Sirene meravigliose
TRADUZIONE DI MARIA BASTANZETTI



LA SIRENA ROMANTICA LORELEI
LEGGENDA TEDESCA
In tempi lontanissimi, su un picco roccioso che ancora oggi sovrasta il Reno, sedeva la ragazza più bella della zona: Lorelei. Poco tempo prima, aveva incontrato il grande amore. Era un bel marinaio che riempiva il suo mondo di promesse. Lorelei passava ore e ore a pettinarsi i lunghi capelli, e intanto sognava con il cuore palpitante il loro prossimo incontro.
Tuttavia, una sera in cui dovevano vedersi, lui non si presentò. E non comparve neanche nei giorni seguenti. Il ragazzo era sparito. Era inspiegabile!
Aveva persino dato a Lorelei un anello per suggellare il loro amore… Triste e disperata, la ragazza non mangiava né dormiva più. Pensava solo a colui che sembrava averla abbandonata. Un amico geloso allora pronunciò la sentenza: il suo promesso sposo se ne stava andando a bordo della prima nave in partenza e non sarebbe più tornato.
A quella notizia, il cuore di Lorelei si spezzò. La fanciulla corse fino al suo scoglio per vedere la nave che salpava. E mentre quella si allontanava, si sporse ancora di più per guardarla portare via il suo amore nel tramonto, finché non cadde nelle acque tumultuose del fiume.
Il Reno, commosso dal tragico destino della giovane, la accolse come sua figlia. Fu così che Lorelei divenne una sirena. Il dolore la divorava ancora così intensamente che attirava a sé i marinai di passaggio con la sua voce incantevole. Erano rari quelli che resistevano al suo affascinante richiamo. Una volta sedotte, le povere anime perdevano il controllo della loro imbarcazione e andavano a schiantarsi contro la roccia, diventata ormai un sepolcro…
Un giorno, un marinaio sopravvissuto a un naufragio andò a raccontare la sua terribile avventura alla corte del conte palatino del Reno. Quando evocò la visione di quella dea dai capelli d’oro, molti si presero gioco di lui. Ma la sua descrizione suscitò l’interesse del figlio del conte, Ronald. Era un adolescente fiero e bellicoso, il miglior guerriero della corte. Convinto di aver visto in sogno la donna di cui parlava il naufrago, decise di partire per andare a cercarla.



Si fece condurre da un vecchio marinaio non lontano dalla temibile roccia. Era notte fonda, nemmeno la luna gli faceva compagnia. Si sentiva solo il rumore del fiume. Ronald, impaziente, guardava verso la sommità della rupe. Nessuna traccia della giovane. Poi, tutto d’un tratto, risuonò una voce. La più bella che il ragazzo avesse mai sentito. Si levò una brezza leggera ad accompagnare le incantevoli note che sembravano emergere dalla roccia stessa. Le nuvole si aprirono, e Ronald poté ammirare il profilo di Lorelei. Malinconica, pettinava i lunghissimi capelli che si bagnavano nel fiume, così splendenti che il loro oro ricordava i riflessi della luna sull’acqua.
Non potendo distogliere gli occhi da quell’apparizione, Ronald gridò il suo nome: “Lorelei! Lorelei!”. Doveva raggiungerla al più presto! Il marinaio lo mise in guardia: se si fossero avvicinati ancora un po’, sarebbero annegati. Ma il ragazzo era sordo a tutto tranne che al cuore che gli batteva forte nel petto, così si precipitò a nuoto verso la roccia. Nel suo delirio, era certo di poter toccare i capelli della giovane tanto indifferente ai suoi richiami d’amore, e ciò che doveva accadere accadde. Anche quello sventurato scomparve nelle acque tumultuose, che devastarono il suo corpo prima di rigettarlo sulla riva.
Inconsolabile, il padre di Ronald decise di farla finita con quella strega che aveva già fatto scomparire tanti dei suoi sudditi, e radunò l’esercito. Lo condusse fino alla sommità della famosa rupe, dove tutti si nascosero fra i cespugli in attesa che calasse la notte. Come sempre, al crepuscolo Lorelei fece la sua comparsa. Indifferente alla presenza degli uomini, iniziò a pettinarsi i capelli. Il conte, inorridito da tanta arroganza, si scagliò verso di lei e, senza lasciarle nemmeno il tempo di intonare le prime note, brandì la spada. Spaventata, la sirena implorò suo padre, il Reno, di salvarla.
Un’onda monumentale si formò allora in un raggio di chilometri tutt’intorno.
Percorse a gran velocità il tratto che la separava da Lorelei e, come una mano umana, afferrò la giovane donna per portarla nelle profondità del fiume.
Il canto melodioso della sirena risuonò a lungo. Un canto terribilmente triste. Ancora oggi, basta tendere l’orecchio all’avvicinarsi dello stretto del Reno per sentirne l’eco.


JIA – ORÉN
LA SIRENA GENEROSA
LEGGENDA CINESE
Quando ero ancora una bambina, mia nonna Nˇainai mi parlava spesso della sua famiglia rimasta in Cina. Racconti incredibili, pieni di colpi di scena! Anche se a volte avevo il sospetto che romanzasse un po’ la realtà, avrei potuto ascoltarla per ore, la mia Nˇainai dallo sguardo fiero e dalle mani rugose.
“Sai, dolce Mei, da dove vengono i tuoi capelli morbidi e lucenti come la seta?”
“Li ho ereditati da te, Nˇainai!”
“E sai da chi li ho ereditati io?”
“Da tua nonna…”
“Che a sua volta li aveva ereditati da sua nonna! Ebbene sì, è così da secoli. Le donne della nostra stirpe possiedono tutte una chioma straordinaria. Lascia che ti racconti la loro storia.”
Molto tempo fa, in un villaggio della Cina viveva una ragazza che rispondeva al dolce nome di Li. Nella regione la sua famiglia aveva la fama di vendere le stoffe più belle, tessuti e lane di qualità eccezionale. I clienti giungevano da contrade lontanissime per procurarseli. Poi, un giorno, il padre di Li si ammalò gravemente e morì. Per la disperazione, sua madre distrusse il laboratorio e bruciò tutti i telai. Si rinchiuse nella sua camera e si murò nel silenzio. Che tristezza! Li non sapeva come aiutarla. Passarono i mesi e la miseria si insediò nella loro casa.
Una mattina, mentre raccoglieva legna in riva al grande fiume, la ragazza vide una giovane donna. Non era una signora del villaggio, non l’aveva mai vista prima, eppure il suo sorriso le sembrava familiare.
“Avvicinati, giovane Li! Non voglio farti alcun male. Mi chiamano la Jia¯orén. Conosco la tua famiglia e il vostro grande dolore. Portami a casa tua, saprò come aiutarvi!”

Li ebbe un momento di esitazione. Cosa voleva da lei quella sconosciuta? Notò la stola finissima che aveva sulle spalle. Soltanto suo padre avrebbe saputo tesserne una così delicata. Magari l’aveva davvero conosciuto?
S’incamminò con lei lungo il sentiero. La presenza di quell’estranea che le stava accanto le dava un po’ di conforto. Non avrebbe saputo spiegarlo, ma procedere le sembrava improvvisamente meno difficile. Quando raggiunsero il giardino di casa, la misteriosa donna iniziò a raccogliere verdure nell’orto abbandonato. Preparò una zuppa squisita, poi lavò a fondo tutta la cucina. Nei giorni successivi, si dedicò a restituire un po’ di splendore alla casa: riordinò, strofinò, piegò, lavò. La luce filtrava di nuovo dalle finestre, riscaldando la stanza e il cuore di Li.
Passò una settimana, ma la madre di Li non uscì mai dalla sua camera per vedere chi causasse tutto quel trambusto nel suo salone. Il volto di Li si rattristava ogni volta che posava gli occhi sulla sua porta chiusa. Allora la sua nuova amica le sussurrava parole dolci, mentre lei, con la testa appoggiata sulle sue ginocchia, si lasciava pettinare delicatamente i capelli e intanto sentiva scorrere le lacrime. Tristezza e gioia a volte coabitano sotto lo stesso tetto.
“Dolce Li, come posso alleviare il tuo dolore?”
“Purtroppo non c’è nulla che tu possa fare. Il mio adorato padre se n’è andato e mia madre ha perso il piacere di vivere. Ho venduto gli ultimi pezzi di tessuto al mercato e ormai non abbiamo più nulla. Presto dovremo lasciare questa casa in cui sono nata.”
“Non piangere, mia piccola Li. Posso insegnarti a tessere, se lo desideri. Potremmo creare insieme una bella stoffa.”
La Jia¯orén tirò fuori dalla sua sacca tre grosse bobine di un filo magnifico.
“Da noi si chiama jiaosha, la seta del drago!” sussurrò.
Li avrebbe voluto chiederle dove si trovasse il posto che lei chiamava casa. Avrebbe voluto chiederle cosa fosse quel materiale così morbido, leggero e luminoso. Non aveva mai visto niente di più bello! Ma rimase in silenzio, piena com’era di gratitudine verso quella misteriosa alleata. Passarono tutta la notte al telaio, insieme, senza sosta e con le dita intorpidite. All’alba, avevano creato una meraviglia: una seta luminosa, fine, leggera e chiara come acqua piovana. Li non osava crederci. Suo padre ne sarebbe stato così fiero!
Piegò con delicatezza il tessuto e lo fece scivolare sotto la porta della camera chiusa da tanto tempo. Il chiavistello si aprì e un volto apparve vicino allo stipite. Li cadde in ginocchio davanti a sua madre. Si abbracciarono a vicenda per lunghi minuti. “Li, figlia mia, perdonami. Ero inconsolabile per la morte di tuo padre, ma avevo dimenticato che vive ancora nella dolcezza del tuo sguardo, nella luce del tuo sorriso e nel talento delle tue mani!”

Le tre donne vissero insieme per alcuni mesi. Poi, una mattina d’inverno, la Jia¯orén scomparve. Non lasciò una lettera, una parola, niente. Solo un grande vaso pieno di lacrime. Con il passare dei giorni, ogni lacrima si trasformò in una splendida perla. Li e sua madre divennero allora più ricche di quanto avessero mai potuto sperare.
Li continuò a cercare l’amica vicino al fiume, ma non la rivide mai più, anche se le sembrava di sentire il suo canto provenire dalle profondità dell’acqua.
E a volte scorgeva una figura. Una splendida coda di pesce dalle squame scintillanti spuntava dalle onde, come per salutarla. Li si sedeva allora su un masso e iniziava a pettinarsi delicatamente i lunghi capelli del colore della ghiandaia. Per ricordarla e per ringraziarla. Come avrebbe poi fatto la figlia della figlia di sua figlia.
E come fai anche tu tutte le sere, mia bella, piccola Mei!