

Indice Contents
Simona Ottieri
Introduzione
Introduction
Cherubino Gambardella
Between metaphor and myth
Il cluster Biomediterraneo: un canto per il mare interno
The Biomediterranean cluster: a song for the inner sea
Mostro rosso in una sala del Settecento Red Monster in an 18th-Century Room
Panorami apocrifi
Apocryphal panoramas
Maria Gelvi
Il Padiglione infinito The never-ending pavillion
Echi di luce. Il Mediterraneo di Van Cleef & Arpels
Echoes of ligh. The Mediterranean of Van Cleef & Arpels
Cartografie immaginarie
Imaginary cartographies
ItaliAmare
Simona Ottieri IDENTITÀ SENZA TEMPO
Timeless identity
Un’architettura per Dante
An architecture for Dante
L’allestimento di Thalassa
Staging Thalassa
Gusto! Gli italiani a tavola
Taste! Italians at the table
Il design della mise en forme
The design of the mise en forme
di Simona Ottieri
INTRODUZIONE Introduction

Un numero palindromo che racchiude in sé il senso dell’andare e del tornare: questa è la prima ragione che introduce questo libro. Un testo che indaga la pratica dell’allestimento come trasformazione necessaria ma reversibile, come occasione per affermare una visione diversa e centrale nel presente mutevole dell’architettura leggera.
Parliamo di interni, ma non solo. Parliamo di mondi che generano nuove immagini sotto il sole e dentro lo spazio interiore, di una polifonia di ambientazioni che qui si condensano in undici allestimenti, ciascuno legato a una condizione specifica e raccontato in chiave critica, affinché il volume non si riduca a un semplice catalogo.
A palindrome, a number that embodies the idea of coming and going—this is the first thought that comes to mind to explain this book. It presents the practice of exhibition design as a necessary but reversible transformation, establishing a distinctive and central perspective within the fluid and adaptable landscape of lightweight architecture today. We are talking about interiors, but not just interiors. We are discussing worlds capable of creating new images under the sun, or spaces and corridors that dive deep into monumental or contemporary pathways. This architectural and design practice lends itself to imagining a polyphony of settings, and this book presents eleven of
Un compendio che riflette sulle ragioni di ogni scelta progettuale, evidenziando i nodi concettuali e gli elementi tematici che animano il lavoro di un gruppo. Come si elabora lo spazio interno? Come si interpreta il vuoto dell’aria aperta? Due immagini sintetizzano questa tensione: la capacità dell’allestimento di trasformare e la sua forza di reinventare.
Nel Castello di Baia (Napoli) vi è una parete, addossata a quella della casa dell’Ammiraglio in cui si svolge la mostra. Questo muro ne segnala l’ingresso con un riquadro semicircolare sovrastato da un accenno di pensilina e da alcuni sostegni che alludono a un portico. È l’esempio fondamentale di un’architettura disposta come prologo di tutto il percorso allestitivo che nasconde una parte dell’esistente giocando una nuova partita con il panorama e il grande spazio circostante. Questo elemento è una vera e propria negazione del volume preesistente trasformato in una forma inedita cui si aggiunge un nuovo episodio spaziale. Così si costruisce un doppio prospetto dalla forma solo accennata. Vi è poi un interno dove le stanze fanno da contenitori per un recinto sghembo simile a un crostaceo e un muro espositivo sormontato da una pergola che accoglie importanti reperti esposti. Il tema ricorrente del contenuto che parla col contenitore arricchendolo di forme e significati è, qui, declinato compiutamente.
Resta poi un altro punto focale da indagare. All’esterno della mostra si trova un osservatorio panoramico affacciato sul Golfo di Napoli e orientato verso i quattro punti cardinali: un periscopio rivolto a Nord e tre piccole finestre che incorniciano i paesaggi del Sud, dell’Est e dell’Ovest. Il colore verde militare di questo allestimento monocromo, oltre a caratterizzarne spazi e strutture, allude
them. Each reflects a different condition, which must be woven together in this introduction to avoid making the reading experience resemble the catalog pages of a gallery or museum. To make each choice intense and original, it’s important to reflect on some foundational questions. What will the projects reveal? How will they elaborate the interior space or the void of the open air? Two images encapsulate the essence of it all. In the Castle of Baia (Naples), there is a wall leaning against the existing structure of the Admiral’s House, where the exhibition takes place. This wall marks the entrance with a semicircular frame topped by a hint of a canopy and supported by elements evoking a portico. It serves as a fundamental example of additive architecture, functioning as the prologue to the exhibition’s layout. It partially conceals the preexisting structure, creating a new dialogue with the panorama and the vast surrounding space. This addition transforms the volume into a novel form, introducing a new spatial episode that completes a foreign facade hinted at rather than fully defined. Inside, the rooms contain a crooked enclosure resembling a crustacean, with an exhibition wall topped by a pergola showcasing significant artifacts. Here, the recurring theme of content speaking to its container is fully realized, enriching both with shapes and meanings. Another focal element lies outside the exhibition: a panoramic observatory overlooking the Gulf of Naples, oriented toward the four cardinal points. This structure features a periscope rising above the existing volume to the north, while three small windows frame views of the south, east, and west of the Gulf. The installation’s monochromatic military green not only defines the space and structures but also symbolizes the
Tra metafora e mito Between metaphor and
myth
Allestimenti come stanze e piazze abitate capaci di trasportare il pubblico al centro di narrazioni simboliche
Installations as rooms and inhabited squares, spaces capable of immersing the audience at the heart of symbolic narratives
Cluster Biomediterraneo –
Una celebrazione simbolica e funzionale dell’unità mediterranea all’Expo Milano, dove il mare diventa il filo conduttore di una narrazione comune.
Metropoli Novissima – Una trasformazione audace che riconfigura un ambiente storico in una narrazione sospesa tra passato e contemporaneità, dialogando con l’essenza del Mediterraneo.
Panorami Apocrifi – Un progetto che dissolve i confini tra interno ed esterno, catturando i paesaggi eterni del Mediterraneo e il loro dialogo con l’essenza di un’architettura fisiognomica.
Cluster Biomediterraneo –
A symbolic and functional celebration of Mediterranean unity at Expo Milano, where the sea becomes the guiding thread of a shared narrative.
Metropoli Novissima – A bold transformation that reconfigures a historic environment into a story suspended between past and contemporary times, engaging with the essence of the Mediterranean. Apocryphal Panoramas – A project that dissolves boundaries between interior and exterior, capturing the timeless Mediterranean landscapes and their dialogue with the essence of a physiognomic architecture.
2015 MILANO testo di CHERUBINO GAMBARDELLA
BIOMEDITERRANEO PADIGLIONE EXPO
IL CLUSTER BIOMEDITERRANEO: UN CANTO PER IL MARE INTERNO
The Biomediterranean cluster: a song for the inner sea
Cherubino Gambardella (coordinamento | coordinator), Stefano Guidarini (coordinamento del Workshop | Workshop Coordinator), Lorenzo Capobianco, Simona Ottieri, Camillo Magni
Tutors Brian Elbar Ba, Nicola Breglia, Marcello Bondavalli, Gianluca Ferriero, Maria Gelvi, Antonela Saliaj, Carlo Alberto Tagliabue, Nada Tarkhan, Concetta Tavoletta, Francesco Maria Vozza. Mostra | Exhibition Cherubino Gambardella (curator), Cherubino Gambardella (collages),
Schizzo della piazza Mediterranea
Sketch of the Mediterranean Square
Giacomo Papi (testi | texts), Ferdinando Scianna (fotografie | photography)
Paesi Cluster | Cluster Countries Albania, Algeria, Egitto | Egypt, Grecia | Greece, Libano | Lebanon, Libia | Libya, Malta, Montenegro, San Marino, Serbia, Tunisia
Progetto esecutivo | Executive project Fiera di Milano
Realizzazione | Construction Rubner S.p.A. Progetto | Design 2012, realizzazione | Construction 2013-2015 Fotografie di | Photographs by © Filippo Romano

Milano, autunno 2012. Il Politecnico mi invita a dirigere un gruppo di ricercatori, dottorandi, architetti e studenti della Seconda Università di Napoli in un Workshop Internazionale di progettazione che avrebbe dovuto condurre – tra i vari temi – alla scelta del miglior progetto per rappresentare i Paesi mediterranei all’Esposizione Universale del 2015. Si trattava di immaginare un grande spazio sovranazionale che, fin dall’inizio, appariva come un banco di prova di architettura, geopolitica, allestimento e interpretazione.
Al centro dell’area destinata all’EXPO, tra il lago e il decumano, di fronte al Palazzo Italia, erano previsti tredici padiglioni nazionali e uno spazio comune. I delegati dei governi dei tredici Paesi avrebbero poi scelto, tra i tre progetti prodotti dal laboratorio, quello da realizzare. L’area, piuttosto estesa, si presentava come uno spazio rettangolare di sessanta per settanta metri. Con i miei colleghi della Seconda Università di Napoli pensammo a un villaggio. Volevamo costruire una piazza, concepire un allestimento, dare forma a uno dei luoghi più caratterizzanti dell’Esposizione Universale del 2015.
Da tempo mi occupavo di studi sull’architettura mediterranea e avevo già realizzato, in diversi tratti della costa italiana, frammenti ispirati al tema del mare interno: una mediterraneità capace di affrontare i suoi drammi millenari attraverso la potenza plastica e la qualità esperienziale dello spazio. Il luogo doveva essere una sintesi, una rappresentazione concreta di un’idea sovranazionale del Mediterraneo, concepita come architettura visionaria.
Era necessario restituire un’immagine riconoscibile dei profili di tutti i Paesi, familiare ma al tempo stesso rispettosa delle singole identità nazionali, e al
Milan, autumn 2012. The Politecnico invited me to lead a group of researchers, PhD candidates, architects, and students from the Second University of Naples in an International Design Workshop, which was to result—among various themes—in the selection of the best project to represent the Mediterranean countries at the 2015 World Expo. It was a matter of envisioning a large supranational space which, from the very outset, appeared as a testing ground for architecture, geopolitics, exhibition design, and interpretation.
At the center of the Expo site, between the lake and the decumanus, directly facing Palazzo Italia, thirteen national pavilions and a common area were to be built.
The delegates of the thirteen countries would then select, from the three projects produced in the workshop, the one to be realized.
The site, quite extensive, was a rectangular space measuring sixty by seventy meters. Together with my colleagues at the Second University of Naples, we conceived it as a village. We wanted to create a square, design an installation, and ultimately give shape to one of the most distinctive spaces of Expo 2015.
For some time, I had been engaged in studies on Mediterranean architecture and had already realized, in various locations along the Italian coast, fragments inspired by the theme of the inner sea: a Mediterranean condition capable of responding to its millennia-old dramas through the plastic power and experiential quality of space. This place therefore had to be a synthesis, a concrete representation of a supranational idea of the Mediterranean, conceived as a visionary architecture. It had to offer a recognizable image of the profiles of all countries—familiar yet at the same time respectful of national identities—while

Le cucine e i locali di aggregazione
The kitchens and communal spaces
La cortina della piazza
Mediterranea e i volumi dedicati ai Paesi ospiti
The Mediterranean square’s façade and the volumes dedicated to the participating countries
Nella pagina seguente: Dettaglio della pergola e della schermatura dei volumi
In the netx page: Detail of the pergola and the volumetric screening


testo di CHERUBINO GAMBARDELLA
2023 NAPOLI
PANORAMI APOCRIFI
Apocryphal panorama
Progetto di | Project by Cherubino Gambardella Soprintendenza
Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli | Superintendence of Archaeology, Fine Arts and Landscape for the Municipality of Naples Fotografie di | Photography by © Riccardo Ricci

PALAZZO REALE
La stanza triangolare davanti alla finestra del Palazzo Reale di Napoli, 2023, schizzi di studio su carta stampata
The triangular room in front of the window of the Palazzo Reale, Naples, 2023. Studies on printed paper
Unangolo dentro, un angolo fuori, concavo e convesso come il rovescio che talvolta si rivela più bello e preciso del diritto. Credo che, se riproducessimo l’angolo di una città – o meglio, l’angolo di un edificio – nello spazio di una “L” che mantiene la stessa misura in pianta e in alzato, ci troveremmo di fronte a una straordinaria ambiguità. Sarebbe affascinante girare attorno a questo mobile di legno colorato che, dal lato convesso, appare come una facciata, mentre da quello concavo diventa uno spazio raccolto, simile a una piccola stanza, uno studio o un salotto. Ho immaginato un angolo di casa napoletana che, da un lato, si presenta come frammento di facciata e, all’interno, come luogo di relax con parati e quadri ottocenteschi, quasi fosse una scena teatrale. Si creerebbe così un’atmosfera inattesa in ogni ambiente domestico: ognuno potrebbe portarsi a casa un piccolo angolo della città che ama e usarlo come separé, quinta, libreria, o persino come struttura d’appoggio per il televisore.
La sorpresa è che questo mobile in legno introdurrebbe un cortocircuito percettivo, arricchendo lo spazio domestico o di lavoro con un immaginario potente e verosimile.
Mi porto a casa Napoli, ma una Napoli che compare all’improvviso in una stanza, come in un gioco inatteso di dimensioni. E non finisce qui. Questo mobile, che è anche una stanza portatile, è certamente grande, ma quante librerie o arredi ingombranti vediamo nelle case, siano esse private o tramandate dalla storia? Questo angolo, di circa due metri per lato e in altezza, troverebbe una dimensione nuova e onirica in una vecchia abitazione napoletana: una domesticità riprodotta con intenzionale forza dentro un appartamento che forse per anni è rimasto
Aninside corner, an outside corner— concave and convex like the reverse that is sometimes more beautiful and precise than the front. I believe that if we were to reproduce the corner of a city— or better, the corner of a building—within the space of an “L” that maintains the same dimensions in plan and elevation, we would find ourselves faced with a formidable ambiguity.
It would be fascinating to walk around this painted wooden piece of furniture which, on its convex side, resembles a façade, while on its concave side it becomes an intimate space, akin to a small room, a study, or a lounge.
I imagined the corner of a Neapolitan house that, on one side, presents itself as a fragment of façade and, on the inside, as a place of relaxation, with wallpapers and 19th-century paintings, like a scene from a play. In this way, an unexpected atmosphere would emerge in any domestic setting: one could bring home a small corner of the city one loves and use it as a screen, a backdrop, a bookcase, or even as a stand for the television.
The surprise lies in the fact that this wooden structure would introduce a perceptual short-circuit, enriching domestic or working spaces with a powerful and plausible imaginary. I bring Naples into my home, but it is a Naples that suddenly appears in a room, as if in an unexpected play of dimensions. And that is not all. This piece of furniture, which is also a portable room, is certainly large—but how many imposing bookcases or heavy furnishings do we often encounter in homes, whether private or historical? This corner, about two meters high and wide on each side, would find an unprecedented and dreamlike dimension in an old Neapolitan house: a domesticity reproduced with deliberate intensity within an apartment that may have

La stanza triangolare davanti alla finestra del Palazzo Reale di Napoli. Prospettiva esterna della stanza nel suo contesto da Ovest e il Il salottino napoletano
From above:
The triangular room in front of the window at the Palazzo Reale, Naples. External perspectival view of the room in its context from the West and The Neapolitan salon

Dall’alto:

La stanza triangolare davanti alla finestra del Palazzo Reale di Napoli. Dal dromos all’architettura del palazzo
The triangular room in front of the window at the Palazzo Reale, Naples. From the dromos to the architecture of the palace
Ideali Mediterranei Mediterranean ideals
Allestimenti che mettono in scena la convivialità, il dialogo tra passato e futuro, e una visione del Mediterraneo come luogo di incontro e trasformazione
Installations that celebrate conviviality, weave together past and future, and envision the Mediterranean as a crossroads of cultural exchange, transformation, and dialogue
Montenegro Pavilion – Alla Biennale di Venezia una struttura in costante trasformazione che incarna lo spirito fluido e dinamico del Montenegro, specchio di un’identità in divenire.
Competition Van Cleef & Arpels – Un allestimento dove la luce diventa architettura, evocando le trasparenze del Mediterraneo e trasformando ogni spazio in un microcosmo vibrante e poetico.
Expo Dubai – Un padiglione per il Montenegro che intreccia paesaggi adriatici e miti senza tempo, restituendo il Mediterraneo come luogo di connessioni aperte e inesauribili.
ItaliAmare – Proposta per la Biennale di Architettura di Venezia 2025 di un viaggio visionario che fonde il razionalismo mediterraneo con le sfide epocali del XXI secolo, in una danza tra tradizione e innovazione.
Montenegro Pavilion – At the Venice Biennale, a structure in constant transformation embodies the fluid and dynamic spirit of Montenegro, mirroring an evolving identity.
Van Cleef & Arpels Competition – An installation where light becomes architecture, evoking Mediterranean transparencies and transforming every space into a vibrant and poetic microcosm.
Expo Dubai – A pavilion for Montenegro intertwining Adriatic landscapes with timeless myths, portraying the Mediterranean as a place of endless and open connections.
ItaliAmare – A visionary proposal for the Venice Architecture Biennale 2025, blending Mediterranean rationalism with the epochal challenges of the 21st century in a dance between tradition and innovation.
testo di MARIA GELVI
VAN CLEEF & ARPELS
ECHI DI LUCE. IL MEDITERRANEO DI VC&A Echoes of light. The Mediterranean of Van Cleef & Arpels
Ideazione di | Design concept by Cherubino Gambardella, Simona Ottieri con Alessandro Marotti Sciarra, Alessandra Acampora, Rosalba Di Maio Consulente per la composizione architettonica e l’exhibit design | Consulting for architectural composition and exhibit design Maria Gelvi
La grande sala e la terra di mezzo, disegno di studio, Cherubino Gambardella
The great hall and the middle ground, study drawing, Cherubino Gambardella

Immaginate uno spazio in cui la luce danza, si rifrange, si trasforma. Un luogo dove la memoria di epoche passate si intreccia con la promessa di un futuro brillante. Questo è l’allestimento per Van Cleef & Arpels, un’opera d’arte che supera i confini del design per diventare una narrazione sensoriale radicata nelle suggestioni del Mediterraneo.
Nel cuore dell’esposizione si erge un’architettura che celebra la bellezza della natura e della materia, sospesa tra l’etereo e il concreto. I volumi ricordano cristalli in metamorfosi, dove il vetro, la pietra e il metallo dialogano attraverso superfici che catturano e riflettono la luce in una danza perpetua. Ogni elemento è stato concepito per evocare l’essenza del marchio: raffinatezza senza tempo, una poesia tangibile incastonata nella materia, alimentata da un ideario che celebra l’infinito e l’orizzonte mediterraneo.
“L’architettura è un cristallo”, scriveva Gio Ponti, “e la luce ne è la sua anima.”
Questa filosofia si riflette nelle superfici
Imagine a space where light dances, refracts, and transforms. A place where the memory of past eras intertwines with the promise of a brilliant future. This is the installation for Van Cleef & Arpels, a work of art that transcends the boundaries of design to become a sensory narrative rooted in the enchantment of the Mediterranean.
At the heart of the exhibition stands an architecture celebrating the beauty of nature and matter, suspended between the ethereal and the tangible. The volumes evoke crystals in metamorphosis, where glass, stone, and metal interact across surfaces that capture and reflect light in an endless dance. Each element was conceived to evoke the brand’s essence: timeless refinement, a tangible poetry embedded in matter, nourished by an idearium celebrating infinity and the Mediterranean horizon. “Architecture is a crystal,” wrote Gio Ponti, “and light is its soul.” This philosophy is reflected in the changing surfaces of the installation,
Stanze abitate. Assonometria degli elementi primari e disposizione delle isole tematiche
Inhabited rooms. Axonometry of primary elements and thematic island layout

testo di MARIA GELVI
CARTOGRAFIE IMMAGINARIE
Imaginary cartographies
Proposta di progetto di | Design proposal by Cherubino Gambardella, Maria Gelvi, Simona Ottieri, Concetta
Tavoletta con Francesco Tanzillo, Ilaria Tanzillo
Menzione d’onore | Honorable Mention

Mediterranean
Le isole mediterranee e la linea di costa, disegno di studio, Cherubino Gambardella
islands and the coastline line, study drawing, Cherubino Gambardella
Èuna terra che vive nel respiro del vento e nel mormorio delle onde, sospesa tra il cielo e il mare, tra il reale e il sogno.
Lo si sente nei racconti dei vecchi pescatori e nei canti che risuonano dalle coste del Montenegro, un Paese che sembra scolpito nella pietra e immerso nel mistero.
Disegnare un Padiglione nazionale, dunque, è stato come cercare di catturare un frammento di questa essenza, di distillare il Montenegro in una forma che parlasse senza parole.
La sfida era duplice: alla Biennale di Architettura di Venezia, il Montenegro doveva esprimere la forza dell’Adriatico, quella potenza silenziosa e incessante che modella le coste e le anime; all’Expo di Dubai, invece, doveva svelare la complessità del suo paesaggio e della sua storia, intrecciando mare e monti, leggende ed eroi. In entrambi i casi, non si trattava solo di raccontare un luogo, ma di evocarlo, come si farebbe con un profumo che porta con sé l’eco di un fiore lontano. Abbiamo così immaginato due cartografie, ognuna un ritratto, ognuna una finestra aperta su questo paese enigmatico.
La prima cartografia è quella delle onde, dei venti e delle correnti: una mappa che non traccia confini ma connessioni, che parla di viaggi e di incontri, di partenze e di ritorni. La seconda è quella delle montagne, delle gole e dei sentieri: è un invito a esplorare, a perdersi per ritrovarsi, a scoprire che ogni curva del paesaggio nasconde una storia. Così, il Padiglione ha preso la forma di un’architettura che respira. Le sue superfici si muovono leggere, come il mare sotto un soffio di brezza. All’interno, il visitatore è accolto da un gioco di luci e ombre che richiama il riflesso dell’acqua. È un luogo in cui il tempo sembra sospeso, dove ogni elemento — una proiezione, una scultura, un suono — è pensato per richiamare il ritmo delle onde. Non c’è nulla di statico: tutto fluisce, tutto si intreccia, proprio come il Montenegro stesso.
Itis a land that lives in the breath of the wind and the murmur of the waves, suspended between sky and sea, between reality and dream. You can hear it in the stories of old fishermen and the songs echoing from the coasts of Montenegro—a country carved from stone and steeped in mystery. Designing a national pavilion, then, felt like an attempt to capture a fragment of this essence, to distill Montenegro into a form that could speak without words. The challenge was twofold: at the Venice Architecture Biennale, Montenegro was to embody the strength of the Adriatic, that silent and relentless force shaping its shores and its spirit; at Expo Dubai, it needed to unveil the complexity of its landscapes and history, weaving together sea and mountains, legends and heroes. In both cases, the goal was not merely to narrate a place but to evoke it, much like a fragrance that carries the echo of a distant flower. We envisioned two cartographies, each a portrait, each an open window into this enigmatic land. The first cartography speaks of waves, winds, and currents—a map that traces not boundaries but connections, telling stories of journeys, encounters, departures, and returns. The second cartography delves into mountains, gorges, and paths—a call to explore, to lose oneself and be found again, to uncover a story hidden in every curve of the landscape. Thus, the pavilion took the shape of an architecture that breathes. Its surfaces move lightly, like the sea under a breeze. Inside, visitors are greeted by a play of light and shadow reminiscent of water’s reflections. It is a space where time seems to stand still, where every element—a projection, a sculpture, a sound—is designed to echo the rhythm of the waves. Nothing is static: everything flows, everything intertwines, just like Montenegro itself.
Identità senza tempo Timeless identity
Allestimenti dove lo spazio diventa teatro della memoria collettiva.
Una narrazione contemporanea oltre le geografie di appartenenza.
Installations where space becomes the stage for collective memory. A contemporary narrative transcending geographical boundaries.
Divina Sezione – Un viaggio
progettuale che celebra il lascito del poeta, connettendo le radici mediterranee con temi universali di esplorazione e scoperta.
Thalassa: meraviglie sommerse del Mediterraneo – Un paesaggio onirico nel Gran Salone della
Meridiana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove costellazioni e isole espositive celebrano il mare come matrice di mistero e connessione.
Gusto! Gli Italiani a tavola 1970–2050 – L’universo culinario si trasforma in una città immaginaria che celebra tradizioni e innovazioni, presso il Museo M9 di Mestre.
La Pittura della Voce – Un progetto narrativo presso il Museo Archeologico dei Campi
Flegrei, che esplora le origini della scrittura mediterranea attraverso un’architettura evocativa e simbolica.
Divina Sezione – A design journey celebrating the poet’s legacy, connecting Mediterranean roots with universal themes of exploration and discovery.
Thalassa: wonders of the Mediterranean depths – A dreamlike landscape in the Grand Hall of the Meridian at the National Archaeological Museum of Naples, where constellations and exhibition islands celebrate the sea as a matrix of mystery and connection.
Gusto! Italians at the Table 1970–2050 – The culinary universe transforms into an imaginary city celebrating traditions and innovations at the M9 Museum in Mestre.
The Painting of the voice –A narrative project at the Archaeological Museum of the Phlegraean Fields, exploring the origins of Mediterranean writing through evocative and symbolic architecture.
testo di SIMONA OTTIERI
DIVINA SEZIONE 2018 REGGIA DI CASERTA E PALAZZO TRINCI - FOLIGNO
UN’ARCHITETTURA PER DANTE An
architecture for Dante
Curatore | Curator Luca Molinari
Progetto di allestimento | Exhibition design Simona Ottieri con with Maria Gelvi, Concetta Tavoletta
Sponsorizazione e realizzazione | Sponsorship and implementation Knauf Fotografie di | Photographs by © Mario Ferrara

La porta agli inferi, Simona Ottieri
The Gate to Hell, Simona Ottieri
Untema inedito che galleggia nella memoria collettiva.
L’idea della mostra era quella di raccontare le visioni sedimentate nell’immaginario di settanta architetti di diverse generazioni tutti, in modi diversi, cresciuti sia culturalmente che come progettisti con una idea personale degli spazi descritti da Dante e con la raffigurazione del Danteum di Giuseppe Terragni e Pietro Lingieri. Dunque, la volontà curatoriale era di dare seguito, in chiave contemporanea e libera, alle raffigurazioni delle ambientazioni fantastiche del Dorè e alle meravigliose tavole del progetto mai realizzato del Danteum.
L’istallazione nasce, dunque, dalla volontà di conferire una forma ordinata alla imprevedibile varietà concettuale e formale delle settanta tavole e si fonda sull’idea, strutturata nell’immaginario collettivo, di una tripartizione degli spazi che a partire dall’inferno si innalza fino al paradiso passando per il purgatorio. Un progetto astratto ma fortemente radicato alla immagine universale che
Anunprecedented theme that floats within collective memory.
The idea of the exhibition was to narrate the visions sedimented in the imagination of seventy architects from different generations—all of whom, in different ways, grew culturally and professionally with a personal idea of the spaces described by Dante, and with the imagery of the Danteum by Giuseppe Terragni and Pietro Lingeri.
The curatorial intention was therefore to continue, in a contemporary and open way, the representations of Doré’s fantastic settings and the magnificent drawings of the never-realized Danteum project. The installation thus arose from the desire to give ordered form to the unpredictable conceptual and formal variety of the seventy drawings, grounding itself in the collective idea of a tripartition of space that, from Hell, rises upward through Purgatory to Paradise.
It is an abstract project, yet strongly anchored to a universal image that compels visitors’ gaze to perform this very movement along the exhibition path.
Assonometria dei tre spazi allestitivi con indicazione diagrammatica dei punti di vista
Axonometry of the three exhibition spaces with a diagrammatic indication of viewpoints




testo di SIMONA OTTIERI
GUSTO! GLI ITALIANI A TAVOLA Taste!
Italians at the table
2021-22 MESTRE
MUSEO M9
Direttore | Director
Luca Molinari
Curatori | Curators Massimo
Montanari e Laura Lazzaroni
Exibhit design: Simona Ottieri
Architettura | Architecture Cherubino
Gambardella con Alessandro Marotti
Sciarra, Luigi Arcopinto, Emanuela Ottieri
Grafica | Graphic design Camuffolab (Marco Camuffo e Giorgio Camuffo)
Fotografie di | Photographs by © Cassian Cubertsown

First
Primi schizzi per la città del Gusto. © Cherubino Gambardella
sketches for the City of Taste. © Cherubino Gambardella
Nonil racconto di un senso ma un espediente per descrivere le evoluzioni e le trasformazioni della società attraverso una delle sue espressioni più caratteristiche che riguarda non soltanto la tradizione ma anche la cultura di una nazione. Un legame molto forte tra gli Italiani e il cibo fatto di piacere e condivisione, di luoghi privati e spazi collettivi. La messa in scena di questa esposizione, più emozionale che tangibile, necessitava di forme e ambientazioni molto evocative. Si è deciso allora di ricostruire una città immaginaria, stilizzandone le componenti, fatta di piazze, monumenti ma anche case, anzi cucine, dove il rituale si compie come atto generoso e condiviso, o templi dove la ricerca degli chef stellati diventa arte da gustare o solo da ammirare.
La città, dunque, si prestava bene a rappresentare la complessità del ruolo che il gusto riveste per ciascuno, diventando così il teatro di quegli ambienti da sempre dedicati al cibo e alla consumazione dei piatti ma anche espediente per isolare parti del racconto e rafforzarne l’efficacia. Evocazione e memoria sono le parole chiave del progetto della “città del gusto”, densa e frastagliata, che si sviluppa e si espande guidando i visitatori e invitandoli a ricostruire, attraverso l’enfatizzazione degli altri sensi, la rappresentazione del protagonista dell’esposizione.
Il materiale selezionato per la mostra si distingueva per la grande varietà di scelte, affinché la narrazione risultasse il più possibile esaustiva. Da qui nasceva l’esigenza di organizzarlo in modo che la lettura fosse semplice e, al tempo stesso, immersiva.
Una serie di camere a cielo aperto, il colore bianco ad unificare le geometrie complesse che riempiono lo spazio espositivo, gli interni che si colorano, connotandosi in funzione del racconto.
Notthe story of a single sense, but an expedient to describe the evolutions and transformations of society through one of its most distinctive expressions one that concerns not only tradition but also the culture of an entire nation. A deep bond links Italians and food, made of pleasure and sharing, of private places and collective spaces.
The staging of this exhibition more emotional than tangible required highly evocative forms and settings. It was therefore decided to reconstruct an imaginary city, stylizing its components: squares and monuments, but also houses —or rather kitchens— where the ritual is performed as a generous and shared act; or temples, where the research of Michelinstarred chefs becomes an art to be savored or simply admired.The city, then, lent itself well to representing the complexity of the role taste plays for each individual, becoming the stage for environments long dedicated to food and dining, and at the same time an expedient to isolate parts of the narrative and enhance its effectiveness. Evocation and memory are the key words of this “city of taste”: dense and fragmented, developing and expanding, guiding visitors and inviting them to reconstruct —through the emphasis of the other senses— the representation of the exhibition’s protagonist.
The material selected for the show stood out for its wide variety of choices, ensuring that the narrative could be as exhaustive as possible. Hence the need to organize it in such a way that the reading would be both simple and immersive.
A series of open-air rooms, the color white unifying the complex geometries that fill the exhibition space, interiors colored and characterized according to the unfolding story.
The long vestibule presents, in sequence, the history of the birth of Italian taste:
