Un’architettura per una nuova alleanza tra l’Uomo e la Terra Paolo Portoghesi
Brevi e semplici note sul ruolo dell’architettura e sul ruolo dell’architetto
Franco Purini
Pensare l’architettura
Materia: ascoltare, guidare, trasformare
La sostanza viva del costruire
Luce: rivelare, misurare, trasfigurare
L’anima visibile dello spazio
Peso: sostenere, equilibrare, liberare
La gravità come misura del pensiero
Struttura: ordinare, comporre, espandere
L’armatura invisibile della forma
Tipologia: ricordare, interpretare, innovare
La memoria disciplinare come invenzione
Funzione: servire, dialogare, significare
L’etica dell’uso e del senso
Simbolo: custodire, rappresentare, trasmettere
Memoria, significato e linguaggio della forma
Linguaggio: nominare, tradurre, creare
La parola costruita dell’architettura
Tradizione e innovazione: continuare, trasformare, rigenerare
L’evoluzione della forma tra memoria e futuro
Appendice
Mappe di pensiero
I CICLO DI SEMINARI PENSARE L’ARCHITETTURA
Prima edizione | 10 marzo 2021 - 26 giugno 2021
Franco Purini | Brevi e semplici note sull’architettura e sul ruolo dell’architetto
Materia, luce e peso. La scrittura dello spazio
Gino Malacarne | Architettura e spazio scenico
La piazza come scena urbana. Rappresentazione, memoria e teatralità negli spazi della città
Giuseppe Strappa | La morfologia processuale come metodo generativo del progetto
Architettura in trasformazione. Dalla pratica alla teoria: il progetto come organismo in divenire
Anna Bruna Menghini | Architettura e costruzione. Un dialogo tra muro e colonna
Anche i muri hanno un’anima. Memoria e materia del costruire
Attilio Petruccioli | Le radici dell’architettura
L’architettura non si inventa
Bruno Messina | Architettura, tipo e città Luoghi dell’anima: “piccole case”
Carlo Moccia | Stare / Attraversare
Soglie e Sequenze. Lo spazio tra sosta e attraversamento
Andrea Sciascia | Necessità della Teoria
Scrivere l’Architettura: progettare con le parole
Michele Beccu | Aggiungere una frase a un testo già scritto | ABDR_progetti e restauri 2004/2020
Costruire nel costruito
Loredana Ficarelli | I luoghi di Dedalo. Discorso sulla teoria
L’arte del vedere. Teoria come mappa del progetto
II CICLO DI SEMINARI PENSARE L’ARCHITETTURA
Seconda edizione | 10 marzo 2022 - 26 giugno 2022
Paolo Portoghesi | Un’architettura per una nuova alleanza tra l’Uomo e la Terra
L’alleanza necessaria.
Per una Teoria aperta tra memoria, tecnica e terra
Alberto Ferlenga | Ricostruzioni
Dal frammento al paesaggio.
La Teoria come cura e responsabilità
Aldo Aymonino | Dalla geografia all’oggetto
Tecnica come linguaggio: dalla topografia alla forma
Francesco Cacciatore | Afferrare lo spazio. Didattica, ricerca, opere, progetti
La misura del vuoto.
Per una teoria dello spazio tra luce e limite
Edoardo Narne | La lezione delle città, la lezione dei Maestri, la lezione della vita
L’architettura e la vita.
Le città che insegnano, i Maestri che restano
Antonello Monaco | Progettare antico
Antico in atto. Il progetto come dialogo operativo con le rovine e le città stratificate
Carlo Moccia | Per una Teoria della Formatività
La forma che si affina.
Architettura come ricerca del senso
Carlo Ravagnati | L’uomo che si smarrì nell’Architettura della città e che si ritrovò nell’Architettura della Terra
Restare sulla terra. Figure per una geografia del suolo
Marco Trisciuoglio | Iuxta propria principia. Topografia, Tipologia, Tettonica
Il principio delle cose. Per una Teoria fondata sul luogo, sulla costruzione e sulla forma
Jörg H. Gleiter | Progetto di Teoria
Oltre l’equivoco: la Teoria come pratica critica del progetto
Sylvain Malfroy | Capire gli oggetti composti alla luce della logica del tutto e delle parti
Comporre significa prendere posizione. Traduzione, misura e responsabilità nel pensiero del progetto
Luigi Franciosini | Oltre la rovina
Radici e misura. Il suolo come principio di forma e di continuità
Loredana Ficarelli | Il progetto di architettura come strumento di conoscenza
Ricostruire i ponti della conoscenza. La Teoria come pratica di connessione tra memoria e progetto
Intervista a Paolo Portoghesi
a cura di Mariangela Turchiarulo (MT) Calcata, 2 marzo 2022
Svoltasi nella casa di Paolo Portoghesi a Calcata, il 2 marzo 2022, subito dopo la registrazione della sua Lectio per il Ciclo Pensare l’Architettura, l’intervista ripercorre le radici del suo pensiero teorico e del suo insegnamento. Attraverso il racconto della formazione, dei Maestri, del rapporto con la città e con la natura, Portoghesi riafferma la dimensione civile e poetica dell’architettura. Secondo la sua prospettiva, l’architettura nasce dal dialogo con gli altri, dal rispetto per la Terra e dal bisogno di costruire luoghi di convivenza: temi che attraversano tutta la sua ricerca – dalla continuità con la storia alla responsabilità verso il tempo, fino all’esigenza di una misura etica del progetto.
MT: Professore, la ringrazio per questa opportunità e per la lezione illuminante. L’excursus con cui ha ripercorso la storia dell’architettura può costituire l’indice di un futuro corso di Teoria. Grazie anche per l’ospitalità in questa casa meravigliosa, che ci ha dato modo di conoscere Calcata e di toccare con mano il suo rapporto vivo con i libri. Vorrei approfittare di questa occasione per raccontare agli studenti del primo anno, attraverso la sua voce, alcuni aspetti del suo pensiero di architetto, teorico e progettista. Se me lo consente, vorrei porle alcune domande di carattere generale.
MT: Innanzitutto, se dovesse dare una definizione, che cos’è l’Architettura?
PP: Da una parte l’architettura è la tecnica del coprire e organizzare lo spazio; dall’altra rimanda a radici antiche: arché come principio, regola, misura, linguaggio e comunicazione. Per me l’architettura è una disciplina che riassume la responsabilità che ciascuno ha nei confronti degli altri. Chi progetta influisce direttamente sulla vita di chi abiterà gli spazi progettati. In questo senso l’architettura è un fatto civile e politico: implica l’essere cittadini e considerare la città – o meglio, oggi, il territorio – come riferimento. Parlo di tutti gli insediamenti umani e della loro complementarità con le strutture con cui sono in relazione. L’architettura è disciplina, ma anche mestiere e vocazione: bisogna sentirsi adatti a questo compito, cioè responsabili. Un architetto non può dimenticare il confronto con gli altri, con le idee, con i bisogni e persino con i desideri più profondi, spesso nascosti. Deve aiutare le persone per cui lavora a riconoscere quel bisogno interiore che conduce all’architettura.
Quando e perché ha deciso di fare l’architetto?
Sono nato a Roma, in una strada del centro storico, Via dei Monteroni. Ho intuito presto quanto l’architettura fosse importante nella vita quotidiana. Vivevo in una casa con corte: vedevo la gente al lavoro, una donna che si pettinava, un’altra che suonava il pianoforte. Uscendo per andare a scuola incontravo il Pantheon, la cupola di Sant’Ivo, la Chiesa della Maddalena. Quegli edifici erano per me punti interrogativi. Ho capito che l’architettura è essenzialmente una domanda. È un dovere, quasi, domandare. Ho scelto l’architettura per provare a rispondere alle domande che l’architettura stessa mi poneva.
Quali sono stati i suoi punti di riferimento? Perché li ha scelti e in cosa l’hanno influenzata?
Il mio Maestro “fuori dal tempo” è Borromini: ho sempre avuto l’impressione che le sue opere parlassero alla modernità – o a ciò che sentiamo come attuale – e che non fossero state ascoltate abbastanza
Un’architettura per una nuova alleanza tra l’Uomo e la Terra
Paolo Portoghesi
La parola “teoria” (θεωρία) allude, nella sua origine greca, all’azione dei teori (θεωροί), ovvero ambasciatori sacri inviati dai cittadini per consultare un oracolo o per occuparsi degli aspetti religiosi di un evento comunitario, come ad esempio, i giochi. Le radici etimologiche potrebbero essere rintracciate sia nelle parole θεός (theós, “dio”), ὥρα (óra, “cura”), che in una derivazione del verbo theáomai (θεάομαι), che significa “guardare, osservare”. Oggigiorno, il termine ha assunto un significato diverso: indica qualcosa che è all’opposto della pratica e ha poco a che fare, nel campo dell’architettura, con la costruzione. Riguarda, invece, il pensiero che viene prima della realizzazione, ossia il modo di progettare e il significato del progetto stesso. Quindi, parlare di “Teoria dell’Architettura” vuol dire esprimere il significato che l’architettura può avere, non soltanto come soluzione di un problema concreto (come quello di ospitare un certo numero di persone); vuol dire considerare l’architettura come un linguaggio che comunica. Le parole sono sicuramente una fonte straordinaria di riflessione e, per comprendere meglio il significato autentico della Teoria stessa, risulta utile una considerazione di Heidegger: «Le parole non sono simili a secchi da cui si possa far uscire un contenuto esistente, le parole sono sorgenti, sorgenti che di continuo devono essere cercate e scavate, e che facilmente franano, ma che a volte anche sgorgano all’improvviso. Senza il continuo rinnovarsi dell’accesso alle sorgenti, i secchi restano vuoti e ciò che le riempie resta qualcosa di stantio».
Questa riflessione rivela che quando si parla di “Teoria dell’Architettura” si corre il rischio di parlare di qualcosa di stucchevole e di regole artificiali che hanno poco a che fare con l’architettura stessa. La teoria ha dedicato molto spazio al valore simbolico dell’architettura, ovvero al fatto che essa non rappresenti solo ciò che si vede, ma costituisca un’allusione a qualcosa di non concreto o, comunque, di un valore in gran parte nascosto.
Dal punto di vista storico, l’architettura è nata essenzialmente come una pratica, uno strumento utilizzato da parte dell’uomo per risolvere alcuni problemi. Vitruvio fa risalire la nascita dell’architettura alla scoperta del fuoco perché, attraverso quest’ultimo, gli uomini si sono riuniti e hanno iniziato a vivere in comunità, producendo un elemento sostanziale: la comunicazione che si esprime attraverso la volontà di ripararsi dalle intemperie. Si può parlare di “Teoria dell’Architettura” quando quest’ultima ha già maturato una propria logica e regole connesse con il modo di costruire.
Dal mondo greco, si sono ereditate regole precise, come quelle relative all’ordine architettonico, il quale costituisce una riflessione sugli elementi costruttivi fondamentali che consentono di racchiudere lo spazio.
Durante il Medioevo, la “Teoria dell’Architettura” ha acquisito delle caratteristiche legate alle corporazioni degli architetti, i quali difendevano “gelosamente” il loro sapere.
Il Trattato di Vitruvio è stato uno dei testi più ammirati dagli architetti del Rinascimento ed è stato considerato come la base sopra la quale andava costruita una nuova cultura, un nuovo modo di affrontare i problemi dell’architettura. Il primo libro stampato sull’architettura è costituito dal De partibus aedium, che descrive le diverse parti di una casa, intesa nel suo senso più complesso. La prima edizione italiana è stata curata, a Milano, dall’architetto Cesare Cesariano, un esponente della cultura milanese del Quattrocento. La bellezza del libro di Cesariano è racchiusa nel fatto che assume l’inizio, sempre, come il momento migliore. Infatti, l’inizio della cultura vitruviana rappresenta un momento estremamente creativo.
Materia: ascoltare, guidare, trasformare
La sostanza viva del costruire
La materia si deve ascoltare. Louis Kahn esortava a dialogare con essa, a chiedere al mattone cosa voglia diventare, come se ogni elemento possedesse una volontà intrinseca da seguire e da guidare: ciò che esce dalla cava non ha ancora assunto la sua forma architettonica, ma la teoria permette di immaginarla, di trasformare il materiale grezzo in materia architettonica. Pietra, legno, vetro o cemento diventano portatori di significati, strumenti di comunicazione tra progetto, luogo e fruitore. Sono interlocutori da interrogare, da comprendere e da guidare nella loro vocazione intrinseca: la pietra grezza, il mattone non ancora posto in opera, non possiedono la loro vera identità, ma sotto la guida della teoria e della mano del progettista possono trasformarsi in linguaggio architettonico. Ogni gesto progettuale è allora un atto di alchimia: la materia muta, si trasforma e assume un significato nuovo, diventando parte di un linguaggio che parla a chi osserva e a chi abita. La trasformazione non è solo un processo tecnico, ma un atto creativo e teorico, in cui la conoscenza del passato e la sensibilità estetica si incontrano. La teoria guida il progetto, consentendo alla materia di raccontare storie di tempo, spazio e cultura, trasformando la costruzione in un gesto simbolico. Ogni progetto architettonico si sviluppa in questa tensione tra materia e intenzione. L’esperienza sensoriale diventa imprescindibile: tocco, vista e percezione della densità e della temperatura dei materiali costituiscono strumenti per comprenderne la capacità espressiva. La pietra levigata suggerisce durata, il marmo policromo
suggerisce armonia con l’ambiente circostante, il legno connessione con il paesaggio e il vetro diventa sospensione tra interno ed esterno. In tutti i casi, la materia permette di leggere e tradurre le potenzialità dello spazio, orientando il ritmo della sequenza architettonica.
La materia diventa così luogo di memoria e proiezione, capace di sedimentare la storia e immaginare l’avvenire. Nei templi dorici, ogni colonna porta con sé la misura di un ordine, la traccia di un pensiero razionale che si traduce in proporzione e ritmo; nel Barocco di Borromini, la materia diventa segno flessuoso, curva che piega il peso fino a sembrare elastico, trasformando il limite fisico in possibilità espressiva. Nell’architettura moderna, il cemento armato di Le Corbusier e le superfici in vetro e acciaio di Mies van der Rohe esprimono leggerezza e trasparenza, mentre la teoria continua a guidare l’atto progettuale, suggerendo corrispondenza tra intensità materica e intensità simbolica.
La materia ha un ruolo decisivo nella definizione dell’atmosfera di un edificio. Nei templi greci, il marmo bianco trasmette luminosità e misura; nella Villa Rotonda di Palladio, pietra e mattone si combinano per modulare la luce, creare ombre e guidare lo sguardo.
Nell’architettura contemporanea, vetro stratificato e cemento a vista non si limitano a funzioni statiche: partecipano al racconto dello spazio, alla percezione del peso e della sospensione, alla modulazione tra trasparenza ed opacità. L’atto di costruire, guidato dalla teoria, diventa dialogo tra materiali, funzione e simbolo, tra progetto e contesto, tra storia e presente.
La materia veicola anche il senso del tempo: la pietra che invecchia, il legno che si ossida, il metallo che patina raccontano trasformazioni, generando uno spazio vivo che cambia con chi lo attraversa. Perciò, la teoria non solo orienta il progetto, ma permette di leggere i materiali come strumenti di comprensione della realtà, come tracce del passato e anticipazioni di ciò che verrà. L’architettura, attraverso la materia, diventa repertorio attivo: i materiali registrano esperienza, memoria, cultura – la poesia del costruire.
L’analisi estetica aiuta a comprendere la materia, osservando non solo la forma ma la qualità sensoriale: la densità del marmo,
Franco Purini
Brevi e semplici note sull’architettura e sul ruolo dell’architetto
Lectio Magistralis del 10 marzo 2021
Parole chiave: Materia, Tettonica, Linguaggio
MAPPA CONCETTUALE
1. Materia, luce e peso
L’architettura si riconosce attraverso tre elementi fondamentali: la materia, che assume forma e significato; la luce, che la modella e la trasfigura; il peso, che la radica e insieme la eleva. In questa triade si manifesta la dimensione poetica e conoscitiva del costruire.
2. Architettura come sistema unitario
L’architettura è arte complessa che unisce dimensioni estetiche, tecniche e sociali. La sua frammentazione in discipline autonome ne impoverisce il senso. Solo una visione unitaria del sapere può restituire coerenza e libertà all’abitare.
3. Abitare come compito dell’architetto
Abitare è un gesto creativo, attraverso cui desideri e progetti di esistenza trovano forma concreta. Migliorare l’abitare diventa così un atto etico e civile.
4. Triade vitruviana come fondamento
Purini riafferma la centralità di firmitas, utilitas e venustas come categorie inscindibili. Solidità, funzione e bellezza devono coesistere in equilibrio, evitando il riduzionismo tecnico del funzionalismo moderno.
5. Ripetizione, simmetria e continuità
L’architettura è arte della ripetizione e della variazione. Gli elementi seriali trovano equilibrio nell’insieme, instaurando un dialogo tra ordine e trasformazione, tra memoria e invenzione.
6. Il progetto come tempo lungo
Ogni progetto attraversa un tempo lungo: nasce, cresce, si trasforma. È un “segmento di vita” che accumula esperienze, memoria e senso.
7. Il disegno come atto conoscitivo
Il disegno è strumento di analisi e di riflessione. Permette di comprendere la struttura dell’edificio e di mettere in relazione le parti con il tutto. È insieme rappresentazione e atto di conoscenza.
Ascolta la Lectio completa
https://youtu.be/oxkHBrC0vOE
8. Teoria e progetto
Teoria e progetto sono due momenti di un unico pensiero. La teoria orienta l’azione, il progetto la verifica e la rinnova. Nessuna delle due può esistere senza l’altra.
9. Musica e architettura
Come la musica, l’architettura organizza ritmo, armonia e proporzione.
La promenade architecturale è il tempo reso visibile: un’esperienza di ritmo, luce e movimento nello spazio.
10. Etica e linguaggio personale
Ogni architetto deve costruire un linguaggio personale, ma aperto alla collettività. Il progetto è atto di responsabilità culturale e civile, capace di unire tecnica e poesia, individuo e comunità.
11. Livelli di lettura dell’architettura
Ogni opera può essere letta su tre livelli: letterale, metaforico e invisibile. È in quest’ultimo che la bellezza trascende la forma e rivela la sua essenza poetica.
Materia, luce e peso.
La scrittura dello spazio
Rilettura critica della Lectio di Franco Purini
Che cos’è l’architettura? Secondo Franco Purini essa si lascia riconoscere attraverso tre elementi fondamentali: la materia, la luce e, soprattutto, il peso. La materia conosce un processo alchemico: la pietra estratta dalla cava diventa concio, lastra, elemento capace di assumere forma e significato. La luce, con le sue vibrazioni e i suoi chiaroscuri, altera e trasfigura lo spazio, modificando le proporzioni e rivelando la dimensione trascendente delle cose. Il peso, infine, supera la propria condizione fisica per farsi apparizione, evento che oltrepassa il corpo e si mostra come pura immagine. In questa triade si riverbera l’eredità vitruviana di firmitas, utilitas e venustas, i tre principi che, se in equilibrio, generano l’essenza stessa della scrittura architettonica.
Purini sottolinea come l’architettura sia ciò che consente di migliorare l’abitare umano, ampliando le possibilità di libertà e di apertura delle comunità. Abitare, in questa prospettiva, è un gesto creativo, attraverso cui desideri e progetti di esistenza trovano una forma concreta. La teoria assume qui un ruolo decisivo: non è semplice strumento operativo, ma orientamento del pensiero, energia che precede e accompagna ogni progetto. Senza teoria, il progetto rischia di restare insignificante, e un’architettura priva di senso non è solo inutile, ma una perdita per la città e per chi la abita. La teoria in architettura diventa allora un metodo e al tempo stesso una fonte di ispirazione, luogo in cui si radica la volontà di rappresentare l’universo. Ogni edificio è, consapevolmente o meno, un tentativo di tradurre in forme le logiche cosmiche che reggono la vita.
In questo senso, l’architettura si avvicina alla musica, come aveva intuito Goethe: un’armonia che nella musica si dispiega nel tempo, mentre nell’architettura si incarna nello spazio. Tuttavia, per Purini, l’architettura appartiene insieme allo spazio e al tempo. Non può esistere senza spazio, ma non può nemmeno essere compresa senza il tempo del suo attraversamento. L’esperienza fisica dell’architettura è una promenade, un percorso fatto di scoperte, aperture e tagli visuali, in cui lo sguardo e il corpo incontrano continuamente nuove dimensioni. Le opere che raggiungono questo livello non invecchiano mai: piramidi, rovine, cattedrali rimangono vive perché capaci di