Un Laboratorio sperimentale di dialogo artistico trai Paesi partecipanti alla Grande Guerra curato da Dimitri Ozerkov del Museo Ermitage
Si dice “voltare pagina” quando non si vuole più parlare di qualcosa.
Vittorio Veneto, con questo Centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, ha invece sfogliato e studiato il libro della Storia, ripensando e ricordando. Ha poi deciso di scrivere alcune nuove pagine che possano imprimersi nella memoria: anche le città, infatti, hanno un album di famiglia.
E se ricordare è del tutto naturale, scrivere qualcosa di nuovo non può apparire presuntuoso ma necessario a mantenere un legame tra passato e futuro. Vittorio Veneto ha scelto “parole nuove” nel cinema, nella musica, nelle attività culturali e soprattutto nelle arti visive. In questo caso, non ha voluto definire ciò che sarà, ma, per costruire un pensiero, ha scelto di coinvolgere 13 persone, che sono giovani che non hanno visto la guerra e che probabilmente non hanno neppure parenti che l’abbiano vissuta.
Persone e giovani che provengono da nazioni che nella Grande Guerra hanno lottato insieme o si sono scontrate duramente. Persone e giovani che sono anche artisti.
E se l’artista è colui che riesce con i propri strumenti a precedere le parole, a dar loro voce diretta, a dare segni al pensiero, forma all’invisibile, allora è ancora più significativo il fatto che questi giovani artisti siano venuti a Vittorio Veneto ad ascoltare e rileggere la Storia e i luoghi che ne sono stati drammaticamente scenario. Hanno distillato messaggi, creato opere, progettato emozioni e alle ore 15 del 4 novembre, nel momento in cui finì il dramma del primo conflitto mondiale e cominciò la gioia della pace, ci racconteranno la loro “Vittorio Veneto”, la loro visione di guerra e la loro speranza di pace. E le loro creazioni arricchiranno l’album di famiglia della nostra città.
Roberto Tonon Sindaco di Vittorio Veneto
DIMITRI
OZERKOV
di Arianna Testino
Quali sono gli intenti della rassegna?
Ogni guerra aspira alla pace. Ciò che vogliamo celebrare ora sono pace e libertà creativa. L’intenzione del progetto legato al Centenario di Vittorio Veneto è quella di far sì che l’arte contemporanea si possa esprimere sulla questione dello scoppio della pace. È una questione molto importante per l’Europa contemporanea. L’unificazione d’Europa è iniziata a Vittorio Veneto con il cessate il fuoco di 100 anni fa. Abbiamo deciso di portare diversi artisti contemporanei tra i più interessanti a riconsiderare questo evento a 100 anni di distanza e ripensarne il futuro. Negli ultimi 100 anni, Vittorio Veneto è stata la città delle parate, dell’eroismo e della storia militare. La nostra intenzione è quella di voltare pagina e concentrarci sui concetti di pace e creatività nei prossimi anni.
In base a quali criteri ha selezionato gli artisti invitati a confrontarsi con i luoghi della Grande Guerra? Vittorio Veneto ha una tradizione nell’arte contemporanea. 50 anni fa Augusto Murer venne invitato dal Comune a presentare la sua visione dell’evento. Il suo Monumento ai Caduti abbellisce la piazza principale ed
Come è avvenuta l’associazione artista-luogo?
Nel XX secolo il linguaggio dell’arte è una terapia mondiale
Gli artisti sono ambasciatori di pace dei loro Paesi nel luogo simbolo della fine della guerra
è uno dei simboli di Vittorio Veneto. Dopo aver studiato i lavori di diversi artisti di 12 Paesi coinvolti nel primo conflitto mondiale, una dozzina sono stati invitati a partecipare a questa iniziativa artistica. I criteri curatoriali sono stati serietà e interesse sociale della loro arte, così come l’autoconsapevolezza del ruolo dell’artista nella società contemporanea. Il concetto di responsabilità sociale è stato cruciale, così come un altro elemento chiave è stato l’impatto visivo dei loro lavori, considerando che la maggior parte di essi rimarrà a Vittorio Veneto.
Il primo step del progetto è consistito nell’accogliere gli artisti a Vittorio Veneto nell’arco di diversi giorni. Durante il loro soggiorno hanno avuto modo di scoprire il posto, i suoi sobborghi e le aree limitrofe, entrare nelle case, gustare il cibo locale, scoprire le montagne quali monumenti della Prima Guerra Mondiale. Gli artisti sono stati invitati a proporre i loro luoghi d’elezione in città e nei dintorni, successivamente approvati dalla città di Vittorio Veneto e dalla Soprintendenza competente.
Che tipo di dialogo si è creato fra gli artisti e gli abitanti di Vittorio Veneto? È un dialogo di rispetto e comprensione diretto al futuro. Gli artisti creano nuove opere d’arte per la città e invitano la comunità a partecipare alle celebrazioni a livello europeo per lo scoppio della pace. Vittorio Veneto non è più solo una semplice città italiana: è una locali-
tà famosa in tutta Europa grazie ai suoi ambasciatori delle arti. Quello che vogliamo realizzare è una esposizione d’arte contemporanea internazionale in occasione del centenario in un contesto pacifico per tutti. Perciò la mostra è orientata al futuro, e può proporsi come una sorta di “Centennale”. Vogliamo che la prossima edizione si svolga qui e pacificamente nel 2118, capace di rappresentare ancora più idee ed emozioni.
Come si sono rapportati gli artisti delle nuove generazioni a un evento che risale a un secolo fa, eppure è legato al tema, sempre attuale, del conflitto?
Il problema è che un conflitto è sempre possibile, e che le sfide del mondo contemporaneo non sono meno impegnative di quelle di 100 anni fa. Il mondo diventa sempre più fragile ogni decennio, con l’escalation della potenza missilistica e dell’instabilità politica. Gli artisti sono ambasciatori di pace dei loro Paesi nel luogo-simbolo dell’esplosione della pace e vogliono garantire un futuro pacifico per la loro madrepatria. È importante, in questo mondo veloce e complesso, pronunciare un messaggio tanto semplice. Nel ventesimo secolo, il linguaggio dell’arte è una terapia mondiale e il futuro ci dice che sarà ancora lì.
Dario Agrimi
Italia
(Atri, 1980) è un artista eclettico che lavora nel campo dell’arte contemporanea con opere di carattere concettuale, dalla pittura all’installazione, dalla fotografia alla scultura al video. Le sue ultime sperimentazioni sono il frutto di una ricerca volta alla perfezione, in cui l’artista mette in scena un iperrealismo che amplifica le emozioni e riduce la distanza tra realtà e finzione. Ha partecipato a numerose esposizioni collettive e personali in gallerie e istituzioni di varie città, in Italia e all’estero, tra cui la 54esima Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Recentemente è stato ospite, con diverse mostre, tra cui una personale, presso la Fondazione Museo Pino Pascali. Ha collaborato con una multinazionale inglese per la realizzazione di una campagna pubblicitaria che nel 2014 ha goduto di visibilità mondiale.
Limbo
Scompare, in una sottile pozza nera che realmente non potrebbe contenerla, imprigionata dal consumismo contemporaneo, quell’insignificante creatura annaspante che nella Storia vede solo il susseguirsi dei giorni: l’uomo. E sembra la punizione di chi non vede la pace, quella di cadere in questo Limbo di petrolio. Una grande vasca ricolma di oro nero sembra contenere il corpo di un uomo, ma nello spessore di soli 5 cm è impossibile che si celi veramente un corpo umano. Il viso dell’uomo affiora dalla distesa nera di petrolio che a prima vista sembra solido, ma dal punto di vista fisico è liquido. 50 litri del prezioso liquido imprigionano l’essere umano e al tempo stesso alludono al reale pericolo che la prevaricazione dell’individuo sull’altro ha sempre rappresentato.
Installazione su pavimento interno 100x200 cm petrolio, legno, resina, silicone
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Municipio Piazza del Popolo Inizialmente chiamata Piazza Vittorio Emanuele II, fu realizzata dopo la nascita del Municipio di Vittorio Vittorio Veneto nel 1866 e fu il nuovo baricentro tra Serravalle e Ceneda. Sul lato est della piazza si trova il Municipio, inaugurato nel 1882. Nella piazza, tra quattro pali altissimi, sorge un Monumento ai Caduti, realizzato dallo scultore Augusto Murer (19221985) in collaborazione con l’architetto Franco Posocco; fu inaugurato nel 1968 in occasione del cinquantesimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale.
Zsolt Asztalos Ungheria
(Budapest, 1974), all’inizio della sua carriera, si è concentrato sulla società dei consumi. La sua arte ha analizzato la tecnologia del computer, il mondo del marketing e della pubblicità, le scienze tecnologiche e i mass media. Successivamente ha iniziato a interessarsi alla storia sia in termini di singoli individui sia di memoria collettiva. Le sue opere si basano sullo studio del passato con vari approcci. L’artista è particolarmente interessato alla ricostruzione del passato su tutti i livelli, mondiale, nazionale, personale, usando differenti mezzi per operare in questo campo: video, installazioni, fotogra fia. Vive attualmente a Budapest ed è stato premiato con il più alto premio artistico nel suo Paese: il premio Munkacsy. Ha rappresenta to l’Ungheria alla 55esima Biennale di Venezia nel 2013 con l’installazione intitolata Fired but Unexploded sue opere sono state esposte in mol tissime fiere artistiche in tutta Europa: ARCO Madrid, Artissima, Art Dubai, oltre che a Parigi, Berlino e Londra. Ha tenuto differenti lezioni sulla sua arte in varie univer sità. Asztalos ha parteci pato a circa 100 mostre collettive tra Ungheria, Londra, Madrid, Roma, Praga, Berlino, Venezia, Parigi e ha avuto circa 30 mostre personali. Le sue opere d’arte si trovano in molte collezioni private in Europa, Stati Uniti e Medio Oriente.
Pubblico ringraziamento a: Diemmebi S.p.A.
For Disappeared Memories
Pace o lunga vita ai ricordi scomparsi con il memoriale For disappeared memories, vuoto di parole e di incisioni, ma ricco della coscienza storica di tutte le guerre e di ciò che non si può ricordare, delle innumerevoli storie dimenticate o dei sopravvissuti che non possono parlare, storie insomma destinate a scomparire. L’opera è un memoriale “a lungo termine” installato a parete, proprio come quelli dedicati ai caduti di tutte le guerre. Risulta così una raccolta di lapidi vuote per commemorare i ricordi scomparsi.
Installazione a parete, 15 pezzi 30,5x42 cm, 1 pezzo 15,25x42 cm marmo
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Torre dell’orologio
La Torre dell’orologio di Vittorio Veneto era l’antica porta inferiore che permetteva di entrare nella città murata di Serravalle, incastonata tra due ripidi pendii e sorta strategicamente a difesa della pianura. L’edificio è stato costruito nel XIX secolo sul luogo dell’antica porta San Lorenzo e a sinistra sono ancora visibili i resti delle mura castellane che salgono al colle di Sant’Antonio. L’edificio è stato sottoposto a recente restauro per restituire alla comunità vittoriese uno dei monumenti simbolo della città.
Bill Balaskas Grecia
(Salonicco, 1983) è un artista, teorico e accademico che lavora con media e piattaforme di diffusione, oltre che essere professore associato e coordinatore presso la Nottingham Trent University. Parallelamente alla sua pratica artistica e al suo ruolo accademico, è un editore del Leonardo Electronic Almanac (The MIT Press), mentre suoi scritti sono apparsi anche in libri a stampa e in pubblicazioni come Journal of Visual Culture, Third Text e Revista Arta. Sue
Pubblico ringraziamento a: Italparchetti S.p.A.
Con il supporto del: Museo Nazionale d’Arte Contemporanea, Athene (EMST)
Apertures
Apertures “danno la vista” ossia rappresentano e moltiplicano quella poca luce che filtrava esattamente in quella forma attraverso le sottili aperture delle maschere alpine utilizzate per combattere la guerra sulle montagne. L’opera esiste in due luoghi diversi: un occhio a Vittorio Veneto, l’altro in Austria, lo sguardo ha così una visione sull’uno e sull’altro versante. La maschera alpina a cui si ispira l’opera si trova nel Museo della Battaglia. Quest’oggetto è stato utilizzato esclusivamente sulle Alpi e il suo particolare design è stato scelto per proteggere gli occhi dei soldati dalla neve e dalle basse temperature sulle montagne.
Installazione luminosa 150x200 cm
neon
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Museo della Battaglia Il Museo della Battaglia di Vittorio Veneto, costruito per ospitare la sede del comune tra il 1536 e il 1537, fu inaugurato nel 1938 in occasione del ventesimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale; nato grazie alla collezione donata da Luigi Marson (1899-1952), il Museo conserva una vasta collezione di cimeli e documenti relativi alla Grande Guerra. Nella galleria al piano terra si trovano alcuni affreschi di Pomponio Amalteo. Oggi il Museo offre il suo importante e immenso patrimonio al pubblico in un ambiente dotato delle più moderne tecnologie, al tempo stesso testimone della mostra originale, ora storicizzata, in cui gli oggetti conservati sono vere reliquie.
Anaïs Chabeur
Francia
(Parigi, 1992) è un’artista visiva che vive attualmente a Gent e frequenta il programma di residenza HISK (Hoger Instituut Voor Schone Kunsten). La sua produzione è multiforme poiché opera nel campo della videoarte, della fotografia, della scultura e della scrittura. Chabeur mette sempre in discussione la reminiscenza, cercando di dare presenza al vuoto e mostrando l’inafferrabile: quegli spazi interstiziali dove i fluidi e le energie si scambiano e la materia è in movimento. La memoria, per Chabeur, è organica, permeabile, una contrazione del tempo e dello spazio in cui si può viaggiare. Nelle opere di Chabeur si ritrova spesso un aspetto sensoriale che interroga la nostra relazione con il tempo, la morte e i rituali che scandiscono la nostra esistenza. L’artista ha recentemente realizzato una personale, Un computer non esita, al Botanique di Bruxelles ed è stata finalista per il “Premio Coming People” di Smak (Gent). Ha partecipato alla settima edizione di Poppositions e ha esposto i suoi lavori alla Kunsthal Extra City di Anversa.
Pubblico ringraziamento a: Irinox S.p.A.
Rain of Ashes
Video, 9’20” in loop 4
Non c’è spazio e non c’è tempo in Rain of Ashes, che rappresenta in video un ricordo perpetuo capace di attraversare monti e secoli; una pioggia di ceneri copre incessante tutto ciò che le sta sotto e si assiste ad apparizione e scomparsa proprio come l’infinita alternanza di guerra e pace. L’opera è un video in loop dove non c’è climax, nessuna progressione, nessun inizio, nessuna fine, come un ricordo ripetuto all’infinito. È un pezzo contemplativo e meditativo, scorrono le riprese di paesaggi naturali e di un giardino che circonda una casa, interrotti da brevi filmati incisivi in cui la pioggia di cenere cade all’interno dell’abitazione, coprendo i mobili di una camera da letto. Il suono del video è ambientale. Alcune frasi appaiono poi nel momento in cui si oscura completamente lo schermo.
Palazzo Todesco
Di fronte alla Loggia Civica di Piazza Flaminio si trova Palazzo Todesco, già Cesana Bonaccorsi (sec. XV-XVI), più volte adattato nel corso dei secoli, con alte colonne degradanti sul lato ovest per seguire la salita lungo Via Roma, fino alla stretta e caratteristica “burella” che, dietro il palazzo, collega a Piazza della Fontana. Il palazzo, dopo la recente ristrutturazione, è utilizzato come sede polifunzionale e ospita mostre prestigiose.
Alice Cunningham Regno Unito
(Londra, 1983) è un’artista molto duttile e capace di lavorare con sensibilità attraverso mezzi diversi. Ugualmente appassionata al concettuale e alla materialità, Cunningham ha lavorato ed esposto in tutto il Regno Unito, oltre che in tutta Europa, Asia e Africa. Nel 2010 è stata selezionata per rappresentare il Regno Unito alla prima Biennale di giovani artisti britannici in Europa. Cunningham ha tenuto conferenze in Belle Arti presso le università del Regno Unito e collabora con enti di beneficenza che organizzano eventi creativi per coinvolgere gruppi difficili da raggiungere o emarginati. Ha partecipato alla mostra d’arte pubblica Art, Cities, Landscape ad Amiens, in Francia, dove ha lavorato con un paesaggista per trasformare un’i sola nel fiume Somme. Ha lavorato, intagliando il marmo, in Zambia, ed è poi stata selezionata dalla Royal Society of Sculptors per una residenza a Pietrasanta. Nel 2015 la sua prima mostra perso nale presso la Royal Society of Sculptors, a Londra. Successiva mente è stata eletta per far parte del consiglio della Royal Society of Sculptors. Al momento sta lavorando al progetto dal titolo Come si presenta il cambiamento climatico con l’Università di Bristol, School of Earth Sciences.
Pubblico ringraziamento a: Ristorazione Ottavian S.p.A.
We can Move Mountains
Il monte Ortigara, ridotto di otto metri dopo le ripetute esplosioni, ritrova la sua grandezza per chiunque lo osservi sotto l’imponente profilo di We can move mountains, ponte di pace fra passato e presente. Un’imponente struttura in ferro ridà a quel monte, reduce di guerra, una cima solida, almeno in apparenza. Lo spazio intorno all’opera si estende piano verso le pendici del monte sfregiato, ricordando un passato cui ora è stata donata una nuova veste. Sotto il grande profilo dell’opera lo spazio è fruibile, non solo per essere percorso, attraversando così la montagna di ferro in lungo e in largo, ma anche perché sotto di esso sono installate sedie e panchine per una sosta all’interno del parco, dove si possono vivere insieme passato e presente.
Installazione su terreno cemento e ferro
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Area Fenderl
L’area comprende il Parco Fenderl, uno splendido e incontaminato spazio verde di circa undici ettari, cinque a prato e sei a bosco, alle pendici del Monte Altare, nel centro di Vittorio Veneto. L’area prende il nome dal precedente proprietario, l’ingegner Ettore Fenderl, che volle che l’intera area fosse destinata, dopo la sua morte, a uso sociale. Oggi è di proprietà del Comune di Vittorio Veneto e sede di un importante centro culturale.
Doplgenger Serbia
(Belgrado, 1978 e 1979) è un duo di artisti formato da Isidora Ilic e Boško Prostran. Doplgenger si propone nel campo della videoarte, ma anche della scrittura e in ambito curatoriale, affrontando il rapporto tra arte e politica. Alla base del lavoro di Doplgenger ci sono il mezzo cinematografico, il linguaggio, la struttura e le nozioni di testo per scoprire i modi in cui le immagini in movimento partecipano alla creazione della realtà politica, affidandosi alla tradizione di film e video sperimentali, intervenendo sui prodotti multimediali esistenti. Sebbene i loro mezzi di comunicazione principali siano le immagini in movimento, il loro lavoro viene realizzato attraverso la scrittura, le installazioni, le mostre, le conferenze e le discussioni. Tutti questi media sono trattati nella loro materialità in relazione ad altri media e come portatori di significati che riflettono la struttura della realtà sociale e politica. Il loro lavoro è stato esposto a livello internazionale presso prestigiose istituzioni come il Museo Wiesbaden, il Kunstmuseum di Bonn, il Centre Pompidou a Parigi, lo Stedelijk Museum Bureau di Amsterdam, l’Osage Gallery di Hong Kong. I film di Doplgenger sono stati selezionati per festival del cinema come International Film Festival Rotterdam, Seattle International Film Festival, Kassel Documentary Film Festival, VIDEOFORMES a Clermont-Ferrand, Festival Immagini Contre Nature a Marsiglia e molti altri. Doplgenger ha anche
Today is the Tomorrow of Yesterday / Today is the Yesterday of Tomorrow
Installazione luminosa a parete, lettere di 10 cm neon e plexiglass
Nella luminescenza della scritta Today is the tomorrow of yesterday / Today is the yesterday of tomorrow è racchiusa una lezione che porta dritti alla pace: le azioni sono il passato delle conseguenze. Il cambiamento, il tempo, la responsabilità sono solo alcuni dei concetti che questa limpida scritta suggerisce. L’opera rappresenta un gioco di parole esposto in un luogo pubblico. Il concetto consiste in due frasi che si riferiscono al presente, mentre mostrano due diversi punti di vista e due prospettive. Il lavoro, leggibile giorno e notte attraverso la luminosità dei neon di cui sono composte le lettere, vuole incitare al cambiamento, ricordando la responsabilità che intercorre nelle azioni che si sceglie di compiere.
Meschietti
Vittorio Veneto è sempre stato un territorio di grande produttività, soprattutto per la presenza del fiume Meschio, che ha favorito l’insediamento di attività lungo le sue sponde. Non solo è stata utilizzata la sua forza motrice, ma anche la sua temperatura costante: 11° centigradi. Questa particolarità ha fatto sì che, dal Medioevo al Rinascimento, Serravalle e Ceneda fossero note per la produzione di armi bianche. La tempra dell’acciaio non era seconda nemmeno alle famose lame di Toledo, come testimoniano molte armi ancora raccolte in collezioni moderne che recano gli stemmi di famiglie produttrici serravallesi e cenedesi. In seguito altre sono state le produzioni lungo il fiume: cartiere, bacologie, setifici, cementifici, lanifici, tutte produzioni – tra Settecento e Novecento – che necessitavano di molta acqua. I cosiddetti “Meschietti” sono quindi alcune diramazioni del fiume Meschio che circondano la città.
Anna Hulacová
Repubblica Ceca
(Sušice, 1984) esplora il modo in cui l’arte popolare, quella che riflette i bisogni umani, è diventata nel XX secolo un territorio sconosciuto. Con un occhio verso le questioni della cultura nazionale e della società globalizzata, il XXI secolo cerca, nel peggiore dei modi, di calpestare ciò che resta della cultura popolare. Mentre nella migliore delle ipotesi trova una nuova relazione con essa. Questa situazione si riflette nell’arte di Hulacová, che pone grande enfasi su opere artigianali, principalmente scultoree, su materiali che enfatizzano le radici naturali e tradizionali e su tecniche che riflettono un senso di sofisticazione, logica e simbolismo dell’arte popolare. I suoi interessi includono anche la scultura devozionale, il cristianesimo e le culture delle popolazioni indigene, ma anche i temi della casa e della famiglia, con cui la società industriale e postindustriale ha perso il contatto. Lo studio di Hulacová ha lo scopo di trovare nuove possibilità per l’emozione e la spiritualità nell’arte.
Pubblico ringraziamento a: Unindustria Treviso
Sleeping Laborers
Gli Sleeping laborers sono la combinazione del vecchio e del nuovo mondo. Potrebbero rappresentare contadini di oggi o contadini morti in guerra, mummie che dormono pacificamente. Queste sculture, che rimandano all’arte popolare, vogliono essere il collegamento con una vecchia tecnica di produzione di stampi per il burro, con cui gli stessi “lavoratori dormienti” sono stati realizzati. Il tema delle figure addormentate nasce da una riflessione sulla zona storicamente agro-industriale di Praga, dove ci sono diverse vecchie fabbriche. Queste figure accartocciate evocano il gesto delle figure addormentate che si ritrovano spesso nell’arte popolare delle campagne, così come gli operai delle fabbriche urbane del periodo di industrializzazione europea dell’inizio del secolo scorso.
Sculture
130x70x15 cm alluminio
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Piazza Meschio la grande Piazza Meschio di Vittorio Veneto si formò dopo la rimozione, nel 1853, del vecchio cimitero di fronte alla chiesa. Essendo la piazza più ampia di Vittorio Veneto, era spesso utilizzata come campo sportivo per diversi tipi di competizione. Il suo nome deriva dal fiume Meschio che scorre dietro la chiesa; qui c’è la chiesa di Santa Maria del Meschio.
Nina Ivanovic Serbia
(Belgrado, 1986), dedita particolarmente al disegno, si è laureata nel 2010 presso la Facoltà di Belle Arti di Belgrado nel Dipartimento di Pittura. Da maggio 2012 fa parte del team di U10 Art Space, organizzando, progettando e promuovendo spazi e mostre. Vive e lavora a Belgrado. Ha presentato i suoi lavori di scultura, disegno e fotografia in numerose mostre nazionali e internazionali. Ivanovic ha tenuto diverse mostre personali presso la Fortezza di Belgrado e la Chaos Gallery. Alla fine del 2013 ha svolto una residenza artistica al Centro Glo’Art, in Belgio. Come studente, Ivanovic ha vinto il premio di Facoltà di Belle Arti di Belgrado per il disegno e in seguito, come artista affermata, il Premio Vladimir Veličkovič 2014 per il disegno.
Pubblico ringraziamento a: Sav.no S.p.A.
Landscapes
Cinque disegni disvelano un unico grande paesaggio, testimone della guerra e della pace, che viene così rappresentato in un unicum dove il filo di ferro dà forma allo scenario di Vittorio Veneto, tra fiumi, montagne, terra e cielo. Un nuovo paesaggio fatto solo di bellezza e semplicità, senza bisogno di rappresentare o ricordare cose orribili e devastanti come la guerra. I disegni, realizzati con il filo metallico, rappresentano in verità cinque diversi paesaggi in cui si sono svolte in passato alcune battaglie della Prima guerra mondiale; ora, però, quel paesaggio mostra solamente se stesso e la sua bellezza. La guerra ha cambiato la forma di alcune cime montuose e così l’opera sarà posizionata cercando di ricreare l’altezza, in proporzione, delle cime abbassate dai bombardamenti.
Scultura su parete
180x180 cm filo di ferro
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Piazza Foro Boario
La Piazza Foro Boario era inizialmente chiamata Prato di San Marco e poi Piazza del mercato perché per secoli fu sede di un fiorente mercato, soprattutto di bestiame. Nella piazza c’è la chiesa di San Giuseppe. Il gruppo di costruzioni sul lato nord della piazza è comunemente chiamato “Ospedale Vecchio” perché era un ospedale civile fino alla sua rimozione. Sul lato est della piazza scorre il fiume Meschio, che ha contribuito allo sviluppo economico di questa zona perché, oltre a essere fondamentale per l’agricoltura, ha migliorato molte attività industriali.
Johanna Jaeger Germania
(Berlino, 1985) è un’artista tedesca con sede operativa a New York e a Berlino. Jaeger lavora con la fotografia installativa. Non si considera infatti una fotografa ma un’artista che usa la fotografia solo come un medium per registrare ciò che la circonda. Jaeger affronta le abitudini percettive creando ritratti inaspettati di situazioni banali, proprio nel suo studio. Il lavoro di Jaeger è quindi una reinterpretazione delle cose comuni: architettura, spazio, oggetti. L’artista si sente in questo modo come uno scienziato che sta soltanto analizzando e registrando cose e fenomeni, così come appaiono sotto gli oc chi. Usa la fotografia con finalità scul toree e sviluppa il suo lavoro lungo una serie di traiettorie che sono sempre in stretto contatto con una caratteristica fondamentale della fotografia: la relazione con lo spazio e con il tempo. Jaeger ha conseguito la laurea in Fine Arts all’Università delle Arti di Berlino e il Master of Fine Art all’Hunter College di New York.
Pubblico ringraziamento a: Associazione Rotary Club
Distretto 2060
Unstill
Riuscire a osservare lo scorrere del tempo è il senso del video Unstill, che registra il lento disperdersi nell’acqua, formando un disegno liquido nel liquido, scandito dalle severe e reali lancette dei due grandi orologi posti accanto a Palazzo Todesco. L’opera è una riflessione sulla percezione visiva del tempo. Le finestre dello spazio al piano terra di Palazzo Todesco fungono da cornice del video. Il video, proiettato solo dopo il tramonto, mostra gocce di inchiostro nero che si disperdono nell’acqua. Attraverso le gocce, il movimento veloce si trasforma in un movimento lento, fino a quando quasi nessun movimento è visibile perché le gocce sono ormai depositate.
Palazzo Todesco Di fronte alla Loggia Civica di Piazza Flaminio si trova Palazzo Todesco, già Cesana Bonaccorsi (sec. XV-XVI), più volte adattato nel corso dei secoli, con alte colonne degradanti sul lato ovest per seguire la salita lungo Via Roma, fino alla stretta e caratteristica “burella” che, dietro il palazzo, collega a Piazza della Fontana. Il palazzo, dopo la recente ristrutturazione, è utilizzato come sede polifunzionale e ospita mostre prestigiose.
Video, 20 min.
Andrey Kuzkin Russia
(Mosca, 1979) è un artista russo residente a Mosca. Ha lavorato come grafico per poi dedicarsi definitivamente alla carriera di artista. Nel 2006 è diventato membro dell’Unione degli Artisti di Mosca e da allora ha partecipato a numerose mostre collettive e preparato alcune mostre personali. Artista concettuale, ha partecipato a una collettiva in Italia presso il Centro Pecci di Prato. Sue opere sono entrate a far parte della collezione permanente della galleria di Stato Tretyakov a Mosca. Famoso il suo lavoro Il fenomeno della natura, o 99 paesaggi con alberi nel quale Kuzkin, nudo, si mantiene in verticale con il capo a terra. La performance più recente si è svolta ad Amburgo, la più ostica quella in Antartide durata solo 10 minuti. In una dichiarazione sul suo lavoro, Kuzkin ha precisato che “l’idea del progetto è ricordare che un essere umano è un essere naturale, come un albero. Vivendo nelle metropoli, circondati da oggetti e accessori, stiamo dimenticando questa realtà”. Altro suo famoso happening è stato Circle-wise del 2008, in cui ha camminato in una pozza di cemento, legato a un paletto.
Pubblico ringraziamento a:
De Luca Servizi Ambiente S.r.l.
Filatura di Vittorio Veneto S.p.A.
Untitled
Gli appelli di pace non sono ancora abbastanza efficaci, la guerra fa parte della natura umana e trasforma i luoghi continuando a esistere e a stravolgere il mondo. Il cartello affisso mostra un messaggio che è l’opera stessa, rappresentando il tragico dualismo insito nell’uomo: invocare la pace passando attraverso l’orgoglio dei conflitti e degli eroi. L’opera è un segnale stradale in alluminio, installato in città sotto un arco, alla vista dei passanti. Su entrambi i lati vi è la stessa iscrizione, una in italiano l’altra in tedesco. Il cartello, trapassato dai proiettili, chiede al pubblico di cos’altro ci sia bisogno oltre l’amore, l’attenzione e la tranquillità.
Installazione sospesa
200x300 cm
cartello segnaletico in ferro bucato da proiettili
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Piazza Flaminio Il vecchio Phorum Serravalli è divenuto Piazza Marcantonio Flaminio in onore del famoso umanista, poeta e scrittore di Serravalle (1498-1550).
L’aspetto della piazza cambiò più volte, l’ultima quando, tra il 1817 e il 1830, la Regia Strada d’Alemagna fu aperta dal governo imperiale degli Asburgo; di conseguenza, una parte degli edifici della piazza è stata demolita e qui è stato realizzato il grande Arco austriaco, forse con lo scopo di ricomporre l’intera unità. Il lato nord della piazza è dominato dall’elegante Palazzo Cesana, il lato est è costeggiato dal fiume Meschio, che attraversa tutto il centro storico.
Christiane Peschek
Austria
(Salisburgo, 1984) lavora con i codici di intimità e le loro trasformazioni all’interno della fotografia. Con il suo archivio fotografico personale l’artista sperimenta alla ricerca degli ulteriori valori della fotografia e di come si relazionano alla nostra memoria fisica ed emotiva. Vedendo la fotografia come un frammento temporaneo di una realtà costruita, estrae i contenuti dell’immagine dal loro stato di eternità per creare trasformazioni con contesti ibridi di percezione, espandendo la visualità verso l’uso del testo e della fragranza.
Le sue opere sono state esposte in diverse mostre personali e collettive in Europa. Gli ultimi spettacoli tra cui: Salzburger Kunstverein, Benaki Museum di Atene, Fotogalerie Wien, Photon Gallery Vienna, il Mese europeo di fotografia di Vienna, Varfok Gallery Budapest, AILHA Lisbona, FOTOHOF Salzburg, Museo delle arti applicate di Vienna e mostre su diversi festival come Encontros da Imagem, Athens Photofestival, Photo Irlanda, Triennale di fotografia Amburgo. Christiane Peschek è stata recentemente insignita di premi quali: Tesla Art Trail Award Unseen, Start-Stipendium per fotografia artistica del governo federale d’Austria, Honorprize Encontros Da Imagem, Selection Portfolio Düsseldorf Forum NRW, Selezioni Youes Off Arles, vincitore del Portfolio Review presso Foto Irlanda, Selezione Giornata Fotografica di Lugano, Premi Chimera Art Award, ecc. Lavora anche come curatrice per le pratiche post-fotografiche all’interno del collettivo artistico internazionale 280A, dove ha curato diversi progetti e pubblicazioni in Europa in collaborazione con il Forum culturale austriaco a Parigi, la Unseen Co-op Amsterdam e il Photofestival di Atene. Attualmente vive e lavora a Vienna.
Surface Study
Installazione fotografica stampa digitale su tela
L’installazione Surface Study indaga la vulnerabilità e il recupero di superfici umane attraverso il materiale fotografico. Si formano in questo modo, sulla fotografia, texture che sono al tempo stesso familiari e stranianti, come la pelle senza corpo. Un modo per smontare le convenzioni e focalizzarsi invece sull’aspetto umano della guerra, nel senso più materiale del termine (ma forse sarebbe meglio dire epidermico). Durante il processo di post produzione di Surface Study avviene una correzione digitale sulle ferite e sulle violazioni della pelle umana, come una cura a posteriori. L’abilità della pelle di rigenerarsi viene così prolungata dalla possibilità, data dal digitale, di guarire le vecchie ferite.
Loggia dei Grani
Era il centro economico di Serravalle, dove si svolgeva il mercato coperto. Adiacente al teatro Da Ponte, incorniciata dal verde del colle di Sant’Antonio (da dove si vedono i ruderi dell’antica chiesa omonima), la Loggia dei Grani chiude il lato ovest di Piazza Minucci. Si tratta di un complesso tardo ottocentesco, realizzato su un progetto di Giuseppe Segusini, ma successivamente rivisitato; l’impianto neoclassico è evidenziato da un colonnato architravato, sopra il quale si forma una terrazza balaustrata e impreziosita da sculture.
Sarah Smolders Belgio
(Anversa, 1988) riflette lungamente sui luoghi in cui ha operato. Dopo che un lavoro è finito, l’artista documenta sistematicamente il luogo, mantenendo un’immagine residuale che può essere ricollocata più volte nel suo operare. Un aspetto intrigante di questo processo creativo è la continua ri-presentazione di queste immagini “di riposo” nel presente. Nei suoi interventi in situ, una sorta di trompe l’oeil diventa visibile evocando la cristallizzazione di quello spazio, in equilibrio tra apparire e scomparire. L’esercizio concettuale della ri-presentazione dei luoghi è iniziato nel 2011, quando ha preso il via la serie infinita Studio Floor: ogni anno l’artista belga copia il pavimento del suo studio in scala uno a uno, compiendo quasi un’indagine “archeologica” delle tracce e delle macchie del suo lavoro annuale. Smolders è anche interessata all’utilizzo della vernice come materialità, concentrandosi sulle procedure chimiche di miscelazione di pittura a olio, pittura acrilica, vernice, vernice spray ecc.
Pubblico ringraziamento a: TMCI Padovan S.p.A.
Memento Mori
Dipinto su pavimento esterno 2230x3450 cm pittura e spray
La spazio vuoto della piazza in cui un tempo sorgevano alcune abitazioni, tra cui casa Minucci, ha una nuova cornice che vuole contenere il ricordo della nostra storia collettiva, un ricordo, a volte, di perdita. Memento mori crea sulla pavimentazione quei vecchi confini, dando forma a un luogo perduto e agli stessi ricordi. L’opera è un nuovo dipinto per Piazza Minucci di Vittorio Veneto. La piazza costituisce il foglio bianco dove disegnare il profilo di nuove fondamenta. Il disegno è un intervento fragile, affidato allo scorrere del tempo e quindi lentamente scomparirà, nonostante abbia la potenzialità di rimanere lì per sempre.
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Piazza Minucci
Il lato orientale di questa piazza è dominato dall’imponente facciata di Palazzo Minucci De Carlo, con l’adiacente Chiesa della Santa Croce, alla quale è direttamente collegato dall’interno. Esso venne eretto alla fine del Cinquecento per volontà di Minuccio Minucci. Sull’altro lato della strada si trova lo storico Teatro Sociale di Serravalle, oggi dedicato a Lorenzo Da Ponte, il celebre librettista di Mozart. In fondo alla piazza vi è la Loggia dei Grani, luogo del “mercato coperto”, che venne costruita nel 1896.
Philip Topolovac Croazia
(Würzburg, 1979). Le sculture e gli oggetti di Topolovac trovano le loro origini nello spazio, nella terra e nella realizzazione di scavi. Un artista di origini croate, Topolovac, che, intersecando strettamente la dimensione del paesaggio con quella della fotografia, appare interessato a disseppellire ciò che è stato nascosto e scartato, rivelando così una serie di materiali del passato che erano stati dimenticati, insieme alle loro associazioni emotive. Topolovac ha co-fondato il progetto e il relativo spazio TÄT, uno showroom che è gestito come una galleria espositiva dai diplomati della sua ex università UdK, divenuto uno dei più effervescenti luoghi di progettualità di Berlino. Ha infatti studiato all’Universität der Künste di Berlino con Christiane Möbus e da allora ha ricevuto molti premi e borse di studio. Numerose le residenze d’artista in Italia, Stati Unti, Repubblica Ceca.
Pubblico ringraziamento a: Podere Sapaio S.a.S.
Mapping 1
16 stampi compongono una grande mappa muta che descrive l’identità di un luogo qualsiasi, tentando così di modellare il mondo e il rapporto tra l’uomo e il suo pianeta. L’opera consiste in questi 16 stampi a forma quadrata, le cui sezioni sono tenute insieme da bulloni. La composizione di 16 unità forma una griglia che struttura l’opera. L’opera fatta di stampi deriva dall’idea della riproduzione meccanica della realtà e dall’inutile tentativo di afferrarla. Il calco risultante è simile a un guscio vuoto, che mantiene però una forma superficiale.
Installazione su pavimento interno 420x415x34 cm resina, fibra di vetro, bulloni
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Piazzetta XXII
Maggio 1870
La Piazzetta XXII Maggio 1870, nei pressi del Municipio, è intitolata alla data di costituzione del corpo di Polizia Locale a Vittorio Veneto; dal 2014, infatti, qui ha sede il Comando della Polizia Locale.
PIAZZAMINUCCI E LOGGIA DEI GRANI PALAZZO TODESCO MESCHIETTI
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Esercito Italiano
Museo Statale Ermitage
Main Sponsor
Sponsor
Con il contributo di:
Pubblico ringraziamento progetto “Adotta un artista” a:
Associazione Rotary Club - Distretto 2060
De Luca Servizi Ambiente S.r.l.
Diemmebi S.p.A.
Filatura di Vittorio Veneto S.p.A.
Irinox S.p.A.
Italparchetti S.p.A.
Podere Sapaio S.a.S.
Ristorazione Ottavian S.p.A.
Sav.no S.r.l.
TMCI Padovan S.p.A.
Unindustria Treviso
Si ringrazia
Si ringrazia anche: Marvit S.r.l. e Neonlauro
1918
Quandoscoppia la pace
Una “chiamata alle arti” quella che ha portato i 13 artisti internazionali, selezionati dal curatore Dimitri Ozerkov del Museo Ermitage di San Pietroburgo, a riflettere sul tema della pace.
Italia, Francia, Regno Unito, Russia, Austria, Germania, Ungheria, Belgio, Grecia, Repubblica Ceca, Serbia e Croazia sono le nazioni riunite di nuovo a Vittorio Veneto che, attraverso 13 opere d’arte contemporanea, vogliono dare alla città un respiro internazionale che è finalmente quello della pace.
13 opere installate in luoghi diversi scandiscono quello che per Vittorio Veneto rappresenta d’ora in avanti il “Centennale”, un percorso artistico e allo stesso tempo urbano, dove i luoghi della guerra diventano il luogo di celebrazione della pace.