La Slovenia sta progettando un passo importante nella politica europea in materia di droghe. La repubblica intende legalizzare il consumo privato di cannabis a determinate condizioni, come primo Paese dell'Europa sudorientale e orientale.
L'iniziativa politica nasce dal Partito di Sinistra, co-governativo, e dal Movimento per la Libertà Social-liberale. Natasa Sukic, membro del Parlamento per il Partito di Sinistra, ha spiegato in Parlamento che la proposta era volta principalmente a realizzare la volontà popolare. Si proponeva inoltre di “de-stigmatizzare” il consumo di cannabis. La cannabis non è più rischiosa di sostanze legalmente disponibili come tabacco e alcol.
Il fattore decisivo per la riforma è giunto con i referendum tenutisi lo scorso anno in concomitanza con le elezioni europee. Una risicata maggioranza, pari al 51,57% degli elettori sloveni, ha appoggiato la legalizzazione della coltivazione e della detenzione di cannabis per uso personale. Il 66,71% ha votato in favore della legalizzazione della cannabis a scopo terapeutico.
Di conseguenza, a giugno di quest'anno, il Parlamento ha approvato una legge che consente la coltivazione di cannabis per scopi terapeutici se si dispone della rispettiva licenza. Ora, un altro disegno di legge affronta il tema del consumo privato. Le normative previste stabiliscono che gli adulti potranno coltivare
fino a quattro piante di cannabis a persona, ma non più di sei per nucleo familiare. È prevista al contempo una restrizione per gli spazi pubblici: i consumatori potranno portare con sé un massimo di sette grammi.
Il limite di stoccaggio consentito per le abitazioni private è comunque notevolmente generoso: è possibile tenere fino a 150 grammi a persona o 300 grammi per nucleo familiare. Questo pone la Slovenia ben al di sopra dei limiti vigenti in Germania e Malta, fra gli altri, dove è consentita la detenzione di un massimo di 50 grammi. Fumare cannabis in presenza di minori sarà comunque severamente vietato. Anche la vendita di cannabis coltivata in casa rimarrà vietata. Chiunque dovesse regalare piccole quantità agli amici rispetterà comunque i limiti legali previsti dalle normative.
I legislatori prestano particolare attenzione alla sicurezza stradale. Analogamente al limite di alcol nel sangue stabilito per la circolazione stradale, verranno introdotti limiti chiari anche per la cannabis. Tali limiti sono già stati definiti: in futuro, i conducenti in evidente stato di alterazione saranno soggetti a gravose multe, a seconda della concentrazione di THC rilevata nel sangue. Se la concentrazione è fino a tre nanogrammi per milligrammo di sangue, verrà comminata una multa di 300 euro. Per concentrazioni da tre a cinque nanogrammi, la multa salirà a 600 euro, e chiunque superi i cinque nanogrammi rischierà una
LA SLOVENIA PROGETTA DI LEGALIZZARE LA CANNABIS
multa di 1.200 euro. Con questo, la Slovenia invia un messaggio chiaro: la legalizzazione della cannabis non implica libertà totale, bensì che le normative saranno necessarie per tutelare i cittadini. Per quanto concerne la cannabis sul posto di lavoro, il Paese adotta un approccio più liberale rispetto a molti altri. Ai datori di lavoro sarà vietato effettuare test del THC sui dipendenti. La giustificazione addotta è la “tutela dei consumatori”. Finché i dipendenti non si trovano in evidente stato compromesso sul lavoro, non possono essere monitorati o sanzionati per il consumo privato.
Se, come previsto, la legge verrà approvata, potrebbe diventare un segnale per altri Paesi dell'Europa sudorientale e orientale, che finora hanno mantenuto una posizione restrittiva.
Per la Slovenia, costituisce una pietra miliare politica sulla strada verso una politica sociale più liberale. (MB)
Fonti: www.sn.at; www.tageblatt.lu
Pag. 10
Cheese
Potente “Harzer” dal reparto gourmet
Pag. 14
Regime idrico ottimale: la chiave del successo
Pag. 26
Le migliori dritte per coltivare in casa durante l’inverno
Pag. 30
L'arte del Rosin I segreti dei campioni
Pag. 32
Clonex
Ormoni per la radicazione e molto altro ancora
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CANNABIS IN EUROPA
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Resoconto di viaggio
Un’avventura con CANNA, dal laboratorio ai canali di Amsterdam
Durante Spannabis 2025 a Barcellona, CANNA ha offerto ai visitatori dello stand l’opportunità di vincere un viaggio unico nei Paesi Bassi. Il premio principale? Una visita di tre giorni con uno sguardo esclusivo alle strutture di ricerca e produzione di CANNA, conclusa con un soggiorno rilassante ad Amsterdam. Due fortunati vincitori sono partiti dalla Spagna per vivere questa esperienza speciale. Nel corso dei tre giorni hanno scoperto, non solo come CANNA lavora ogni giorno alla ricerca della The Solution for Growth and Bloom, ma anche la cultura, la storia e lo spirito creativo che rendono i Paesi Bassi così unici.
Ecco il resoconto del loro viaggio nel mondo di CANNA.
GIORNO 1 –ARRIVO NEI PAESI BASSI
Il primo giorno è stato dedicato all’arrivo e alla sistemazione. Dopo un breve volo dalla Spagna, i vincitori sono atterrati all’aeroporto di Schiphol e hanno proseguito in treno verso Breda. Lì sono stati accolti calorosamente, accompagnati in hotel e sistemati in una camera confortevole.
La sera hanno cenato in un locale vivace e colorato nel cuore di Breda, conosciuto per i suoi sapori internazionali. Un inizio rilassato e
gustoso per la loro avventura in Olanda. Dopo una prima visita della città e una cena soddisfacente, la giornata si è conclusa con un meritato riposo.
GIORNO 2 –RICERCA, SVILUPPO E PRODUZIONE
In seguito ad una colazione abbondante, la seconda giornata è iniziata con una visita esclusiva al Centro di Ricerca e Sviluppo di CANNA. Gli ospiti hanno avuto modo di entrare da vicino nel mondo della scienza delle piante, dell’innovazione e delle prove di coltivazione. Nei laboratori e nelle sale di coltura, gli specialisti CANNA hanno mostrato come nutrienti, additivi e substrati vengano sviluppati e testati con cura.
Successivamente si è proseguito verso l’impianto di produzione e distribuzione, in cui è apparso chiaro come competenze, tecnologia ed efficienza si fondano in un processo ben organizzato. Nel pomeriggio il viaggio è continuato verso Amsterdam, dove un hotel accog-
liente nel centro città ha offerto il luogo ideale per rilassarsi. La serata è stata l’occasione perfetta per esplorare la città, gustare una buona cena e ricaricarsi dopo una giornata piena di ispirazioni.
GIORNO 3 – AMSTERDAM NELLA SUA ESSENZA
Il terzo giorno si è svolto all´insegna del relax e della scoperta della cultura di Amsterdam. La mattina ha previsto una visita all’Hash Marihuana & Hemp Museum, luogo iconico dove storia, consapevolezza e cultura si incontrano. Dalle corde in canapa all’attivismo, la mostra ha evidenziato quanto questa pianta sia versatile e quanto sia importante il suo impatto sulla società. Un’esperienza speciale ha impegnato il pomeriggio: una gita in barca lungo i celebri canali della città. Il sole splendeva, il clima era ideale e i partecipanti hanno colto anche l´occasione per assaggiare qualche specialità locale... di quelle che rendono Amsterdam DAVVERO Amsterdam. Chi vuole intendere, intenda. La serata è trascorsa godendosi tutto ciò che Amsterdam ha da offrire.
GIORNO 4 –TORNARE A CASA CON UN SORRISO
L’ultimo giorno è passato in tranquillità. Nel pomeriggio, i vincitori hanno preso il treno per l’aeroporto di Schiphol e sono tornati in Spagna, stanchi ma soddisfatti. È stato un viaggio speciale, pieno di ricordi e momenti unici firmati CANNA.
In CANNA crediamo che la vera connessione nasca dall’apertura e dalle esperienze condivise. Ecco perché invitiamo le persone a entrare nel nostro mondo, per mostrare chi siamo e cosa rappresentiamo.
Il modo migliore per conoscere un marchio è viverlo da vicino.
Ogni tanto, offriamo uno sguardo dietro le quinte. Chissà… magari la prossima volta toccherà a te.
Intervista
Di Fabrizio Dentini
La pigmentazione della cannabis: come estrarre le antocianine
Attivo in Catalogna, Cool Bred è un collettivo specializzato nelle estrazioni che negli ultimi anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti: terzo posto rosin Spannabis 2023, primo posto rosin Home Grow cup 2022, primo posto WPFF HOME GROW CUP 2022 Olanda, primo posto rosin Volcanna Lanzarote 2023 e primo posto ice Volcanna Lanzarote 2023. Oggi insieme a Cool parleremo delle antocianine e del loro ruolo nella pigmentazione degli estratti di cannabis tipo Ice-o-later e tipo hash rosin.
Ti presenti ai nostri lettori?
La mia passione per questa pianta sono iniziati nel 2006 quando ho iniziato a coltivarla. Ho studiato e sperimentato germinazione, clonazione, coltivazione idroponica, coltivazione in cocco, terra e supersoil, nonché estrazioni a base di solventi, estrazioni a secco, estrazioni a base di acqua e la creazione di cartucce per vaporizzatori, creme e prodotti commestibili. Nel 2013 mi sono trasferito a Barcellona con l'obiettivo di ampliare conoscenze e competenze.
Attraverso studi, prove e un po' di esperienza, nel 2014 ho iniziato a concentrarmi sull'estrazione del cosiddetto Ice-o-lator (water hash). Recentemente mi sono dedicato anche al breeding. Nel 2019 ho deciso di creare il marchio e il gruppo *CoolBred* , consorzio di produttori che lavorano per offrire prodotti con un rapporto qualità-prezzo coerente ed accessibile a tutti.
Quando parliamo di antocianine a cosa ci riferiamo?
Si tratta di pigmenti vegetali idrosolubili appartenenti alla famiglia dei flavonoidi che sono presenti nella pianta di cannabis a livello di massa vegetale e quindi all'interno delle infiorescenze, ma anche delle foglie.
Come siete arrivati a interessarvi a queste molecole durante i vostri processi di estrazione?
Avendo osservato per molto tempo una macro di fiori provenienti da genetiche di colore violaceo, come ad esempio la Forbidden Fruit (clone molto conosciuto a livello mondiale), abbiamo notato che alcune teste dei tricomi mantengono la medesima colorazione. In un primo momento abbiamo pensato che tale colore potesse derivare esclusivamente da questi tricomi quando estratti con il processo di produzione di Ice-o-lator WPFF [Ndr. Whole plant fresh Frozen] quindi lavorando sulla pianta intera appena tagliata e congelata prima di essiccarla.
Perché eseguire un'estrazione sulla pianta fresca?
L'aspetto positivo di estrarre a partire da una pianta ancora in vita, tagliata e congelata immediatamente, è che i suoi cristalli non hanno avuto il tempo di ossidarsi e quindi manifestano una maggiore espressione in termini, di gusto, effetto e terpeni, ma anche estetici e di pigmentazione.
Quindi cosa avete scoperto?
Questo inverno, nel nostro laboratorio, aprendo la macchina liofilizzatrice, che serve a seccare il materiale vegetale tramite il processo fisico della sublimazione primaria, abbiamo scoperto che nella maglia da 90 micron (contenente principalmente teste di tricomi) restano delle macchie viola che non derivano dai tricomi stessi.
Cosa significa sublimazione primaria e come potete essere sicuri che le macchie viola non derivino dai tricomi?
Una volta congelato il materiale viene posto in una camera di liofilizzazione dove viene applicata una pressione ridotta (vuoto). Sotto queste condizioni, i cristalli di ghiaccio subiscono la sublimazione, passando direttamente
dallo stato solido a quello gassoso senza passare per lo stato liquido. Le antocianine sono contenute nelle foglie e nelle infiorescenze e quindi, essendo idrosolubili, rimangono nell'acqua che nel metodo ice o lator normalmente viene buttata in seguito all'estrazione della resina. Noi abbiamo rifiltrato l'acqua con un filtro da caffè e quello che abbiamo ottenuto è l'acqua contenente i pigmenti.
Una volta seccata l'acqua con la liofilizzatrice restano solo i pigmenti? Questo cosa implica?
In quel momento ho pensato ad un mio grande amico proprietario del marchio Switzerland Pharmacy, che qualche mese prima, aveva estratto le antocianine per poi reintrodurle nel rosin. Lui aveva liofilizzato (seccato a freddo) l’acqua di scarto dell'Ice-o-lator, dopo essere stata filtrata. Il risultato è stato la stessa polvere viola ottenuta anche da noi.
Ed una volta ottenuta questa polvere come avete proceduto?
Abbiamo preso questa polvere viola e l'abbiamo aggiunta al rosin fatto con la Super Buff Cherry cut 26. Negli ultimi anni, il mondo della cannabis ha selezionato vari fiori viola, però la SBC si distingue in quanto, non solo i fiori sono viola, ma anche le sue foglie, e questo significa che possiede un altissimo tasso di antocianine.
L'hash rosin è un Ice-lator pressato a tra i 65/90 e gradi con una pressa da 15 tonnellate che noi utilizziamo con 5 tonnellate di pressione. In questa maniera non solo abbiamo ottenuto un Ice dal colore viola, ma anche l'hash rosin è venuto della stesso colore! Poi in base alle quantità di antocianine che si utilizzano si possono ottenere anche altri colori dal rosa MAJIN BUU di Dragonball fino a un fucsia fluo. Una volta terminato il processo di amalgama, lo abbiamo provato e abbiamo notato che il residuo che rimane sul quarzo del banger della pipa, ossia la sua camera di combustione, si era ormai volatilizzato e che era simile al materiale residuo post combustione di un estratto senza colore aggiunto.
La quantità di antocianine utilizzata nei nostri esperimenti non ha mai superato il 2% quindi la quantità per ogni singola dabbata è davvero pari a un granello di polvere. Ci sarà tanto ancora da scoprire e analizzare nel prossimo futuro… quindi ragazzi stay tuned!!!
Coltivazione
Gerard D.
PERMANENT MARKER DI ADVANCED SEEDS
Se siete appassionati di genetiche con livelli estremi di THC, la Permanent Marker è pensata proprio per voi. Questa varietà offre valori di THC che vanno dal 30% al 34% con una predominanza Indica del 70% e presenta una struttura compatta, resistente ed estremamente ramificata, con distanze internodali ridotte che favoriscono la produzione di fiori densi e ricchi di tricomi.
Ogni cima che ci regala questa genetica è un gioiello pieno di resina, con un profilo terpenico spettacolare che unisce note dolci e vanigliate, con lievi tocchi agrumati e tropicali. Dietro questa esplosione di aromi e sapori si nasconde il vero potere di questa genetica, che unisce elevati livelli di THC e CBD, che possono regalare un effetto cerebrale e fisico intenso, duraturo e profondamente piacevole. Coltivata indoor, è pronta per la raccolta in soli 60-67 giorni; outdoor tra il 15 e il 30 ottobre.
La Permanent Marker è progettata appositamente per coltivatori che hanno una certa esperienza, poiché questa genetica riesce a catalizzare elevati livelli di nutrienti, soprattutto in fase di fioritura. Questa voracità è comunque anche un vantaggio, in quanto sarà quasi impossibile eccedere nella concimazione di questa pianta, il che consentirà di sfruttarne tutto il potenziale produttivo. Nella sua gamma di sfumature possiamo trovare note chimiche, cremose, di limone e di frutti di bosco. I fiori sono piuttosto compatti, di medie dimensioni e ricchi di tricomi chiari, anch’essi di medie dimensioni, ideali per estrazioni meccaniche o con ghiaccio.
L’effetto che regala è veloce, profondo e avvolgente, con una marcata influenza Indica che assicura un’esperienza potente e soddisfacente, sia a livello cerebrale che fisico.
GERMINAZIONE
I semi della Permanent Marker sono molto simili fra loro e hanno un colore piuttosto scuro. Come sempre, abbiamo fatto germinare 3 semi per conservarne alcuni esemplari in caso di necessità o per avere una nuova possibilità di coltivare questa genetica. La germinazione avviene in una piastra di Petri, come di consueto, per preservarla dai patogeni. A 24 ore di distanza dalla germinazione notiamo come i tre semi che abbiamo messo a germogliare si siano aperti. Dopo 72 ore di vita vediamo una vitalità piuttosto marcata nelle piantine, che si fanno strada attraverso il substrato. Come di consueto, utilizziamo una miscela di composti organici a base di guano, epsomite, fosforite, bokashi e cenere, mescolata con un po’ di substrato organico per favorire una buona crescita e la consistenza desiderata per le nostre piante di marijuana.
CRESCITA
Per iniziare questa fase, abbiamo irrigato con uno stimolatore organico radicale, diluito in acqua, applicando circa 250 ml per vaso da 7 litri. Dopo la prima settimana di vita, i cotiledoni hanno raggiunto circa 4 centimetri e prodotto nuove foglie. Come avviene di consueto con questa genetica, il
vigore e la buona salute si notano fin dall’inizio. Nella seconda settimana di vita, decidiamo di sostituire la soluzione radicante con acqua e fertilizzante organico (1 ml di fertilizzante ogni 2 litri d’acqua), ottenendo così una miscela di facile assimilazione, ricca di nutrienti, acidi ed enzimi essenziali per lo sviluppo. Questo è fondamentale, poiché il sistema radicale è ancora in piena formazione.
Una volta che le radici hanno colonizzato meglio il substrato, il passo successivo è quello d’incrementare la dose a 350 ml per pianta e avvicinare la luce LED a circa 50 cm, per stimolare una crescita vigorosa e continua. A questo punto, restano solo le ultime settimane di crescita, ovvero il momento di modificare il fotoperiodo da 18 ore a 12 ore di luce, dando inizio alla fase di fioritura.
FIORITURA
Nelle settimane successive, le piante entrano nel fotoperiodo di 12 ore, e viene effettuata una regolazione della distanza del LED. Questo segna l’inizio della prefioritura, visibile dalla comparsa dei primi segni evidenti, come la formazione iniziale di prefiori e la proliferazione massiccia di pistilli. In questo momento, si cominciano già a percepire lievi sfumature nei fiori che anticipano l’aroma finale di questa genetica. Un altro dettaglio degno di nota, anche se ancora in fase iniziale, è l’abbondante produzione di tricomi: sottili, estremamente chiari e di consistenza appiccicosa.
Mano a mano che la pianta progredisce, i parametri di coltivazione evolvono insieme ad essa. La somministrazione di fosforo e potassio viene incrementata del 10% rispetto a quella iniziale, con l’obiettivo di favorire una fioritura ottimale e aumentare la densità delle cime. Questo adeguamento viene effettuato in risposta ai primi segni,
anche se estremamente lievi, di carenza di alcuni elementi. Si ottengono così fiori che, sebbene non raggiungano dimensioni estreme, sviluppano una consistenza solida e compatta. Nelle ultime due settimane effettuiamo un flushing intensivo delle radici, processo fondamentale per eliminare l’eccesso di sali, fertilizzanti e composti accumulatisi nel substrato. Questa pratica aiuta la pianta a esprimere il suo massimo potenziale nella fase finale della coltura. Durante questa fase si osserva la progressiva ossidazione dei pistilli, che assumono una tonalità ocra, nonché un cambiamento completo nelle sfumature aromatiche, dominate ora da intense note chimiche come solvente e un forte aroma di agrumi come il limone. Va infine sottolineata la durezza e la lucentezza dei fiori: cime di medie dimensioni, ma con una densità eccezionale e pochissimi angoli, il che riflette la qualità e la genetica di questa pianta.
RACCOLTA
Come non poteva essere altrimenti, questa genetica ha soddisfatto le nostre aspettative garantendo la completa fioritura in circa 65 giorni, regalando fiori estremamente densi, appiccicosi e ricchi di tricomi. Questa genetica ha fiori molto densi, carnosi e molto profumati, in cui si possono apprezzare note agrumate come il limone. La raccolta di questa genetica è stata molto semplice, grazie alla struttura compatta delle piante e dei loro fiori, con una media di circa 23 g secchi per pianta. Al momento dell’essiccazione, abbiamo
Seconda settimana di fioritura.
utilizzato una rete di plastica dove poter riporre i nostri fiori in posizione verticale per la prima fase dell’essiccazione. Dopo due settimane appesi alla rete, si nota una lieve decolorazione e una riduzione delle dimensioni dovuta all’evaporazione dell’acqua. Infine, una volta che i fiori hanno raggiunto il punto ottimale di essiccazione, li abbiamo inseriti in barattoli ermetici, affinché le sfumature dei fiori si fissassero e sviluppassero tutte le loro proprietà organolettiche. In essi possiamo apprezzare note di frutti di bosco, un forte odore latteo e un lieve retrogusto acidulo.
Ramificazioni.
Terza settimana di fioritura.
ATAMI SUBSTRATE
Mix di substrati di alta qualità che forniscono la base perfetta per ogni tipo di coltivazione in terreno, cocco o idroponica.
Storia della varietà di Barney’s Farm
Testo e immagini: Green Born Identity - G.B.I.
CHEESE POTENTE
“HARZER” DAL REPARTO GOURMET
Nell’offrire costantemente le ultime tendenze della genetica, Barney’s Farm non solo è al passo con i tempi, ha anche un debole per i classici straordinari fra le varietà di cannabis. Come per esempio la leggendaria Cheese, una selezione speciale della pionieristica varietà Skunk #1. La Cheese ha una storia che risale alla fine degli anni ‘80: negli anni 1988/89, un coltivatore del sud-est dell’Inghilterra ha selezionato un genotipo estremamente particolare da una confezione di semi Skunk #1, che a quanto pare aveva subito una mutazione spontanea. Questa pianta unica ha prodotto cime di dimensioni impressionanti con un aroma dolce e con sentori di formaggio.
È risultata inoltre semplice da clonare. Quel coltivatore ha quindi deciso di conservarla sotto forma di clone femmina e l’ha chiamata “Cheese”. Nel 1995, il gruppo Exodus, una cerchia di coltivatori domestici inglesi, ha messo le mani su un clone di Cheese e lo ha diffuso in tutta l’isola come un incendio, vendendolo poco dopo sotto il nome di Exodus Cheese, alias Original UK Cheese. Ma è stato solo dopo gli anni 2000 che la Cheese ha iniziato a conquistare in modo trionfale tutto il mondo, apprezzata sia dai coltivatori su piccola scala che da quelli su scala commerciale per la sua enorme produttività e la straordinaria qualità in termini di aroma e potenza. Si è affermata come standard presente in quasi tutti i menu dei coffee shop olandesi. La versione Cheese di Barney’s Farm porta queste caratteristiche nel vostro spa-
zio di coltivazione: con una gestione ottimale della coltura è facile ottenere raccolti abbondanti di 600 grammi per metro quadrato, con piante abbondantemente ramificate che spesso maturano già dopo otto settimane di fioritura, o al massimo una settimana più tardi. I fiori densi e pesanti sono ricoperti da abbondanti strati di tricomi, che emanano la tipica fragranza dolce, piccante e leggermente fruttata della Cheese, le cui deliziose qualità aromatiche si ritrovano anche nel gusto. Barney’s Farm paragona giustamente questo sapore al popolare formaggio inglese Cheddar.
Presenti entrambe al 50%, Indica e Sativa si bilanciano geneticamente nella varietà Cheese. Questo comporta una crescita di media altezza, le piante indoor raggiungono spesso i 100-120 cm, mentre outdoor i 150-200 cm. Alla luce naturale, la Cheese matura nella prima o nella seconda settimana di ottobre, il che rende questa varietà un’ottima candidata anche per un balcone, un giardino o una serra. I coltivatori outdoor esperti possono ottenere raccolti favolosi di oltre un chilo secco per pianta. Il potente effetto della Cheese offre un mix estremamente piacevole di rilassamento e miglioramento dell’umore. A seconda del dosaggio, l’effetto può tradursi in un aumento della creatività, maggiore socievolezza o uno stato di rilassamento e sogno.
Le piante di The Doc presentano una forte crescita laterale
Chi altri se non il buon vecchio veterano della coltivazione The Doc poteva esclamare subito “yaaa!” quando un amico gli ha chiesto se voleva due semi di BF Cheese in eccedenza? Ovviamente non è stata la prima varietà Cheese di The Doc, ma essendo un grande fan di Barney’s, era molto curioso di scoprire quanto fosse buona la versione di questa banca di semi. Bada beng, due Cheese femminizzate si sono ritrovate nel terreno e sono germogliate bene. Come previsto, dopo soli tre giorni, le due piantine, ben dritte, hanno iniziato il loro percorso di crescita. The Doc ha programmato per loro la consueta fase vegetativa di tre settimane, durante la quale i due esemplari di Cheese si sono sviluppati in modo compatto e cespuglioso con foglie di colore verde scuro di media larghezza. La tendenza di crescita è stata piuttosto piatta ed espansiva, con una forte crescita laterale. A un’altezza di 22 e 24 cm, The Doc ha innescato la fioritura.
Cime paffute e ricche di tricomi che emanavano una deliziosa e gustosa fragranza
Questo modello di crescita è proseguito nella fase di fioritura. Naturalmente le due Cheese si sono anche allungate verso l’alto, ma hanno continuato ad espandersi in larghezza, facendosi piante enormemente “panciute” con ramificazione laterale estremamente lunga e robusta. Proprio come la cima principale, questi rami sono risultati presto ricoperti da numerosi grappoli di fiori bulbosi che hanno fatto felicemente presagire future cime di grandi dimensioni e di qualità Cheese premium. Ci si aspettava sicuramente abbondanza di resina, dato che sin dall’inizio The Doc aveva notato un bellissimo luccichio argenteo sui calici e sulle foglie zuccherine. È andato tutto secondo i piani anche nella fase successiva, le cime si sono gonfiate diventando voluminose, mentre il tappeto di resina zuccherina che le ricopriva si è fatto sempre più denso. Con il progredire della fioritura, dalle due piante si sprigionava una fragranza tipica di Cheese sempre più intensa, molto familiare a The Doc: “Sì, è proprio questa la fragranza familiare e tanto amata di questa varietà: saporita, speziata, dolce, tradizionale Skunk, che rende un po’ sentimentali i vecchi come me...”.
Alla fine della coltivazione, le cime si erano fatte paffute, dense e ricoperte di cristalli, proprio come si aspettava The Doc: “Visivamente tendenti al lato Indica, queste sono tipiche cime Cheese, grosse e ricoperte da un’abbondante coltre di tricomi. Ovviamente non possono competere con l’elevatissimo livello di resina di numerose varietà della West Coast, aspetto che non è certo un pregio che rivendica questa varietà classica”. Con tempi di fioritura di 58 e 60 giorni, entrambe le piante hanno raggiunto la maturazione nei tempi previsti , raggiungendo un’altezza di 62 e 67 cm rispettivamente.
Barney’s Farm è riuscita a condensare la tradizionale fragranza della Cheese
Quando, quasi un mese dopo, il raccolto di cime accuratamente essiccato e conciato è stato messo sulla bilancia, pesava ben 105 e 113 grammi: proprio come molte altre varietà di Barney’s Farm coltivate in precedenza nella grow room di The Doc, le due piante di Cheese avevano raggiunto una resa a tre cifre. Il risultato finale è stato all’altezza del nome di questa varietà, poiché dopo l’essiccazione il carattere di Cheese è emerso in modo estremamente netto: “Con la sua dolcezza speziata e il sottofondo lievemente acidulo e fruttato, questo odore ricorda in qualche modo il formaggio Cheddar: Barney’s Farm è riuscita a condensare la tradizionale fragranza della Cheese!”.
Oh, così saporito e caldo, che si scioglie come una fonduta di formaggio
“Ok, vaporizziamo questa sorta di formaggio resinoso”, ha dichiarato The Doc quando ha inserito
mezzo grammo di Cheese nel suo vaporizzatore Venty per provare per la prima volta questa classica varietà di Barney’s. La prima grande nube di vapore che si è sprigionata dal Venty nella sua bocca l’ha ricoperta di un intenso aroma dolce con una spiccata piccantezza che è persistita a lungo sul palato. “Oh, è talmente saporito e decisamente corposo, questo è proprio ciò che chiamo gusto old school, davvero delizioso!”, The Doc ha apprezzato appieno il sapore della Cheese di Barney’s. L’effetto è arrivato in poco tempo e ha regalato una piacevole sensazione di calore alla testa e al corpo: “Dopo pochi minuti ho iniziato a sentirmi un po’ morbido e cremoso dappertutto, comodo e felice come in una baita alpina svizzera in inverno, mentre gustavo una fonduta di formaggio vicino a un caminetto acceso, e questa sensazione è durata più di due ore”, ecco come Dockie ha descritto, estremamente soddisfatto, la sua sensazione dopo aver provato la Cheese.
Un capolavoro old school dell’arte della selezione
“Dite Cheese! Barney’s Farm offre ciò che ci si aspetta da una superba varietà Cheese: un potente ‘Harzer’ verde argenteo dal reparto gourmet. E lo si ottiene in grandi quantità dopo tempi di attesa piuttosto brevi. ‘Harzer’ è un noto tipo di formaggio tedesco, e ‘Harz’ significa resina in inglese, quindi penso sia un abbinamento davvero azzeccato... Ancora una volta Barney’s Farm ha dimostrato di padroneggiare l’arte della selezione non solo di varietà di altissimo livello della West Coast, ma anche di varietà old school davvero sublimi!”.
Green Born Identity – G.B.I.
Dati sulla coltura:
Genetica Cheese (Colombiana x Messicana x Afghana)
Fase vegetativa 21 giorni (dopo la germinazione)
Fase di fioritura 58 + 60 giorni / 56-63 giorni in generale
Substrato Bionova Bio Soilmix, vasi da 11 litri
pH 6,3-6,7
EC 1,2–1,6 mS
Illuminazione Fino a 4 x SANlight EVO 5-100, settate al livello 2 di 3
Temperatura 19-27 °C
Umidità 40-60
Irrigazione A mano
Concimazione Bionova Soil Supermix, più PK 13-14 in fase di fioritura
Additivi/stimolatori Bionova Silution, The Missing Link, Vitasol ed X-cel
Strumenti CleanLight Pro per la prevenzione delle muffe
Altezza 62 + 67 cm
Resa 105 + 113 g
SPONSORS: GeneraL SPONSORS:
WHERE CANNAFEST STEPS, THERE WEED IS THE BEST!
Home Growing
Di Dott. Davide Calzolari
INNESTARE PIANTE DI CANNABIS
La tecnica denominata “innesto” è conosciuta da diversi secoli in Europa e gli storici ritengono che abbia avuto origine ai tempi dell’antica Grecia. Questo fenomeno è estremamente raro da osservare in natura, tuttavia esistono alcuni esempi di piante innestate in maniera totalmente autonoma, senza alcun intervento dell’uomo. In ambito agricolo, uno dei casi più noti dei primi utilizzi su larga scala di piante innestate, risale al 1800 quando le piante di vite europea (Vitis vinifera) vennero colpite da una epidemia di fillossera.
Questo insetto parassita è in grado di attaccare facilmente l’apparato radicale, ma non quello fogliare della Vitis vinifera, tanto che portò a rischio d’estinzione i vitigni tipici delle differenti zone europee. Per contrastare il diffondersi della malattia vennero combinati, tramite la tecnica dell’innesto, le radici di vite americana (Vitis labrusca) con i rami della vite europea.
La vite americana è infatti sensibile alla fillossera solo a livello fogliare, mentre le radici sono resistenti. Questo porta ad avere una sorta di pianta chimera, in cui l’apparato radicale (portainnesto) è geneticamente differente dalla parte vegetativa (marza) e riunisce le caratteristiche di resistenza alla fillossera a quelle qualitative dell’uva. Al giorno d’oggi questa tecnica è ormai applicata di routine sugli alberi da frutto, mentre sulle piante erbacee ha iniziato a diffondersi solo negli ultimi decenni.
Dal punto di vista manuale le operazioni per innestare le piante erbacee non sono particolarmente complicate, richiedono però una certa manualità e una buona vista (o una lente di ingrandimento). Se volete provare a cimentarvi nell’innesto potete provare a seguire gli stessi protocolli utilizzati per i pomodori o per le melanzane i cui semi sono economici e facilmente reperibili.
Tra i numerosi benefici che è possibile ottenere tramite l’uso di piante innestate, i più importanti sono:
- aumentare la resistenza ai patogeni - aumentare il vigore e la produttività - migliorare l’adattamento a differenti condizioni climatiche - migliorare l’efficienza di assorbimento di acqua e nutrienti.
Gli effetti generati dipendono in maniera sostanziale dal tipo di combinazione portainnesto/marza e per questo motivo il primo aspetto da considerare è la scelta delle due piante che vogliamo innestare. Le varietà andranno scelte in base alle caratteristiche di ognuna con l’obbiettivo di ottenere almeno uno degli effetti menzionati sopra. Per quanto riguarda piante più diffuse come i pomodori o le melanzane,
sicuramente la possibilità di manipolare i tempi di fioritura. Ottenere una riduzione di 1 o 2 settimane di fioritura senza alterare la qualità o la quantità di prodotto finito, può consentire di ridurre i costi e l’impatto ambientale delle nostre produzioni. Allo stesso tempo (in via del tutto teorica) è possibile alterare piante autofiorenti e mantenerle come piante madri innestate.
In questo ultimo caso le talee prelevate torneranno ad essere autofiorenti una volta radicate. Utilizzare piante innestate come madri può migliorare la qualità e la quantità di talee che è possibile ottenere da una pianta prima che sia necessario ringiovanirla.
Oltre alla resistenza ai patogeni è possibile che specifiche combinazioni di innesti possano produrre caratteristiche nuove nel prodotto finito in termini qualitativi.
sono note determinate combinazioni tra varietà in grado di migliorare la produttività e la resistenza a differenti patogeni. Gli studi relativi all’innesto in piante di Cannabis sono pochi e sono principalmente focalizzati sulla compatibilità tra portainnesti/marze e sulla produttività delle piante. Al contrario di pomodori e melanzane, la possibilità di ottenere piante resistenti a differenti parassiti non è ancora stata indagata in maniera approfondita.
Tuttavia gli studiosi hanno dimostrato che l’innesto di Cannabis si può ottenere anche tra piante molto differenti tra loro, per esempio innestando piante THC su piante CBD o di canapa industriale. Questa scoperta apre un enorme numero di possibili combinazioni, viste e considerate le migliaia di varietà e selezioni presenti al giorno d’oggi.
Nonostante i numerosi benefici dell’utilizzo di questa tecnica, bisogna considerare anche i limiti alla sua applicazione. Le caratteristiche migliorative ottenute nella pianta innestata non sono trasmesse alla progenie, quindi semi e talee ottenuti da piante innestate non riceveranno il contributo genetico fornito dal portainnesto.
Preparare piante innestate richiede più tempo e manodopera rispetto al classico taleaggio o alla germinazione dei semi, basti pensare che per produrre una singola pianta innestata sono necessarie due piante, oltre che un’ulteriore fase di attecchimento e cicatrizzazione del punto di innesto.
Dal momento che effettuare test su larga scala per individuare le migliori combinazioni di
innesti richiede numerose risorse, le ditte semenziere preferiscono dedicarle, giustamente, ai programmi di miglioramento varietale.
Questo non esclude la possibilità che in futuro qualche seed-bank possa sviluppare varietà specifiche da utilizzare come portainnesto. Le potenziali applicazioni degli innesti di Cannabis che rimangono da approfondire sono numerose. Quella più interessante è
In conclusione la tecnica dell’innesto può consentire di ottenere delle piante superiori senza ricorrere necessariamente a programmi di incrocio e selezione lunghi e complessi. Nonostante il costo relativamente più elevato e i tempi di produzione maggiori, le piante innestate potrebbero essere in grado di apportare numerosi benefici alle nostre coltivazioni sia su piccola che su larga scala, a patto che si riescano a identificare, tra tutte le possibili combinazioni, le migliori varietà da usarecome portainnesti.
Un innesto su una pianta di cannabis.
Una metodologia di innesto in un'unica fase può regolare la morfologia dello stelo e aumentare la resa di THCA nella cannabis medicinale.
Rapporto sulla varietà
Stoney Tark
RAPPORTO SULLA COLTIVAZIONE DELLA AMARETTO TARMAC AUTO
Banca dei semi: Seed Stockers
Varietà: Amaretto Tarmac Auto
Genetica: Amaretto Tarmac x Apollo Black Cherry Auto
Dimensioni del vaso: Vaso in tessuto da 30 litri
Substrato di coltivazione: Atami Coco, Atami Worm Delight e compost
Nutrienti: Atami NRG + Bi-Bloombastic (0-8-12)
Ciclo di coltivazione: 13 settimane
Altezza: 98 cm
Ambiente: Outdoor in Spagna
Il seme femminizzato è stato fatto germinare in carta velina e, a distanza di 36 ore, dal seme è spuntato un lungo e soffice germoglio. Poiché coltivo all’aperto in Spagna, userò un piccolo bicchiere di plastica per proteggere la piantina dagli insetti e dal vento. Il seme è stato fatto germinare in un vaso di tessuto da 30 litri riempito con Atami Worm Delight, Atami Coco e compost proveniente dal centro di giardinaggio.
Crescendo, la piantina presentava un aspetto verde sano e uno stelo forte. Ho tolto il bicchiere per consentire alla pianta di ricevere quanta più luce solare possibile. Le piante sono state nutrite con 3 ml per litro di NRG Growth-C, Alga-C e 2 ml per litro di ATAzyme.
Il 21° giorno, la Amaretto Tarmac appariva molto più forte, con uno stelo resistente e le prime foglie spesse al tatto. Ho nebulizzato le piantine due
volte al giorno per mantenere elevati i livelli di umidità e impedire che si seccassero a causa del vento caldo.
Dopo 28 giorni di crescita, ho incrementato i nutrienti a 5 ml/l di NRG Growth-C e Algae-C. La piantina cresceva rapidamente e le sue foglie mostravano una forma e una struttura a predominanza sativa. Ho colto l’occasione per legare la pianta e applicare la tecnica LST.
Il 35° giorno, la Amaretto Tarmac Auto ha riempito il vaso da 30 litri e stava producendo uno stelo molto spesso. Ho continuato a nutrirla con 5 ml per litro e a nebulizzarla due volte al giorno. Riuscivo già a vedere la prima serie di pre-fiori, ho deciso quindi di somministrare alla pianta 3 ml per litro di NRG Flower-C e Bloom-C.
La Amaretto Tarmac stava crescendo da sei settimane e si era fatta cespugliosa, con ogni ramo laterale che presentava quattro internodi di crescita. La struttura e l’aspetto erano robusti, con una forma uniforme e simmetrica dopo l’applicazione della tecnica LST.
Il 49° giorno di crescita, un’incredibile quantità di pilucchi bianchi e piccoli germogli ha iniziato a formarsi su tutta la pianta. La distanza internodale era ridotta e compatta, con un’altezza di 73 cm dalla sommità del vaso. Ho somministrato 3 ml per litro di Flower-C e Bloom-C e ho iniziato ad aggiungere 2 ml per litro di Bi-Bloombastic. Non ci è voluto molto perché i pistilli crescessero lunghi e appuntiti, ricoprendo la pianta dall’alto verso il basso.
Un’abbondante quantità di resina si è formata sulle foglie più piccole e tutti i pistilli iniziavano a produrre cime a forma di lacrima. La Amaretto Tarmac ha raggiunto un’altezza di 87 cm e presentava grandi rami laterali che si facevano spessi come una mazza da baseball. Fino a questo momento, la resa è stata davvero impressionante.
Il 63° giorno, ho smesso di utilizzare gli altri nutrienti e ho somministrato solo Bi-Bloombastic in un rapporto di 5 ml per litro. Le cime stavano diventando difficili da schiacciare e avevano un diametro di circa 6 cm. Ogni sito di gemmazione stava diventando denso e produceva più resina di settimana in settimana. Le cime, viste da vicino, presentavano un aspetto verde chiaro, e le brattee e i calici stavano cominciando a formarsi un giorno dopo l’altro.
L’aroma il 70° giorno potrebbe essere descritto come fruttato, floreale, con una nota terrosa. Quando toccavo le cime, le mie dita rimanevano appiccicose a causa della grande quantità di resina prodotta. Ho continuato a nutrirle solo con Bi-Bloombastic per altre due settimane prima di usare solo acqua per effettuare il flushing del vaso, in modo da produrre cime dal sapore migliore e consentire alla Amaretto Tarmac di dare un’ultima spinta e consumare tutte le sostanze nutritive interne che potrebbe aver trattenuto.
A 11 settimane di distanza, la pianta avava un aspetto magnifico e ogni ramo laterale era pieno
di quelli che sembrano essere germogli giganti a forma di lancia. Anche se la temperatura era di 35 gradi centigradi quasi su base quotidiana, con elevati livelli di umidità, le cime non presentavano segni di stress da calore o muffa.
Ho effettuato il flushing della Amaretto Tarmac usando solo acqua naturale negli ultimi 14 giorni. Durante questo periodo, le brattee e il calice si sono accumulati abbondantemente e si sono fatti rigonfi.
L’altezza finale della pianta risulta essere 94 cm. L’ho raccolta dopo 13 settimane di crescita e l’ho potata a umido in casa per 14 giorni.
Le mie conclusioni sulla coltivazione della Amaretto Tarmac Auto
La resa è incredibile e ogni ramo laterale è pieno zeppo di cime ricoperte di cristalli, con un aroma fruttato, speziato e di ciliegia. Consiglio questa varietà se cercate una varietà autofiorente che richieda poca manutenzione, che non abbia un odore eccessivamente marcato e che produca un raccolto abbondante.
La Amaretto Tarmac una settimana prima della raccolta.
Le cime sono enormi e a forma di lancia su ogni ramo laterale.
Coltivazione
Mr. José info@mrjose.eu
Regime idrico ottimale: la chiave del successo
Il regime idrico è il modo in cui le piante gestiscono l’acqua, sostanzialmente l’equilibrio fra assorbimento e perdita. Se tale equilibrio è corretto, le piante ricevono nutrienti a sufficienza, la fotosintesi procede senza intoppi e le rese migliorano. Diamo un’occhiata più da vicino a come monitorare e ottimizzare il regime idrico.
Ogni coltivatore sa che l’acqua è fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle piante. I coltivatori navigati sanno anche che non è sufficiente controllare solamente se le piante hanno acqua a sufficienza. Per ottenere il miglior raccolto possibile in termini di quantità e qualità, è utile monitorare il regime idrico con molta più attenzione. In questo modo si raccolgono informazioni preziose che sarebbero altrimenti difficili da ottenere.
FUNZIONI DELL’ACQUA NELLA PIANTA
Una pianta di cannabis sana è composta per circa l’80-90% da acqua, che svolge molte funzioni vitali durante l’intero ciclo di vita. In primo luogo, l’acqua assicura il turgore, consentendo alla pianta di mantenere la sua consistenza e la sua forma eretta. Se la pianta perde tale turgore, lo si può notare in poco tempo nell’appassimento delle foglie. L’acqua contribuisce inoltre a regolare la temperatura e funge da mezzo per il trasporto dei nutrienti dal substrato di coltivazione a tutte le parti della pianta. Infine, l’acqua è una componente essenziale del processo di fotosintesi.
La maggior parte dei coltivatori irriga le proprie piante quando è evidente che l’acqua a disposizione è terminata. Questo offre alle piante condizioni accettabili e riduce il rischio di un’irrigazione eccessiva. Non assicura però il massimo assorbimento dei nutrienti o un’attività fotosintetica ottimale. D’altro canto, irrigare con eccessiva frequenza o in modo troppo abbondante, senza garantire una quantità sufficiente di ossigeno nella zona radicale, è di gran lunga peggio e costituisce uno degli errori più diffusi. Considerando il ruolo fondamentale che l’acqua svolge nella vita di una pianta, il suo consumo dovrebbe essere monitorato con molta attenzione.
REGIME IDRICO E FOTOSINTESI Il consumo di acqua è collegato direttamente al tasso di fotosintesi. Poiché misurare il tasso fotosintetico è piuttosto complesso e richiede attrezzature avanzate per monitorare l’assorbimento di CO2, tenere sotto controllo il consumo di acqua è un’ottima strategia per determinare se la fotosintesi sta procedendo come previsto.
L’acqua entra nella pianta attraverso le radici, viaggia attraverso il sistema vascolare e raggiunge tutti i tessuti. Insieme all’acqua, i nutrienti disciolti in essa vengono trasportati in ogni parte della pianta. Affinché nuova acqua e nuovi nutrienti possano entrare, l’acqua precedentemente assorbita deve lasciare la pianta. Questo avviene attraverso la traspirazione, il processo mediante il quale l’acqua viene rilasciata dagli stomi, piccole aperture situate principalmente sulla parte inferiore delle foglie. In questo modo, l’acqua esce dalla
pianta sotto forma di vapore e aumenta l’umidità nell’ambiente circostante. Al contempo, gli stomi consentono lo scambio gassoso, il che consente l’ingresso dell’anidride carbonica e il rilascio dell’ossigeno prodotto dalla fotosintesi. Il movimento dell’acqua dalle radici agli stomi è chiamato flusso di traspirazione. La sua velocità
può essere regolata dalla pianta attraverso l’apertura e la chiusura degli stomi. Un vantaggio importante è che l’assorbimento dell’acqua non richiede praticamente alcuna energia. Una volta che gli stomi si aprono, l’evaporazione dell’acqua dalle foglie crea una pressione negativa nel tessuto vascolare, che attira una quantità equivalente
di acqua dalla zona radicale, a condizione che ce ne sia a sufficienza. Da ciò risulta chiaro che la velocità del flusso di traspirazione incide significativamente sull’assorbimento dei nutrienti, poiché è il flusso d’acqua a trasportarli dalla zona radicale alle parti aeree della pianta. Allo stesso tempo, l’apertura degli stomi determina la quantità di anidride carbonica che può entrare nelle foglie. Se gli stomi sono chiusi, sia l’assorbimento di CO2, sia la traspirazione risultano notevolmente ridotti, il che rallenta la fotosintesi. Il ritmo del flusso di traspirazione determina quindi non solo il consumo di acqua, ma anche, in modo indiretto, l’efficienza della fotosintesi e la crescita complessiva della pianta.
CONSUMO IDRICO OTTIMALE
Ora che sappiamo che il consumo di acqua può indicare se la fotosintesi si sta svolgendo in modo corretto o meno, è utile avere un punto di riferimento per la quantità ottimale di acqua consumata per metro quadrato in 24 ore. Naturalmente, il consumo varia a seconda della fase di crescita, ma per le piante mature esposte a illuminazione intensa e condizioni adeguate, l’intervallo ottimale si ritiene essere fra gli 8 e i 12 litri/m²/ giorno. Nella fase vegetativa, il consumo di acqua è in genere inferiore, di circa 3-6 L/m²/giorno.
Questi valori devono essere considerati principalmente come linee guida. Anche con un consumo inferiore o superiore, è comunque possibile creare condizioni favorevoli per le piante. Personalmente, ho trovato questi parametri di riferimento molto utili per ottimizzare le pratiche di coltivazione e per pianificare la capacità di ventilazione nella progettazione di spazi di coltivazione più piccoli.
Ormai sapete già come le piante possono regolare autonomamente la velocità del flusso di traspirazione e, di conseguenza, il consumo d’acqua. Ma cosa fare se notate che le vostre piante utilizzano troppa poca acqua o, al contrario, ne consumano più del previsto?
PRENDETE IL CONTROLLO DEL FLUSSO DI TRASPIRAZIONE
Sebbene la fotosintesi sia un processo estremamente complesso, esiste un “punto di controllo” che funge sia da freno che da acceleratore: gli stomi. Una volta compreso il loro funzionamento, avrete nelle vostre mani gran parte della crescita delle piante. Gli stomi si aprono soprattutto per consentire l’assorbimento di anidride carbonica, ma allo stesso tempo la traspirazione aiuta le piante a mantenere una temperatura ottimale. Per mantenere il flusso di traspirazione, è necessario garantire la giusta temperatura dell’aria e delle foglie.
I moderni dispositivi a LED non dispongono della porzione di spettro infrarosso che riscaldava la superficie fogliare sotto le lampade HPS, ad alogenuri metallici o al plasma. Mentre le vecchie fonti di luce irradiavano gran parte del calore direttamente verso le piante, i LED accumulano
Nei sistemi idroponici, il consumo di acqua è in genere più elevato rispetto a quanto non avvenga nella coltivazione in terra.
Quasi tutti i coltivatori apprezzano una buona resa e un elevato grado di qualità.
il calore soprattutto al di sopra di esse. Questo rende fondamentale una corretta circolazione dell’aria, che contribuisce a riscaldare le foglie portandole alla temperatura ideale, ad aprire gli stomi e a consentire sia il flusso d’acqua che l’assorbimento di CO2 Un altro fattore chiave è l’umidità relativa. Se è eccessivamente elevata, la traspirazione rallenta perché il vapore acqueo viene rilasciato più lentamente nell’aria umida. In generale, il flusso di traspirazione è più veloce in un ambiente caldo e secco rispetto a quanto non avvenga in uno spazio fresco e umido. Se quindi la traspirazione appare lenta con temperature diurne comprese tra 24 e 28°C, provate ad abbassare l’umidità relativa e incrementatela se necessario in condizioni più secche. I grafici VPD (Vapor Pressure Deficit) raccomandati possono essere una guida utile, poiché accorpano umidità e temperatura in un unico valore. Tenete presente, tuttavia, che la temperatura della coltura stessa è importante tanto quanto la temperatura dell’aria. In pratica, il monitoraggio del consumo d’acqua è spesso un indicatore più affidabile, poiché misurare la temperatura delle foglie non sempre è facile o preciso. Quando regolate l’umidità, apportate modifiche graduali, abbassandola per esempio di 5 punti percentuali, e osservate la differenza nel consumo d’acqua nelle 24-48 ore successive.
Infine, non dimenticate che anche l’energia luminosa e l’anidride carbonica sono fattori fondamentali per la fotosintesi. Anche se riuscite a ottimizzare la traspirazione e l’assorbimento dei nutrienti attraverso la temperatura, l’umidità e l’irrigazione, tutto questo non avrà grande efficacia senza un apporto sufficiente di luce e di CO2. Le
piante in fiore mature dovrebbero ricevere 30-40 DLI (che, con un fotoperiodo di 12 ore, corrispondono a circa 700-1000 µmol/m²/s PPFD), e la concentrazione di CO2 non dovrebbe scendere al di sotto di 700 ppm. Idealmente, i livelli di CO2 dovrebbero essere proporzionali all’intensità della luce. Se questi valori non vi dicono nulla, vi consigliamo di consultare alcuni dei nostri articoli precedenti per avere maggiori dettagli.
QUANDO LA TRASPIRAZIONE È LENTA
I coltivatori autosufficienti non si concentrano necessariamente su efficienza e resa massime. Sono in genere più interessati a ottenere la massima qualità possibile con un investimento minimo in attrezzature e costi di gestione. È quindi naturale che in condizioni di minore intensità luminosa o temperature dell’aria più basse, il consumo di acqua sia di gran lunga inferiore ai valori menzionati in precedenza in questo articolo.
In questi casi, tuttavia, le piante potrebbero non ricevere abbastanza nutrienti e iniziare a mostrare i rispettivi sintomi. Le foglie potrebbero cambiare colore (ingiallimento, clorosi internervale o pallore generale), la crescita e la fioritura potrebbero rallentare e le piante nel loro complesso perderebbero vitalità. Il primo passo è quello d’individuare correttamente il problema ed escludere altre possibili cause, quali parassiti, malattie o un ambiente inadatto nella zona radicale (pH errato, mancanza di ossigeno o concimazione eccessiva).
Quando il flusso di traspirazione rallenta, la pianta riesce ovviamente a trarre meno nutrienti. La soluzione è quella d’incrementare la concen-
La traspirazione inizia da radici sane. Apportate ossigeno a sufficienza.
trazione di nutrienti nel substrato di coltivazione o nell’acqua d’irrigazione. È semplice: le piante ricevono i nutrienti disciolti nell’acqua. Se consumano meno acqua, assorbono anche meno nutrienti. Per apportare la stessa quantità di nutrienti in un volume d’acqua minore, è necessario aumentarne la concentrazione.
Tenete presente, tuttavia, che le piante sono estremamente sensibili alla nutrizione e che una concimazione eccessiva può talvolta avere
conseguenze peggiori di una concimazione insufficiente. Aumentate le concentrazioni in modo graduale, del 20% circa per esempio, e osservate con attenzione come reagiscono le piante.
Assicuratevi inoltre che le piante stiano effettivamente consumando i nutrienti a loro disposizione. Un modo semplice per verificarlo è misurare regolarmente la conducibilità elettrica (EC) del deflusso dal substrato di coltivazione.
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LA SICUREZZA NELLE COLTIVAZIONI DI MARIJUANA
La sicurezza nelle coltivazioni di cannabis è un tema poco affrontato dai growers e su molti manuali di coltivazione non c'è neanche una traccia che tratti l'argomento ma nei miei vent'anni di esperienza in questo settore ho visto con i miei occhi e sentito tantissime storie con un un unico denominatore in comune, disastri.
Appartamenti completamente allagati, capannoni distrutti da violenti incendi, scosse elettriche letali, danni provocati da sostanze chimiche corrosive e malattie respiratorie fanno parte di un lungo elenco dei pericoli in cui possiamo imbatterci durante la coltivazione di marijuana, per non parlare dei danni collaterali, primo tra tutti il chiamare l'attenzione del principale nemico ovvero la polizia. Può darsi che vi stiate spaventando con questa introduzione e ripensando sul vostro futuro da growers ma seguendo alcune regole e con piccoli accorgimenti tutti questi rischi possono essere facilmente evitati. Vediamo quali sono gli aspetti fondamentali per coltivare in sicurezza, analizzandogli uno ad uno.
IMPIANTO ELETTRICO
L'elettricità rappresenta uno degli elementi di maggior pericolo e per questo motivo deve essere adeguatamente gestita. I rischi connessi all'elettricità vanno dalla folgorazione all'incendio. Una norma basilare ma importantissima è quella di tenere l'elettricità il più distante possibile dall'acqua, per prevenirne il contatto l'impianto elettrico deve essere installato nelle zone più alte pertinenti la growroom e quello idrico invece collocato più in basso.
L'installazione elettrica deve essere adeguata alla potenza assorbita dalla growroom; cavi elettrici, interruttori magnetotermici e differenziali, prese elettriche e morsetti di connessione devono essere tutti della giusta portata. Il primo passo da fare è di calcolare il consumo dell'attrezzatura utilizzata per coltivare per poter stabilire quali sono i componenti dell'impianto elettrico più idonei e non sovraccaricarlo. Prendiamo in esempio una growroom costituita da 4 lampade da 600 watt, aria condizionata, deumidificatore, estrattore d'aria e ventilatori, il suo assorbimento di elettricità totale è di circa 4000 watt ovvero poco più di 17 ampere. In questo caso è necessario installare un interruttore magnetotermico generale e
un differenziale da 25A, leggermente superiori alla potenza reale assorbita. Un magnetotermico di potenza inferiore salterebbe in continuazione.
Uno dei componenti più indispensabili per la sicurezza è il differenziale, conosciuto con il nome di Salvavita, è un interruttore in grado di rilevare quantità minime di dispersione di corrente e all'occorrenza saltare interrompendo il flusso di elettricità. I differenziali con sensibilità di 10mA sono adeguati per le aree considerate più a rischio per la presenza di acqua.
I modelli da 30mA sono impiegati per la protezione umana di tutte le altre aree. Un sistema di sicurezza imprescindibile in un impianto elettrico è la messa a terra, garantisce una protezione maggiore per le persone e le attrezzature. Anche i cavi elettrici devono essere della giusta portata per sopportare senza sforzi il passaggio della corrente elettrica, ad esempio un cavo da 4mm² è in grado di sopportare tranquillamente fino a 25A. Un consiglio è quello di utilizzare cavi elettrici unipolari e ignifughi; il materiale ignifugo non si incendia direttamente ma tende a sciogliersi. Prestare attenzione anche alla lunghezza dei cavi utilizzati, le matasse di filo elettrico ancora
avvolte si possono convertire in dei pericolosi trasformatori di corrente. Una delle maggiori cause di incendio di una growroom sono le viti allentate dei morsetti di connessione; per vari motivi le viti si allentano con il tempo generando in quei punti di passaggio della corrente elettrica delle grandi dispersioni di calore fino a sciogliere le parti interessate e nel peggiore dei casi provocando dei veri e propri incendi. Una buona pratica è quella di revisionare periodicamente l'intero impianto elettrico. Evitare di eseguire installazioni frettolose e soprattutto non improvvisatevi elettricisti.
ACQUA
Il rischio di allagare il tuo appartamento insieme a quello dei vicini è molto alto soprattutto quando si utilizza una pompa per l'osmosi inversa. L'acqua non ha ostacoli, penetra dappertutto, anche dove apparentemente non c'è una via da percorrere. La pompa osmosi emette pochi litri al minuto di acqua e ha bisogno di
Tabella sui rischi della CO2.
Quadro elettrico.
stare in funzionamento varie ore per produrre il fabbisogno d'acqua di una coltivazione e i casi di dimenticarla in funzione quando si esce di casa non sono rari. Installare una valvola di chiusura dell'acqua dotata di un galleggiante, simile a quella utilizzata per lo scarico dei water, è molto utile per prevenire gli allagamenti. Un ulteriore dispositivo di sicurezza è il troppo pieno che permette di evacuare l'acqua in eccesso dal deposito di raccolta dirottandola in uno scarico.
Fate attenzione ad eventuali cavi esposti all'umidità, potrebbe condensarsi sui cavi e gocciolare lungo il suo percorso fino a penetrare
La pulizia periodica dei motori e dei condotti d'aria insieme all'impiego di estrattori costruiti con materiale ignifugo diminuisce drasticamente questi rischi. I filtri ai carboni attivi sono avvolti da una spugna che trattiene la maggior parte della polvere, al termine di ogni ciclo deve essere rimossa e lavata in lavatrice oppure sostituita completamente. Questi accorgimenti sono indispensabili per mantenere un ambiente di lavoro sano e pulito. CO2
Il miglior sistema per arricchire la growroom con anidride carbonica è il kit costituito da
I RISCHI CONNESSI ALL'ELETTRICITÀ VANNO DALLA FOLGORAZIONE ALL'INCENDIO
correttamente. Una soluzione per prevenire possibili fughe di gas è l'installazione di un rilevatore di co2 che si attiva solo quando la concentrazione di gas supera il limite di sicurezza preimpostato collegato ad un estrattore per evacuare l'aria e ad un sistema di allarme che ti avvisa sul telefono del problema in corso.
I BRUCIATORI UTILIZZATI PER PRODURRE CO2 SONO ALIMENTATI DA GAS BUTANO
nelle connessioni elettriche. I rischi associati con la gestione dell'acqua sono l'allagamento e il contatto con l'elettricità.
ARIA CONDIZIONATA
Le unità di climatizzazione hanno bisogno di una revisione ad ogni ciclo di coltivazione, i filtri posti all'interno accumulano tantissima polvere e materiale organico, l'esposizione prolungata può risultare pregiudizievole per la salute. Inoltre influenza il funzionamento dell'aria condizionata limitandone le prestazioni.
FILTRO ED ESTRATTORE
La polvere che si accumula all'interno degli estrattori d'aria è un materiale infiammabile e se si surriscalda può prendere fuoco, sebbene sia raro posso assicurarvi che può succedere.
bombola, erogatore con elettrovalvola, sonda e controller. È il sistema più efficiente e sicuro. Il gas contenuto nelle bombole non è infiammabile al contrario dei bruciatori utilizzati per produrre co2 che sono alimentati da gas butano o propano altamente infiammabili. Un'altro aspetto negativo dei bruciatori è la costante presenza di una fiamma, inoltre in determinate condizioni potrebbero rilasciare in forma gassosa dei sottoprodotti nocivi per gli umani come il monossido di carbonio e biossido di azoto. Il colore della fiamma è un ottimo indicatore del suo corretto funzionamento.
La co2 non è un gas infiammabile ma può essere letale ad elevate concentrazioni, per questo motivo è importante installare il controller fuori dalla growroom per poterlo monitorare facilmente prima di accedere alla coltivazione e assicurarsi che tutto funzioni
I dispositivi di protezione individuale sono attrezzature e indumenti per la sicurezza dei lavoratori. Gli occhiali sono uno strumento indispensabile per la protezione degli occhi dalla continua esposizione alla luce artificiale che caratterizza le coltivazioni di marijuana
indoor e da possibili incidenti con sostanze chimiche corrosive. Personalmente ho avuto più di una brutta esperienza, per fortuna tutte finite bene. Per una protezione completa utilizzare occhiali appositamente sviluppati per la coltivazione indoor.
Quando si eseguono i trattamenti fogliari è consigliato impiegare una mascherina per la protezione delle vie respiratorie di tipo ABEK, specifica per prodotti fitosanitari. Il clima di illegalità che caratterizza molti paesi induce i growers di marijuana a tralasciare problemi come l'oidio ed altre malattie fungine ma che in realtà rappresentano un grande pericolo per la salute. Anche le altre parti del corpo come mani e braccia andrebbero coperte con dei guanti di gomma soprattutto quando si manipolano sostanze chimiche e durante l'esecuzione dei trattamenti fogliari.
STRETCHING
I growers più anziani sono consapevoli dell'importanza della forma fisica, molti dei lavori all'interno delle coltivazioni includono sforzi di tipo fisico spesso eseguiti in maniera scorretta, il sollevamento di pesi di vario genere, l'assunzione di posizioni scomode o poco corrette e il lavoro ripetitivo come nel caso del trimming, tutte operazioni all'ordine del giorno che influenzano lo stato di salute. Eseguire alcuni esercizi di stretching prima di iniziare con i lavori aiuta a mantenersi in forma.
PREVENZIONE INCENDI
L'estintore è uno strumento imprescindibile per la sicurezza, assicurarsi di averne sempre uno carico e funzionante. Per le coltivazioni di marijuana indoor è consigliato l'impiego di estintori con anidride carbonica, adatti in presenza di corrente elettrica.
Un rilevatore di fumo connesso al proprio telefono è indispensabile per la prevenzione. L'installazione di porte e pareti ignifughe aiutano e limitare la propagazione di eventuali incendi. Per le situazioni più estreme un piano di fuga potrebbe tornare molto utile.
Ogni aspirante grower prima di iniziare a coltivare dovrebbe conoscere delle norme basiche come quelle su descritte ed avere una certa dose di consapevolezza di quello che sta facendo, ciò vale anche per i growers che hanno alle spalle molti chilogrammi di marijuana prodotti.
CLONE LEGEND
Molti anni fa alcuni amici alle prime armi con le piante di marijuana senza volerlo avevano sperimentato alcune ore di cecità completa causata dall'ingestione accidentale di un gel utilizzato per la propagazione delle talee. Mentre i ragazzi erano intenti a preparare le talee a mani nude, continuavano a passarsi il joint e fumacchiare. Peccato che ad ogni tiro corrispondeva una piccola dose di gel depositata sulle dita. Pensate sia una leggenda?
Galleggiante per pompa osmosi.
DPI
Mammut di connessione.
Coltiva con Stoney Tark
Di Stoney Tark
GUIDA PER PRINCIPIANTI ALLE TENDE PER LA COLTIVAZIONE DELLA CANNABIS
Se siete alle prime armi nella coltivazione indoor della cannabis, uno dei modi più semplici e pratici per iniziare è quello di usare una tenda da coltivazione. Realizzate in mylar riflettente con esterno nero, le tende da coltivazione possono essere montate in breve tempo e si trovano in commercio in varie forme e dimensioni.
In questo articolo spiegherò tutto ciò che c’è da sapere sulle tende da coltivazione, comprese le attrezzature da posizionare al loro interno, il numero di piante che è possibile coltivarvi e i fattori ambientali ottimali.
• Con le tende è possibile controllare facilmente l’ambiente di coltivazione.
Le tende sono ideali per piantine, cloni o per essiccare le cime di cannabis.
È possibile farsi consegnare le tende direttamente a casa.
Vi risparmiano la fatica di convertire una stanza e praticare fori nelle pareti e nei soffitti.
• Possono essere collocate all’interno di una camera da letto e rimanere ben nascoste.
QUALI SONO LE ATTREZZATURE NECESSARIE ALL’INTERNO DI UNA TENDA DA COLTIVAZIONE?
I VANTAGGI DELL’UTILIZZO DI UNA TENDA DA COLTIVAZIONE INDOOR
Se si valutano le opzioni disponibili per uno spazio di coltivazione indoor, in genere si ha la possibilità di convertire una camera da letto libera, una cantina o una soffitta, utilizzare un armadio per i vestiti o acquistare una tenda da coltivazione.
La conversione delle camere può essere onerosa, richiedere molto tempo e, se la casa o l’appartamento non sono di vostra proprietà, può essere rischiosa, in quanto potrebbe potenzialmente causare danni alle pareti e ai soffitti. Di seguito è riportato un elenco di tutti i vantaggi dell’uso di una tenda da coltivazione.
• Le tende da coltivazione possono essere montate o smontate in 20 minuti.
• Offrono un interno a prova di luce, migliorando l’intensità luminosa.
• L’installazione di aspiratori e filtri al carbone è semplice.
• Hanno un esterno nero, il che assicura discrezione.
• Le tende da coltivazione sono disponibili in varie dimensioni.
Una volta montata la tenda da coltivazione, noterete che nella parte superiore e inferiore sono presenti delle aperture progettate per l’attrezzatura. Di seguito è riportata tutta l’attrezzatura necessaria per iniziare a coltivare.
SISTEMA DI ASPIRAZIONE
L’estrattore è il ventilatore che aspira l’aria dalla tenda da coltivazione e la espelle dalla parte superiore. Sarà collegato al filtro al carbone tramite un condotto in alluminio ed è progettato per essere appeso alla parte superiore della tenda.
FILTRO AL CARBONE
Il filtro al carbone ripulisce l’aria all’interno della tenda e, quando viene espulsa tramite l’aspiratore, la purifica, rendendola priva di carbonio ed eliminando eventuali odori indesiderati.
CONDOTTI IN ALLUMINIO
I condotti servono a creare un collegamento ermetico tra le varie apparecchiature. Si trovano in diverse dimensioni a seconda della grandezza dell’aspiratore, del filtro al carbone e del ventilatore in linea.
LUCE DA COLTIVAZIONE
La lampada da coltivazione sarà in genere una LED, HPS o MH e dovrà essere appesa al centro della tenda da coltivazione, idealmente a 60 cm di distanza dalla punta delle piante. La lampada da coltivazione dovrà essere fissata saldamente alla parte superiore della tenda utilizzando catene e ganci metallici.
CATENE E GANCI
Una soluzione robusta, sicura e affidabile per appendere in modo sicuro le vostre attrezzature per la coltivazione. Le lampade per la coltivazione possono essere regolate in altezza mediante catene e ganci metallici.
VENTILATORI OSCILLANTI
I ventilatori oscillanti sono il modo migliore per produrre corrente d’aria fresca e possono essere posizionati sul fondo della tenda o fissati ai pali della tenda mediante un attacco a clip.
IGROMETRO
Dispositivo digitale che deve essere posizionato all’interno della tenda da coltivazione, in modo da poter visualizzare i livelli di temperatura e umidità presenti.
QUANTE PIANTE POSSONO ESSERE POSIZIONATE ALL’INTERNO DI UNA TENDA DA COLTIVAZIONE?
Il numero di piante che è possibile inserire all’interno della tenda da coltivazione dipenderà dalle dimensioni della tenda. Di seguito trovate un’indicazione che mostra il numero ottimale di piante.
LIVELLI CORRETTI DI TEMPERATURA E UMIDITÀ
Le piante di cannabis richiedono temperature e livelli di umidità diversi nelle varie fasi di crescita. Di seguito trovate le impostazioni ambientali corrette da seguire.
• 24 gradi centigradi e 70% di umidità relativa durante la fase di semina (18/6) 24 gradi centigradi e 70% di umidità relativa durante la fase vegetativa (18/6) 22-24 gradi centigradi e 50% di umidità relati va durante la fase di fioritura (12/12) 22 gradi centigradi e 40-50% di umidità relati va durante la fioritura tardiva (12/12)
LE MIE CONSIDERAZIONI FINALI
Le tende da coltivazione sono il modo più semplice per iniziare a coltivare indoor. Sono discrete, facili da installare, facili da pulire e offrono un ambiente di coltivazione ermetico e a prova di luce. Potrete così evitare di dover convertire una camera da letto, una soffitta o una cantina e saranno facilmente smontabili in caso di emergenza.
Assicuratevi di appendere saldamente tutte le vostre attrezzature e impedite alle fonti di luce esterne di entrare nella tenda una volta spente le luci.
Mantenete la tenda da coltivazione in ordine e lavatela sempre accuratamente con candeggina dopo ogni raccolto.
Questa tenda di grandi dimensioni può contenere 2 lampade LED per la coltivazione.
Coltiva con Sweet Seeds
Di Tommy G. / Foto: Jaypp e Sweet Seeds
Permanent Jealousy XL Auto® GUSTOSA, POTENTE E RESINOSA
Il prestigioso catalogo di Sweet Seeds® continua ad arricchirsi di nuove varietà che si distinguono per la loro qualità genetica e la complessità aromatica. Oggi daremo uno sguardo da vicino a una delle novità più interessanti del 2025: la Permanent Jealousy XL Auto®(SWS115), una varietà autofiorente di settima generazione destinata a conquistare gli appassionati di ibridi moderni, terpeni potenti ed estratti di qualità elevata.
Genetica d’élite con pedigree pluripremiato
Dietro la personalità unica della Permanent Jealousy XL Auto® si nasconde una potente combinazione genetica. Da un lato abbiamo il clone d’élite della Permanent Marker, una varietà di spicco del panorama della cannabis statunitense, nata dall’incrocio [(Biscotti x Jealousy) x Sherb Bx1]. Questa pianta ha affascinato coltivatori e artisti dell’estrazione con il suo profilo aromatico complesso e le sue cime extra resinose, vincendo il premio “Varietà dell’anno”
nel 2022 (High
dolci e terrose, potenti sentori di Sour Diesel e impressionanti rese XL. Il risultato finale eredita il meglio da entrambi i progenitori: una moderna varietà autofiorente che si distingue per l’intensità dei terpeni, la struttura equilibrata e
la capacità di produrre fiori di elevata qualità in sole 8 settimane dalla germinazione.
La dolcezza degli agrumi incontra Diesel e menta: un cocktail di terpeni con personalità
La complessità aromatica della Permanent Jealousy XL Auto® è una delle sue principali attrattive. Le sue cime rilasciano una fragranza intensa e stratificata, che fonde la freschezza agrumata e mentolata della Permanent Marker con le note terrose e Sour Diesel della Jealousy Z XL Auto®. Il risultato è un profilo terpenico che delizia il palato con accenti dolci, aciduli e leggermente legnosi, il tutto avvolto da un finale cremoso e persistente.
Questi ricchi aromi arrivano intatti nei concentrati vaporizzati, dove i terpeni più volatili risplendono con tutta la loro forza. Questa varietà autofiorente della collezione genetica di Sweet Seeds® è una delizia per gli amanti delle estrazioni saporite, che offre un’esperienza sensoriale che persiste a lungo dopo l’ultimo tiro e regala un gusto fresco e piccante che invita a un altro dab.
Effetto equilibrato: lucidità creativa con una base calma
Con livelli di THC che possono raggiungere il 28%, la Permanent Jealousy XL Auto® non è adatta ai deboli di cuore. Ma il suo effetto è sorprendentemente ben equilibrato, grazie ai cannabinoidi e ai terpeni accuratamente selezionati. Questa varietà offre un effetto gioioso e creativo, accompagnato da un senso di calma concentrazione, ideale per rimanere attivi e produttivi.
Chi la prova parla di un effetto mentale stimolante che aumenta la creatività e l’interazione sociale, unito a un lieve rilassamento fisico che non appesantisce mai. È il tipo di varietà che solleva il morale e fa sorridere, sia che si sia immersi in un progetto creativo, sia che ci si stia semplicemente godendo un momento piacevole con gli amici.
Crescita robusta e rese straordinarie Questa varietà fa parte della linea XL di Sweet Seeds®, che assicura prestazioni extra-large in formato autofiorente. In condizioni di coltivazione ideali, le piante possono produrre tra i 400 e i 500 grammi per metro quadrato indoor, mentre i coltivatori outdoor possono attendersi dai 50 ai 150 grammi per pianta.
La struttura delle piante riflette la predominanza Indica al 63,2%: steli robusti, spazi internodali ridotti e abbondante ramificazione laterale che supporta cime dense e pesanti. L’altezza varia tra i 40 e i 120 cm. Anche la morfologia dei fiori è degna di nota: compatti, appiccicosi e ricchi di tricomi. Di recente ho avuto la possibilità di testare la Permanent Jealousy XL Auto®
indoor sotto illuminazione LED, utilizzando substrato di cocco e un programma di concimazione minerale, arricchito con microorganismi ed enzimi volti a stimolare la vitalità delle radici. Le piante si sono sviluppate in brevissimo tempo e hanno mostrato un vigore eccezionale.
Il sogno di ogni produttore di concentrati
Più avanti, durante la fioritura delle piante, appariva già evidente come le cime di questa varietà fossero perfette per l’estrazione. Dopo aver raccolto le piante, ho deciso di mettere da parte circa il 25% delle cime per la produzione di bubble hash utilizzando sacchetti bubble nella gamma da 73 a 120 µm, con risultati eccezionali.
Queste prestazioni straordinarie derivano dalla morfologia della sua resina, caratterizzata da tricomi dalla testa grande che si separano in modo pulito e facile dalla materia vegetale, il che rende questa varietà ideale per gli appassionati di estratti senza solventi. Sia che si vogliano riempire i barattoli con resina grassa viva o semplicemente raccogliere dry sift di alta qualità, questa perla offre la qualità e la quantità che sogna ogni estrattore di cannabis.
Siate fra i primi a coltivare una futura leggenda
Sebbene sia stata lanciata solo nel febbraio 2025, la Permanent Jealousy XL Auto® ha già conquistato la fiducia di molti coltivatori di cannabis e ha tutte le carte in regola per diventare un classico. La sua linea genetica pluripremiata, il profilo aromatico eccezionale, l’effetto potente e il potenziale di estrazione la rendono una delle autofiorenti più complete del catalogo di Sweet Seeds®. Se vi piacciono le varietà autofiorenti moderne che non scendono a compromessi in termini di aroma, potenza o resina, questa varietà merita un posto nella vostra prossima coltivazione.
Times) e nel 2023 (Leafly).
Dall’altro lato, i selezionatori di Sweet Seeds® hanno scelto come base genetica una linea genetica selezionata della loro squisita Jealousy
Storia della cannabis
Testo e immagini: Derrick Bergman
WERNARD BRUINING „THE POTFATHER“
Primo coffee shop, primo grow shop e
fondatore di Soft Secrets!
Il suo nome è indissolubilmente legato al Mellow Yellow, il primo vero coffee shop di Amsterdam, che ha aperto con alcuni amici intimi nel 1972. Ma Wernard Bruining ha anche contribuito a dare il via alla rivoluzione della cannabis, ha aperto il primo grow shop in Europa ed è stato pioniere nell’utilizzo dell’olio di CBD a scopo terapeutico. E come se tutto questo non bastasse in una sola vita, negli anni ’80 Wernard ha fondato Soft Secrets, la rivista del suo grow shop. In occasione del 40° anniversario di Soft Secrets, abbiamo realizzato un ritratto di questa leggenda vivente del panorama della cannabis europea, un vero e proprio hippie che non ama il lavoro duro e il commercio.
Second Home, con alcuni amici. Qui si fumano molta erba e hashish. “Tra chi fuma erba, ce n’è sempre uno o due che sanno dove procurarsela. La comprano e poi la distribuiscono agli amici. Era così anche nel nostro centro giovani. Ogni tanto qualcuno andava ad acquistare e poi distribuiva. Se lo si faceva nel modo giusto, se ne poteva tenere un po’ per sé e così risultava gratis. Era quello il meccanismo”. Il piano che condivide con gli amici al Second Home diventerà un luogo di ritrovo per gli appassionati della cannabis.
Wernard Ernest Bruining è nato il 14 agosto 1950 a Sorong, in Nuova Guinea, allora colonia olandese. Vi ha trascorso i suoi primi dieci anni di vita, per poi trasferirsi con la famiglia nei Paesi Bassi.
“In totale, ho frequentato 20 scuole diverse”, racconta in seguito*, “sento quindi molto distacco. Non sento di appartenere a nessun luogo in particolare”. Wernard voleva diventare insegnante e nel 1968 si è iscritto all’Istituto Magistrale di Amsterdam. Durante il secondo anno di studi, viene introdotto alla cannabis. Questo gli fa capire che la scuola non lo sta formando perché insegni ai bambini a pensare in modo autonomo, bensì per insegnare loro a obbedire. Lascia gli studi, fa diversi lavori e inizia poi a gestire un centro giovani chiamato
Nel 1972 nasce l’idea di trasformare questo stile di vita in un vero lavoro. Wernard e i suoi amici occupano abusivamente un panificio vuoto al civico 53 di Weesperzijde ad Amsterdam. Nasce la sala da tè Mellow Yellow, che prende il nome da una famosa hit pop dell’epoca. Con un po’ di denaro preso in prestito, acquistano mezzo chilo di hashish, lo tagliano a pezzi e confezionano gli estratti in sacchetti di plastica. I sacchetti vengono venduti dal dealer della casa ai clienti della sala da tè. Il dealer non ha un ruolo ufficiale nei locali. “Stava seduto al bar e fingeva di essere un avventore. Secondo la legge, la magistratura non poteva chiudere un locale solo perché qualcuno vi vendeva hashish. Era solo un avventore, non potevamo farci nulla!”.
In poco tempo Wernard si rende conto che la libertà è tutto, ma che è necessario stabilire alcune regole. Per esempio, nel locale non sono consentiti l’uso e la vendita di droghe pesanti. L’uso di LSD è consentito, ma la vendita di LSD non lo è. Non ci sono limiti di età. Il Mellow Yellow rende l’acquisto di hashish ed erba facile e trasparente. “Non serviva essere esperti. Essendo il sacchetto di plastica trasparente, si vedeva cosa si stava acquistando”. Il preconfezionamento garantisce ai clienti un prezzo costante. Il Mellow Yellow è rimasto aperto
Il famoso primo coffee shop al mondo che accettava consumatori di cannabis era in realtà una sala da tè. Il locale era occupato abusivamente e nel 1978 è andato distrutto in un incendio.
Wernard Bruining è anche pioniere nell'utilizzo del CBD. Qui lo vediamo alla fiera GrowMed di Valencia, in Spagna, nel 2012, mentre promuove il proprio marchio di olio di CBD. (Foto: Cliff Cremer).
sulla Weesperzijde solo per poco tempo; nel 1978 l’edificio è rimasto parzialmente distrutto in un incendio.
Wernard decide di cercare un cliente americano che gli aveva detto di fargli visita se fosse mai andato negli Stati Uniti. “Mi sono innamorato perdutamente perché mi sono ritrovato con un gruppo di americani che fumavano sinsemilla, erba senza semi. Gestivano l’erba in modo molto diverso da noi, eliminando le piante maschio e trattando l’erba come se fosse oro. Un’altra differenza è che l’erba sinsemilla produce da sei a sette volte in più rispetto all’erba indonesiana che Wernard vendeva nei Paesi Bassi. Dopo il suo viaggio negli Stati Uniti, ‘Old Ed’ Holloway, un coltivatore di cannabis dell’Oregon, è approdato nei Paesi Bassi nel 1979. È vissuto poi a casa di Wernard quasi cinque anni.
Con una piccola squadra, che si faceva chiamare Green Team, Wernard ha cominciato a coltivare erba sinsemilla. Hanno acquisito una piccola fattoria con alcuni terreni nella provincia settentrionale della Frisia e hanno ottenuto il loro primo raccolto nel 1980. La maggior parte dei titolari di coffee shop conosceva Wernard, era quindi lui a incaricarsi delle vendite. All’inizio non è stato facile, perché la Nederwiet (cannabis coltivata nei Paesi Bassi, ndr) aveva una pessima reputazione. Ma una volta che hanno provato la sinsemilia del Green Team, gli acquirenti l’hanno scelta. Il fondatore del coffeeshop Bulldog, Henk de Vries, acquista la maggior parte del primo raccolto, per 14.000 fiorini al chilo (ora circa 6.800 euro - ndr). Un record per l’erba olandese.
Quando nel 1981 il Green Team ha mille piante femmina in sacchi da coltivazione outdoor, un poliziotto in bicicletta si avvicina per chiedere cosa stessero facendo. Fortunatamente, l’uomo è molto ragionevole. “Qualunque cosa stiate facendo”, dice, “che non si ripeta”. Il Green Team capisce di aver superato un ostacolo difficile. Eliminano subito tutte le piante e le sistemano a casa di amici. Invece di un unico vivaio in Frisia, ce ne sono ora improvvisamente più di 20 in tutti i Paesi Bassi. La missione di Wernard di rendere i Paesi Bassi la Giamaica d’Europa sta procedendo bene.
Il Green Team si rende conto che deve incrementare la propria professionalità e decide
di far arrivare dagli Stati Uniti un esperto di genetica. “I candidati erano due: Ed Rosenthal e un uomo che si faceva chiamare Sam the Skunkman. Io ero per Ed, tutti gli altri erano per Sam. Abbiamo mandato un biglietto aereo, Sam è arrivato e ha travolto tutti con grandi storie di denaro e piante che producevano così tanto, con foglie piccole, bla bla bla. Davvero un americano super sconclusionato. I miei amici ne sono stati completamente rapiti, ma io no. Ci risiamo, ho pensato, si tornerà di nuovo al commerciale. Così me ne sono andato”.
È un filo conduttore nella vita di The Potfather: quando qualcosa diventa troppo commerciale o inizia a somigliare eccessivamente a un lavoro, lui comincia a buttarsi in qualcosa di nuovo. Nel 1985, per esempio, Wernard ha aperto il primo grow shop d’Europa, chiamato Positronics, ad Amsterdam. Aveva già coniato il nome per un gioco di calcio balilla da lui
progettato. Nel punto vendita, Wernard vende lampade per la coltivazione che importa dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra e strumentazione varia per la coltivazione. Positronics diventa un punto di riferimento per il fiorente panorama della coltivazione nei Paesi Bassi e ben oltre. Wernard inizia a produrre le proprie lampade per la coltivazione e i propri concimi. Per poter acquistare talee da Positronics, è necessario essere membri del Sinsemilla Fanclub. È così che Wernard tiene a bada il crimine organizzato.
Pubblica una guida breve ma utile alla coltivazione outdoor e fonda Soft Secrets, che nasce come rivista di ritagli per i clienti del grow shop, ma in seguito si evolve diventando una rivista internazionale a tutti gli effetti per i coltivatori di cannabis. Negli oltre 12 anni di esistenza di Positronics, decine di migliaia di coltivatori vi bevono caffè e fumano canne, scambiando conoscenze e genetiche tra loro e con il personale. Purtroppo, è proprio il personale a segnarne anche la fine. Rubano infatti così tanta merce dal negozio che nel 1997 Positronics fallisce, con un debito di un milione e mezzo di fiorini (equivalenti a circa 700.000 euro, ndr). Dopo un quarto di secolo in prima linea nel mondo della cannabis olandese, Wernard si ritrova improvvisamente a mani vuote.
Per alcuni anni, The Potfather si dedica alla “pubblicazione di opuscoli e cartoline sui migliori coffee shop dei Paesi Bassi per i turisti internazionali della cannabis”, come scriverà in seguito. L’attività va bene, ma non gli dà l’energia positiva a cui era abituato nelle precedenti iniziative. Nel 2006, tenta invano di arrivare in Parlamento con il suo partito politico. All’inizio del 2009, Wernard getta la spugna. Dice alla moglie Yolande che d’ora in poi vuole concentrarsi solo sulla cannabis per uso terapeutico. Wernard ha coniato il termine ‘Mediwiet’ (erba medicinale) nel 1994. Nel periodo successivo, ha chiesto a diversi coffee shop di vendere cannabis a metà prezzo a chi ne facesse uso a scopo terapeutico. La sua proposta viene
accettata da circa 50 punti vendita. Con la sua campagna ‘Mediwiet Dealer’, Wernard pensa di aver fatto breccia con la cannabis per uso terapeutico. Ma fa di un errore di calcolo. Nel 2008 i video di Rick Simpson su YouTube lo mettono sulle tracce dell’olio di cannabis. Ma Wernard non sarebbe Wernard se non ne creasse una sua versione. Trova l’olio di Rick Simpson eccessivamente denso e sperimenta fino a ottenere quella che ritiene la ricetta ideale. Ha quindi sviluppato il metodo di produzione più semplice mai esistito. Con il Cannolator, chiunque può produrre olio di cannabis a casa propria utilizzando i residui delle piante.
Nel 2011, Wernard ha pubblicato il suo libro ‘Weed oil: the ideal folk medicine’, che riporta decine di testimonianze di pazienti. Dal 2009, Wernard tiene centinaia di dimostrazioni, workshop, video e corsi per insegnare alle persone a produrre il proprio olio di cannabis. Grazie a due donazioni, è riuscito ad acquistare un negozio nella sua città natale, Tiel. È lì che tiene seminari e vende il Cannolator e altri prodotti legali come l'olio di CBD.
Wernard nel 2024 a Barcellona.
Una pubblicità del punto vendita Positronics su una rivista, 1986. ‘Semi di cannabis Skunk selezionati a mano, adatti alla coltivazione indoor e outdoor. 12 semi per 25 fiorini’.
L'inizio della rivoluzione Sinsemilla (‘Senza semi’) in Europa, negli anni '80. Da sinistra a destra: Soma(?), Wernard, Old Ed ed Ed Rosenthal.
Coltiviamo
Con Jorge Cervantes jorge@marijuanagrowing.com
Perché la cultura della cannabis necessita un rifugio digitale protetto
Dopo quattro decenni di lotta contro la censura e la persecuzione, è giunto il momento di costruire il rifugio sicuro di cui la nostra comunità ha disperatamente bisogno.
Nel 1983 avevo 30 anni e mi trovavo di fronte a una dura realtà: nessun editore voleva pubblicare il mio libro sulla coltivazione della cannabis indoor. Armato solo di un computer Kaypro con due floppy disk da 64K, ho composto a mano il mio libro presso un fornitore di servizi locale di Portland chiamato Nickel Ads. Lavorando ore e ore con mia moglie, abbiamo raccolto le pagine attorno a un tavolo di legno, girando ripetutamente in tondo per assemblare quella che sarebbe diventata “la Bibbia” della coltivazione della cannabis.
A 42 anni di distanza, a 72 anni di età, mi trovo ad affrontare una sfida agghiacciante molto simile. Le forze della censura minacciano nuovamente l’educazione sulla cannabis, ma questa volta il nemico non è solo il divieto del governo. È una vera e propria soppressione algoritmica, politiche delle piattaforme scritte nelle sale riunioni della Silicon Valley e magnati della tecnologia che cancellano decenni di lavoro scientifico con un clic.
Ecco perché sto lanciando un progetto senza precedenti: una comunità privata incentrata sulla scienza della cannabis, progettata per essere un caposaldo contro la persecuzione digitale. Per celebrare questo momento cruciale, il 10 ottobre, il giorno del mio 72° compleanno, pubblicherò un ebook gratuito che descrive la coltivazione della cannabis non solo come competenza, ma come diritto umano fondamentale.
La nuova era del proibizionismo digitale
I parallelismi tra il 1983 e il 2025 sono sorprendenti, ma le sfide di oggi sono più profonde. Durante la “guerra alla droga”, conoscevo i miei nemici: agenti della DEA, leggi RICO, governi che vietavano libri alle frontiere. L’operazione Green Merchant del 1989 ha mandato più della metà dei miei amici in carcere, costringendomi a vivere da clandestino per oltre due decenni. Indossavo travestimenti, usavo pseudonimi, vivevo in uno stato costante di paura, ma almeno le regole erano chiare.
Il panorama digitale odierno è più insidioso. Le piattaforme Meta bloccano i contenuti relativi alla cannabis senza dare spiegazioni. I ricercatori si svegliano e scoprono che i loro account sono stati sospesi, i follower sono scomparsi e anni di contenuti educativi sono stati cancellati. YouTube cancella l’educazione sulla cannabis promuovendo invece pubblicità farmaceutiche. LinkedIn censura i professionisti della cannabis ma consente il marketing di tabacco e alcol.
Stiamo affrontando un nuovo proibizionismo. Nel 1983 ero in grado di combattere la censura
del governo in tribunale. Ma come si combatte un algoritmo? Come si fa appello a un bot d’intelligenza artificiale che non è in grado di distinguere tra spaccio di droga e scienza delle piante?
L’incubo della conformità con l’IA
L’intelligenza artificiale ha creato una minaccia senza precedenti per l’educazione sulla cannabis. I sistemi di moderazione dell’IA, addestrati sulla base di decenni di sentimenti anti-cannabis, segnalano i contenuti scientifici legittimi come “violazioni legate alla droga”. Questi bot non sono in grado di distinguere tra discussioni sui terpeni e vendita di droga per strada, tra tutorial sulla coltivazione e cospirazione criminale.
Le stesse aziende tecnologiche che sviluppano algoritmi di soppressione addestrano al contempo modelli di IA sulla base di decenni di conoscenze sulla cannabis, comprese le mie opere protette da copyright, senza autorizzazione o compenso. È colonialismo digitale: la Silicon Valley estrae valore dai pionieri della cannabis e al contempo li censura.
Ho visto il lavoro di una vita spazzato via dalle aziende del settore dell’intelligenza artificiale che limitano poi le mie possibilità di condividere nuove conoscenze. Costruiscono modelli linguistici da miliardi di dollari sulla nostra ricerca, poi usano la “conformità” per zittirci. È l’ironia suprema dell’era digitale.
La sfida dell’esercito dei troll
I troll di Internet organizzano campagne di segnalazione di massa dei contenuti educativi. Inondano le sezioni dei commenti con disinformazione, trasformando le policy delle piattaforme in armi contro scienziati legittimi. Il mio canale YouTube, con milioni di visualizzazioni nel corso degli anni, subisce regolarmente attacchi coordinati.
Non si tratta di utenti casuali che esprimono il loro disaccordo, ma di sforzi organizzati per mettere a tacere l’educazione scientifica. Si rendono conto che la conoscenza è potere e vogliono avere il controllo.
Molti ricercatori nell’ambito della cannabis si sono ritirati completamente dalle piattaforme pubbliche, creando vuoti informativi riempiti poi da leggende, pseudoscienza e pericolose informazioni sbagliate. La comunità che un tempo prosperava grazie alla condivisione aperta della conoscenza si è vista di nuovo costretta a rifugiarsi nella clandestinità.
La cannabis come diritto umano
Il mio prossimo ebook gratuito presenta una tesi rivoluzionaria: il diritto di coltivare la cannabis è un diritto umano inalienabile, fondamentale quanto il diritto di coltivare alimenti o praticare la medicina. Non si tratta di una questione filosofica, è un vero e proprio quadro giuridico che potrebbe
ridefinire il nostro modo di pensare al divieto di coltivare. Per millenni, gli esseri umani hanno coltivato la cannabis per scopi medicinali, alimentari, materiali e spirituali. Il divieto, non la coltivazione, è un’aberrazione storica. Abbiamo il diritto naturale di lavorare con piante che si sono evolute di pari passo con l’umanità per migliaia di anni.
L’ebook delinea le basi scientifiche, storiche e giuridiche di questo quadro di diritti umani. Il divieto della cannabis viola i principi fondamentali dell’indipendenza fisica, della libertà religiosa e della sovranità agricola. Cosa ancora più importante, costituisce una tabella di marcia per affermare questi diritti nella nostra complessa era giuridica.
Non è questione di sballarsi o di guadagnare, ma di libertà umana fondamentale. Il diritto alla medicina, al sostentamento, alla pratica spirituale, alla ricerca scientifica. Il divieto della cannabis attacca contemporaneamente tutti questi aspetti.
La visione di rifugio sicuro
La nostra comunità privata dedicata alla cannabis rappresenta una soluzione radicale al divieto digitale.
A differenza delle piattaforme pubbliche soggette alla pressione dei magnati della tecnologia e dei governi, questa comunità fungerà da rifugio scientifico protetto dove ricercatori, coltivatori e pazienti potranno scambiarsi liberamente
Jorge si è celato dietro un travestimento per 20 anni.
informazioni. Abbiamo bisogno di uno spazio tutto nostro, dove i bot dell’intelligenza artificiale non possano sopprimere i contenuti, i troll non possano organizzare campagne di attacchi e Zuckerberg non possa cancellare gli account perché gli algoritmi si sono confusi. Un luogo in cui la scienza possa prosperare senza interferenze. La comunità opera secondo rigorosi principi scientifici, con peer review sulle affermazioni di ricerca e moderazione da parte di esperti che previene la disinformazione. Entro questi limiti, i membri parlano di tecniche di coltivazione, condividono i risultati delle ricerche ed esplorano il potenziale della pianta senza timori.
Non si tratta di una camera di risonanza, è un laboratorio. Gli scienziati hanno bisogno di ambienti controllati per il loro lavoro. La nostra comunità
offre proprio quell’ambiente controllato per la ricerca e l’educazione sulla cannabis.
Fare 2 + 2
La scienza della cannabis è incredibilmente interdisciplinare: la coltivazione s’intreccia con la botanica, la chimica, la medicina, la psicologia, la nutrizione e decine di altri ambiti. Quando siamo sparsi su piattaforme ostili, non siamo in grado di creare queste connessioni né vedere il quadro generale.
La comunità consente ai ricercatori di collaborare in modo interdisciplinare, agevolando una comprensione completa del potenziale della cannabis. I coltivatori condividono le tecniche di coltivazione con i ricercatori medici. I chimici collaborano con gli operatori tradizionali. I pazienti contribuiscono offrendo osservazioni che danno vita a scoperte scientifiche. Alcune delle scoperte più importanti sulla cannabis sono state possibili collegando osservazioni apparentemente non correlate. Ma per stabilire queste connessioni è necessario uno spazio sicuro, caratterizzato da fiducia, continuità e libertà da interferenze.
La storia si ripete con una posta in gioco più alta
I parallelismi tra la mia lotta editoriale del 1983 e la censura digitale odierna rivelano quanto poco sia cambiato e quanto siano aumentate le poste in gioco. Nel 1983 potevo ancora raggiungere il pubblico attraverso i punti vendita specializzati, i centri di giardinaggio e il passaparola. La censura odierna è più completa e più difficile da aggirare.
Nel 1983, se un governo vietava il mio libro, potevo contrabbandarne alcune copie oltre confine. I coltivatori di cannabis in Canada fotocopiavano il mio libro e lo condividevano tra amici perché era impossibile distribuirlo ufficialmente. In Australia
contrabbandavamo i miei libri come “Bibbie”. C’era ancora un modo per raggiungere le persone a cui servivano informazioni.
I gatekeeper digitali di oggi controllano l’accesso al pubblico globale in modi che i governi degli anni ‘80 non avrebbero mai potuto implementare. Quando Meta bandisce qualcuno che educhi sulla cannabis, questi perde subito l’accesso a miliardi di persone. Quando YouTube sopprime i tutorial, le lacune di conoscenza non possono essere colmate con fotocopie e distribuzione clandestina.
I monopoli tecnologici hanno più potere sul flusso di informazioni di qualsiasi governo nella storia. Hanno creato un divieto più efficace di qualsiasi cosa la DEA sia mai riuscita a fare.
L’urgenza di agire
Man mano che i sistemi d’intelligenza artificiale diventano sofisticati e le piattaforme tecnologiche consolidano il loro potere, la finestra per la creazione di spazi educativi indipendenti potrebbe chiudersi in brevissimo tempo. Le normative future potrebbero rendere impossibile la creazione o il mantenimento di tali comunità.
In questo momento, disponiamo delle conoscenze tecniche, del quadro giuridico e delle connessioni nella community per costruire il nostro spazio protetto. Ma questa finestra non rimarrà aperta per sempre. Se non facciamo nulla subito, potremmo ritrovarci per sempre esclusi dal panorama digitale.
Questo va oltre l’educazione sulla cannabis. Il nostro modello di comunità potrebbe costituire un modello per altre comunità scientifiche emar-
ginate che affrontano la censura delle piattaforme: ricercatori psichedelici, professionisti della medicina tradizionale, ricercatori controversi nel campo della salute che affrontano sfide simili.
Si tratta di capire se le comunità scientifiche riusciranno a mantenere la loro indipendenza dalle piattaforme tecnologiche aziendali. Se i ricercatori riusciranno a perseguire la conoscenza senza il permesso della Silicon Valley. Se la curiosità umana potrà sopravvivere al controllo algoritmico.
Costruire la sovranità digitale
La nostra comunità protetta dedicata alla cannabis rappresenta molto più della risoluzione dei problemi attuali: è un modello per la sovranità digitale. Controllando la nostra piattaforma, gli educatori nel campo della cannabis assicurano la sopravvivenza della conoscenza ai cambiamenti delle politiche delle piattaforme, alle fusioni aziendali e alle pressioni governative.
La sovranità digitale è la questione dei diritti civili del nostro tempo. Le comunità che non controllano la propria infrastruttura informatica rimangono in balia di chi lo fa. Abbiamo imparato la lezione a nostre spese.
La comunità opera secondo i principi di trasparenza, integrità scientifica e proprietà dei suoi membri. A differenza delle piattaforme aziendali che traggono valore dai contenuti generati dagli utenti, questa comunità appartiene ai suoi membri, il che garantisce la tutela della conoscenza delle connessioni a prescindere dalle pressioni esterne.
Quarantadue anni fa, ho lottato per il diritto di pubblicare le conoscenze sulla cannabis. Oggi lottiamo per il diritto di condividerle. Il nemico è cambiato, ma la missione rimane la stessa: fare in modo che le conoscenze accumulate su questa pianta straordinaria raggiungano coloro che ne hanno più bisogno.
La creazione di un rifugio digitale rappresenta sia una rivendicazione che una conferma: la prova che la conoscenza, come la pianta stessa, troverà sempre un modo per crescere.
Abbiamo il diritto di coltivare la cannabis in tutto il mondo!
Nuovi dispositivi che misurano scientificamente la potenza della cannabis e il contenuto di terpeni in pochi minuti.
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Discover the magic of cannabis!
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Co-Authors
Chief Scientific Officer, Dr. Gary Yates
Stefan Meyer
Table of Contents
• Cannabis Botany
• Life Cycle of Cannabis
• Cannabis Seeds & Seedlings
• Plan Your Garden
• Grow Room Setup
• Twelve-week Garden
• Harvest, Manicuring, Drying, Curing & Storage
• Diseases, Pests & Problems
JORGE CERVANTES
Author Marijuana Horticulture.
Legendary Jorge Cervantes, published in eight languages sold over a million copies worldwide.
Master your ripening
Coltiva con Stoney Tark
Di Stoney Tark
LE MIGLIORI DRITTE PER COLTIVARE IN CASA DURANTE L’INVERNO
La gioia dell’estate è finita e stiamo per abbracciare i mesi invernali più freddi. Per chi coltiva indoor, il freddo e l’umidità del clima esterno possono influire sulla temperatura, sull’umidità, sul rischio potenziale di patogeni e sulle rese della stanza di coltivazione. In questo articolo vi darò 7 dritte da applicare alla vostra stanza di coltivazione per consentirvi di ottenere le migliori colture possibili e di assicurarvi barattoli traboccanti.
DRITTA N. 1
DISPOSITIVO DI RISCALDAMENTO PER LA STANZA DI COLTIVAZIONE
Sono diversi i tipi di dispositivi di riscaldamento che si possono utilizzare all’interno delle stanze di coltivazione per contribuire a mantenere la temperatura con le luci accese o spente nel range ottimale. Nei centri di giardinaggio e su internet si trovano diversi dispositivi di riscaldamento adatti alle stanze di coltivazione, come cavi riscaldati, tappeti termici per rettili, riscaldatori elettrici e bruciatori a gas.
Il mio consiglio principale è quello di evitare i riscaldatori elettrici ad alto wattaggio, perché possono causare interruzioni di corrente e far saltare l’impianto elettrico, e di considerare invece un bruciatore a gas che possa essere acceso e spento manualmente quando serve.
DRITTA N. 2
ISOLATE LE PARETI
Trasformare una cantina, una soffitta o una stanza libera in una coltivazione segreta è uno dei momenti più emozionanti per un coltivatore. È comunque importante isolare e riscaldare la stanza in modo adeguato. È durante i mesi invernali che i livelli di umidità aumentano e le temperature scendono sotto i 16 gradi centigradi. Isolare le pareti della stanza di coltivazione con schiuma isolante e utilizzare un dispositivo di riscaldamento è un ottimo modo per mantenere la stanza di coltivazione calda e accogliente anche quando fuori ci sono neve e ghiaccio. Il mio consiglio è
quello di andare al vostro negozio di ferramenta di zona e vedere quali sono le opzioni disponibili in base al vostro budget e alle dimensioni della stanza di coltivazione.
DRITTA N. 3
ACQUISTATE UN DEUMIDIFICATORE
Un coltivatore non può fare granché quando il clima esterno è freddo e umido e all’interno della stanza di coltivazione, di conseguenza, aumentano i livelli di umidità. Durante la fase vegetativa, le piante di cannabis prediligono un ambiente più umido (70-80% di umidità relativa), ma durante la fase di fioritura, un tale livello di umidità provoca l’ammuffimento delle cime.
È possibile collegare un deumidificatore e lasciarlo all’interno della stanza di coltivazione, in modo da ripulire l’aria ed eliminare l’umidità in eccesso. Il mio consiglio è quello di acquistare un deumidificatore di buona qualità, perché si rivelerà un salvavita durante la fioritura.
DRITTA N. 4
FLUSSO D’ARIA COSTANTE
Non sottolineerò mai abbastanza l’importanza di una temperatura e di un’umidità costanti nella vostra stanza di coltivazione, oltre che di un flusso e di una movimentazione d’aria di buona qualità. Il rischio che le piante contraggano un’infezione da oidio o muffa è molto più elevato se il flusso d’aria è scarso e la stanza di coltivazione presenta sacche d’aria stagnante negli angoli. Il mio consiglio è quello di utilizzare un ventilatore a torre
alto e sottile, oppure due ventilatori oscillanti con diametro 23 cm impostati per girare in momenti diversi, affinché creino l’apporto ideale di aria fresca.
DRITTA N. 5
SOLLEVATE I VASI DAL PAVIMENTO
Stanze di coltivazione fredde significano in genere pavimenti freddi, con conseguenti vasi e radici fredde. Le piante soggette a temperature basse possono stressarsi, il che provoca una crescita stentata e potenziale marciume radicale. Il modo più semplice per combattere il problema, e il mio consiglio in questo caso, è quello di sollevare i vasi dal pavimento di qualche centimetro usando piccoli blocchi di compensato o mattoni in pietra. L’aria all’interno della stanza di coltivazione isolerà le radici e passerà attraverso il substrato di coltivazione, producendo un ambiente più caldo e preferibile per la crescita delle radici e l’assorbimento dei nutrienti.
DRITTA N. 6
TEMPERATURA NOTTURNA
A meno che non abbiate un igrometro all’interno della vostra stanza di coltivazione, non potrete conoscere i livelli di temperatura e umidità a luci spente. La maggior parte degli igrometri digitali sono progettati con un’impostazione di lettura massima e minima e premendo semplicemente un pulsante si può visualizzare quanto è fredda la stanza quando le luci sono spente. Il mio consiglio
è quello di assicurarvi che la temperatura a luci spente sia compresa tra i 19 e i 20 gradi centigradi e che ci sia una fonte costante di aria fresca grazie ai ventilatori oscillanti.
DRITTA N. 7
UTILIZZATE LUCI DI COLTIVAZIONE A LED
Uno dei motivi principali per cui le luci di coltivazione a LED sono così diffuse tra i coltivatori domestici è il fatto che funzionano a temperature più basse rispetto alle HPS. L’unico aspetto negativo è che durante i mesi più freddi e impegnativi dell’anno, le temperature interne possono risentirne e si rende necessario integrare la stanza di coltivazione con un dispositivo di riscaldamento. Il mio consiglio principale, se si utilizzano luci a LED fredde, è quello di posizionare la fonte di luce a circa 40 cm dalla punta della chioma o di mettere un dispositivo di riscaldamento nella stanza e compensare in questo modo.
CONCLUSIONI
Anche se vi sembrerà di esservi appena abituati ai caldi mesi estivi, la capacità di adattamento di un coltivatore indoor farà la differenza tra piante stentate, stressate e poco produttive e piante sane, felici e con grandi rese. A mio parere, ogni coltivatore dovrebbe tenere un deumidificatore, un umidificatore e un dispositivo riscaldante in standby e, a seconda del clima, adattarsi di conseguenza.
Le luci di coltivazione a LED possono richiedere un dispositivo riscaldante durante le fasi di accensione e spegnimento delle luci.
Questo sensore igrometrico può essere appeso all’interno della stanza di coltivazione a livello della chioma.
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SCANSIONE E CONDIVISIONE
Intervista
Di Fabrizio Dentini
Growers e giadinaggio Intervista a Michaela Kowalski
Michaela Kowalski è ricercatrice di post-dottorato presso il National Drug and Alcohol Research Center dell'Università del Nuovo Galles del Sud.
In Australia, studia le politiche sulle droghe ed in particolare quelle su cannabis, alcol e tabacco. Entrata a far parte del Global Cannabis Cultivation Research Consortium nel 2018, ha svolto indagini sul mondo della produzione domestica di cannabis, inclusa quella presentata in seguito, nella quale ci si concentra sulle prassi dei growers di cannabis nella veste più generale degli appassionati di giardinaggio.
Innanzitutto, come è regolamentata la cannabis nel paese in cui vive?
In Australia la cannabis terapeutica è accettata e relativamente accessibile. Puoi ottenere una prescrizione dal medico di base e, generalmente, anche se non può essere considerata come un trattamento di prima scelta, è comunque disponibile.
Per quanto riguarda l'uso ricreativo, la normativa è statale, quindi, essendo l'Australia una federazione di stati e territori, l'uso ricreativo rimane illegale in tutti gli stati e territori, ma è depenalizzato nel Territorio della Capitale, dove non è legale ma nemmeno perseguita. Non ci sono sanzioni penali e puoi coltivarla in casa, ma solo nell'area della capitale.
Passando ora alla ricerca, quanti coltivatori avete intervistato?
Questa ricerca è una sottosezione del sondaggio principale "Global Cannabis Cultivation", in cui siamo riusciti a coinvolgere 11.000 persone di 18 paesi diversi. In questa specifica sottosezione abbiamo posto ai nostri partecipanti solo domande sul giardinaggio e abbiamo intervistato 1302 persone in Italia e nel Regno Unito.
Perché avete deciso di indagare il mondo dei growers
sotto la prospettiva più generale del giardinaggio?
Penso che in parte sia dovuto al riconoscimento del fatto che la cannabis sia una pianta, elemento che, in un certo senso dimentichiamo, quando parliamo di cannabis come droga sia dal punto di vista politico che epidemiologico. Eravamo quindi interessati a tornare a pensare alla cannabis come ad una pianta. Credo che gran parte del lavoro sia stato cercare di demistificare e destigmatizzare le persone che coltivano cannabis. Per quanto riguarda la nostra indagine, almeno, si tratta solo di persone che amano il giardinaggio. Sono persone che usano la cannabis e che la amano, ma che la coltivano perché sono brave a farlo.
Quanto dura l'intervista e quali domande avete posto ai coltivatori?
Ci vuole almeno mezz'ora, a seconda dell'esperienza di coltivazione e delle vostre esperienze con le droghe.
L'idea è che di solito le persone con il pollice verde fossero brave a coltivare, coltivassero i propri ortaggi ed fossero molto interessate alla questione ecologica. Abbiamo pensato che fosse una prospettiva interessante e, d'altra parte, ci chiedevamo anche se le persone che coltivavano cannabis tendessero a coltivare anche altre piante psicoattive e, in seconda istanza, se avere maggiore esperienza di giardinaggio potesse in qualche modo influenzare il modo in cui le persone coltivano cannabis.
Quali scoperte interessanti avete ottenuto sul fenomeno della coltivazione domestica?
Eravamo davvero interessati a due cose. La prima era cosa facevano le persone per prima. Iniziavano a coltivare altre piante in precedenza o la cannabis era la prima pianta che avessero mai coltivato? Il 71% delle persone intervistate ha iniziato a coltivare altre piante prima di passare alla cannabis.
Queste persone cominciavano con frutta, verdura, fiori, altri tipi di erbe aromatiche, piante da appartamento e, di solito, avevano esperienza nella coltivazione di qualcos'altro prima di iniziare a coltivare cannabis. C'è poi un 29% di persone che ha iniziato a coltivare cannabis come prima pianta in assoluto.
La seconda cosa che volevamo capire era se le persone coltivassero anche altre piante oltre alla cannabis e l'82% delle persone coltivava anche altre piante e, ancora una volta, la maggior parte delle persone che coltivavano cannabis aveva iniziato a coltivare altre piante e coltivava anche altre piante oltre alla cannabis. Poi abbiamo anche esaminato se ci fossero differenze tra questi gruppi di persone (quelli che hanno iniziato a coltivare cannabis per primi o quelli che in realtà coltivavano solo cannabis).
E che cosa è emerso?
Quando abbiamo esaminato i risultati relativi alle persone che coltivavano solo cannabis, abbiamo scoperto che tendevano ad essere più giovani, avevano trascorso meno anni nell'istruzione obbligatoria, erano più inclini
ad essere single, erano più inclini a fare uso di droghe stimolanti ed mostravano livelli più elevati di dipendenza dalla cannabis. Siamo anche giunti alla conclusione che le persone che coltivavano altre piante oltre la cannabis, avessero meno probabilità di essere coinvolte nel traffico di cannabis, meno probabilità di avere dipendenza dalla cannabis e meno probabilità di fare uso di droghe stimolanti.
Quali sono le implicazioni di questi risultati per lo sviluppo delle politiche pubbliche?
L'implicazione è che, indipendentemente dal fatto che le persone coltivino o meno altre piante oltre alla cannabis, o che si dedichino esclusivamente al giardinaggio, questi aspetti sono qualcosa che dovrebbe essere preso in considerazione nel caso in cui le stesse persone dovessero trovarsi sotto il mirino delle forze dell'ordine. È questo il punto su cui stiamo riflettendo.
Dal suo punto di vista, chi è un coltivatore di cannabis domestico?
Dal nostro punto di vista, eravamo interessati alle persone che coltivano cannabis su piccola scala.
Cos'è per lei una piccola scala?
In realtà finiamo per avere una gamma molto ampia di persone che coltivano. Per questo mentre la tua idea di coltivatore domestico o piccolo coltivatore potrebbe essere qualcuno
CHI COLTIVA CANNABIS
più propensi a coltivarla in esclusiva. Abbiamo anche notato differenze in ciò che le persone coltivavano oltre alla cannabis. Per gli inglesi, ad esempio, era più probabile coltivare frutta e verdura, ma anche più probabile coltivare anche altre piante stupefacenti, come i funghi. I coltivatori britannici erano più propensi a compiere questo tipo di pratica rispetto ai coltivatori italiani.
Avete informazioni più approfondite sul tipo di cannabis che britannici e it aliani coltivano?
Ci sono differenze?
Abbiamo differenze nelle motivazioni per cui coltivano. C'erano persone che coltivavano per motivi terapeutici, il che era quasi il doppio in Gran Bretagna rispetto all'Italia. Pochissime persone hanno dichiarato di coltivare per vendere. In entrambi i paesi, i numeri sono davvero bassi, ma i numeri italiani sono quasi il doppio di quelli inglesi.
Nel Regno Unito il 2,6% delle persone intervistate ha dichiarato di coltivare per vendere, mentre in Italia la percentuale si attesta al 4,5%. Ma, ancora una volta, bisogna tenere presente che questo campione di coltivatori italiani rappresenta un segmento d'età più giovane.
Quindi questa è una delle grandi differenze. Ora, se si pensa al fatto che il campione britan-
TRAE MOLTO PIACERE DALLA SUA COLTIVAZIONE
che coltiva a casa, per noi quasi la maggior parte delle persone che coltivano a casa sono persone che lo fanno anche nel resto della proprietà, che sia all'interno o all'esterno e non coltivano necessariamente solo per sé stessi e non si tratta necessariamente solo di quattro piante.
Quali differenze esistono tra un coltivatore britannico e uno italiano?
In Italia, in media, vengono coltivate tre piante, mentre in Gran Bretagna quattro. Innanzitutto, il campione degli intervistati italiani era più giovane e pensiamo che questo abbia avuto delle ripercussioni, perché se sei giovane hai più probabilità di essere single ed hai più probabilità di avere meno anni di studio rispetto a chi è più anziano.
Abbiamo anche notato delle lievi differenze: ad esempio, in Italia c'erano più persone che coltivavano solo cannabis. In Italia quasi il 20% del campione coltivava solo cannabis, mentre nel Regno Unito solo l'11%.
Come ho detto, i coltivatori italiani erano più giovani, quindi, poiché sappiamo che coltivare solo cannabis è associato all'età, questo non significa necessariamente che gli italiani siano
nico è più anziano, il fatto che coltivino cannabis per uso medico ha anche più senso, perché se si è anziani, si potrebbe aver bisogno di maggior quantità di cannabis terapeutica. D'altra parte, i coltivatori britannici, di nuovo siamo quasi al doppio, erano più propensi a dichiarare di coltivare per cedere a terze persone per consumo ricreativo. Una pratica di regalo quindi. In Italia, il 6% delle persone ha dichiarato di coltivare cannabis per poterla regalare ad altri. Nel Regno Unito, invece, la percentuale è di circa il 12%.
Quindi gli inglesi sono più generosi?
Non so se lo siano. Sono più anziani e dunque meno propensi ad attirare l'attenzione della polizia. Quindi è più probabile che s'inneschino pratiche di questo tipo.
Perché così tanti governi si oppongono alla coltivazione domestica, anche quando non è destinata alla vendita, ma solo al consumo personale?
Cosa emerge dalla vostra ricerca?
Quello che posso dire è che, dall'analisi delle
politiche effettivamente in vigore, dalle analisi delle sanzioni e da quanto riscontrato tramite altri lavori, sembra esserci molta paura riguardo alla coltivazione domestica, paura che le persone coltivino cannabis per venderla e partecipare al mercato nero.
Quindi, in questo sondaggio è davvero utile analizzare il comportamento effettivo delle persone che coltivano in casa, cosa fanno con la loro cannabis, perché la coltivano e in che tipo di ambiente. La cosa importante da ricordare è che in realtà la maggior parte delle persone che coltivano cannabis lo fa semplicemente perché ama il giardinaggio.
Quindi si sono appassionati e coltivano ortaggi. Coltivano fiori. Coltivano piante da appartamento. Amano il giardinaggio. E usano anche la cannabis. Quindi coltivano anche la propria cannabis. E la maggior parte delle persone che coltivavano cannabis in quanto appassionati di giardinaggio non sono effettivamente coinvolte nel traffico di droga. Non vendono cannabis. Non ne traggono profitto.
Quindi, se si considera tutto questo sotto questa prospettiva, potrebbe sussistere la necessità di una politica che potrebbe consentire la produzione domestica di cannabis, proprio come nella maggior parte dei paesi in cui l'alcol è regolamentato e che prevedono agevolazioni per la produzione casalinga di birra o per la distillazione.
Secondo quanto scoperto insomma, possiamo affermare che la paura di molti governi d'autorizzare la coltivazione domestica di cannabis sia completamente priva di fondamenta?
Ci siamo resi conto che le persone che abbiamo intervistato non coltivassero per vendere. Non abbiamo riscontrato un impegno su larga scala nella coltivazione, alcune delle persone che hanno partecipato al nostro sondaggio hanno affermato di coltivare cannabis commercialmente, ma si tratta di numeri davvero piccoli, mai della maggioranza.
Ed Rosenthal ha affermato che il consumo di cannabis in quanto tale non crei dipendenza.
Ciò che creerebbe dipendenza è la sua coltivazione. Nella sua ricerca, ha trovato qualcosa che potrebbe supportare questa riflessione?
In Italia, la ragione principale per cui le persone affermano di coltivare la propria cannabis è la qualità del prodotto per l' 88,3% dei casi. Volevano insomma piante più sane e la certezza che fossero prive di contaminanti.
Ma la seconda ragione indicata è il piacere, il piacere che deriva dalla coltivazione della cannabis, in particolare nel 75,9% delle risposte. Per quanto riguarda il Regno Unito, l'85% degli inglesi intervistati ha affermato di coltivare per il piacere di coltivare cannabis.
Quindi, sì, le persone che coltivano cannabis traggono molto piacere dalla sua coltivazione.
L'ARTE DEL ROSIN I segreti dei campioni
Siamo nel gennaio del 2015 in una piccola città della contea di Los Angeles, in California, quando accidentalmente un uomo originario del posto dà alla luce un estratto di cannabis, più tardi conosciuto come Rosin, che avrebbe cambiato per sempre il gioco. Phil Soilgrown Salazar lo intuì sin da subito che la sua scoperta sarebbe stata rivoluzionaria, ma vediamo come tutto ha avuto inizio. Phil era un grower di marijuana che dopo essere stato in viaggio ad Amsterdam nel 2009 si appassionò della cultura dell'hashish e al suo rientro in patria iniziò a realizzare i suoi estratti, soprattutto water hash che consumava puntualmente con una pipa ad acqua apposita per gli estratti fullmelt chiamata dab rig.
Di solito Phil dabbava solo qualità 6-stars caratterizzate da una fusione completa; quando le scorte finivano rimanendo con solo qualità inferiori di hashish le pressava leggermente con una piastra per capelli in modo da rendere la resina sottilissima e agevolare la sua fusione all'interno del banger.
Alcune volte Phil esagerava pressando forte l'hashish con la piastra e notava un olio che si separava dalla parte vegetale che diventava più secca ma senza farci molto caso rimescolava il suo hashish e continuava a fumarlo come aveva sempre fatto, fino a quando un giorno ebbe la genialata di provare a dabbare l'olio ottenuto pressando il suo water hash; potete immaginare la faccia di Phil quando ha visto l'olio scomparire completamente all'interno del banger lasciando pochissimi residui sul fondo.
Pochi mesi dopo Phil iniziò a condividere su alcuni forum del settore la sua scoperta che in poco tempo diventò popolarissima.
ROSIN TECH
Il rosin è un estratto di cannabis 100% solventless, ricchissimo di cannabinoidi e terpeni, ottenuto tramite pressione e
GLI ESTRATTI DI QUALITÀ SUPERIORE
VENGONO REALIZZATI PARTENDO DA FRESH FROZEN WATER HASH 6-STARS
calore applicati ai fiori oppure alla resina di cannabis. Attraverso questa semplice separazione meccanica si estrae un oleoresina super viscosa e brillante, con un colore che va dal bianco quasi trasparente al giallo
dorato. È una tipologia di estrazione facile e sicura da eseguire anche per gli hashmakers alle prime armi. Si può estrarre dai fiori di marijuana oppure dalla resina ottenuta con altri processi di estrazione come il dry sift e
il water hash. Per realizzare un rosin di altissima qualità generalmente si utilizza come materiale di partenza il fresh frozen water hash; il concentrato che ne deriva è denominato Live Rosin.
Vediamo quali sono gli strumenti necessari, come procedere ed i segreti utilizzati dai migliori hashmakers.
SETUP
Dalla piastra per capelli rapidamente la tecnica si è evoluta con l'impiego di apposite
presse idrauliche dotate di due piatti riscaldanti in grado di esercitare varie tonnellate di pressione. Le rosin press permettono di impostare la temperatura di entrambi i piatti separatamente e il controllo di altri dettagli come la durata della pressatura. Le migliori presse sono dotate di più sonde riscaldanti che consentono la distribuzione omogenea del calore sull'intera superficie dei piatti.
Per eseguire un'estrazione completamente pulita e libera da residui vengono utilizzati dei sacchetti filtranti di nylon in grado di lasciar passare solo la resina pura. Nor -
Water Hash 6-stars, Rosin bag riempita con un cucchiaio, Vacuum Bag Tech, Rosin canalizzato verso l'esterno.
malmente le rosin bags più utilizzate sono quelle da 25 micron.
La carta forno rientra nella lista dei materiali imprescindibili, la sua funzione è di raccogliere e incanalare verso l'esterno il rosin estratto. Inoltre è necessaria per proteggere i piatti e tenerli sempre puliti. La carta da forno siliconata è quella più adatta per questo processo, oltre ad essere antiaderente è anche più resistente al calore e alla pressione.
Un'altro strumento essenziale è la mason jar, un particolare barattolo di vetro fornito di un tappo a due pezzi con un anello di silicone che garantisce una tenuta maggiore. Per la raccolta del rosin estratto è necessario un dabber di acciaio.
Avere a disposizione un termometro laser può tornare utile per tenere l'intero processo sempre sotto controllo. Per diminuire il rischio di contaminazione dell'estratto è indispensabile indossare dei guanti in nitrile che inoltre proteggono le mani.
Infine per ottenere un rosin di alta qualità è fondamentale scegliere con attenzione la materia prima di partenza, sia essa marijuana o hashish. Gli estratti di qualità superiore vengono realizzati partendo da fresh frozen water hash 6-stars, è importante che il materiale sia ancora in polvere ed essiccato con il freeze dryer oppure con il metodo air dryer.
PROCEDIMENTO
Ecco gli steps da seguire per realizzare un live rosin partendo da fresh frozen water hash di ottima qualità: setacciare con un colino la resina
• riempire la rosin bag con la resina
• chiudere la bag piegando il lato senza cucitura verso quello opposto
• ritagliare un foglio di carta forno di circa 20 x 20 cm
• piegare a metà il foglio ritagliato e inserire la rosin bag nel mezzo
• ripiegare i due lati più corti del foglio fino al bordo della bag
• inserire tra i due piatti un foglio di carta forno piegato a metà
• il foglio deve coprire i piatti e sporgere fuori dal piatto inferiore di alcuni cm
• avviare la rosin press e impostare la temperatura desiderata posizionare al centro dei piatti la bag
• avviare la fase di preriscaldamento chiudendo i piatti senza esercitare pressione con l'ausilio della pompa idraulica applicare una leggera pressione
• il rosin inizierà a defluire fuori dai piatti
• aumentare la pressione quando il flusso diminuisce
• aprire la valvola di scarico al termine dell'estrazione per dischiudere i piatti rimuovere la bag tra i due piatti
• raccogliere il rosin depositato sulla carta forno
• conservare l'estratto nella mason jar
Setacciare la resina con un colino è necessario per renderla uniforme. La bag va riempita per metà del suo volume in modo da lasciare spazio alla resina diminuendo il rischio di fuoriuscita. Per riempire le bag con la resina in polvere si può impiegare
un piccolo imbuto di acciaio oppure un cucchiaio da cucina. Il foglio di carta forno che contiene la bag va piegato in base al metodo che si vuole eseguire, nei prossimi paragrafi vedremo alcuni tra i più diffusi.
DOUBLE
BAGS
Utilizzare più sacchetti filtranti offre multipli vantaggi, innanzitutto il rischio di fuoriuscita del materiale pressato diminuisce drasticamente e allo stesso tempo svolge la funzione di filtro aggiuntivo rendendo l'estrazione ancora più pulita. Le bags utilizzate possono avere gli stessi micron oppure differenti. In questo caso la resina ancora in polvere va inserita nella bag con micron inferiori cioè quella con la maglia più fine.
Ad esempio se si utilizzano due bags, una da 25 e l'altra da 37 micron, la materia prima andrà messa nel sacchetto da 25 micron. Quando si utilizza il doppio sacchetto filtrante è consigliato posizionare le bags in modo che le cuciture di una non coincidano con quelle dell'altra. Alcuni hashmakers utilizzano fino a tre bags per massimizzare il filtraggio del rosin che viene estratto.
VACUUM BAG TECH
La tecnica della bag sottovuoto consente di eliminare le sacche d'aria all'interno della bag e allo stesso tempo svolge la funzione di pre-press. La tecnica del sottovuoto si impiega per ottenere prodotti clear, cioè più puliti e trasparenti. Con il pre-press la resina si compatta uniformemente agevolando una distribuzione omogenea della pressione esercitata dai piatti. Inoltre riduce il rischio di rottura della bag.
Preparare le bags riempite di resina con i lati piegati in modo che si mantengano chiuse e inserirle all'interno di una busta per il sottovuoto. Avvolgere le bags in un foglio di carta forno evita che si appiccichino alle pareti della busta. Chiudere la busta completamente sottovuoto e lasciarla riposare in frigo da 1 a 12 ore in attesa di processarle.
Terminato il periodo di riposo prelevare le rosin bags dalla busta del sottovuoto e prepararle prima di utilizzarle per l'estrazione.
FLUSSO DIREZIONALE
È una tecnica di piegatura della carta forno utilizzata per confezionare la bag che consente di incanalare il flusso del rosin più velocemente e completamente verso l'esterno della rosin press.
L'impiego di questa tecnica offre una resa ed una qualità maggiore. Innanzitutto tagliare un foglio di carta forno di circa 20 x 30 centimetri, piegare il foglio a metà congiungendo i due lati più corti, inserire la rosin bag nel mezzo del foglio posizionandola a poco meno di un centimetro dal bordo della piegatura, piegare ripetutamente i lati più corti del foglio fino ad aderire alla bag all'interno. In questo modo il rosin viene incanalato verso l'unico punto di uscita esistente. La bag di carta va posizionata sul piatto inferiore con l'apertura rivolta verso l'esterno e con il margine che sporge fuori di almeno tre centimetri.
LA VACUUM BAG TECH CONSENTE DI ELIMINARE LE SACCHE D'ARIA E SVOLGE LA FUNZIONE DI PRE-PRESS
del flusso di Rosin, Fase di raccolta con il dabber, Palla di
per essere conservato.
DIRECT JAR TECH
Utilizzando la tecnica di piegatura del flusso direzionale è possibile incanalare il rosin direttamente in una jar di vetro. In questo modo diminuisce il tempo di esposizione all'aria mantenendo più intatto il profilo terpenico e il rischio di contaminazioni dovute alla sua manipolazione. Per eseguire questa tecnica è necessario pressare quantità di resina maggiori.
TEMPERATURA, PRESSIONE E TEMPO
La temperatura ideale per estrarre il rosin varia in base al materiale di partenza utilizzato. Quando si pressa resina di alta qualità, come il fresh frozen water hash 6-stars, il range di temperatura ideale varia da 70 a 80°C mentre temperature superiori sono richieste per materiali di qualità più bassa.
La temperatura varia anche in base al tipo di estratto che si vuole realizzare e alla texture che si vuole ottenere.
La pressione richiesta per l'estrazione del rosin è minima, va da 300 psi iniziali ad un massimo di 800 psi nella fase finale dell'estrazione. Per eseguire la separazione dalla materia vegetale non è necessaria una pressione incredibile.
PRERISCALDAMENTO
La fase di preriscaldamento è fondamentale per ottenere il massimo della resa e non rischiare di rompere le bags. Questa fase consiste in riscaldare la resina all'interno della bag per circa un minuto, con i piatti leggermente chiusi, senza esercitare pressione.
Quando dalla fessura dei piatti si intravede la resina sciogliersi si può iniziare ad esercitare una leggera pressione, circa 300 psi, per estrarre il rosin completamente. Il processo di estrazione ha una durata totale di circa 3 minuti.
CONSERVAZIONE
Il rosin appena estratto deve essere raccolto e riposto all'interno di una mason jar per la sua conservazione.
Per mantenere intatte le sue caratteristiche per un periodo di tempo maggiore è necessario conservarlo in un frigo no-frost.
Per la cura del rosin potete consultare l'articolo Cold Cure Tech pubblicato sul terzo numero di Soft Secrets 2025 oppure rimanete sintonizzati sulle prossime uscite.
Particolare
Rosin appena raccolto e pronto
Coltivazione indoor
Di Gerismit / gerard.7000b@gmail.com
CLONEX ORMONI PER LA RADICAZIONE E MOLTO ALTRO ANCORA
Clonex è un prodotto fondamentale per la produzione di talee che agevola questa pratica diffusa, rendendola più sicura e produttiva. Consente di riprodurre cloni selezionati da una pianta madre e di continuare quindi a riprodurre la linea genetica.
Clonex è un gel radicante mirato al processo di guarigione delle talee, che fa leva su una combinazione di ormoni, sostanze nutritive, fungicidi e vitamine. Non solo crea un effetto curativo sulla pianta, fornisce anche gli elementi necessari per il suo sviluppo ottimale.
Clonex è un prodotto affidabile ed efficace sin dagli anni ‘80. Clonex è un marchio leader nel mercato dei gel radicanti e milioni di coltivatori utilizzano i suoi prodotti da decenni.
Il primo utilizzo noto dei fitormoni risale a prima dell’Impero Romano, quando gli agricoltori in Medio Oriente scoprirono che applicare una goccia di olio d’oliva sui fichi ne favoriva la maturazione. Oggi sappiamo che l’etilene era l’elemento responsabile della promozione e dell’accelerazione della maturazione dei fichi.
Successivamente, intorno al XIX secolo, diversi studi condotti da Charles Darwin e dai suoi colleghi hanno dimostrato come la crescita delle piante sia regolata da sostanze trasportate in tutta la pianta e immagazzinate nelle aree in cui il loro apporto risulta essere più necessario. Oltre a ciò, nel 1893, qualcuno appiccò accidentalmente il fuoco ad alcuni
SI SCOPRÌ CHE IL FUMO
pezzi di legno nella serra dove trascorreva la maggior parte del tempo. Con sua grande sorpresa, questo ebbe un effetto benefico sulle piante su cui stava lavorando, innescando una fioritura immediata.
A seguito di questa fortuita scoperta, si scoprì che il fumo prodotto dalla combustione del legno contiene etilene, diventato oggi uno degli elementi più utilizzati nella maturazione di una serie di piante diverse.
È infatti ampia la varietà di fitoregolatori che favoriscono la crescita delle piante. Alcuni di quelli che si trovano comunemente nelle piante di cannabis sono:
CITOCHININE
Si tratta di un composto benefico per la riparazione delle piante che favorisce la divisione cellulare. Di norma le citochinine si trovano nelle radici, nelle foglie e negli steli giovani, interagiscono con le auxine e favoriscono la divisione cellulare e la crescita dei germogli e degli steli. Svolgono infine un ruolo importante quando la pianta perde le foglie.
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Talee appena prelevate.
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GIBBERELLINE
Come le citochinine, sono anch’esse fondamentali per i processi di maturazione e fioritura della cannabis, oltre a favorire la germinazione e l’allungamento dei diversi steli.
ETILENE
Questo gas promuove e sviluppa radici e germogli, oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella regolazione della maturazione dei frutti e nella risposta e nel recupero dallo stress patogeno. Prima dell’avvento dei prodotti a base di ormoni della crescita disponibili oggi in commercio, esistevano già varie sostanze con elevati livelli di auxine naturali, come quelle presenti nei gerani e in diversi tipi di legumi.
Queste auxine erano e continuano ad essere ampiamente utilizzate in agricoltura come fitoregolatori. Tali sostanze chimiche svolgono una funzione estremamente importante nella crescita delle radici e, di conseguenza, nello sviluppo e nella crescita complessivi delle piante di cannabis, nonché nelle dimensioni e nella qualità dei frutti da esse prodotti.
Oggi, i componenti utilizzati in questi prodotti sono un po’ più sofisticati, passando dagli acidi indolbutirrici alle gibberelline e ad altri composti, ma la funzione rimane la stessa, il che consente di ottenere uno standard di
IL GAS ETILENE PROMUOVE E SVILUPPA
RADICI E GERMOGLI, OLTRE A SVOLGERE UN RUOLO FONDAMENTALE NELLA
REGOLAZIONE DELLA MATURAZIONE DEI
FRUTTI E NELLA RISPOSTA E NEL RECUPERO
DALLO STRESS PATOGENO
qualità estremamente elevato e ripetibile nei prodotti che Growth Technology sviluppa per i coltivatori. Il successo e la fama che ha ottenuto questo prodotto nel corso degli anni è infatti più che giustificato dai milioni di consumatori che, dopo averlo utilizzato, continuano ad affidarsi a esso per la produzione di talee.
Growth Technology offre un prodotto efficace e di facile utilizzo, grazie anche all’esclusività della sua formula unica, studiata per sigillare le parti esposte del taglio effettuato alla pianta di cannabis, oltre che per ottenere talee e somministrare gli ormoni e i nutrienti fondamentali per il rapido recupero delle talee e della pianta madre.
Ma non è stato tutto rose e fiori. Nel 2013, Clonex ha subito una battuta d’arresto commerciale che ha costretto l’azienda a rinnovare la registrazione di un componente dei suoi gel radicanti chiamato acido indolbutirrico.
Al momento della nuova registrazione, hanno scoperto che non ottemperava con le leggi normative e fitosanitarie dell’Unione Europea e che poteva essere commercializzato solo negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia. Questa situazione è comunque durata poco, poiché a pochi anni di distanza è stato nuovamente commercializzato in tutta Europa da Growth Technology. Va notato che l’acido
umici e fulvici, che offrono un elevato grado di assorbimento dei nutrienti, rafforzando il metabolismo della pianta di cannabis e la sua resistenza allo stress.
Clonex Rooting Gel: questo prodotto è la versione classica di Clonex in forma di gel, perfetto per immergere le talee subito dopo il taglio. È formulato con ormoni, fungicidi e vitamine, perfetti per garantire la vitalità di cui le talee hanno bisogno nella fase iniziale.
sono gli utilizzi e i vantaggi offerti da Clonex
Gel nella produzione di talee:
- Funge da riparatore dei tessuti.
- Contiene ormoni radicanti superiori a 3.000 PPM, il che offre la vitalità necessaria per uno sviluppo ottimale delle radici.
- È un’incredibile fonte di nutrienti e oligoelementi.
- Il formato in gel garantisce il contatto con le radici durante il trattamento con ormoni radicanti delle talee.
indolbutirrico liquido o in gel utilizzato per la produzione di Clonex è uno dei più efficaci sul mercato. Un altro elemento che caratterizza questo prodotto è la sicurezza di tutti i materiali con cui è realizzato. Questo perché nessuno degli elementi utilizzati per la produzione di Clonex è tossico per le piante, il che rende Clonex la scelta ideale per chi è alla ricerca di risultati affidabili e senza problemi.
La funzione di questo acido è quella di stimolare e propagare le radici, oltre ad avere un effetto curativo sull’area della pianta su cui viene effettuato il taglio. Grazie a questi benefici, Clonex viene utilizzato nelle serre dedicate alla produzione di piante e talee su larga scala, il che consente di conseguire un elevato livello di efficacia e ripetibilità. Clonex offre diversi tipi di prodotti per sviluppare le talee in modo sicuro e semplice:
Clonex Mist: Clonex Mist è un prodotto da applicare sulle foglie progettato per essere utilizzato su piante madri e cloni, che favorisce lo sviluppo delle radici. Un altro vantaggio di questo prodotto è che migliora la salute e il vigore delle talee e dell’apparato radicale.
Clonex Pro Start: questo prodotto è una miscela di nutrienti fra cui estratti organici selezionati per la loro elevata efficacia. È composto da alghe, aminoacidi ed estratti
Talee appena prelevate.
Clonex Mist Concentrate: la stessa formulazione del classico Clonex, ma in un formato concentrato e di facile dosaggio, perfetto per preparare le proprie soluzioni.
Questo prodotto è perfetto per la produzione di talee su larga scala, il che rende il prodotto concentrato un alleato perfetto per la produzione a questi livelli, in quanto è facile da applicare e le piante lo assorbono in modo rapido, traendo i nutrienti necessari per un rapido recupero.
È importante mettere in evidenza quelli che
CONCLUSIONI
Gli ormoni vegetali sono molecole che presentano un enorme potenziale di sviluppo nell’agricoltura del futuro, poiché sono molecole piccole con un basso impatto ambientale che, se utilizzate correttamente, possono apportare notevoli benefici alla nostra produzione.
Sono decine le aziende che si dedicano alla ricerca, allo sviluppo e alla comunicazione rigorosa di tutti i benefici che possiamo ottenere da esse.
Apparato radicale dopo due settimane.
Home Growing
Di Dott. Davide Calzolari
LE BASI DELLA POTATURA
La potatura delle piante è uno dei temi più dibattuti tra i coltivatori, sia professionali che hobbisti. Questa pratica comprende numerose tecniche che spesso vengono reinterpretate per adattarle alle proprie varietà e stili di coltivazione. Visto l’elevato numero di possibilità che gli interventi di potatura ci offrono, il rischio è di sbagliare il momento in cui intervenire o effettuare un tipo di potatura non adeguata al nostro obbiettivo. In generale la potatura prevede la rimozione di differenti porzioni della pianta in differenti momenti del ciclo di coltivazione. I motivi per cui si effettua un intervento di potatura sono differenti e non sempre l’obbiettivo è quello di aumentare la resa o migliorare la qualità del prodotto finito.
Dal punto di vista pratico ci sono alcuni punti che bisogna considerare prima di iniziare a potare le nostre piante. Il primo aspetto, quasi scontato, è mantenere sempre puliti i nostri strumenti per prevenire la diffusione di malattie tra le piante. Il secondo è cercare di
favorire la cicatrizzazione dei tagli, in questo caso ci basterà ridurre o sospendere l’irrigazione alcune ore prima della potatura. Quando effettueremo i primi tagli sulla nostra pianta, noteremo che le ferite rimarranno asciutte e non faranno fuoriuscire gocce di linfa.
Al termine è importante riprendere gradualmente le irrigazioni, dal momento che le piante hanno perso una quantità significativa di foglie e avranno anche una momentanea riduzione del fabbisogno di acqua. Il terzo aspetto da considerare prima di iniziare a sfoltire la chioma delle nostre piante, è cercare di darci una regola, quanto più precisa possibile, in modo da applicarla in maniera identica a tutte le singole piante che andremo a potare. Questo ultimo aspetto è di essenziale importanza per migliorare l’omogeneità della nostra coltivazione, soprattutto quando le potature vengono eseguite da più persone e su un numero elevato di piante.
Potare le nostre piante quando non è necessa-
rio, può compromettere le nostre coltivazioni, quindi dobbiamo capire se e come possiamo intervenire. Vediamo più nello specifico alcuni scenari possibili. Per aiutarci nella scelta dobbiamo valutare due aspetti principali: la durata della fase vegetativa e se stiamo coltivando a partire da semi o da talee.
Coltivazioni da seme. Può capitare che le piante ottenute da seme non siano particolarmente omogenee e che quindi mostrino differenti tipi di portamento e di vigore. Gli interventi possibili sono fondamentalmente di due tipi e dipendono sostanzialmente dalla durata della fase vegetativa. Per cicli brevi di vegetativa attenderemo il periodo che va tra l’inizio fioritura e la fine dello stretching. Possiamo decidere nel corso di queste 2-3 settimane di rimuovere tutti i rami bassi rimasti in ombra e di defogliare le piante da tutte le foglie più grandi presenti sul fusto principale. Nel caso che alcune piante siano particolarmente basse (meno della metà delle piante più alte), il consiglio è di mantene-
re solo i rami più sviluppati e più esposti alla luce e attendere la fine della fase di stretching per rimuovere le foglie dal fusto principale. Nel caso di lunghe fasi vegetative possiamo decidere di intervenire quando le piante sono molto giovani e hanno ancora pochi internodi. La prima possibilità è rimuovere l’apice della pianta (topping) per indurre la crescita delle ramificazioni secondarie.
Successivamente, ad intervalli di 1 o 2 settimane andremo a rimuovere tutte le ramificazioni terziarie in eccesso che si formeranno dentro alla chioma e rimarranno nell’ombra delle foglie sovrastanti. Una seconda possibilità per piante con una lunga fase vegetativa è effettuare il topping anche delle ramificazioni secondarie in modo da stimolare ancora di più la produzione di apici. Questa opzione è particolarmente utile per chi coltiva con la tecnica scrog per riempire in modo uniforme la propria rete. Coltivazioni da talea. A differenza dei semi, le talee sono estremamente omogenee ed è più
facile ottenere informazioni precise su come ogni differente selezione reagisce alle potature. Una volta trapiantate e acclimatate all’ambiente di coltivazione, andremo a rimuovere le vecchie foglie (quelle che spesso vengono spuntate) e manterremo sulla pianta solo le foglie più giovani.
Per ottenere la massima omogeneità è possibile già in questo momento rimuovere tutte le gemme ascellari ad eccezione di quelle apicali. Come regola non scritta, entrata nella pratica comune di moltissimi coltivatori e vivaisti, sulla talea vengono mantenute solo la gemma apicale e le due gemme ascellari più vicine. È importante che queste prime potature vengano effettuate solo nel momento in cui le talee sono già acclimatate al nuovo ambiente. Anticipare gli interventi prima del trapianto può causare uno stress eccessivo e ritardare la ripresa dello sviluppo. Anche nel caso delle talee, prima di decidere come e quando potare, dobbiamo valutare quanto sarà prolungata la fase vegetativa.
Le coltivazioni da talee infatti possono essere indotte alla fioritura immediatamente dopo l’acclimatazione al nuovo spazio di coltivazione. In questa situazione è essenziale che la potatura venga fatta in maniera identica su tutte le piantine, dal momento che non avremo una vera e propria fase vegetativa che ci consenta di farle recuperare. Invece, nel caso che la fase di vegetativa duri almeno 2 o 3 settimane, abbiamo la possibilità di intervenire in più occasioni in modo da correggere eventuali difformità per ottenere piante il più omogenee possibile.
Per quanto riguarda le piante autofiorenti, come per tutte quelle da seme, le potature avranno come primo obbiettivo quello di rendere il più omogenea possibile la nostra coltivazione. Data la loro peculiarità di piante autofiorenti, in generale è sconsigliato effettuare potature durante le prime settimane di crescita vegetativa. Nella maggior parte delle varietà autofiorenti è assolutamente sconsigliato effettuare il topping. In base alla durata del ciclo di coltivazione possiamo intervenire per rimuovere i rami bassi poco esposti alla luce e le foglie presenti sul fusto principale. Rispetto ai due casi precedenti, con le piante autofiorenti è necessario procedere con cautela ed eseguire degli interventi di potatura più leggeri e concentrati solo tra la fase di inizio fioritura e il termine dello stretching. Anticipare eccessivamente o eseguire potature troppo incisive può causare uno stress eccessivo alle piante compromettendo l’omogeneità della coltivazione e la resa finale.
Lollipopping. Merita di essere menzionata dato che può confondere chi si approccia per la prima volta a questa tecnica. Innanzitutto può essere eseguita in tutte le precedenti situazioni, sia che si tratti di autofiorenti a ciclo lungo o talee con una breve fase vegetativa. Il lollipopping (da lollipop/leccalecca) prevede la rimozione totale di tutte le foglie dalla pianta in un momento ben preciso della fase di fioritura, e può essere abbinata a tutte le potature eseguite in precedenza.
Alcuni produttori che si sono specializzati in questa tecnica sanno che il lollipopping può ridurre la resa finale, ma consente di ottenere una qualità e una omogeneità dei fiori eccel-
lente. Chiaramente la risposta al lollipopping dipende dal tipo di varietà e dal proprio sistema di coltivazione, ma come regola generale la defogliazione si effettua a ridosso della piena fioritura. A partire da questo momento è possibile rimuovere quante più foglie possibile dalle piante, lasciandole completamente spoglie e solo con gli apici fioriti, come se fosse piena di piccoli leccalecca, da cui il suo nome. Questo intervento prevede la rimozione quasi totale delle foglie e per questo motivo si distingue dalla defogliazione più leggera che si effettua a inizio fioritura.
Un discorso differente va fatto per le piante che sono mantenute come madri. Le potature, per certi versi, combaciano con quelle che si effettuano su piante con una vegetativa lunga. Quindi interventi a cadenza regolare (per ottenere gli espianti da far radicare) con l’obbiettivo di mantenere le nostre piante omogenee e con un determinato numero di ramificazioni. Nei periodi di minor utilizzo per la propagazione di talee, le piante madri possono essere ringiovanite tramite delle potature molto intense che coinvolgono anche l’apparato radicale.
Il ringiovanimento delle madri attraverso le potature, può essere utile nel caso una madre cresca in maniera eccessiva per l’ambiente di coltivazione in cui si trova, oppure semplicemente ci è sfuggita di controllo e ha assunto una struttura non adatta a produrre il numero di talee necessarie. La potatura di ringiovanimento spesso può aiutare a dare nuovamente vigore a una madre che ha subìto degli stress e non produce più talee di qualità.
Gli esempi che abbiamo trattato ovviamente sono una semplificazione. Esistono in realtà molti altri aspetti che i produttori professionali valutano per identificare quando e come intervenire sulle proprie piante. Se le potature possono essere utili a ottenere delle coltivazioni più omogenee, altrettanto importanti lo sono l’illuminazione, la ventilazione e la densità delle piante nel nostro ambiente di coltivazione. Tramite la raccolta di un elevato numero di dati, alcuni gruppi di ricerca hanno analizzato gli effetti che le potature hanno sulla quantità e qualità del raccolto, se paragonato a piante lasciate crescere naturalmente.
I risultati potrebbero lasciare perplessi dato che in alcune delle condizioni prese in esame, sembra che le potature non influiscano affatto sulla quantità e qualità del prodotto finito. Quindi che vantaggio ha potare? Un aspetto non scontato per i produttori professionali è quello di ridurre al minimo le operazioni al momento della raccolta delle piante. Rimuovere una certa quantità di materiale fogliare nel corso della fase di crescita e fioritura, consente di dilazionare una parte del lavoro di pulizia che dovrà essere fatta al momento della raccolta. In conclusione chi si approccia per le prime volte alla potatura e guarda alle possibilità appena elencate, potrebbe trovarsi di fronte a due strade contrapposte: rimuovere le foglie in modo da aumentare la penetrazione luminosa, oppure rimuovere i rami bassi e mantenere sulla pianta solo le porzioni apicali.
Quale corrente seguire dipende sostanzialmente dallo stile di coltivazione e dal proprio giudizio personale, soprattutto nel caso che si tratti di varietà nuove e dovremo affidarci al nostro istinto e alla nostra esperienza.
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Coltiviamo
Di Stoney Tark
LA MIA ESPERIENZA CON LA NUOVA LINEA DI CONCIMI VEGANI ATAMI
Se si vuole coltivare in modo biologico, sono molti i marchi che offrono prodotti ad hoc e io, nel corso degli anni, li ho provati tutti. Tuttavia, Atami di recente ha lavorato allo sviluppo di un prodotto 100% vegano progettato per essere utilizzato con il terriccio.
Ho avuto il piacere di utilizzare questa linea di concimi sia per colture indoor che outdoor, e devo dire che hanno davvero centrato l’obiettivo con un prodotto incredibile.
CHE COSA COMPRENDE LA LINEA VGN?
Gli ingredienti sono aminoacidi, zuccheri e composti organici, ovvero tutto ciò di cui i microrganismi benefici hanno bisogno per svilupparsi bene. La linea VGN è un prodotto in 4 parti che offre alle vostre piante tutti i nutrienti primari e secondari essenziali, oltre agli oligoelementi.
L’IMPORTANZA DELLA RETE ALIMENTARE DEL TERRENO
Quando si coltiva la cannabis utilizzando il terreno, basta nutrire i microbi, i funghi e i microrganismi benefici, che sostanzialmente faranno tutto il lavoro per la pianta, somministrando nutrienti, combattendo le malattie e gli agenti patogeni e accelerando il processo di compostaggio.
I batteri aerobici e i microrganismi benefici formano una relazione simbiotica con le radici della pianta di cannabis, con conseguente aumento della massa radicale e della capacità di reperire e convertire i nutrienti di cui la pianta ha bisogno.
I microbi e i funghi si legano e trattengono insieme le particelle del terreno. Migliorano la ritenzione idrica e il drenaggio in una coltivazione in terra.
• Aumentano l’assorbimento dell’acqua e trattengono maggiore umidità.
• I batteri probiotici degradano la materia organica.
• Consentono al terreno di trattenere più carbonio.
• I requisiti per arricchire il terreno con input organici sono inferiori.
• Migliorano il gusto e la qualità complessiva dei raccolti.
IL RUOLO DEI BATTERI BENEFICI NELLA COLTIVAZIONE DI CANNABIS BIOLOGICA
I batteri aerobici prosperano in ambienti con elevati livelli di ossigeno e sono classificati microrganismi benefici. Sono numerosi i vantaggi di una coltivazione in terra ricca di miliardi di microrganismi e batteri, e li potete trovare qui di seguito.
Migliora l’assorbimento e la disponibilità di nutrienti.
• Accelera il processo di decomposizione.
• Regola gli ormoni vegetali.
• Combatte i batteri nocivi e gli agenti patogeni presenti nel terreno.
• Aumenta la massa radicale in modo significativo.
• Ricicla la materia organica e la converte in nutrimento.
• Migliora la struttura del terreno e la ritenzione idrica.
• Riduce i livelli di stress e la resistenza alle condizioni di siccità.
LA LINEA DI NUTRIENTI VGN
VGN 5-2-2: prodotto ricco di azoto e contenente oligoelementi chelati, progettato per essere utilizzato durante la fase vegetativa (18/6). L’uso di questo prodotto garantisce piante verdi, sane e robuste.
VGN 2-2-4: prodotto ricco di potassio, che aumenta la resistenza delle piante, e ad alto contenuto di materia organica.
VGN 1-4-4: prodotto ad alto contenuto di fosforo e potassio. Progettato per la fase di fioritura, favorisce l’abbondanza di pre-fiori e promuove la formazione di cime dense e ricoperte di cristalli durante la fase 12/12.
VGN CALMAG: prodotto che offre alle piante calcio e magnesio, noti come nutrienti secondari dopo azoto, fosforo e potassio. Cal Mag favorisce la crescita di ramificazione laterale e di steli robusti e migliora la produzione di clorofilla.
LE MIE 3 DRITTE PER L’UTILIZZO DI VGN
Di seguito trovate le mie tre dritte principali per l’utilizzo della linea Atami VGN, sia indoor che outdoor.
Dritta n. 1 – Uniteli al terriccio
Per ottenere risultati ottimali e favorire una rete nutritiva rigogliosa nel terreno, utilizzate la linea VGN unita a una miscela di terriccio, compost
e humus di lombrico. Ho scoperto che questa miscela funziona incredibilmente bene e produce una delle migliori varietà di cannabis che abbia mai coltivato, dal gusto estremamente delicato.
Dritta n. 2: Riciclate il vostro terriccio
Un ottimo modo per ridurre i costi e continuare a lavorare con i microrganismi e i batteri benefici già presenti è quello di riciclare il terreno. In questo modo non è necessario tornare al negozio di prodotti per la coltivazione e trasportare sacchi di terra avanti e indietro dalla stanza di coltivazione!
Dritta n. 3 - Controllate i livelli di pH
Poiché i nutrienti VGN sono ricchi di aminoacidi, assicuratevi di controllare il livello di pH della vostra soluzione nutritiva prima d’irrigare le piante. Per assicurare un assorbimento ottimale dei nutrienti, puntate a un livello di pH compreso tra 6,0 e 7,0.
Ho notato che il terreno sembrava essere supercarico, con il risultato di una massa radicale prolifica che presentava una struttura bianca brillante e soffice.
Durante la fase vegetativa, tutte le mie piante erano sane e vivaci, con una tonalità verde dall’alto verso il basso, e sembravano avere una fragranza nettamente più aromatica.
Una volta che le piante hanno iniziato a fiorire, la produzione di resina è stata incredibile, il che è sempre un ottimo segno. Avevo foglie a ventaglio ricurve con tricomi e resina e, quando ho aperto la tenda, l’aroma era incredibile.
Al momento della raccolta, l’aroma nella tenda era eccezionale. Ho conservato ogni singola foglia, comprese quelle a ventaglio, per produrre dell’ottimo hashish, e le forbici da potatura erano piene di hashish appiccicoso.
Le cime erano tutte dense, appiccicose e presentavano sfumature verdi, viola e rosa.
LA MIA OPINIONE SULLA LINEA ATAMI VGN
Questa pianta di Ice Cream Cake era ricoperta di resina e aveva una fragranza eccezionale.
Coltivazione all’aperto a 35°C in Spagna che prospera in condizioni di salute ottimali.
Orario: Dal Lunedì al Sabato Dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:30
Grow shop online www.growerline.com sta @growerline.com
Semi di canapa da collezione su www.seedsline.com sta @seedsline.com
Da 23 anni in prima linea per la cannabis PARMA, piazzale Picelli 11/e FB: Canapaio Ducale Parma IG: canapaioducale mail: canapaioparma@gmail.com
Sativa 0.2
Volta di S. Piero, 2r, 50122 Firenze FI, Italia Per spedizioni cannabis scrivere su whatsapp: +39 371 441 1721 infosativa0.2@libero.it www.sativa02.it
Testo e immagini: Derrick Bergman
L’ESPERIMENTO OLANDESE SULLA CANNABIS
Soft Secrets visita un coltivatore autorizzato
Sono in molti a pensare che la cannabis sia legale nei Paesi Bassi, ma non è così. La detenzione e la vendita sono tollerati nel rispetto di regole severe, ma la coltivazione e la fornitura ai coffee shop sono ancora illegali. Un esperimento ufficiale lanciato in dieci comuni sta ora testando la normativa dell’intera filiera. Uno dei dieci coltivatori autorizzati, Hollandse Hoogtes, ha aperto le sue porte a Soft Secrets!
La nostra guida è un uomo che chiamano Karma, fondatore della banca dei semi Karma Genetics. È anche il responsabile della divisione genetica presso HH. Siamo partiti dalla stanza delle piante madri, per poi passare alla stanza delle talee e successivamente a tre stanze con piante in diverse fasi di fioritura.
Era tutto perfettamente pulito e le piante potevano essere spostate da una stanza all’altra utilizzando un pratico sistema a ruote. L’ultima stanza che abbiamo visitato era piena di piante pronte per essere raccolte; l’odore era travolgente. Nell’area di potatura, decine di dipendenti erano all’opera. Anche la pesatura e il confezionamento venivano effettuati a mano. HH utilizza anche macchine per la potatura, ma durante il tour non le abbiamo viste in funzione.
Al momento della nostra visita, c’erano quindici stanze di coltivazione e sappiamo che prossimamente hanno intenzione di espandersi a oltre venti di esse. HH coltiva in substrato di lana di roccia e cocco. Karma spiega: “All’inizio, il limite di muffa era molto basso e coltivare biologicamente nel terreno costituisce un rischio in queste condizioni. Con la lana di roccia e il cocco, è possibile coltivare in modo molto più pulito per soddisfare i requisiti della NVWA”. (La NVWA è l’agenzia governativa olandese che ispeziona i coltivatori autorizzati, ndr). La parte della struttura che ospita gli enormi serbatoi di nutrienti somigliava a una fabbrica. A proposito dei nutrienti, Karma ha dichiarato: “Coltiviamo in modo sinergico, seguendo le nostre ricette. Abbiamo prodotti di vari marchi”.
Le piante raccolte vengono essiccate in media per 14-18 giorni e si procede poi alla concia di almeno quattro settimane. Oltre all’erba, Hollandse Hoogtes produce anche pre-rollati, hashish fresco congelato dell’intera pianta e rosin in varie forme.
INFO E DATI DI HOLLANDSE HOOGTES*
UBICAZIONE: BEMMEL, PROVINCIA DI GELDERLAND
SITO WEB: WWW.HOLLANDSEHOOGTES.NL
NUMERO DIPENDENTI: 144
NUMERO METRI QUADRATI DI PIANTE IN FIORITURA: 3500 M2
Pesatura e confezionamento del prodotto in sacchetti da 1 grammo.
Stanza di essiccazione e concia.
Joint pre-rollati pronti per il mercato.
La maggior parte dei trimmer proviene dall’Europa orientale.
Avant l’emballage. Prima del confezionamento.
Tecniche di coltivazione
Di Hortizan/Soft Secrets Francia
Crop Steering Le leve giuste per manovrare le proprie coltivazioni
Il crop steering è un metodo di coltivazione di precisione che consiste nel manovrare la crescita delle piante modulando il loro ambiente. L’obiettivo: influenzare la pianta in ogni fase del suo percorso. Questa strategia si basa su un concetto semplice ma poderoso: la crescita può essere stimolata da stress controllati che innescano determinate risposte fisiologiche.
Sviluppato inizialmente per sistemi di coltivazione intensiva, in particolare in fibra di cocco o lana di roccia, questo approccio è stato concepito per ambienti completamente controllati. Tuttavia, i principi del crop steering possono essere trasferiti ad altri contesti di coltivazione: sia in terra che in idroponica, sia con concimazione minerale che organica. Una volta appresi i meccanismi sottostanti, ogni coltivatore può adattare questa logica al proprio sistema per migliorarne la resa, la qualità e la regolarità.
Il crop steering si basa sull’alternanza tra due grandi dinamiche di crescita: la fase vegetativa, orientata allo sviluppo della struttura, e la fase generativa, incentrata sulla riproduzione, quindi sulla fioritura.
Questi due stadi possono essere indotti o rafforzati a seconda dei segnali che riceve la pianta. Nella fase vegetativa, la pianta, poco stressata, sviluppa foglie, steli e radici in un ambiente umido e stabile. Nella fase generativa, stress controllati innescano la fioritura e concentrano l’energia
nella formazione rapida delle infiorescenze. Il crop steering consente quindi di passare strategicamente da uno stato all’altro, grazie alla gestione dell’ambiente e dell’irrigazione.
Il crop steering adatta la conduzione della coltura alle esigenze fisiologiche della pianta in ogni fase del suo sviluppo. Nella coltivazione della cannabis, questo approccio si articola in quattro fasi principali, ciascuna delle quali ha un obiettivo specifico e un tipo di gestione prevalente. È prima di tutto necessario capire bene come gestire le radici. Si basa su una gestione accurata del substrato, in particolare attraverso il volume e la frequenza delle irrigazioni, nonché la conduttività elettrica (EC).
Un elemento importante da capire in questo metodo è il concetto di dry back: consiste nel lasciare asciugare moderatamente il substrato tra un’annaffiatura e l’altra. Nella fase vegetativa, si privilegiano annaffiature frequenti e leggere, mantenendo un’umidità costante nel substrato. Nella fase generativa, al contrario, le annaffiature diventano più distanziate, con dry back più consistenti, il che crea le condizioni di stress necessarie per orientare la pianta verso la fioritura:
Fase 1 -
Vegetativa - Crescita vegetativa (crescita): Sviluppo radicale e fogliare. Questa fase è volta a costruire una base solida: un apparato radicale
denso, una struttura vegetativa vigorosa. Si applica una fase vegetativa: ambiente stabile, stress ridotto, irrigazione frequente e poco intensa, EC moderato, dry back brevi.
Fase 2 -
Generativa - Allungamento floreale (prime 2 settimane di fioritura): Induzione floreale e formazione dei siti di testa. La pianta passa dallo sviluppo strutturale alla riproduzione. Si applica una fase generativa: stress moderato (VPD più
Il crop steering si basa sul controllo dell’irrigazione, ma anche del suo rapporto con il clima ambientale. Tutti questi adeguamenti devono essere precisi, misurati e coerenti: il clima della stanza influisce direttamente sulla traspirazione, sulla fotosintesi e sull’equilibrio ormonale. Ed è la somma di questi segnali percepiti che determina la risposta fisiologica della pianta. Ecco quindi il metodo che molti sistemi di coltivazione in fibra di cocco/lana di roccia con integrazione di CO2 scelgono di adottare.
elevato, irrigazione meno frequente, dry back più marcati), EC più elevata.
Fase 3 –
Vegetativa - Ingrossamento dei fiori (fioritura): Aumento del volume delle cime. I siti floreali sono in posizione, si tratta ora di “riempire” i fiori. Seconda fase vegetativa, per sostenere il rigonfiamento dei fiori: condizioni più miti, irrigazione più regolare, dry back più limitati.
Fase 4 –
Generativa - Maturazione (ultime 2 settimane): Alla fine del ciclo, si cerca di spingere la pianta a portare a termine la maturazione. Ritorno a una fase generativa mediante stress progressivo: VPD più elevato, irrigazioni distanziate, dry back abbondanti. In idroponica o cocco, questi dry back consistenti provocano un aumento dell’EC nel substrato, che aggiunge uno stress osmotico finale che favorisce la concentrazione dei composti attivi.
Al contrario, nella coltivazione in terra, si osserva piuttosto una riduzione progressiva della concimazione, al fine di evitare l’accumulo di sali e favorire una maturazione più pulita.
Ogni fase deve essere calibrata con precisione: un errore a livello di tempistica o d’intensità può provocare uno squilibrio, una perdita nella resa o un rallentamento. Da qui l’importanza di seguire indicatori affidabili in ogni fase.
Il crop steering non è un metodo esoterico riservato agli esperti, bensì uno strumento di gestione preciso, basato sull’osservazione e l’adeguamento. Imparando a leggere i segnali di ogni pianta e a modulare con precisione il suo ambiente, il coltivatore può orientare ogni fase del ciclo verso un obiettivo chiaro: più controllo, più qualità, più resa.
E questo è solo l’inizio. Spinto al suo massimo potenziale, questo approccio spiana la strada a una coltivazione ultra-personalizzata, in cui ogni fenotipo potrebbe beneficiare di un SOP su misura.
In futuro, la maggior parte dei cloni sarà probabilmente venduta con il proprio protocollo di coltivazione dedicato, il che offrirà una precisione senza precedenti per esprimere appieno il potenziale genetico in un ambiente controllato.
Un crop steering efficace richiede una maggiore comprensione di ogni parametro climatico (foto: Cannabis Vera).
SOFT SECRETS SELECTION
SHAKTI DANCE
I TransalentOM sono un duo di musicisti originari del Salento, un'area all'estremo sud della Puglia conosciuta nel mondo per la pizzica salentina, una tipologia di musica folk legata da secoli ai riti pseudo sciamanici del tarantismo. Andrea Persa e Kavita Soni sono i componenti di questa band che si descrive come psy ma la loro musica va ben oltre l'immaginario comune, caratterizzata da una miscela tra
L'INCREDIBILE STORIA
musica elettronica e suoni tipici delle tradizioni musicali delle tribù originarie dell'India dell'Australia e del Salento, luoghi dove il duo ha vissuto e continua a visitare.
Le sonorità del didgeridoo si uniscono a quelle emesse da sintetizzatori e drum machine insieme all'incantevole voce di Kavita, in grado di trasportarti lungo un profondo viaggio. La loro musica non è una semplice rivisitazione di generi musicali già esistenti ma rappresenta un sound davvero unico, a volte più chil e a volte dal ritmo danzante.
Shakti Dance è il loro ultimo capolavoro, uscito il 6 febbraio di quest'anno, l'album è in pieno stile TransalentOM, con mantra accompagnati da un ritmo che cresce brano dopo brano. Zea e Pushkar sono solo alcuni dei brani che compongono quest'album da ballare sfrenatamente nelle più grandi dance floor del pianeta. Ascoltatelo e vi ritroverete immersi in un vero e proprio trip psichedelico.
Il film diretto da Sydney Sibilia, un regista e produttore cinematografico italiano noto anche per la trilogia Master Class e la più recente pellicola Mixed by Erry, racconta la fantastica storia quanto stravagante dell'Isola delle Rose e dell'eccentrico ingegnere che l'ha fondata. Infatti più che di un isola si tratta di un micro Stato indipendente situato in acquee internazionali, la cui
tutto suo libero dai pregiudizi, fino a quando un giorno vede l'immagine di una piattaforma petrolifera su un cartello pubblicitario ed ebbe un lampo di genio cioè costruire la propria nazione su una piattaforma in mezzo al mare fuori dalle acquee territoriali italiane.
A seguirlo nell'avventura c'è anche il suo amico Maurizio che finanzia l'intera operazione. In poco tempo l'Isola delle Rose diventa famoso come uno spazio di utopia fatto realtà, tra l'altro adottando una moneta propria, un servizio postale e l'esperanto come lingua ufficiale. Dopo un breve riconoscimento da parte delle Nazioni Unite il governo italiano si è mosso per stroncare questo baluardo di libertà in mezzo al mare.
L'ANTICO RICETTARIO SPIRITUALE DELL'HASHISH
Non è il primo libro che Abel Zug e il più celebre Peter Lamborn Wilson, in arte Hakim Bey, scrivono a quattro mani. Questa antologia sull'hashish curata dai due scrittori
vita è durata poco meno di un anno. Si tratta di una storia realmente accaduta e Giorgio Rosa insieme ai suoi amici ne è il protagonista. Siamo nel 1968, in pieno periodo di cambiamento sociale, di emancipazione giovanile, di voglia di libertà. Ed è proprio questo il perno di questa storia, la ricerca della libertà. Giorgio è un ingegnere anticonformista di Bologna la cui fidanzata Gabriella è stanca del suo modo di vivere e dopo essere stati fermati dalla Polizia a bordo di una macchina autocostruita interamente da Giorgio che assomigliava più ad un jet e priva di qualsiasi documento decide di lasciarlo. A quel punto Giorgio sentendosi incompreso dalla sua ex-ragazza decide di costruire un mondo
non è un semplice ricettario ma un trattato di antropologia su una delle sostanze enteogene più antiche e diffuse al mondo. Hakim Bey è stato un scrittore anarchista che ci ha abbandonato circa tre anni fa, famosissimo nel sot-
tobosco underground soprattutto per il libro TAZ e il concetto di Zone Temporaneamente Autonome esposto all'interno. Il libro è stato adottato come manifesto soprattutto dalla comunità raver e squatter. L'antico ricettario spirituale dell'hashish è un'antologia che ripercorre la storia, la cultura dell'hashish insieme alle esperienze dirette dei primi viaggiatori occidentali che ne sono entrati in contatto in terre esotiche. Inoltre il libro racchiude all'interno tantissime ricette appartenenti alle tradizioni locali dei popoli che da sempre ne fanno uso e altre più moderne come il Fudge di hashish alla Baudelaire. Il contributo di Hakim Bey a questo libro è il frutto di un enorme bagaglio di esperienze vissute tra India, Nepal, Pakistan, Iran e molti altri posti, tra lo studio del sufismo e la ricerca di stati alterati di coscienza indotti da sostanze enteogene.
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