23 uotidiano

EDITORIALE INCONTRI
EDITORIALE INCONTRI
di Andrea Dellabianca
La presenza di Compagnia delle Opere al Meeting di Rimini non è mai una semplice partecipazione a un evento: è, ogni anno, un’occasione viva di incontro e condivisione.
“Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”. Il titolo della 46ª edizione del Meeting di Rimini, tratto da un verso di Thomas Eliot, riporta al centro dell’attenzione il tema del lavoro. Già lo scorso anno il Meeting è stato un contesto prezioso per approfondire i ragionamenti che hanno condotto alla stesura del “Manifesto del Buon Lavoro”, un percorso che prosegue oggi con la presentazione della mostra “Ogni uomo al suo lavoro”, naturale evoluzione del Manifesto. Ed è proprio questo che il Meeting rappresenta: un luogo dove porre e intercettare le domande che quotidianamente siamo portati ad affrontare, mettendole in dialogo con le esperienze di chi ha provato a ipotizzare, nella sua personale esperienza, delle possibili risposte. Nella frenesia del tempo in cui viviamo, il Meeting è uno spazio unico, dove politica, economia, cultura e terzo settore dialogano tra loro liberamente. In questo contesto, Compagnia delle Opere, insieme a Cdo Opere Educative, Cdo Opere Sociali e alle Cdo territoriali, porta le sue testimonianze dirette, dimostrando come sia possibile fare sviluppo mettendo al centro la persona, in una logica di collaborazione.
I temi di quest’anno sono molti, tra cui il lavoro, il complesso rapporto tra vita familiare e sfera lavorativa, l’educazione nella sua relazione con l’intelligenza artificiale e la valorizzazione del potenziale dell’immigrazione. Tutte tematiche che verranno approfondite attraverso la natura stessa della Cdo: la costruzione di legami, la valorizzazione della persona che deve porsi al centro del dibattito, il fare impresa a partire da una responsabilità verso il bene comune e attraverso un dialogo costruttivo tra il mondo profit e quello
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“Madri per la pace” è l’incontro che ha aperto il Meeting di Rimini; lo ha introdotto il presidente Bernhard Scholz che ha letto i messaggi di papa Leone XIV e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ha sottolineato che il Meeting ha scelto di iniziare la sua avventura non dalle analisi, pur da fare, ma da testimonianze che documentano che costruire oggi è possibile. Madri per la pace sono tre donne che hanno raccontato la loro storia in cui testimoniano quanto sia bello e affascinante scoprire la ricchezza umana dell’altro: le protagoniste di queste storie sono la madre musulmana Layla al-Sheik a cui è stato ucciso il piccolo Qusay nella seconda Intifada, la madre israeliana Elana Kaminka, a cui è stato ucciso il figlio Yannai il 7 ottobre 2023, e suor Azezet Habtezghi Kidane, (conosciuta come suor Aziza) religiosa comboniana per anni presente in Sudan, in Etiopia, e nei territori palestinesi in rapporto con i beduini, testimoni che indicano come dal cuore venga una speranza di pace per tutti.
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L’appello di Draghi
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PRIMO PIANO Un invito di papa Francesco all’origine della mostra realizzata dai ragazzi di Gioventù Studentesca
«Raccontiamo il filo della misericordia che attraversa tutte le persone». «Guardare l’altro e riconoscerlo»
di Costanza Lucchini
Il buio della guerra e della sofferenza apre la mostra Profezie per la pace (padiglione A3). Un planisfero, realizzato da Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) per questa mostra, racconta la «terza guerra mondiale a pezzi», secondo la definizione di papa Francesco, mostrando l’esorbitante numero di conflitti in atto nel nostro mondo. Centinaia di guerre che seminano dolore in tutti i continenti e che, soprattutto, sembrano non terminare mai: solo il 9 per cento dei conflitti degli ultimi quindici anni si sono conclusi, e solo il 4 per cento con un trattato di pace. Una panoramica desolante. Ma i ragazzi di Gioventù Studentesca, invitati dai loro professori a scoprire le profezie per la pace nel mondo lacerato dalla guerra e dalla sofferenza, hanno deciso di non fermarsi ai numeri. «I numeri sono troppo poco – dice Ilaria, studentessa di liceo di Bologna – per
capire cosa succede davvero bisogna andare a conoscere chi vive il conflitto». Così, per scoprire cosa accade davvero in quei luoghi, per scoprire cosa accade nel cuore della guerra, hanno cercato e inseguite decine di storie. La prima stanza, con i suoi muri neri, ci porta dentro a questo dolore facendolo ascoltare nelle interviste fatte dai ragazzi ai protagonisti di queste storie. Dalla Bosnia al Myanmar, dal Libano al Rwanda, iniziamo a sentire i racconti di chi i conflitti li ha visti, li vede, li vive. Ma in questo buio, è possibile individuare dei punti di luce. «Ci siamo fatti guidare dal cardinale Pizzaballa – spiega Francesco Tanzilli, curatore della mostra – che dice che dentro questo oceano di male in cui ci troviamo bisogna saper guardare dei punti di luce, che sono i volti delle persone che si spendono per costruire qualcosa di bello, quelli che lui chiama “i risorti di oggi”. La speranza per me è questa: guardare questi volti».
E così si entra nella seconda parte della mostra. Visivamente, l’allestimento fa capire che siamo entrati nella parte illuminata della storia, perché le pareti sono bianche. Le persone intervistate ci parlano ora di storie luminose, «storie di un’umanità diversa», dice Caterina, studentessa e guida. Mentre nella prima stanza i volti che vediamo sono confusi, qui invece sono nitidi. Perché quello che la guerra distrugge, primariamente, è l’uomo. «La guerra è la vittoria dell’idolo, è l’affermarsi dell’idolo sull’ altro. E così il volto dell’altro sparisce, non si riconosce più» spiega Luca, studente di un liceo di Milano. Allora, la pace è guardare l’altro, riconoscerlo. E allora il bene può essere la regola, e non l’eccezione.
Alle storie che si ascoltano, di questi testimoni di pace e umanità nuova, si affiancano e sovrappongono quelle degli studenti che hanno realizzato la mostra. Quando papa Francesco, il 15
ottobre 2022, ci ha invitati ad «accompagnarlo nella profezia per la pace», alcuni professori si sono sentiti interrogati, e si sono domandati come rispondere. E in questa ricerca hanno coinvolto i loro studenti. Centinaia di liceali in tutta Italia si sono mossi per andare a toccare con mano quella realtà. Ma non solo per scoprire cosa è davvero la guerra; anche, e soprattutto, per scoprire cosa sia davvero la pace. Alcuni ragazzi raccontano perché hanno aderito, e scopriamo un punto in comune: il desiderio di capire cosa permette che ci sia la pace nella guerra. E quello che hanno scoperto è proprio che queste piccole gocce sono il modo per costruire la pace dove si è: «Le persone che abbiamo incontrato ci hanno testimoniato una passione per l’uomo e per la vita, che ha acceso anche me. Pizzaballa ci ha detto che oltre agli “architetti” della pace, i capi di stato e i grandi del mondo, ci sono anche gli “artigiani” della pace, che siamo tutti noi, lì dove siamo».
Rimane una domanda però: queste profezie di pace sono abbastanza, o è un’illusione? Risponde il cardinale Pizzaballa, con il quale gli studenti e i curatori hanno dialogato, nel video che chiude la mostra. Lo traduce così Francesco Tanzilli: «La pace intesa come totale assenza di conflitti nel mondo non c’è mai stata e mai ci sarà. La questione è riconoscere il grano in mezzo alla zizzania. Perché essere profeti per la pace non è vedere il futuro, ma riconoscere quei punti di luce, e indicarlo agli altri». E il filo rosso che percorre tutto l’allestimento della mostra dice proprio questo: «è il filo della misericordia, che attraversa tutte le persone e le storie che la mostra racconta». Su questi nastri rossi i ragazzi hanno scritto a mano «Chi ci possiede è più grande di noi e del nostro male». Questo è il punto: riconoscere su di sé quella misericordia, non “dopo” il dolore, quando facciamo la pace, quando superiamo il male, ma proprio dentro il nostro male – quello che facciamo e quello che riceviamo. La pace è un dono che c’è già, uno sguardo che riceviamo. Non va costruita, ma riconosciuta. Ilaria l’ha scoperto nella sua vita, grazie a questa mostra: «Mi rimane una grande domanda, ma ho capito che la pace è possibile, anche nelle mie guerre personali, quelle quotidiane, perché c’è qualcuno che mi guarda».
PRIMO
Abbracciare il prossimo e non guardarlo come un nemico. Perdonare non è facile, ma è possibile
di Gianni Mereghetti
Il Meeting di si è aperto con un incontro dal titolo “Madri per la pace”, un incontro che, come ha sottolineato il presidente Bernhard Scholz, «voleva essere paradigmatico per ognuno di noi». Ed è stato così perché le protagoniste di questo incontro sono state quattro donne che hanno testimoniato quant’è bello e affascinante guardarsi in faccia come persone e commuoversi di fronte all’altro per quello che è: queste quattro donne che con la loro testimonianza hanno dato non solo l’avvio del Meeting ma ne hanno impresso il carattere originale sono la giornalista Alessandra Buzzetti, la mamma musulmana Layla al-Sheik cui è stato ucciso il piccolo Qusay nella seconda Intifada, la madre israeliana Elana Kaminka, a cui è stato ucciso il figlio Yannai il 7 ottobre 2023, e suor Azezet Habtezghi Kidane, (più conosciuta come suor Aziza) religiosa comboniana per anni presente in Sudan, in Etiopia, e nei territori palestinesi in rapporto con i beduini. Ciò che queste donne hanno testimoniato è stato uno sguardo reciproco. Sul palco del Meeting si è vista la pace nel rapporto tra di loro, nel modo come si sono guardate e parlate, nella profondità e sincerità dei loro racconti è stato evidente che anche laddove la sofferenza colpisce, proprio dentro il suo dramma può diventare più potente il desiderio di pace che anima il cuore umano. Queste donne hanno indicato a tutti il metodo della pace, guardare l’altro per quello che è, riconoscere nell’altro la propria umanità, vedere l’altro non come nemico ma come persona.
All’origine di questa ricchezza umana vi è un incontro. Elana, raccontando la sua storia, ha parlato di un incontro avvenuto nel 2018 con un palestinese a cui avevano ucciso la moglie: quando lo ha incontrato ha visto i suoi occhi come gli occhi più gentili al mondo e questo è stato importante nel seguito della sua esistenza. Quando hanno ucciso suo figlio Yannai che per lei era un esempio di amore e di responsabilità ha sofferto tanto e si chiedeva continuamente come reagire perché lei cercava un cambiamento e allora ha deciso di unirsi al Parents Circles, così è diventata amica anche di Layla e ha portato avanti quell’amore e quella responsabilità che aveva ricevuto da Yannai. Anche per Layla all’inizio vi è stato un incontro. Vi ha messo tanto per superare il dramma della morte del figlio, che ha avuto come concausa decisiva il blocco ad un check point israeliano che ne ha impedito i soccorsi, una lunga sofferenza di 16 anni finché un giorno una persona le ha parlato dei Parents Circles e lei li ha conosciuto e ha visto israeliani e palestinesi parlarsi insieme. «Quella è stata la prima volta che vedevo gli israeliani come esseri umani» ha commentato Layla e da quel momento ha deciso di essere membro attivo di quel gruppo. Sono queste scelte coraggiose, che vanno contro un modo di pensare precostituito e che vede l’altro come nemico, per questo, come testimoniato da un ragazzo palestinese di Jenin, chi palestinese dialoga con giovani israeliani incontra molti ostacoli nel suo stesso popolo, perfino il rischio di essere arrestato dall’autorità palestinese. Layla ha incontrato la resistenza di una sua figlia
che per la sua amicizia con gli israeliani l’ha accusata di aver tradito il piccolo Qusay. Solo quando ha sentito una sua testimonianza la figlia l’ha abbracciata perché ha capito lo sguardo d’amore della madre e il suo desiderio di pace. «Perdonare veramente non è facile» sottolinea Layla e racconta il suo incontro con un militare israeliano che le ha raccontato con grande sincerità che lui aveva bloccato il trasporto di un ferito come era successo per suo figlio Qusay: in quel drammatico momento lei si è trovata a fare il passo del perdono, un passo su una vertigine, ma che quell’uomo non
le abbia nascosto ciò che ha fatto l’ha portata a perdonare. Suor Aziza quando aveva visto in Sudan tante persone morire ha chiesto e richiesto a Dio perché permettesse questo, per lei non è facile perdonare, però è possibile con la grazia di Dio. È nella preghiera, è sotto la croce di Cristo che si trova l’energia di perdonare e di costruire la pace. Suor Aziza ha operato sempre abbattendo muri e costruendo ponti. Sono stati i rabbini per i diritti umani a fare incontrare a loro, suore comboniane, i beduini: loro hanno seguito queste indicazioni, hanno incontrato i beduini e i bisogni che loro hanno indicato, un futuro per i loro figli e la questione sanitaria. Da lì hanno cominciato una presenza presso i beduini. Per suor Aziza è un incontro quello che si vive con l’altro e abbattendo i muri finalmente si vede il volto dell’altro. Commovente e da brividi quando le donne parlano della loro fede religiosa: «Dio è amore e pace» dice Layla, «il valore fondamentale dell’ebraismo è la vita e il nostro governo non rispetta la vita» dice Elana, «sotto la croce del Signore c’è la pace», segno che vi è un tratto indelebile di pace a nella storia di questi popoli e queste donne sono la testimonianza vivente della possibilità di costruire la pace oggi, ci vuole il coraggio e la responsabilità di scelte di amore come quelle che queste donne hanno fatto e fanno.
PRIMO PIANO Vivace confronto tra Patrick Deneen e Joseph Weiler sulla fine del liberalismo
Lo Stato deve garantire uno spazio neutrale che favorisca l’esprimersi delle differenze nella società
di Francesca Rovati
Apartire dalla constatazione della crisi del modello liberale, in particolare della concezione di persona che ne sostiene il sistema, Patrick Deneen e Joseph Weiler dialogano senza sconti sul rapporto tra diritti individuali e doveri e sulla necessità di trovare nuove forme di convivenza.
Per Patrick Deneen, professor of Political Science, Notre Dame University, il fallimento del liberalismo non è dovuto solo all’affermarsi di movimenti populisti ma è una conseguenza di alcune premesse contradditorie. Si è sviluppato in antitesi al principio di ereditarietà e ha minato progressivamente alcune istituzioni fondamentali come la famiglia, la comunità e la Chiesa. L’assenza di regole e il principio di autodeterminazione hanno prodotto disastri in campo politico, economico e sociale con un aumento delle diseguaglianze, il fenomeno della globalizzazione selvaggia e un senso diffuso di preca-
rietà. Anche in campo etico il liberalismo ha rivelato il suo volto aggressivo eliminando i limiti imposti dalla biologia umana. Il risultato non è una maggiore libertà ma un attacco sistematico a chi la pensa diversamente che culmina nella “cancel culture”. La sfida è ripristinare quello che è andato distrutto. «C’è bisogno di un rinnovamento culturale». Il post liberalismo intende guardare avanti, superare l’individualismo estremo per rafforzare la prosperità umana.
Il professor Joseph Weiler, Universi-
ty Professor, NYU Law School, Senior Fellow, Center for European studies at Harvard, aggiunge un elemento di riflessione. Il malessere della società è l’esito del secolarismo che è diventata una vera e propria religione di stato. Nessuno parla più di doveri sulla scena pubblica. Bisogna recuperare il senso di comunità che è proprio del cristianesimo e dell’ebraismo dove si parla, invece, di popolo nella prospettiva di un bene comune. La democrazia liberale non è perfetta ma permette di far convivere posizioni e sen-
sibilità molto diverse fra loro. Lo Stato deve garantire uno spazio neutrale che favorisca l’esprimersi delle differenze come accade in Gran Bretagna e in Olanda dove vengono finanziate sia le scuole laiche sia quelle confessionali.
Anche Patrick Deneen sottolinea il tema dell’appartenenza come antidoto alla deriva individualista. In quest’ottica sottolinea come ogni nazione sia un luogo con una storia e con una memoria da preservare anche a costo di sacrifici. Rimane aperto il tema del limite che lo stato impone alle libertà individuali. Chi lo traccia e su quali basi? Il rischio dello stato etico è dietro l’angolo ma è inconcepibile un ordine sociale indifferente alle domande che ci poniamo come persone.
Joseph Weiler lancia una provocazione finale. Il cristianesimo si è diffuso velocemente nei primi secoli grazie alla testimonianza delle persone. Spetta a noi il cambiamento, non allo stato.
PRIMO
PIANO Mario Draghi torna al Meeting e spiega la sua visione pragmatica del futuro
L’ex presidente Bce ha ripercorso i passaggi del suo Rapporto chiedendo l’impegno di tutti contro l’euroscetticismo
di Lucio Bergamaschi
«I
l mio è un europeismo pragmatico, con i piedi per terra, nessun volo pindarico». Forse è proprio questo approccio low profile che piace di Mario Draghi, ex presidente del Consiglio e, soprattutto, ex presidente della Banca Centrale Europea. Chi ipotizzava un’accoglienza tiepida del popolo del Meeting per l’artefice del salvataggio dell’euro nel 2012 (chi si dimentica il famoso “whatever it takes”?) è stato smentito: Auditorium isibank gremito in ogni ordine di posti e un applauso che sembrava interminabile all’arrivo dell’ospite.
Rispondendo alle domande di Bernhard Scholz, presidente della Fondazione Meeting, il grand commis per eccellenza sempre imperturbabile, cortese ma un po’ distaccato, si è perfino lasciato andare a qualche inaspettata confidenza. «Nella mia tesi di laurea sostenevo che la moneta unica fosse una sciocchezza e quando ero in America (al Fondo Monetario Internazionale ndr) esprimevo forte scetticismo sul processo di integrazione europea. Poi, quando sono tornato in Italia nei primi Anni ’90, mi sono reso conto che la situazione era cambiata, che i Paesi europei si erano avvicinati tra loro e che una divisa unica ora aveva senso.»
Al di là delle note di colore personale,
Draghi nella sua relazione ha delineato con la consueta chiarezza i passi che il processo di integrazione europea è chiamato a compiere oggi davanti alla sempre più evidente polarizzazione Usa-Cina che ha messo all’angolo l’Europa, come dimostra la vicenda dazi. «Nessuno ci regala più niente - ha sottolineato - nessuno nel mondo ci guarda con particolare
simpatia, i valori economici da soli non ci garantiscono più un ruolo geopolitico globale e soprattutto bisogna combattere lo scetticismo sul fronte interno. Agli euroscettici rispondo che mi si deve dimostrare che senza l’Europa staremmo meglio.»
Certo il ruolo dell’Unione deve cambiare come sostiene il Rapporto sulla com-
L’Europa - aveva detto Scholz introducendo l’incontro - è l’unico luogo del mondo dove coesistono sviluppo e solidarietà, libertà d’impresa e welfare universale, democrazia e rispetto dei diritti umani. «Per questo - è l’appello finale di Draghi alla platea - dobbiamo preservarla e farla crescere con il nostro personale consenso e con il contributo fondamentale che possono offrire i corpi intermedi in un contesto sociale sempre più atomizzato. Bisogna coltivare la fiducia nel cambiamento e combattere l’inazione che è il peggior nemico dell’Europa, lo possiamo fare perché l’Europa siamo noi, ognuno di noi.» 5
petitività che Draghi ha realizzato per la Commissione: non basta più la funzione sostanzialmente regolatoria svolta finora ma ci vuole un nuovo protagonismo economico, un ruolo di stimolo in settori chiave come la tecnologia, la ricerca e sviluppo, la difesa, l’istruzione. «Per fare tutto ciò - ha però rimarcato Draghi - ci vogliono investimenti enormi, dell’ordine di 1,2 trilioni di euro l’anno per molti anni, investimenti che nessun Paese europeo da solo può sostenere. Dunque bisogna rafforzare gli strumenti di finanza comunitaria che abbiamo già usato con successo nell’emergenza Covid e che probabilmente dovremo riutilizzare a breve per sostenere le aumentate spese per la difesa. E, soprattutto, dobbiamo riformare l’architettura istituzionale europea che, così com’è fatta, è incapace di prendere decisioni con la necessaria rapidità ed efficacia.»
EDITORIALE
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non profit, perché in un’epoca di sfide complesse, la collaborazione sinergica tra mondi apparentemente distanti può generare soluzioni innovative e ad alto impatto.
Al Meeting desideriamo raccontare un cammino, il nostro, attraverso la presentazione di proposte concrete che possano avere benefici per le persone che lavorano con noi. Le realtà che animano il mondo di Cdo si muovono per un desiderio condiviso, quello di costruire qualcosa di reale, insieme. Il Meeting diventa così una “casa comune”, in cui ogni stand, ogni incontro, ogni testimonianza è occasione per riscoprire ciò che dà senso al proprio lavoro e alla propria vita.
Anche quest’anno, Cdo partecipa al Meeting con l’intento di apprendere, ascoltare e intrecciare relazioni capaci di generare valori e spunti su cui costruire insieme. Crediamo infatti che ogni vera opera nasca innanzitutto da un legame umano e in qualità di partner della Fondazione Meeting ci sentiamo parte della sua storia e desideriamo sostenere e supportare il suo sviluppo.
Andrea Dellabianca Presidente nazionale Compagnia delle Opere 6
by Andrea Dellabianca
The presence of Compagnia delle Opere at the Rimini Meeting is never just a simple participation in an event: every year, it is a lively opportunity for meeting and sharing. “Nei luoghi deserti, costruiremo con mattoni nuovi”. The title of the 46th edition of the Rimini Meeting, taken from a verse by Thomas Eliot, brings the theme of work back to the center of attention. Last year, the Meeting was already a valuable context for exploring the reasoning that led to the drafting of the “Manifesto del Buon Lavoro,” a process that continues today with the presentation of the exhibition “Ogni uomo al suo lavoro,” a natural evolution of the Manifesto. And this is precisely what the Meeting represents: a place where we can ask and intercept the questions we are faced with on a daily basis, putting them in dialogue with the experiences of those who have tried to hypothesize possible answers based on their personal experience. In the frenzy of the times we live in, the Meeting is a unique space
where politics, economics, culture, and the third sector engage in free dialogue. In this context, Compagnia delle Opere, together with Cdo Opere Educative, Cdo Opere Sociali, and the local Cdo organizations, brings its direct testimonies, demonstrating how it is possible to achieve development by putting the person at the center, in a logic of collaboration. There are many topics this year, including work, the complex relationship between family life and the workplace, education in relation to artificial intelligence, and harnessing the potential of immigration. All these issues will be explored through the very nature of Cdo: building relationships, valuing the person who must be at the center of the debate, doing business based on a responsibility towards the common good and through constructive dialogue between the for-profit and non-profit worlds, because in an era of complex challenges, synergistic collaboration between seemingly distant worlds can generate innovative and highimpact solutions.
At the Meeting, we want to recount our journey through the presentation of concrete proposals that can benefit the people who work with us. The realities that animate the world of Cdo are driven by a shared desire to build something real, together.
The Meeting thus becomes a “common home,” where every stand, every meeting, every testimony is an opportunity to rediscover what gives meaning to one’s work and life.
Once again this year, Cdo is participating in the Meeting with the aim of learning, listening and forging relationships capable of generating values and ideas on which to build together. We believe that every true work is born first and foremost from a human bond, and as partners of Fondazione Meeting, we feel part of its history and wish to sustain and support its development.
National President of Compagnia delle Opere
INCONTRI
«I
l tempo che viviamo richiede esercizio e responsabilità diverse rispetto al passato. Occorre costruire con mattoni nuovi, non rattoppare». Così Daniela Fumarola, segretaria generale della Cisl, intervenendo al convegno “Corpi intermedi e sviluppo economico: il lavoro per un nuovo patto sociale”. Responsabilità che significa a volte fare anche scelte impopolari e non semplici, nella consapevolezza che nulla potrà tornare come era prima. «I mattoni nuovi – ha aggiunto - sono una visione diversa del nostro impegno come sindacato e di quello dei nostri interlocutori, le nostre controparti tradizionali». Mattoni nuovi che non si assembleranno se non eserciteremo un’azione positiva non solo all’interno dei luoghi di lavoro, ma anche fuori. «Questo significa partecipare: avviare una stagione diversa, continuare a mettere al centro la persona, unire le forze». Fare insieme. C’è la necessità di un nuovo patto sociale che tenga insieme i soggetti - parti sociali e governi – nella rispettiva autonomia ma nell’unità degli obiettivi. «Occorre mettere da parte ciò che ci separa, cercare obiettivi condivisi. La partecipazione tiene insieme. La Leg-
ge 76 dà attuazione alla partecipazione dei lavoratori all’interno dell’impresa: nessuno oggi può tirarsi indietro, ognuno deve mettere il proprio pezzettino». Secondo Fumarola, «partecipare conviene: conviene all’impresa, conviene al lavoratore, sotto tutti i punti di vista». Pur nella crisi di rappresentatività dei corpi intermedi, la segretaria generale della Cisl rivendica il ruolo necessario del sindacato: «Fin quando c’è lavoro e lavoratore, il sindacato ha ragione di esistere». Un sindacato pragmatico, responsabile, coraggioso, «che fa del conflitto l’ultima arma da mettere in campo, quando non ci sono più margini per lavorare insieme su obiettivi condivisi. C’è ancora tanto bisogno di sindacato: la prima sfida che dovremo affrontare sarà la legge di bilancio. Il secondo appuntamento è il 2026, con la fine del Pnnr». La ricetta per un nuovo patto sociale prevede tre ingredienti: partecipazione, contrattazione, concertazione. «Partecipazione attraverso una contrattazione sartoriale nei luoghi di lavoro, una contrattazione di secondo livello, territoriale».
INCONTRI Il titolo del Meeting viene approfondito oggi alle 15 da monsignor Erik Varden, vescovo di Trondheim in Norvegia
La secolarizzazione si è conclusa, adesso occorre ripartire. Qual è il compito della Chiesa
di Gianni Mereghetti
Oggi alle 15 l’Auditorium Isybank, padiglione D3, ospiterà uno dei momenti più importanti del Meeting. È l’incontro in cui verrà presentato il titolo di quest’anno, “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi” tratto dall’opera “Cori da La Rocca” dello scrittore T.S. Eliot. Il tema verrà approfondito da monsignor Erik Varden, monaco cistercense, vescovo di Trondheim in Norvegia e presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia, che riunisce i vescovi di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, con l’introduzione di Bernhard Scholz, presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli Ets. Sono molte le domande a cui monsignor Varden dovrà rispondere: da una parte quale sia la sua percezione del deserto oggi, come si caratterizza questo smarrimento dell’umano e del suo senso, dall’altra come sia possibile costruire in questo momento storico così particolare e contraddittorio e quali sono i segni di speranza che lui vede.
Monsignor Varden, in un’intervista al Foglio del 24 dicembre 2024, aveva affermato che «ci troviamo alle soglie di un’epoca che definirei ‘post-secolare’. La secolarizzazione ha fatto il suo corso. È esaurita, priva di finalità positiva. L’essere umano, nel frattempo, rimane vivo con aspirazioni profonde. Si consideri il fatto che Marilynne Robinson e Jon Fosse sono letti in tutto il mondo; che la gente accorre al cinema per vedere i film di Terence Malick; che migliaia di persone cercano un’istruzione nella fede. Questi sono segni dei tempi. Dovrebbero riempirci di coraggio. Dovrebbero renderci determinati a non mettere la nostra lampada sotto il moggio. La Chiesa possiede le parole e i segni con cui trasmettere l’eterno come realtà». Il giudizio di monsignor Varden è molto chiaro, in lui c’è la percezione che stia finendo un’epoca perché la secolarizzazione ha esaurito il suo corso. Ma, nello stesso tempo, vi è una ripresa dell’umano, perché il cuore rimane vivo e riapre prospettive affascinanti. Come ha affermato papa Francesco, nella bolla d’indizione del Giubileo, oggi
ci sono molti segni di speranza. Per ricostruire bisogna ripartire da questi segni, come lo stesso monsignor Varden sostiene: sarà molto interessante cogliere con che metodo avviene oggi tale ricostruzione e quale compito abbia la Chiesa in questa affascinante avventura. Monsignor Varden nella medesima intervista aveva dichiarato: «Avere speranza come cristiani non significa aspettarsi che tutto vada bene. Non tutto va bene. Sperare è avere fiducia che tutto, anche l’ingiustizia, possa comunque avere un senso e uno scopo. La luce “brilla nelle
tenebre”, ma non toglie di mezzo le tenebre; questo avverrà nei nuovi cieli e nella nuova terra in cui “non ci sarà più notte”. Qui e ora la speranza si manifesta come un barlume. Questo non vuol dire che sia irrilevante. La speranza ha un contagio benedetto che le permette di diffondersi di cuore in cuore». È con questa attesa che il Meeting si appresta a incontrare monsignor Varden, con l’attesa di cogliere come oggi vive la speranza e a quali opere sollecita il nostro impegno e la nostra libertà.
Banchi, associazioni e privati raccontano come si affronta il bisogno concreto delle persone
Non si tratta soltanto di aiuti alimentari e farmaceutici, si risponde anche alle sfide delle necessità tecnologiche di Francesco Maria Capitanio
Povertà e miseria, a dispetto della Treccani, non sono sinonimi. La questione non è appena semantica ma, solo in Italia secondo l’Istat, tocca la vita concreta di una persona su dieci. Se la statistica non suggerisce soluzioni, sicuramente una opzione non è rimanere fatalisticamente in attesa di tempi migliori. Le iniziative di persone e associazioni che tentano di dare risposte concrete a povertà e miseria sono state raccontate nell’incontro tenuto ieri pomeriggio dal titolo: “La differenza fra povertà e miseria muove la carità”, in collaborazione con Sistema Banchi. Sono intervenuti Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa San Paolo, Sergio Daniotti, presidente Fondazione
Banco Farmaceutico, Fabio Mazzoleni, presidente Banco Informatico, Silvio Pasero, presidente Banco delle Cose, Marco Piuri, presidente Fondazione Banco Alimentare Ets, e Davide Rondoni, poeta, intervistati dalla giornalista del Corriere della Sera, Elisabetta Soglio. Tutti hanno evidenziato come l’affronto di un bisogno concreto non deve dimenticare quell’attenzione alla persona che le restituisca una dignità e crei l’opportunità di liberarsi dal bisogno, rendendola meno vulnerabile e isolata socialmente. L’esperienza dei Banchi parte proprio dal tentativo di dare questa risposta più umana fondata su relazioni e incontri tra persone. L’altra consapevolezza emersa è la necessità di fare rete tra tutti i soggetti implicati. Tipico è l’esempio della gestione delle eccedenze alimentari o
farmaceutiche che gli operatori del settore si trovano a dover gestire e che, grazie a enti come il Banco Alimentare o il Banco Farmaceutico, vengono dirottate per sostenere il bisogno materiale di chi non riesce nemmeno ad assicurarsi il sostentamento o le cure di base.
La carità risponde anche alle sfide lanciate dalle crescenti necessità tecnologiche, aumentate dall’esperienza del Covid. Tablet, telefoni cellulari, computer che tanti operatori economici dismettono dopo poco tempo perché non più adeguati al loro lavoro, vengono rigenerati e riconsegnati a famiglie, onlus, associazioni con il triplice vantaggio di chi riceve, di chi dona e dell’ambiente. La risposta al bisogno materiale è il punto necessario da cui partire perché altrimenti si scadrebbe nel filantropismo tanto è vero
che è evidente a tutti che ogni iniziativa possibile non può risolvere il problema della povertà. Tuttavia, per chi dona, per chi dà tempo, per chi si rende disponibile a sostenere queste opere e per chi riceve, c’è l’opportunità di fare esattamente la medesima esperienza di bene. Un sistema che pone la carità come criterio operativo concreto ed efficace. E, come sottolinea Stefano Barrese, responsabile Divisione banca dei territori Intesa San Paolo: «Serve un’azione impattante, condivisa e sinergica che veda tutti impegnati per una crescita diffusa e inclusiva. Lo Stato deve essere certo protagonista, ma ognuno deve fare la sua parte in quello che possiamo definire un nuovo patto sociale tra tutti i soggetti pubblici e privati che hanno ruoli di responsabilità nella lotta alla povertà».
IN FIERA Oggi due incontri che mettono al centro l’emergenza umanitaria in Sudan e Sud Sudan
Nell’Arena internazionale la mappa delle aree conflittuali nel mondo ed esempi di cooperazione per lo sviluppo
di Cristina D’Ellena
Sullo schermo posizionato all’entrata dell’Arena Internazionale C3, lo spazio del Meeting gestito in collaborazione con il Ministero degli Esteri, una mappa mostra le crisi umanitarie in corso nel mondo. Le aree territoriali sono caratterizzate da una scala cromatica che indica la gravità degli scenari presenti: più il colore di un’area è scuro, più la situazione in quel luogo
è drammatica. Appena sotto l’Egitto, una grande macchia marrone indica una zona turbolenta, di intensità pari a quella disegnata tra Israele e Palestina. È l’area che si estende tra Sudan e Sud Sudan, interessata ormai da anni dal susseguirsi di guerre civili e carestie. Gli incontri proposti oggi nell’Arena si concentrano sul cercare di portare vicino a noi la condizione di questi paesi spesso dimenticati, ponendo attenzione sul ruolo della cooperazione inter-
nazionale nel gestirle e contrastarle, in perfetta sintonia con ciò che si legge a grandi lettere sui muri intorno: “Nessuna crisi è lontana”. Oggi alle 13, durante l’incontro “Il Sudan non è una crisi lontana”, a fianco di Alda Cappelletti (senior humanitarian advisor dell’organizzazione umanitaria Intersos) interverranno a esporre quali siano le prospettive per il Sudan un’analista politica, il direttore e un esponente dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e un membro del World Food Programme.
Più tardi, alle 17, nell’incontro “Sud Sudan: tra conflitti cronici e desiderio di
vita” saranno Gino Barsella, già rappresentante Paese di Avsi in Sud Sudan, Christian Carlassare, vescovo di Bentiu e Piero Petrucco, amministratore delegato di I.CO.P., presidente della Consulta Nazionale delle Specializzazioni e vicepresidente di Ance, nonché vicepresidente della Federazione Europea delle costruzioni con la delega alla sostenibilità. Guidati da Maria Laura Conte, direttrice della Comunicazione e Advocacy di Avsi, racconteranno la collaborazione tra le organizzazioni che operano sul territorio e la Cei in favore del sostegno allo sviluppo, all’agricoltura e all’educazione in Sud Sudan.
L’impegno dell’Italia in risposta alla crisi umanitaria
di Arianna Raffaello
Quest’anno, il padiglione internazionale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale affronta il tema delle crisi ed emergenze umanitarie e di come queste stiano inevitabilmente influenzando il mondo intero. L’installazione al centro della sala mostra come la Cooperazione italiana, insieme ai propri partner nazionali e internazionali, interviene nei territori teatri di crisi umanitarie, agendo tramite una risposta ben strutturata: dalla prima emergenza alla ricostruzione. Coerentemente, gli eventi organizzati all’interno del padiglione, affrontano il tema delle emergenze umanitarie nel mondo, sia recenti che protratte, e la risposta italiana a esse. Nello specifico, ieri il Myanmar è stato il protagonista del panel organizzato da Avsi “Myanmar, la bellezza, l’emergenza e la risposta italiana”: un racconto di come l’Italia si è mobilitata per sostenere il Paese a seguito del terremoto di magnitudo 7.7 avvenuto il 28 marzo 2025. Sono intervenuti sia attori istituzionali quali il capo missione d’Italia in Myanmar Nicolò Tassoni Estense di Castelvecchio e il capo delegazione dell’Unione Europea in
Myanmar Ranieri Sabatucci, sia rappresentanti della società civile e del terzo settore sottolineando la sinergia del sistema Italia negli interventi di risposta alla crisi umanitaria. Il recente terremoto ha riportato infatti i riflettori internazionali sul Myanmar, già in crisi a seguito del colpo di stato avvenuto quattro anni fa. Il Paese resta ancora oggi in una condizione di forte vulnerabilità, ma, nonostante ciò, le parole del capo delegazione dell’Unione Europea in Myanmar Ranieri Sabatucci, rassicurano: «Ho visto con i miei occhi che colui che non ha tanto, dona tutto quello che può agli altri». Ciò dimostra con grande sorpresa che i cittadini hanno mantenuto il proprio spirito di resilienza: sono rimasti coesi e solidali. Inoltre, come afferma il direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, la priorità italiana per accompagnare il popolo birmano in un percorso di rinascita, è la «presenza costante, la quale è emersa nel momento dell’emergenza». Di conseguenza, la sfida ora è di non distogliere l’attenzione verso il popolo birmano in quanto continuerà a necessitare di un sostegno concreto attraverso interventi e presenza constante.
IN MOSTRA L’autore di “Vita e destino” e una ricerca continua sostenuta dal coraggio di dire la verità
Non si è arreso al conformismo stalinista e al male provocato dai lager nazisti, pagando con la censura del regime
di Sofia Gigliotti
Vasilij Grossman, ebreo nato nel 1905 a Berdičev in Ucraina e vissuto durante la Seconda guerra mondiale, è stato giornalista e scrittore di guerra. Ma è stato anche un uomo in grado di rivoluzionare il proprio pensiero stando di fronte alle cose accadute nella sua vita. Il Meeting ha voluto proporlo all’attenzione perché l’incontro con la verità di cui è costituito il cuore di ogni uomo ha potuto cambiarlo anche in una realtà complicata e oppressiva come quella dell’Unione Sovietica staliniana in cui, lui nato sotto lo zar, si era ritrovato a vivere dopo la rivoluzione d’ottobre. «Se sei sincero con te stesso e guardi alle domande vere che hai, non puoi non ammettere che ci sia un Dio» afferma Giovanni Maddalena, curatore della mostra allestita nel padiglione A5. Grossman è un uomo semplice, del popolo, che vuole solamente scrivere che cosa accade, vuole descrivere la realtà. Ma questo lo porta
inevitabilmente a uno scontro: ci sono, infatti, la realtà che accade e la realtà imposta dal regime. Quando comincia a scrivere questo gli è evidente. E qui inizia la rottura, perché lui vuole raccontare la verità, che è solo una, mentre la verità del partito è unicamente parziale.
Grossman ha aderito all’ideologia comunista fino al conflitto, durante il quale fu giornalista di guerra. In quegli anni vide nel mondo tante cose che gli lasciavano delle domande senza una risposta. Innanzitutto la visita al campo di concentramento nazista di Treblinka, in cui si ritrovò a vivere un secondo incontro con il suo essere ebreo. Una appartenenza che lo spinse ancor più a raccontare la verità che altri che volevano invece occultare. Poi c’era qualcosa del comunismo che non lo convinceva più. Non convinceva lui, un uomo costruito secondo l’ideologia del partito comunista sovietico. Ma la domanda che lo costituiva faceva sì che cercasse sempre un perdono,
come testimoniano i suoi scritti. E un perdono che fosse totale e non parziale, legato a quella parte del male com-
Seguendo la mostra, infatti, è evidente come Grossman non faccia fuori il dramma dell’umanità, della guerra, del
piuto. Nel capolavoro “Vita e destino” lo stesso scrittore, nel confronto tra un nazista e un comunista, fa affermare a uno dei dialoganti che le due ideologie sono simili: «So di essere il suo specchio». Ciò che la mostra evidenzia di questo uomo è il senso religioso che trova dentro di sé e che lo muove attraverso una serie di domande che emergono durante la vita e che, a un certo punto, deve seguire, perché il regime non riesce a dare risposte che lo soddisfino. E il senso religioso, se vissuto appieno, ha già in sé una risposta. Pannello dopo pannello colpisce come questo cammino nella vita di Grossman venga evidenziato dalla composizione della struttura stessa: ogni minimo dettaglio, dalla disposizione alla presentazione delle pagine dei libri prima ingabbiate e poi libere, alla costruzione delle immagine racchiuse in punte sempre più alte, racconta la sua crescita. «Grossman fa capire che Dio esiste e la vita può avere un esito felice», ha affermato don Giussani.
Quello che colpisce di più di quest’uomo è che, spesso, affronta tutte queste scoperte da solo, anche per le censure che il regime inizia a fare nei confronti delle sue idee, ed è un’eccezionalità mollare la propria convinzione di fronte a una verità che si impone, che non può non essere guardata. Si tratta di una esistenza che colpisce innanzitutto chi racconta la mostra come volontario. Molti di loro sottolineano come il desiderio di felicità che Grossman ha inseguito sia desiderabile e sia comune a tutti noi. Ancora oggi lo scrittore genera scandalo perché sottolinea degli aspetti che non vengono condivisi dal mondo sovietico e questo è stato evidente durante vari incontri, che, con coraggio, sono stati fatti in Russia sulla sua figura. Come sottolinea Maddalena «la sua vita mi lascia il coraggio di dire la verità, anche quando è scomodo, sempre. Almeno a se stessi». 9
dolore e come, all’ultimo, emerga sempre una positività.
«Il lavoro è stato trasportare il tema e il titolo del Meeting in una dinamica del tipo: quale parola aggiungeresti?»
di Andrea Costanzi
Uno Scarabeo gigante, parole da comporre. Davanti all’ingresso della mostra dedicata a Carlo Acutis in A3. Dadi di cartone su cui sono disegnate lettere a caratteri cubitali. Qualcuno li usa per sedersi, ma lo scopo non è quello. Chi è quel buontempone che ha pensato a un gioco per grandi e piccini? A realizzare l’installazione dedicata al tema del Meeting sono stati gli studenti dello Iusve (Istituto Universitario Salesiano di Venezia) che hanno interpretato il titolo con creatività e leggerezza. Al posto di mattoni nuovi, cubi di cartone riciclato con cui costruire parole in libertà. Paolo Schianchi, professore di visual communication e interaction design nel corso di laurea magistrale in creatività e design della comunicazione, ha lanciato la proposta e dopo un brainstorming collettivo sono usciti quattro progetti da altrettanti gruppi di lavoro. «L’input era una rifles-
sione interattiva sul tema del Meeting con il pubblico. Utilizzando materiali riciclati e riciclabili a impatto zero con un costo di realizzazione basso. I progetti sono stati espressione di riflessioni, linguaggi e sensibilità differenti. Ogni gruppo ha interpretato un tema comune attraverso visioni alternative e originali». Un progetto si intitolava “entra, scava, scopri e ritrova” e prevedeva la ricerca delle parole in un deserto di sabbia, un altro “nei luoghi deserti costruiremo con un nuovo linguaggio”, composto da 6 tavoli ognuno in una lingua diversa con 25 parole collegabili da un filo di lana, il terzo “il sale della terra”. Ilaria Mengarino, 24 anni, al secondo anno del corso magistrale, ha partecipato alla realizzazione del progetto “Oasi di parole” che è stato poi selezionato tra i quattro dal Meeting. «Nel nostro gruppo abbiamo pensato al gioco, alla gioia che possono dare le parole condivise, come se fossero mattoni sui quali costruire e quindi abbiamo ideato un mega Scarabeo in cui più per-
sone con opinioni diverse potessero apportare un contributo di unicità. Il lavoro è stato trasportare il tema e il titolo del Meeting in una dinamica del tipo “qual è la parola che aggiungeresti?”. Andando avanti nell’elaborazione del progetto ci siamo convinte dell’idea e della felicità che poteva generare nei fruitori». «La distribuzione di vocali e consonanti sui cubi - continua Ilaria che è originaria di Merano - è stata mutuata proprio dal gioco Scarabeo. Il progetto prevedeva anche la preparazione di un libricino di istruzioni con materiali, tempi e co -
sti, che ha consentito la realizzazione dell’installazione da parte dei volontari nel corso del pre Meeting. Oggi vederlo realizzato è una grande soddisfazione». «È la prima volta che una realtà universitaria dedica una riflessione al titolo del Meeting - commenta Eugenio Andreatta, responsabile della comunicazione del Meeting -.Dal 2015 gli studenti dello Iusve vengono a fare i volontari al Meeting in ambiti di grafica e comunicazione, ma quello che hanno fatto quest’anno è davvero originale».
IN FIERA Il Consorzio Scuole Lavoro insegna un mestiere ai giovani e li prepara ad affrontare il futuro professionale
Il presidente Odifreddi: «La competenza conta, ma non basta: serve implicarsi. Decisiva l’alleanza tra educazione e lavoro»
Dario Odifreddi è il presidente del Consorzio Scuole Lavoro (Csl), oggi presente in otto regioni italiane con oltre cinquanta sedi. Un’avventura che è cominciata ormai quarant’anni fa: «È nata dall’aggregazione di realtà che iniziavano a operare nell’ambito della formazione professionale per i giovani. Ci muoveva il desiderio di accompagnarli nella fase dell’adolescenza, insegnando loro un mestiere per prepararli all’ingresso nel mondo del lavoro. Una sfida educativa che trovava nell’esperienza di Comunione e Liberazione la radice profonda. Negli anni è sempre cresciuta la competenza delle persone che operavano nelle diverse realtà, una competenza che ha permesso a centinaia di migliaia di giovani di trovare una strada e che è sempre più riconosciuta a tutti i livelli istituzionali e territoriali».
Quanto conta la competenza?
«È un aspetto necessario, ma non basta. Per educare bisogna essere disposti a implicarsi con questi giovani. Significa abbracciarli nell’interezza dei singoli bisogni, guardandoli per ciò che sono vera-
mente senza proiettare su di loro i nostri schemi precostituiti. Un abbraccio che non ha nulla di sentimentale e che sfida la loro libertà a mettersi in gioco, aiutandoli a ripartire sempre. Solo così i giovani che incontriamo riprendono a dire «io valgo, io ho dei talenti, io ho qualcuno che mi vuole bene». Oggi il Consorzio è una storia di storie, di vite cambiate, lievi o drammatiche, piena di percorsi riusciti, anche se non mancano i fallimenti, i casi di chi (per fortuna pochi) abbiamo perso per strada. Una storia che, come ha scritto una nostra ragazza di 16 anni in una sua poesia, ti fa dire «Non è più male la mia vita, non è più tristezza il mio futuro!».
Che ruolo ha l’educazione?
«Tra i tratti distintivi il più rilevante è aver scommesso da subito sulla grande alleanza tra educazione e lavoro, su quanto valga mettere le mani in pasta per cambiare la realtà. È un’intuizione ancora oggi di grande attualità e che spesso manca nelle tante analisi che si fanno su temi come l’abbandono scolastico, i neet, lo scarso interesse per lo studio di molti adolescenti».
DOMENICA 24 AGOSTO ore 16:15
IL CIUFFO DI TRUMP. UN PRESIDENTE CONTRO TUTTI
Presentazione del libro Il Ciu o di Trump Costanza Cavalli, Matteo Carnieletto, Gennaro Sangiuliano
LUNEDÌ 25 AGOSTO ore 16:15
FALSI GESÙ.
COME RICONOSCERE QUELLO VERO.
Presentazione del libro Falsi Gesù Don Antonello Iapicca, Benedetta Frigerio, Francesco Lorenzi
MARTEDÌ 26 AGOSTO ore 16:15
NÉ SAZI NÉ DISPERATI.
A 10 ANNI DALLA MORTE DEL CARD. BIFFI
Presentazione del libro Né sazio né disperato
Franco Nembrini, don Pierre Cabantous
Cosa la colpisce di più di questa lunga storia?
«Tante cose, ne cito solo alcune. La prima è la capacità che tutte le realtà associate hanno avuto in questi anni di non arrendersi ai tanti limiti che derivano da un quadro istituzionale (ma anche culturale) che riconosce con difficoltà il valore umano e sociale di queste esperienze. La seconda è la capacità di coinvolgere nella sfida educativa centinaia di adulti, cristiani e non, che si mettono in gioco tutti i giorni. La terza è che tutti i nostri associati sono insieme da sempre, nonostante le nostre debolezze, l’emergere talvolta di una certa autoreferenzialità o di qualche gelosia. C’è qualcosa che ci lega, un’origine che, seppur talvolta con fatica, vince e ci fa continuare a camminare insieme».
Quali sfide e opportunità vede nell’attuazione del Pnrr sul fronte delle competenze e che ruolo vuole giocare il Csl nei prossimi tre anni?
«Il Pnrr ha tanti limiti, ma è anche stata un’occasione per potenziare alcuni aspetti della formazione professionale, penso al sistema duale o a quello degli Its. I prossimi tre anni saranno decisivi per il futuro dell’Istruzione e formazione professionale (I&fp). Ci
sarà il problema delle risorse economiche, della sinergia tra ministeri e Regioni, di un passo decisivo per dare davvero a tutti la libertà di scegliere questa strada, soprattutto con una grande attenzione al Sud. Il Csl sarà protagonista di questa fase lavorando all’interno di “Forma”, l’associazione nazionale che riunisce la grande maggioranza degli enti di ispirazione cristiana che operano nella formazione e che firma il contratto di lavoro. In questi 10 anni il lavoro insieme agli amici di “Forma” (Enaip, Salesiani, Ial Cisl, soggetti datoriali e altri) ha condotto a risultati importanti, portando all’attenzione dei decisori pubblicima anche del sistema delle imprese - il valore della formazione professionale. Un valore sempre più riconosciuto dalle famiglie e dai giovani, come dimostra il fatto che gli iscritti ai percorsi di I&fp e degli Its continuano a crescere, in termini assoluti, pur facendosi già sentire il peso del calo demografico. E anche le imprese si rendono sempre più conto che ogni ragazzo o ragazza che perdiamo per strada implica una minor capacità di essere competitivi nel prossimo futuro».
IN FIERA Riflettori sulla mostra immersiva dedicata a Re Artù tra immagini e racconti
Il meccanismo che sblocca la spada nella roccia e altri segreti: la genialità si mette in campo
di Alessandro Caprio
«Èdi fretta Miriam quando le chiediamo di raccontarci degli allestimenti del Villaggio Ragazzi Yoga che si stanno concludendo. Lei si occupa in particolare della mostra su Re Artù, e vuole assolutamente finire di preparare e pulire prima dell’arrivo delle guide che accompagneranno i giovanissimi ospiti questi giorni. Miriam Zaccara di mestiere gestisce una linea e-commerce di accessori per bambini e da alcuni anni lavora come
volontaria al Villaggio Ragazzi Yoga del Meeting, dove segue l’allestimento di una mostra, quella più “immersiva per i bambini, senza pannelli scritti, ma fatta di immagini e racconti”. Quest’anno è dedicata appunto a Re Artù (“Scelti per una grande impresa. Artù e i suoi cavalieri”). È una specialista molto preziosa per il gruppo di volontari (formato quasi interamente da donne) che segue la realizzazione del Villaggio tutto l’anno: nascono spazi belli e ospitali con materiali a costi ridotti. E questo, per un’opera che vive di volontariato e di donazioni come il Meeting, non è certo secondario. Racconta, ad esempio, di aver trovato un’azienda di Cesena che fornisce gli scarti della lavorazione del cartone che hanno un valore enorme, sia per grandi strutture delle mostre, che per i numerosissimi laboratori per ragazzi. A San Marino ne ha trovata un’altra da cui provengono gomme, poi ci sono le stoffe che arrivano da un’importante azienda riminese. Ma anche i materiali più preziosi farebbero ben poco senza la genialità di chi costruisce. Insieme a Miriam, ogni anno, vengono a lavorare giovani universitari e adulti che rinunciano alle proprie ferie, o a parte a parte di esse, per realizzare un evento che, a volte, non vedono neppure. Quest’anno sono stati preziosissimi i ragazzi dell’Accademia di Brera, che in due giorni hanno creato un capolavoro per allestire il luogo che ospita la spada nella roccia di arturiana memoria. Molto rappresentativa anche la cappella del Graal, con stampe retroilluminabili (donate da un’impresa di Brescia) per rendere le vetrate della cattedrale. «Un aiuto particolare è arrivato da Pietro Mandelli, che ha realizzato il meccanismo complicato che sblocca la spada nella roccia» racconta Miriam. «Il nostro è il cantiere più grande del pre-Meeting e mette insieme volontari specializzati che si muovono per tutta la fiera, dagli elettricisti ai falegnami, dagli artisti ai semplici operai. Quest’anno molti di loro si siano fermati di più a lavorare al Villaggio Ragazzi Yoga: ho visto elettricisti mettere su le tende con la sparapunti o spostare sedie, con una cura che andava ben oltre il loro compito». La stessa cura che ci mette lei, che ci saluta per andare a pulire perché «stanno arrivando le guide».
15 persone fisse tutto l’anno + 110 volontari del Meeting durante la settimana quest’anno 30.000 mq (due padiglioni della fiera: B3 e B4)
102 laboratori per bambini dai 3 agli 11 anni
19 laboratori per ragazzi dagli 11 ai 14 anni
2 mostre (“Antoni Gaudí, maestro della pietra e collaboratore della Creazione” e “Scelti per una grande impresa. Artù e i suoi cavalieri”)
2 giardini dove giocare liberamente
1 area di giochi da tavola (entrata libera)
1 area di giochi antichi (entrata libera) (novità)
1 area per i più piccoli (0-3 anni), (entrata libera) (novità)
1 libreria con letture quotidiane per elementari – (entrata libera) (novità)
1 area racconti e Incartateatro (3-6 anni) (entrata libera)
1 teatro con 2 spettacoli al giorno (entrata libera)
1 cineforum serale (entrata libera) (novità)
4 aree laboratori
1 arena con 3 incontri al giorno (entrata libera) (novità)
1 Family Pit Stop Danone (per cambio pannolino, pappe o allattamento) (entrata libera)
1 Carezza del Villaggio, con ‘Cura e Riabilitazione’, dedicato a persone con disabilità
1 Kids Club a cura di Service Web (servizio babysitteraggio a pagamento)
Un padiglione in più, 121 laboratori, 2 mostre, 2 giardini e mille novità: un luogo che cresce e riempie la fiera di entusiasmo
di Alessandro Caprio
C’è un breve aneddoto che, forse ancora più dei numeri, dà l’idea di cosa sia diventato il Villaggio Ragazzi Yoga del Meeting in questi anni. Fermandosi nei giorni scorsi davanti al cantiere di una delle due mostre realizzate al Villaggio, quella su Gaudì, il presidente Bernhard Scholz ha detto che ha una portata tale da poter tranquillamente stare tra le altre mostre del Meeting. «Sì, ma se non fosse pensata per i bambini, perderebbe tutta la caratura dei loro occhi, che è la stessa di Gaudì», ha aggiunto Chiara Graziadei, tra i curatori della mostra, accompagnandolo a visitarla. Forse sta proprio qui il segreto del Villaggio Ragazzi Yoga del Meeting, in questo scambio continuo tra lo sguardo dei giovanissimi e quello dei grandi. Nasce proprio così, dall’idea di una ragazza del liceo, una delle mille novità del 2025: un’area dedicata alla presentazione delle mostre “dei grandi”, per i ragazzi, con il loro linguaggio. Galeotta fu poi una gita di Chiara Colaprete, una delle responsabili del Villaggio, e alcune amiche nelle Marche, lo scorso autunno, nel periodo di Halloween (ebbene sì!). «Ci siamo trovate in un posto con i giochi di una volta, quelli fatti in legno, i nostri figli si son fermati a giocare per tutto il tempo! Da lì è
nata una collaborazione e quest’anno li abbiamo portati al Meeting». Un’apertura e un dialogo continuo che da sempre sono la stoffa del Meeting e che sono anche al cuore di questo gruppo di 15 volontari (quasi tutte donne, con due uomini) che da circa quattro anni ha preso la responsabilità del Villaggio Ragazzi Yoga. Con alcuni si vedono tutte le settimane, con
altri una volta al mese, a seconda delle necessità. Tutto parte da un’amicizia, che si è allargata nel tempo: «Quando abbiamo accettato la proposta del Meeting, ci siamo dette che l’avremo portata tutte insieme, non da sole», sottolinea Maria Tellarini. «Ma la proposta è personale e riguarda sempre quello che ci interessa e che andremmo volentieri noi a visitare o a guarda-
re. Questo vale anche per i laboratori, la modalità che hanno i bambini per vivere il Meeting: crescono se c’è un adulto che ha una passione e la propone ai più piccoli, non gli facciamo fare appena dei lavoretti».
E a proposito di laboratori, non possiamo fare a meno di dare qualche numero: sono infatti ben 121, quasi tutti già sold out. Basta scorrere la app del Meeting per rendersi conto della varietà e della ricchezza eccezionali che li popolano. Si va dal video trailer per futuri videomaker, al laboratorio di matematica, da chi insegna a fare la pasta fresca ai supereroi dei fumetti. E ancora, in un tempo dove pare che si legga poco o pochissimo, ecco le letture a voce alta di brani celebri della grande letteratura internazionale e i laboratori di giornalismo. Mentre i più tecnici possono andare a caccia di circuiti elettrici, imparando a costruire prolunghe con cavo, prese, spine e cacciaviti. Non mancano poi i laboratori di scienza e di arte, ne segnaliamo uno in particolare, con Adriana Rocchi, insegnante, che presenta l’opera del compianto pittore riminese Maurizio Minarini e accompagna i bambini dentro la sua arte, armati di pennelli, colori e tavolozza. E poi c’è il teatro, con un’area dedicata agli spettacoli e al cineforum: anche questa è una novità, impossibile citarle tutte!
C’è un piccolo spazio al Villaggio Ragazzi Yoga che è dedicato alle persone con disabilità e alle loro famiglie. È la “Carezza del Villaggio”, a coordinarlo è Jonathan Ziella, educatore da circa vent’anni. Prendendo appuntamento ad orari precisi (dalle 11 alle 12 e dalle 15 alle 18) e solo una volta nel corso di tutto il Meeting, è possibile incontrare lui e altri educatori, tutti volontari, condividendo la propria esperienza e magari vivendo insieme un pezzo della kermesse. «Abbiamo incontrato tante famiglie in questi tre anni, offrendo un momento educativo e non di animazione». Che differenza c’è? «Noi offriamo un incontro dove la persona si sente attesa: questo è molto importante». Alcuni di loro si sentono più liberi di condividere le loro passioni o fare
qualche piccola zingarata, quando i genitori li lasciano per andare a farsi un giro al Meeting. È il caso di un ragazzo appassionato di musica che, secondo mamma e papà, doveva andare assolutamente a un incontro sul tema e che, una volta andati via i genitori ha chiesto di essere accompagnato al simulatore di guida. C’è poi il bambino con la sindrome di Down che si diverte da matti quando lo portano a giocare a basket, o la signora, Sara, fedele ogni anno, che vuole essere accompagnata a vedere le mostre. «La sfida è guardarsi tra pari, stare insieme, verificare e provare a vivere un bel momento insieme. A volte va benissimo, altre bene, altre ancora è molto difficile: ma l’importante è che le persone si sentano attese» conclude Jonathan.
VOLTI CHE COSTRUISCONO Dalla progettazione allo smontaggio, il lungo lavoro per dare corpo al Meeting
Stefano Ferri, responsabile degli allestimenti, racconta cosa voglia dire realizzare materialmente questo luogo
di Costanza Lucchini
«I l nostro compito è fare le cose bene e belle. Se tu fai una cosa bene, se la fai bella, anche chi viene a visitare si meraviglia, e può vivere quello per cui il Meeting è stato fatto». Stefano Ferri, ingegnere, è da vent’anni responsabile degli allestimenti del Meeting e, dice, «la cosa più bella è dare fisicità alle esigenze del Meeting».
Un lavoro che lo coinvolge tutto l’anno, insieme a centinaia di volontari. Si comincia ogni volta alla fine del Meeting con un debriefing per vedere cosa ha funzionato e cosa no, e poi inizia il lavoro per la prossima edizione. Dopo la progettazione, ci sono i volontari che costruiscono gli spazi.
«E a questo punto arriviamo noi, a riempire quegli spazi che sono stati costruiti. Ogni volta si parte in dieci, poi venti, trenta, quaranta, e poi si arriva al Pre-Meeting in cinquecento, e al Meeting con i volontari. Durante tutto questo tempo c’è con ciascuno un rapporto continua-
tivo in cui ci si confronta, ci si dà una mano, e si cerca sempre di migliorare».
Partendo dal concept, si cerca di realizzare una progettualità unitaria che risponda a tutte le esigenze concrete: dalle mostre alle sale degli incontri, studiando gli spazi, il palco, la scenografia; dalle aree ristorazione agli spazi commerciali. E, dentro questo costruire spazi funzionali, un’attenzione alla bellezza, al dettaglio, per costruire un
luogo che sia bello per chi ne fruisce. Perché per Stefano Ferri il Meeting è proprio questo: testimoniare una bellezza.
«La ragione per cui il Meeting è nato, e per cui lo si continua a fare ogni anno, è per dire al mondo che c’è un fondo di positività e di bene. L’origine è quell’esperienza personale di chi ha dato vita al Meeting e di chi lo continua a vivere, cioè che se una cosa è buona per te, lo è per
tutti. La cosa più bella è vedere come un volontario dà tutto quello che può affinché una cosa venga bene». Fino ad arrivare allo smontaggio, alla fine di tutto. È il momento più particolare perché, in due giorni, bisogna togliere tutto quello che è stato pensato e costruito in diversi mesi. Ma non è una vera fine, non c’è nessuna malinconia nel tirare giù quello che si è realizzato. «Lo smontaggio è un altro momento bellissimo. C’è moltissimo affiatamento, moltissima tensione. In due giorni dobbiamo riuscire a liberare e portare via tutto quello che abbiamo fatto in quindici giorni intensi di lavoro, per cui ci vuole molta organizzazione, molta attenzione, precisione e ordine. Non c’è la lacrima nello smontare quello che abbiamo allestito, c’è ancora una grande tensione a far bene quello che c’è da fare». Ed è proprio in forza di questa stessa tensione che, nel corso di tutta la settimana, migliaia di persone donano dalla fiera e dal mondo intero, per contribuire a costruire questo luogo.
DA ASCOLTARE PierPaolo Bellini guida alla scoperta de L’Ave Generosa nella collana Spirto Gentil
Un’opera scritta mille anni fa ha a che fare con noi oggi. Le monache guardavano a un punto di luce da cui ripartire
di Sofia Gigliotti
L a musica porta in sé un’esperienza educativa, è uno degli strumenti per conoscere l’umano, per andare a fondo del cuore di ogni uomo. È stato evidente ieri durante la guida all’ascolto dell’Ave Generosa di Ildegarda di Bingen tenuta da PierPaolo Bellini. «Vorrei rimettere sotto gli occhi di tutti il fatto che i nuovi mattoni sono il riproporre il punto di rivoluzione che è stato l’evento cristiano, lì nel medioevo come oggi – spiega Bellini -. Bisogna riconoscerlo di nuovo». Ogni dettaglio, ogni forma, porta in sé il segno dell’universale. Il linguaggio stesso della musica è universale, possono cambiare l’esecutore del brano o la persona che lo spiega, ma il sentimento che il compositore vuole esprimere con quelle parole o quella sinfonia viene riconosciuto da tutti. Il desiderio di trasmettere tutto questo attraverso lo studio e la riproduzione di opere accomuna Bellini, compositore e musicologo, e tutte le persone che hanno lavorato alla collana Spirto Gentil. Questa nasce dal desiderio di andare a fondo delle proposte musicali che avevano accompagnato don Luigi Giussani nella sua esperienza educativa, per proporre un metodo di ascolto e per seguire i brani evidenziandone gli accenti più significativi. Il titolo della collana deriva da un’aria de “La Favorita” di Donizetti, un’opera che Giussani ascoltò al liceo e che rese a lui evidente che la tristezza, il senso di inadeguatezza delle cose che abbiamo davanti, nasce dall’esistenza di qualcosa di più grande, di Dio. Una persona che è stata provocata da una passione e da un incontro, che va a fondo del linguaggio musicale, dà degli strumenti in più per ascoltare davvero la musica: porta a stare attenti a certi dettagli, a certe parole, all’armonia tra le voci e racconta la storia di quell’opera. Una persona ascolta con il proprio cuore ma, in ultimo, si guarda a cosa il compositore vuole comunicare, cosa quell’opera ha da dire alla propria vita. Solo così si può dare un giudizio vero a quello che si sente. Ieri è stato evidente che un’opera scritta mille anni fa, in una forma musicale che può non piacere, ha a che fare con noi oggi. L’Ave Generosa fa i conti con l’esperienza di ricostruzione in una civiltà medievale che stava andando in rovina: all’interno di quattro mura, in
luoghi piccoli e non di rilievo, le monache guardavano a un punto di luce, unico riferimento da cui ripartire e ricostruire la civiltà. Allora come oggi, la risposta alla domanda di felicità è sempre la stessa, è sempre un Altro. Anche nei momenti che sembrano
più bui, di fronte a un mondo in cui ci sono guerre e in cui l’uomo sembra vivere solo per sé e per i suoi progetti, la differenza sta nel ripartire da quello che è casa, da rapporti e luoghi in cui si rende evidente una bellezza, che attraggono il cuore perché lì sta la sor-
gente viva di tutto, è l’unica certezza di luce in mezzo al buio. Soprattutto nel mondo di oggi, è fondamentale ripartire da questa certezza per stare di fronte alle guerre, alle ingiustizie, al male che si vede nel quotidiano, affinché si possa generare nel posto in cui si è chiamati ogni giorno, così come hanno fatto queste monache.
Loro si ritraevano in questi monasteri per stare insieme e, nella comunione, conservare la loro fede, con la speranza e la certezza che lì potesse nascere una cultura che abbracciasse tutti in modo universale. Ed è quello che siamo chiamati a fare anche noi. Colpisce, ascoltando il brano, l’unione delle loro voci, sembra quasi una voce sola che echeggia, ogni voce che lo esegue canta all’unisono.
L’Ave Generosa ha messo davanti ai nostri occhi un punto unico da cui ripartire, che è la profondità di tutto, ed è sfidante. Ma lo scopo del Meeting è anche questo: mettere tutti di fronte a una verità, far riflettere, porta tutti a mettersi in gioco, ed è più facile rimettere le cose in discussione all’interno di un incontro, di un rapporto, se la persona che si ha davanti è felice e appassionata, se ama tutto il mondo. In fondo, è quello che abbiamo in comune con queste donne che si riunivano nei monasteri nel Medioevo, la loro fede è generativa in questo senso molto concreto: per ricostruire una civiltà bisogna per forza partire dall’uomo, senza di lui in rapporto con la realtà non si può generare. E la musica è solo una forma per mettere questo in evidenza.
In collaborazione con lo Spirto Gentil, viene proposto anche l’ascolto della “Serenata per archi di A. Dvořák op.22” eseguita dall’Orchestra Enzo Piccinini, il 25 agosto alle 21:30 presso l’Auditorium isybank D3.
«Non basta essere esperti di musica, non serve conoscere ogni tecnicismo musicale per sentire davvero, bisogna incontrare la descrizione del cuore nella musica, che è anche il mio», da questa certezza parte Bellini per guidare all’ascolto delle opere. Si guarda la cosa che accomuna tutti, il desiderio di felicità che è in ogni cuore, anche in quello dei compositori, e poi si traduce questo nella lingua della musica.
SPETTACOLI Il gruppo si esibisce alla Corte degli Agostiniani: raccoglie 40 ragazzi con disabilità, autistici e persone fragili
Il repertorio va da Lennon a Mr. Rain. Roberta Frison, la fondatrice: «È una grande emozione essere qui»
di Davide Amata
«Ѐ la prima volta che ci esibiamo qui, siamo entusiasti di questo invito: un’opportunità per il nostro gruppo che porta in scena la musica con qualità. È un bel riconoscimento per chi fa inclusione attivamente ogni giorno, per questo è una tappa importante». Roberta Frison, fondatrice del gruppo corale e strumentale Ologramma, non nasconde la soddisfazione per i ragazzi con disabilità, autistici e persone fragili che suoneranno in occasione del Meeting 2025 oggi alle 21.30 presso la Corte degli Agostiniani, nel centro storico di Rimini. La storia di Ologramma inizia nel 2010. «Il primo concerto - racconta Frison - è stato al parco Amendola di Modena nel 2010 con i genitori dei ragazzi e pochi altri. Fu emozionante, il pubblico non smetteva di applaudire, oggi mi chiedono quando sarà il prossimo». Frison sottolinea l’importanza del cammino intrapreso con i ragazzi: «Non chiedo le diagnosi, desidero rapportarmi con loro, conoscerli e formarli in un proces-
so continuo di inclusione. Lavoriamo sulle relazioni costruendo un percorso, partendo dalle singole competenze. La musicoterapia aiuta ad accogliere le persone».
Un momento significativo per la corale è stato il concerto per papa Francesco durante l’udienza del primo dicembre 2021: «Ha definito il nostro gruppo la rappresentazione della via della tenerezza, è stato un richiamo per fare sempre scelte coraggiose» racconta entusiasta la fondatrice.
Ogni brano sarà occasione per il pubblico di avvicinarsi, conoscersi e riconoscersi, attraverso le canzoni di Bob Dylan, John Lennon, Vecchioni, Mr. Rain, De Gregori, Pierangelo Bertoli, Renato Zero, Sting e Michael Jackson, grazie anche alle voci di chi, spesso, rimane ai margini. Gli autori portati in concerto affrontano i temi della pace e dell’amicizia, della possibilità di costruire legami reali nella forza della fragilità accolta. «La parola chiave per noi è l’amicizia tra i popoli. Vieni e sii presente per partecipare con noi», è l’invito di Frison al concerto.
«Le canzoni raccontano quello che porto nel cuore, non desidero ammiccare a situazioni di tendenza: ho il desiderio di raccontarmi senza maschera». Francesco Picciano presenta al Meeting il suo primo album “Zapotec” (oggi alle 21.30, al Palco Piscine Ovest Illumia). Con immediatezza ne racconta la genesi.
Cosa significa per lei questo concerto? «È il mio primo album, desideravo suonarlo in anteprima al Meeting perché è un luogo dove la gente ti ascolta con attenzione. È un’occasione bella per me, ero stato qui in precedenza con la mia band Radio Londra».
Insieme al disco pubblica anche il libro «È un diario di bordo del disco, racconto le canzoni in un continuo rimando ad altri cantautori importanti per me: Dalla, Brunori e altri che hanno già trattato i temi che affronto. C’è un dialogo con le loro canzoni, si parla anche di me. Il concerto è un’occasione per presentare in anteprima il disco e il libro, è l’unico evento dove porto questo materiale prima dell’uscita».
Da dove nasce il nome?
«Zapotec è un personaggio di Topolino degli Anni 80, con Marlin inventa la macchina del tempo. Suonava bene con i diversi temi del disco, parto da uno sguar-
do sul passato e sul suo significato, le esperienze vissute vanno guardate con grande amicizia».
«Per vincere la mia battaglia contro la paura ho preso in mano quel quaderno»: così scrive nella prefazione del libro. Quale paura doveva superare? «La paura di essermi perso, di non trovare più la strada di casa, fino alla madre di tutte le paure, che è la paura di morire. Il coraggio di superarla è arrivato iniziando a scrivere, trovando un linguaggio che andasse oltre le semplici parole: posso raccontare quanto porto con me».
Ha scritto anche per Cricca di “Amici”: cosa le permette di entrare in sintonia con altri artisti?
«Ci sono canzoni in cui serve una voce diversa, quando le scrivo mi rendo conto che potrebbero essere più adatte ad altri. Questo mi aiuta a trovare nuovi significati, alcune mie canzoni precedenti sono diventate famose grazie a Giovanni Cricca. “Se mi guardi così” era nata mentre frequentavo l’università ed è stata conclusa con Cricca, Max Corona e Cristian Bonato di recente. Era rimasta in un cassetto per sedici anni: sono canzoni che credi non ascolterà nessuno e poi diventano importanti». (d.a.)
NEI LUOGHI DESERTI COSTRUIREMO CON MATTONI NUOVI
SPETTACOLI Giacomo Poretti dall’esperienza di essere padre al palcoscenico
«Viaggio alla ricerca del senso delle cose». Riflettori accesi alle 21.30 in Auditorium isybank
di Agnese Santori
«T
utto mi immaginavo di fare di mio figlio tranne di fare di lui un’anima». Esordisce così Giacomo Poretti alla vigilia del suo spettacolo dal titolo “La fregatura di avere un’anima. Il viaggio di un padre davanti alla sfida della libertà”. Sotto la direzione del regista Andrea Chiodi, l’attore porta sul palco tutta la sua esperienza come uomo, artista e padre. Cosa significa crescere un figlio? Certa -
mente nutrirlo, istruirlo e prepararlo alle sfide del mondo ma che ne è della sua anima, “elemento essenziale alla riuscita di un’impresa” secondo la definizione Treccani?
Giacomo Poretti affronta in punta di piedi proprio l’impresa titanica di ogni genitore che si trova di fronte a questa sfida partendo dalla provocazione rivoltagli dal sacerdote durante il battesimo del figlio: «Avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima».
In altre parole, un figlio non basta metterlo al mondo: il compito di ogni genitore è quello di spalancarlo alla realtà. In una società in cui si preferisce la libertà alla fatica della genitorialità chi si trova ad intraprendere questa avventura si sente solo.
«Questo spettacolo è nato dopo un percorso personale. Mio figlio ha 19 anni, ma la prima stesura è andata in scena solo nel 2018. Oggi presenterò la quarta stesura ma non escludo che a breve ce ne sia una quinta» prosegue Poretti. L’autore attraverso il monologo, ironico e diretto, cerca di spronare gli spettatori tutti, adulti o adolescenti, neopapà o mamme, grandi o piccoli, a porsi le domande fondamentali della vita. «Viviamo in un’emergenza spirituale, non ci si pongono più le domande fondamentali. Viviamo di praticità, di materialismo, di apparenza ma interrogarsi è un’urgenza. Si pensa che siano domande che possano farsi solo i preti o le suore ma non è affatto così - prosegue l’attore -. Ovviamente l’anima porta a parlare, il che è scomodo
perché porta ad interrogarsi. È un viaggio alla ricerca del senso delle cose». Ma gli interrogativi più profondi dell’umano non portano quasi mai ad una risposta evidente, tangibile, anzi, non si può rispondere alla domanda cos’è l’amore o cos’è l’amicizia con una definizione. Nel caso dei sentimenti citati le gote arrossate o il battito accelerato sono sintomi che possono essere ricondotti non solo all’innamoramento, ma anche ad un semplice colpo di calore.
Un discernimento personale, quello fatto da Poretti, in cui cerca di smontare il ragionamento secondo cui se una cosa non si vede non esiste, un racconto di crisi e di riscatto, che si interroga sul nostro modo di accompagnare i figli nella libertà. Perché non si tratta solo di scegliere una scuola o un percorso di carriera per i propri figli, si tratta soprattutto di imparare a guardare la realtà con meraviglia insieme a loro. E forse, di scoprire che non siamo soli in questo immenso viaggio della genitorialità.
VIDEONEWS di Davide Giuliani
Oggi al Meeting: Il giorno di Mario Draghi
Quarta volta in Fiera per l’ex premier e governatore della Banca Centrale Europea. A tre anni di distanza dal 2022, quando venne a Rimini da presidente del Consiglio, Mario Draghi è tornato al Meeting per parlare del futuro della nostra Unione. “Quale orizzonte per l’Europa?”, la domanda titolo dell’incontro che ha registrato il tutto esaurito. Ma Draghi al Meeting non è stato solo il momento in auditorium: si può infatti seguire anche il suo giro tra i padiglioni.
Le mostre: Chiamati due volte. I martiri d’Algeria
Scritti e video inediti permettono di raccontare con nuovi particolari la storia dei diciannove religiosi uccisi trent’anni fa in Algeria e beatificati nel 2018 a Orano. I passaggi principali della mostra, promossa dalla Fondazione Oasis e dalla Libreria Editrice Vaticana, sono spiegati da Alessandro Banfi, giornalista e curatore dell’esposizione.
Il racconto del giorno: Costruiamo mattone su mattone
Vi siete mai chiesti come nasce quanto trovate in Fiera? Dalle mostre alle panche su cui vi sedete, tutto è realizzato dai volontari del Pre Meeting, quest’anno cinquecento tra studenti universitari e lavoratori. Pennelli e carta vetrata alla mano, il racconto del giorno porta alla scoperta di tutto quanto è avvenuto prima dell’apertura dei padiglioni.
Le grandi interviste: Marco Beghi e l’“homo faber”
Di quali mattoni è fatta la realtà in cui siamo immersi tutti i giorni? Le grandi interviste del Meeting 2025, realizzate da Alessandro Banfi, partono da un dialogo con Marco Beghi, professore di Fisica della materia al Politecnico di Milano. Tra i curatori della mostra “Homo faber, invenzioni e scoperte di nuovi materiali”, Beghi guida gli spettatori in un percorso che rilegge il titolo del Meeting con gli occhi della scienza e della ricerca.
11:00 - Padiglione C1, Stand UCID/Uniapac, ENAIP, CONFARTIGIANATO IMPRESE - “Il valore della formazione tra - lavoro che non c’è - e lavoratori - che non si trovano -” - Relatori: M. Troncatti, G. Gritti.
11:00 – Padiglione A5/C5 - Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica – KDZENERGY (bambini 6–14 anni) - Ilaria Sergi (ENEA)
11:20 – 11:50 – Padiglione A1 - Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti – Ragazzi ON THE ROAD! Modera: Lorenzo Sanchez, con i volontari e i partecipanti al progetto.
11:30 - Padiglione A5/C5 - Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica - Elementi di sicurezza nucleare - ISIN e le sue reti di monitoraggio automatico delle radiazioni
12:00 – Padiglione A5/C5 - Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica – Oltre la classe energetica: il valore sociale dell’APE – Giovanni Addamo (ENEA)
12:30 - Padiglione A6 - Fraternità San Carlo e Missionarie di san Carlo Testimonianza dalla casa di via Aurelia Antica (Roma) - Relatrice: suor Antonella Piazzoli.
12:30 – 13:30 – Padiglione A1 - Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Sicurezza nelle strade ed in città. Modera: Alessandro Invernici, con: Gaetano Servedio – Direttore DG Motorizzazione MIT e altri ospiti.
14:30 - Padiglione A6 - Fraternità San Carlo e Missionarie di san Carlo Testimonianza dalla casa di Bologna - Relatore: don Luca De Chiara.
15:00 - Piazza C5 - Voci dall’Ucraina«... MA SONO VIVO» - Relatore: un testimone ucraino.
15:00 – 15:30 – Padiglione A1 - Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Viminale on the road, con Matteo Piantedosi, Ministro dell’Interno.
15:30 - Padiglione C1, Stand UCID UCID/Uniapac - “Giovani imprenditori tra valori, ricambio generazionale, scelte, nuovi inizi,
sfide” - Relatrici: D. Pasqualotto, V. Pasqualotto.
15:30 - Padiglione A5/C5 - Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica - Do you speak energia? - Antonio Disi (ENEA)
16:00 – Padiglione A5/C5 - Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica – KDZENERGY (bambini 6–14 anni) - Ilaria Sergi (ENEA)
16:30 - Padiglione A5/C5 - Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica - L’idrogeno: opportunità e sfide per una transizione energetica sostenibile –Valerio Palmisano (ENEA)
16:30 – 17:30 – Padiglione A1 - Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti - Sussidiarietà in azione. Modera: Eleonora Rossi - SussidiarioTV, con Federico Freni - Sottosegretario MEF; Manuela Rocca – TELT; Giovanni Mulazzani – Università di Bologna / Fondazione per la Sussidiarietà.
16:30 - Piazza A7 - CHIAMATI DUE VOLTE I martiri d’Algeria - Relatori: don Giuliano Savina con Anna Pozzi e Alessandro Banfi.
16:30 - Piazza C3 - IO, FRATE FRANCESCO 800 anni di una grande avventura - Relatore: frate Massimo Fusarelli.
16:30 - Padiglione A6 - Fraternità San Carlo e Missionarie di san Carlo - Cappellano della Fondazione Maddalena Grassi a MilanoRelatore: don Vincent Nagle.
17:00 - Piazza C5 - UN TESORO IN VASI DI CRETA - Relatori: Rachele Gattidon Emmanuele Silanos.
17:30 - Hall A5, Piazza MASE - ISIN Elementi di sicurezza nucleare.
18:30 - Padiglione A6 - Fraternità San Carlo e Missionarie di san Carlo - In missione a Fuenlabrada (Spagna)Relatore: don Giuseppe Cassina.
21:00 - Padiglione A6 - Fraternità San Carlo e Missionarie di san Carlo -
L’energia spiegata, vissuta, toccata con mano!
Esperimenti dal vivo
Laboratori interattivi e Realtà Virtuale
Laboratori per scoprire energie rinnovabili e il risparmio energetico
Incontri con esperti per parlare di transizione e futuro
Giochi e attività per bambini
Passa
INCONTRI
VITE DONATE. L’EREDITÀ VIVA DEI MARTIRI D’ALGERIA
Ore 12:00 Auditorium isybank D3 Saluto introduttivo di Bernhard Scholz, presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS. Intervengono Thomas Georgeon, abate monastero di La Trappe, postulatore della causa di beatificazione dei martiri d’Algeria; Nadjia Kebour, docente Pontificio Istituto Studi Arabi e islamistica, PISAI; Lourdes Miguélez Matilla, suora agostiniana missionaria; S.E. Card. Jean-Paul Vesco, arcivescovo metropolita di Algeri. Modera Lorenzo Fazzini, responsabile editoriale Libreria Editrice Vaticana. Con il sostegno di Tracce
PIETRE VIVE
Ore 13:00 Sala Neri Generali Cattolica
Mario Botta, architetto, in dialogo con Angelo Rinaldi, vicedirettore Repubblica. Con il sostegno di Ars Aedificandi
SOSTEGNO ALLA NATALITÀ: UN IMPEGNO DI TUTTI
Ore 13:00 Sala Conai A4
In collaborazione con il network associativo “Ditelo sui tetti” e con Movimento per la Vita
Mario Bolzan, studioso senior e già professore di Statistica Sociale, Università di Padova; Agostino Carloni, direttore comunicazione, stampa e progetti associativi Farmindustria; Marina Casini Bandini, presidente Movimento per la Vita; Domenico Menorello, coordinatore network associativo “Ditelo sui tetti”; Matteo Rizzolli, professore di Politica Economica, Lumsa. Modera Angelo Picariello, giornalista Avvenire. Con il contributo non condizionante di Farmindustria
UNIVERSITÀ. UNA PRESENZA
CHE COSTRUISCE PER TUTTI
Ore 13:00 Sala Gruppo FS C2
Elena Beccalli, rettore Università Cattolica del Sacro Cuore; Giovanna Iannantuoni, presidente CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane). Modera Alfredo Marra, professore di Diritto amministrativo, Università di Milano Bicocca. In occasione dell’incontro intervento di alcuni studenti universitari. Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Università Cattolica del Sacro Cuore
MATTONI NUOVI PER LA NUOVA CITTÀ Ore 13:00 Arena cdo C1
In collaborazione con Cdo Edilizia Luigi Benatti, architetto; Giuseppe Cappochin, responsabile Dipartimento Riforma Urbanistica e Futuro delle Città, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori; Guido Castelli, commissario straordinario del Governo per la riparazione e la ricostruzione sisma 2016; Matteo Colleoni, professore di Sociologia dell’ambiente e del territorio, Università Milano-Bicocca; Paolo Franco, assessore alla Casa e Housing Sociale, Regione Lombardia; Erica Mazzetti, deputata, Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, Camera dei Deputati; Valentina Ridolfi, assessora Urbanistica e Pianificazione del Territorio, Edilizia Privata, Politiche Europee, Demanio, PNRR, Comune di Rimini; Mario Valducci, presidente INVIMIT SGR. Modera Simona Frigerio, coordinatrice Cdo Edilizia Con il sostegno di Gruppo Maggioli
IL SUDAN NON È UNA CRISI LONTANA
Ore 13:00 Arena Internazionale C3 Organizzato da Intersos
Valerie Guarnieri, assistant executive director, Programme Operations, WFP; Michele Morana, titolare della sede AICS di Addis Abeba competente per l’Etiopia, l’Eritrea, il Sudan, il Sud
Sudan e il Gibuti; Irene Panozzo, analista politica e consulente; Marco Rusconi, direttore Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo. Modera Alda Cappelletti, Senior Humanitarian Advisor INTERSOS
UNA SPERANZA NELLA RECLUSIONE
Ore 13:00 Arena Tracce A3
Pino Cantatore, presidente cooperativa Bee4, prima impresa sociale nelle carceri di Bollate e Vigevano; Gianluca Guida, direttore carcere minorile di Nisida; Enzo Zannoni, cappellano Casa circondariale di Forlì. Modera Paola Bergamini, giornalista Tracce
NEI LUOGHI DESERTI COSTRUIREMO
CON MATTONI NUOVI
Ore 15:00 Auditorium isybank D3
S.E. Mons. Erik Varden, vescovo di Trondheim, presidente Conferenza episcopale della Scandinavia. Introduce Bernhard Scholz, presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS. Con il sostegno di isybank, Tracce
NEI LUOGHI DESERTI COSTRUIREMO
CON MATTONI NUOVI (SALA NERI)
Ore 15:00 Sala Neri Generali Cattolica COLLEGAMENTO DIRETTO DALL’AUDITORIUM
IL FUTURO NON È PIÙ QUELLO DI UNA VOLTA. RIGENERARE LA SPERANZA
CON LE FAMIGLIE
Ore 17:00 Sala Neri Generali Cattolica
In collaborazione con Famiglie per l’Accoglienza
Adriano Bordignon, presidente Forum associazioni familiari; Martina Brusa, testimonianza; S.E. Mons. Giampaolo Dianin, vescovo di Chioggia; Fernando Milanés, presidente Congreso Internacional de las Familias (CIFAM), México; Monica Serreli, testimonianza; Achille Spinelli, vicepresidente Provincia autonoma di Trento, assessore allo Sviluppo economico, lavoro, famiglia, università e ricerca. Modera Luca Sommacal, presidente Associazione Famiglie per l’Accoglienza
INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE
E SICUREZZA SOCIALE:
UNA SFIDA PER L’EUROPA
Ore 17:00 Sala Conai A4
In collaborazione con Fondazione per la Sussidiarietà
Zbigniew Derdziuk, presidente ZUS Social Insurance Institution (Ente di sicurezza sociale polacco); Gabriele Fava, presidente INPS; Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze; Mikko Kautto, direttore Finnish Centre for Pensions- Eläketurvakeskus; Yannis Natsis, direttore ESIP - European Social Insurance Platform; Davide Passero, amministratore delegato Alleanza Assicurazioni e Chief marketing & Product Officer Generali Italia. Modera Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà. Con il sostegno di Generali
DALL’ACCOGLIENZA AL LAVORO: LE NUOVE
FRONTIERE DELL’INTEGRAZIONE
Ore 17:00 Sala Gruppo FS C2
In collaborazione con Compagnia delle Opere Michele De Pascale, presidente Regione Emilia-Romagna; Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno. In occasione dell’incontro interventi e testimonianze di opere sociali: Angelo Candiani, presidente ASLAM Cooperativa Sociale; Alessandro Menegatti, presidente cooperativa sociale Work and belong, Comacchio; Alberto Sportoletti, presidente e CEO SERNET e presidente Retemanager. Modera Andrea Dellabianca, presidente Compagnia delle Opere Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Confagricoltura, APT Regione Emilia-Romagna, Illumia, CSL - Consorzio Scuole Lavoro
UN POPOLO ALL’OPERA PER CUSTODIRE LA SPERANZA. BENE COMUNE E SUSSIDIARIETÀ NEL NOSTRO TEMPO
Ore 17:00 Arena cdo C1 Organizzato da Centri di Solidarietà Francesco Botturi, già professore di Filosofia Morale, Università Cattolica del Sacro Cuore in dialogo con Carlo Tellarini, Fondazione Enrico Zanotti
SUD SUDAN: TRA CONFLITTI CRONICI
E DESIDERIO DI VITA
Ore 17:00 Arena Internazionale C3 Promosso da AVSI, SPSE – CEI, Cooperazione Italiana
Gino Barsella, già rappresentante Paese di AVSI in Sud Sudan; S.E. Mons. Christian Carlassare, vescovo di Bentiu, Sud Sudan; Piero Petrucco, amministratore delegato I.CO.P. SPA, presidente Consulta Nazionale delle Specializzazioni e vicepresidente ANCE, nonché vicepresidente della Federazione Europea delle costruzioni (FIEC) con la delega alla sostenibilità. Modera
Maria Laura Conte, direttrice Comunicazione e Advocacy di AVSI
ELIOT, LA STRANIERA E NOI
Ore 17:00 Arena Tracce A3
Jared McNeill, attore teatrale, regista e performer statunitense; Claudio Scarabottini, produttore musicale e compositore. Modera Luca Fiore, giornalista e critico d’arte
DIALOGO, PROPAGANDA… IL RISCHIO DELLA GUERRA COGNITIVA
Ore 19:00 Sala Neri Generali Cattolica Paolo Carozza, Chair Meta Oversight Board; Mauro Magatti, professore di Sociologia, Università Cattolica del Sacro Cuore; Luciano Violante, presidente Associazione Futuri Probabili. Modera Andrea Simoncini, professore di Diritto costituzionale e pubblico, Università degli Studi di Firenze e vicepresidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS
EDUCAZIONE LIBERA, SCUOLA AUTONOMA
Ore 19:00 Sala Conai A4
In collaborazione CdO Opere Educative/FOE, Diesse, Di.S.A.L, Associazione Culturale Il Rischio Educativo
Marco Galdi, professore di Istituzioni di Diritto pubblico, Università degli Studi di Salerno; Ignasi Grau, direttore generale OIDEL; Paolo Maino, presidente Di.S.A.L. e dirigente scolastico ITE Gadda Rosselli, Gallarate; Maurizio Serafin, membro direttivo nazionale ADI - Associazione Docenti e Dirigenti Scolastici Italiani; Massimiliano Tonarini, presidente CdO Opere Educative/ FOE. Modera Tommaso Agasisti, professore Dipartimento di Ingegneria Gestionale, Politecnico di Milano. Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna
QUALE AUTONOMIA
SERVE AL TERRITORIO?
Ore 19:00 Sala Gruppo FS C2 Federico Freni, sottosegretario Ministero dell’Economia e delle Finanze; Gaetano Manfredi, presidente ANCI; Roberto Occhiuto, presidente Regione Calabria; Stefania Proietti, presidente Regione Umbria; Francesco Rocca, presidente Regione Lazio. Modera Lorenza Violini, professoressa di Diritto Costituzionale, Università degli Studi di Milano. Con il sostegno di Gruppo FS, Enel, Gruppo Maggioli, Kineton
LA BELLEZZA, BENE COMUNE. L’ARTE COME ESPERIENZA DI RISCATTO DELLE PERSONE E RISORSA PER RIGENERARE IL MONDO DEL LAVORO
Ore 19:00 Arena cdo C1 Organizzato da Fondazione Progetto Arca
Giuseppe Frangi, giornalista Vita, Franco Mussida, musicista; Costantina Regazzo, Direzione Servizi Fondazione Progetto Arca; Francesca Rizzi, amministratore delegato Jointly; Alice Stefanizzi, direttrice marketing, fundraising e comunicazione Fondazione Progetto Arca. Modera Luca Fiore, giornalista e critico d’arte
I GIOVANI E L’AFRICA: FORMAZIONE E IMPRENDITORIALITÀ PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE
Ore 19:00 Arena Internazionale C3
Elena Beccalli, rettore Università Cattolica del Sacro Cuore; Fabio Petroni, direttore dei Programmi E4Impact Foundation; Fabrizio Piccarolo, direttore Fondazione Lombardia per l’Ambiente; Roberto Sancinelli, presidente e amministratore delegato Montello S.p.a.. Modera Giacomo Ciambotti, ricercatore, Università Cattolica del Sacro Cuore. Con il sostegno di Università Cattolica del Sacro Cuore Montello Eni
PACE È… INCONTRO
Ore 19:00 Arena Tracce A3
Giorgio Bazzega, figlio di Sergio Bazzega, maresciallo dei servizi di sicurezza antiterrorismo ucciso dalle BR, mediatore penale esperto di giustizia riparativa; Franco Bonisoli, ex brigatista, impegnato in percorsi di giustizia riparativa e studenti di Gioventù Studentesca di Milano. Modera Claudia Peri, docente liceo Umberto Boccioni, Milano
UOMINI DI DIO. IL FILM EVENTO
SUI MONACI MARTIRI
Ore 21:00 Sala Neri Generali Cattolica
Visione del film Uomini di Dio (titolo originale Des hommes et de dieux) del 2010 del regista Xavier Beauvois. Dopo la visione del film ne parlano Etienne Comar, sceneggiatore e produttore del film; Marie-Dominique Minassian, responsabile progetto “Gli scritti di Tibhirine”. Modera Alessandro Banfi, giornalista.
SPETTACOLI
“OLOGRAMMA – PEACE ROCK: STEP MADE OF SONGS”
Ore 21:00 Corte degli Agostiniani In collaborazione con la Cineteca di Rimini Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna . “SE IO FOSSI UN ANGELO” (PER POTER RIDERCI SOPRA… PER CONTINUARE A SPERARE…)
Ore 21:00 Sala Gruppo FS C2
Breve viaggio nella poetica e nella visione di Lucio Dalla. Lezione/evento di Cristiano Governa Con Andrea Campi alla voce e chitarra e Tiziano Guerzoni al violoncello.
“LA FREGATURA DI AVERE UN’ANIMA –IL VIAGGIO DI UN PADRE DAVANTI ALLA SFIDA DELLA LIBERTÀ” Ore 21:30 Auditorium isybank D3 Di e con Giacomo Poretti , regia di Andrea Chiodi. Produzione Teatro de Gli Incamminati. In collaborazione con Tracce. Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Gruppo Maggioli Ingresso a pagamento
“ZAPOTEC” – FRANCESCO PICCIANO & BAND IN CONCERTO Ore 21:30 Palco Piscine Ovest Illumia
Il concerto sarà presentato in formazione full band con Francesco Picciano alla voce, Max Corona alle chitarre, Veronica Conti al violoncello, Michele Tani alle tastiere, Tommy Graziani alla batteria e Cristian Bonato alla regia audio.
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Editore Fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli ETS, iscritta dal 06 giugno 2022 Repertorio n° 26584 nella sezione “Altri Enti del Terzo Settore” del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, ai sensi dell’articolo n. 22 del D. Lgs. del 3 luglio 2017 n. 117 e dell’articolo 17 del Decreto Ministeriale n. 106 del 15/09/2020. sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini Tel. 0541-783100 | Fax 0541-786422
INIZIA
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Arriva EDO - Educazione Digitale per l’Occupazione - l’iniziativa di formazione online promossa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali e in collaborazione con le Regioni e il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, pensata per migliorare le competenze digitali dei cittadini e aiutarli a cogliere le nuove opportunità lavorative
L’iniziativa è rivolta a tutti i cittadini coinvolti nel programma GOL
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Direttore Gianfranco Giuliani
Direttore responsabile Cesare Trevisani
Progetto grafico Bruno Monaco
Impaginazione Nicol Baiti Raffaele Carnevali Elisa Compagnoni Lorenzo Norfini
Immagini Foto Meeting
Fotolito e stampa CED Via dell’Industria, 52 Erbusco (BS)
Registrazione Tribunale di Rimini n. 16/91 del 15/07/1991