzione che potessero rappresentare
una significativa leva commerciale. Ciò è avvenuto ben prima che l’Italia maturasse la decisione di rendere obbligatoria l’applicazione dei CAM negli affidamenti pubblici. Insomma, ho constatato fin da subito una grande attenzione al green. L’adesione è stata assolutamente volontaria, ben prima che fossero imposti degli obblighi. A seguito dell’entrata in vigore di una specifica normativa sugli appalti pubblici, i produttori italiani hanno saputo cogliere con lungimiranza la necessità di definire un quadro chiaro e strutturato, volto a promuovere la sostenibilità ambientale e sociale. Tale approccio non solo contribuisce alla riduzione dell’impatto ambientale, con effetti positivi sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, ma rappresenta anche una leva strategica di valore commerciale.
Per alcuni anni il tema della sostenibilità è apparso più uno slogan che un serio percorso di sviluppo ambientale ed economico. Attualmente le aziende produttrici e le imprese di pulizia/FM del nostro settore le sembrano all’altezza della sfida?
L’Italia, nel settore del cleaning professionale, costituisce sicuramente un punto di riferimento a livello europeo, proprio perché negli ambiti di produzione intercettati dai CAM si registra una forte crescita delle certificazioni aziendali o comunque una domanda elevata di prodotti certificati dal mercato italiano. Un esempio significativo: nel servizio di pulizia con marchio Ecolabel UE a marzo 2025, su 255 imprese certificate in ambito UE, ben 208 erano italiane.
Proprio per questo la nostra società è stata recentemente invitata dall’Unione Europea a un live webinar per illustrare la particolarità del nostro Paese. Va detto che il percorso di certificazione è estremamente rigoroso: un’azienda che arriva a ottenere la certificazione Ecolabel UE per un detergente deve dimostrare una serie di performance ambientali elevate. Il
settore del cleaning aveva intrapreso già da anni questo cammino, privo però di un chiaro riferimento normativo; in seguito l’introduzione dei CAM, attraverso il vecchio e il nuovo Codice dei contratti, ha reso il percorso di certificazione, anche se dispendioso in termini di tempo ed economici, pressoché obbligatorio.
Quali sono, a suo parere, i principali vantaggi di cui godono sul mercato le aziende in possesso di questa certificazione?
Solo per fare un esempio, nel caso dei detergenti per le pulizie ordinarie, i prodotti che un’impresa può proporre all’interno di una gara d’appalto devono avere, a parte alcune eccezioni, il marchio ecologico Ecolabel UE o un marchio ecologico equivalente di tipo I. Questa prescrizione, prevista nei CAM per il cleaning, sia per i servizi che forniture, è giustificata dal fatto che, secondo il Codice dei Contratti del 2016 e successivi, una stazione appaltante può imporre la certificazione Ecolabel UE quale esclusivo strumento di conformità ai criteri ambientali, sociali o di altro tipo, esplicitati nella documentazione di gara. Questa circostanza ha fatto in modo che, non solo nel professional cleaning, ma anche in molteplici altri settori, i produttori di paesi esteri guardino al mercato italiano con enorme interesse, proprio perché la domanda di prodotti certificati è diventata sempre più alta in un contesto normativo favorevole.
Parliamo di Acquisti Verdi e CAM negli appalti della PA e a come si stanno attuando le regole legislative stabilite dal Nuovo Codice dei Contratti Pubblici. Dal suo Osservatorio Privilegiato come valuta la situazione? Il quadro normativo al quale mi sono riferito finora si è tradotto nell’introduzione di alcuni elementi nuovi di sostenibilità nelle gare d’appalto, finora meno consolidati rispetto ad altri criteri di valutazione abitualmente considerati. Le stazioni appaltanti,
tuttavia, continuano ad avere difficoltà tecniche nella valutazione delle offerte conformi ai CAM provenienti dalle imprese partecipanti. Bisogna specificare che i CAM del cleaning rappresentano una norma ben articolata, di facile interpretazione e applicazione. In fase di valutazione delle offerte le stazioni appaltanti hanno capito come usare al meglio i requisiti obbligatori per l’affidamento degli appalti pubblici che promuovono la sostenibilità ambientale in prodotti e servizi, quali elementi di individuazione e di valutazione del migliore offerente. La vera partita, però, riguarda la fase di carattere esecutivo: oggi noto ancora una grossa differenza tra l’applicazione dei CAM, l’elaborazione del progetto tecnico da parte dell’impresa e l’effettivo utilizzo all’interno dei cantieri di prodotti, attrezzature e macchinari dichiarati nei documenti di gara. Alcune stazioni appaltanti stanno iniziando a introdurre, come criterio qualificante, la rendicontazione in fase esecutiva delle emissioni di CO2 (Carbon Footprint) relative a tutte le attività e forniture del cantiere.
Attraverso una stesura accurata di tali procedure e la successiva verifica da parte di un ente terzo, stanno emergendo aspetti finora poco rilevanti nella gestione delle commesse, grazie all’adozione degli schemi di certificazione che la Carbon Footprint prevede. Gli stessi CAM sono strutturati in modo che la maggior parte delle richieste di sostenibilità poste agli operatori economici sono clausole contrattuali, ovvero elementi destinati a regolamentare il rapporto tra la stazione appaltante e aggiudicatario, da verificare in fase esecutiva. Questo fenomeno è la spia della condizione culturale delle stazioni appaltanti, derivante dalle precedenti normative sui Contratti Pubblici, in cui l’attenzione doveva essere posta sulla valutazione delle offerte. Questo approccio, in molti casi, rimane difficile da scardinare, ma per fortuna, la situazione si sta evolvendo in modo favorevole, sia per l’applicazione dei CAM, sia in generale per la verifica in fase esecutiva di quanto dichiarato in gara.
IL CLEANING
PROFESSIONALE NEGLI
AMBITI DI PRODUZIONE
INTERCETTATI
DAI CAM REGISTRA
UNA FORTE CRESCITA
DELLE CERTIFICAZIONI
AZIENDALI
Un nodo cruciale è sicuramente costituito dal controllo in itinere e di risultato: quali sono le maggiori criticità e le proposte che potrebbero facilitare le procedure a garanzia del risultato?
L’attuale Codice ha due principi cardine: la fiducia e il risultato. I CAM del cleaning richiedono all’impresa un rapporto annuale delle attrezzature, macchinari e prodotti usati in cantiere.
Si tratta, naturalmente, di un aspetto assai rilevante. Il Codice prevede anche degli incentivi economici a chi svolge le verifiche di conformità. In particolare sono riservati a chi oltre a effettuare le verifiche, in base alla dotazione di software o di adeguate risorse economiche necessarie, realizza prove di laboratorio su detergenti con specifici elementi di sostenibilità. Questo avviene in nome dei principi di fiducia e risultato, che costituiscono i due cardini del nuovo Codice.
Tra l’altro garantisce strumenti economici a supporto delle stazioni appaltanti per gestire la fase esecutiva, cioè l’elemento sul quale il Legislatore e le stazioni appaltanti stanno ponendo la loro attenzione.
Di fronte alla tendenza a privilegiare solo l’affidamento all’operatore economico, rappresenta una svolta importante, grazie ad un approccio tecnico e culturale derivato dalle norme precedenti.
In generale, le sembra che le stazioni appaltanti abbiano compreso il senso profondo e innovativo della sostenibilità ai sensi del Nuovo Codice degli Appalti e stiano applicando correttamente i CAM?
Non è possibile dare una risposta univoca. Alcuni RUP e DEC hanno compreso l’importanza dei CAM anche per quel che riguarda gli aspetti di sostenibilità che ne derivano: è bene considerare che la forza di acquisto posseduta dalle stazioni appaltanti della PA è equivalente al 14% del PIL dell’Unione Europea, un potenziale enorme capace di indurre il mercato a fornire prodotti, servizi e lavori con forti elementi di sostenibilità. Ad oggi, essendo un obbligo normativo, la maggior parte delle stazioni appaltanti gestisce i CAM cercando di avere meno problemi possibili in termini di ricorsi, sia nella fase di aggiudicazione che in quella esecutiva. Proprio perché anche gli operatori economici conoscono il contesto nuovo in cui le gare sono articolate secondo l’attuale Codice, pretendono giustamente la conformità ai CAM non solo nella fase di valutazione e aggiudicazione dell’offerta, ma anche in quella esecutiva. In considerazione di ciò, il mio lavoro sta diventando sempre più di supporto tecnico ai contenziosi tra stazioni appaltanti e operatori economici, riguardo la presunta mancata o non corretta, applicazione dei CAM sia nella valutazione delle offerte, che in quella esecutiva.
Questa tendenza alla verifica dei CAM anche durante la realizzazione è una richiesta pressante degli operatori che hanno investito tempo e denaro per intraprendere seri percorsi di sostenibilità con le certificazioni previste. Ad oggi, comunque, la maggior parte delle stazioni appaltanti considera i CAM sotto l’aspetto burocratico, con l’obiettivo di gestirli correttamente per evitare il rischio di ricorsi, piuttosto che come strumento strategico.
Vi è anche la necessità che imprese di pulizia e stazioni appaltanti si impegnino a parlare un comune
linguaggio. A suo avviso, i potenziali protagonisti degli appalti verdi si stanno adeguatamente preparando a livello formativo ad una cultura green? Sicuramente, sia le stazioni appaltanti che le imprese di pulizia, stanno andando in questa direzione. Entrambe richiedono formazione tecnico continua, nonostante gli attuali CAM nel cleaning risalgano al 2021. La formazione resta un’attività fondamentale per l’acquisizione di competenze professionali, garantire la conformità normativa, la sostenibilità del servizio e l’efficacia delle operazioni. Attraverso la formazione, il personale acquisisce le competenze necessarie per utilizzare prodotti e tecniche a basso impatto ambientale, gestire in sicurezza l’ambiente di lavoro, e assicurare standard di igiene elevati, soprattutto in contesti sensibili come gli ospedali. Questo non solo è richiesto dai CAM, ma comporta una maggiore professionalità e può ridurre il turnover del personale.
Negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare dell’impiego, da parte delle aziende produttrici e delle imprese di pulizia, di tecnologie per la stima e la quantificazione dell’impatto ambientale, soprattutto riferito alla CO2. Cosa ne pensa?
L’impiego di software e di strumenti capaci di rendicontare gli impatti ambientali e le emissioni di CO2 associate a un servizio, è sicuramente positivo. In questo contesto diventa molto importante dichiarare i principi di calcolo su cui le rendicontazioni vengono eseguite. Il riferimento a regole standardizzate, come le norme ISO o l’uso di software, può senz’altro facilitare il percorso di rendicontazione. Tuttavia occorre tenere presente che i CAM sono assai chiari sulle informazioni da fornire alla stazione appaltante circa le caratteristiche di prodotti, attrezzature e macchinari da impiegare all’interno del cantiere. Quindi il rapporto sui prodotti consumati potrebbe già essere più che sufficiente per soddisfare le richieste del RUP o del DEC. Quando si passa al calcolo delle CO2 è necessario
considerare percorsi rigorosi, come quelli stabiliti della Carbon Footprint di servizio, che richiedono mesi di lavoro. Essere davvero autorevoli, fornendo informazioni precise, scientificamente basate e rilasciate da un ente terzo, riferito ad uno standard riconosciuto a livello internazionale, rappresenta oggi la strada più sicura da percorrere. A maggior ragione nel professional cleaning, un settore dove la conoscenza di base per gli elementi di sostenibilità è assai più elevata rispetto ad altri.
Allargando lo sguardo, dal presente al futuro, in considerazione del momento difficile attraversato dall’economia internazionale, si ha la sensazione che negli USA l’amministrazione Trump tenda a contrapporsi alla scelta di un’economia green adottata dalla UE; siamo forse in presenza di un’inversione di tendenza che rischia di smantellare il Green Deal e può danneggiare l’export del Made in Italy nel pulito professionale?
Rispetto ad altri settori, come dicevamo, il mercato del cleaning professionale si è da tempo orientato verso elementi di sostenibilità ambientale, ben prima del Green Deal e dell’applicazione dei CAM. Credo che tutto ciò abbia portato i soggetti protagonisti di questo processo a coniugare il tema della sostenibilità non solo con l’innovazione, ma anche con la ricerca di un effettivo risparmio nei costi di gestione. Punto 3, nel corso degli anni, ha più volte analizzato sia l’impatto ambientale che economico dei CAM nei cantieri di pulizia professionale. Il risultato: la sostenibilità, se ben applicata, porta sempre ad effettivi risparmi. Insomma l’innovazione green può rappresentare davvero la carta vincente. Il settore del cleaning esprime davvero qualità e un indubbio valore aggiunto nelle tecnologie prodotte. A differenza di quanto è capitato, per esempio, nel settore automobilistico, dove la spinta verso l’elettrico ha fatto emergere come quella tecnologia non fosse ancora pronta, il comparto del pulito professionale è riuscito a cogliere in antici-
po la direzione mettendo il Paese in condizioni favorevoli per l’export.
Un’ultima domanda: lei è uno dei titolari di uno studio che ha fatto del green una vera e propria mission, com’è cambiato da parte degli operatori del professional cleaning l’approccio culturale a questa tematica?
Nati nel 2003, siamo stati tra le prime realtà di consulenza in Italia, con un’offerta di percorsi e strumenti legati allo sviluppo sostenibile. Per i primi cinque-sei anni, abbiamo lavorato per l’ente pubblico. Negli anni Duemila, erano loro ad impartire l’input fondamentale per la definizione di strumenti di sostenibilità, tra cui il Green Public Procurement. Puntavano molto alla rendicontazione dell’impatto ambientale e sociale, associato al governo del territorio: erano gli antenati dei bilanci di sostenibilità. Fin dall’inizio abbiamo notato una straordinaria risposta da parte degli enti pubblici e di qualche imprenditore sensibile al tema. Poi c’è stato il boom in cui sembrava che tutto dovesse necessariamente diventare sostenibile. Fortunatamente la nostra esperienza ci ha permesso di individuare quelle aziende che volevano davvero intraprendere un serio percorso di sostenibilità. Oggi, nonostante a livello politico la sostenibilità venga in parte messa in discussione, continuiamo ad avere un’ottima risposta da parte del mercato. Credo che il segreto di tutto ciò stia soprattutto nella selezione della clientela, lavorando solo al fianco di imprenditori e realtà pubbliche pienamente determinate a condividere percorsi di sviluppo sostenibile con basi solide e rigorose. I nostri partner commerciali devono essere orientati ad un reale cambiamento nel modo di produrre e gestire le attività aziendali, specie con la possibilità di ridurre i costi associati all’espletamento di un servizio di pulizia, a fronte dell’applicazione di elementi di vera sostenibilità.
RESTRIZIONE 78 REACH
Al via la regolamentazione di immissione sul mercato di microparticelle di polimeri sintetici. La nuova normativa introduce vincoli e adempimenti progressivi anche per i diversi attori della filiera del cleaning, dai produttori, distributori, importatori fino alle imprese di servizi
MAURIZIO PEDRINI
Sono scattati il 17 ottobre i primi obblighi previsti dal Regolamento (UE) 2023/2055 (REACH - voce 78), che disciplina la restrizione sull’immissione sul mercato delle microplastiche per limitarne l’emissione nell’ambiente. In particolare, stabilisce divieti e adempimenti progressivi per i produttori e utilizzatori a valle, come obblighi di comunicazione delle emissioni e limiti alle vendite. Il Regolamento di esecuzione (UE) 2025/2067 pubblicato in data 16 ottobre 2025 aggiorna infatti il Regolamento (CE) n. 340/2008 relativo alle tariffe e agli oneri pagabili all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), in applicazione del regolamento REACH (CE n. 1907/2006). L’obiettivo del regolamento è migliorare la sostenibilità finanziaria dell’ECHA, tenendo conto della diminuzione degli introiti dalle tariffe dopo il termine di registrazione del 2018 e della riassegnazione di compiti scientifici e tecnici ad altre agenzie dell’Unione Europea.
COS’È IL REACH
È un regolamento dell’Unione europea adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche, aumentando al contempo la competitività dell’industria chimica dell’UE. Esso promuove anche metodi alternativi per la valutazione dei pericoli che possono derivare dalle sostanze, allo scopo di ridurre il numero delle sperimentazioni condotte sugli animali. Si applica in linea di principio a tutte le sostanze chimiche: non solo quelle utilizzate nei processi industriali, ma anche quelle di uso quotidiano, ad esempio i prodotti per la pulizia o le vernici, come pure quelle presenti in articoli quali indumenti, mobili ed elettrodomestici. Per tale motivo questo regolamento ha un impatto sulla maggioranza delle aziende presenti nell’UE. Il regolamento REACH attribuisce alle aziende l’onere della prova, pertanto le aziende, a norma del regolamento, devono identificare e gestire i rischi collegati alle sostanze che producono e commercializzano nell’Unione europea. Esse devono dimostrare all’ECHA come utilizzare tali sostanze senza correre rischi e comunicare le misure di gestione dei rischi agli utilizzatori. Se i rischi non possono essere gestiti, le autorità possono limitare in vari modi l’uso delle sostanze. Nel lungo termine le sostanze più pericolose devono essere sostituite con altre meno pericolose. La sigla REACH deriva dall’inglese e indica “registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche”. Tale regolamento è entrato in vigore in data 1 giugno 2007.
COME FUNZIONA
Il REACH stabilisce le procedure per la raccolta e la valutazione delle informazioni sulle proprietà delle sostanze e sui pericoli che derivano da esse. Le aziende sono tenute a registrare le sostanze e a tale fine devono collaborare con le altre aziende che stanno eseguendo la registrazione della stessa sostanza. L’ECHA riceve le singole registrazioni e ne valuta la conformità normativa, mentre gli Stati membri dell’UE valutano le sostanze selezionate al fine di chiarire le preoccupazioni iniziali per la salute umana e per l’ambiente. Le autorità e i comitati scientifici dell’ECHA valutano se è possibile gestire i rischi che derivano dalle sostanze. Le autorità possono vietare le sostanze pericolose se i rischi derivanti non sono gestibili e possono anche decidere di limitare un uso o di renderlo possibile solo previa autorizzazione.
EFFETTI SULLE AZIENDE
Il REACH riguarda un’ampia gamma di aziende che operano in molti settori, persino alcune che potrebbero non ritenersi coinvolte
CAMBIANO
LE PROCEDURE
PER LA VALUTAZIONE DELLE INFORMAZIONI
SULLE SOSTANZE
CHIMICHE
E SUI PERICOLI
CHE DERIVANO DA ESSE
nell’uso di sostanze chimiche. In generale, ai sensi del REACH sono previsti i seguenti ruoli:
Fabbricante: chi produce prodotti chimici, per uso proprio o per fornirli ad altri soggetti (anche non a scopo di esportazione), avrà probabilmente delle responsabilità importanti nell’ambito del REACH.
Importatore: chi effettua degli acquisti al di fuori dell’UE/del SEE, avrà probabilmente alcune responsabilità nell’ambito del REACH. I beni acquistati possono essere singole sostanze chimiche, miscele per successiva vendita o prodotti finiti, come indumenti, mobili o prodotti in plastica.
Utilizzatori a valle: la maggior parte delle aziende utilizza prodotti chimici, talvolta addirittura senza rendersene conto; pertanto è necessario che i soggetti verifichino i propri obblighi qualora utilizzino qualsiasi sostanza chimica nella propria attività industriale o professionale, poiché potrebbero avere delle responsabilità a norma del regolamento REACH.
Imprese stabilite al di fuori dell’UE: le imprese stabilite al di fuori dell’UE non sono vincolate dagli obblighi del regolamento REACH, anche qualora esportino i loro prodotti nel territorio doganale dell’Unione europea. Gli obblighi di REACH, quale la registrazione, ricadono sugli importatori stabiliti nell’Unione europea o sul rappresentante esclusivo, stabilito nell’Unione europea, di un fabbricante non-UE.
NUOVE REGOLE
In particolare, i fornitori di microparticelle - sotto forma di sostanze in quanto tali o in quanto componenti di miscele destinate ad essere utilizzate presso siti industriali dovranno garantire:
• la presenza di istruzioni per l’uso e lo smaltimento, per ridurre il rilascio nell’ambiente;
• la dichiarazione “Le microparticelle di polimeri sintetici fornite sono soggette alle condizioni di cui all’allegato XVII, voce 78, del Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio” che informi chiaramente sulla soggezione del prodotto alla voce 78 dell’allegato XVII di REACH;
attualità microplastiche
NORMATIVA UE COSA CAMBIA NEL CLEANING
L’eliminazione progressiva delle microplastiche spinge il settore verso l’impiego di polimeri biodegradabili, additivi naturali e formulazioni a base acquosa più compatibili con l’ambiente. Le aziende che anticiperanno l’adeguamento potranno evitare criticità regolatorie e valorizzare il proprio impegno green nella comunicazione commerciale e negli appalti pubblici orientati ai criteri ambientali minimi (CAM). Le microplastiche sono comunemente presenti in formulazioni detergenti e manutentive. Queste particelle possono svolgere funzioni specifiche - ad esempio come abrasivi, addensanti, stabilizzanti o agenti filmanti - ma il nuovo Regolamento (UE) 2023/2055 impone una revisione profonda delle ricette e delle modalità di utilizzo.
PRODOTTI INTERESSATI
Detergenti in gel o paste abrasive per la pulizia di superfici dure.
Prodotti manutentivi o lucidanti contenenti polimeri microdispersi.
Additivi concentrati o “booster” per lavaggi meccanici o manuali.
Detergenti industriali con funzione sospendente o protettiva.
IMPATTI OPERATIVI PER LA FILIERA
Produttori e importatori devono aggiornare le schede di sicurezza e indicare la presenza, concentrazione e tipologia di microparticelle di polimeri sintetici.
Distributori e rivenditori professionali devono verificare la conformità dei prodotti in assortimento, privilegiando referenze già “microplastic-free”.
Imprese di pulizia e facility services devono adottare istruzioni d’uso e smaltimento in linea con le nuove prescrizioni, riducendo il rischio di rilascio ambientale durante il lavaggio o il risciacquo.
PROSSIME SCADENZE
2026 Avvio dell’obbligo di trasmissione dati all’ECHA 2027–2030 Entrata in vigore dei divieti di utilizzo progressivi per specifiche categorie di prodotti
Cristina Cardinali
• l’indicazione della quantità o concentrazione di microplastiche contenute e indicazioni sull’identità del polimero.
A partire da tale data i produttori dovranno comunicare a valle alcune informazioni, ovverosia le istruzioni per l’uso e lo smaltimento, che spieghino chiaramente agli utilizzatori professionali come prevenire i rilasci di microplastiche nell’ambiente. Questi obblighi formativi rappresentano il primo passo di una roadmap europea che prevede ulteriori requisiti nei prossimi anni, tra cui la trasmissione dei dati all’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), a partire dal 2026.
Oltre a un generale aggiornamento dei costi amministrativi e scientifici, il regolamento introduce altre modifiche di rilievo.
TARIFFA DI RICORSO RIDOTTA
Finora, qualsiasi azienda che volesse contestare una decisione dell’ECHA - ad esempio un rigetto di registrazione, una richiesta di informazioni supplementari o un provvedimento di sanzionedoveva pagare una tariffa piena per il ricorso, spesso molto elevata. Con il nuovo regolamento viene introdotta una tariffa di ricorso ridotta, pensata per alleggerire il costo a carico delle imprese, in particolare delle PMI, e incoraggiare un accesso più equo alle procedure di ricorso. In altre parole, le aziende potranno contestare le decisioni dell’ECHA senza dover sostenere oneri economici sproporzionati. Questo intervento si inserisce nella più ampia volontà dell’UE di rendere più accessibili le procedure regolatorie, evitando che il fattore economico diventi un ostacolo alla tutela dei diritti delle imprese.
PER LE IMPRESE
Il regolamento rivede anche le procedure di riconoscimento dello status di PMI, da cui dipendono riduzioni ed esenzioni tariffarie. In particolare vengono aggiornati i criteri e i controlli per prevenire errori o dichiarazioni non corrette, che in passato avevano generato numerosi contenziosi. Le PMI che dimostreranno i requisiti previsti potranno quindi beneficiare di riduzioni tariffarie più trasparenti e uniformi in tutti gli Stati membri.
Le aziende dovranno aggiornare le strategie di compliance economica, valutando l’impatto dei nuovi oneri e le opportunità derivanti dalle agevolazioni. Per le PMI queste misure potranno significare una riduzione dei costi di gestione dei procedimenti regolatori, sia in fase di registrazione sia in caso di ricorso. Il regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione, quindi il 5 novembre 2025, tuttavia, le modifiche relative alla tariffa di ricorso ridotta, e al riconoscimento dello status di PMI si applicheranno a partire dal 5 febbraio 2027.
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tendenze ecosistemi nazionali
MENO DANNI PIÙ SENSIBILITÀ AMBIENTALE
Fiumi contaminati da scarichi tossici, suolo avvelenato da rifiuti interrati, habitat distrutti da discariche abusive, è ancora il presente nel nostro Paese. Ma si intravedono segnali di cambiamento
CRISTINA CARDINALI
Il Rapporto Ispra-Snpa, “Il danno ambientale in Italia: attività del SNPA e quadro delle azioni 2021-2022”, fotografa con crudezza una realtà difficile da rimandare a semplici dati e statistiche. Dietro i numeri ci sono territori contaminati, comunità in allarme, ecosistemi compromessi. Il documento, giunto alla sua terza edizione, mette in fila le attività svolte dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente per dare risposta agli incarichi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in applicazione della parte sesta del D.Lgs. 152/2006. Ma, soprattutto, mette nero su bianco l’entità di una sfida che l’Italia non può più permettersi di affrontare con lentezza.
UNA CLASSIFICA ALLARMANTE
Il Rapporto mostra con chiarezza quali siano le fonti più ricorrenti di impatto. In testa alla classifica troviamo l’abbandono e l’interramento di rifiuti solidi, una pratica tanto illegale quanto devastante. Il suolo, che dovrebbe essere custode di fertilità e biodiversità, diventa pattumiera a cielo aperto o discarica invisibile. Segue lo scarico incontrollato di reflui liquidi: acque sporche, spesso cariche di sostanze tossiche, che si infiltrano nel terreno o si riversano nei fiu-
tendenze ecosistemi nazionali
COS’È IL DANNO AMBIENTALE
Ai sensi dell’art. 300 del Codice dell’Ambiente è danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima. In altre parole, il danno ambientale si riferisce a qualsiasi alterazione significativa e misurabile delle risorse naturali come suolo, acqua, fauna e flora. Riconoscere e prevenire questi danni è fondamentale per preservare il nostro ecosistema.
Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
con costi elevatissimi per la riparazione, Il Rapporto segnala anche forti differenze territoriali: alcune regioni sono più attive nel segnalare e chiudere istruttorie, altre molto meno.
La capacità di reagire non è uniforme, e questo genera squilibri pericolosi in un Paese che, per conformazione geografica e densità industriale, è particolarmente fragile. La frammentazione territoriale significa infatti dover operare in contesti normativi e amministrativi non uniformi.
L’’EMERGENZA RIGUARDA TUTTI
Non si tratta solo di casi isolati. I dati raccontano di una pressione diffusa e sistemica: rifiuti abbandonati o sotterrati che contaminano falde acquifere, scarichi abusivi che minacciano la balneabilità di tratti di mare, discariche irregolari che sprigionano sostanze pericolose nell’aria.
di tutela deve rafforzarsi: servono sanzioni più efficaci, meccanismi di responsabilità più stringenti, strumenti assicurativi e finanziari che garantiscano la riparazione anche quando l’operatore economico non è più solvibile.
OPPORTUNITÀ PER IL CLEANING
In questo scenario le imprese del cleaning professionale non sono spettatrici, ma attori coinvolti. Operano spesso in contesti ad alta sensibilità ambientale - ospedali, scuole, strutture ricettive, industrie - e sono chiamate a garantire standard sempre più elevati di sicurezza e sostenibilità.
mi, avvelenando la catena ecologica e mettendo a rischio la salute umana. Non mancano emissioni in atmosfera, abbattimenti di specie protette, cantieri che devastano habitat delicati.
Dietro ciascuna tipologia di danno c’è quasi sempre una filiera di incuria, illegalità e carenze strutturali. Per le aziende questo contesto significa lavorare spesso in ambienti compromessi o a rischio contaminazione, con conseguenze operative e responsabilità crescenti. La gestione corretta dei rifiuti prodotti dalle attività, il rispetto delle procedure di smaltimento e la tracciabilità diventano allora i focus su cui concentrarsi.
TEMPI LENTI E RISCHI VELOCI
I tempi della giustizia - penale o civile - raramente coincidono con i tempi della natura. Mentre i fascicoli si accumulano e le indagini seguono iter complessi, il danno ambientale continua a propagarsi, talvolta in modo irreversibile.
Ciò che emerge è una sproporzione: mentre la macchina amministrativa e giudiziaria procede con lentezza, il degrado ambientale agisce con rapidità. Questo si traduce nel ritrovarsi a rincorrere, a intervenire quando il danno è già profondo, quando addirittura non impossibile da sanare e comunque
Ogni istruttoria non è solo un atto burocratico, ma un campanello d’allarme per la collettività. Ogni evidenza di danno ambientale significa rischi sanitari, svalutazione del territorio, perdita di risorse naturali.
IL SISTEMA CRESCE, MA NON BASTA
Il Rapporto riconosce anche i progressi del sistema. Le Linee guida SNPA 33/2021 hanno introdotto metodologie più rigorose per valutare e accertare il danno. ISPRA e le Agenzie ambientali lavorano con strumenti scientifici sempre più avanzati. La formazione degli operatori è in crescita. Tutto ciò è positivo, ma non sufficiente. Il salto di qualità richiesto va oltre la competenza tecnica: occorre accelerare le procedure, garantire fondi certi per le riparazioni, potenziare i controlli territoriali e rendere più efficace il coordinamento tra enti centrali e locali.
Ma la riparazione dei danni ambientali ha un costo altissimo. Ogni bonifica, ogni recupero ecologico, ogni intervento di contenimento richiede risorse economiche ingenti. Questo significa che il conto rischia di ricadere sui cittadini e sulla collettività, mentre i responsabili diretti - quando individuati - non sempre sono in grado o disposti a sostenere l’onere. È qui che il sistema
Per il settore le sfide sono molteplici: gestione corretta dei rifiuti, tracciabilità, rispetto delle normative di smaltimento, riduzione dei consumi di acqua ed energia, adozione di prodotti chimici meno impattanti. Ma, al tempo stesso, emergono opportunità significative: le gare pubbliche e il mercato premiano sempre di più aziende capaci di certificare i propri processi, dimostrare impegni ambientali concreti, investire in innovazione tecnologica e protocolli sostenibili.
Le imprese che sapranno muoversi in questa direzione non solo ridurranno rischi e costi di compliance, ma acquisiranno un vantaggio competitivo in un mercato che vede nella sostenibilità un requisito di fiducia e di qualità.
DALLA CONSAPEVOLEZZA ALL’AZIONE
Serve dunque una strategia di sistema che vada dalla prevenzione alla riparazione, passando per una giustizia ambientale più veloce ed efficace. Serve un salto culturale che faccia percepire il danno ambientale non come questione tecnica per addetti ai lavori, ma come emergenza sociale, economica e sanitaria.
Questo salto culturale è anche una sfida competitiva: chi saprà trasformare la sostenibilità in valore aggiunto, chi investirà in innovazione ecologica e in formazione specializzata, potrà non solo adattarsi, ma crescere in un mercato sempre più attento alla responsabilità ambientale.
Lavanderia professionale ECOLABEL
Un detergente professionale non è semplicemente una soluzione chimica, ma deve essere una combinazione studiata di sostanze capace di rimuovere lo sporco in modo efficace, rispettando al tempo stesso i tessuti e riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente. Per le lavanderie professionali, che devono garantire standard elevati di igiene e risultati costanti, Icefor ha scelto di sviluppare una gamma dedicata di prodotti certificati Ecolabel, il marchio europeo di qualità ecologica.
La filosofia alla base di questa linea è chiara: offrire al professionista strumenti affidabili e performanti, senza rinunciare alla responsabilità ambientale. Le formulazioni Ecolabel Icefor si distinguono per l’assenza di profumi allergenici, candeggianti a base di cloro, conservanti contenenti isotiazolinoni o cessori di formaldeide. Sono inoltre privi di Edta e fosfati, sostanze ad alto impatto ambientale, e utilizzano tensioattivi e coadiuvanti di origine vegetale, biodegradabili e rispettosi degli ecosistemi acquatici. Questo approccio è coerente con l’identità aziendale: Icefor ha da sempre una forte anima green, testimoniata da importanti certificazioni internazionali. Tra queste spiccano la ISO 14001, che attesta le alte performance ambientali, e la ISO 14067, relativa alla carbon footprint, grazie alla quale l’azienda è in grado di calcolare e monitorare l’impronta climatica dei propri prodotti. A queste si aggiungono l’AISE Charter for Sustainability, riferimento europeo per la detergenza sostenibile, e la certificazione Plastica Seconda Vita, che garantisce l’utilizzo di imballi in plastica 100% riciclata post-consumo e da sottoprodotto. Un percorso che testimonia coerenza e continuità: basti pensare che Icefor ha registrato il suo primo prodotto certificato Ecolabel già nel lontano 2002.
Ottenere un lavaggio ottimale, tuttavia, non dipende solo dalla qualità dei prodotti: diversi fattori incidono sul risultato finale. La durezza dell’acqua, il corretto rapporto di carico, la scelta dei tempi di lavaggio e il monitoraggio del pH delle soluzioni sono elementi chiave, così come la funzionalità dei sistemi di dosaggio, la separazione dei tessuti e la buona manutenzione dell’impianto. Icefor supporta i professionisti non solo con prodotti efficaci, ma anche con la competenza tecnica necessaria a gestire al meglio l’intero ciclo di lavaggio.
All’interno della gamma Ecolabel troviamo soluzioni specifiche per ogni fase del processo.
ECO L01 Addolcente, grazie all’elevata concentrazione di sequestranti biodegradabili contrasta qualsiasi livello di durezza dell’acqua, rendendo più efficace l’azione del lavaggio. ECO L02 Detergente mantiene lo sporco in sospensione per tutta la durata del ciclo, evitando che si ridepositi sui tessuti, mentre ECO L03 Ammorbidente restituisce morbidezza duratura, agevola la stiratura e dona una profumazione delicata e priva di allergeni già dalla fase di asciugatura. Infine, ECO L04 Ossidante, a base di ossigeno attivo, garantisce candeggio e igienizzazione profonda di biancheria, tovagliato e capi in fibre naturali o sintetiche, assicurando bianchi brillanti e colori vividi senza compromettere l’ambiente.
Ad affiancare questi prodotti troviamo il detergente liquido con enzimi attivi ECO Icebianco, certificato Ecolabel. La sua formula rimuove macchie organiche e proteiche già a basse temperature, riducendo i consumi energetici. È ideale per tessuti in cotone e fibre sintetiche ed è pensato per piccole e medie lavatrici a lavaggio unificato.
Oltre alla certificazione Ecolabel, tutti i prodotti della linea riportano il logo Ecobiovegan, a testimonianza dell’impegno Icefor contro i test sugli animali. Una scelta che rafforza il legame tra responsabilità sociale e innovazione tecnologica.
L’Europa impone un cambio di passo verso questo materiale onnipresente nel cleaning professionale. Serve progettare, scegliere e gestire con criterio, per ridurne l’impatto e garantirne la conformità
PLASTICA E CLEANING
La plastica è ovunque nel mondo del cleaning professionale, dalla formulazione dei flaconi e dei contenitori alla realizzazione di serbatoi, ingranaggi e pannelli di macchinari, passando per spazzole, maniglie e componenti monouso. È materia prima
economica, leggera, spesso igienica e tecnicamente versatile, ma porta con sé vincoli normativi, sfide ambientali e la necessità di scelte progettuali oculate.
Andiamo a vedere cosa cambia oggi per chi compra, progetta o vende prodotti e attrez-
CRISTINA CARDINALI
zature per il cleaning, quali sono le buone scelte tecniche e dove cercare i trade-off accettabili tra prestazione, sicurezza e circolarità. L’obiettivo è quello di governarla tecnicamente: ridurre il monouso, garantire tracciabilità dei materiali, estendere la vita utile delle macchine, semplificare il riciclo e assicurare la sicurezza degli operatori. Gli attori della filiera, che siano produttori, importatori o distributori, sono quindi chiamati a ripensare materiali, design e dichiarazioni non solo sul piano tecnico ma anche documentale, come parte integrante del prodotto, al pari delle prestazioni.
QUALE PLASTICA
Non tutte le plastiche sono uguali e non tutte possono essere eliminate. Sostituire
LE TRE DIRETTRICI EUROPEE SULLA PLASTICA
Direttiva SUP (EU 2019/904)
Riduzione dell’uso di articoli monouso in plastica e promozione di alternative riutilizzabili o compostabili. Impatto diretto su imballaggi e consumabili del cleaning.
Vieta l’immissione sul mercato di prodotti contenenti microplastiche aggiunte intenzionalmente.
Richiede valutazione formulativa, adeguamento etichette e informazioni obbligatorie ai clienti.
Regolamento Macchine (EU 2023/1230)
Applicazione diretta dal 2027. Sostituisce la Direttiva 2006/42/ CE e introduce obblighi più precisi di sicurezza, tracciabilità dei materiali e documentazione tecnica per macchine e attrezzature.
la plastica è realistico e sensato quando il materiale non è soggetto a stress meccanico elevato o a contatto con prodotti chimici aggressivi: ad esempio, riduzione del monouso per dispenser ricaricabili, uso di cartone per confezioni esterne, o fibre naturali nei panni quando la performance lo consente. Invece, per tubazioni resistenti agli agenti chimici, serbatoi che richiedono profilassi anticorrosiva o componenti di si-
curezza a basso peso, polimeri tecnici (PE, PP, PA, PVDF) rimangono spesso la scelta più pratica. La valutazione va sempre fatta caso per caso, con analisi di compatibilità chimica, vita utile e facilità di riciclo.
MICROPLASTICHE
La restrizione REACH sull’uso intenzionale di microparticelle (spesso chiamate microplastiche) impatta prodotti che, per esempio, possono contenere microsfere abrasive, filler plastici o cariche polimeriche disperdibili.
Dal punto di vista operativo significa verificare la presenza di particelle solide polimeriche nelle formulazioni e nei materiali degli accessori e aggiornare le dichiarazioni e le informazioni a clienti e utilizzatori, secondo le scadenze stabilite (alcune informazioni sono già entrate in vigore e altre fasi hanno tempistiche successive). Per chi vende detergenti professionali: introdurre check formali nelle procedure di sviluppo formulativo e nei capitolati d’acquisto per escludere l’uso intenzionale di microparticelle, oppure giustificare tecnicamente
NEL CLEANING
LA PLASTICA
CONTINUERÀ
A GARANTIRE IGIENE, SICUREZZA
E PRESTAZIONI
ELEVATE, MA NON POTRÀ PIÙ ESSERE
GESTITA COME
MATERIA A BASSO
COSTO SENZA ANALISI
TECNICA
E TRACCIABILITÀ
PACKAGING
Il settore della detergenza è uno dei campi in cui ridurre la plastica è più immediato. Le aziende che introducono sistemi di ricarica, taniche riutilizzabili o flaconi in plastica riciclata post-consumo (PCR) ottengono vantaggi ambientali, logistici e d’immagine.
Le soluzioni “refill” riducono i rifiuti, semplificano la gestione degli stoccaggi e comunicano una visione moderna della sostenibilità. La chiarezza in etichetta sulla percentuale di materiale riciclato, e l’indicazione del corretto smaltimento, sono oggi segnali attesi dai buyer e dai grandi clienti del facility management.
L’AFTERMARKET
e documentare le esclusioni previste dalla normativa (biodegradabilità, solubilità, uso esclusivo in impianti chiusi ecc.).
PROGETTARE IN CONFORMITÀ
Per i costruttori di macchine e attrezzature, la plastica è oggi un terreno di progettazione strategica. Il Regolamento Macchine richiede maggiore tracciabilità dei materiali, garanzia di sicurezza e chiarezza documentale. Usare plastiche certificate e compatibili con i detergenti professionali è il primo passo. Ma serve anche progettare la sostituzione rapida dei componenti plastici, per favorire manutenzione e allungare la vita utile della macchina. È una logica di economia circolare che trova spazio anche nei manuali CE, dove devono comparire istruzioni di smaltimento e indicazioni per il riciclo.
Infine, l’impiego di materiali riciclati è positivo solo se accompagnato da test e certificazioni che garantiscano la stabilità meccanica e la sicurezza nel tempo.
Un approccio circolare efficace non è solo usare la riduzione del monouso, ma progettare prodotti e macchine che durino, siano riparabili e riutilizzabili. Catalogare i pezzi di ricambio plastici e renderli reperibili a costi ragionevoli è una strategia vincente che favorisce riparazioni anziché sostituzioni complete.
È poi possibile prevedere schede di valutazione LCA semplificate per prodotti chiave come serbatoi, carrelli o spazzole per argomentare scelte di materiale in capitolati. Infine alcuni produttori stanno introducendo sistemi di ritiro dei componenti usati o di riciclo meccanico interno, chiudendo il cerchio tra produzione e rigenerazione. È un modo per ridurre sprechi e fidelizzare il cliente, che percepisce la macchina come un bene durevole e aggiornabile.
SCEGLIERE IL POLIMERO GIUSTO
Ogni plastica ha la sua ragione d’essere. La scelta del polimero deve partire da tre domande: quale stress chimico subirà, quale stress meccanico e quale durata attesa? Individuare correttamente il materiale significa conoscere i limiti chimici e meccanici del proprio impiego: l’HDPE per i detergenti alcalini concentrati, il POM per le
parti in movimento, gli elastomeri EPDM o FKM per le guarnizioni a contatto con solventi.
Attenzione però agli additivi: stabilizzanti, pigmenti e ritardanti di fiamma devono essere conformi al REACH e privi di sostanze soggette a restrizioni. Le richieste documentali in tal senso stanno crescendo nei capitolati d’acquisto delle grandi imprese. Chi redige un capitolato tecnico dovrà infatti chiedere ai fornitori garanzie chiare: dichiarazioni UE di conformità, compatibilità chimica con i detergenti impiegati, percentuale di materiale riciclato certificato, assenza di microplastiche intenzionali, piani di disponibilità dei ricambi. Queste informazioni rappresentano la base per scelte d’acquisto consapevoli, in linea con i criteri ambientali minimi e con le tendenze della committenza pubblica e privata.
GUARDARE AVANTI
Nei prossimi mesi le aziende dovranno adeguarsi gradualmente alle scadenze previste dalla restrizione REACH e aggiornare la documentazione tecnica per il Regolamento Macchine. È consigliabile inserire un check normativo nel ciclo di sviluppo prodotto e rivedere la supply chain in chiave di tracciabilità.
La plastica nel cleaning professionale resta una risorsa preziosa, ma non può più essere gestita come materia a basso costo senza tracciabilità e analisi tecnica. Le norme europee aumentano le responsabilità di produttori, fornitori e buyer. Le scelte vincenti sul campo sono quelle che combinano progettazione per la durabilità e la riparabilità, l’uso ragionato di materiale riciclato certificato, l’eliminazione o la drastica riduzione del monouso quando possibile e naturalmente controlli documentali e clausole contrattuali che trasferiscano la conformità lungo la filiera.
Il sistema certificato implementato da Filmop permette all’azienda di quantificare la carbon footprint di tutti i carrelli in gamma, dai secchi e carrelli strizzatori ai carrelli multiuso, inclusi i carrelli di servizio. Il conteggio della CO2e avviene per ogni fase della loro vita, dall’approvvigionamento delle materie prime fino allo smaltimento.
Quantificare l’impatto dei carrelli in termini di emissioni rappresenta per Filmop un presupposto fondamentale per definire e implementare strategie di compensazione. In tal senso, dal 2023 l’azienda supporta programmi internazionali di carbon offset, sostenendo progetti che rispondono a più obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile tra cui il contrasto al cambiamento climatico, la tutela degli ecosistemi e il miglioramento della
salute. Quest’anno Filmop ha scelto di rinnovare il proprio sostegno al progetto di tutela e conservazione della Cordillera Azul, un’area protetta di oltre 1,3 milioni di ettari nel cuore del Perù minacciata dalla deforestazione. Ha inoltre sostenuto un secondo progetto in Nigeria volto a fornire a milioni di famiglie stufe ad alta efficienza energetica che consentono di ridurre l’inquinamento dell’aria interna dell’85% e abbattere il consumo di combustibili di oltre il 60%. Grazie a questi interventi ad alto valore ambientale e sociale sono state compensate 800 tonnellate di CO2e che si aggiungono alle 800 già compensate precedentemente.
Il Green è un classico intramontabile per noi. E anche per i nostri carrelli: grazie al sistema certificato
Carbon Footprint Systematic Approach
possiamo quantificare la CO 2e legata a ogni fase del loro ciclo di vita.
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tendenze modelli produttivi
IL CASO DEL TISSUE PROFESSIONALE
Negli ultimi anni l’industria cartaria, e in particolare il comparto del tissue destinato agli usi professionali, si trova ad affrontare una sfida che non è solo ambientale ma anche competitiva e reputazionale
Marchio Ecolabel
Ecolabel UE è il marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea che contraddistingue prodotti e servizi che, pur garantendo elevati standard prestazionali, sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. I criteri Ecolabel UE, che sono definiti a livello europeo con un’ampia partecipazione di parti interessate, tra cui associazioni di produttori, di consumatori e ambientaliste, riguardano anche aspetti inerenti la salute e la sicurezza dei consumatori e, ove pertinente, i principali aspetti sociali ed etici dei processi produttivi.
Certificazione
Certificazione FSC
È una certificazione internazionale, indipendente e di parte terza, specifica per il settore forestale e i prodotti - legnosi e non legnosi - derivati dalle foreste. FSC rilascia tre tipi di certificazioni: Gestione Forestale (Forest Management, FM), Catena di Custodia (Chain of Custody, CoC) e Legno Controllato (Controlled Wood, CW). I diversi tipi di certificazione sono collegati alle differenti componenti dei prodotti forestali, le fasi di produzione e il successivo avanzamento dei prodotti attraverso la catena di custodia. La verifica di tutti i requisiti FSC è garanzia che il materiale ed i prodotti con il marchio FSC provengano da fonti responsabili.
Certificazione PEFC
Tale certificazione non attesta una particolare prestazione ambientale, né tanto meno dimostra un particolarmente basso impatto ambientale, ma piuttosto sta a dimostrare che l’organizzazione certificata ha un sistema di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività, e ne ricerca sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e soprattutto sostenibile. La ISO 14001 non è quindi una certificazione di prodotto (come invece i marchi ecologici), bensì una certificazione di processo.
La certificazione forestale è uno strumento volontario, che influisce sul mercato, implementato attraverso due processi separati ma collegati: certificazione di gestione forestale sostenibile e certificazione di catena di custodia.La certificazione di gestione sostenibile delle foreste assicura che le foreste siano gestite in linea con stringenti requisiti ambientali, sociali ed economici. La certificazione di catena di custodia tiene traccia dei prodotti forestali dalle foreste gestite in maniera sostenibile al prodotto finale. Dimostra che ogni fase della catena di approvvigionamento è attentamente monitorata attraverso audit indipendenti per garantire che siano escluse le fonti non sostenibili.
La pressione normativa, la crescente sensibilità dei consumatori e la necessità di garantire efficienza nei processi spingono le aziende a ripensare modelli produttivi e logiche di mercato. Il segmento del tissue professionale - che include asciugamani, rotoli industriali, carta igienica e prodotti destinati ad alberghi, ristoranti, ospedali, uffici e comunità - rappresenta una quota rilevante del mercato cartario. Si tratta di un settore particolarmente sensibile al tema della sostenibilità perché impatta quotidianamente sulla percezione dei consumatori finali e sulla reputazione di chi eroga servizi.
Le aziende che producono tissue si trovano a gestire non solo le tradizionali sfide legate alla disponibilità e al costo delle materie prime fibrose (cellulosa vergine e riciclata), ma anche quelle legate al ciclo di vita del prodotto: consumo di energia e acqua, emissioni, trattamenti chimici e imballaggi. In questo contesto, la normativa europea diventa non un vincolo isolato, ma un tassello di una più ampia strategia di transizione ecologica.
COME SI PRODUCE LA CARTA TISSUE
Per comprendere appieno le implicazioni della sostenibilità e delle nuove regole, è utile soffermarsi sul processo produttivo del tissue.
La carta tissue nasce principalmente da fibre di cellulosa. Possono essere fibre vergini, ricavate dal legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, oppure fibre riciclate, recuperate dalla raccolta differenziata della carta. In alcuni casi, si sperimentano anche fibre alternative, come quelle ottenute da residui agricoli (paglia, canna da zucchero, bambù), in linea con i principi dell’economia circolare.
DANIELE CARLI
Le fibre vengono sospese in acqua e miscelate con additivi chimici che servono a migliorare la resistenza, la morbidezza o le proprietà assorbenti della carta. È in questa fase che entrano in gioco le norme su classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele (CLP): ogni sostanza deve essere attentamente valutata, classificata e gestita secondo criteri di sicurezza.
L’impasto, molto diluito, viene steso su un nastro di tessuto e l’acqua in eccesso viene rimossa meccanicamente e per aspirazione. Successivamente, il foglio passa attraverso la sezione di pressatura e asciugatura. Nel tissue, l’asciugatura è una fase cruciale: si utilizza il cosiddetto TAD (Through-Air Drying) o il tamburo Yankee, che conferisce alla carta la sua tipica leggerezza e sofficità.
Dopo l’asciugatura, il foglio di tissue può essere goffrato (stampato in rilievo) per
aumentarne lo spessore e la capacità assorbente. Questa lavorazione richiede macchinari complessi che, a loro volta, devono rispettare i requisiti della direttiva RoHS in materia di componenti elettronici. Infine, il tissue viene tagliato, arrotolato, confezionato. Qui entrano in gioco anche gli imballaggi: un settore su cui la spinta verso la sostenibilità è fortissima, con la sostituzione delle pellicole in plastica convenzionale con soluzioni compostabili o riciclabili.
Questo processo, apparentemente semplice, richiede in realtà un’enorme quantità di energia e acqua. È qui che si gioca la sfida della sostenibilità: ridurre i consumi, recuperare le acque di processo, ottimizzare l’uso delle fibre e degli additivi.
AGGIORNAMENTI LEGISLATIVI
Il regolamento europeo sui POPs introduce limitazioni severe all’uso di sostanze chi-
miche che, per la loro persistenza nell’ambiente, possono accumularsi negli organismi viventi. Sebbene il tissue in sé non sia il principale ambito di applicazione, i trattamenti, i rivestimenti o gli additivi utilizzati per migliorare le prestazioni (ad esempio in termini di resistenza, morbidezza o capacità assorbente) devono essere valutati con attenzione. La filiera deve garantire che nessun residuo indesiderato entri nel ciclo di produzione o di smaltimento. Il regolamento CLP impatta invece in modo diretto sulle sostanze chimiche utilizzate nei processi industriali e nei prodotti ausiliari impiegati nella produzione di tissue. Le aziende cartarie sono chiamate ad aggiornare le etichettature, rivedere le schede di sicurezza e, in alcuni casi, a sostituire componenti o additivi che non rispettano le nuove classificazioni di pericolosità. Infine, la revisione della direttiva RoHS, che riguarda apparecchiature elettriche ed elettroniche, ha conseguenze indirette anche per il comparto tissue. Le macchine per la produzione e la trasformazione della carta, così come i dispenser intelligenti
CASE STUDY #1
UNA RISORSA
DA PROTEGGERE
Tra tutti i fattori produttivi, l’acqua è certamente il più strategico per l’industria cartaria. Non a caso, storicamente i primi insediamenti produttivi sorgevano vicino a fiumi e torrenti: la disponibilità idrica era indispensabile per trasportare e disperdere le fibre, per lavare, per raffreddare e per alimentare i processi di trasformazione. La carta tissue, leggera e soffice, richiede un impasto estremamente diluito: per ottenere un foglio sottile occorrono grandi quantità di acqua che funge da veicolo e permette di distribuire uniformemente le fibre. In passato, questo comportava consumi molto elevati e scarichi altrettanto ingenti, con impatti significativi sugli ecosistemi acquatici. Oggi la situazione è profondamente
cambiata. Le cartiere moderne hanno investito in impianti di trattamento e ricircolo che consentono di riutilizzare più volte la stessa acqua all’interno del ciclo produttivo. Si stima che in alcuni stabilimenti all’avanguardia oltre il 90% dell’acqua venga recuperato e riutilizzato, riducendo drasticamente i prelievi da fiumi e falde.
Il tema non è solo quantitativo ma anche qualitativo. L’acqua che esce dallo stabilimento deve rispettare parametri stringenti di depurazione, in linea con le direttive europee e le normative nazionali. Ciò implica tecnologie avanzate di filtrazione, flottazione, trattamenti biologici e, in alcuni casi, osmosi inversa. Il risultato è una riduzione degli scarichi inquinanti e
una migliore compatibilità ambientale con i territori circostanti.
L’uso razionale dell’acqua è anche un driver di competitività. Le aziende che riescono a contenere i consumi riducono i costi operativi e si pongono come interlocutori affidabili nei confronti di clienti sempre più attenti alla sostenibilità. Inoltre, la gestione responsabile delle risorse idriche viene spesso valorizzata nelle certificazioni ambientali (ISO 14001), diventando un plus comunicativo verso il mercato. In prospettiva, le imprese dovranno continuare a migliorare l’efficienza dei cicli produttivi e a contribuire a una gestione integrata della risorsa idrica a livello di bacino, collaborando con comunità locali, enti regolatori e altri settori industriali.
sempre più diffusi nei servizi professionali, devono rispettare limiti stringenti sull’uso di piombo e altre sostanze pericolose. Questo porta a una revisione dei capitolati tecnici e delle forniture, con impatti che si riflettono sull’intero ecosistema della pulizia professionale.
DAL VINCOLO ALL’OPPORTUNITÀ
A un primo sguardo, si potrebbe pensare che le nuove norme rappresentino solo un aggravio burocratico. In realtà, se affrontate con una visione strategica, esse diventano un volano per l’innovazione. Le imprese della carta tissue che scelgono di anticipare i cambiamenti e di posizionarsi con prodotti più sicuri e sostenibili hanno la possibilità di rafforzare la propria competitività sul mercato. Significa, ad esempio, progettare prodotti più facilmente riciclabili, ridurre o eliminare sostanze chimiche a rischio, comunicare in maniera trasparente ai clienti le caratteristiche ambientali e sanitarie delle soluzioni offerte. Non è solo un esercizio di conformità, ma un elemento di differenziazione commerciale.
INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ
Le tecnologie di nuova generazione offrono strumenti concreti per ridurre l’impatto ambientale del tissue. Sistemi di produzione a basso consumo energetico, processi di riciclo delle acque di lavorazione, utilizzo di fibre alternative e applicazioni di nanofibre per incrementare le prestazioni meccaniche senza ricorrere a trattamenti chimici pesanti sono già realtà in diversi impianti. Anche il packaging diventa un’area di innovazione: sostituire la plastica con materiali compostabili o riciclabili, ottimizzare i volumi di imballaggio e ridurre il trasporto a vuoto sono azioni concrete che contribuiscono a ridurre le emissioni complessive.
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE
Le aziende cartarie sono oggi chiamate a integrare le proprie strategie con obiettivi di responsabilità sociale: tutela dei lavoratori, trasparenza verso i clienti, comunicazione onesta sulle prestazioni ambientali. L’impegno si traduce anche nella capacità di educare il mercato. Fornire ai clienti fi-
LA CARTA TISSUE, PRODOTTO DI USO QUOTIDIANO CHE
TOCCA MILIONI
DI PERSONE, PUÒ ASSUMERE UN VALORE SIMBOLICO, PORTANDO UN MESSAGGIO
DIALOGO CON LA FILIERA
L’applicazione delle normative richiede un lavoro di pianificazione accurato. Si tratta di ripensare i cicli produttivi in un’ottica integrata. Per i produttori di tissue significa dialogare con i fornitori di sostanze chimiche, con i costruttori di macchinari, con i distributori e con i clienti finali. Ogni cambiamento normativo si riflette in un adattamento dei capitolati di acquisto, nella revisione dei processi interni e nella formazione del personale. È un percorso che non può essere improvvisato, ma che deve essere gestito con metodo e con un approccio proattivo.
UNO SGUARDO AL FUTURO
La sostenibilità del tissue professionale non è una moda passeggera, ma una direttrice strategica che nei prossimi anni diventerà imprescindibile. La riduzione delle emissioni di CO2, l’efficienza energetica e la circolarità delle risorse sono già parte degli obiettivi di neutralità climatica al 2050 fissati dall’Unione Europea.
nali - dalle imprese di pulizia agli ospedali, dagli hotel agli uffici - strumenti per comprendere il valore di un prodotto certificato, sicuro e rispettoso dell’ambiente è parte integrante della catena della sostenibilità. In questo senso, le certificazioni ambientali (come FSC, PEFC o Ecolabel UE) non sono solo marchi da esibire, ma garanzie di un percorso concreto.
In questo scenario, la carta tissue assume un valore simbolico oltre che funzionale: è un prodotto di uso quotidiano che tocca milioni di persone e che diventa veicolo di un messaggio di responsabilità ambientale. Ogni rotolo, ogni foglio di carta può raccontare la storia di un’azienda che ha scelto di innovare, di rispettare le regole e di guardare al futuro con coerenza.
www.paperdi.it
PASSIONE PER IL TISSUE
Passione per la natura
In un mondo in continua evoluzione, dove la sostenibilità non è solo una scelta, ma una necessità imposta dalle sfide ambientali contemporanee, Paperdi presenta la nuova gamma di prodotti in carta tissue riciclata: EcoGreen Plus
Questa linea unisce la sostenibilità della carta EcoGreen con le performance della pura cellulosa, in un perfetto equilibrio tra prestazioni elevate e responsabilità ambientale.
Un progetto teso a ridurre al minimo gli sprechi ottimizzando i processi di recupero e mantenendo un elevato standard qualitativo per prodotti realizzati con carta riciclata al 100% ma, allo stesso tempo, equiparabili alla pura cellulosa per morbidezza, resistenza e grado di bianco.
La gamma EcoGreen Plus è prodotta con materie prime riciclate, provenienti per oltre il 50% da pre-consumo interno e per la restante parte da post consumo riqualificato, per un prodotto sostenibile e al contempo con un elevato grado di bianco grazie a un attento processo di selezione preliminare dei materiali.
Attraverso un modello di approvvigionamento che mira a ottimizzare le risorse locali l’innovativa gamma di casa Paperdi promuove lo sviluppo di un’economia di tipo circolare a KM0, riducendo, al contempo, i consumi associati ai processi di trasporto e movimentazione dei materiali.
Le caratteristiche distintive della linea EcoGreen Plus sono numerose. Innanzitutto, la fortificazione del networking territoriale che permette di promuovere un modello di economia circolare in cui
ogni fase della produzione è pensata per massimizzare l’efficienza e minimizzare gli sprechi. La linea PLUS mantiene una elevata uniformità, nonostante la variabilità della materia prima, grazie ad un’attenta e scrupolosa selezione delle materie di lavorazione: un ulteriore passo verso la valorizzazione del prodotto e una crescente soddisfazione della clientela.
Un approvvigionamento sostenibile, quindi, che consente di ottimizzare l’uso delle risorse disponibili sul territorio attraverso un approccio locale che si traduce in minori emissioni relativamente ai processi di logistica e in una strategia complessiva tesa alla riduzione dell’impatto ambientale.
Attraverso pratiche produttive responsabili, Paperdi opera nel rispetto e nella tutela dell’ambiente, senza compromettere la qualità del prodotto finale.
L’introduzione della linea EcoGreen Plus segna un passo significativo nella missione aziendale orientata a fornire la giusta carta per chi la consuma e per il pianeta. Prodotti di alta qualità con un impatto ambientale contenuto dimostrano che è possibile coniugare innovazione, qualità e responsabilità sociale per promuovere uno stile più sostenibile.
LA BELLEZZA della sostenibilità
Prima ancora che “green” diventasse di moda, Falpi iniziava un percorso di “produzione sostenibile” che prosegue tuttora, con immutata convinzione.
Oltre ai numerosi prodotti CAM/GPP, infatti, è ampia la gamma di carrelli che vantano l’etichetta Epd che determina l’impatto ambientale dei prodotti sull’intero ciclo di vita, certificati recentemente anche sull’impronta climatica secondo la norma UNI EN ISO/TS 14067 (Carbon Footprint); estesa è anche la gamma di articoli certificati ReMade in Italy, consci del fatto che Falpi è stata la prima azienda del settore a ottenere questa certificazione; e ampia è anche la gamma di panni e frange che hanno conseguito l’etichetta Ecolabel, costituendo un precedente di grande importanza, perché, anche in questo caso, Falpi è stata pioniera, e oggi può garantire la massima compatibilità ambientale possibile su una vasta selezione di prodotti tessili e in particolare sulle frange di lavaggio in microfibra Oggi “sostenibilità ambientale” è un mantra che accompagna ogni comunicazione aziendale, per questo il motto di Falpi è Ecological Unbreakable Beauty. Non ci sono aziende manifatturiere o imprese di servizi che non esaltino comportamenti virtuosi nei confronti dell’ambiente o non evidenzino il carattere “green” della propria produzione. Si insegue l’obiettivo dell’economia circolare, nuovo traguardo da raggiungere, per quanto non a tutti sia chiaro il percorso da intraprendere e a volte si equivochi: adottare politiche di riduzione dei rifiuti, di abbattimento dei livelli di inquinamento, di incremento della durabilità dei prodotti, sono solo piccoli passi, a volte solo degli alibi. Ma è indispensabile esibire una patente ecologica, perché gli allarmi sulle condizioni del pianeta non sono più solo allarmismi, ma evidenze di un male che rischia di diventare incurabile.
Falpi è nata ecologista, perché il rispetto per l’ambiente da sempre è inscritto nel suo DNA e, da sempre, da quando è sorta, oltre trent’anni or sono, ha perseguito una politica verde, coniugata con un profondo rispetto sociale, che significa trasparenza di comportamenti e ricerca costante di una innovazione che fosse anche arricchimento culturale per tutto il settore.
Da tempi non sospetti, quando parlare di qualità, di ambiente, di ecologia era considerato per lo meno eccentrico, Falpi ha intrapreso percorsi pionieristici, con tenacia, determinazione, convin-
zione, certificando processi, prodotti, sistemi, in un continuum di attenzione all’uomo e all’ambiente, che non ha mai avuto battute d’arresto, e che continua ancora oggi, con immutato entusiasmo. Non solo, in un mondo dove si cerca sempre più di delocalizzare la produzione in Paesi a basso costo di manodopera, Falpi ha scelto di essere fedele alla qualità del vero Made in Italy, difendendo il valore della produzione italiana perché la filosofia dell’azienda è approntata a un’etica da perseguire in ogni fase, dal progetto alla realizzazione, al post-vendita.
C’è una pianta che somiglia a un’erba e che invece ha l’ambizione di diventare materia prima industriale: il bambù gigante.
Perchè prenda piede nel comparto del cleaning professionale servono volumi, investimenti e mercati stabili per giustificare impianti di trasformazione
LA FIBRA CHE PUÒ CAMBIARE LA FILIERA
CRISTINA CARDINALI
Per il comparto della carta destinata al cleaning professionale - carta per asciugamani, carta igienica, tovagliati monouso, packaging tecnico - il bambù si presenta oggi come un’opportunità concreta: rapida crescita, resa in biomassa, potenziale riduzione della dipendenza dalle importazioni di cellulosa. Ma cosa serve per trasformare questa promessa in una filiera italiana solida e affidabile? E quali sono i casi nazionali da cui imparare?
Il racconto comincia dai campi. Il bambù (specie Moso e affini) è una graminacea a crescita estremamente veloce: una proprietà che di per sé rappresenta un vantaggio strategico per chi produce fibre. A differenza del bosco tradizionale, non
serve aspettare decenni: la pianta ricresce dal rizoma, gli impianti sono pluriennali e la raccolta può diventare regolare in tempi brevi. Per un comparto come quello della carta professionale, dove continuità, qualità della fibra e prezzi contenuti sono requisiti essenziali, queste caratteristiche attirano l’attenzione di produttori, stampatori e distributori.
PERCHÉ IL BAMBÙ
Nel tessuto produttivo della carta per il cleaning, la materia prima incide su costi, performance meccaniche (resistenza, assorbenza) e sostenibilità complessiva del prodotto. Il bambù è interessante perché, opportunamente trasformato in polpa, può
concorrere a offrire fibre dalla resa elevata e con potenzialità di minor uso di sbiancanti e additivi rispetto ad alcune lavorazioni tradizionali. Questo è particolarmente importante quando il target è la carta monouso o il packaging usa-e-getta dove la certificazione di compostabilità e il minor impatto ambientale hanno valore commerciale. Inoltre, la possibilità di sviluppare produzione nazionale di cellulosa riduce l’esposizione della filiera ai rischi logistici e ai costi delle importazioni.
DAL FUSTO ALLA FIBRA
La filiera è semplice a parole, ma complessa nei dettagli: impianto del bambuseto; gestione agronomica (distanze di piantu-
CASI ITALIANI E PERCORSI POSSIBILI
Alter Eco Pulp + Forever Bambù Collaborazione per studiare la produzione di polpa di cellulosa organica dal bambù gigante per packaging e monouso compostabile. L’iniziativa ha coinvolto anche l’Università La Sapienza di Roma per validare il processo e le potenzialità di filiera.
Consorzio Bambù Italia
Rete nazionale che promuove impianti, ricerca e mercati per il bambù in Italia, con attività di supporto alla coltivazione e alla creazione di filiere. Potenziale interlocutore per produttori di carta interessati a fonti nazionale di fibra.
Terreni abbandonati
Associazioni e sindacati hanno lanciato proposte per utilizzare terreni abbandonati per piantagioni di bambù, come soluzione per rigenerare suoli e creare nuove economie rurali. Queste proposte mirano anche a convertire superfici marginali in coltivazioni a rapido ritorno economico.
Terre confiscate alla mafia
Considerare il canale delle terre confiscate alla mafia può rappresentare un’opportunità win-win: rigenerazione territoriale e produzione di fibre per carta con valore aggiunto reputazionale. Rimane però indispensabile avviare studi di fattibilità, impianti pilota e partnership solide per passare dall’idea al progetto concreto.
TRASFORMATO IN POLPA
PUÒ CONCORRERE
A OFFRIRE FIBRE
DALLA RESA ELEVATA
E POTREBBE RIDURRE
L’USO DI SBIANCANTI
E ADDITIVI
mazione, irrigazione iniziale, controllo rizomi); raccolta meccanizzata; trasporto; trasformazione in polpa (cottura, separazione della lignina, lavaggi); quindi formatura della carta e finitura per i requisiti tecnici del cleaning professionale (resistenza a umidità, grammature specifiche, trattamenti igienizzanti dove previsti). Ogni passaggio richiede investimenti e know-how per creare un percorso industriale che assicuri qualità costante e costi competitivi.
Una delle sfide centrali per l’impiego del bambù nel cleaning professionale è la trasformazione in polpa cellulosica adatta alle linee di produzione già esistenti. La struttura fibrosa del bambù - ricca di cellulosa ma con un contenuto di lignina più elevato rispetto ad alcune essenze legnose - impone un processo calibrato.
La prima fase è la preparazione meccanica: il materiale viene tagliato, triturato e lavato per eliminare impurità. Segue la cottura alcalina o la digestione con soda caustica o solfito, finalizzata a rompere la lignina e liberare la fibra. Dopo un accurato lavaggio e sbiancamento, si ottiene una pasta che può essere integrata, in percentuali variabili, con altre fibre vegetali o riciclate. Le cartiere più avanzate stanno testando tecnologie di polpazione a basso impatto ambientale, come la soda-anthraquinone o
i processi organosolv, che riducono l’uso di reagenti chimici e consentono il recupero dei sottoprodotti. La fase di raffinazione meccanica successiva serve a migliorare la coesione tra le fibre, influenzando direttamente la resistenza e la morbidezza della carta. In chiusura, la formazione del foglio e l’essiccazione completano la trasformazione, dando vita a bobine di carta di bambù pronte per essere tagliate, goffrate, laminate o trattate con additivi antibatterici, secondo la destinazione d’uso.
Il vantaggio? Una fibra uniforme, naturale e biodegradabile, che risponde alle esigenze di performance e tracciabilità richieste dal mercato, in crescente attenzione verso le matrici vegetali alternative.
DOVE SIAMO IN ITALIA
Negli ultimi anni si sono moltiplicate iniziative industriali e progetti di ricerca che guardano alla cellulosa da bambù come a un’opzione concreta per packaging e prodotti monouso. Un esempio significativo è la collaborazione tra Alter Eco Pulp e Forever Bambù - con il coinvolgimento accademico - per studiare una filiera di cellulosa “a impatto zero” ricavata dal bambù, con destinazione imballaggi e prodotti monouso compostabili.
Progetti come questo dimostrano che la tecnologia per trasformare bambù in polpa adatta a prodotti professionali esiste e sta venendo testata in contesti italiani. A fianco delle start-up, esistono consorzi e aggregazioni agricole (come il Consorzio Bambù Italia) che puntano a strutturare la coltivazione su scala nazionale, con l’obiettivo di fornire materia prima stabile e tracciata alle industrie. L’idea è duplice: creare lavoro agricolo sui territori, e allo stesso tempo alimentare stabilimenti cartari e di trasformazione locali.
IL VALORE PER IL CLEANING
PROFESSIONALE
Per chi produce e distribuisce carta per il cleaning, l’adozione di fibre di bambù può
tradursi in vantaggi concreti: miglior posizionamento ESG del prodotto, differenziazione commerciale, potenziale minore uso di sostanze chimiche nella fase di sbiancamento (a seconda del processo) e una filiera più corta se la coltivazione si sviluppa in Italia. Sul piano tecnico, però, è necessario che le prove di prodotto - resistenza, assorbenza, compatibilità con le macchine di trasformazione e con gli utilizzatori finali - confermino la piena sostituzione o l’integrazione con fibre tradizionali.
OSTACOLI E PUNTI DEBOLI
Non tutto il percorso della filiera nascente è roseo: servono volumi, investimenti e mercati stabili per giustificare impianti di trasformazione. Le cartiere richiedono continuità e uniformità, caratteristiche che si costruiscono con ettari coltivati e contratti pluriennali. Serve inoltre formazione agronomica, macchine per una raccolta efficiente e la capacità di certificare tracciabilità e sostenibilità.
Infine, sul piano reputazionale, non bastano etichette: la filiera deve dimostrare pratica sostenibile e rispetto delle norme ambientali per evitare greenwashing.
RIGORE TECNICO E OPPORTUNITÀ VERDE
Il bambù non è una scorciatoia magica per risolvere tutti i problemi della filiera cartaria italiana, ma rappresenta una risorsa che merita investimenti e attenzione. Per il settore della carta del cleaning professionale, la sfida è trasformare curiosità e progetti pilota in forniture affidabili, certificate e competitive. Ciò richiederà lavoro di squadra: agricoltori, start-up, cartiere, centri di ricerca e, perché no, realtà di economia sociale che gestiscono beni restituiti alla comunità. L’esito potrebbe essere una carta che non solo asciuga o pulisce, ma racconta una filiera: nazionale, sostenibile e tracciata. E per una filiera che pulisce il mondo, questo racconto potrebbe essere un valore aggiunto decisivo.
DESIGN IN BAMBOO l’igiene incontra la forza della natura
Dalla carta alla tecnologia, una collezione che unisce performance, design ed eco-sostenibilità. Prodotti in bamboo e un progetto innovativo di dispenser interamente naturali per ridurre sprechi e impatto ambientale, senza rinunciare alla qualità.
In un’epoca in cui sostenibilità e responsabilità ambientale non sono più semplici opzioni ma scelte imprescindibili, Hygenia ha deciso di compiere un passo concreto verso un futuro più green.
La linea Bamboo nasce dall’idea di utilizzare una materia prima rinnovabile e dalle straordinarie proprietà, per offrire soluzioni di igiene professionale che rispettino sia le persone sia il pianeta.
Perché il bamboo? Questa pianta straordinaria è capace di crescere fino a 30 volte più velocemente di un albero, senza bisogno di fertilizzanti, pesticidi o insetticidi. La carta ottenuta è naturalmente batteriostatica, completamente biodegradabile e priva di cloro o profumazioni aggiunte. Una materia prima rinnovabile che riduce l’impatto ambientale e contribuisce a preservare le risorse naturali, diminuendo le emissioni e promuovendo un modello produttivo più sostenibile.
La Bamboo Collection di Hygenia comprende carta igienica, asciugamani, salviette e rotoli mini-jumbo, tutti confezionati in imballaggi di carta riciclata e certificata FSC, per un ciclo produttivo coerente con i principi di sostenibilità. Questi prodotti non rinunciano alla performance: morbidezza, resistenza e assorbenza si uniscono a un design minimalista, perfetto per ambienti professionali e di alta gamma.
L’impegno verso la sostenibilità si traduce anche in attività di ricerca e sviluppo. Hygenia sta infatti progettando una linea di dispen-
ser realizzati interamente in bamboo, pensati per integrare estetica naturale, durata e funzionalità. Sarà un passo ulteriore verso la coerenza totale tra contenuto e contenitore, con soluzioni che comunicano attenzione all’ambiente in ogni dettaglio offrendo al mercato una soluzione unica.
La sostenibilità della linea Bamboo non è solo nel materiale, ma anche nei sistemi di gestione che ne ottimizzano l’uso. Dispenser compatibili e intelligenti permettono di ridurre gli sprechi, minimizzando la frequenza di ricarica e il volume di rifiuti. Meno sprechi significa meno trasporti, meno imballaggi e meno CO2, in un ciclo virtuoso che abbraccia l’intera filiera. Questo approccio si inserisce in una visione aziendale più ampia: Hygenia investe in energia da fonti rinnovabili, sviluppa prodotti concentrati e monodose che riducono fino al 95% la plastica e gli imballaggi, e progetta soluzioni certificate per qualità, sicurezza e rispetto ambientale. La linea Bamboo ne è la perfetta ambasciatrice, combinando innovazione, responsabilità e design.
Scegliere la Bamboo Collection di Hygenia significa comunicare un messaggio chiaro: l’igiene di qualità può e deve andare di pari passo con la tutela dell’ambiente. Un valore che, in hotel, ristoranti e spazi pubblici, diventa segno distintivo che unisce eleganza, innovazione e responsabilità.
tendenze sostenibilità
MENO SPRECHI PIÙ VALORE
Tork mette la sostenibilità al centro della propria strategia, con un approccio che unisce produttività, cultura aziendale e certificazioni. Così l’azienda punta a una competitività davvero “green” e duratura
Negli ultimi anni il settore industriale ha dovuto affrontare sfide decisive per ridurre l’impatto ambientale e migliorare le condizioni di lavoro. In questo scenario, Tork - marchio di Essity - ha assunto un ruolo di riferimento, grazie a soluzioni che uniscono innovazione, cultura aziendale e attenzione alle certificazioni. Ne abbiamo parlato con Riccardo Trionfera, direttore commerciale Professional Hygiene di Essity Italia.
FABIO CHIAVIERI
«Per noi la sostenibilità è un obiettivo concreto, non uno slogan» afferma. «Lavoriamo sia sugli stabilimenti produttivi sia sui prodotti. Nei nostri impianti utilizziamo fonti di energia rinnovabile, dal biogas ai pannelli solari, e abbiamo sistemi avanzati di recupero e riciclo dell’acqua. L’obiettivo di Essity è chiaro: azzerare le emissioni di CO2 entro il 2025».
Sul fronte dei prodotti, l’impegno è altrettanto forte. «Abbiamo sviluppato e certificato una gamma di panni Biobased, con fibre fino al 100% di origine vegetale, certificati TÜV Austria. I nostri imballaggi contengono già oltre il 30% di plastica riciclata, e stiamo lavorando per aumentare progressivamente la quota».
Un aspetto poco considerato, ma cruciale, riguarda il peso dei prodotti: «I nostri panni sono più leggeri rispetto agli stracci tradizionali. Questo significa ridurre non solo il rifiuto generato, ma anche i costi di smaltimento».
Ma come sappiamo bene la produttività di un’azienda dipende anche da dettagli apparentemente minori. «Uno dei problemi principali che abbiamo verificato - spiega Trionfera - è che gli operatori sono costretti a interrompere il lavoro per reperire prodotti per la pulizia. Secondo le nostre ricerche, il 44% degli operatori si ferma oltre 20 volte per turno per procurarsi o smaltire panni, e il 74% prende più prodotti del necessario
ESSITY PUNTA ALLA SOSTENIBILITÀ CONCRETA
INVESTENDO NEI
PROPRI STABILIMENTI
PER AZZERARE
LE EMISSIONI DI C02
ENTRO IL 2025
se non li ha a portata di mano. Questo è puro spreco di tempo e risorse». Le soluzioni proposte da Tork affrontano direttamente questo problema: «I nostri dispenser consentono di collocare i prodotti vicino ai punti di utilizzo e di erogare un panno alla volta. In questo modo si riducono gli sprechi, si mantengono i panni puliti e si migliora la produttività complessiva». I benefici sono concreti: test indipendenti hanno dimostrato che i panni exelCLEAN® riducono i tempi di lavoro fino al 35%, la fatica fino al 30% e l’uso di solventi fino al 40%.
Per Trionfera però la vera sfida è soprattutto culturale. «Nell’industria, ad esempio, è ancora diffuso l’uso di stracci o pezzame di recupero. È un retaggio difficile da scardinare: si pensa di risparmiare, ma in realtà si aumentano costi e inefficienze. Il nostro compito è creare una cultura del miglioramento continuo».
In questo scenario la formazione diventa quindi parte integrante della strategia: «Investiamo molto sia sulla formazione interna - i nostri collaboratori devono saper parlare lo stesso linguaggio dei clienti - sia su quella esterna. Quando entriamo in un’azienda non portiamo subito un catalogo, ma osserviamo i processi, discutiamo con i responsabili della qualità o della manutenzione, proponiamo soluzioni personalizzate e spesso attiviamo test pilota».
CERTIFICAZIONI
Oltre alla sostenibilità ambientale, le certificazioni sono un elemento distintivo dell’offerta Tork. «Abbiamo una gamma di prodotti certificata per il settore aerospaziale, con requisiti antistatici e di sicurezza molto rigorosi. Offriamo inoltre certificazioni specifiche per il food contact (HACCP), oltre alla certificazione Biobased TÜV e a quella sulle fibre». Ad oggi i settori che si sono rivelati più sensibili a questi aspetti sono il farmaceutico, il chimico e l’elettronico, ma è un cultura che si sta ampliando.
OPPORTUNITÀ FUTURE
Parlando di futuro, Trionfera osserva come il settore industriale si stia muovendo per creare ambienti più puliti e digitalizzati. «Anche con macchine sempre più automatizzate, le operazioni di manutenzione e pulizia rimangono indispensabili. Non credo che cambieranno radicalmente, ma saranno sempre più al centro dell’attenzione. Per aziende come la nostra è un’opportunità: fornire prodotti mirati, ergonomici, sostenibili e ben custoditi all’interno dei dispenser».
Su questo tema, infatti sono già state sviluppate soluzioni connesse per il settore washroom (dispenser intelligenti che comunicano dati in tempo reale), ma non ancora per il settore industriale.
In definitiva, la strategia di Tork poggia su quattro pilastri fondamentali - produttività, sostenibilità, cultura aziendale e certificazioni - che insieme delineano un approccio concreto e coerente alla crescita. Come ricorda Trionfera, la vera sostenibilità non è solo una questione ambientale, ma anche economica e culturale: significa ridurre gli sprechi, costruire relazioni solide con i clienti e generare valore condiviso. Solo così si può parlare di una competitività che non si esaurisce nel breve periodo, ma che si rafforza nel tempo, creando benefici duraturi per l’azienda, le persone e l’ambiente.
EFFICACIA ED EFFICIENZA senza compromessi
TTS si impegna quotidianamente nella realizzazione di soluzioni in grado di rendere la pulizia più efficace ed efficiente, senza andare a discapito di ambiente e salute. Ne è un chiaro esempio l’ampia gamma di microfibre progettate per eccellere in termini di prestazioni e sostenibilità.
LA MICROFIBRA CHE SI PRENDE CURA DELL’AMBIENTE
Le microfibre TTS soddisfano le esigenze delle diverse superfici e condizioni di sporco, minimizzando l’impatto ambientale delle operazioni di pulizia. L’alto potere assorbente che caratterizza l’intera gamma permette di beneficiare di un’elevata autonomia di lavaggio mentre l’efficace azione meccanica consente di rimuovere facilmente sporco e microrganismi, riducendo la quantità di acqua e chimico necessari. Le microfibre TTS sono efficienti non solo in fase di pulizia ma anche a operazioni ultimate, resistono infatti a molti più lavaggi rispetto ai filati naturali assicurando una lunga durata. La loro sostenibilità è stata formalmente riconosciuta: numerosi panni e ricambi hanno ottenuto la certificazione Ecolabel UE, il marchio di eccellenza ambientale dell’Unione Europea che identifica i prodotti a minor impatto ambientale. La prestigiosa etichetta offre una garanzia unica al consumatore in
quanto certifica l’assenza, o la presenza entro limiti molto stringenti, di innumerevoli sostanze nocive per la salute e l’ambiente. Sancisce inoltre la sostenibilità lungo tutto il ciclo di vita e la resistenza nel tempo a lavaggi, sfregamento e luce. Test di laboratorio evidenziano il basso impatto ambientale delle microfibre TTS anche sul fronte microplastiche: i panni manuali multiuso Allice Eco, i panni fronte-retro Tri Wet 1 e i ricambi Microriccio, Microblue, Microred, Soft Band, Microsafe e Ultrasafe hanno superato le analisi condotte da un laboratorio specializzato classificandosi a basso rilascio di microplastiche in fase di lavaggio. Il deterioramento delle fibre sintetiche durante il lavaggio in lavatrice comporta il rilascio di particelle nell’ambiente, parte delle quali rientrano nella catena alimentare con effetti poco noti sulla salute, l’utilizzo di prodotti tessili resistenti ai lavaggi contribuisce dunque a salvaguardare il nostro pianeta e i suoi abitanti.
INFALLIBILI CONTRO BATTERI, FUNGHI E VIRUS
Le microfibre TTS puliscono in profondità, senza limitarsi allo sporco visibile. Tra queste si distinguono i ricambi Microblue, Microred e Microsafe e il panno semi-monouso Exon, la cui ef-
ficacia è comprovata scientificamente: l’analisi dell’azione meccanica condotta da un laboratorio esterno ha mostrato risultati eccellenti nella rimozione dei microrganismi. Più precisamente, rimuovono il 99,99% dei batteri Staphylococcus aureus ATCC 6538, Enterococcus hirae ATCC 10541 e Pseudomonas aeruginosa ATCC 15442 e del fungo Candida albicans ATCC 10231 I test di laboratorio confermano anche le elevate prestazioni di Microriccio, offrendo un altro prezioso alleato su cui poter contare: è sufficiente passare il ricambio sulla superficie, senza aggiungere detergenti o disinfettanti, per rimuovere fino al 98,79% dei batteri Staphylococcus aureus MRSA ATCC 33592, Pseudomonas aeruginosa ATCC 27853, Escherichia coli ATCC 25922 e Salmonella choleraesuis ATCC 10708. I test di laboratorio dimostrano inoltre che il solo passaggio delle microfibre TTS è altamente efficace contro il Coronavirus 229E, con una riduzione del 99,9% per Microblue, Microred e Microriccio e del 99% per Exon. La raccolta efficace permette di ridurre la quantità e l’aggressività del chimico necessario a garantire l’igienizzazione, diminuendo così il rischio di creare batteri resistenti ai disinfettanti.
LA CORRETTA GESTIONE DEI PANNI
Dosely consente di utilizzare un panno sempre diverso e pulito per ogni nuova area, minimizzando il rischio di contaminazione crociata. La stazione di impregnazione di TTS permette infatti di preparare singolarmente i panni poco prima dell’effettivo impiego, regolando il dosaggio da 50 a 350 ml in base alla dimensione della zona da pulire e al grado di sporco presente. Con Dosely si preparano solo i panni di cui si ha realmente bisogno assicurando la massima efficacia del chimico, in questo modo si evitano sprechi e si riduce nel contempo il consumo di soluzione detergente. La stazione di impregnazione di TTS è totalmente meccanica, non necessita quindi di energia elettrica per funzionare e non richiede l’utilizzo di batterie che devono poi essere smaltite a fine vita.
ACQUA E IMPRESA, UN NUOVO EQUILIBRIO
Il bene più prezioso ma al tempo stesso uno dei più fragili. Nel mondo industriale e civile, ogni litro d’acqua risparmiato rappresenta un gesto di responsabilità ambientale e una scelta strategica di efficienza e competitività
Il cambiamento climatico, l’inquinamento e la crescita dei consumi rendono sempre più evidente la scarsità di risorse idriche. Secondo i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, in alcune regioni del Sud Europa la disponibilità d’acqua pro capite è diminuita del 20% in un decennio.
Le aziende e gli enti locali sono quindi chiamati a gestire con intelligenza ogni fase del ciclo idrico: captazione, utilizzo, depurazione, recupero e riuso. In questo scenario, la depurazione e la filtrazione diventano elementi centrali non solo per rispettare le normative, ma anche per garantire continuità produttiva, riduzione dei costi e protezione ambientale. Tradizionalmente, il trattamento delle acque era concepito come una fase conclusiva: si depurava per restituire all’ambiente ciò che era stato utilizzato.
Oggi, invece, la logica si è rovesciata. Le tecnologie più avanzate consentono di filtrare, rigenerare e reimpiegare l’acqua in nuovi cicli produttivi, riducendo drasticamente i prelievi da fonti naturali e le quantità scaricate. Questo approccio “circolare” è il principio dell’economia green. Attraverso sistemi di filtrazione a membrana, osmosi inversa, ultrafiltrazione o trattamenti biologici integrati, è possibile ottenere acque di qualità sufficiente per essere riutilizzate nei processi industriali, nell’irrigazione o persino nei servizi civili. Infatti
IL TRATTAMENTO DELLE
ACQUE NON È PIÙ
UNA VOCE DI COSTO,
MA UNA STRATEGIA CHE
UNISCE INNOVAZIONE, EFFICIENZA E RESPONSABILITÀ AMBIENTALE
nel trattamento delle acqua la filtrazione è oggi una delle frontiere più dinamiche del settore. L’evoluzione dei materiali e delle tecniche di separazione consente di ottenere prestazioni elevate con consumi energetici ridotti. I nuovi filtri a bassa pressione o i sistemi di auto-pulizia automatica permettono di minimizzare gli sprechi, abbattere i costi di manutenzione e prolungare la vita degli impianti. Un impianto di filtrazione efficiente può ridurre fino al 40% il fabbisogno di acqua nuova e fino al 30% i consumi energetici collegati ai processi di depurazione. Numeri che, in un contesto di aumento dei costi energetici e restrizioni idriche, fanno la differenza.
Un altro aspetto fondamentale nel trattamento delle acque riguarda la depurazione che si sta muovendo sempre più nella direzione dell’automazione e del controllo intelligente. I sensori IoT e i sistemi di
monitoraggio in tempo reale consentono di regolare i parametri di trattamento in base alla qualità dell’acqua in ingresso, evitando sprechi e ottimizzando i dosaggi dei reagenti. Parallelamente, si diffondono tecniche biologiche che sfruttano microrganismi selezionati per degradare sostanze inquinanti difficilmente trattabili con metodi convenzionali.
Anche i fanghi residui, un tempo considerati un problema, possono oggi essere valorizzati, ad esempio come fonte di biogas o materia prima per il compostaggio. Il risultato è un impianto più efficiente, più economico e più sostenibile. Infatti sostenibilità e ritorno economico rappresentano due facce della stessa medaglia. Investire in sistemi di trattamento e filtrazione avanzati, non è più solo una questione etica o di immagine, ma genera un ritorno economico tangibile. Le imprese che adottano tecnologie di recupero e riuso delle acque registrano una riduzione dei costi di approvvigionamento, minori spese di smaltimento e un miglioramento dei parametri ESG, sempre più decisivi nei processi di valutazione finanziaria e accesso al credito.
A ciò si aggiunge l’effetto reputazionale: le aziende che adottano un approccio responsabile verso la risorsa idrica si distinguono sul mercato e intercettano la crescente sensibilità dei consumatori verso i temi ambientali. Il futuro del trattamento delle
CRISTINA GUALDONI
acque sarà sempre più legato alla sostenibilità integrata: riduzione dei consumi, ottimizzazione energetica, digitalizzazione e impiego di materiali riciclabili. L’obiettivo è chiudere il cerchio, trasformando l’acqua di scarto in risorsa, in un modello in cui nulla si perde ma tutto si rigenera e sempre più aziende scelgono di integrare le politiche idriche nei propri bilanci di sostenibilità, trasformando la gestione dell’acqua in un elemento distintivo della propria identità ambientale.
CINQUE LEVE PER LE IMPRESE
Abbiamo detto come gestire in modo intelligente la risorsa idrica non sia solo una questione ambientale, ma un vero e proprio investimento sulla competitività. Ogni settore, dall’industria alimentare al cleaning professionale, può migliorare sensibilmente la propria efficienza idrica adottando un approccio strutturato, che integri tecnologia, formazione e controllo. Il primo passo è conoscere per intervenire. Senza dati non c’è miglioramento possibile: installare sistemi di monitoraggio costante consente di raccogliere informazioni precise sui punti di prelievo e di utilizzo, individuando sprechi nascosti, perdite nei circuiti o consumi anomali. L’analisi in tempo reale, unita al monitoraggio energetico, permette di ottimizzare i processi e valutare l’efficacia delle strategie adottate. Un secondo elemento chiave è il recupero. Le acque di processo, di lavaggio o di raffreddamento possono essere trattate e riutilizzate, trasformandosi da scarto a risorsa. Gli impianti di filtrazione e depurazione di nuova generazione rigenerano fino all’80% dell’acqua impiegata, restituendola ai cicli produttivi successivi. Sistemi a membrana, trattamenti biologici e soluzioni fisico-chimiche integrate permettono non solo di risparmiare acqua, ma anche di ridurre le portate di scarico e i costi di smaltimento. Alla tecnologia si affianca la manutenzione, spesso sottovalutata ma decisiva per l’efficienza complessiva. Pulizia periodi-
ca dei filtri, verifica dei parametri di funzionamento, sostituzione dei materiali di consumo e controllo dei dosaggi chimici sono interventi che, uniti a una formazione continua del personale, garantiscono risultati duraturi e una gestione più consapevole delle risorse.
L’innovazione tecnologica, poi, sta cambiando il modo stesso di trattare l’acqua. I sistemi di automazione e controllo remoto, insieme all’IoT e all’intelligenza artificiale, permettono di regolare in tempo reale flussi, qualità e consumi energetici. Sensori avanzati e algoritmi predittivi rendono possibile un funzionamento dinamico, adattato alle condizioni operative, con vantaggi concreti in termini di efficienza, manutenzione preventiva e riduzione dei costi. Infine, la sostenibilità va pianificata. Redigere un bilancio idrico, analogamente a quello energetico, significa conoscere l’intero percorso dell’acqua in azienda, individuare le aree critiche, misurare l’impatto e comunicare i risultati in modo trasparente. Sempre più imprese scelgono di integrare questa analisi nei propri bilanci di sostenibilità, trasformando la gestione dell’acqua in un indicatore di responsabilità e competitività.
L’acqua non è solo una materia prima, ma un indicatore di efficienza e di cultura d’impresa. Ogni metro cubo risparmiato significa meno energia consumata, meno emissioni e maggiore resilienza ai cambiamenti climatici. Promuovere una cultura aziendale orientata alla tutela dell’acqua significa, in definitiva, costruire un futuro più competitivo e più verde. La sfida non è soltanto tecnologica, ma soprattutto culturale: richiede competenze, investimenti e consapevolezza. Anche le piccole e medie imprese possono fare la loro parte grazie a soluzioni modulari, impianti compatti e servizi di gestione in outsourcing. Depurare oggi significa investire nel futuro, perché la vera innovazione non è solo quella che migliora la tecnologia, ma quella che migliora il mondo in cui viviamo.
CONSUMI COME FARE LA DIFFERENZA
Ecco cinque azioni concrete che ogni azienda può intraprendere per ridurre i consumi e fare la propria parte in chiave sostenibile.
Misurare per migliorare. Installare contatori intelligenti, sensori di flusso o sistemi di monitoraggio permette di capire dove e come si consuma più acqua.
Riusare è meglio che scaricare. Non tutta l’acqua “sporca” è da buttare, può essere trattata e riutilizzata nello stesso ciclo produttivo o in fasi meno delicate del processo. Le tecnologie come la filtrazione a membrana o l’osmosi inversa, consentono di recuperare fino all’80% delle acque di processo, con un notevole risparmio economico e ambientale.
Fare manutenzione. Un impianto funziona bene solo se viene curato. La manutenzione preventiva, pulizia dei filtri, controllo dei dosaggi, taratura dei parametri prolunga la vita dei sistemi e mantiene alte le prestazioni.
Tecnologia “intelligente”. L’innovazione digitale sta rivoluzionando anche la gestione idrica. Sensori connessi, software di controllo remoto e algoritmi di analisi predittiva permettono di adattare il trattamento dell’acqua alle reali necessità, evitando eccessi o perdite.
Fare cultura dell’acqua. Fare lavaggi a ciclo chiuso, preferire prodotti concentrati che richiedono meno risciacqui, controllare periodicamente gli impianti.
TECNOLOGIA E RESPONSABILITÀ nel trattamento delle acque
In un’epoca in cui l’acqua è sempre più una risorsa fragile e strategica, Sostelia si impone come il principale gruppo italiano dedicato al trattamento e alla tutela delle acque industriali e civili. Nato dall’unione di otto realtà storiche del settore, il gruppo punta su innovazione tecnologica, sostenibilità e ricerca continua per affrontare le grandi sfide ambientali del nostro tempo. Ne abbiamo parlato con il presidente Giuliano Fontanesi, per capire come Sostelia stia riscrivendo il futuro della gestione dell’acqua.
Sostelia è il principale Gruppo italiano per il trattamento delle acque industriali e civili. Cosa lo rende unico?
Sostelia riunisce otto brand primari del settore, con una rete geografica, tecnica e logistica che lo rende leader in Italia, con ramificazioni anche all’estero: STA Società Trattamento Acque, CID, Coms, NPC, NTW, Simpec, Smart Sea e Trentino Acque.
Come nasce?
Nasce per dare risposte concrete in termini di sostenibilità ambientale e riduzione dei consumi. Il nostro obiettivo è tutelare l’acqua, una risorsa strategica per tutte le attività umane e industriali, in un’epoca di grave impoverimento idrico. Con i nostri servizi e le nostre tecnologie copriamo l’intero ciclo dell’acqua, dal prelievo allo scarico o, preferibilmente, al riutilizzo, per arrivare al trattamento dei fanghi e alle bonifiche ambientali. I nostri impianti sono tutti progettati internamente e li realizziamo con la prospettiva di un rapporto duraturo con i nostri clienti attraverso il servizio di gestione e manutenzione.
Fate ricerca?
Sempre. Il nostro reparto Ricerca e Sviluppo è il cuore del nostro trasferimento tecnologico. Vi operano professionisti specializzati in progetti innovativi, impianti pilota e sperimentazioni su scala reale presso il centro di ricerca interno, un polo di 38.000 mq. Grazie a questa attività oggi disponiamo di tecnologie brevettate come, ad esempio, Alka-Fix-L, che tratta le acque di falda in conformità con le leggi italiane ed è in grado di auto-regolarsi in tempo reale.
Sembra che Sostelia sia già pronta per il mercato globale... È così. Abbiamo collaborazioni internazionali che ci consentono di affrontare i mercati con proposte concrete, che rispondano alle esigenze di oggi e di domani.
Può farci qualche esempio?
Siamo fornitori esclusivi in Italia delle tecnologie Amcon per la disidratazione dei fanghi: parliamo di sistemi brevettati molto avanzati. Abbiamo poi partnership con grandi gruppi industriali, come Edison, con il quale svilupperemo attività di ricerca sui PFAS, che sappiamo essere un’emergenza.
Tre aggettivi per definire Sostelia?
Competenze, tecnologia, innovazione. Anche se Sostelia è molto di più. Responsabilità, lungimiranza, la capacità di lavorare per preservare l’ambiente, oggi e per le generazioni future. Abbiamo uno staff giovane, che sente il valore di un Gruppo che fa della sostenibilità ambientale una responsabilità.
Per chiudere, uno sguardo al passato e uno al futuro. Quali sono i risultati ottenuti da Sostelia e quali le sfide che si prospettano?
Nel suo primo anno, Sostelia ha sfiorato i 100 milioni di fatturato con oltre 400 addetti. Abbiamo pubblicato il Bilancio di Sostenibilità e stiamo lanciando l’Academy interna per la formazione diretta di professionisti. A breve, miriamo a consolidare la nostra crescita nel mercato italiano ed estero, con soluzioni innovative che consentano davvero alle aziende di essere sostenibili nella gestione dei loro consumi, il recupero dell’acqua e il risanamento ambientale.
INNOVAZIONE compliance e competitività
Il settore della detergenza professionale è oggi attraversato da dinamiche di profondo cambiamento, guidate da driver regolatori, pressioni competitive e da una crescente attenzione alla sostenibilità nelle filiere industriali e nei servizi. In questo contesto, Polychim ha definito una strategia di sviluppo orientata alla green economy, con l’obiettivo di fornire ai clienti soluzioni performanti, conformi ai requisiti normativi e coerenti con i criteri ESG richiesti dal mercato.
La prima direttrice riguarda l’ innovazione formulativa. La R&D lavora all’integrazione di materie prime a basso impatto ambientale, prevalentemente di derivazione vegetale e con elevata biodegradabilità, riducendo l’utilizzo di sostanze classificate come pericolose per l’ambiente. L’adozione di formulazioni concentrate consente inoltre di ottimizzare la logistica, con minori volumi trasportati e conseguente riduzione della carbon footprint lungo la supply chain.
Sul piano del packaging, Polychim impiega per molti dei prodotti in gamma contenitori in plastica riciclata e riciclabile, nonché scatole realizzate con carta e cartone riciclati con percentuali che variano dal 40% al 100%, sistemi di refill e soluzioni “bulk” per il canale professionale. L’obiettivo è duplice: ridurre la produzione di rifiuti e favorire pratiche di economia circolare basate sul riuso. In questo ambito grande importanza è rappresentata dai sistemi di dosaggio per prodotti concentrati, particolarmente adatti a strutture ad alta intensità di consumo (Horeca, sanità, collettività) e in grado di ottimizzare l’impatto ambientale con una reale riduzione dei consumi e dei costi legati alle attività di pulizia e manutenzione di superfici ed attrezzature.
do la competitività dei clienti nelle procedure di procurement. Particolare attenzione viene posta alla formazione tecnica . Polychim affianca i partner con programmi dedicati a dosaggi, corretto utilizzo dei prodotti e gestione degli scarti, in modo da massimizzare l’efficacia dei trattamenti e minimizzare sprechi e impatti ambientali.
La terza direttrice riguarda la compliance normativa e le certificazioni. Una quota crescente della gamma è conforme ai criteri Ecolabel UE e ai CAM (Criteri Ambientali Minimi), requisito ormai imprescindibile negli appalti pubblici e in molte gare private. Questo approccio non si limita a soddisfare obblighi di legge, ma si traduce in un elemento di qualificazione dell’offerta, aumentan-
La strategia green di Polychim si configura quindi come un percorso strutturato e multilivello, che integra ricerca, produzione, logistica e servizi di supporto. L’obiettivo è coniugare elevate performance di detergenza con standard ambientali avanzati, offrendo al mercato soluzioni in grado di sostenere processi di pulizia professionale sicuri, efficienti e sostenibili.
imprenditivitàcomunicazione
Come comunicare la sostenibilità?
C’è un momento, nella vita di ogni impresa, in cui non basta più “fare bene le cose”, bisogna anche saperlo raccontare
IL VALORE (VERO)
DELLE PAROLE
CRISTINA CARDINALI
In un settore dove le parole “ecologico”, “biodegradabile”, “a basso impatto” compaiono ormai ovunque, la differenza non sta più nella dichiarazione, ma nella dimostrazione. Oggi la sostenibilità è ormai un requisito atteso dal mercato, dai clienti pubblici e privati, dai partner di filiera e dagli stessi collaboratori. Tuttavia, raccontarla non è semplice: richiede consapevolezza, metodo e coerenza. E soprattutto, richiede verità. Le imprese che vogliono essere credibili devono infatti basare la loro comunicazione su dati verificabili, certificazioni riconosciute e azioni concrete. Non basta dire “usiamo prodotti sostenibili”, serve dire quali, come e perché. Un buon punto di partenza è definire cosa significa davvero sostenibilità nel cleaning: riduzione dei consumi idrici ed energetici, ottimizzazione delle diluizioni, scelta di materiali riciclabili, logistica razionalizzata, sicurezza per gli operatori e per l’ambiente. Tutto questo, se comunicato con trasparenza, diventa parte integrante del valore d’impresa.
PRIMA BISOGNA MISURARE
Ogni messaggio sostenibile parte da un dato. Prima di parlare, l’azienda deve essere in grado di misurare il proprio impatto ambientale e sociale. Anche una piccola impresa di pulizie può iniziare da indicatori semplici: consumo di acqua, quantità di detergente utilizzato per metro quadro, chilometri percorsi dai mezzi aziendali, ore di formazione erogate agli operatori.
Da questi numeri nasce il racconto: ogni miglioramento, ogni piccolo passo avanti documentato nel tempo diventa un contenuto autentico.
Le imprese più strutturate possono adottare strumenti come il bilancio di sostenibilità o il report ESG (Environmental, Social, Governance), ma anche una relazione
interna annuale, o un’infografica chiara sul sito, può essere sufficiente a comunicare impegno e trasparenza.
NON CI SI IMPROVVISA
Un’informazione efficace richiede una strategia coordinata. Spesso, nelle aziende del settore, la comunicazione viene considerata un accessorio, affidata “a tempo perso” a chi si occupa già di altro. Ma la sostenibilità, per essere compresa, ha bisogno di un linguaggio dedicato e di una coerenza tra ciò che si fa e ciò che si racconta.
Una strategia minima dovrebbe prevedere:
• una mappatura delle pratiche sostenibili già in atto (prodotti certificati, attrezzature ergonomiche, formazione, riduzione rifiuti);
• la definizione di obiettivi misurabili (riduzione consumi, riduzione uso plastica, digitalizzazione documenti);
• la costruzione di un piano di comunicazione (interno, esterno, digitale);
• la verifica periodica dei risultati. Solo così il messaggio aziendale diventa coerente e duraturo.
PAROLE SEMPLICI
Il linguaggio è fondamentale. Nel cleaning professionale la comunicazione spesso si scontra con due ostacoli: l’eccesso di tecnicismi e l’abuso di slogan “verdi”. La soluzione è trovare un equilibrio nello spiegare in modo chiaro e comprensibile anche i concetti tecnici, senza banalizzarli. Ad esempio, invece di scrivere “utilizziamo un sistema a ridotto impatto ambientale”, è più efficace dire “grazie ai mop in microfibra riutilizzabili abbiamo ridotto del 30% il consumo d’acqua nei reparti produttivi”. Le parole semplici, quando supportate da fatti, costruiscono fiducia. E la fiducia è la valuta più preziosa della sostenibilità.
DOVE INIZIARE
Comunicare all’interno prima che all’esterno. Molte imprese dimenticano che i primi ambasciatori della sostenibilità sono i propri operatori. Chi lavora ogni giorno nei reparti, negli ospedali, negli alberghi, nelle scuole o negli impianti industriali deve comprendere e condividere il valore di ciò che fa. Formare il personale su pratiche sostenibili non solo migliora la qualità del servizio, ma genera coesione e orgoglio professionale. La comunicazione interna può assumere forme semplici: una bacheca con i risultati ambientali, un breve video mensile, una newsletter con “buone pratiche” condivise dai colleghi. L’obiettivo è far sentire tutti parte di un percorso comune.
COSTRUIRSI LA REPUTAZIONE
Per un’impresa, la sostenibilità ben comunicata è anche uno strumento di marketing relazionale. Nel dialogo con clienti pubblici e privati, saper raccontare la propria politica ambientale e sociale può fare la differenza tra un fornitore e un partner di fiducia. Sempre più gare d’appalto richiedono criteri ambientali minimi
(CAM) e documentazioni ESG e prepararsi significa essere competitivi, non solo conformi. Ma attenzione: la reputazione si costruisce nel tempo. Meglio comunicare poco, ma vero, che molto e confuso. Anche un solo post ben documentato su LinkedIn, che mostri un progetto di riduzione rifiuti o una nuova attrezzatura a basso impatto, vale più di mille slogan.
STRUMENTI
E CANALI
Oggi ogni impresa, anche di piccole dimensioni, può comunicare efficacemente senza grandi budget.
Ecco alcuni strumenti alla portata del settore:
• sito web aziendale aggiornato con una sezione “Sostenibilità” o “Responsabilità sociale”;
• social network (LinkedIn, Instagram, Facebook) per raccontare progetti, persone, risultati;
• etichette e certificazioni visibili sui prodotti e nei documenti di gara;
• materiali informativi chiari e sintetici (schede, infografiche, video brevi);
• eventi e formazione: partecipare a fiere, workshop o giornate di pulizia sostenibile per condividere esperienze e innovazioni.
Ogni canale deve essere coerente con gli altri e aggiornato con regolarità: la sostenibilità non è una campagna, è un racconto continuo.
LA CULTURA AZIENDALE
Alla base di tutto c’è la cultura d’impresa. Comunicare sostenibilità significa, prima di tutto, averla interiorizzata.
Un’impresa che sceglie fornitori certificati, che forma i propri operatori, che rispetta la salute e la sicurezza dei lavoratori, che ottimizza l’uso delle risorse, sta già comunicando, anche senza parole. Rendere visibili queste azioni, con coerenza e rispetto, è un modo per rafforzare la reputazione del settore, ancora troppo spesso percepito come “servizio invisibile”.
OCCASIONE
PER IL SETTORE
Il cleaning professionale è un settore che vive di concretezza, precisione, risultati misurabili. È quindi, per sua natura, predisposto alla sostenibilità. Ma per farlo riconoscere, serve una nuova consapevolezza comunicativa: raccontare non solo la pulizia, ma anche il valore sociale, ambientale ed economico che essa genera. Ogni impresa, grande o piccola, ha una storia da raccontare, la differenza sta nel farlo con autenticità. Non significa “fare pubblicità verde”, ma rendere visibile la responsabilità. È un atto di trasparenza verso i clienti, di rispetto verso i lavoratori e di fiducia verso il futuro. Le imprese che sapranno farlo in modo professionale e coerente diventeranno protagoniste del cambiamento, da fornitori di servizi a custodi di un nuovo modo di intendere la cura degli ambienti e delle persone.
Pulire bene è un’arte. Parlare bene, ancora di più. Con la Comunicazione
Non Violenta, anche i momenti più critici del lavoro diventano occasioni per rafforzare la squadra e fidelizzare i clienti
QUANDO LE PAROLE APRONO PORTE
In moltissimi settori professionali, le relazioni sono tutto, e il cleaning non fa eccezione. Contano quanto la qualità dei prodotti impiegati, l’affidabilità dei fornitori, la prontezza nello svolgere i servizi. Ogni giorno, chi lavora nel settore della pulizia professionale vive una vera e propria danza di relazioni e, in mezzo a tutto questo, le parole fanno la differenza. È proprio qui che la Comunicazione Non Violenta (CNV) di Marshall Rosenberg diventa uno strumento essenziale, tanto quanto una buona scheda tecnica o un servizio puntuale.
DI COSA SI TRATTA?
La CNV non è una forma gentile di dire le cose. È una struttura precisa, rigorosa, che guida chi la usa a comunicare con chiarezza, senza aggredire né sottomettersi. È un modo per dire la verità senza perdere la relazione. Rosenberg l’ha sintetizzata in quattro passaggi chiave: l’osservazione, che consiste nel descrivere ciò che accade, senza giudizi (“Hai saltato la riunione di oggi” è diverso da “Sei sempre inaffidabile”); il sentimento, che si basa sull’esprime-
FABRIZIO PIROVANO e MARCO MONTI
imprenditività marketing
LA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA
OSSERVAZIONE
Descrivere ciò che accade senza esprimere giudizi
SENTIMENTO
Esprimere le emozioni che proviamo
BISOGNO
Dichiarare le nostre esigenze e ciò che è importante per noi
RICHIESTA
Formulare una proposta concreta e realizzabile
re cosa proviamo (“Sono preoccupato”); il bisogno, che consiste nel dichiarare ciò che è importante per noi (“Ho bisogno di contare sul team”); e infine la richiesta, cioè formulare una proposta concreta e realizzabile (“Puoi confermarmi la tua presenza alle prossime riunioni?”).
Sembra semplice. Ma, come in ogni mestiere fatto bene, la semplicità è frutto di allenamento e consapevolezza. Il punto è che funziona. Vediamo come.
QUANDO IL CLIENTE È DIFFICILE
Un cliente entra nel punto vendita con tono duro: «Mi avevate garantito che le lavasciuga sarebbero arrivate lunedì. Non mi interessa, voglio parlare con un responsabile!»
Rispondere che non è colpa nostra è la reazione più comune, ma rischia di alzare la tensione. Con un approccio CNV, si potrebbe dire: «Capisco la frustrazione, soprattutto se i lavori si stanno accumulando. Vogliamo trovare insieme un’alternativa per non rallentare il cantiere?». In questo modo è possibile trasformare una lamentela in una richiesta da affrontare insieme, senza difendersi o colpevolizzare. Un altro cliente, meno esplicito ma visibil-
mente contrariato, dice solo: «Ah, ancora non avete notizie? Come al solito...»
Rispondere di avere fatto tutto il possibile può sembrare logico, ma chiude il dialogo. Con CNV, si potrebbe dire: «Sento che c’è del disappunto per l’attesa. Vuole che cerchiamo insieme un modello alternativo disponibile subito?»
Qui riconoscete l’emozione del cliente, offrite un’opzione e riprendete in mano la relazione.
QUANDO IL COLLEGA È DIFFICILE
Un collega del magazzino ha consegnato a un cliente un tipo di panni in microfibra diverso da quello richiesto. Il venditore esasperato potrebbe reagire con: «Ma controlli mai le referenze o vai a caso?»
Con CNV: «Quando il prodotto non corrisponde all’ordine, mi trovo in difficoltà perché devo giustificarmi col cliente. Possiamo fare un doppio controllo insieme prima delle spedizioni?».
Un collega arriva spesso in ritardo al briefing prima dei turni di pulizia. Durante un confronto, potrebbe emergere: «Certe volte sembra che tu non rispetti il lavoro degli altri».
Con CNV: «Quando arrivi in ritardo, mi sento poco considerato. Ho bisogno di iniziare puntuale per organizzare bene i turni. Puoi dirmi se l’orario ti va bene?».
Si comunica chiaramente ma con rispetto, senza frustrazione accumulata. Anche con i fornitori: fermezza, non aggressività.
QUANDO IL FORNITORE È
DIFFICILE
Un fornitore ha consegnato degli aspiratori difettosi e da giorni non risponde. Invece di scrivere una mail tesa, potremmo optare per: «Abbiamo ricevuto tre macchine non conformi e da giorni non abbiamo risposte. Siamo in difficoltà con il cliente finale e abbiamo bisogno di sapere entro domani come intende procedere…»
Oppure, il commerciale del fornitore modifica all’ultimo le condizioni di fornitura di detergenti concentrati. Al posto di «così non si lavora», meglio optare per: «La va-
riazione sui tempi di consegna mi ha colto di sorpresa. Ho bisogno di certezze per lavorare bene, possiamo definire insieme un protocollo per evitare variazioni all’ultimo?».
UNA COMPETENZA CHIAVE
Intelligenza Relazionale® non significa essere simpatici o saper parlare bene. Significa saper leggere la situazione relazionale, comprendere l’impatto delle proprie parole, cogliere segnali emotivi deboli ma significativi e agire in modo coerente per mantenere o riparare il legame con l’interlocutore. Nel settore della pulizia professionale, questo si traduce in: vendite più efficaci, perché costruite sulla fiducia e non solo sul prezzo dei prodotti o dei servizi; collaborazioni più fluide tra imprese di pulizia, fornitori e team operativi; clienti più fedeli, perché si sentono ascoltati e rispettati; meno conflitti interni, perché il personale impara a esprimere bisogni e limiti senza creare tensioni; una reputazione professionale solida, fondata su affidabilità umana e qualità relazionale, oltre che su competenza tecnica.
L’Intelligenza Relazionale® unisce razionalità e sensibilità. Permette di decidere lucidamente, ma anche di leggere le emozioni e usarle in modo funzionale. E la CNV è, a tutti gli effetti, il linguaggio operativo di questa intelligenza.
La relazione non è un “di più”. È il cuore del lavoro. In ogni settore, la differenza tra un team che funziona e uno che si logora, tra un cliente fedele e uno perso, sta spesso nella qualità della relazione. Non serve rivoluzionare tutto da un giorno all’altro. Basta iniziare con una scelta quotidiana: quella di dare valore al modo in cui si comunica, non solo a ciò che si comunica. Alleniamoci a osservare senza giudicare.
A riconoscere sentimenti, nostri e altrui.
A trasformare la rabbia in dialogo, la tensione in occasione di chiarimento. È questa la leva di successo che possiamo iniziare ad attivare già da oggi. Perché nel lavoro, come nella vita, è la qualità della relazione a determinare la qualità del risultato.
igiene urbanaspazzatrici stradali
IL GREEN MADE IN ITALY FA SCUOLA
Il nostro Paese sta guidando un processo di cambiamento e innovazione nelle spazzatrici stradali con l’introduzione di tecnologie green, elettriche e a risparmio idrico, imponendosi sui mercati globali
MAURIZIO PEDRINI
Negli ultimi anni il mercato delle spazzatrici stradali ha vissuto una profonda trasformazione, ma per comprenderne appieno l’importanza è il caso di fare qualche passo indietro. La prima domanda che ci poniamo è: quando e perché queste meravigliose macchine per la pulizia delle strade sono state create? Come e quando è iniziata la pulizia delle strade?
I registri della città di Londra del 1863 rivelano una richiesta di spazzini per ripulire lo sporco, il suolo e la sporcizia dalle vie della città già allora. In realtà furono le classi più povere a occuparsene per prime: armate di pala, scopa e una paletta camminavano su e giù per le strade, pulendo come meglio potevano. Nell’800 quindi questa esigenza, ormai sempre più sentita, diede un forte impulso alla tecnologia. Infatti venne creato il primo spazzino meccanizzato: lo Stre-
et Sweeper. Brevettato dall’ingegnere Joseph Whitworth di Manchester in Inghilterra nel 1843, questo spazzino meccanico era trainato da cavalli. Negli stessi anni (1849) anche negli Stati Uniti venne brevettata la prima spazzatrice stradale da CS Bishop. Si trattava più che altro di dischi rotanti coperti di setole metalliche, che fungevano da scope meccaniche.
Insomma, la pulizia delle strade in occidente è un fatto abbastanza recente, una conquista del ’900, cresciuta di pari passo con la consapevolezza ambientale degli anni ’70, quando i governi hanno iniziato a mostrare preoccupazione per la qualità dei corsi d’acqua e degli ambienti cittadini. Oggi, trascorsi tanti anni da quelle prime esperienze di pulizia meccanizzata, le spazzatrici stradali hanno radicalmente mutato la loro mission da semplici mac-
chine per rimuovere detriti, a vere e proprie piattaforme tecnologiche che mirano a minimizzare impatto ambientale, consumo di acqua ed emissioni energetiche. L’Italia, grazie all’intraprendente opera di storici gruppi industriali del professional cleaning e PMI specializzate, è attualmente tra i protagonisti assoluti sulla scena mondiale di questa evoluzione, offrendo al mercato modelli che vanno dal compatto completamente elettrico, a robusti veicoli con avanzati sistemi di riciclo dell’acqua e filtrazioni delle polveri, anche di quelle più sottili.
CHI SONO GLI ATTORI PRINCIPALI
Nel panorama nazionale emergono distintamente gruppi che si sono affermati nel tempo, specializzandosi in questa specifica produzione, come Dulevo (oggi parte del Fayat Group) e la veronese multinazionale
Comac. Entrambe le aziende propongono gamme complete di spazzatrici per la pulizia urbana e industriale. Queste aziende, senz’altro all’avanguardia grazie a consistenti investimenti in ricerca e sviluppo, puntano sia su soluzioni tradizionali ad alta efficienza, sia su nuovi modelli elettrici o ibridi, perfettamente ecocompatibili, in grado di ridurre considerevolmente consumi ed emissioni.
Per quanto riguarda gli indicatori di mercato e il trend di questo comparto di nicchia, a livello europeo e globale si vede una solida e costante ascesa, con tassi di crescita annuali compresi tra il 4 e il 7%, secondo stime recenti. L’espansione del comparto è ovviamente dettata dalla crescita urbana, dalle normative ambientali più severe e dall’impellente domanda di soluzioni a sempre minor impatto ambientale.
08 / 2025
igiene urbanaspazzatrici
EXPORT E MERCATI CHIAVE
L’export italiano di spazzatrici è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, con spedizioni dirette non solo in Europa, ma anche verso Medio Oriente, Nord Africa, America Latina e alcune aree dell’Asia. L’attenzione dei mercati esteri si concentra su macchine affidabili, con contenuto costo di esercizio e tecnologie che consentono risparmio idrico ed energetico. Si tratta di fattori preziosi, particolarmente apprezzate in contesti come i Paesi Arabi, caratterizzati da scarsità d’acqua e alti costi energetici. Dati registrati su periodi recenti suggeriscono una crescita a doppia cifra delle esportazioni, a testimonianza dell’elevata capacità competitiva raggiunta dalla produzione italiana.
LE INNOVAZIONI
CHE FANNO LA DIFFERENZA
Ma cerchiamo di analizzare, in estrema sintesi, le tecnologie made in Italy di maggior rilievo, che hanno reso note le nostre case produttrici in un mercato globale, divenuto sempre più complesso e concorrenziale. Partiamo dalla propulsione elettrica e ibrida: modelli totalmente elettrici (compatti o per centri storici) riducono le emissioni locali e la rumorosità, consentendo operazioni notturne di pulizia in aree particolarmente sensibili. Importanti esempi di macchine spazzatrici italiane, come le compatte elettriche senza bisogno di speciali patenti per la guida, dimostrano quanto sia avanzato il processo di ricerca e sperimentazione. Un altro “plus” fondamentale riguarda il riciclo e la gestione dell’acqua. Infatti i sistemi interni di trattamento e riciclo riducono drasticamente il consumo d’acqua per il lavaggio delle strade. Alcuni modelli integrano filtri separatori che consentono di riutilizzare l’acqua per più passaggi, diminuendo notevolmente la dipendenza dalla ricarica idrica esterna. I prodotti Waterless & TwinAction con aspirazione combinata ne sono un esempio. Da anni le spazzatrici stradali, al pari di quelle ad uso commerciale, combinano al meglio l’azione meccanica delle spazzole con flussi d’aria per la cattura della polvere, ridu-
SOLUZIONI PER RISPARMI STRATEGICI
Esistono contesti nei quali le cosiddette soluzioni “water saving” e a bassa energia diventano un requisito essenziale:
Aree aride e paesi con stress idrico (ad esempio alcune regioni del Medio Oriente e Nord Africa). In questi contesti l’uso minimo di acqua è determinante e, da anni ormai, le macchine italiane con riciclo idrico e modalità waterless risultano assai competitive.
Centri storici e aree tutelate (Europa, Italia in primis) con limitazioni sulle emissioni, rumorosità e passaggi notturni che si rivolgono sempre più verso soluzioni elettriche a basso impatto.
Porti, aeroporti, zone industriali sensibili dove il controllo polveri e il recupero di materiale garantiscono sicurezza operativa e minori costi di manutenzione.
Paesi in via di sviluppo per infrastrutture idrauliche limitate. In questi contesti la robustezza e l’efficienza idrica delle macchine italiane è un vantaggio competitivo sul fronte export.
cruciale importanza è, inoltre, rappresentato dalla sempre più diffusa applicazione della telematica ai fini dell’ottimizzazione operativa. Gestione remota, monitoraggio dei consumi e pianificazione intelligente dei percorsi stanno riducendo tempi morti e chilometri percorsi, abbattendo così i consumi energetici complessivi. Tendenza che si sta massicciamente diffondendo nella fabbricazione delle nuove flotte.
CAPACITÀ E OPPORTUNITÀ PER I PRODUTTORI
Molte tecnologie green richiedono investimenti maggiori in fase d’acquisto e la sfida è proprio dimostrare il ritorno economico attraverso risparmi energetici, minori consumi d’acqua e costi di manutenzione inferiori. Studi e casi pratici sulle flotte possono aiutare a convincere i decisori pubblici e privati. Standardizzazioni e certificazioni ambientali e di performance rappresentano un percorso obbligato (efficienza, emissioni, filtrazione PM), facilitando l’accesso a gare pubbliche e mercati esteri regolamentati. Inoltre, investire in telematica, manutenzione predittiva e aggiornabilità software è un fattore di differenziazione che aggiunge valore alle macchine fisiche.
I PLUS COME FATTORI DI CRESCITA
cendo o eliminando del tutto l’uso di acqua per abbattere la polvere. Queste tecnologie sono particolarmente importanti nelle situazioni in cui l’acqua è scarsa oppure il suo uso è rigidamente regolamentato. Un altro punto-chiave riguarda la filtrazione delle polveri e l’abbattimento PM. Nelle macchine sono presenti sistemi di filtrazione avanzata (HEPA o filtri a più standard) che limitano notevolmente la reimmissione in atmosfera delle polveri fini, contribuendo alla qualità dell’aria urbana. Se a questo viene aggiunto il Sistema di filtrazione certificato EN15429 e la possibilità, prevista da alcuni modelli, di montare filtri Gore per aumentare le performance, le macchine diventano davvero fondamentali per le amministrazioni che devono rispettare rigorosi limiti ambientali. Altro aspetto di
In definitiva il Made in Italy nel mondo delle spazzatrici può consolidare la propria leadership puntando principalmente su tre elementi: efficienza idrica, elettrificazione/ ibridazione e qualità della filtrazione. Per le amministrazioni pubbliche e le grandi multiservizi, la decisione più sensata oggi è valutare il TCO e i benefici ambientali complessivi anziché il mero prezzo d’acquisto. Allo stesso tempo, i produttori devono continuare a investire in ricerca e sviluppo, offrire dati misurabili oggettivamente e scientificamente in relazione alle performance e promuovere best practice operative per convincere committenti e cittadini che il “green” non è un costo eccezionale, ma un prezioso investimento di sistema per migliorare la qualità dell’aria e della vita, anche grazie all’uso di moderne spazzatrici stradali.
VERSATILITÀ APPLICATIVA dalle fresature ai servizi urbani
La D6 Veloce, ultima nata di casa Dulevo, è la nuova spazzatrice stradale che ridefinisce i parametri di efficienza, sicurezza e sostenibilità per la manutenzione urbana e infrastrutturale. Frutto di quasi cinquant’anni di esperienza, la D6 Veloce eredita i punti di forza tecnici dei modelli 5000 Veloce e D6, elevando lo standard grazie a soluzioni ingegneristiche avanzate e attenzione alle esigenze degli operatori.
La sicurezza è al centro del progetto: telaio in acciaio rinforzato con trattamento anticorrosione, sospensioni anteriori a balestre e posteriori pneumatiche, barre antirollio e cabina ammortizzata garantiscono comfort e stabilità anche nelle condizioni più difficili. Il sistema frenante ABS indipendente su tutte le ruote, il freno di stazionamento a disco e il cambio elettronico a due velocità consentono controllo totale, con velocità adeguate sia per il lavoro che per i trasferimenti fino a 80 km/h. La sterzatura selezionabile 2WS/4WS assicura un raggio di svolta ridotto e al contempo grande sicurezza ad alte velocità, rendendo la macchina agile in ogni cantiere e sicura alle alte velocità.
L’omologazione N3, il telaio compatto e la cabina a doppia postazione con sedili regolabili fanno della D6 Veloce lo strumento ideale sia per ambienti urbani complessi che per le grandi arterie stradali. La pista di spazzamento variabile assicura operatività precisa dietro le frese o nella manutenzione autostradale, con facilità di trasferimento senza pari. Nei servizi comunali e intercomunali, consente di coprire vaste aree ottimizzando tempi e risorse grazie alle elevate velocità pur senza rinunciare mai alla incredibile qualità di spazzamento del sistema meccanico-aspirante-filtrante Dulevo.
Il sistema meccanico-aspirante-filtrante Dulevo combina spazzole laterali e centrale con un trasportatore verticale, unito a due turbine e un grande filtro a sacche capace di filtrare polveri sottili anche senza acqua. Quattro modalità operative consentono di modulare pressione e potenza via touch screen: con un semplice tasto l’operatore può scegliere le impostazioni di spazzamento più adatte.
La possibilità di spazzare senz’acqua permette di agire su asfalto fresco o in climi rigidi, riducendo drasticamente il consumo idrico ed estendendo il periodo d’uso della macchina ad ogni stagione.
La D6 Veloce è la sintesi delle migliori tecnologie Dulevo: un mezzo sicuro, agile, veloce e performante che trova impiego nei grandi servizi di spazzamento urbano e intercomunale e nella manutenzione ordinaria e straordinaria delle grandi arterie viarie.
La possibilità di lavorare senz’acqua, l’alta velocità di spazzamento e trasferimento, la capacità di filtrazione delle polveri, il sistema frenante ABS e le sospensioni evolute permettono di affrontare qualsiasi scenario con il massimo livello di sicurezza, efficienza e sostenibilità ambientale.
igiene urbana
NUOVE REGOLE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI
Il legislatore ha recentemente definito una nuova norma che modifica il Testo Unico Ambientale e amplia le responsabilità delle imprese, introducendo pene più severe, nuove aggravanti e un sistema di tracciabilità più rigido
igiene urbana
L’8 ottobre 2025 segna un passaggio importante per tutto il sistema produttivo italiano: entra infatti in vigore la Legge 3 ottobre 2025, n.147, che converte con modifiche il Decreto Legge 116/2025 “disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti per la bonifica dell’area denominata Terra dei fuochi, nonché in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi”. L’intento è quello di rafforzare la lotta contro l’abbandono dei rifiuti e la gestione irregolare, ma, come spesso accade, avrà effetti profondi anche su settori che, a prima vista, non sembrerebbero in prima linea in questo ambito. Tra questi, il cleaning professionale è sicuramente uno dei più coinvolti. Dietro a ogni intervento di pulizia industriale, sanificazione, manutenzione o gestione ambientale, si nasconde infatti una parte delicata e spesso sottovalutata del lavoro: la gestione dei rifiuti prodotti dalle attività di servizio. Con l’arrivo della Legge 3/2025, ogni errore, omissione o superficialità può trasformarsi in un problema serio, non solo amministrativo, ma anche penale. La nuova legge infatti modifica in profondità il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) e rafforza le responsabilità penali previste dal D.Lgs. 231/2001.
Le sanzioni per l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti sono state inasprite: per i rifiuti non pericolosi, l’ammenda sale fino a 18.000 euro, mentre nei casi più gravi è previsto l’arresto fino a cinque
anni. Se il fatto è commesso nell’ambito di un’attività d’impresa, la pena aumenta di un terzo, invece per i rifiuti pericolosi si può arrivare fino a sei anni e sei mesi di reclusione. Anche la sospensione della patente, il fermo amministrativo dei veicoli e la confisca dei mezzi diventano strumenti sanzionatori ordinari. Altrettanto incisivi sono gli interventi in materia di gestione non autorizzata, discariche abusive e combustione illecita. In tutti questi casi, le pene crescono e le autorità potranno intervenire più rapidamente.
Ma la vera svolta è nella responsabilità estesa delle imprese: l’azienda non potrà più invocare la buona fede o la colpa del singolo operatore. Se manca un sistema organizzato di controlli, formazione e tracciabilità, la responsabilità potrà ricadere anche sull’ente nel suo complesso.
CLEANING PRODUTTORE DI RIFIUTI
Per capire l’impatto della Legge 3/2025 sul settore del cleaning, bisogna ricordare che ogni impresa di pulizia è anche, di fatto, un produttore di rifiuti.
Che si tratti di residui di detergenti, panni impregnati di sostanze chimiche, fanghi da lavaggi industriali, sacchetti di aspirazione, materiali assorbenti o imballaggi contaminati, si parla a tutti gli effetti di rifiuti speciali. Alcuni di essi, per le loro caratteristiche, rientrano persino nella categoria dei rifiuti pericolosi.
Questo significa che l’impresa deve iden-
LE IRREGOLARITÀ NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI NON SARANNO PIÙ CONSIDERATE
SEMPLICI VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE
MA VERI E PROPRI
REATI AMBIENTALI
tificarli, classificarli, registrarli e conferirli correttamente a soggetti autorizzati. Con la nuova legge, qualsiasi errore in queste fasi - anche un modulo incompleto o un codice EER sbagliato - può costare caro.
Le autorità potranno considerare certe irregolarità non più come semplici violazioni amministrative, ma come veri e propri reati ambientali. Questo passaggio non è solo tecnico, ma anche culturale. Le imprese che finora si sono affidate a procedure standard o a pratiche consolidate dovranno rivedere completamente il modo di gestire il flusso dei rifiuti, dall’origine al destino finale.
CRISTINA GUALDONI
GESTIONE RIFIUTI PASSAGGI NECESSARI
Per affrontare al meglio questo cambio di paradigma, le imprese del cleaning possono seguire alcune linee guida operative contenute nella Legge 3/2025. Un percorso impegnativo, ma necessario per chi vuole continuare a operare in modo competitivo e sicuro:
• Mappare i propri rifiuti: conoscere esattamente cosa si produce, in che quantità e con quale codice EER.
• Verificare tutti i partner della filiera: trasportatori, intermediari, impianti di smaltimento e recupero.
• Aggiornare i registri e verificare la corretta integrazione con il sistema RENTRI.
• Rivedere i contratti inserendo clausole di responsabilità e di conformità ambientale.
• Formare gli operatori su comportamenti corretti e compilazione della documentazione.
• Digitalizzare i processi, riducendo al minimo la gestione manuale.
• Aggiornare il modello 231 inserendo i nuovi reati ambientali.
LA COMPLIANCE
DIVENTA OBBLIGATORIA
Uno dei punti più sensibili riguarda la tracciabilità. La Legge 3/2025 rafforza gli obblighi legati ai registri di carico e scarico, ai formulari di identificazione dei rifiuti (FIR) e all’utilizzo del Registro Elettronico Nazionale (RENTRI). Ogni passaggio - dalla produzione al trasporto, fino al conferimento all’impianto finale - deve essere documentato con precisione e aggiornato nei tempi stabiliti. Per un’impresa di pulizia, questo significa che ogni intervento deve essere tracciato anche dal punto di vista dei materiali di scarto. Non basta più portarli via, serve sapere dove vanno, a chi vengono consegnati, con quali autorizzazioni, e conservare la prova digitale di ogni fase. Le sanzioni per errori o mancanze formali - per esempio un formulario incompleto o una trasmissione tardiva al RENTRI - sono state irrigidite, e in certi casi si può configurare addirittura una responsabilità penale personale per il titolare o per il responsabile ambientale dell’impresa.
Un altro aspetto da considerare, in questo senso, riguarda i rapporti con i trasportatori e gli impianti di smaltimento. Molte imprese di pulizia si appoggiano a partner esterni per il conferimento dei rifiuti, ma con la nuova normativa la responsabilità non si delega più. Se il trasportatore non è iscritto all’Albo Gestori Ambientali o l’impianto ricevente non è autorizzato, anche la ditta di cleaning risponde in solido. È quindi indispensabile inserire nei contratti clausole di conformità, controllare la validità delle iscrizioni, e prevedere audit periodici. La stessa logica vale per i subappalti: l’appaltatore principale deve garantire che l’intera filiera rispetti la normativa, pena sanzioni e, nei casi più gravi, sospensione dell’attività. Una delle novità più discusse della Legge è la possibilità di accertare violazioni tramite immagini o video. Questo vale non solo per i cittadini, ma anche per le imprese. Se, ad esempio, un operatore del cleaning viene ripreso mentre abbandona sacchi di rifiuti o svuota residui in aree non
autorizzate, la sanzione può ricadere direttamente sull’azienda, che dovrà dimostrare di aver adottato procedure di prevenzione e controllo. Diventa quindi strategico dotarsi di sistemi interni di monitoraggio e di formazione del personale, per garantire comportamenti corretti anche fuori sede. Ogni dipendente è un rappresentante dell’impresa e, nella logica del D.Lgs. 231/200, ogni sua condotta può avere effetti diretti sull’ente.
LA PROSPETTIVA
DEL D.LGS. 231/2001
La nuova Legge amplifica la portata della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche: le imprese di pulizia che non dispongono di un modello di gestione e controllo adeguato rischiano sanzioni elevate, interdittive e perfino la sospensione dell’attività. Aggiornare il modello significa mappare i rischi ambientali, definire procedure interne, individuare figure responsabili, istituire un organismo di vigilanza e introdurre protocolli per la gestione dei rifiuti.
È un investimento, ma oggi è anche una forma di tutela: dimostrare di aver adottato misure preventive può escludere o attenuare la responsabilità dell’impresa. Per il cleaning professionale, questa Legge rappresenta una sorta di test. Le imprese dovranno abituarsi a considerare la gestione dei rifiuti non come una fase accessoria del servizio, ma come una componente strategica e regolata da norme precise. Chi opera in contesti complessi - ospedali, industrie chimiche, grandi infrastrutture - dovrà dedicare risorse specifiche alla compliance ambientale, pena rischi economici e reputazionali pesanti. Il salto culturale è netto. L’attenzione alla sostenibilità e alla legalità ambientale diventa un elemento distintivo del servizio, un valore competitivo e un requisito per lavorare con enti pubblici o grandi committenti. Chi saprà investire in formazione, digitalizzazione e tracciabilità potrà presentarsi sul mercato come partner affidabile e “compliant”.
MOBILIT integrata sostenibile
Tenax International annuncia un importante passo avanti nella propria strategia di crescita sostenibile: l’ingresso di Esagono International S.r.l. all’interno del Gruppo.
L’operazione, avviata a settembre 2024, segna un ampliamento dell’offerta del marchio italiano, consolidandone il ruolo di punto di riferimento nella transizione verso la mobilità elettrica.
Grazie all’incorporazione di Esagono, Tenax entra ufficialmente nel settore dei veicoli elettrici omologati N1-autocarri, ampliando così il proprio portafoglio con soluzioni destinate al trasporto merci e passeggeri.
Questi mezzi, interamente elettrici e a zero emissioni, rappresentano un’alternativa concreta e sostenibile per:
• la logistica urbana e il trasporto nell’ultimo miglio
• i servizi pubblici e di manutenzione cittadina
• il trasporto passeggeri in ambito turistico e culturale, settore in rapida crescita e sempre più orientato a soluzioni a basso impatto ambientale.
Compatti, versatili ed efficienti dal punto di vista energetico, i veicoli Esagono si rivelano particolarmente adatti alle municipalità e alle aziende che operano nei centri urbani caratterizzati da restrizioni alla circolazione di mezzi inquinanti. L’autonomia e la capacità di carico li rendono ideali per la distribuzione in aree a traffico limitato e per servizi turistici sostenibili.
L’ingresso di Esagono nel Gruppo Tenax apre la strada a una gestione ancora più efficiente delle attività produttive e logistiche, con una copertura commerciale e di assistenza più ampia e capillare.
Il know-how maturato da Esagono nella mobilità elettrica si integra perfettamente con l’esperienza consolidata di Tenax nell’igie-
ne urbana, creando una gamma di soluzioni innovative, elettriche e sostenibili in grado di rispondere alle esigenze di aziende private ed enti pubblici impegnati nella transizione green.
Commentando l’operazione, Vincenzo Guareschi Geddes da Filicaia, presidente e CEO di Tenax International, ha dichiarato: «L’integrazione di Esagono nel nostro gruppo rafforza la nostra missione di partner strategico per la mobilità elettrica e la transizione green. Con una gamma ampliata di veicoli e servizi, vogliamo supportare aziende ed enti pubblici nel raggiungimento dei loro obiettivi ESG, contribuendo a un futuro più sostenibile».
Con questa operazione strategica, Tenax International conferma il proprio impegno a investire in tecnologie d’avanguardia per una mobilità urbana più efficiente, innovativa e rispettosa dell’ambiente
La partecipazione a Ecomondo Sal.ve 2025, a Rimini dal 4 al 7 novembre (pad A7/206), diventa quindi l’occasione ideale per presentare al mercato una visione di mobilità integrata, in cui la pulizia urbana e il trasporto elettrico si uniscono in un unico progetto di sostenibilità.
CITTÀ PIÙ PULITE
Le norme relative ai servizi di pulizia delle strade e gestione rifiuti urbani sono state oggetto di revisione, introducendo una nuova metodologia e nuovi criteri per valutare l’efficacia dei servizi svolti
Assoambiente nell’ambito dei Circular Talks ha organizzato un webinar sull’impatto delle nuove norme UNI 11680 e 11664:2025 su qualità del servizio, misurabilità delle prestazioni e criteri contrattuali. Giovanni Maria Baiano, presidente della Commissione UNI e coordinatore del Gruppo di lavoro 8 che ha lavorato alla revisione, ha spiegato tutte le novità regolatorie e le buone prassi contenute nelle norme “Metodologia per la rilevazione della presenza di spazzature negli spazi pubblici e la misurazione dell’efficacia dei servizi di pulizia svolti mediante la classificazio-
GIACOMO TORRENZI
ne delle strade e l’applicazione del metodo delle sezioni” e nelle norme su “Livelli di prestazione e modalità e condizioni di accettazione dei servizi di pulizia delle strade e di gestione dei rifiuti urbani”.
NORMA UNI 11680
Consente di classificare le condizioni di pulizia delle strade prima e dopo lo svolgimento degli interventi di spazzamento e dei servizi collaterali.
La norma classifica le strade in diverse categorie basate sulla destinazione d’uso e sulle caratteristiche urbanistiche, dalle
zone commerciali alle aree residenziali con diversa densità abitativa, dalle zone industriali alle strade di grande comunicazione. Questa classificazione permette di adattare i criteri di valutazione alle specifiche esigenze di ciascuna tipologia di area. Il “metodo delle sezioni” costituisce il nucleo della metodologia. Prevede l’individuazione di aree significative in cui misurare il livello di insudiciamento o di pulizia ottenuta. La norma definisce con precisione i livelli e le tipologie di insudiciamento (detriti, spazzatura, macchie, manifesti, graffiti) e stabilisce un processo rigoroso per la rilevazione, l’elaborazione dei dati e la valutazione dei risultati. È stata stabilita una classificazione di quattro gradazioni, a seconda del livello di insudiciamento della strada: dal grado A, che rappresenta la totale assenza di rifiuti, al grado D, che presuppone una vistosa ed abbondante presenza di rifiuti con raggruppamenti e cumuli. Le classificazioni vengono svolte da operatori che percorrono a piedi le sezioni stradali, attribuendo un grado in base a ciò che valutano visivamente. Questa metodologia è utile anche alle stesse imprese, per valutare la situazione di partenza, l’efficacia degli interventi e quanto dura nel tempo lo stato di pulizia della strada.
NORMA UNI 11664
Si stabiliscono i requisiti generali idonei a definire i livelli di prestazione e le modalità e condizioni di accettazione dei servizi di pulizia delle strade e di gestione dei rifiuti urbani, e i requisiti da prendere in considerazione per la stesura e la gestione dei contratti per lo svolgimento di tali servizi, articolata in tre parti.
La prima sezione, “Requisiti generali”, riguarda le qualifiche richieste, la gestione delle controversie, la revisione dei prezzi. Alcuni punti significativi sono l’obbligo di tenere un registro operativo da parte del gestore, sul quale segnalare eventi insoliti, interruzioni, risultati ispettivi delle attrezzature, presenze del personale e tutti i dati rilevanti rispetto all’operatività. Questo tipo di documentazione, spesso trascurata in Italia, è preziosa per chi gestisce il servizio, anche per potersi difendere qualora
venga contestata la qualità del servizio svolto.
Per quanto riguarda la seconda sezione, quella relativa alla raccolta, essa indica come misurare i livelli di prestazione qualitativi e qualitativi del servizio e determinare l’accettazione, definire i contenuti ed assicurare l’adempimento dei contratti relativi ai servizi di raccolta indifferenziata o differenziata di rifiuti urbani, di pulizia e manutenzione dei contenitori, di riduzione dei rifiuti abbandonati.
Tra le classiche voci, come la distanza tra cassonetti e utenza o la produzione mensile di rifiuti, la frequenza di lavaggio e manutenzione dei cassonetti, ne è stata inserita una che misura la percentuale di assenteismo. Questa percentuale, quando è molto alta, è indice di malesseri all’interno dell’organico del servizio e quindi di un malfunzionamento che può influenzare la valutazione dei risultati.
La terza parte della norma regola le operazioni di spazzamento. La qualità di esse viene effettuata con una classificazione in gradi da A a D, mentre per alcuni aspetti, come la rimozione delle deiezioni canine, si usa una valutazione qualitativa con delle voci che vanno da “ottima” a “inadeguata”. Veniamo alla differenza, all’interno della norma, tra contratto di scopo e contratto di risultato. In passato, i contratti nel campo dell’igiene urbana erano soprattutto di scopo, e non tenevano sufficientemente conto della qualità del servizio.
Il contratto di risultato invece obbliga a soddisfare un certo grado di qualità, almeno di grado B, e dà quindi più garanzie all’amministrazione e all’utente.
VANTAGGI
Si ricorda che le indicazioni date da queste norme non sono obbligatorie nella loro adesione, ma sono in grado di offrire significativi vantaggi, consentendo di valutare oggettivamente la qualità delle prestazioni, verificare l’adempimento dei contratti e standardizzare le procedure di controllo. Questo permette di confrontare l’efficacia dei servizi nel tempo e tra diverse aree, fornendo una base oggettiva per la pianificazione degli interventi.
STRADE PIÙ PULITE
e città più smart
Progettata per rispondere alle esigenze più complesse della pulizia urbana, la spazzatrice stradale HP4000 rappresenta la proposta di Comac per il settore del cleaning professionale.
Elevate performance operative e un approccio sostenibile sono solo alcuni dei vantaggi assicurati da HP4000. Grazie al sistema Twin Action, HP4000 combina l’efficacia dell’azione meccanica, studiata per la raccolta dei residui solidi più voluminosi, con la potenza dell’azione aspirante, necessaria per trattenere le polveri più sottili. Questa doppia azione consente di ottenere risultati di pulizia eccellenti in un unico passaggio, riducendo i tempi di lavoro e aumentando la produttività. Il sistema meccanico dotato di un albero rotante con martelli tritura efficacemente anche i rifiuti più ingombranti prima di convogliarli nel cassone di raccolta, minimizzando il rischio di ostruzioni e migliorando l’efficienza del processo di aspirazione. L’ampio sistema filtrante consente inoltre di trattenere efficacemente le polveri sottili PM10 e PM2,5 reimmettendo nell’ambiente aria purificata, nel rispetto delle normative ambientali. Uno degli aspetti più distintivi di HP4000 è la capacità di operare senza l’utilizzo di acqua, impiegata solo in funzioni ausiliarie, come l’abbattimento delle polveri sulle spazzole laterali, lo scarico dei rifiuti o nell’idropulitrice disponibile come optional. Questo approccio consente di risparmiare fino a 150.000 litri di acqua
all’anno, rendendo HP4000 una scelta realmente sostenibile. L’ampia cabina interamente vetrata offre una visibilità totale e un ambiente di lavoro ergonomico e confortevole. Il sedile a sospensione pneumatica e i comandi integrati nel bracciolo e sulla consolle centrale permettono all’operatore un controllo intuitivo e preciso di tutte le funzioni della macchina. Il display touch screen da 10’’ e lo schermo secondario da 4.5’’ forniscono inoltre tutte le informazioni operative in tempo reale.
Completa la dotazione tecnologica il sistema di monitoraggio remoto Easy Fleet, che consente di verificare in qualsiasi momento lo stato della macchina, semplificando la gestione delle attività di manutenzione e ottimizzando i costi operativi.
Per adattarsi ad ogni situazione sono disponibili tre allestimenti:
• Municipal: per la pulizia quotidiana delle aree urbane, ideale per municipalizzate e servizi ambientali.
• Cement: indicato per ambienti caratterizzati dalla presenza di polveri pesanti, come cementifici e aziende ceramiche.
• Heavy Industry: pensato per le esigenze delle grandi industrie come quella pesante e il settore metallurgico.
Per vedere da vicino tutte le caratteristiche e le potenzialità di HP4000 è possibile visitare lo stand Comac a Ecomondo, padiglione A7 – stand 201 presso la fiera di Rimini, dal 4 al 7 novembre
APPROCCI INTEGRATI E TRASPARENTI
Dalla definizione dei requisiti organizzativi e di servizio alla misurazione del grado di sostenibilità, fino all’uso prioritario di metodi biologici e non chimici, il settore si orienta verso standard condivisi di trasparenza, etica e innovazione
Il pest management sostenibile può garantire non solo l’efficacia e l’efficienza dei trattamenti e delle attività di disinfestazione e derattizzazione (compresi la prevenzione e il monitoraggio), ma anche la tutela dell’ambiente, della salute umana e del benessere animale, nonché gli impatti sulla società e sui lavoratori. In un contesto globale segnato dalla necessità di raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Agenda 2030), le attività di controllo degli infestanti devono integrarsi in un modello che consideri l’intero ecosistema e il ciclo di vita dei prodotti utilizzati. Il Regolamento (UE) 528/2012 ha introdotto da tempo un quadro normativo volto a promuovere l’uso sostenibile e la valutazione del rischio dei prodotti biocidi, stabilendo criteri rigorosi per l’immissione in commercio e l’impiego di sostanze attive con particolare attenzione all’impatto ambientale e tossicologico. Contemporaneamente, il Regolamento (UE) 848/2018 sulla
produzione biologica ha definito i principi per un’agricoltura che privilegia tecniche e sostanze naturali, richiamando all’urgenza di evitare contaminazioni chimiche lungo tutta la filiera agroalimentare. Allo stesso tempo, la Direttiva 2009/128/CE sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, recepita in Italia con il D.Lgs. 150/2012 e il DM 22 gennaio 2014 (Piano di Azione Nazionale - PAN), che istituisce un quadro comunitario per ridurre al minimo i rischi per la salute umana e l’ambiente derivanti dall’uso dei pesticidi, ha contribuito a costituire il contesto di riferimento specifico. Integrare tutti questi input significa, per un’azienda di disinfestazione e per i fruitori del servizio, adottare protocolli di trattamento basati sulla valutazione quantitativa del rischio (analisi del pericolo e probabilità di contaminazione), sulla scelta di prodotti e attrezzature che riducano al minimo l’uso di sostanze pericolose e che consentano un’applicazione appropriata delle
FRANCESCO NICASSIO e FRANCESCO FIORENTE
BMA I E NTE SOCIETÀ
ECNANREVOG
stesse, sul pest proofing e interventi mirati che prevengano l’insorgere di nuove infestazioni e sul monitoraggio continuo tramite trappole e tecniche non chimiche ove possibile.
PROSPETTIVE FUTURE
L’inquadramento del tema nel contesto normativo europeo sottolinea come le attività di disinfestazione e derattizzazione debbano evolvere (e lo stiano di fatto già facendo) da semplici interventi reattivi a processi integrati, trasparenti e misurabili, in linea con i principi della sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG).
In ogni caso, la richiesta e la fornitura di servizi con requisiti di sostenibilità non potranno essere sganciate dall’individuazione di requisiti specifici per l’organizzazione che li progetta e li eroga in termini di impegni per la sostenibilità.
In tempi recenti, l’intero settore del pest management italiano si è dotato di alcuni
strumenti per determinare e indagare i propri livelli di sostenibilità, anche prendendo spunti e raccogliendo feedback da altri settori e, non di meno, recependo le richieste delle parti interessate.
In particolare, all’interno di questo contributo, sarà svolta una panoramica e un confronto tra la norma UNI 11956:2024 “Servizi di gestione e controllo delle infestazioni (pest management) sostenibile - Requisiti”, la prassi di riferimento UNI/ PdR 145:2023 “Pest management nelle imprese del settore agroalimentare della produzione biologica - Requisiti del servizio” e il documento tecnico promosso dall’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione (Anid) “Gestione degli infestanti con metodi biologici orientati alla sostenibilità”.
OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE LEGATI
AL PEST MANAGEMENT
SDG 2 Sconfiggere la fame e promuovere un'agricoltura sostenibile
SDG 3 Salute e benessere
SDG 6 Acqua pulita e ser vizi igienico-sanitari
SDG 12 Consumo e produzione responsabili
SDG 15 Vita sulla terra
PERCORSI SOSTENIBILI
Lo standard “Servizi di gestione e controllo delle infestazioni (pest management) sostenibile - Requisiti” pubblicato il 26 settembre 2024 ha l’obiettivo di incentivare percorsi sostenibili nel settore della disinfestazione, elevando professionalità, competitività e trasparenza delle organizzazioni e della loro filiera.
La sua redazione è stata promossa in sede UNI dall’Associazione delle Imprese di Disinfestazione Professionali Italiane (Aidpi). Si tratta di una norma la cui conformità sarà valutata secondo UNI CEI EN ISO/ IEC 17065 (valutazione della conformità - Requisiti per organismi che certificano prodotti, processi e servizi). I requisiti si articolano su vari livelli, mettendo in risalto in particolare:
• Principi generali: sviluppo di piani di gestione degli infestanti che minimizzino impatti ambientali, sociali ed economici, fondati su un’analisi oggettiva del rischio.
• Requisiti dell’organizzazione (Cap. 5): politiche, ruoli, processi e formazione interni per supportare la sostenibilità.
• Requisiti del servizio (Cap. 6): criteri di selezione dei prodotti, tecniche di interven-
NORME A CONFRONTO
UNI 11956:2024UNI/PDR 145:2023
TIPOLOGIA
Norma di servizio (requisiti oggettivi), certificabile
AMBITO
FOCUS
APPROCCIO
COMPETENZE
STRUMENTI
Tutti i servizi professionali di pest management
Calcolo della sostenibilità del servizio; approccio IPM; pianificazione in materia di sostenibilità
Risk assessment, KPI oggettivi, SDGs
Formazione ESG & risk assessment
Politica aziendale, protocollo fornitori, matrice di calcolo dell’indice di sostenibilità
Prassi di riferimento (buone pratiche)
Servizi di disinfestazione in contesti bioagroalimentari
Applicazione dei principi bio; approccio IPM; competenze tecniche
Risk assessment, monitoraggio, pest proofing
Tecnico Esperto, Referente Tecnico, Operatore
Appendici C, residui, tracciabilità, fasi di processo dettagliate
to, pest proofing, monitoraggio e gestione attrezzature.
• Appendici informative: guide per l’autovalutazione, matrici di sostenibilità e protocolli tecnici.
Basandosi fortemente sui requisiti di UNI EN 16636:2025, la norma stabilisce in ottica di materialità e facendo proprio il modello di business basato sull’accountability e l’orientamento all’etica e alla trasparenza, i requisiti specifici sia per l’organizzazione che per il servizio, con tre “risorse vitali”: cliente, collaboratori e risorse naturali. Relativamente ai requisiti per l’organizzazione, essi considerano e impegnano l’organizzazione in numerose attività, quali la definizione di una politica aziendale sulla sostenibilità, condivisa con stakeholder, la nomina di un referente di alta direzione per la sostenibilità, la definizione di un proto-
Specializzazione in tecniche biologiche e gestione integrata
UNI EN 16636, trappole smart, pest proofing
Fonte: Elaborazione degli autori
collo di qualifica dei fornitori in ottica ESG e una attività di risk assessment per ogni aspetto di sostenibilità.
Nel pianificare e valutare il rischio delle azioni legate alla sostenibilità sarà, inoltre, necessario identificare gli SDGs rilevanti, pertinenti al contesto aziendale e al servizio erogato.
Relativamente ai requisiti del servizio, UNI 11956 si innesta sul flusso di processo del servizio già introdotto da UNI EN 16636 nel 2015, enfatizzando in ogni passaggio gli aspetti legati alla sostenibilità, pur consentendo all’organizzazione di erogare servizi “convenzionali” o con un grado di sostenibilità anche inferiore.
Una novità rilevante è appunto la possibilità di calcolare l’indice di sostenibilità attraverso un modello numerico che integra parametri ambientali, sociali e di effi-
cacia per definire, appunto, il “grado” di sostenibilità di ciascun servizio proposto, con riferimenti oggettivi (per esempio al regolamento “CLP” per quanto concerne l’indice di pericolosità per la salute umana e l’impatto ambientale delle sostanze, al D.Lgs. 81/2008 per la tutela della salute e della sicurezza delle persone e alle modalità di corretto impiego dei prodotti e dei dispositivi ecc.).
Una forte enfasi è inoltre data ai requisiti e le appendici (alcune normative, altre informative) che si occupano di descrivere le attività e i criteri per la formazione del personale, la gestione delle attrezzature, la selezione dei biocidi più favorevoli in termini di sostenibilità e la pianificazione delle azioni per lo sviluppo della sostenibilità, non limitandosi naturalmente ai soli aspetti ambientali, ma anche considerando i temi etico-sociali e di governance. UNI 11956:2024 definisce, pertanto, un quadro organico in cui i requisiti organizzativi e quelli di servizio si integrano per assicurare interventi di disinfestazione e derattizzazione misurabili, responsabili e in accordo con i principi ESG e l’Agenda 2030. Questi elementi forniscono alle aziende non solo linee guida, ma anche strumenti concreti per dimostrare la propria sostenibilità lungo l’intera catena del valore.
BUONE PRATICHE
“Pest management nelle imprese del settore agroalimentare della produzione biologica - Requisiti del servizio”, pubblicata l’11 maggio 2023 e a diffusione gratuita, introduce di fatto buone pratiche in assenza di norme settoriali. Anche in questo caso, l’iniziativa relativa alla sua preparazione in sede UNI è stata promossa da Aidpi. Di fatto, il suo scopo è stato quello di colmare il vuoto applicativo delle norme sulla produzione biologica in ambito agroalimentare (Reg. UE 2018/848), estendendo principi e metodi ai servizi di disinfestazione negli ambienti di lavorazione, con l’obiettivo di garantire la protezione dagli
infestanti nel rispetto della normativa sulla produzione biologica. Questo include tutte le fasi, dalla post-raccolta fino alla distribuzione al consumatore finale, anche per ambienti zootecnici e mangimifici.
La prassi presenta un ricco sommario che riporta l’approccio alla gestione degli infestanti nel settore agroalimentare della produzione biologica, le modalità di ispezione del sito e la definizione del documento di risk assessment, la definizione del piano di pest management (enfatizzando l’assistenza al cliente, le misure di esclusione degli infestanti, l’adeguata elaborazione di un piano di monitoraggio e la gestione delle non conformità relative agli infestanti), la contaminazione da residui derivante dall’attività di pest management, la tracciabilità e il personale. Completano la prassi tre appendici informative.
Tra i principi operativi, si possono citare senza dubbio l’analisi del rischio e il monitoraggio continuo, il pest proofing e adeguamento dei parametri ambientali, la scelta di attrezzature e prodotti con bassa persistenza e impatto. Altri elementi chiave di rilievo sono: il coinvolgimento attivo di esperti tecnici e Operatori del Settore Alimentare (OSA) nella valutazione dei rischi e nella stesura dei piani di intervento; il focus sul monitoraggio continuo e sull’uso prioritario di metodi alternativi (fisici, biologici, repellenti) prima di ricorrere a metodi chimici o biocidi; l’importanza della tracciabilità completa, aggiornamento costante dei dati e comunicazione con il cliente; la formazione interna al personale per garantire una corretta integrazione delle attività di controllo: nell’Appendice C sono descritte le competenze e requisiti per il Tecnico Esperto, il Referente Tecnico e l’Operatore Tecnico nelle filiere bio.
METODOLOGIE BIOLOGICHE
Il “Documento tecnico sulla gestione degli infestanti con metodi biologici orientati alla sostenibilità”, elaborato da Anid (versione corrente di febbraio 2024), in
collaborazione con l’ente di certificazione ICEA, mira a stabilire pratiche per la gestione degli infestanti prediligendo metodologie biologiche e orientate alla sostenibilità, non solo nel settore agroalimentare. Anid mette l’accento sulla conformità alle normative UE e sull’integrazione dei principi della sostenibilità.
Si tratta, quindi, di un documento che tende ad ampliare gli orizzonti descritti da UNI/ PdR 145:2023, sebbene ne ricalchi appieno gli obiettivi e l’approccio.
Anche in questo caso, è evidente la necessità della responsabilizzazione degli operatori e dei fruitori verso i nuovi requisiti UE, colmando il vuoto normativo sugli ambienti extra-agricoli e della definizione di modalità di intervento per prevenire residui chimici e per adottare tecniche di prevenzione, monitoraggio, contrasto e contenimento basate su un approccio integrato. Le fasi di processo descritte nel documento tecnico sono le medesime descritte in UNI EN 16636, fornendo, poi, principi generali relativamente alla prevenzione, al monitoraggio, alla lotta e al contrasto alle infestazioni, alle attività di post-raccolta e ai contaminanti biotici. Nello specifico, questi principi consistono in: pest-proofing e altre strategie fisiche, strutturali e comportamentali mirano a ridurre al minimo l’accesso e la proliferazione degli infestanti; sorveglianza regolare degli infestanti con trappole e audit frequenti; enfasi della selettività per proteggere le specie non bersaglio; prioritizzazione dei metodi biologici e fisici, come il controllo fisico, biologico e l’impiego di feromoni, evitando l’uso di sostanze chimiche di sintesi quando possibile; interventi correttivi per gestire infestanti in derrate biologiche con tecnologie ammesse come le atmosfere modificate e le temperature controllate; strategie per la gestione dei contaminati biotici.
Un capitolo specifico è, infine, destinato alla gestione delle infestazioni nelle aree verdi urbane ed extra-agricole, in accordo con il PAN.
FRAMEWORK INTEGRATO
Tra i punti in comune che si possono trovare nei diversi documenti emergono sicuramente l’enfasi sull’importanza dell’analisi del rischio e del monitoraggio continuo, l’importanza della formazione e lo sviluppo delle competenze delle figure professionali e la condivisione di protocolli chiari con stakeholder e fornitori, il privilegio verso l’uso di tecniche che minimizzino l’uso di sostanze chimiche e riducano gli impatti ambientali e sociali.
In tale contesto, emerge che UNI 11956 rappresenti uno strumento completo per affrontare le sfide attuali e future in termini di sostenibilità del comparto del pest management, grazie alla sua visione globale che include, in un percorso piuttosto naturale, le indicazioni della PdR 145 così come del Documento tecnico Anid.
L’esistenza di questi strumenti volontarinorma, prassi e linee guida tecniche - rafforza la capacità del settore di standardizzare processi e competenze su base ESG, innovare attraverso tecniche a basso impatto e digitalizzazione (IoT per trappole, modelli di calcolo, app di monitoraggio), comunicare in modo trasparente risultati e indicatori di sostenibilità.
Nei prossimi anni, la sfida consisterà nel far convergere in maniera più sistematica questi approcci in un framework integrato, che valorizzi la conformità normativa (UNI 11956), l’adattabilità delle prassi (PdR 145) e l’efficacia delle tecniche biologiche e orientate alla sostenibilità (Anid), per garantire servizi di pest management sempre più responsabili e riconosciuti anche dagli stakeholder esterni.
Non per ultimo, tra le prospettive connesse all’adozione e alla diffusione della norma UNI 11956, si fa strada l’auspicio che essa possa presto attirare l’attenzione anche degli Enti di Certificazione e di Accredia, con l’obiettivo di renderla quanto prima riconoscibile e certificabile, rafforzandone così la valenza operativa e il potenziale di diffusione nel settore.
UN FUTURO GIÀ PRESENTE
La transizione ecologica non riguarda solo energia e mobilità, ma anche il pest management. Nel mondo del cleaning e della sanificazione, la sfida è chiara: garantire ambienti puliti e sicuri senza impattare negativamente sull’ambiente e sulla salute pubblica. Ekomille si inserisce in questo scenario come un’innovazione italiana che, da quasi venticinque anni, garantisce una gestione dei roditori che unisce prestazioni eccellenti e rispetto per l’ambiente. Per decenni, il controllo dei roditori si è basato sull’uso massiccio di rodenticidi, con tutte le criticità del caso: rischio di contaminazione ambientale, effetti su specie non target, progressiva resistenza dei roditori ai rodenticidi e introduzione di normative europee sempre più restrittive. Oggi queste soluzioni risultano sempre meno compatibili con i criteri della green economy e con i CAM (Criteri Ambientali Minimi) richiesti negli appalti pubblici. Ekomille con i suoi accessori è un sistema per la cattura di roditori sinantropici infestanti. Nasce come risposta a questa sfida: un sistema di cattura ecologico che funziona senza veleni, eliminando il rilascio di sostanze tossiche nell’ambiente. Un vero cambio di paradigma, che rende possibile un controllo dei roditori efficace e al contempo sostenibile.
Il principio è semplice quanto rivoluzionario: Ekomille funziona attirando, catturando e contenendo i roditori all’interno del dispositivo, senza alcuna dispersione esterna. A differenza dei metodi tradizionali, Ekomille garantisce:
• Zero tossicità: massima sicurezza per operatori, clienti e ambiente.
• Gestione integrata: monitoraggio costante delle infestazioni con dati sempre disponibili.
• Conformità normativa: soluzione conforme ai regolamenti europei e alle politiche ESG.
In questo modo, il pest control nella sua accezione tradizionale lascia spazio a un approccio evoluto: da semplice intervento emergenziale si trasforma in processo intelligente, tracciabile e sostenibile, dando vita al pest management.
BENEFICI PER IMPRESE E FACILITY MANAGEMENT
Per le imprese di pulizia e facility management, adottare Ekomille non è solo una scelta ecologica, ma una decisione strategica che offre vantaggi concreti:
• Economico: l’acquisto iniziale rappresenta un investimento che, nel tempo, riduce i costi operativi legati alla gestione dei roditori, alla manutenzione e all’uso di prodotti chimici.
• Normativo: pienamente conforme ai requisiti di sostenibilità previsti nei capitolati pubblici e privati.
• Reputazionale: garantisce ai clienti finali – ospedali, scuole, catene retail, hotel – un servizio sicuro, efficace e rispettoso dell’ambiente.
Con Ekomille, la gestione dei roditori diventa un processo efficiente, tracciabile e sostenibile, che valorizza l’azienda e protegge l’ambiente.
In un settore sempre più orientato alla prevenzione e alla trasparenza, il modello sviluppato da Ekommerce si afferma come punto di riferimento: il pest management del futuro sarà inevitabilmente più green, più sicuro e più intelligente.
Per approfondire le caratteristiche e i vantaggi dei dispositivi Ekomille, è possibile consultare il sito ekomille.com.