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Il primo passo per realizzare il futuro è immaginarlo. Siamo una delle maggiori imprese italiane nella ristorazione collettiva, commerciale e nei servizi di welfare.
Il cibo è la nostra passione più vera. Ci impegniamo da sempre a nutrire tutte le comunità e i territori a cui ci rivolgiamo, con idee e soluzioni per garantire uno stile di vita sano e un futuro più sostenibile.
Continuiamo a farlo insieme. www.cirfood.com

La ristorazione italiana non è più un’arena dove vince chi ha più coperti o ampi spazi. È una scacchiera, dove la mossa giusta conta più del numero di pezzi. L’analisi condotta su 89 catene ben strutturate rivela che a fare la differenza non sono i metri quadri, ma l’allineamento tra scontrino, organico e modello operativo. I dati raccolti, mostrano che la forza non sta più nelle superfici ampie o negli organici numerosi, ma nella precisione con cui ogni metro e ogni risorsa vengono messi a frutto. Lo scontrino medio diventa la leva per sostenere i costi crescenti, la metratura si trasforma in variabile strategica, il personale in risorsa da calibrare chirurgicamente. Non è più il “quanto”, ma il “come” a decidere chi cresce e chi arretra. Cresceranno i micro-format QSR sotto gli 80 mq, veloci come scooter nel traffico urbano; i premium FSR esperienziali sopra i 35 euro di scontrino medio, capaci di trasformare il pasto in un viaggio; i modelli ibridi retail-ristorazione, economie circolari tra scaffale e tavolo; e i delivery-first brands, nati già digitali. Soffriranno i FSR generici, i bar low price e le pizzerie senza anima. La verità è semplice: quando il ticket scende sotto i 12 euro servono volumi da multinazionale, sopra i 300 mq serve uno scontrino extra large. Il resto è romanticismo che non copre i costi.
Quando il benessere conta, serviamo frutta di qualità da oltre 30 anni.


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01Editoriale - Il futuro del fuoricasa
07 News - La notizia è servita
18 Tendenze e mercati - Emergono nuove sfide globali
20 Meeting - Aigrim Day, la forza delle catene
Con 10 miliardi di euro di turnover, la ristorazione in catena vale circa il 10% del mercato, ma il dato raddoppia in alcuni cluster di consumo
25 Leggi & normative - Mensa scolastica e pasti gratuiti
Una sentenza della Cassazione che spiazza tutti e ridisegna i confini della ristorazione scolastica
30 Ristorazione e scuola - La rivoluzione parte in mensa
La ricerca Eumetra-Camst group rivela come le mense scolastiche stiano trasformando le abitudini alimentari delle famiglie italiane. Il 64% dei genitori si ispira ai menu scolastici per cucinare a casa.
34 Bilancio ai raggi x – La Piadineria - Locali diretti al centro
Gruppo Negozi Srl, società che gestisce oltre 400 punti vendita de La Piadineria, chiude il 2024 con margini superiori al 20% e un indebitamento in calo, nonostante una leggera flessione dell’Ebitda
36 Fuoricasa - Modelli a confronto
Scontrino, personale e metratura media dei locali di 89 brand del f&b ri-definiscono il business della ristorazione. Una esclusiva analisi sul mercato del fuoricasa a caccia di margini

46 Contract catering - Un patto per il giusto prezzo
Al CIRFOOD District di Reggio Emilia il terzo Summit della Ristorazione Collettiva getta luce su un settore che in Italia serve quasi 1 miliardo di pasti all’anno ma vive una crisi profonda
50 Il punto di vista del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari
“Botulino” e problemi correlati. Miti e bufale
Dal 1820 a oggi il botulismo continua a preoccupare: in Italia quasi 600 casi negli ultimi anni. Ecco gli alimenti più pericolosi e come prevenire l’intossicazione
54 Speciale Host Milano 2025
Innovazione e mercato, la fiera globale
Buyer internazionali, premi all’innovazione e macchinari ad alta efficienza: HostMilano si conferma piattaforma strategica per il foodservice equipment e per le sfide della ristorazione di domani
58 Beverage - Cambiano le carte in tavola
La rivoluzione silenziosa del mercato europeo: tra sobrietà, innovazione e nuove geografie del consumo
61 Ristorando per Brivio & Viganò
Brivio & Viganò, soluzioni tailor made per il settore Ho.Re.Ca. Innovazione, integrazione e persone al centro: Brivio & Viganò consolida il proprio ruolo di partner strategico per la ristorazione e l’ospitalità
62 Osservatorio - Trend tecnologici nella ristorazione USA
Il futuro parla americano, ma riguarda anche l’Italia. Uno sguardo al futuro a partire dal 2025 Restaurant Technology Outlook di Nation’s Restaurant News e Restaurant Business


67 La borsa delle imprese
75 Ristorando F&B
76 Ristorando Club
80 Carta stampata

Anno 30 - numero 11 - Novembre 2025
Direttore responsabile: Antonio Savoia
Coordinamento editoriale: Alberto Anderloni
Redazione: redazione.ristorando@edifis.it
Massimo L. Andreis • Alberto Anderloni • Luigi Limonta
Collaboratori: Lorenzo Bonardi • Roberto Bramati • Luisa Cappellina • Eugenio Dalli Cardillo • Paolo Della Noce • Delli Carri • Antonio Duva • Corrado Giannone • Roberto Giannone • Emilia Guberti • Gabriella Iacono • Davide Moscuzza • Daniele Pisanello • Alberto Schiraldi
Grafica: Barbara Aprigliano
Servizi fotografici: Jonni Ricci • Massimo Viegi • Massimiliano Masala
Pubblicità: dircom@edifis.it • pubblicita@edifis.it
Traffico pubblicitario: Francesca Gerbino • francesca.gerbino@edifis.it
Amministrazione: amministrazione@edifis.it
Stampa: New Press Edizioni srl • Via della Traversa 22 - 22074 Lomazzo (CO)
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Ristorando una rivista edita da: EDIFIS S.r.l.
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Lo sa Francesca, che ogni giorno prepara con amore.
Lo sappiamo tutti noi di Camst group che abbiamo scelto di dare valore a ogni istante. Diamo valore al tempo dedicato alla preparazione dei pasti e al grande lavoro di squadra in cucina, a offrire tutti i giorni momenti in cui condivisione e benessere sono gli ingredienti principali. Perché il tempo speso bene è ciò che conta davvero.
Camst group
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Firmato il rinnovo biennale che porterà l’alleanza CIRFOOD-Authentica spa a gestire i servizi di ristorazione del nosocomio ternano fino a settembre 2027. Una conferma che vale oltre 5 milioni di euro complessivi, con una spesa annua stimata in 2,6 milioni. L’accordo originario, siglato nel maggio 2020, giungeva naturalmente a scadenza. L’azienda ospedaliera ha manifestato tempestivamente la volontà di proseguire, ricevendo risposta affermativa dal raggruppamento temporaneo d’imprese. Tuttavia, nella comunicazione del primo settembre, CIRFOOD-Authentica ha sollevato una questione delicata: il rinnovo del contratto nazionale pubblici esercizi, ristorazione collettiva e turismo, aggiornato nel giugno 2024, prevede incrementi fino al 2,35% che impattano significativamente sul costo del lavoro. L’ente ospedaliero ha dato il via libera al rinnovo alle condizioni economiche vigenti, ma parallelamente ha avviato un’istruttoria formale. L’obiettivo è verificare la sussistenza dei presupposti per riconoscere eventuali modifiche contrattuali in ragione degli oneri sopravvenuti. Una mossa prudente che lascia aperta la porta a possibili aggiustamenti, bilanciando continuità del servizio e sostenibilità economica.
Via Stamperia, a pochi passi dalla Fontana di Trevi ospita il nuovo tempio del pollo fritto targato KFC. Un’operazione da 3 milioni di euro che trasforma ex locali bancari in 870 metri quadri distribuiti su due livelli, con 200 posti a sedere e tecnologie che ridefiniscono l’esperienza cliente.
Kiosk interattivi per gli ordini, postazioni per il refill gratuito di Pepsi e un sistema Transporter a vista che trasporta i vassoi al piano superiore: ogni dettaglio è studiato per massimizzare efficienza e spettacolarità. KFC introduce qui l’unico servizio al tavolo presente in Italia, con segnaposto numerici ritirati alla cassa. Al piano superiore, un’area giochi con schermi interattivi e videogame completa l’offerta per le famiglie.
Oltre alla gamma completa del brand, il flagship romano propone le bevande Kwench, linea finora presente solo in 38 punti vendita mondiali, principalmente in UK e Australia. Si tratta di bevande calde e fredde aromatizzate in vari gusti, un elemento distintivo che eleva ulteriormente il posizionamento del locale.
Corrado Cagnola, amministratore delegato di KFC Italia, celebra questo flagship come “il ristorante più bello che ci sia”. I numeri aziendali confermano la solidità del progetto: fatturato 2024 a 179 milioni di euro, con previsione di crescita del 30% per il 2025. L’obiettivo è superare i 200 punti vendita entro il 2027, partendo dai 133 attuali destinati a diventare 150 a fine anno. Roma consolida la sua importanza strategica con 14 location, in attesa dell’apertura di Castel Romano.

Quando il caffè diventa esperienza multipla. Piazza Cordusio, cuore pulsante di Milano, accoglie il primo esperimento italiano di Nespresso Bar. Un flagship che rompe gli schemi tradizionali del punto vendita capsule, trasformandosi in ibrido sofisticato tra boutique esclusiva, caffetteria con servizio e corner asporto. Una scommessa sul futuro del consumo che intercetta le nuove abitudini dei milanesi.
La formula prevede tre moda-
lità d’uso distinte. Dal lunedì al venerdì, tra le 8 e le 10, l’area lounge offre colazione completa con servizio al tavolo: caffè Nespresso abbinati a dolci e brioche selezionate. Dalle 8 alle 18, tutti i giorni, una finestra esterna dispensa caffè “on the go” nel classico bicchiere di carta da passeggio, senza però precludere l’accesso ai tavoli interni per chi preferisce consumare seduto.
Mario Valla, Direttore Commerciale B2C di Nespresso
Italiana, sottolinea un primato significativo: “Con 75 boutique distribuite sul territorio nazionale, l’Italia rappresenta il mercato con la rete di punti vendita più ampia del brand a livello globale”. Il canale retail si conferma tassello centrale dell’approccio omnicanale, completato da servizio “clicca e ritira” per acquisti online e sistema di raccolta capsule usate per corretto smaltimento, dato che non sono compostabili nell’umido residenziale.

L’asta che ridisegna lo smash burger: Mercato Srl, società della famiglia Scudieri che detiene il marchio Obicà Mozzarella Bar, ha vinto l’asta per rilevare Burgez, catena di smash burger finita in liquidazione giudiziale. L’offerta di 1,3 milioni di euro si è imposta nella procedura del 29 agosto scorso, aprendo un nuovo capitolo per un brand che aveva conosciuto rapida espansione prima delle difficoltà.
La proprietà formale non è ancora stata trasferita, trattandosi di passaggio all’interno di procedura di liquidazione con step ancora da completare. Mercato Srl acquisirà i lotti di aggiudicazione: marchi, undici punti vendita operativi e uffici milanesi con relative attrezzature.
I locali ancora attivi si concentrano principalmente su Milano con sette unità, seguita da Roma, Torino, Verona e Bologna con un punto vendita ciascuna. Un network che mantiene presidio su città strategiche del Nord e Centro Italia, garantendo massa critica sufficiente per un rilancio credibile.
Tra gli operatori del settore cresce la curiosità su come la famiglia Scudieri svilupperà un marchio profondamente diverso da Obicà, sia per tipologia di offerta che per dimensioni dei locali. Lo smash burger veloce e compatto contro la mozzarella bar sofisticata e spaziosa: un abbinamento inedito che potrebbe riservare sorprese.

Dalla Repubblica Ceca con ambizione: Bageterie Boulevard si prepara a conquistare il mercato italiano. Il brand, leader indiscusso in Repubblica Ceca con oltre 70 punti vendita, ha già avviato l’espansione in Regno Unito, Germania, Ungheria e Medio Oriente. Ora cerca un partner italiano per sviluppo congiunto in joint venture e franchising, con obiettivo di aprire i primi locali nei prossimi mesi. Michele Ardoni, responsabile sviluppo Italia e imprenditore già attivo nel food con Plant Bun, individua un’opportunità precisa: “Il panino è tra i prodotti più consumati nei contesti ad alta rotazione come stazioni, aeroporti e centri urbani, ma manca un format retail capace di valorizzarlo a pieno”. Una lettura del mercato che punta sulla velocità e sulla qualità industrializzata. La differenza competitiva sta nell’organizzazione produttiva. Ogni punto vendita riceve ingredienti da due stabilimenti proprietari del gruppo: uno per il pane, uno per le farciture proteiche e vegetali. Il pane viene parzialmente cotto in stabilimento, surgelato, poi completato con seconda cottura al punto vendita. Una volta sfornato, mantiene croccantezza ottimale per massimo 80 minuti. Sistema che garantisce freschezza, standardizzazione e velocità di servizio. L’assortimento non si limita ai sandwich. Il menu spazia da zuppe a insalate, patate al forno e omelette, coprendo tutte le fasce orarie compresa la prima colazione. Un posizionamento 100% quick service con forte componente take away, basato su modello operativo snello e replicabile. Bageterie Boulevard fa parte di Crocodille, gruppo da 150 milioni di ricavi attivo sia nella ristorazione che nella produzione industriale di sandwich confezionati. I colloqui con potenziali partner italiani sono in corso, con preferenza per operatori multibrand già strutturati.

Il colosso della ristorazione italiana si aggiudica il primo posto con un punteggio straordinario, consolidando la leadership nel welfare aziendale Pellegrini, l’azienda italiana fondata dal Cavaliere Ernesto Pellegrini e oggi guidata da Valentina Pellegrini in qualità di Presidente e CEO, si è aggiudicata il primo posto della gara Consip “BP11” per la fornitura di buoni pasto alla Pubblica Amministrazione. Un contratto dal valore complessivo di 600 milioni di euro in due anni che certifica la solidità di un gruppo capace di coniugare in-
novazione, qualità e responsabilità sociale. Il successo non è casuale: 79 punti su 80 nel punteggio tecnico rappresentano un riconoscimento straordinario che premia il lavoro sinergico della Divisione Welfare Solutions e di tutte le funzioni aziendali.
Ma c’è di più. Consip ha valorizzato l’impegno concreto di Pellegrini verso le persone e il territorio, un elemento distintivo che trasforma un’azienda in una vera “Welfare Company”.
Ne sono testimonianza progetti innovativi come il “Buono Pasto
Amici del Pellegrino”, pensato per il Giubileo 2025 per offrire ai pellegrini un’ospitalità autentica e accessibile nella Capitale. E poi la Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus che da oltre un decennio combatte le nuove povertà a Milano attraverso il Ristorante Solidale Ruben, dove solidarietà e dignità si incontrano ogni giorno. Questa aggiudicazione non è solo un traguardo commerciale: è la conferma di una visione imprenditoriale che mette al centro le persone, costruendo valore per dipendenti, clienti e comunità.

ANIR Confindustria ha promosso a Roma la Giornata nazionale del cibo pubblico, rilanciando il ruolo della ristorazione collettiva come infrastruttura sociale capace di unire impresa, qualità e responsabilità. Al centro del dibattito, la necessità di un mercato regolato e della revisione obbligatoria dei prezzi nei contratti pubblici. La giornata, ospitata a Palazzo Wedekind nel contesto dell’80° anniversario della FAO, ha visto la partecipazione di istituzioni, esperti e rappresentanti del mondo imprenditoriale. Il presidente dell’associazione delle imprese della ristorazione Massimo Piacenti ha celebrato i cinque anni di attività dell’associazione, sottolineando come abbia rafforzato la propria azione rappresentativa nel sistema confindustriale e nel dialogo istituzionale.
Il cibo pubblico viene definito come infrastruttura della vita civile del Paese. In un momento in cui il disegno di legge sull’obesità richiama l’attenzione su un’emergenza che grava per oltre 97 miliardi di euro annui sulle casse sociali, una mensa pubblica di qualità rappresenta un investimento nella salute e nella coesione, non una spesa. Per sostenere questo modello serve un mercato regolato, trasparente e sostenibile. La revisione ordinaria e obbligatoria dei prezzi deve diventare un principio strutturale dei contratti pubblici per i servizi. È indispensabile riconoscere la specificità della ristorazione collettiva, permettere margini equi nei contratti e istituire un contratto collettivo nazionale dedicato, capace di valorizzare le professionalità del settore. Il primo talk ha messo in luce la funzione educativa, sociale e culturale della ristorazione collettiva, affrontando i temi dell’equità alimentare,

MASSIMO PIACENTI, presidente ANIR Confindustria
della qualità dei servizi e del contrasto alle disuguaglianze territoriali. Il segretario generale Paolo Valente ha ribadito che il cibo pubblico è il punto d’incontro tra capacità industriale di produzione e missione sociale che assicura uguaglianza di accesso ai servizi basilari. Il secondo momento ha affrontato i temi del riequilibrio economico dei contratti pubblici, della revisione prezzi e dell’innovazione industriale, con particolare attenzione al Tavolo dei Servizi in corso presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.


Il cibo traina 3.300 comuni turistici. La spesa dei turisti in servizi di ristorazione sostiene l’economia di migliaia di località italiane. Dalle grandi città d’arte alle destinazioni balneari e montane, la diffusione risulta capillare su tutto il territorio nazionale. Roma, Venezia e Firenze guidano la classifica, ma l’impatto si distribuisce uniformemente. Nei primi dieci comuni turistici, secondo Fipe-Confcommercio i visitatori stranieri producono oltre il 67% del valore aggiunto complessivo nella componente ristorativa. Un dato che conferma il ruolo decisivo dell’incoming internazionale per l’economia del settore e la necessità di politiche mirate al rafforzamento dell’attrattività.
La cucina italiana rappresenta un formidabile soft power globale grazie alla rete di locali presenti nel mondo. Questi ristoranti rafforzano l’immagine nazionale e stimolano il desiderio di visitare il Belpaese. Anche i bar italiani, simbolo di socialità e stile di vita, costituiscono parte integrante dell’esperienza turistica. Secondo Lino Stoppani, presidente della federazione dei pubblici esercizi, servono politiche che riconoscano il ruolo della ristorazione con un approccio di filiera, capace di aumentare il potenziale dell’offerta e la competitività del brand Italia.

TOMMASO MAZZANTI, ceo All’Antico Vinaio
Venti metri quadrati di pura efficienza operativa. Il punto vendita AV Express rappresenta un’evoluzione radicale del modello tradizionale del format All’Antico Vinaio
Niente sedute, solo ordinazioni digitali e pagamenti elettronici. La finestrella per il ritiro ottimizza i flussi e serve sia clienti diretti che rider per le consegne a domicilio.
Un format pensato per massimizzare produttività e velocità di servizio.
Il fondatore Tommaso Mazzanti conferma il ritorno sul delivery dopo una pausa strategica.
La scelta ricade su Glovo per gestire le consegne nelle undici città principali dove il marchio opera.
Una mossa significativa per Rafael Narvaez, da settembre general manager della piattaforma in Italia, che acquisisce così un brand di riferimento nel segmento street food premium.
L’espansione internazionale procede su mercati selezionati: Italia, USA, Regno Unito ed Emirati Arabi rappresentano le geografie su cui concentrare gli investimenti.
A Londra, dopo la partnership con Joe Bastianich, sono già programmate ulteriori aperture. I negozi diretti italiani mostrano margini positivi secondo l’ultimo bilancio disponibile, confermando la solidità del modello economico.

Il commercio retail chiuderà l’ultimo trimestre 2025 senza crescita secondo le stime Confimprese-Jakala
La ristorazione prevede un calo dell’1%, mentre abbigliamento e accessori registrano -2,3%. Solo il comparto casa-arredo ed elettronica mostra segni positivi. Calano scontrini e traffico in negozio, con i consumatori orientati al risparmio e alla prudenza negli acquisti
L’ultimo trimestre azzera le previsioni precedenti.
Il Retailer Barometer rivede drasticamente le stime, passando da +1,7% a 0%. Il mese di agosto ha deluso le aspettative con appena +1% sul 2024, lasciando il progressivo gennaio-agosto in territorio negativo (-0,4%). La differenza tra crescita zero e recessione si misura ormai in decimali.
Nonostante l’inflazione sotto controllo, i consumatori mantengono un atteggiamento cauto. Mario Maiocchi, direttore del centro studi Confimprese, evidenzia risparmio sugli acquisti discrezionali e prudenza su quelli di prima necessità.
Due terzi delle aziende registrano fatturato negativo nel confronto con l’anno precedente.
La riduzione del numero di transazioni, particolarmente marcata nell’abbigliamento, non viene compensata dall’aumento dello scontrino medio. Il traffico in negozio flette del 3,5%, con il 59% dei retailer che lamenta cali su tutto il territorio nazionale. Nord-Est e Centro guidano la flessione delle visite. Il quadro complessivo testimonia difficoltà strutturali che richiedono strategie di adattamento profonde da parte degli operatori.

Omnibus per i Servizi
e la solidarietà con tutti i bambini del mondo

La gestione più facile della Ristorazione Scolastica? Sì, Omnibus.
Omnibus per i Servizi Scolastici offre al cittadino un’esperienza di navigazione semplice e intuitiva.
L’accesso con SPID e CIE è più rapido e sicuro, e grazie al principio mobile first il cittadino effettua qualunque attività da cellulare o tablet, per visualizzare le presenze a scuola dei propri figli, o i consumi, oppure i saldi o anche eseguire i pagamenti, perché la connessione a pagoPA è immediata.
Anche la connessione all’app IO è subito disponibile e le comunicazioni del Comune con il cittadino per saldi, pagamenti e solleciti sono chiare e rapide.
E poi c’è l’Assistente Virtuale Sibyl, un supporto importante per gli operatori di back office della Pubblica Amministrazione e per i gestori di servizi e un chatbot di aiuto per i cittadini perché risponde alle loro domande ogni giorno 24h.
Ed è questo che fa di Omnibus la soluzione per tutti.
*pagoPA e l’appIO sono marchi registrati di proprietà di PagoPA S.p.A.
Bergamo, Firenze, Genova e Cagliari nel mirino. Le prossime aperture del format Smashie di Cigierre toccano contesti strategici: Choruslife a Bergamo, i Gigli di Firenze, il Waterfront di Genova e il nuovo centro commerciale Fass di Cagliari previsto per il 2026. L’amministratore delegato Marco Di Giusto considera Roma una tappa fondamentale per far conoscere il marchio e attrarre clientela, confermando l’ambizione di un’espansione nazionale strutturata. Smashie apre al dialogo con potenziali affiliati provenienti da background diversi. Non solo multibrand del food, ma anche operatori di altri settori interessati al format quick service restaurant. La flessibilità nella selezione dei partner testimonia la volontà di costruire una rete eterogenea e dinamica. Il canale dei mall resta privilegiato per caratteristiche strutturali e flus-
È stato inaugurato a Nardò il nuovo centro cottura di via Duca d’Aosta, dove saranno preparati circa 700 pasti per le mense scolastiche cittadine. L’intervento da 1 milione e 520mila euro con fondi Pnrr rappresenta una rivoluzione per il sistema scolastico, con possibilità di servire anche i comuni limitrofi. Una rivoluzione per le mense cittadine. Il nuovissimo centro cottura sarà a servizio di tutti i plessi della città, garantendo un innalzamento qualitativo degli standard di preparazione e fornitura dei pasti alle mense.
La struttura è organizzata anche per l’eventuale servizio ai comuni limitrofi, rappresentando un punto di riferimento territoriale per la ristorazione scolastica. Addio ai pasti preparati lontano. Il sindaco Pippi Mellone ha sottolineato che dopo decenni la città torna a cucinare in loco i pasti per le mense scolastiche. Questo consentirà di avere cibi più buoni, che vengono consegnati prima e nelle migliori condizioni. Per anni le famiglie avevano lamentato la preparazione dei pasti lontano dalla città, problema ora definitivamente risolto.
Il progetto prevede al piano terra, su oltre 343 metri quadri, vari ambiti funzionali per conservazione, trattamento, lavorazione e cottura dei prodotti alimentari, oltre a spogliatoi, servizi igienici e ufficio amministrativo.

Al primo piano, su circa 162 metri quadri, sono situati invece mensa e servizi igienici, collegati con un corridoio protetto agli ambienti scolastici. L’edificio è dotato di scala e ascensore, garantendo piena accessibilità.

si garantiti. Tuttavia, l’azienda guarda con interesse anche alle città, evitando i centri storici a favore di quartieri densamente abitati o vie ad alto scorrimento.
Una strategia che bilancia sicurezza dei traffici e potenziale di penetrazione urbana, puntando su location capaci di generare frequentazione costante e volumi sostenibili.
Colorato, etico e in continua evoluzione: Flower Burger compie dieci anni e si prepara a portare i suoi burger vegetali anche sugli scaffali della grande distribuzione. Una campagna di equity crowdfunding su CrowdFundMe punta a raccogliere circa un milione di euro per sostenere la crescita del brand.
Dieci anni fa, un piccolo locale nel cuore di Milano iniziava a colorare la scena gastronomica italiana con burger arcobaleno, inaspettatamente vegan, per far passare il messaggio di quanto mangiare vegetale potesse essere gioioso, divertente e alla portata di tutti. Oggi Flower Burger guarda al futuro con un progetto ambizioso: portare i suoi prodotti nella grande distribuzione.

La raccolta fondi servirà a sostenere la crescita su più fronti: apertura di nuovi punti vendita, sviluppo di linee dedicate alla ristorazione collettiva e Horeca, creazione di una gamma di prodotti vegetali per la GDO.
Flower Burger conta oggi 18 locali in Italia, tra cui quello di Verona accreditato VEGANOK, e ha chiuso il 2024 con un fatturato di circa 8 milioni di euro. Numeri che raccontano un percorso di crescita costante e una visione che non ha mai perso la sua anima originale, quella del fondatore e CEO Matteo Toto
Mentre Oltreoceano il mercato dei burger vegetali vive una fase di rallentamento, in Europa la traiettoria è diversa. Quasi il 60% delle famiglie italiane acquista prodotti veg, a fronte di una popolazione vegana ancora sotto il 3%. Il futuro passa dall’integrazione, offrendo alternative per tutti, e Flower Burger vuole incarnare proprio questo passaggio.








Otto italiani su dieci chiedono leggi che vietino gli alimenti ultra processati nelle mense scolastiche, ritenendo pericolosi quelli ricchi di additivi chimici. Il 91% ritiene fondamentale introdurre educazione alimentare fin dalle elementari, mentre cresce la preoccupazione per obesità infantile e malattie croniche legate al consumo di prodotti industriali. L’indagine Coldiretti/Censis evidenzia un orientamento chiaro: la maggioranza degli italiani vorrebbe seguire l’esempio californiano, approvando norme che tutelino la salute dei più piccoli eliminando dalle mense cibi precotti e merendine confezionate. Il dato emerge dal rapporto Mangiare bene, malgrado tutto, presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
Per il 62% delle famiglie, le scelte alimentari domestiche sono fortemente condizionate dalle preferenze di figli e nipoti, rendendo necessaria una formazione precoce e strutturata. Quasi l’84% degli italiani considera pericolosi gli alimenti ricchi di additivi chimici. Durante il dibattito sulla guerra nel piatto, un allestimento dimostrativo ha esposto energy drink, snack e piatti precotti su banchi
L’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche ha risolto il contratto con la ditta precedentemente incaricata del servizio mensa e avviato un nuovo bando di gara in corso di assegnazione. Si tratta di un passaggio importante per migliorare significativamente l’offerta ai pazienti ricoverati nei presidi ospedalieri della cittadella di Torrette.
La situazione ereditata dal contratto stipulato nel 2022 aveva portato la ditta appaltatrice a richiedere la risoluzione anticipata dell’accordo.
Con i prezzi della gara originale non era più possibile garantire la qualità necessaria rispetto ai canoni fissati. Di fronte all’impossibilità di assicurare gli standard qualitativi richiesti senza subire perdite economiche, il fornitore ha presentato istanza di risoluzione, prontamente accolta dall’Aou.
La nuova gara sarà regolata dai criteri Anac, secondo cui prezzi e qualità del servizio sono inscindibilmente legati. Il nuovo centro cottura rispetterà elevati standard, elevando la qualità in proporzione al maggior costo del singolo pasto. I pasti saranno preparati direttamente a Torrette con cibi freschi, garantendo maggiore controllo e tracciabilità dell’intera filiera.


di scuola, sottolineando i rischi che corrono quotidianamente i più giovani. La Fondazione Aletheia associa il consumo sistematico di alimenti processati a obesità infantile e malattie croniche. Bevande ad alto contenuto di caffeina e zuccheri possono favorire insonnia, ansia e disturbi cardiaci. Merendine industriali e barrette energetiche, cariche di zuccheri raffinati e grassi saturi, contribuiscono a sbalzi glicemici e aumento di peso. Piatti precotti e preconfezionati contengono quantità elevate di sodio, conservanti e additivi che incidono sul rischio di ipertensione e malattie cardiovascolari. Coldiretti propone di contrastare questa tendenza riscoprendo cibi genuini della filiera corta: pane e marmellata, latte e frutta, pasta al pomodoro, pollo con patate e il classico ciambellone della nonna. Secondo il segretario generale Vincenzo Gesmundo, i cibi ultra formulati stanno compromettendo il futuro dei ragazzi, mentre il presidente Ettore Prandini sottolinea l’importanza del Manifesto di Udine, che chiede più cibo a chilometro zero nelle mense e programmi di educazione alimentare nelle scuole.
Due lavoratori dell’Azienda Usl Umbria 1 ottengono oltre 8.000 euro ciascuno di risarcimento per la mancata erogazione del servizio mensa.
La sentenza del Tribunale di Perugia crea un precedente importante per tutto il personale sanitario regionale che svolge turni superiori alle sei ore continuative.

La Sezione Lavoro del Tribunale ha stabilito che i lavoratori turnisti hanno diritto al servizio mensa o a un corrispettivo buono pasto quando operano per oltre sei ore continuative. La sentenza, emessa in seguito a due vertenze promosse dalla Cisl Fp Umbria, condanna l’azienda sanitaria a risarcire due dipendenti dell’ospedale di Assisi ai quali era stato negato il beneficio.
Alla base della controversia, l’esclusione dalla mensa riguardava una vasta categoria di lavoratori: non solo il personale che assicura la continuità assistenziale su più turni, ma anche chi opera su un unico turno giornaliero superiore alle sei ore. Una discriminazione che ha finalmente trovato risposta nel pronunciamento del giudice.
Tra le novità più rilevanti figura l’introduzione del vassoio personalizzato per i singoli pazienti ricoverati. Il bando prevede aspetti fondamentali come la presenza del biologico, soprattutto per i pazienti in età pediatrica serviti presso il presidio Salesi.
Il giudice del lavoro ha fatto espresso richiamo a un consolidato orientamento della Cassazione. Di conseguenza, per i turni che superano le sei ore scatta il diritto alla pausa e il diritto alla mensa o al servizio sostitutivo.
Le pronunce rappresentano un successo non solo per i due lavoratori direttamente coinvolti, ma costituiscono un precedente di fondamentale rilevanza per l’intero comparto sanitario umbro. Si tratta delle prime decisioni sulla materia emesse nei confronti di un’Amministrazione sanitaria regionale, aprendo la strada al riconoscimento del diritto per molti altri dipendenti.

Socio-sanitaria | Scolastica | Aziendale | Commerciale | Vending

Da oltre 40 anni, Serenissima Ristorazione è un punto di riferimento nella ristorazione collettiva, con un impegno costante nell’offrire un servizio che unisce qualità e benessere nutrizionale. Grazie all’adozione di tecniche di cottura innovative, Serenissima garantisce piatti sani e sicuri, con un’attenzione particolare alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità ambientale. Non solo esaltando i sapori autentici della tradizione, ma mettendo al centro le esigenze di una corretta e sana alimentazione, per offrire un’esperienza gastronomica completa e responsabile.
grupposerenissima.it

Con l’avvio del nuovo anno scolastico, Dussmann Service introduce nelle mense menu studiati per coniugare equilibrio nutrizionale, attenzione alla stagionalità e rispetto dell’ambiente. L’obiettivo è trasformare il pasto in un’esperienza educativa che avvicini i giovani a un’alimentazione sana e consapevole.
I nuovi menu puntano a rendere il momento del pasto un’occasione di crescita per gli studenti, che imparano a riconoscere i sapori della stagione, a sperimentare nuovi abbinamenti e a riscoprire la convivialità come momento di condivisione. Tradizione, innovazione e creatività si fondono in proposte che coniugano gusto e benessere. Particolare attenzione è dedicata alla valorizzazione delle verdure, con pasta tricolore e dadolata di ortaggi freschi.
La sostenibilità resta il pilastro della filosofia di Dussmann Service, che opera in linea con i Criteri Ambientali Minimi, privilegiando prodotti
Commerz Real ha ufficializzato la cessione integrale di Oriocenter, gioiello immobiliare alle porte di Bergamo. L’acquirente è una partnership paritaria tra Generali Real Estate e Gruppo Percassi, con quest’ultimo che rileva in esclusiva anche l’NH Hotel contiguo. L’operazione complessiva vale circa 470 milioni di euro e rappresenta uno dei più significativi movimenti nel panorama dei centri commerciali italiani.
Il fondo tedesco hausInvest di Commerz Real aveva acquisito la proprietà nel 2000, investendo successivamente in ampliamenti che hanno portato la struttura dagli iniziali 75mila metri quadri del 2004 agli attuali 105mila. L’acquisizione avviene tramite un fondo immobiliare gestito da Generali Real Estate SGR, con partecipazione bilanciata al 50% tra le due realtà. Un modello che unisce la competenza finanziaria del colosso assicurativo alla visione imprenditoriale della famiglia Percassi. Oriocenter vanta 67.700 metri quadri di superficie affittabile quasi interamente locata, distribuita su circa 250 negozi. La struttura complessiva include 57 punti ristoro, due food court, 14 sale cinematografiche, un ipermercato e oltre 7mila posti auto. Il posizionamento strategico a ridosso dell’Aeroporto Internazionale di Orio al Serio garantisce un flusso costante di visitatori, traducendosi in circa 40 milioni annui di ricavi da affitti.

Con quasi 12 milioni di visitatori registrati nel 2024, Oriocenter mantiene il primato nazionale e continua a rappresentare uno dei più rilevanti asset commerciali europei.

biologici, certificati DOP e IGP, provenienti da filiere locali e a chilometro zero. L’impegno si concentra sulla riduzione degli sprechi, sull’utilizzo di packaging sostenibile e sulla sensibilizzazione degli studenti sul valore del cibo.
Ogni proposta è pensata per ridurre l’impatto ambientale, promuovendo biodiversità agricola e qualità delle materie prime. Dussmann Service conferma la propria missione: offrire ai bambini e ai ragazzi non solo un pasto equilibrato e nutriente, ma anche un’esperienza educativa che unisce gusto, salute e responsabilità verso l’ambiente. Il Gruppo, che impiega oltre 70.000 persone in 21 paesi, ha realizzato nel 2023 un fatturato globale oltre 3 miliardi di euro.

Dopo le tre location di Dubai, Antica Pizzeria Da Michele porta il suo format dedicato alla pizza napoletana a ruota di carro anche ad Abu Dhabi. Si tratta della quarta apertura negli Emirati Arabi e la prima nella capitale del Paese, allargando il perimetro internazionale del brand fondato a Napoli nel 1870 e ora a capo di oltre 70 locali.
L’amministratore delegato Alessandro Condurro ha evidenziato la rilevanza strategica di questa espansione nella capitale emiratina. Il punto vendita sorge a 100 metri dall’Etihad Arena, una struttura che ospita tutti gli eventi, gli spettacoli e i concerti della città. A livello di layout, la pizzeria si sviluppa su un’importante metratura di 300 metri quadri interni, a cui si aggiunge una terrazza esterna di 80 metri quadri, rappresentando di fatto un flagship all’estero del marchio napoletano.
Stefano Iuliano, partner della sede di Abu Dhabi, ha espresso gratitudine agli amministratori della Michele in the world che da anni ripongono in lui grande fiducia. Con la sua società, già partner nelle sedi emiratine, nelle due di Milano, a Barcellona e a Ibiza, punta a nuove aperture, anche del format Michele Express L’opening di Abu Dhabi segue le operazioni internazionali recentemente portate a termine a Parigi, Hokkaido e Tirana, confermando il dinamismo del brand.
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ristorazione AZIENDALE
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ristorazione SCOLASTICA
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U“Una boccata di pace”. Così a molti sono parse le giornate frenetiche che hanno portato alla storica firma del 13 ottobre a Sharm- el-Sheik. Quella firma suggellava l’intesa per Gaza finalmente raggiunta: una intesa che ha visto come principali protagonisti, oltre agli Usa, Egitto, Qatar, Emirati Arabi e Turchia.
Da una boccata si può sentire il sapore di un pasto (e quello della pace è ottimo) ma l’intero pasto potrà essere consumato in tranquillità?
A questa domanda c’è chi risponde con scetticismo. Ma il “cessate il fuoco” raggiunto apre una prospettiva nuova per il Medio oriente e segna l’inizio di un cammino che bisogna sperare prosegua pur se è esposto a incertezze e insidie.
Dopo oltre due anni di guerra feroce e cruenta, che ha inferto ferite profonde tanto nel popolo israeliano quanto in quello palestinese, forse solo l’emergere di nuovi interlocutori da una parte e dall’altra frenerebbe la deriva della reciproca distruzione. Un ruolo importante potrà però averlo anche la ricostruzione di Gaza: un’operazione gigantesca che, per decollare, presuppone una vera pace o, quanto meno, un duraturo congelamento delle ostilità che per i gazawi (e non solo) costituirebbe il “dividendo della pace”.
Ci si arriverà? Questa è la grande incognita che investe la responsabilità delle parti in conflitto ma riguarda anche i rappresentanti degli Stati che il13 ottobre, a cominciare dal presidente Trump, sono intervenuti al “summit della pace” che si è svolto in Egitto. Mentre dal Medio Oriente quel giorno è venuto un messaggio di speranza, sullo scenario internazionale continuano a pesare altre turbolenze.
Il conflitto russo-ucraino prosegue divampando con violenza e i rapporti Usa-Cina sono tornati a raffreddarsi per contrasti di carattere commerciale. Questo genere di tensioni, secondo il capo economista del Fondo Monetario Internazionale, Pierre-Olivier Gourinchas, possono avere un impatto negativo sulla economia mondiale. Questa, comunque, continua ad avere prospettive deboli, come lo stesso Gourinchas ha rilevato anticipando, in un meeting svoltosi a Washington il 14 ottobre, le conclusioni del prossimo outlook della sua istituzione.
Il Fmi stima che la crescita globale sarà, quest’anno, del 3,2% mentre la previsione per il 2026 è di una lieve contrazione (+ 3,01 per cento): dati entrambi decisamente inferiori al risultato ottenuto prima dello scoppio della pandemia (+3,7%).
Le stime del Fmi per area indicano una buona tenuta dell’economia Usa: +2% per quest’anno e +2,1% per il prossimo. Ma anche in questo caso si vede un rallentamento della crescita (nel 2024 il risultato fu, infatti, del 2,8%).
Per quanto riguarda la zona euro il Fondo invece prevede, per quest’anno, un +1,2% e, per il prossimo, un ancor più modesto +1,1 per cento.
In questa fase di grandi incognite e di accelerazione dell’innovazione, l’Italia ha saputo ben destreggiarsi come dimostrano l’andamento dello spread e i riconoscimenti delle agenzie di rating. È il risultato dell’impegno nel tenere i conti in ordine: una linea che emerge anche dalla manovra economica impostata dall’Esecutivo per il 2026. Si tratta di una scelta prudente. Ma è anche una scelta sufficiente? Le risposte a questo interrogativo sono articolate e non manca chi avanza rilievi.

“Per ora, mentre altri paesi europei arretrano o annaspano, restare fermi sembra una mossa vincente”, afferma, per esempio, Tommaso Nannicini (“La Stampa”, 11 ottobre). Ma quando si rimetteranno a correre - rileva l’economista bocconiano oggi docente all’Istituto Europeo di Firenze- il contesto cambierà, soprattutto se, nel frattempo, non avremo messo a punto una strategia adeguata.
Si tratta di una preoccupazione che appare fondata: almeno tre questioni aspettano risposte urgenti.
La prima è il debito pubblico. Secondo le proiezioni più recenti diffuse dal Fondo Monetario (14 ottobre) quello dell’Italia continua a pesare sempre di più: durante l’anno in corso toccherà il 136,8% del Pil (cioè un punto e mezzo in più del 2024) e, nel prossimo, salirà ancora (138,3%). Una limitata discesa (137% del Pil), secondo queste proiezioni, avverrà nel 2030: un appuntamento davvero troppo lontano per mettere il paese al riparo da possibili offensive della speculazione.
Ci sono, poi, le difficoltà della manifattura che sono gravi ma non sembrano destare l’attenzione che meriterebbero. “Come se non fossimo più una nazione industriale” sottolinea Ferruccio De Bortoli (“L’economia del Corriere della Sera”, 13 ottobre).
Eppure dobbiamo al successo del “made in Italy” buona parte di uno sviluppo che ora rischia di arenarsi.
La crisi della siderurgia, inasprita dall’assenza di una soluzione valida per l’impianto di Taranto; la contrazione produttiva dell’automotive, con il disimpegno sempre più marcato di Stellantis; la crisi strutturale della filiera della moda, dall’abbigliamento alle calzature: tutte vicende che hanno storie e motivazioni diverse ma che sono anche tessere di un unico, inquietante mosaico rispetto al quale andrebbe approntata un’azione di politica industriale più organica e incisiva.
L’agroalimentare, infine. Il settore non è in crisi: anzi, nel primo semestre dell’anno ha registrato un ulteriore sviluppo (superando il valore di 700 miliardi di euro) ed ha messo segno un brillante +6% di incremento dell’export.
Sul futuro di questa filiera pesano però due elementi negativi: la riduzione dei fondi per la Pac, la politica agricola comune per la quale Bruxelles prospetta pesanti tagli e il rialzo dei dazi Usa che, specie per alcune produzioni come la pasta, rischiano di causare effetti molto dannosi. Ecco perché il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini avverte: “Questo comparto va difeso con determinazione” (“Il Corriere della Sera”, 15 ottobre).
Sul debito pubblico, il made in Italy e l’agroalimentare l’Italia è impegnata in una partita cruciale. Sono tre fronti ben diversi ma legati da un elemento unificante: l’esigenza di garantire una crescita all’economia del Paese. Se la crescita sarà consistente (e potrà esserlo solo se i “motori” della manifattura e dell’agroalimentare gireranno a un ritmo più intenso) il debito, pur elevato, potrà essere sostenibile. In caso contrario, l’incertezza- che già domina questa stagione dell’economia globale -per noi salirà a un livello davvero rischioso.
Antonio Duva
Con 10 miliardi di euro di turnover, la ristorazione in catena vale
circa il 10% del mercato, ma il dato raddoppia in alcuni cluster di consumo
di Adriano Lovera
IIn media, sul totale delle occasioni di consumo fuori casa, le catene si prendono il 20% della pausa pranzo, il 15% della cena, mentre c’è ancora molto spazio da colmare su aperitivo e prima colazione.
Questi dati (elaborati da TradeLab ) sono tra i più importanti fra quelli emersi durante
Aigrim Day 2025 , il forum annuale della ristorazione in catena organizzato da AIGRIM-FIPE, l’associazione che rappresenta il settore in seno a FIPE-Confcommercio.
“La ristorazione in catena si conferma un settore in forte espansione: con un valore di circa 10 miliardi di euro,


rappresenta oltre il 10% del mercato totale e continua a crescere, come testimoniano il +17% di punti vendita e il +10% di occupati registrati in meno di due anni” ha dichiarato Riccardo Orlandi , Presidente di AIGRIM-FIPE (in foto), nel corso del suo intervento, seguito al saluto del presidente nazionale Fipe-Confcommercio Lino Enrico Stoppani
Orlandi ha ricordato altre attività su cui la sigla è impegnata e traguardi raggiunti: il contributo per il rinnovo
del contratto di lavoro, il percorso di formazione IFTS Restaurant Manager, il piano di recruiting in Tunisia.
Convenienza e Gen Z i fattori chiave
Tornando ai dati, secondo l’analisi di TradeLab, illustratata da Bruna Boroni , Director Industry away from home, il mercato italiano del Food & Beverage fuori casa vale 101 miliardi di euro nel 2024. Nonostante un generale rallentamento dei consumi, le catene crescono e viaggiano a ritmi superiori rispetto agli “indipendenti”, con aumento delle visite (+1,3%) e del valore (+5,4%) nel periodo settembre 2024-agosto 2025. Rispetto ai bacini demografici, le catene riescono a intercettare i giovani: Gen Z e Millennial rappresentano quasi la metà (49%) dei clienti delle catene, attratti principalmente dalla convenienza (57%) Hanno ancora poco peso invece altri fattori, su cui le catene devono investire per migliorare. Il richiamo di app e programmi loyalty, come motivo per cui si sceglie la catena, viene indicato solo dal 15% dei giovani, mentre

anche per quanto riguarda il servizio, solo il 17% cita la velocità come elemento distintivo. Una caratteristica, che in parte rappresenta ancora un limite, è rappresentata dall’eccessiva frammentazione del mercato.
Food e centri commerciali
L’Osservatorio congiunto di Deloitte e CNCC presenta -
to dal partner Tommaso Nastasi , ha invece confermato il ruolo strategico della ristorazione anche all’interno dei centri commerciali. La ripresa dell’industria in questo settore, già evidente nel 2023, si è consolidata nel 2024 (+0,7%), con la ristorazione che si attesta come un vero e proprio motore di crescita, raggiungendo un volume d’affari di 5,7 miliardi di euro.
Dopo il picco del 2023, l’au -
La ristorazione rappresenta ~7% sul fatturato dei Centri Commerciali nel 2024, raggiungendo un volume d’affari stimato pari a 5,7 B€, in crescita vs il 2019 rispetto alle altre location
mento di fatturato dei centri commerciali si sta stabilizzando, con una performance di H1 25 stabile rispetto all’anno precedente, mentre il fatturato della ristorazione nei centri commerciali continua ad avere una crescita positiva (+1% YoY H1 24 – H1 25). Il dato più significativo riguarda però i consumi: rispetto al 2022 il ticket medio è cresciuto notevolmente, con un +14% per i Full Service Restaurant e un +13% per i Quick Service Restaurant, a testimonianza di una forte capacità di attrazione e fidelizzazione del pubblico. “La ristorazione performa bene, anche se non è la panacea di tutto” ha osservato il presidente di CNCC Roberto Zoia . “Dobbiamo lavorare in sinergia per risollevare la fascia della sera”.
D’accordo Corrado Cagnola , vicepresidente Aigrim. “Da parte nostra, i brand devono impegnarsi a partecipare di più ai consorzi interni ai centri commerciali. Fatti salvi i costi di gestione irrinunciabili, è però indispensabile dirottare un po’ di risorse per iniziative comuni, penso ad eventi e azioni marketing”. 9 DELOITTE OSSERVATORIO AIGRIM FIPE - CNCC











L’élite dell’Industria e delle catene Food&Beverage
12-13 Marzo 2026
East End Studios - Milano






Nel corso della giornata di lavori, moderati dal direttore di Andrea Aiello, tanti protagonisti della ristorazione, del mondo dei centri commerciali e dell’industria hanno ragionato insieme su problemi, opportunità e relazioni all’interno delle filiere che compongono il mosaico. Rispetto ai centri commerciali, punta su questo canale il big di settore McDonald’s (che oggi ha 114 ristoranti nei centri). “In futuro saremo selettivi sulle aperture. Puntiamo a luoghi in cui strutturare partnership solidale e con tanto potenziale” ha osservato Giorgia Favaro, Amministratrice Delegata McDonald’s Italia
Relazioni attive sono anche al centro della riflessione di Stefania Criveller, Corporate General Manager Cigierre: “Oggi il food non è più un semplice servizio, ma una vera àncora dei centri. Gli eventi sul territorio sono determinanti ma ci vuole continuità, l’inziativa one shot non basta”. Un appello all’annosa questione della condivisione dei dati proviene dal General Manager de La Piadineria, Andrea
Valota: “Vorremmo avere più facilità di accessi ai dati dei centri. Sarebbe importante per strutturare meglio la nostra attività, ma anche in chiave di collaborazione con i landlord”. Che il food sia centrale non ci piove. Lo ha testimoniato Corrado Di Paolo, General Manager Svicom Agency, sostenendo come nei centri in portafoglio, le catene vanno dal 50% fino al 90% di tutte le insegne di ristorazione presente in un centro. “L’F&B ha dimostrato di essere resiliente, non solo come fatturato, ma anche come spazie e presenza, pensiamo alla nascita di moderne food court” ha affermato Alessandra Diamanti, Presidente Commissione Food&Leisure
CNCC – Head of A&T Out of Town Retail Landlord CBRE Ma la food court può avere un rovescio della medaglia. “L’assembramento dei brand crea un po’ un effetto-mensa che mal si sposa con la vocazione italiana dell’uscire a cena.
Se vogliamo risollevare questa fascia oraria, meglio un modello misto, con l’uso dei dehor dove possibile” ha suggerito Federico Cimbelli, Head of Center Management Multi Italy
no ragionato Enrico Leandro, CCO Canale diretta e NKA Italia di Sammontana Italia, Enrico Zoppas, Presidente e Amministratore Delegato Gruppo San Benedetto (in foto) e i rappresentanti delle catene.
Industria alimentare e risorse umane
Successivamente, è stata rimarcata l’importanza del rapporto tra catena e industria alimentare. Il messaggio chiave è che questo rapporto porti a innovazione, progettualità, addirittura un servizio taylor made e non solo un vincolo di fornitura. Ne han-
Il delicato tema del reperimento del personale, in una congiuntura storica dettata dal calo demografico e della bassa crescita italiana, è stato affrontato da Massimiliano Valerii, Consigliere Delegato Censis, Simona Tironi, Assessore all’Istruzione, Lavoro e Formazione Regione Lombardia, Massimo Lauro, Direttore Risorse Umane Gruppo Cremonini, Andrea Arrighi, Vice President Human Resources & Organization Lagardère Travel Retail Italia, Chiara Bacilieri, Direttrice Marketing, Comunicazione e Innovazione Mindwork, Emmanuele Massagli, Presidente AIWA
Il Governo ha testimoniato la propria rappresentanza con interventi di Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy e Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.




di C. Giannone
NNegli ultimi mesi si sono registrate importanti novità nel settore della ristorazione scolastica. Tra queste, la più rilevante riguarda l’annoso problema dei pasti gratuiti al personale scolastico: un tema da sempre al centro di interpretazioni controverse, pratiche consolidate e, talvolta, vere e proprie distorsioni nell’applicazione delle norme.
In passato mi ero già soffermato su questo argomento, evidenziando come il beneficio del pasto gratuito fosse spesso esteso ben oltre gli aventi diritto. In numerosi casi,
infatti, a consumare gratuitamente il pasto nelle mense scolastiche non erano soltanto gli insegnanti effettivamente impegnati nella vigilanza sugli alunni, ma anche soggetti che nulla avevano a che fare con il servizio. Tra questi figuravano docenti non in servizio al momento del pranzo, personale ATA, educatori e persino dipendenti di società esterne incaricate dalle amministrazioni comunali. Una pratica diffusa che, seppur consolidata nel tempo, comportava un evidente aggravio per le casse comunali.





Un fraintendimento normativo di lunga data
Alla base di questa estensione impropria vi è stata, per anni, una errata interpretazione dell’articolo 21 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto scuola. Tale disposizione disciplina il diritto al pasto per il personale scolastico, ma riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro tra il personale e il Ministero dell’Istruzione, non le amministrazioni comunali. I Comuni, infatti, non sono datori di lavoro degli insegnanti o del personale ATA, e dunque non possono essere obbligati a sostenere costi che spettano ad altri livelli istituzionali.
Fino a oggi, tuttavia, la prassi aveva consentito la distribuzione di due pasti gratuiti per ogni classe. Il Decreto Dipartimentale n. 194 del 29 ottobre 2024 ha finalmente chiarito i criteri da applicare, stabilendo con precisione il numero di pasti spettanti a ciascuna categoria:
• Scuola dell’infanzia: 2 maestri per classe; 1 ausiliario ogni 2 classi; 1 insegnante di sostegno ogni 4 classi.
• Scuola primaria: 1 docente per classe; 1 ausiliario ogni 4

classi; 1 docente di sostegno ogni 4 classi.
• Scuola secondaria: 1 docente o 1 ausiliario per classe; 1 docente di sostegno per classe.
La norma è chiara: non esiste alcun diritto generalizzato per tutti gli insegnanti in servizio a fruire del pasto gratuito. Il beneficio è riconosciuto esclusivamente a chi svolge effettive funzioni di sorveglianza attiva durante il consumo dei pasti e, nel caso degli ausiliari, solo se impegnati in attività strettamente legate al servizio di refezione.

Chi paga davvero i pasti degli insegnanti?
Un interrogativo ricorrente riguarda proprio la copertura dei costi. A differenza di quanto molti ritengono, non sono gli insegnanti a presentare individualmente domanda per il rimborso del pasto. Il meccanismo è diverso: il Ministero dell’Istruzione eroga contributi ai Comuni, che a loro volta gestiscono il servizio mensa per il personale scolastico. I criteri di assegnazione dei fondi non si basano sul numero effettivo di pasti gratuiti erogati, bensì su parametri oggettivi quali:
• il numero delle classi, • le ore settimanali di attività, • il numero di docenti che svolgono assistenza durante il pranzo.
Il problema è che quasi mai il contributo ministeriale copre integralmente le spese sostenute dai Comuni.
Questo squilibrio diventa ancora più gravoso quando vengono serviti pasti gratuiti anche a chi non ne ha diritto.
Il rischio del danno erariale e le prime contromisure. Negli anni scorsi, anche grazie ad articoli pubblicati su Ristorando, ho messo in guardia i RUP (Responsabili Unici del Procedimento) rispetto al rischio di incorrere in denunce per danno
erariale se avessero continuato a consentire la somministrazione di pasti gratuiti a personale non avente diritto.
Molti Comuni hanno così iniziato ad adottare misure correttive: hanno inviato comunicazioni alle direzioni didattiche specificando che d’ora in avanti i pasti gratuiti sarebbero stati garantiti solo nei casi previsti dalla legge. Questa presa di posizione, pur legittima e necessaria, ha scatenato reazioni spesso molto forti da parte di dirigenti scolastici contrari alla limitazione, convinti che fosse un diritto acquisito per tutti i docenti.
Le situazioni più delicate si sono registrate laddove le amministrazioni avevano nominato un Direttore dell’Esecuzione del Contratto (DEC) esterno, come previsto dal Codice dei contratti. Queste figure, responsabili del controllo contabile e del rilascio del certificato di regolare esecuzione – indispensabile per autorizzare il pagamento delle fatture alle società di gestione – hanno evidenziato notevoli discrepanze.
In più scuole, infatti, è emerso che il numero di pasti serviti superava di gran lunga quelli previsti dalla norma: in un caso si è arrivati a una differenza di














200 pasti al giorno, in un altro di 80. Cifre che, sommate su base annua, generano un impatto economico significativo. In tali circostanze i DEC hanno segnalato la necessità di un intervento immediato da parte dei RUP per riportare il sistema a un corretto equilibrio.
Il caso Quarto d’Altino: dalla speranza alla Cassazione
La svolta decisiva è arrivata con una vicenda giudiziaria emblematica. Un gruppo di insegnanti di una scuola dell’infanzia di Quarto d’Altino (provincia di Venezia) aveva fatto ricorso al TAR, chiedendo il riconoscimento del diritto a un pasto completo (primo, secondo, contorno, frutta e pane) durante il servizio di refezione. Il TAR aveva inizialmente accolto la richiesta, condannando Ministero, Istituto Comprensivo e Comune a fornire il pasto nella forma richiesta. Ma la storia non si è fermata lì.
Il Comune ha infatti presentato ricorso alla Corte d’Appello di Venezia, che ha ribaltato la decisione di primo grado. La Corte ha stabilito che il Comune non era tenuto a garantire il “secondo piatto” agli insegnanti, precisando inoltre che chi avesse già beneficiato del pasto completo dovesse restituire quanto indebitamente ricevuto. La motivazione è stata inequivocabile: l’onere del pasto non grava sul Comune, bensì deve essere gestito a livello ministeriale attraverso i contributi erogati dallo Stato.
Questa decisione ha rappresentato un precedente significativo, mettendo nero su bianco un concetto che spesso era stato sottovalutato: il servizio mensa per gli insegnanti non ha natura retributiva, bensì assistenziale. Serve a garantire il benessere psico-fisico durante l’orario di lavoro, non a fornire un trattamento economico accessorio.
Gli insegnanti hanno quindi presentato ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte ha però dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello. Nel farlo, ha enunciato principi chiave destinati a orientare la materia in futuro.
1. Onere della prova e funzione del pasto
Non conta se il pasto corrisponde a un “menu completo” con tutte le portate.
Quello che rileva è che sia adeguato a garantire la funzione assistenziale. Spetta al lavoratore dimostrare in modo puntuale perché il pasto non sia idoneo a garantire il benessere psico-fisico. Non basta lamentare l’assenza di un piatto.
2. Le Linee guida sulla ristorazione scolastica
La Cassazione ha chiarito che le Linee di indirizzo nazionali e le intese Stato-Regioni non hanno valore normativo cogente. Sono strumenti di indirizzo politico-amministrativo, non fonti primarie o secondarie. Non possono dunque essere invocate come se fossero legge. 3. Irrilevanza delle motivazioni secondarie
Una volta riconosciuta la ragione principale della decisione – ovvero la mancata prova dell’inadeguatezza del pasto – diventa inammissibile contestare motivazioni accessorie.
Cosa cambia per gli insegnanti
Alla luce di queste sentenze, un insegnante in servizio durante il pranzo ha diritto a un pasto che garantisca il suo benessere psico-fisico.
Non è definita una composizione standard (primo, secondo, contorno, frutta), ma solo l’idoneità complessiva del servizio a svolgere la sua funzione assistenziale.

Se un docente ritiene che il pasto non sia sufficiente, ha l’onere di dimostrarlo.
Non basta sostenere che manchi una portata: occorre provare, con argomenti e dati concreti, che il servizio non consente di mantenere il necessario equilibrio psico-fisico.
Linee guida regionali: un labirinto normativo
Un ulteriore aspetto chiarito indirettamente dalla sentenza riguarda il proliferare delle linee guida. In Italia, oltre alle Linee di indirizzo nazionali, esistono circa 60 documenti emanati da Regioni, ATS, ASL e altri enti. Questo ha generato una frammentazione e disomogeneità di indicazioni, con conseguenze pratiche non trascurabili. Alcuni esempi:
• In Sardegna, i Comuni devono pagare per l’approvazione dei menù e persino per le varianti.
• In Lombardia, le ATS impongono ai Comuni menù predefiniti che, una volta applicati, spesso incontrano la disapprovazione dei genitori.
La Cassazione, chiarendo che tali documenti non hanno valore cogente, ha di fatto posto un argine a una prassi che rischiava di vincolare i Comuni a decisioni non sempre praticabili o condivise dalle famiglie.
La vicenda dei pasti gratuiti per gli insegnanti mette finalmente ordine in un ambito caratterizzato da decenni di incertezze. La Cassazione ha ribadito che la refezione scolastica per il personale non è un diritto assoluto né una voce retributiva, ma un servizio assistenziale. Solo chi svolge funzioni di sorveglianza può accedervi gratuitamente, e l’onere della prova spetta al lavoratore che contesta la qualità del pasto.
Per i Comuni si tratta di una conferma importante: non possono essere caricati di oneri che spettano allo Stato.
Per i dirigenti scolastici e per gli insegnanti, la sentenza rappresenta invece un punto fermo che impone di distinguere tra abitudine e diritto.
Il settore della ristorazione scolastica, già complesso per le difficoltà organizzative e per le tante linee guida regionali, trova così un chiarimento decisivo che potrebbe, finalmente, evitare contenziosi futuri e riportare la gestione del servizio a criteri di trasparenza ed equilibrio economico.
E mentre andiamo in stampa abbiamo già notizia che alcuni comuni hanno cominciato ad applicare la sentenza della cassazione.

La ricerca Eumetra-Camst group rivela come le mense scolastiche
stiano trasformando le abitudini alimentari delle famiglie italiane.
Il 64% dei genitori si ispira ai menu scolastici per cucinare a casa.
di MLA
NNon è solo questione di nutrire i bambini tra i banchi. Le mense scolastiche sono diventate incubatori di nuove abitudini alimentari che si propagano nelle cucine italiane.
La ricerca “Parents”, condotta da Eumetra in collaborazione con Camst group su oltre 2.000 genitori con figli tra 0 e 11 anni, fotografa un’Italia che cambia menu. Il 64% delle famiglie ammette di prendere spunto dai piatti scolastici per sperimentare ricette inedite tra le mura domestiche.
Un dato che ribalta la percezione tradizionale: non è più solo la casa a influenzare la scuola, ma la scuola a ispirare la tavola familiare. Il 74% dei bambini pranza almeno qualche volta a settimana a scuola, trasformando questo momento in un ponte culturale tra due mondi alimentari. Per il 37% dei genitori intervistati, la mensa rappresenta l’occasione ideale per introdurre sapori nuovi, soprattutto legumi e verdure, alimenti che faticano a conquistare i palati più giovani nell’intimità domestica.

Come un figlio cambia il carrello
L’arrivo di un bambino non porta solo notti insonni e pannolini. Trasforma radicalmente le scelte alimentari dell’intera famiglia (tab. 1). Secondo lo studio, la maggior parte delle famiglie modifica in modo significativo la propria alimentazione dopo la nascita del primo figlio. Sette famiglie su dieci aumentano il consumo di cibi freschi e preparazioni casalinghe, mentre il 68% cerca una dieta più equilibrata. La rivoluzione passa anche attraverso le rinunce. La metà delle famiglie riduce gli alimenti surgelati, il 45% limita snack e pasti spezzati, il 48% taglia i cibi d’asporto e il 43% dice addio ai piatti pronti. Numeri che raccontano una presa di coscienza collettiva: la responsabilità genitoriale si traduce in consapevolezza alimentare. Non si tratta di mode passeggere, ma di un cambio di paradigma profondo che coinvolge l’intero nucleo familiare.
A scuola si osa, a casa si esita
Qui emerge il paradosso più interessante della ricerca. Quando si tratta di confrontare il cibo di casa con quello della mensa, emergono percezioni contrastanti che raccontano due filosofie alimentari complementari (Tab 2). Per quattro famiglie su dieci, i bambini hanno più occasioni di provare nuovi sapori a scuola che a casa. Più in dettaglio, il 46% dei genitori ritiene che l’alimentazione domestica sia più buona a livello di sapore, contro il 19% che preferisce quella scolastica. Il 45% la considera più “sfiziosa” con trasgressioni, mentre il 25% attribuisce questo primato alla scuola. Prodotti più freschi (41% contro 22%) e porzioni più abbondanti (41% contro 22%) caratterizzano la tavola di casa secondo le fami-
Cibi freschi e preparazioni casalinghe
di dieta equilibrata
Riduzione alimenti surgelati 33% (più consumo) 50% (meno consumo)
Limitazione snack e pasti spezzati 31% (più consumo) 45% (meno consumo)
Riduzione cibi d'asporto 28% (più consumo) 48% (meno consumo)
Limitazione piatti pronti 23% (più consumo) 43% (meno consumo)
Fatturato pollo fritto 1,12 mld €
Quota mercato pollo fritto 5%
Quota halal nel mercato >1,4 mld €
glie. Tuttavia, la mensa conquista terreno su aspetti cruciali: il 37% dei genitori riconosce che a scuola ci sono più occasioni di provare nuovi gusti, contro il 31% che attribuisce questo merito alla casa. Soprattutto, il 37% identifica nella mensa il luogo dove si consumano più legumi e il 35% più verdure, contro percentuali sensibilmente inferiori (29% e 28%) per l’alimentazione domestica. La scuola risulta anche più equilibrata (30% contro 28%) e più varia (33% contro 31%), segnando il suo ruolo educativo nell’ampliare gli orizzonti alimentari dei più piccoli. Un dato che fa riflettere. Mattia Grillini, vicepresidente di Camst group, sottolinea come il problema dell’obesità infantile resti significativo: il 19% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso e il 9,8% presen-
ta obesità. Le cause? A casa il consumo di legumi e verdure è spesso insufficiente, mentre snack e pasti pronti dominano ancora troppe tavole. Difficoltà economiche o mancanza di tempo possono spiegare queste abitudini, ma la soluzione passa attraverso menu studiati da nutrizionisti e dietisti.
I dati sulla frequenza del pranzo scolastico rivelano un’Italia divisa per geografie e abitudini (Tab. 3). Il 44% dei bambini pranza a scuola tutti i giorni, mentre il 30% lo fa solo alcune volte. Un significativo 26% non usufruisce mai del servizio mensa. Le differenze territoriali sono marcate: i bambini tra 4 e 6 anni del nord est e i residenti nelle medesime aree mostra-
no una propensione maggiore alla frequenza quotidiana (58% e 55% rispettivamente). Al contrario, i bambini più grandi tra 7 e 11 anni e i residenti nel sud Italia e nelle isole presentano tassi di non utilizzo del servizio più elevati (33% e 40%). Sul fronte economico, il 59% delle famiglie considera adeguato il costo giornaliero del pasto scolastico, un dato che sale al 32% tra le famiglie con bambini di 7-11 anni. Solo il 27% lo ritiene eccessivo, mentre l’11% lo giudica economico. Appena il 3% non sa esprimersi.
Il valore nascosto del vassoio scolastico
Matteo Lucchi, CEO di Eumetra, inquadra il fenomeno in una prospettiva più ampia: il momento del pasto non è soltanto nutrimento, ma relazio-
che pranzano a scuola almeno qualche volta/settimana
Genitori che vedono nella mensa occasione per nuovi sapori
Famiglie che servono piatti diversi dalla mensa a casa
Maggior consumo di legumi a scuola rispetto a casa
Maggior consumo di verdure a scuola rispetto a casa
Famiglie che considerano adeguati i costi del servizio
Bambini 8-9 anni in sovrappeso
Bambini 8-9 anni con obesità 9,8%



ne, educazione e costruzione di abitudini durature. La mensa diventa un alleato prezioso per genitori che cercano rassicurazioni tra le mille proposte alimentari del mercato. Il menu scolastico offre punti di riferimento affidabili, studiati per garantire equilibrio e varietà. Quando si chiede ai genitori su quali aspetti della refezione vorrebbero maggiore attenzione da parte delle scuole, emerge una gerarchia di priorità che riflette le preoccupazioni contemporanee (Tab. 4). Al primo posto si colloca l’educazione alimentare in generale, richiesta dal 29% delle famiglie, seguita dall’educazione al gusto e alla sperimentazione di nuovi sapori (26%). Al terzo posto, a pari merito con il 25%, troviamo l’educazione al movimento e alla salute per prevenire l’obesità, e la sostenibilità con attenzione allo spreco alimentare, quest’ultima particolarmente sentita dalle famiglie con figli tra 7 e 11 anni (29%). La sicurezza alimentare, con attenzione a intolleranze e allergie, preoccupa il 24% dei genitori, mentre il 23% chiede maggiore semplicità dei piatti. Seguono richieste per prodotti biologici o a filiera corta (19%),

momento di socialità e convivialità (19%), ricette e prodotti del territorio (17%), tradizione (16%) e offerta di piatti già conosciuti dai bambini (15%). Chiudono la classifica preferenze per proteine vegetali (13%), personalizzazione nella scelta (13%) e multi-culturalità (12%).
Un dialogo continuo casa-famiglia
Da evidenziare che, secondo la ricerca, sei famiglie su dieci
considerano adeguati i costi del servizio mensa, mentre solo una su dieci li ritiene anti-economici. Un consenso significativo che testimonia il riconoscimento del valore offerto. La percezione della refezione scolastica come investimento, più che come semplice spesa, emerge chiaramente dai dati raccolti.
La dimensione educativa e quella sociale dello stare a tavola si intrecciano per creare benessere collettivo. È questa la sintesi più efficace della ri-
Tab. 4

cerca. La mensa scolastica non è un semplice servizio logistico, ma un fattore di influenza culturale che penetra nelle dinamiche familiari. Le scelte nutrizionali studiate da equipe di esperti rispondono alle esigenze dei più piccoli e contribuiscono alla diffusione di stili di vita sani.
Il 74% dei genitori che consumano a casa piatti diversi da quelli scolastici non rappresenta una frattura, ma una complementarietà. La varietà del menu scolastico amplia il repertorio familiare, offrendo spunti che vengono rielaborati e adattati. È un dialogo continuo tra due sfere alimentari che, anziché opporsi, si arricchiscono reciprocamente.


Gruppo Negozi Srl, società che gestisce oltre 400 punti vendita
de La Piadineria, chiude il 2024 con margini superiori al 20% e un indebitamento in calo, nonostante
di A.L.
LLa Piadineria continua a essere il leader delle catene italiane fast casual, escludendo dunque dal conteggio il fast food di McDonald’s. Quest’anno il marchio (guidato fino ad ottobre da Andrea Valota che ha da poco ceduto la poltrona di a.d. a Roberto Longo), chiuderà con una cinquantina di nuove aperture superando così la fatidica soglia dei cinquecento punti vendita. Diffusa al Nord come al Sud e in tutti i canali commerciali, la piadina romagnola (ma fatta nel laboratorio di Brescia) con-
tinua ad ottenere il successo del pubblico interno, mentre sta anche spingendo l’acceleratore sull’estero. Infatti, La Piadineria è già presente in Francia ed ha annunciato un piano di espansione negli Stati Uniti, partendo da New York. Ma come va il bilancio? La crescita veloce delle aperture e dei ricavi, infatti, non è per forza sinonimo di risultati. Eppure, nel caso della Piadineria, la fase di ampliamento va di pari passi con un tasso ancora molto soddisfacente dei margini e degli utili.

Tante operazioni di buy back per inglobare i negozi
Il piano di crescita de La Piadineria, che dall’inizio dello scorso anno appartiene a CVC Capital, prosegue a ritmo accelerato. La spesa in investimenti è ingente e accanto alle aperture sale la componente del costo del lavoro, eppure il brand dimostra di saper mantenere in pieno la redditività. Il margine operativo lordo si mantiene intorno al 20% e perde solo qualche punto decimale rispetto al 2023. Scende anche l’indebitamento e si rafforza il patrimonio. Sono le considerazioni principali che emergono dalla lettura del bilancio 2024 di Gruppo Negozi Srl, ossia la società che controlla i negozi diretti de La Piadineria. Questi punti vendita rappresentano la grande maggioranza dell’attività del brand. Al 31 dicembre scorso, si trattava di 415 punti vendita diretti su 450 in totale. La strategia de la Piadineria, che punta fortemente sulla gestione diretta e meno sull’affiliazione, emerge anche dalla continua attività di “buy back” di società (negozi) acquisiti lungo i 12 mesi di attività. Nel corso del 2024 sono state ben 16 le società precedentemente acquisite e poi fuse per incorporazione dentro la Gruppo Negozi Srl. Dal 2015, sono state 94 le società “incorporate”. Gli investimenti in nuove aperture segnati a bilancio ammontano a 10,84 milioni.
Dai mall il 50% dei ricavi, ma crescono le street
Se a quest’attività si aggiungono le aperture “da zero”, nel solo 2024 i negozi diretti sono aumentati di 71 unità, mentre una quota marginale di punti vendita, solo 4, sono stati chiusi in quanto non performanti. L’allargamento della rete dei negozi si è riflessa in modo proporzionale sulla crescita dei ricavi. Il fatturato è passato da circa 181 a
224 milioni di euro (+42 milioni), una variazione un po’ superiore al 20%. Facendo un calcolo un po’ elementare, ma indicativo, i ricavi totali suddivisi per i negozi, restituiscono una media di ricavi per negozio che da circa 520mila euro del 2023 sono saliti a oltre 540mila euro nel 2024. Un aumento che va attribuito sia a dinamiche inflattive sia a una reale crescita dei pezzi venduti. Per quanto riguarda i canali commerciali, gli shopping center rappresentano la metà circa del totale dei ricavi diretti, con l’incremento del fatturato 20232024 dovuto principalmente all’apertura di nuove posizioni. Il marchio ha anche consolidato la presenza sul segmento street&traffic con 32 nuovi ristoranti, un canale che adesso apporta circa il 37% dei ricavi.
Più costi per manutenzione e commissioni delivery
Per quanto riguarda i costi, naturalmente l’apertura dei locali ha portato con sé una crescita della voce costo del lavoro, quasi a 55 milioni di euro, con un’incidenza
Un indicatore come l’Equity ratio (rapporto fra Patrimonio netto pari a 58,2 milioni e Totale attivo superiore a 121 milioni) restituisce un rapporto di circa il 48%, in forte miglioramento rispetto al 36% del 2023. Questo è spia di un robusto rafforzamento della struttura patrimoniale, con quasi metà degli asset coperti da mezzi propri.
intorno al 24,5% sui ricavi. Interessante però segnalare le componenti di costo che hanno subito i maggiori aumenti. In questo caso, ci sono le commissioni del delivery cresciute del 32,87%: il costo del servizio delivery arriva a costare quasi 7 milioni di euro a bilancio. Eppure dalle righe della relazione si evince che questa modalità di vendita sia ormai importante e necessaria, non sia considerato in sostanza come un costo in perdita. Spicca anche la voce dei costi di manutenzione per macchinari, aumentati del 67% e passati da circa 1,5 a 2,6 milioni di euro. Un elemento legato alla cucina, in parte per la crescita del numero dei locali, ma soprattutto per la manutenzione delle friggitrici, arrivate a 257 unità.
Rispetto allo stato patrimoniale, il bilancio 2024 fotografa una situazione sotto controllo, anzi in via di rafforzamento. È vero che il capitale circolante netto risulta negativo, ma è in miglioramento di 8 milioni di euro (a -46 milioni).
In modo particolare, il calo dell’indebitamento complessivo (sceso da 62,9 a 56,1 milioni) segnala una minor necessità di ricorrere al Leverage. Il rapporto fra debiti e patrimonio netto (56,1 milioni contro 58,2) si posiziona sostanzialmente verso la parità, mentre nei conti 2023 era sbilanciato verso 1,7x. Nel complesso è indice di una struttura meno dipendente dal debito.


Scontrino, personale e metratura media dei locali di 89 brand
del f&b ri-definiscono il business della ristorazione. Una esclusiva analisi sul mercato del fuoricasa a caccia di margini
LLa ristorazione commerciale italiana torna a farsi sentire: non è più soltanto sopravvivenza, ma una ripresa con numeri concreti. Nel 2024 le imprese attive nei servizi di ristorazione sono risultate circa 328.000, con una lieve contrazione dell’1,2% rispetto all’anno precedente; il calo interessa soprattutto i bar, mentre i ristoranti e le attività mobili tengono meglio. Il settore ha aumentato l’occupazione e conta oggi circa 1,5 milioni di occupati, di cui oltre 1,1 milioni sono lavoratori dipendenti. La crescita dell’occupazione è stata significativa nel 2024, con un aumento dei contratti stabili e una quota rilevante di giovani under-30.
Sul fronte economico, il valore aggiunto stimato della ristorazione nel 2024 è vicino ai 59 miliardi di euro e il giro d’affari complessivo si è avvicinato ai livelli pre-Covid, spinto da turismo, consumi fuori casa e adeguamenti di prezzo. L’aumento medio dei listini nel 2024 è sceso rispetto al 2023, attestandosi poco sopra il 3%.
Le percentuali di crescita più recenti mostrano un settore in moderata espansione: il 2024 si è chiuso con una crescita reale e il biennio 2024-2025 è visto da più analisti come di consolidamento, con tassi di crescita attesi intorno al 2–5% a valore a seconda dei comparti (ristorazione com-

merciale, collettiva e delivery). Le catene e i format innovativi continuano a guadagnare peso, mentre la pressione sui margini pesa sulle micro-imprese.
AAA margini cercansi
Per il 2025 le previsioni restano prudenti ma positive: FIPE indica una crescita dei consumi nel settore e aspettative di stabilità o lieve miglioramento per oltre la metà degli operatori, con un terzo che prevede un risultato migliore rispetto al 2024. Le sfide rimangono - reperimento del personale, costi operativi e competizione digitale - ma gli investimenti in innovazione, automazione e offerta esperienziale sono le leve su cui puntare per cre-
scere nei prossimi anni. In questo contesto di trasformazione, analizzare il rapporto tra dimensioni dei locali, scontrino medio e numero di addetti per store rappresenta una chiave di lettura originale ma fondamentale per comprendere i modelli organizzativi, le performance operative e gli eventuali punti critici dei diversi format di ristorazione. Un confronto sistematico tra questi parametri permette alle aziende di posizionarsi rispetto ai competitor, ottimizzare l’utilizzo degli spazi e calibrare il dimensionamento dell’organico in funzione del tipo di servizio offerto. Con uno scopo vitale: i margini.
Quella che vi presentiamo in queste pagine è un’analisi approfondita condotta su uno straordinario corpus di dati, trasmessi dal panel dei partecipanti al Foodservice Award Italy 2025 Il lavoro svolto ha incrociato e comparato scontrino medio, numero di addetti e superficie dei locali di 89 insegne che operano in Italia con almeno 3 punti vendita attivi sul territorio, suddivise per area di offerta f&b e, all’interno di ciascun segmento, per modello di servizio: QSR e FSR.
La base informativa, costituita dai dati ufficialmente comunicati dalle aziende in fase di iscrizione al contest e aggiornati a marzo 2025, è stata ulteriormente arricchita con rilevazioni effettuate lo scorso settembre per i 10 marchi con il maggior numero di locali. Si tratta di un patrimonio analitico unico nel panorama italiano, che conferma la centralità del nostro osservatorio come punto di riferimento per la misurazione e l’interpretazione delle dinamiche del foodservice.
I NUMERI:
• Superficie media: <100 mq (formato estremamente compatto e standardizzato)
• Scontrino medio: €14,00-30,00 (media: ~€18,36)
• Addetti medi: 4-8 persone
Cosa ci dicono:
Il pokè rappresenta forse l’esempio più cristallino di format ad alta efficienza spaziale nel panorama italiano. Otto brand su nove operano sotto i 100 metri quadri con team snelli da 4 a 7 persone. Non è casuale: la standardizzazione radicale del prodotto (proteine + base + condimenti + toppings) permette un’operatività minimale che non richiede né pizzaioli con anni di esperienza né cucine complesse con brigata articolata. Quello che serve davvero è catena del freddo impeccabile, procedure documentate e chiare, velocità nell’assemblaggio. Il resto è replicabile in modo quasi industriale. Poke House con 162 locali e I LOVE POKE con 150 punti vendita dimostrano che quando il modello funziona, scala senza attrito.
L’anomalia interessante:
Lo “spirito napoletano con gusto hawaiano” de La Pokeria fa storia a sé: 30 euro di scontrino medio, 8 addetti, superfici tra 100 e 300 mq. È il tentativo dichiarato di portare il pokè fuori dalla comfort zone della “ciotola veloce sotto i 20 euro” verso un posizionamento più strutturato, quasi da (fast) casual dining. Funziona? I numeri suggeriscono di sì, ma solo in location premium dove il cliente è disposto a pagare quel… premium in più del 50-100% rispetto alla concorrenza.
Rapporto scontrino/superficie:
Tra i più favorevoli dell’intero mercato. Con circa 17-18 euro di scontrino medio su spazi inferiori ai 100 mq, ottieni redditività alta senza costi fissi che ti strozzano. Il pokè inoltre non richiede competenze specialistiche rare o anni di apprendistato, quindi il turnover del personale – che nella ristorazione italiana è strutturalmente alto – risulta gestibile senza collassi operativi.
Scalabilità:
Altissima. Il modello si replica con facilità disarmante, i costi di setup sono relativamente contenuti (rispetto a una pizzeria con forno o una steakhouse), la formazione del personale è accurata ma più rapida. Non a caso è uno dei format che più è cresciuto negli ultimi 5 anni.

I NUMERI:
• Superficie media: variabilità estrema da <100 mq a >300 mq
• Scontrino medio: €9,00-26,00 (media: ~€17,81, escludendo i ND)
• Addetti medi: 7-25 persone
Cosa ci dicono:
La pizza in Italia è - non a caso - a fette. Da una parte c’è il mondo di quella al taglio veloce (Alice Pizza, PizzaFlor, SPACCA): QSR puro, spazi sotto i 100 mq, scontrini sotto i 12 euro, operatività essenziale. Dall’altra c’è l’universo delle pizzerie con sedute: superfici ampie, team numerosi, esperienza conviviale completa. Alice Pizza con 223 locali dimostra che il primo modello scala benissimo: 9 euro di scontrino, 7 addetti, rotazioni altissime durante tutto il giorno.
I margini unitari sono inferiori certo, ma li compensi con volumi impressionanti. È un modello che funziona nei centri città, nelle stazioni, nei centri commerciali e nei quartieri – in sintesi: ovunque ci sia traffico pedonale costante.
Dall’altro lato, i format FSR come Fattoria Toccaferro o Pizzikotto rappresentano un investimento completamente diverso: 18-25 addetti, superfici oltre i 300 mq, costi fissi importanti. Qui lo scontrino deve necessariamente salire (idealmente sopra i 20 euro) per coprire struttura e personale.
L’anomalia interessante:
Secondo i dati forniti, Pizzium è il caso più affascinante: classificato FSR ma opera in spazi sotto i 100 mq con soli 10 addetti e uno scontrino medio di 26 euro.
È un formato ibrido intelligente: qualità da pizzeria tradizionale, ma efficienza operativa da fast-casual. Probabilmente il modello più moderno e adattabile della categoria.
Rapporto scontrino/superficie:
Estremamente variabile. Il QSR pizza al taglio genera circa €0,150,23 per metro quadro (eccellente), mentre le pizzerie FSR tradizionali su grandi spazi scendono a €0,05-0,08 per mq. Pizzium rappresenta l’eccezione virtuosa con circa €0,26/mq.
Scalabilità:
Media. I format QSR dimostrano alta replicabilità (vedi Alice Pizza), mentre le pizzerie FSR soffrono la dipendenza da location specifiche, personale qualificato difficile da trovare e standardizzare, investimenti iniziali elevati. Pizzium potrebbe rappresentare la terza via: scalabile ma mantenendo qualità percepita alta.

DOVE OSANO I GIGANTI
I NUMERI:
• Superficie media: >300 mq per FSR, 100-300 mq per QSR
• Scontrino medio: €13,50-35,00 (media: ~€21,50)
• Addetti medi: 6-50 persone (variabilità massima del dataset)
Cosa ci dicono:
Questa è la categoria dove convivono il giorno e la notte. McDonald’s con 780 locali e circa 50 addetti per punto vendita rappresenta l’economia di scala portata all’estremo: scontrino - ND ma probabilmente - contenuto, ma volumi che polverizzano qualsiasi altra realtà. Burger King e KFC replicano lo stesso paradigma con numeri leggermente più contenuti ma sempre nell’ordine delle centinaia di aperture. Poi c’è l’altro mondo: Old Wild West (266 locali), Roadhouse (165), Doppio Malto (52) – format FSR su grandi superfici (oltre 300 mq) con team da 18-25 persone. Qui lo scontrino si alza (19-23 euro) e l’esperienza diventa centrale: non vendi solo un hamburger, vendi atmosfera, birra artigianale, musica, un paio d’ore di “evasione americana”.
Le anomalie interessanti:
BEFED è un esempio di efficienza estrema: 34 euro di scontrino con soli 8 addetti. Significa concept premium, personale ultra-qualificato, margini eccellenti. Flower Burger dimostra che nel 2025 il posizionamento vegano funziona: 5 addetti, 15 euro di scontrino, format compatto. La nicchia è diventata mainstream. (Lezione da non sottovalutare).
King Pub con 35 euro di scontrino e 6 addetti rappresenta il rapporto efficienza/addetto più alto della categoria: il format prevede un mix con forte componente beverage ad alto margine (40%).

Rapporto scontrino/superficie:
Generalmente basso per FSR grandi (€0,05-0,10/mq), migliore per QSR compatti.
La categoria vive di volumi (McDonald’s) o di marginalità su beverage (pub, birrerie). L’hamburger da solo, senza contorno strategico, fatica a sostenere grandi strutture.
Scalabilità:
Medio-alta, ma con asterisco. I colossi QSR dimostrano scalabilità estrema attraverso standardizzazione maniacale e investimenti enormi in supply chain e formazione. Le catene FSR italiane (Old Wild West, Roadhouse) hanno trovato una formula replicabile ma con tutta probabilità capital-intensive. I format piccoli e innovativi (Flower Burger, BEFED) scalano più lentamente ma con ROI potenzialmente migliori.
L’EFFICIENZA FATTA FORMAT
I NUMERI:
• Superficie media: <100 mq (60% dei casi)
• Scontrino medio: €12,00-22,00 (media: ~€12,80)
• Addetti medi: 4-10 persone
Cosa ci dicono:
Se il pokè è efficienza spaziale, il mondo toast-piadine è ef ficienza operativa pura. La Piadineria con 493 locali è la di mostrazione vivente che quando il processo è perfettamente standardizzato, il format si replica come una macchina. Otto addetti in media, spazi prevalentemente sotto i 100 mq, 12,70 euro di scontrino.
Non servono chef stellati, non servono apparecchiature mi rabolanti, non servono competenze che richiedono anni per essere acquisite.
Capatoast rappresenta il punto più estremo di questa filoso fia: 3,8 addetti in media. Meno di quattro persone per pun to vendita. Significa automazione dove possibile, processo semplificato al massimo, formazione ridotta all’osso. Lo scontrino a 12 euro indica che non si cerca il premium, si cerca il volume rapido.
Le anomalie interessanti:

Rapporto scontrino/superficie:
Ottimo, nell’ordine di €0,12-0,15 per metro quadro. Non ai livelli del pokè premium, ma decisamente sopra la media. Il bello di questo format è che funziona quasi ovunque: centri commerciali, stazioni, vie commerciali, aeroporti. La versatilità location è un asset enorme.
Fattorie Garofalo è l’eccezione che conferma la regola: FSR con 10 addetti e 22 euro di scontrino medio su superfici 100300 mq. Un concept che usa una proposta semplice arricchita da un contorno gastronomico più strutturato, con presidio su qualità delle materie prime fornite dalla casa madre.
VIVA BuonoFrescoNaturale con 8 addetti per un QSR inizia a essere al limite superiore della sostenibilità per questa categoria. Lo scontrino a 12 euro, identico a competitor con 4 addetti, fa suonare qualche campanello d’allarme.
Scalabilità:
Altissima, forse la più alta dell’intero dataset dopo il pokè. La Piadineria lo dimostra senza ombra di dubbio: quando hai un prodotto universalmente riconosciuto (la piadina), un processo replicabile, costi di setup contenuti e formazione rodata, puoi crescere rapidamente.
Le barriere all’entrata sono basse, il che significa anche molta concorrenza, ma per chi arriva per primo con un brand forte (La Piadineria, Capatoast) il vantaggio si consolida.
I NUMERI:
• Superficie media: <100 mq (60%), 100-300 mq (40%)
• Scontrino medio: €2,50-9,60 (media: ~€6,11)
• Addetti medi: 3-20 persone (variabilità altissima)
Cosa ci dicono:
Questa è la categoria con gli scontrini più bassi dell’intero dataset. E quando lavori con 3-7 euro di scontrino medio, ogni singola variabile operativa diventa critica. La differenza tra profitto e perdita sta in dettagli apparentemente banali: 30 secondi in più per preparare un cappuccino, uno spreco dell’enne percento sulle materie prime, un punto percentuale in più di turnover del personale. Enilive Café con 570 locali e 2,50 euro di scontrino medio sembra un nonsense economico. Come si sostiene con cifre così basse?
La risposta è nel modello integrato: sono bar dentro distributori di benzina, con traffico completamente captive, spazi dati in concessione, costi operativi sussidiati dalla vendita carburante. Difficile replicarlo come modello standalone. 12oz rappresenta l’opposto filosofico: 5 euro di scontrino, 3 addetti, spazi minimi. È il coffee shop lean portato all’estremo: niente fronzoli, niente personale in eccesso, solo: caffetteria contemporanea, coffee to go e miscele curate.
Le anomalie interessanti:
Starbucks con 15 addetti in media è sovradimensionato rispetto a qualsiasi standard italiano. Ma Starbucks non vende caffè, ven-
de “terzo luogo” e brand globale. Lo scontrino a 8,50 euro (altissimo per il mercato italiano del caffè) copre quella struttura solo perché il posizionamento premium regge in location specifiche. Bindi e Cioccolatitaliani con 20 addetti per scontrini da 5 euro sono anomalie spiegabili o con volumi straordinari e/o con laboratori di produzione che spiegano il numero di persone impiegate negli store.
La Bottega del Caffè con 3,80 euro di scontrino e 6 addetti rappresenta il bar tradizionale italiano che cerca di scalare mantenendo il modello classico. È difficilissimo: i margini sono risicati, il personale costa, la concorrenza è ovunque.
Rapporto scontrino/superficie:
Generalmente basso, €0,05-0,08 per metro quadro. L’eccezione è rappresentata dai micro-format come 12oz che comprimono spazio e personale al minimo.
Ma la verità è che a questi livelli di scontrino medio, sopravvivi solo con traffico pedonale altissimo e costante. Location, diventa la variabile dominante.
Scalabilità:
Media, con forti asterischi. Starbucks dimostra che con brand potente e investimenti massicci puoi scalare anche nel caffè, ma a che prezzo? I coffee shop specialty (12oz, 12oz-style) scalano lentamente perché dipendenti da baristi qualificati e clientela fidelizzata. Le gelaterie e pasticcerie (La Yogurteria) hanno margini migliori su prodotto ma stagionalità forte. In sintesi: puoi crescere, ma non velocemente come nel pokè o nelle piadine.





www.ristorando.eu

www.orafoitaliano.it

www.retailfood.it www.artumagazine.it
www.industriagomma.it



I NUMERI:
• Superficie media: variabilità estrema (<100 mq fino a >300 mq)
• Scontrino medio: €7,00-60,00 (media: ~€23,56)
• Addetti medi: 4-25 persone
Cosa ci dicono:
Questa categoria è un universo frammentato dove convivono realtà completamente diverse. Da una parte hai Billy Tacos con 87 locali, 13 euro di scontrino e 6 addetti: è il taco fast-casual che ormai è mainstream. Dall’altra hai IPPO con 60 euro (dichiarati) di scontrino medio: siamo nell’alta cucina giapponese “travestita” da format compatto. Billy Tacos dimostra che l’etnico non è più nicchia: quando il prodotto diventa familiare (il taco messicano ormai lo conoscono tutti), può scalare con logiche da QSR tradizionale. Il sushi sta seguendo la stessa traiettoria: da cucina esotica per palati avventurosi a opzione quotidiana fast-casual.
Le anomalie interessanti: IPPO è un outlier totale: 60 euro di scontrino in spazi sotto i 100 mq con 10 addetti. Il format che punta su: “qualità altissi ma, packaging iconico e unboxing memorabile per portare il fine dining giapponese direttamente a casa”. Non a caso l’80% del business deriva dal delivery. This is not a Sushi Bar con 35 euro e 4 addetti rappresenta il sushi d’autore efficiente: qualità alta ma processo ottimizzato, forte componente take-away, per sonale qualificato che compensa il numero ridotto. È il formato “chef-driven but scalable”, un “unconventional sushi” che unisce cibo giapponese, design moderno e grande spinta digitale
Nima Sushi con 30 euro di scontrino su superfici oltre 300 mq e 10 addetti si fonda su una formula “All You Can Eat” (ordini quello che vuoi, quante volte vuoi) sotto il nome “Open Sushi®”, non è un quick service puro.
Rapporto scontrino/superficie:
Variabilissimo. I micro-format premium (IPPO, This is not a Sushi Bar) raggiungono €0,30-0,60 per mq, tra i più alti dell’intero dataset. I format più grandi e popolari scendono verso €0,07-0,15/ mq. L’etnico, quando è fatto bene, permette marginalità eccellenti su materie prime: un sushi roll costa pochi euro di ingredienti ma si vende a 10-15 euro.
Scalabilità:
Media, con forte dipendenza da segmento. Il fast-casual etnico mainstream (Billy Tacos, Calavera) scala ragionevolmente bene. Il sushi di qualità soffre la difficoltà di trovare personale specia-

I NUMERI:
• Superficie media: prevalentemente 100-300 mq
• Scontrino medio: €8,60-45,00 (media: ~€23,37)
• Addetti medi: 6-110 persone (range impossibile)
Cosa ci dicono:
Questa è la categoria più difficile da analizzare perché “cucina italiana” significa tutto e niente. Include la pausa pranzo self service (RITA con 9 euro di scontrino), il ristorante gourmet all day (Al Mercato con 45 euro), il pastificio urban (Miscusi), il mega-store ibrido retail-ristorazione come Eataly, dove il mix spiega i 110 addetti a punto vendita dichiarati. La verità è che la proposta italiana tradizionale soffre un problema strutturale di scalabilità: è difficile standardizzare la “cucina della nonna” mantenendo autenticità percepita. Alcuni brand ci provano con successo parziale (Dispensa Emilia con 51 locali, Miscusi con 22), industrializzando porzioni specifiche del processo ma preservando elementi di freschezza e qualità.
Le anomalie interessanti:
Eataly con 110 addetti non è comparabile essendo un ibrido retail-ristorazione-didattica che vende esperienza italiana totale. Non è possibile usare i loro numeri per trarre conclusioni generali.
Al Mercato rappresenta il sogno di ogni ristoratore: 45 euro di scontrino con 6 addetti. Significa efficienza operativa estrema, materie pri-

me eccellenti, zero sprechi. È sostenibile solo in location premium con clientela disposta a pagare per qualità. Pollicino con 30 addetti pare sovradimensionato ma opera su superfici enormi con servizio complesso e variegato. Lo scontrino a 25 euro sottende volumi importanti che sostengono la struttura. Miscusi e Dispensa Emilia rappresentano i casi di successo nell’industrializzazione della cucina italiana genuina: hanno trovato il punto di equilibrio tra standardizzazione (necessaria per scalare) e autenticità percepita (necessaria per giustificare il premium vs. catene internazionali). Miscusi in particolare con 14 euro di scontrino e 12 addetti su spazi compatti dimostra che è possibile.
Rapporto scontrino/superficie:
Estremamente variabile. I format compatti premium (Al Mercato) raggiungono €0,30-0,45/mq. I grandi FSR tradizionali scendono a €0,030,10/mq. La cucina italiana, quando non è standardizzata, richiede spazi (cucina vera, non solo assemblaggio) e personale qualificato, il che comprime i margini.
Scalabilità:
Bassa-media. La maggior parte dei format in questa categoria scala con difficoltà perché dipendente da chef, know-how artigianale, percezione di autenticità.
Miscusi e Dispensa Emilia dimostrano che è possibile con industrializzazione intelligente, ma rimane più difficile rispetto a pokè, piadine o burger standardizzati. Ogni apertura richiede investimenti significativi e tempo per rodare il team.
CRESCERANNO:
Micro-format QSR specializzati (<80 mq): La pressione sugli affitti urbani e la difficoltà nel trovare personale favoriscono format compatti ad alta efficienza. Poke, toast gourmet, coffee to-go, sandwich d’autore continueranno a moltiplicarsi.
FSR esperienziali premium (>€35): In un mondo dove la fascia media viene compressa, crescono gli estremi.
Chi può permetterselo cerca esperienze memorabili, non solo cibo. Wine bar di qualità, steakhouse premium, cucina fusion d’autore con forte componente beverage.
Modelli ibridi retail-ristorazione: Eataly ha aperto la strada, altri seguiranno. La vendita di prodotti confezionati ad alto margine (vino, salumi, formaggi, pasta artigianale) sussidi e integra l’attività ristorativa, creando economia circolare interna.
Delivery-first brands: Format nati per asporto e delivery con spazi minimi, costi contenuti, menu ottimizzato per trasporto. (Qualche anno fa si parlava ad ogni pie’ sospinto di ghost kitchen, ricordate?)

Dura lex sed lex
Dopo aver dissezionato 89 brand, migliaia di combinazioni di metri quadri, addetti e scontrini, emerge una verità scomoda ma liberatoria: la matematica non mente, le emozioni - a volte - sì. I brand che funzionano – quelli che scalano, quelli che durano, quelli che generano profitti veri e non solo fatturato –hanno tutti qualcosa in comune: coerenza spietata tra posizionamento, prezzi, costi operativi e aspettative del cliente.

FSR generici €15-20 su grandi superfici: È la zona grigia dove i costi sono alti ma lo scontrino non giustifica l’investimento. Troppo caro per essere considerato “veloce ed economico”, troppo economico per essere percepito come “esperienza di qualità”.
Gli esempi qui potrebbero sprecarsi...
Bar tradizionali <€5 senza traffico captive: Con affitti urbani crescenti e Starbucks che rieduca i clienti verso scontrini più alti, il bar italiano classico con caffè a 1,20 euro e brioche a 1,50 euro sopravvive solo in location ad altissimo traffico o quartieri residenziali con clientela fidelizzata. (E poi ci sono i locali “cinesi” ma questa è un’altra storia...).
Pizza FSR generica senza differenziazione: Ci sono troppe pizzerie in Italia. Quelle senza un elemento distintivo forte (ingredienti particolari, impasto speciale, location unica, chef con seguito) faticano a giustificare prezzi sopra i 15-18 euro, ma sotto quella soglia i margini sono insufficienti per superfici >200 mq.
Catene internazionali non adattate: Chi vivrà, vedrà...


Al CIRFOOD District di Reggio Emilia il terzo Summit della Ristorazione Collettiva getta luce su un settore che in Italia serve quasi 1 miliardo di pasti
di MLA
OOgni giorno in Italia, la ristorazione collettiva rappresenta un’infrastruttura sociale silenziosa ma capillare: quasi un miliardo di pasti serviti annualmente, oltre 100.000 professionisti impiegati e un fatturato complessivo di circa 5 miliardi di euro.
Eppure, questo settore, attivo in scuole, strutture sociosanitarie e luoghi di lavoro, resta spesso invisibile agli occhi delle istituzioni, complice la frammentazione delle responsabilità politiche che lo riguardano. Per il terzo anno consecuti-
vo, CIRFOOD ha promosso il Summit della Ristorazione Collettiva presso il CIRFOOD District di Reggio Emilia, con l’ambizione di colmare questo gap. L’evento ha riunito rappresentanti di imprese, istituzioni, pubbliche amministrazioni, sistema sanitario e filiera agroalimentare, tutti convergenti su un obiettivo comune: costruire un patto sistemico che garantisca politiche pubbliche dedicate e un nuovo equilibrio tra sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Allarme rosso: sostenibilità a rischio
Dal Summit è emerso un segnale d’allarme inequivocabile. Simone Gamberini , presidente di Legacoop Nazionale , ha messo in guardia da due pericoli opposti che minacciano il settore.
“ Da un lato, in alcune realtà si fa strada la prospettiva dell’internalizzazione del servizio ”, ha spiegato Gamberini, “ una tendenza che conduce inevitabilmente alla dequalificazione, riportando in capo alle amministrazioni pubbliche oneri di gestione e costi di investimento, con il risultato finale di un aumento delle spese per le famiglie. All’estremo opposto, le gare al massimo ribasso continuano a penalizzare qualità e educazione alimentare ”.
La via d’uscita da questa impasse, secondo il presidente di Legacoop, passa attraverso un nuovo patto tra aziende di ristorazione, pubbliche amministrazioni e sindacati.
A base di questo dialogo deve esserci il “ riconoscimento concreto del valore sociale e economico della ristorazione collettiva, un comparto che rischia di collassare sotto il peso di costi insostenibili, marginalità in caduta libera e l’indisponibilità a rivedere le remunerazioni ”. L’obiettivo è trovare un equilibrio virtuoso tra qualità del pasto e sostenibilità economica per le aziende.
La mancata revisione dei prezzi negli appalti, l’inasprimento dei requisiti normativi e la crescita dei costi di produzione stanno spingendo molte aziende a rinunciare alla partecipazione alle gare, per evitare perdite strutturali: “ Uno scenario che rischia di tradursi in una crisi sistemica capace di mettere in discussione la continuità stessa di un servizio essenziale per milioni di cittadini ”, ha concluso Gamberini.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha sottolineato il dovere sociale e storico della scuola e della ristorazione nel creare e rappresentare l’uguaglianza a tavola. “Un principio fondamentale che consiste nel dare a tutti le stesse basi di partenza, un trampolino di lancio indispensabile per poi cimentarsi nella vita secondo le proprie inclinazioni e talenti, non sulla scorta delle disponibilità economiche della famiglia di appartenenza”, ha scandito con enfasi Prandini. Il presidente ha evidenziato anche come la ristorazione collettiva rappresenti l’approdo naturale di una filiera agroalimentare che ogni giorno porta sulle tavole di bambini, pazienti e lavoratori prodotti

sani e autenticamente made in Italy. In questa prospettiva, ha ribadito l’impegno a “costruire un percorso condiviso tra produttori e imprese della ristorazione, per valorizzare la qualità delle materie prime, comprese quelle delle filiere agroalimentari tradizionali, garantire il giu-

sto valore economico al pasto e sostenere i piccoli produttori nell’adeguamento a norme e certificazioni”.
Il tema dell’inclusività è stato ripreso anche dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele De Pascale, nel corso del dialogo finale con la presidente di CIRFOOD Chiara Nasi. De Pascale ha evidenziato il dovere di non escludere nessuno dalla ristorazione scolastica, riconosciuta come pilastro silenzioso ma fondamentale del welfare quotidiano. “Garantire il giusto valore economico a questo servizio significa rafforzare una rete che ogni giorno sostiene famiglie, studenti, lavoratori, anziani e persone fragili”, ha rimarcato. Per poi andare oltre: “La Regione attribuisce al comparto un ruolo che va ben oltre la funzione nutrizionale: si tratta di un presidio educativo e culturale, capace di promuovere la consapevolezza verso un’alimentazione sana e varia, la sostenibilità ambientale e la coesione sociale. Investire in questo settore significa fare prevenzione, perché la salute si costruisce anche a tavola, a partire dalle scelte quotidiane”.
Demografia e futuro: i presidi educativi che cambiano
La crisi del settore non riguarda solo le imprese, ma rischia di compromettere un presidio














educativo e sociale fondamentale, in un Paese segnato dal calo demografico. Il white paper “Evoluzione demografica. Il futuro della società, dei servizi e della ristorazione collettiva”, elaborato dalla professoressa Alessandra De Rose per l’Osservatorio CIRFOOD District e presentato durante il Summit, ha evidenziato come la demografia condizionerà sempre più il settore. I molti cambiamenti in corso nel mondo della scuola, del lavoro e delle famiglie, uniti alla crescente consapevolezza di consumatori e consumatrici verso sostenibilità ambientale, salute e varietà di opzioni alimentari, stanno ridisegnando i confini della ristorazione collettiva. “In questo scenario, mense scolastiche e servizi di ristorazione si confermano presidi educativi e sociali fondamentali, capaci di promuovere abitudini alimentari sane, ridurre le disuguaglianze e favorire la conciliazione vita-lavoro”, ha detto la docente dell’Università La Sapienza
Salute pubblica e strumenti normativi
Denise Giacomini, direttore della UOC “Valutazione del rischio in sicurezza alimentare e Focal Point Efsa” del Ministero della Salute, ha evidenziato l’importanza della ristorazione collettiva come strumento di educazione alimentare a livello nazionale e framework di prevenzione. Attraverso l’implementazione di programmi specifici è possibile “favorire l’empowerment dei cittadini in tutte le fasce d’età, diffondendo i principi della dieta mediterranea, sana e sostenibile, che valorizza l’approccio One Health e rappresenta un vero e proprio modello di prevenzione”, ha sostenuto Giacomini. L’onorevole Laura Cavandoli, componente della Commissione Finanze alla Camera dei
Deputati, ha ribadito come la ristorazione collettiva meriti grande attenzione da parte delle istituzioni, “perché incide direttamente sulla qualità di vita dei cittadini e sull’equità sociale”. Con il correttivo del codice appalti è stata introdotta la possibilità di applicare clausole di revisione straordinarie per adeguare i corrispettivi all’aumento dei costi e garantire la sostenibilità economica del servizio. Ora a detta della politica, è necessario diffondere la conoscenza di questa norma e favorirne l’applicazione, anche grazie alle linee guida e allo studio del tavolo tecnico istituito al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dal viceministro Edoardo Rixi. Del quale è stato letto un messaggio dove si affermava la necessità di riconoscere al comparto della ristorazione collettiva il ruolo fondamentale che ricopre, attraverso politiche pubbliche dedicate.
Daniele Ara, assessore a Scuola e Agricoltura del Comune di Bologna, intervenuto in rappresentanza della Commissione Istruzione ANCI, ha confermato come la ristorazione collettiva sia un tema molto sentito all’interno dell’associazione dei Comuni perché promuove corretti stili di vita, educazione ed equità. Per consentire al comparto di proseguire il suo impegno è necessario intervenire con azioni mirate e studiare nuovi modelli di produzione e consumo responsabile.
Un esempio concreto di collaborazione virtuosa arriva da Modena, dove l’amministrazione comunale ha avviato un progetto di Partenariato Pubblico Privato con CIRFOOD per la realizzazione di un centro pasti innovativo e sostenibile, finanziato dall’impresa di
ristorazione e destinato a diventare patrimonio della città. Il sindaco Massimo Mezzetti ha illustrato questa iniziativa come modello di collaborazione tra pubblico e privato per garantire servizi di qualità.
Chiara Nasi, presidente di CIRFOOD, ha espresso soddisfazione nel vedere tanti interlocutori impegnarsi concretamente per dare valore al settore. Ora, ha auspicato, “serve trasformare le parole in azioni: costruire tavoli di lavoro stabili, mettere a sistema competenze e ruoli diversi e dare finalmente il giusto prezzo a un servizio di welfare essenziale, soprattutto alla luce dei cambiamenti strutturali cui va incontro la società”. La pubblicazione della circolare interpretativa sui Criteri Ambientali Minimi, discussa lo scorso anno al secondo Summit e pubblicata alcune settimane fa dal MASE, rappresenta un primo passo concreto che dimostra come il dialogo tra istituzioni e imprese possa portare risultati. La presidente ha lanciato un invito all’avvio di un tavolo di lavoro interministeriale per dare il giusto valore a questo servizio.
Nonostante tutte le problematiche che affliggono il mondo

della ristorazione collettiva, Chiara Nasi ha rivolto un appello finale carico di speranza: “Non bisogna perdersi d’animo, perché le cose migliori a volte accadono. Bisogna volerle”, ha rimarcato. Come? “Lavorando insieme, facendo squadra, riconoscendo che la ristorazione collettiva è cura nella sociosanitaria, educazione nella scolastica e benessere per i lavoratori nell’aziendale”, ha chiosato la presidente. Dalla scuola alla sanità, dalla filiera agroalimentare alle amministrazioni locali, il Summit ha mostrato come la ristorazione collettiva necessiti di alleanze volte a costruire soluzioni che guardino alle prossime generazioni, cogliendo l’opportunità di definire una prospettiva di sistema che valorizzi il comparto, per continuare a nutrire il futuro, insieme.


Dal 1820 a oggi il botulismo continua a preoccupare: in Italia quasi 600 casi negli ultimi anni. Ecco gli alimenti più pericolosi e come prevenire l’intossicazione

IIl botulino è il nome comune della neurotossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Questa tossina è estremamente potente: è sufficiente infatti una quantità pari a 1*10-8/g è sufficiente a determinare la morte e può manifestarsi con vari sintomi correlati all’ingestione di alimenti contaminati in particolare conserve vegetali anche sott’olio in quanto è un batterio anaerobio che cresce e sviluppa la tossina anche in assenza di ossigeno; questo batterio è, inoltre, uno sporigeno in grado di produrre appunto le spore che sono una forma di resistenza utilizzata in condizioni avverse. e consentono al batterio di rimanere quiescente per lunghi periodi (anche diversi anni) e di “germinare” cioè trasformarsi in cellule vegetative non appena le condizioni ambientali diventano favorevoli producendo la micidiale tossina.
Il botulino è una intossicazione alimentare molto grave i cui sintomi includono nausea, diarrea, vomito e dolori addominali, sintomi neurologici, secchezza della bocca, difficoltà a deglutire o parlare, offuscamento visivo e difficoltà a mettere a fuoco, paralisi muscolare, fino a provocare la morte in quanto la tossina interferisce con il sistema nervoso bloccando la trasmissione dei segnali tra i neuroni e i muscoli. La cura principale consiste nell’utilizzo di antitossine, che neutralizzano la tossina botulinica e impediscono il progredire della paralisi. L’antitossina deve essere somministrata il prima possibile, idealmente entro 24 ore dai primi sintomi. Il primo focolaio documentato di botulismo avvenne in Germania nel 1820 in seguito al consumo di salsicce e fu chiamato Bacillus botulinus dalla parola botulus che voleva dire salsiccia in latino. I casi più frequenti di botulino riguardano le conserve alimentari
vegetali “casalinge” in quanto un trattamento di bollitura prolungata e ad alta temperatura può distruggere la tossina, ma le spore possono resistere e solo trattamenti industriali specifici possono garantire una sterilizzazione completa; infatti solo l’8,5% dei casi confermati dal 1984 al 2023 riguardava prodotti industriali, dei quali l’alimento responsabile dell’intossicazione è stato identificato in appena 4 casi su 10, ma si tratta soprattutto di vegetali conservati in acqua o olio (70% del totale).
I dati rilasciati dal Centro di monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità riportano 574 casi confermati su 1.276 sospetti tra il 2021 e il 2024.
Dal 1996 a oggi le segnalazioni giunte al RASFF, il Sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi, sono state 46 e hanno riguardato per lo più conserve vegetali nel 33% dei casi, seguiti da zuppe, salse e condimenti (16%), prodotti a base di carne (14%) e prodotti della pesca (9%), principalmente tonno in scatola.
Di queste segnalazioni solo il 10% riguarda i prodotti industriali. Quali sono quindi i principali alimenti a rischio?
Sicuramente vegetali come peperoni, pomodori e funghi, che vengono spesso immessi in contenitori di vetro senza il corretto trattamento termico o di acidificazione. Anche i prodotti conservati sott’olio, come melanzane, zucchine, aglio o erbe aromatiche, possono essere a rischio. Sono da considerare sempre potenzialmente contaminati gli alimenti sott’olio, spezie o vegetali, le verdure non acide in olio o in acqua, zuppe, minestroni non refrigerati in modo idoneo, le conserve etniche e i sotto vuoto fatti in casa. Anche la carne, in particolare quella conservata in salamoia o affumicata, può favorire la crescita del batterio, se non trattata correttamente. Gli alimenti più vulnerabili sono quelli a bassa acidità, poiché l’ambiente a pH elevato (meno acido) favorisce la proliferazione di Clostridium botulinum
Gli alimenti che non sono a rischio botulino, invece, sono gli alimenti freschi (l’insalata, ad esempio, può essere contaminata dal batterio che produce la tossina, ma quest’ultima si forma solo negli alimenti conservati), gli alimenti cucinati, gelati, surgelati, le conserve acidificate, le marmellate e le confetture, le semi-conserve marinate (il pesce, ad esempio) e i cibi in salamoia, purché preparati con una soluzione contenente almeno il 10% di sale.
Dobbiamo quindi analizzare la sicurezza alimentare di questi


prodotti soprattutto quando gli alimenti vengono conservati in modo improprio, creando un ambiente favorevole alla crescita del batterio. Le contaminazioni delle conserve in barattolo o vaso vetro dovute ai ceppi proteolitici possono manifestarsi anche visivamente con confezioni che presentano rigonfiamenti anomali, perdita del vuoto, capsula che non fa il “click”, fuoriuscita di liquido, bollicine che salgono dal fondo del barattolo, odore acre, sapore e colore sgradevoli, modifica della consistenza dell’alimento, mentre i ceppi non proteolitici non alterano l’alimento.
Per svilupparsi e produrre la tossina Clostridium botulinum ha bisogno di condizioni ambientali particolari, che devono verificarsi contemporaneamente, vediamole nel dettaglio: Assenza di aria (condizioni di anaerobiosi); Temperatura > 10°C; Aw > 94%; pH > 4.5; Concentrazione di NaCl < 7-8%; Assenza di nitrati; presenza di altre forme microbiche che, attraverso la loro attività metabolica, possono realizzare condizioni idonee alla crescita e moltiplicazione del patogeno anche in ambienti originariamente inadatti (conserve acide).
Esistono diversi ceppi di botulino patogeni per l’uomo e tossine isolate dagli alimenti, vediamoli insieme:
tipo A - conserve di carne e verdure
tipo B - prodotti a base di carne
tipo E - prodotti ittici
tipo F - conserve a base di carne e pesce
La tossina è facilmente distrutta dal calore (80°C per 15 min, i tipi A e B); le spore invece possono resistere fino a 120°C. L’aggiunta di aceto e la conservazione dei barattoli al di sotto dei 10° C riducono il rischio di sviluppo del microrganismo.
Il Clostridium botulinum si sviluppa anche negli insaccati, un possibile segnale visivo è la presenza di zone verdastre (fenomeni di proteolisi), talvolta associata anche a fenomeni di rammollimento e a cattivi odori, che rappresentano un campanello di allarme della presenza del batterio; i prodotti industriali sono generalmente sicuri per la presenza di nitrati e nitriti, additivi in grado di inattivare il botulino.





Miti e bufale sul botulino
Il botulino ha un odore caratteristico e può essere riconosciuto a naso?
FALSO: L’odore del cibo contaminato da botulino è spesso indistinguibile, quindi è fondamentale fare attenzione a segnali come rigonfiamenti dei barattoli o muffa.
Il miele è un alimento a rischio?
VERO IN PARTE: Soltanto per il botulismo infantile, non per gli adulti che hanno già un sistema digestivo più maturo. È bene evitarne il consumo nei bambini sotto l’anno di età.
Le marmellate non possono contenere il botulino?
FALSO: Le conserve fatte in casa, soprattutto quelle non acide, possono essere una fonte di botulino se non preparate correttamente. È fondamentale seguire le istruzioni di sterilizzazione corrette. Il rischio si riduce quando la quantità di zucchero è adeguata; è molto a rischio nelle preparazioni in cui lo zucchero è usato in quantità limitate perchè l’effetto protettivo viene meno.
Bollire i vasetti per almeno 10 minuti elimina il botulino?
FALSO: Il trattamento di bollitura dei vasetti vuoti da utilizzare per la preparazione di conserve domestiche serve soltanto per pulire i contenitori stessi e non ha alcuna efficacia nella sanificazione delle conserve. La bollitura prolungata dei vasetti con il prodotto all’interno almeno per 30 minuti a 120°C circa distrugge le spore del batterio, mentre la bollitura tradizionale ne elimina solo in parte gli effetti tossici.
Gli olii aromatizzati sono a rischio botulino?
VERO IN PARTE: Al contrario dell’aceto, l’olio non svolge un’azione battericida. Per questo motivo l’olio aromatizzato non è sicuro come l’aceto dal punto di vista microbiologico, pertanto le erbe aromatiche (o il peperoncino) dovrebbero es-


sere sbollentate per qualche minuto in una soluzione di acqua e aceto (con acidità pari o superiore al 5%) in parti uguali. Un’alternativa può essere rappresentata dalla disidratazione degli ingredienti in un essiccatore elettrico oppure in forno a 60°C. La disidratazione deve essere protratta fino al momento in cui il prodotto si sbriciola con le mani. Purtroppo il grado di disidratazione delle erbe non è facilmente misurabile, si consiglia pertanto il trattamento in aceto. È preferibile preparare barattolini di piccole dimensioni da conservare in frigorifero e consumare entro una settimana.
Il congelamento elimina il rischio botulino?
FALSO: Alle temperature di congelamento le spore di botulino non vengono uccise, ma si blocca la loro attività metabolica impedendone la produzione di tossina che tuttavia non è eliminata dal congelamento.
Cuocere a microonde distrugge il batterio?
FALSO: La cottura (trattamento termico di 80°C per almeno 10-15 minuti fino al cuore del prodotto) permette la distruzione della tossina che è una proteina termolabile, ma non elimina le spore. La cottura quindi ha efficacia soltanto sulla eventuale tossina presente nella conserva inattivandola, ma non sul microrganismo. L’assunzione di spore “inerti” non provoca la malattia negli adulti.
Negli alimenti sotto spirito il botulino non può crescere?
VERO: L’alcol etilico è un batteriostatico che non elimina le spore ma soltanto le cellule vegetative. In alcuni casi il trattamento con l’alcol etilico viene applicato in laboratorio per facilitare l’isolamento del botulino
Gli alimenti freschi sono a rischio botulino?
FALSO
I primi sintomi dell’infezione da botulino sono vomito e diarrea?
VERO IN PARTE: Questi sono i sintomi della prima fase gastroenterica dell’intossicazione; poi nella seconda fase si manifestano i sintomi a carico del sistema nervoso che sono secchezza della bocca, disturbi visivi, difficoltà di deglutizione ecc… fino alla paralisi di alcuni muscoli come il cuore, l’apparato respiratorio. Si presentano anche a molte ore dall’assunzione dei cibi contaminati e l’intossicazione non ha mai un decorso fulminante.
Buyer internazionali, premi all’innovazione e macchinari ad alta
efficienza: HostMilano si conferma piattaforma strategica per il foodservice equipment e per le sfide della ristorazione di domani
CCinque giorni, 2.100 espositori da 50 Paesi, 180.000 operatori professionali provenienti da 166 nazioni. Il 42% dall’estero. Non sono cifre buttate lì: sono la prova che HostMilano non è più una fiera, ma una bussola. Gira l’ago e indica la direzione del foodservice globale.
Il salone dell’ospitalità si è confermato un laboratorio internazionale. Non un palcoscenico statico, ma un crocevia dove l’innovazione si misura nei numeri e nelle idee. Per capire la portata, basta guardare ai padiglioni delle attrezzature professionali: cucine, forni, lavastoviglie, sistemi di refrigerazione. Il cuore tecnologico della fiera. Qui l’innovazione non ha i toni spettacolari della fantascienza, ma il battito regolare di un metronomo invisibile. Riduce sprechi, regola i tempi, armonizza i flussi. In una mensa da mille pasti, come in una dark kitchen da cento. Non si tratta solo di velocizzare i processi: si tratta di costruire sistemi resilienti, capaci di adattarsi al ristorante indipendente come alla catena globale.
Poi c’è il delivery, che ormai è parte del paesaggio. Non un fenomeno passeggero, ma un’infrastruttura. A Host


si è vista la sua nuova veste: cucine modulari, packaging sostenibile, logistica più intelligente. È la metafora della “cucina liquida”: esce dai confini del locale, percorre la città, raggiunge il cliente dove si trova, senza perdere temperatura né dignità. Non solo macchine, però. HostMilano è anche business. 700 buyer da 75 Paesi hanno animato My Matching, la piattaforma che ha trasformato il salone in una borsa valori dell’ospitalità. Non si scambiano titoli, ma tecnologie, contratti, prospettive.
Alla fine, il messaggio è limpido: il foodservice equipment non è più un settore di servizio, ma la spina dorsale dell’ospitalità globale. Cucine connesse, forni intelligenti, macchine da caffè digitali, soluzioni per il delivery. Milano ha messo in scena l’infrastruttura che reggerà la ristorazione del futuro.
Per cinque giorni la città è stata un grande hub, una sala macchine internazionale. Ora i padiglioni sono chiusi, ma la mappa tracciata resta nelle mani di imprenditori e manager. Tocca a loro trasformare ciò che hanno visto in crescita reale. Perché l’innovazione, senza applicazione, resta una bella vetrina.
Lavaggio professionale, da Krupps arriva KERA capotta
Nel settore della ristorazione professionale, il lavaggio è spesso percepito come un servizio “di retrocucina”. In realtà, per chi gestisce mense, hotel o cucine ad alta produttività, è un nodo cruciale: da esso dipendono tempi di servizio, sicurezza alimentare e continuità operativa. A Host Milano 2025, Krupps ha presentato la nuova linea di lavastoviglie a capotta KERA, sviluppata proprio per questi contesti.
La gamma KERA, già nota per i modelli sottobanco, si amplia così con soluzioni pensate per volumi maggiori e ritmi intensi. La logica progettuale resta la stessa: cicli rapidi, consumi contenuti e possibilità di integrazione digitale. La versione a capotta mira a rispondere a esigenze specifiche dei buyer del foodservice: capacità di lavare carichi elevati con costanza, facilità di utilizzo e riduzione dei tempi morti.
Il punto di interesse non è soltanto la macchina, ma l’ecosistema che la accompagna. La piattaforma iKloud 2.0 consente il monitoraggio remoto delle prestazioni e dei consumi, mentre le app Remote Control e myKRUPPS permettono di programmare manutenzioni e gestire interventi in modo più prevedibile. In parallelo, sistemi come Kleancode e Kleancontrol introducono un approccio più strutturato alla detergenza, con dosaggi calibrati e dati tracciabili.
Per un responsabile acquisti, questi elementi hanno un valore diretto: riducono il rischio di fermi macchina, migliorano la gestione dei costi di esercizio e offrono strumenti di controllo utili per documentare conformità e sostenibilità. In altre parole, la novità KERA si inserisce in un percorso in cui il lavaggio non è più un’attività accessoria, ma una componente misurabile della catena produttiva.
La presentazione a Host ha coinciso con il sessantesimo anniversario dell’azienda, ma il dato rilevante non è la ricorrenza, quanto l’indicazione di direzione: investire in macchine connesse, modulari e attente al consumo di risorse. Nel foodservice contemporaneo, dove energia e acqua sono costi crescenti e normative igieniche sempre più stringenti, questo approccio può fare la differenza tra una gestione resiliente e una vulnerabile.


Nel foodservice contemporaneo, soprattutto nei contesti urbani, i vincoli di spazio e i tempi ridotti stanno diventando variabili strategiche. I responsabili acquisti e i manager della ristorazione devono quindi valutare soluzioni che permettano di mantenere qualità e continuità operativa in cucine sempre più compatte. È in questo scenario che Lainox ha presentato a Host Milano 2025 due novità mirate: il forno combinato Compact – The Urban Combi e l’Oracle XS, estensione della gamma di forni a cottura accelerata. Il Compact nasce come forno combinato compatto, progettato per coniugare prestazioni elevate e ridotto ingombro. La macchina concentra in pochi centimetri tecnologie di risparmio energetico, ottimizzazione dell’uso di acqua e detergente e un nuovo sistema di cartucce “bag in box” brevettato, che riduce del 70% l’impiego di plastica rispetto alle taniche tradizional. Per il buyer professionale, significa poter installare un’apparecchiatura adatta a cucine di piccola scala, senza rinunciare a parametri di igiene e sostenibilità oggi richiesti anche dagli enti di controllo.
Accanto al Compact, Lainox ha introdotto l’Oracle XS, pensato per corner food, piccoli laboratori o format di ristorazione veloce. È una versione ridotta del forno a cottura accelerata Oracle, in grado di automatizzare processi e garantire standard qualitativi costanti anche in spazi limitat.
In un mercato che richiede rapidità di servizio, macchine come questa possono contribuire a ridurre tempi morti e a standardizzare la produzione.
La presentazione è stata accompagnata da dimostrazioni pratiche — Snack & Go, Five Minute Bistrot e The Restaurant Show — pensate per mostrare come le nuove macchine si inseriscano in scenari reali: dal servizio smart al bistrot urbano, fino alla cucina dimostrativa. L’obiettivo non era solo esporre prodotti, ma suggerire modelli di utilizzo che rispondano a nuove tendenze di consumo. In sintesi, le novità di Lainox a Host Milano 2025 non si presentano come rivoluzioni, ma come strumenti concreti per rispondere a sfide note: riduzione degli spazi, velocità di servizio e attenzione alla sostenibilità. Il tema centrale resta la capacità di trasformare vincoli logistici in opportunità operative.
Lotus: personalizzazione come leva operativa
Nel settore delle cucine professionali, ogni progetto nasce da un vincolo: spazi disponibili, volumi da servire, normative da rispettare. È compito del responsabile acquisti e del gestore individuare soluzioni che non siano standard, ma capaci di adattarsi a situazioni differenti: dall’hotel con centinaia di coperti al ristorante fine dining, fino alla cucina privata di alto profilo. È in questo contesto che si colloca l’esperienza di Lotus SpA , azienda italiana specializzata nella produzione di attrezzature e cucine personalizzate. La logica non è quella di proporre modelli rigidi, ma di sviluppare sistemi capaci di rispondere a esigenze precise. Per il buyer della ristorazione, questo approccio non significa solo personalizzazione estetica, ma soprattutto riduzione di rischi operativi: adattare la cucina al contesto evita inefficienze, congestioni dei flussi e costi imprevisti. In termini economici, è un modo per migliorare il TCO (costo totale di proprietà), perché una cucina progettata su misura dura più a lungo ed è più facile da manutenere. L’elemento culturale è l’attenzione all’ascolto. In un mercato dove la comunicazione è spesso dominata da claim pubblicitari, Lotus punta a una relazione più tecnica con i clienti, centrata sull’analisi dei bisogni espliciti e impliciti. È una scelta che riduce incomprensioni e rende più trasparente il rapporto fornitore-cliente.
La presenza a Host Milano 2025 si inserisce in questo percorso: non solo esposizione di prodotti, ma dimostrazione di come la personalizzazione possa incidere su efficienza e qualità della ristorazione. In un settore in cui ogni dettaglio si traduce in margini, tempi e soddisfazione del cliente finale, cucine progettate con questa logica si rivelano un asset strategico.

Monitoraggio, spazio e igiene nei nuovi Polibox

La logistica della ristorazione collettiva, della GDO e del catering vive un paradosso: più cresce la richiesta di efficienza e sostenibilità, più diventa complesso garantire stabilità termica, tracciabilità e igiene. A Host Milano 2025, Polibox ha presentato alcune soluzioni che vanno in questa direzione, mostrando come l’evoluzione del contenitore isotermico possa incidere direttamente sulla catena operativa. Il primo fronte è il controllo del calore. Con il modulo Smart Heater, Polibox introduce un sistema capace di mantenere le pietanze a temperatura di servizio (+65 °C) in modo costante. Il dispositivo agisce come un equalizzatore: assorbe il calore in eccesso e lo rilascia quando serve, garantendo continuità termica anche dopo lo scollegamento grazie al volano termico. Per chi gestisce catering o mense, significa meno rischi di oscillazioni termiche e maggiore sicurezza alimentare Il secondo fronte è la digitalizzazione della logistica isotermica. Con Sense Polibox, il contenitore diventa un nodo intelligente: sensori IoT integrati trasmettono dati di temperatura e geolocalizzazione in tempo reale, archiviati su cloud e disponibili per report e alert. Questo consente non solo di rispettare le normative HACCP, ma anche di integrare il trasporto isotermico nei sistemi aziendali di tracciabilità. È un’evoluzione rilevante in un contesto dove trasparenza e conformità diventano vantaggi competitivi Il terzo asse è la razionalizzazione degli spazi. Lo X-Fold Box rappresenta una risposta pratica: un contenitore isotermico pieghevole che, una volta ripiegato, riduce gli ingombri fino al 60%. Realizzato in EPP riciclabile, leggero e resistente, mira a semplificare le operazioni di stoccaggio e trasporto, con benefici sia logistici sia ambientali. Infine, il tema dell’igiene. La linea Crystal propone contenitori con pareti interne lisce, conformi alla UNI EN 12571, che rendono più agevoli le operazioni di pulizia e sanificazione. Per strutture sanitarie, mense o catering, questo significa riduzione dei tempi di lavaggio e maggiore sicurezza nel lungo periodo In sintesi, Polibox a Host Milano 2025 non ha presentato solo prodotti, ma strumenti per affrontare alcune delle questioni più urgenti del settore: stabilità termica, digitalizzazione, ottimizzazione degli spazi e igiene. Elementi che, tradotti in pratica, significano meno sprechi, processi più trasparenti e maggiore continuità del servizio.
Nel foodservice contemporaneo, le scelte di investimento non riguardano più soltanto la velocità di lavaggio o la resistenza dei materiali. I buyer e i responsabili operativi valutano macchine che incidano direttamente su tre parametri: riduzione dei consumi, affidabilità dei cicli e sicurezza dell’ambiente di lavoro. È in questa logica che si colloca la nuova gamma di lavastoviglie Pura, presentata da Smeg Professional a Host Milano 2025.
La serie introduce soluzioni tecniche mirate. Il sistema Steam Heat Recovery (SHR+) elimina il vapore prodotto durante il risciacquo, migliorando la qualità dell’aria in cucina e recuperando energia dal condensato: un risparmio fino al 25% e la possibilità di evitare impianti di estrazione dedicati. In parallelo, il Drain Heat Recovery (DHR) sfrutta il calore delle acque di scarico per preriscaldare l’acqua in ingresso, con ulteriore riduzione dei consumi energetici
La personalizzazione è l’altro fronte rilevante. Con AdaptWash, la pressione dell’acqua si regola su tre livelli in base al tipo di sporco; con MyPersonal Wash, tutti i parametri — tempi, temperature, detergenti, pressione — possono essere impostati per costruire cicli su misura. In questo modo, acqua ed energia vengono dosate in relazione al carico reale, riducendo sprechi e ottimizzando i costi.
Dal punto di vista operativo, Pura integra un sistema di filtraggio brevettato a cinque stadi che protegge stoviglie e componenti, garantendo continuità di prestazioni. I dati dichiarati indicano una riduzione del consumo d’acqua fino a 1,8 litri per ciclo Eco e un aumento della produttività fino al 20%, con risultati costanti anche a pieno carico
Il tema ambientale resta trasversale. La combinazione di recupero di calore, riduzione dell’acqua utilizzata e maggiore efficienza energetica offre strumenti concreti per contenere il costo totale di proprietà e, allo stesso tempo, allinearsi agli obiettivi di sostenibilità richiesti da normative e stakeholder.
Accanto al lavaggio, Smeg ha portato a Host anche soluzioni di cottura e refrigerazione, per rafforzare l’idea di un’offerta integrata. Ma il focus della manifestazione è stato chiaramente sulle lavastoviglie Pura: macchine pensate per rispondere a vincoli concreti — consumi, igiene, continuità — più che per introdurre funzioni accessorie.



rivoluzione silenziosa del mercato europeo:
CC’è un paradosso nel mercato europeo delle bevande: il numero di consumazioni resta stabile, ma il loro valore cresce. È il segnale che il beverage non è più solo idratazione o intrattenimento: è diventato un linguaggio, un accessorio di stile, un indicatore identitario.
La nuova analisi di Circana, Silent Revolution of Beverages, racconta una trasformazione che sta avvenendo in silenzio, ma con la forza delle grandi correnti sotterranee.
Un mercato da 157 miliardi di euro
Nel fuoricasa europeo – bar, caffetterie, pub, ristoranti – le bevande hanno raggiunto un giro d’affari di 157 miliardi di euro nei dodici mesi chiusi a giugno 2025. Una cifra record, frutto più dell’aumento delle occasioni di consumo che del numero di atti d’acquisto: le bevande servite restano stabili anno su anno. L’estate 2025 ha fatto da vetrina a questo boom, tra cappuccini al latte di ube (il tubero viola dolce con note di vaniglia e nocciola, originario delle Filippine), tè freddi al matcha, limonate personalizzate e cold brew fermentati.
La sobrietà dei consumi sta ridisegnando il mercato. Nel fuoricasa, il consumo di alcol è sceso del 6%. Al dettaglio, le vendite di alcolici hanno perso l’1,7% in volume – pari a 285 milioni di litri in meno – e l’1,5% in valore, cioè circa 1 miliardo di euro. È la fine di un’epoca e il consolidamento di un nuovo stile, più attento al benessere. A guadagnarne sono gli analcolici: +5,5% a valore nell’ultimo anno (+4 miliardi di euro), +2,3% in volume, pari a 1,5 miliardi di litri in più. Non stupisce che il 55% degli europei si aspetti ormai che pub e ristoranti servano birra analcolica come standard. Parallelamente crescono i ready-to-drink a bassa gradazione, con un +6,5% annuo per i superalcolici Rtd. È come se il brindisi europeo avesse cambiato bicchiere: meno alcol, più varietà, più funzionalità.
La nuova frontiera
Il segmento più dinamico è quello degli energy e sports drink. Le ordinazioni nei locali sono cresciute del +9% su base annua, più del triplo rispetto alle bibite gassate e molto oltre


• Analcolici in crescita: +5,5% a valore in Europa (+4 mld €); alcolici in calo (–6% nei locali, –1,7% in volume al dettaglio).
• Energy e functional drinks: +7,7% vendite annue; +13,3% a valore negli ultimi 3 mesi.
• Innovazione come driver: 30% dei consumatori prova un nuovo marchio per novità e originalità.
• Opportunità per l’Italia: focus su versioni “clean” (basso zucchero, ingredienti naturali), design e storytelling legati a gusto e benessere.
• Sfida strategica: integrare tradizione e sperimentazione, preservando il ruolo identitario delle bevande nella convivialità italiana.
i succhi di frutta. Al dettaglio, le vendite segnano +7,7% a valore, +4,3% in unità e +3,2% in volume (dati a giugno 2025).
L’onda si sta ingrossando: solo negli ultimi tre mesi, il valore è balzato del +13,3% e i volumi del +7,1%.
È un cambio di paradigma. Da nicchia per sportivi e gamer, gli energy drink si stanno trasformando in “carburanti quotidiani” per studenti e professionisti, grazie a ricette con caffeina naturale, basso contenuto di zucchero e ingredienti funzionali. È come osservare un fiume che cambia corso: la direzione è chiara, la portata in crescita.
Bevande come identità e spettacolo
Per i consumatori, soprattutto tra i 18 e i 34 anni, le bevande non sono più soltanto prodotti: sono forme di espressione personale.
Tè funzionali, shot allo zenzero, acque frizzanti al CBD si moltiplicano in bar e caffetterie come accessori da indossare, postare, condividere.
Secondo Edurne Uranga, vice president foodservice Europe di Circana, le bevande oggi non servono soltanto a dissetare: hanno la funzione di migliorare l’umore, sostenere obiettivi di vita e riflettere l’identità personale. Ingredienti audaci e colori accattivanti le rendono tanto gustabili quanto fotografabili, soprattutto per i consumatori più giovani.
Innovazione come motore di scelta
La sete di novità è un driver potente. In Europa, il 30% dei consumatori dichiara di provare un nuovo marchio perché innovativo. Nei sei principali mercati europei, l’innovazione in food e beverage ha generato un incremento del +5,1% del valore delle vendite, con picchi del +7% nel Regno Unito, +6,9% nei Paesi Bassi e +5,5% in Germania.
Ananda Roy, senior vice president di Circana, ha sottolineato come i confini sfumati tra le categorie stiano diventando essenziali per la crescita: i marchi di alcolici si stanno espandendo nelle opzioni low e no-alcol, mentre le bevande analcoliche stanno penetrando negli spazi tradizionali degli alcolici. Questo processo crea nuove occasioni di consumo e aiuta i brand a distinguersi in un mercato sempre più affollato.
Italia ed Europa: scenari strategici
Per l’Italia, questa rivoluzione silenziosa offre due chiavi di lettura.
La prima è culturale: il Paese della convivialità e del vino vede rafforzarsi un consumo sobrio ma esperienziale, che porta nel fuoricasa le istanze di salute e benessere già radicate nella dieta mediterranea.
La seconda è competitiva: chi opera nell’Horeca e nel retail deve investire in assortimenti innovativi e narrazioni coerenti, capaci di intercettare giovani generazioni che scelgono bevande come se fossero abiti, accessori, o statement personali.
Una rivoluzione in punta di piedi
La rivoluzione delle bevande in Europa non ha i toni fragorosi di una rottura improvvisa. È piuttosto un cambiamento silenzioso, progressivo, che somiglia allo spostamento di placche tettoniche. In superficie, i numeri raccontano di un mercato solido.
Ma in profondità si muove qualcosa di più radicale: un consumatore che cerca salute, identità e innovazione.
Per le imprese del foodservice e del retail, la sfida non è solo cavalcare le nuove mode, ma costruire modelli capaci di durare in un mercato che si muove, come i ghiacciai, lentamente ma inesorabilmente.
Negli ultimi anni, i bicchieri europei hanno iniziato a raccontare una storia diversa. Secondo Agriculture and Agri-Food Canada, tra il 2017 e il 2022 il consumo di alcolici in Europa occidentale è rimasto quasi fermo (+0,1% medio annuo), con Germania, Francia e Regno Unito in calo e una lieve crescita soltanto in Italia. Per il 2022-2027 si prevede un rimbalzo modesto (+0,8% annuo): non una festa, piuttosto un lento pranzo domenicale. La spinta arriva altrove. Nel Regno Unito, il mercato delle bevande low e no-alcol è cresciuto del +47% in volume tra il 2022 e il 2023, con una previsione di +19% annuo fino al 2028 (fonte: IWSR). A livello europeo, i consumatori che hanno acquistato almeno una volta bevande analcoliche sono il 29%, mentre quelli che hanno scelto alcolici il 37%. E i lanci di nuovi prodotti low/no corrono cinque volte più veloci rispetto a quelli tradizionali (Innova Market Insights).
Secondo Cargill, una delle più grandi multinazionali agroalimentari del mondo, molto attiva nel mercato delle bevande plant-based, no/low sugar e no/low alcol, gli spirits analcolici hanno già registrato una crescita globale del +8,6% annuo tra il 2015 e il 2020, con una previsione a doppia cifra (+12,9%) per il quinquennio successivo. Oggi valgono circa 310 milioni di euro, e potrebbero arrivare a 575 milioni di euro entro il 2032, con l’Europa che rappresenta quasi metà del mercato stando alle previsioni di Fortune Business Insights.
Infine, le bevande non zuccherate: in Europa il mercato ha raggiunto i 26,6 miliardi di euro nel 2024, con un balzo del +44% rispetto all’anno precedente, e punta ai 33,6 miliardi di euro entro il 2035, almeno secondo IndexBox nota per le sue analisi quantitative dei mercati globali di beni di consumo, alimentari e industriali.
Una fotografia chiara: meno alcol, meno zucchero, più funzionalità. Non è una rivoluzione urlata, ma un cambiamento di abitudini che, come una goccia costante, scava la pietra del mercato.


Ristorando per Brivio & Viganò
Innovazione, integrazione e persone al centro: Brivio & Viganò
consolida il proprio ruolo di partner strategico per la ristorazione e l’ospitalità
EEfficienza, tecnologia e metodo: nel mondo dell’Ho.Re.Ca. Brivio & Viganò si distingue come partner logistico capace di trasformare la supply chain in un vantaggio competitivo concreto.
Le radici di questo approccio affondano nel DNA dell’azienda, nata 45 anni fa nella provincia brianzola e cresciuta fino a diventare oggi un punto di riferimento nazionale e internazionale per la filiera dei trasporti e della logistica. Il cuore pulsante di Brivio & Viganò sono le persone: 3.000 collaboratori ogni giorno alimentano un sistema che serve più di 650 clienti, supportato da un network di oltre 1.300 mezzi Il core business, inizialmente focalizzato sulla GDO, si è progressivamente ampliato, includendo oggi logistica integrata, stoccaggio a temperatura controllata e servizi dedicati appunto al settore Ho.Re.Ca. Grazie alla struttura delle proprie business unit interne, Brivio & Viganò è in grado di coprire l’intera filiera logistica con un modello integrato che assicura il controllo diretto di tutti i processi, dal trasporto alla gestione dei magazzini, dall’e-commerce alla manutenzione dei mezzi. L’azienda fa la differenza combinando sistemi IT avanzati con un know-how consolidato che consente trac-

ciabilità, controllo dei KPI e processi rapidi e condivisi
Nello specifico del settore Ho.Re.Ca, Brivio & Viganò si distingue come partner affidabile sia nella gestione operativa quotidiana, sia nello sviluppo di progetti complessi per magazzini centralizzati
Con una flotta dedicata e un network consolidato presente su tutto il territorio nazionale, l’azienda garantisce un servizio completo, dalla predisposizione e gestione dei magazzini multi-temperatura fino alla consegna finale.
“Affidabilità, tempestività di intervento e sicurezza sono asset imprescindibili per il mercato Ho.Re.Ca.” ha dichiarato Maximiliano Negroni, Chief Commercial Officer dell’azien-
da. “Noi di Brivio & Viganò li integriamo con la solidità di un’impresa familiare e con la visione dinamica di una realtà manageriale moderna. Costruiamo connessioni strategiche, coordiniamo processi complessi e anticipiamo le esigenze dei nostri clienti, contribuendo ogni giorno a rafforzare e valorizzare il mondo dell’ospitalità italiana”.
Brivio & Viganò non è solo un fornitore logistico: è un partner strategico capace di trasformare la logistica in un vantaggio competitivo concreto, offrendo soluzioni personalizzate e flessibili, che permettono ai clienti Ho.Re.Ca. di concentrarsi sul proprio core business, sicuri di avere alle spalle una solida realtà.

- MAXIMILIANO NEGRONI Cel. 334 654 8470 maximiliano.negroni@brivioevigano.it

Brivio & Viganò
Via Quattro Vie, 3 20060 – Pozzuolo Martesana (MI) Telefono: +39 039 9061
info@brivioevigano.it - brivioevigano.com


parla americano, ma
Nation’s Restaurant News e Restaurant Business
GGli americani corrono. Non è un luogo comune, è un fatto. E la ristorazione non fa eccezione. Oltreoceano la trasformazione digitale è come un fiume in piena: investimenti, nuove piattaforme, sistemi interconnessi, intelligenza artificiale. In Italia, il paesaggio è diverso: il nostro è un mosaico fatto di pizzerie di quartiere, trattorie familiari, ristoranti indipendenti di medie dimensioni. Un tessuto imprenditoriale frammentato ma vitale, orgoglioso della sua autonomia e radicato nella tradizione.
Eppure, ciò che accade negli
Stati Uniti non può essere ignorato. È come guardare il meteo d’oltreconfine: la tempesta che oggi bagna Chicago o San Francisco domani può arrivare a Milano, Firenze o Napoli. Non con la stessa forza, non con lo stesso ritmo, ma i venti soffiano nella stessa direzione. Il 2025 Restaurant Technology Outlook, pubblicato da Nation’s Restaurant News e Restaurant Business, ci offre una bussola per capire dove stiamo andando. Una ricerca che mette in fila numeri, priorità e paure di oltre 560 operatori del foodservice americano.

Il rapporto è solido. Non si tratta di impressioni o interviste sporadiche, ma di un sondaggio online condotto su 562 operatori del settore nel gennaio 2025. La platea è rappresentativa: 227 catene o multiconcept, 292 ristoranti indipendenti, 43 operatori on-site (mense aziendali, scolastiche e ospedaliere).
Le risposte arrivano da chi decide davvero. Quasi metà del campione è composto da owner/operator (42%), il resto da direttori generali, manager e figure di livello corporate. Non mancano CEO, vicepresidenti e direttori marketing o IT. In sintesi: è la voce dei decisori, non degli osservatori.
Il questionario è stato promosso attraverso canali editoriali, email e social media, con risposte raccolte in forma anonima per garantire sincerità. Si tratta quindi di una base dati ampia e credibile, capace di fotografare le priorità tecnologiche di un mercato in piena trasformazione.
Il primo dato colpisce per la sua nettezza: l’88% degli operatori dichiara che investirà in tecnologia nel 2025. Il trend è stabile dal 2023, quando lo studio è stato lanciato.
Le aree principali di investimento sono tre:
• digital marketing (46% degli operatori),
• sistemi POS (Point of Sale) (40%),
• canali di ordinazione digitale (38%).
Il marketing digitale è la porta d’ingresso: programmi di loyalty, campagne mirate, strumenti di engagement. I sistemi POS sono il cuore operativo, sempre più integrati con funzioni cloud e analytics. I canali digitali di ordering – dalle app mobile ai kioski – rappresentano il ponte tra cliente e cucina.
Digital marketing (loyalty, engagement)
POS system (Point of Sale)
Canali digitali di ordering
Back-of-house tech (cucina, operazioni)
46%
Labor management tools 34%
Back-office software 33%
Front-of-house tech (sala) 32%
Employee engagement/retention
Catering tech
Forecasting
Data security
AI tools
Robotics/automation
Sustainability tech
La logica è semplice e implacabile: attrarre clienti, trasformare l’interesse in ordini, gestire la transazione con efficienza.
Ma la tecnologia non vive nel vuoto. La prima difficoltà segnalata dagli operatori non riguarda i costi o le funzionalità,
bensì il lavoro. Il 36% lamenta la mancanza di personale in grado di gestire e integrare i nuovi sistemi. Seguono i costi hardware (32%) e la scarsa trasparenza dei canoni ricorrenti (27%). Ma il nodo centrale è la carenza di competenze
La ristorazione americana – e a maggior ragione quella italia-
Priorità assoluta per aumentare traffico clienti
Cuore operativo, sempre più integrato con cloud
Mobile app, online ordering, delivery, kioski
Focus su efficienza e riduzione sprechi
Strumenti percepiti come strategici ma ancora insoddisfacenti
Amministrazione e gestione interna
Accuratezza ordini e semplificazione del servizio
Migliorare la fidelizzazione del personale
Crescita significativa rispetto al 2024
Previsioni di vendite e traffico
Priorità in crescita
Interesse crescente, ma casi d’uso incerti
Ancora marginali
Ultima priorità, ma in ascesa
na – si trova davanti a un paradosso: la tecnologia promette efficienza, ma senza le persone giuste rischia di aggiungere complessità.
È un problema che conosciamo bene in Italia, dove il turnover del personale è alto e la formazione scarsa.
Introdurre un nuovo sistema digitale in una pizzeria di pro-
AI Curious (interessati) 51%
AI Cautious (scettici) 28%
Motivi: assenza casi d’uso chiari (27%), percezione hype (19%), ROI incerto (17%) INTELLIGENZA
Marketing e copywriting, customer service, forecasting, POS automation
Previsioni vendite (51%), menu strategy (47%), gestione staff (45%), riduzione sprechi (45%), inventario (42%)




































vincia o in una trattoria storica senza staff preparato equivale a installare un motore elettrico in una Fiat 500 del 1972: l’innovazione è lì, ma il telaio non la regge.
AI: entusiasmo, curiosità, cautela
Il capitolo sull’AI (Artificial Intelligence, intelligenza artificiale) divide il settore in tre blocchi.
• Gli AI Adopters (21%) già usano strumenti, soprattutto per marketing, customer service e forecasting. Un ristorante su cinque, quindi, ha già inserito l’AI nei processi quotidiani.
• Gli AI Curious (51%) non hanno ancora adottato strumenti ma dichiarano di volerlo fare. Le priorità: inventario, menu strategy, riduzione sprechi.
• Gli AI Cautious (28%) restano scettici. Preferiscono aspettare che altri dimostrino casi d’uso concreti e ritorni sugli investimenti.
La spaccatura è netta. Da una parte l’entusiasmo, dall’altra il timore che l’AI sia sopravvalutata. Non è un dibattito solo americano: in Italia la parola “intelligenza artificiale” suscita spesso diffidenza tra i ristoratori indipendenti, che temono costi alti e applicazioni poco concrete.
Dati: abbondanza senza strategia
La gestione dei dati è un altro punto critico. Solo 36% degli operatori dichiara di ottimizzare i dati raccolti, in calo rispetto al 45% del 2024. Cresce invece chi ammette di non saperli usare: 31% “probabilmente no”.
Le difficoltà maggiori:
• rendere i dataset actionable (36%),
• integrarli nello stack esistente (26%),
• scegliere i dataset più utili (24%).
Il problema non è la raccolta, ma l’uso. È come accumulare
casse di ingredienti senza sapere come cucinarli: la dispensa è piena, ma il piatto non arriva mai in tavola.
FOH e BOH: front e back
Il back-of-house (BOH, la cucina) resta il terreno con i ritorni più concreti:
• 35% punta a ridurre sprechi,
• 35% a diminuire errori,
• 31% ad accelerare i tempi di preparazione.
In crescita l’uso di Kitchen Display Systems (KDS) per la formazione del personale, dal 19% al 23%.
Il front-of-house (FOH, la sala) punta invece su accuratezza degli ordini (35%) e convenienza per i clienti (32%). Nei full-service restaurant la priorità è la personalizzazione, nei limited-service (QSR e fast casual) è la velocità.
In entrambi i casi, la tecnologia non deve sostituire l’uomo ma alleggerirlo dei compiti ripetitivi, permettendogli di concentrarsi sull’ospitalità.
Delivery: una strada obbligata
Oltre metà degli operatori utilizza già piattaforme terze di delivery. Le commissioni alte e la scarsa condivisione dei dati clienti restano problemi strutturali.
Ma il canale off-premises è ormai radicato.
Anche in Italia il delivery, esploso con la pandemia, non è più un servizio accessorio.
La differenza è che molte realtà italiane, soprattutto indipendenti, non hanno ancora sviluppato canali diretti o app proprietarie. Restano quindi legate agli aggregatori, con tutti i rischi del caso.
Una prospettiva italiana
Fin qui i numeri americani. Ma cosa significano per il nostro Paese?

La ristorazione italiana è fatta per oltre il 70% da ristoranti indipendenti di piccola e media dimensione. Le catene crescono ma restano minoritarie rispetto agli Stati Uniti. La spinta alla digitalizzazione, quindi, non può seguire lo stesso ritmo.
Eppure, i trend USA indicano la direzione: digital marketing, omnicanalità, dati, AI, formazione staff.
Anche la trattoria che serve 60 coperti in provincia deve chiedersi come integrare un sistema di prenotazione online, come ridurre gli sprechi con strumenti di inventory management, come sfruttare i dati dei clienti abituali.
Gli americani corrono, noi camminiamo. Ma camminare non significa fermarsi. L’Italia ha un patrimonio unico: la relazione personale, la cucina come
rito, il sorriso del cameriere che conosce per nome metà dei clienti. Nessuna tecnologia potrà mai sostituire questo capitale umano e culturale. Ma il futuro richiede anche altro. Richiede dati integrati, sistemi flessibili, strumenti digitali che non soffochino la tradizione ma la sostengano. È come avere una cucina con i fornelli a gas e il forno a legna: nessuno vuole eliminarli, ma affiancarli a un forno combinato di ultima generazione può fare la differenza.
Il 2025 Restaurant Technology Outlook ci dice che la ristorazione del domani sarà un equilibrio tra cuore artigiano e cervello digitale
Per l’Italia, la sfida è non perdere questa occasione: adattare i trend americani alle nostre dimensioni, ai nostri ritmi, ai nostri valori. Perché cucinare al buio, oggi, significa rischiare di servire un piatto bruciato.
PRINCIPALI SFIDE TECNOLOGICHE
Mancanza di staff qualificato
Costi hardware elevati 32%
Scarsa conoscenza sugli investimenti possibili 30%
Funzionalità insufficienti nei sistemi attuali 28%
Canoni e costi poco trasparenti 27%
Integrazione/API tra fornitori (data silos) 21%
Strumenti non utilizzati appieno 16%
Data silos interni allo staff 14%
Sovraccarico (troppe piattaforme da gestire) 14%
Sistemi difficili da usare 8%


I contratti del mese in Italia pag. 68




CCrescono di 29 unità i contratti censiti dal monitor, che passano dai 297 della precedente rilevazione ai 326 attuali. A trainare l'incremento è ancora la ristorazione collettiva aziendale, che raggiunge quota 35 (+17 segnalazioni), trainata soprattutto dai contratti con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco. In aumento anche la ristorazione commerciale che arriva a 66 contratti (+11), mentre la ristorazione sociosanitaria sale a 38 (+3). Contenuta la crescita della ristorazione scolastica, che si attesta a 134 contratti (-4 rispetto alla precedente rilevazione). Stabili i settori buoni pasto (30 contratti) e lieve incremento nel vending (7 contratti, +2).
(Nella settima rilevazione abbiamo censito 326 contratti e 149 imprese)
I NUOVI CONTRATTI DELLE IMPRESE ITALIANE
DELLA RISTORAZIONE MODERNA
Questa rilevazione riguarda i contratti acquisiti dalle imprese italiane della ristorazione collettiva, commerciale ed a catena, nonché dalle aziende emettitrici di buoni pasto viene aggiornata per ogni anno solare, e si sviluppa con cadenza mensile. Il censimento si basa su nostre indagini ed interviste e sulle segnalazioni che ci pervengono dalle imprese interessate. Esso costituisce un efficace mezzo per divulgare le proprie attività commerciali e di sviluppo, ed anche un valido strumento di conoscenza del mercato; è tuttavia importante, per chi consulti la rilevazione, ricordare che essa non indica l’entità di ogni singolo contratto, ma solo il numero complessivo dei contratti acquisiti. Ogni azienda può liberamente e periodicamente comunicarci, per e-mail o fax, le acquisizioni effettuate, in maniera da offrire un panorama aggiornato dell’andamento delle proprie acquisizioni.

AUTHENTICA
♦ OSPEDALE DI TERNI
CIRFOOD
♦ OSPEDALE DI TERNI
1 contratto precedente
FAMILY
PAOLO
SIRIO S.P.A.
contratti precedenti
contratto precedente
contratto precedente
CIRFOOD
NOI
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 15
RICA SRL
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 17
RISTOSERVICE
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 12 2 contratti precedenti
SCAMAR S.R.L.
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 3
SLEM SRL
contratti precedenti
precedenti
RISTORAZIONE
SARCA-GMA
SATISFOOD
SER
SODEXO
VOLPI PIETRO SRL
contratto precedente
contratti precedenti
contratto precedente
contratto precedente
ATLAS I.F.M. S.R.L.
contratti
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 1, 2, 11
AUTHENTICA SPA
contratti
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 9, 16
BIORISTORO
SRL
COMUNE DI TRIGGIANO (BA)
PAMELA ELISA
SERVIZI INTEGRATI SRL
contratti
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 7, 19
CIRFOOD
♦ ATB MOBILITÀ S.P.A
COMPASS GROUP
DUSSMANN SERVICE
contratto
contratto precedente
contratti
♦ EDIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 5, 8, 18
3 contratti precedenti
EP
INNOVA S.P.A.
KLAS SERVICES SRL
contratto precedente
contratti precedenti
contratti
♦ DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E
DELLA DIFESA CIVILE LOTTO 4, 10, 14
MARKAS
PANDA CATERING SRL
SARDA SERVIZI SOC. COOP. A R.L.
SERENISSIMA RISTORAZIONE
S.L.E.M. SRL
VIVENDA
contratto precedente
contratto precedente
contratto precedente
contratto precedente
contratti precedenti
A. GAZZOLI & SOCI SRL
3 contratti precedenti
ALTHEA SRL 8 contratti precedenti
AUTHENTICA 1 contratto precedento
BETADUE COOPERATIVA SOCIALE DI TIPO B 1 contratto precedente
BIORISTORO ITALIA S.R.L. 5 contratti precedenti
BRIN MENSE SRL 1 contratto
♦ COMUNE DI GROTTAGLIE
C.S.R. CONSORZIO SOCIALE ROMAGNOLO COOP. SOC. 1 contratto precedente
CAMST GROUP 12 contratti precedenti
CILENTO MENSE SRL 1 contratto precedente
CILIEGINO S.R.L. 1 contratto
♦ PROVINCIA DI FORLÌ CESENA
CIRFOOD 13 contratti
♦ COMUNI DI CHIAVARI E LEIVI
♦ COMUNE DI ACQUI TERME
11 contratti precedenti
CNS CONSORZIO NAZIONALE SERVIZI SOC COO 20 contratti precedenti
DIAPASON - SOCIETA' COOPERATIVA SOCIALE 1 contratto precedente
DIGMA SERVICE 1 contratto precedente
DUSSMANN SERVICE 14 contratti precedenti
ELIOR RISTORAZIONE 3 contratti precedenti
EP SPA 12 contratti precedenti
ESPERIENZE 84 SOCIETA COOPERATIVA 1 contratto precedente
ESSEBI SRL 1 contratto precedente
EUROMENSE SRL 3 contratti precedenti
EURORISTORAZIONE 3 contratti precedenti
FOOD AND DELIVERY 2 contratti
♦ AREACOM - AGENZIA REGIONALE DELL'ABRUZZO PER LA COMMITTENZA, LOTTO 4
1 contratto precedente
G.F.I. FOOD S.R.L 1 contratto precedente
G.L.M. RISTORAZIONE SRL 1 contratto precedente
GEMOS SOC. COOP 3 contratti
♦ COMUNE DI TERNI
2 contratti precedenti
GESTFOOD SRL 1 contratto precedente
IDEALFOOD SAS 1 contratto precedente
INNOVA S.P.A. 2 contratti precedenti
ITACA SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE 1 contratto
♦ COMUNE DI POMPEI (NA)
ITALIA CHEF SRL
1 contratto precedente
LABOR 2 contratti precedenti
MARGHERITA+ SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE 2 contratti precedenti
MARKAS 2 contratti precedenti

MEDITERRANEA 1 contratto precedente
MOB SRL 1 contratto precedente
NENÉ SERVICES SOCIETÀ COOP SOCIALE DI TIPO B 4 contratti precedenti
PASTORE SRL 2 contratti precedenti
PUNTO RISTORAZIONE 1 contratto precedente
REM SRL 1 contratto precedente
RICA SRL 1 contratto precedente
RISTONET SRL 1 contratto precedente
RISTOR PLUS 2 contratti
♦ COMUNE DI GROTTAGLIE 1 contratto precedente
S. LUCIA SOCIETA’ COOP SOCIALE DI SOLIDARIETA’ ONLUS 1 contratto
♦ COMUNE DI CASALBUTTANO ED UNITI (CR)
S.L.EM. SRL 1 contratto precedente
SARCA-GMA S.R.L 1 contratto precedente
SCAMAR S.R.L 2 contratti
♦ COMUNE DI CATANZARO 1 contratto precedente
SER CAR RISTORAZIONE COLLETTIVA S.P.A 3 contratti precedenti
SERCOL SRL 1 contratto precedente
SERENISSIMA RISTORAZIONE S.P.A. 8 contratti precedenti
SH GESTIONI SRL 5 contratti precedenti
SIR SISTEMI ITALIANI RISTORAZIONE S.R.L 3 contratti
♦ COMUNE DI ROMANO DI LOMBARDIA 2 contratti precedenti
SIRIO SRL 5 contratti precedenti
♦ COMUNE DI CASALNUOVO DI NAPOLI (NA) 4 contratti precedenti
SIRISTORA 1 contratto precedente
SOCIETA' COOP SOC SERVIZI E SOLIDARIETA' 1 contratto precedente
SOCIETA’ COOP PROGETTO H – SOC. COOP. SOC 1 contratto precedente
SODEXO 11 contratti precedenti
SPERANZA SOCIETÀ COOP SOCIALE ONLUS 1 contratto precedente
VIVENDA SPA 12 contratti
♦ COMUNALE DI FOLLONICA
♦ COMUNE DI POLICORO 10 contratti precedenti
VOLPI PIETRO SRL 4 contratti
♦ COMUNALE DI BORNASCO (PV)
♦ COMUNE DI VAPRIO D’ADDA (MI) 2 contratti precedenti
12 OZ 2 contratti precedenti
ALL'ANTICO VINAIO 1 contratto precedente
AL RUOTINO 1 contratto precedente
ANTICA PIZZERIA DA MICHELE 1 contratto precedente
ART CAFFÈ 1 contratto precedente
AVOLTA 1 contratto precedente
BIIF 1 contratto precedente
BOTTEGHE DEL MARE 1 contratto precedente
BURGER KING 3 contratti precedenti
CASCINA ROMANA 1 contratto precedente
DENIS-PIZZA DI MONTAGNA 1 contratto
♦ MILANO
DINETTE 1 contratto precedente
DISPENSA EMILIA 1 contratto precedente
DON VINCÈ 1 contratto precedente
DOPPIO MALTO 3 contratti precedenti
ENDRIT RUSTEMI PIZZERIA 1 contratto precedente
FEDEGROUP 1 contratto precedente
FIVE GUYS 1 contratto pecedente
GIACOMO MILANO 1 contratto precedente
GÒODURIE SORESINA 1 contratto precedente
KEBHOUZE 1 contratto precedente
KFC 1 contratto
♦ ROMA-TREVI
LA PECORA NERA 1 contratto precedente
LA YOGURTERIA 1 contratto precedente
LANGOSTERIA 1 contratto precedente
MIGNON 1 contratto precedente
MILOS GREEK FOOD 1 contratto precedente
NESPRESSO 1 contratto
♦ MILANO
OAKBERRY 3 contratti precedenti
OSTERIA NANIN 1 contratto precedente
PANFÈ 1 contratto precedente
POLLICINO 1 contratto precedente
POPEYES 3 contratti
♦ MONTESILVANO
2 contratti precedenti
RIVOIRE VENEZIA 1 contratto
♦ VENEZIA
ROSSOPOMODORO 1 contratto precedente
STENDHAL BISTROT
1 contratto precedente
THAT’S PANARO 1 contratto precedente
VINCENZO CAPUANO 1 contratto precedente
ZEM 1 contratto precedente
BAR BANQUETING SRL
GINO SORBILLO
GRANDI STAZIONI RETAIL
IGEA GROUP SRL
PRET A MANGER
contratto precedente
contratto precedente
contratto precedente
contratto precedente
contratto precedente
ROADHOUSE MEATERY 1 contratto precedente
VECCHIA MALGA
WENDY'S
contratto precedente
PROVINCIA DI FORLÌ CESENA GENERAL BEVERAGE SRL
E SERVIZI 1 contratto
♦ AZIENDA SANITARIA TERRITORIALE DI FERMO
MAIBA SRL 1 contratto precedente
RICA SRL 1 contratto precedente SELECTA 1 contratto pecedente

SAPORÈ 1 contratto precedente
SMASHIE 4 contratti
♦ FIRENZE
♦ BERGAMO
♦ GENOVA
♦ CAGLIARI

23. BORGO S.R.L.
BOTTEGHE DEL MARE
BRIN MENSE SRL
BURGER KING
C.S.R. CONSORZIO SOCIALE ROMAGNOLO COOP SOC
CAMST GROUP
CASCINA ROMANA
CILIEGINO S.R.L.S
CILENTO MENSE SRL
CIRFOOD 33. CNS CONSORZIO NAZIONALE SERVIZI SOC COOP
COMPASS GROUP
DAY RISTOSERVICE S.P.A. SOCIETA' BENEFIT
DENIS-PIZZA DI MONTAGNA 37. DIAPASON - SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE 38. DIGMA SERVICE
DINETTE 40. DISPENSA EMILIA 41. DON VINCÈ 42. DOPPIO MALTO
DUSSMANN SERVICE
44. EDENRED ITALIA S.R.L.
45. ENDRIT RUSTEMI PIZZERIA
46. EP
47. ELIOR RISTORAZIONE
48. ESPERIENZE 84 SOCIETÀ COOPERATIVA
49. ESSEBI SRL
50. EUROMENSE SRL
51. EURORISTORAZIONE
52. FAMILY BAR DI GRASSI LUCA & C. - S.N.C.
53. FDA COFFEE BREAK SRL
54. FEDEGROUP
55. FERRARA SRL
56. FILOGRANO PAMELA ELISA
57. FIVE GUYS
58. FOOD AND DELIVERY
59. FRIGERIO VIAGGI S.R.L.
60. G.F.I. FOOD S.R.L.
61. GENERAL BEVERAGE SRL
62. GEMOS SOC. COOP.
63. GESTFOOD SRL
64. GESTIONE ORIZZONTI S.R.L.
65. GESTIONE SERVIZI INTEGRATI SRL
66. G.L.M. RISTORAZIONE SRL
67. GIACOMO MILANO
68. GINO SORBILLO
69. GÒODURIE SORESINA
70. GMA SERVICES SRL
71. GRANDI STAZIONI RETAIL
72. HOTEL VITTORIA DI RIZZO DOMENICO & C.
73. IGEA GROUP SRL
74. IDEALFOOD SAS
75. INNOVA S.P.A.
76. ITACA RISTORAZIONE E SERVIZI
77. ITACA SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE
78. ITALIA CHEF SRL
79. KEBHOUZE
80. KFC
81. KLAS SERVICES SRL
82. LABOR
83. LA PECORA NERA
84. LA QUERCIA SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE
85. LA YOGURTERIA
86. LA ROMANA SOCIETÀ COOPERATIVA
87. LANGOSTERIA
88. MARGHERITA+ SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE
89. MARKAS
90. MAIBA SRL
91. MEDITERRANEA
92. MIGNON
93. MILOS GREEK FOOD
94. MOB SRL
95. MONTELAURO S.R.L.
96. NENÉ SERVICES SOC. COOP. SOCIALE
97. NESPRESSO
98. NOI SOC. COOP. SOCIALE
99. OAKBERRY
100. OSTERIA NANIN
101. PANDA CATERING SRL
102. PANFÈ
103. PAOLO ARDISSON S.R.L.
104. PASTORE SRL
105. PLUXEE ITALIA S.R.L.
106. POLLICINO
107. POPEYES
108. PRET A MANGER
109. PUNTO RISTORAZIONE SRL
110. REM SRL
111. RICA SRL
112. RISTOR PLUS
113. RISTORANDO SOCIETÀ COOPERATIVA
114. RISTORAZIONE OTTAVIAN
115. RISTOSERVICE
116. RISTONET Srl
117. RIVOIRE VENEZIA
118. ROADHOUSE MEATERY
119. ROSSOPOMODORO
120. S. LUCIA SOCIETÀ COOP SOC DI SOLIDARIETÀ ONLUS
121. SAPORÈ
122. SARDA SERVIZI SOC. COOP. A R.L.
123. SARCA-GMA S.r.l.
124. SCAMAR S.R.L
125. S.E.R.C.O.L. Srl
126. SER CAR RISTORAZIONE COLLETTIVA S.P.A.
127. SERENISSIMA RISTORAZIONE
128. S.H. GESTIONI SRL
129. SIR SISTEMI ITALIANI RISTORAZIONE S.R.L.
130. SIRIO SRL
131. SIRISTORA
132. SLEM SRL
133. SMASHIE
134. SODEXO
135. SOVANA GESTIONE S.R.L.
136. SOCIETA' COOP PROGETTO H - SOC. COOP. SOCIALE
137. SOCIETÀ COOP SOCIALE SERVIZI E SOLIDARIETÀ
138. SPERANZA SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE ONLUS
139. STENDHAL BISTROT
140. THAT'S PANARO
141. VECCHIA MALGA
142. VINCENZO CAPUANO
143. VIVENDA SPA
144. VIVERACQUA SCARL
145. VOLPI PIETRO SRL
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Nella Casa MadreCupiello viviamo ogni giorno la storia di un equilibrio antico, dove l’amore per la tradizione sposa la tecnologia più sorprendente. È qui che il lievito “mamma”, con tutta la cura che merita, viene sottoposto ad un trattamento affettuoso e premuroso di rinfresco sino ad una completa maturazione di 26 ore. Ed è qui che nasce la gamma “ Madre ”, frutto della creatività di Cupiello e della sua capacità di unire gli ingredienti più antichi e naturali: farina, uova, zucchero, burro e Lievito Madre fresco L’ Unione Italiana Food sostiene l’impegno di Cupiello nell’utilizzo di Lievito Madre Fresco nei propri prodotti. Riconoscendone il valore e l’unicità, l’Unione Italiana Food difende la prerogativa dell’indicazione in etichetta del termine “Lievito Madre Fresco”, definendo di contro come “ingannevoli” quelle diciture che fanno riferimento al Lievito Madre, quando sono impiegate paste acide essiccate o similari, in assenza, cioè, di pasta
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Sede legale:
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Sodexo Italia S.p.A.
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Chef Express S.p.A.
Sede Legale e Amministrativa:
Via Modena, 53 - 41014 Castelvetro di Modena (MO)
Tel. +39 059 754711
Sede di Roma:
Via Giolitti, 50 - 00185 Roma Tel. +39 06 477851 - 059 754711 info@chefexpress.it

CIRFOOD RETAIL
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Roadhouse Grill Italia S.r.l.
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Edenred Italia S.r.l.
Via Giovanni Battista Pirelli, 18 - 20124 Milano Tel. +39 02 269041 www.ticketrestaurant.it

Rational Production S.r.l.
Via L. Galvani, 7/H - 24061 Albano S. Alessandro (BG)
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CATTEL S.p.A.
Via Ettore Majorana, 11 - 30020 Noventa di Piave (VE) Tel.+39 0421 355311 www.cattel.it - info@cattel.it

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Via G. Marconi, 15 - 25020 Flero (BS)
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METRO Italia Cash and Carry S.p.A.
Via XXV Aprile, 25 - 20097 San Donato Milanese (MI)
Tel. dall’Italia: 800.800.808
Tel. dall’estero: +39 091 9885422 servizio.clienti@metro.it - www.metro.it

Progetta sc
Via Lodovico il Moro, 159 20142 Milano
Tel. +39 02 89122357 progetta@progetta.mi.it www.progettasc.it
Ali Group S.r.l.
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20063 Cernusco sul Naviglio (MI) Tel. +39 02 921991 info@aligroup.it www.aligroup.it
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Via Stelloni Levante, 24/a 40012 Calderara di Reno (BO) Tel. +39 051 726 810 www.robot-coupe.com/ita/it

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Via G. Amendola, 5 - 20037 Paderno Dugnano (MI) Tel. +39 02 91476767 info@fiveservices.com - www.fiveservices.com

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Via Settembrini 32-30/A - 20045 Lainate (MI) Tel. +39 02 9373220 info@hupferitalia.com https://www.hupfer.com/it/

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Via Campo dei Fiori, 13 - 20014 Vittuone (MI) Tel. +39 02 37074200 sds@grupposds.it www.grupposds.it

VITO Italia S.r.l.
Via Gorizia 14 - 31025 S. Lucia di Piave (TV) Tel. +39 0438 460235 cell. 345 5515644 info@vitoitalia.it www.vitoitalia.it

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Via Galileo Galilei, 8 - 20060 Cassina de’ Pecchi (MI) Tel. +39 02 95228.1 www.comenda.eu

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Via Emilio Gallo, 27 Z.I. Chind - 10034 Chivasso (TO) Tel. +39 011 91902 r.a. info@meikoitalia.it www.meiko.it

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Axios Informatica S.r.l.
Via Bach, 7 - 36061 Bassano del Grappa (VI) Tel. +39 0424 227546 commerciale@axios.it - www.axiosinformatica.it

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Sede legale: Via dei Solteri 76, Trento
Sede operativa: Via Francesco Croce 65, Abbiategrasso (MI) P.IVA 02344210220
Tel. +39 0461/1862014 info@eticasoluzioni.com divisione.commerciale@eticasoluzioni.com www.eticasoluzioni.com

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Sede operativa Via Caravaggio 28/A 20832 Desio (MB) Italy Tel. +39 039 9466362 info@mytec.com www.mytec.com

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Sede Legale Via Nicolai 8 - 70123 Bari Tel. 080 2149 474 www.progettiesoluzioni.it info@progettiesoluzioni.it

Ristocloud Group S.r.l.
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Zucchetti
Via Solferino, 1 - 26900 Lodi Tel. +39 0371 594 2444 market@zucchetti.it - www.zucchetti.it
• Autore: Slow Food Editore
• Editore: Slow Food Editore
• Prezzo: 24,90 €
La guida Osterie d'Italia va letta come un vero e proprio romanzo italiano perché ogni edizione racconta l'Italia e lo fa attraverso le diverse cucine regionali, grazie al lavoro di oltre 250 collaboratori e dalla rete nazionale di Slow Food che visitano in anonimato tantissimi locali durante tutto l'anno. L'edizione 2026 segnala 1980 locali scelti per la cucina territoriale autentica, la rigorosa selezione degli ingredienti e l'atmosfera genuina. Il volume si conferma il volume più venduto della casa editrice Slow Food, nonché guida ristoranti cartacea più venduta in assoluto. Quest'anno 337 insegne sono state premiate con la Chiocciola, assegnata per l'eccellente proposta, l'ambiente, la cucina e l'accoglienza in sintonia con i valori di Slow Food. Una novità significativa è la crescita dei Locali Quotidiani che raggiungono 161 segnalazioni: pastifici, gastronomie, botteghe con cucina e altre realtà dalla proposta informale e agile. Guardando alle regioni, la Campania è in testa con 39 locali premiati con la Chiocciola, seguita dalla Toscana con 30 e dal Piemonte con 29.

Gli ingredienti della gioia. Ricette e pratiche per corpo, mente e anima
• Autori: Alessia Posca Rodriguez, Eric Staltari
• Editore: Sperling & Kupfer
• Prezzo: 18,90 €

“In tempi dominati dalla frenesia digitale e dalla ricerca ossessiva della performance, Alessia Posca Rodriguez ed Eric Staltari - fondatori del progetto Elefanteveg nel 2018 - propongono un percorso di rallentamento consapevole.
"Gli ingredienti della gioia" è un invito a rallentare, a ritrovare ascolto, a riscoprire il piacere di vivere con presenza e autenticità, nato dalla loro esperienza diretta e da anni di ricerca nel campo dell'alimentazione vegetale, dello yoga, della meditazione e del benessere integrale.
Il libro non offre ricette preconfezionate per la felicità, ma semi da piantare ogni giorno: domande che stimolano la consapevolezza, gesti semplici per rinnovare l'energia vitale, gustose ricette vegetali, riflessioni e strumenti concreti per coltivare il proprio equilibrio. Il testo intreccia antiche tradizioni e recenti scoperte scientifiche, mostrando come ogni sceltaciò che mangiamo, pensiamo, respiriamo e viviamo - influenzi non solo la nostra salute, ma anche quella del pianeta.




















