

Giuditta Campello
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Giuditta Campello




C’era un bebè che piangeva.
“Ue ue ue ueeeeeeeeeeeee!”
“Ueeeeeeeeee!”
Uff, che lagna!
Non si sapeva più come farlo smettere.
“Ueeeeeeeeeee!”
Forse con una ninnananna.
“Ninna nanna ninna oh questo bimbo a chi lo do?
Lo darò al lupo nero…”
Guarda caso, passò di lì proprio un lupo. E, guarda caso, era nero.
Il lupo, tre porcelli e un bebè
Dunque, dove eravamo rimasti?
Ah, sì:
“Lo darò al lupo nero…”.
Lupo: “Eh?”.
“… che lo tiene un mese intero…”
Lupo: “Non se ne parla!”.
Ma la canzone diceva così e il lupo, brontolando, non poté fare altro che mettere il bebè nel fagotto e ripartire.
“Come se avessi tempo da perdere dietro a un moccioso”, brontolava.
“Con tutto quello che ho da fare…”, brontolava.
Che cosa aveva da fare?
Controllò la sua lista. C’era scritto: “Stanare i tre porcellini e papparseli in tre bocconi”.
“Bene”, disse il lupo, “al lavoro!”.
Cammina cammina (col bebè nel fagotto), arrivò a una casetta di paglia.
“Esci porcello!” tuonò.
“No”, fece quello da dentro.
“Allora soffierò e la tua casa sfascerò!”
“Bof” fece il maiale.
Il lupo soffiò, prese fiato, soffiò, prese fiato, soffiò.
Il lupo, tre porcelli e un bebè

E il porcello? Scappò da suo fratello, nella casetta di legno.
“Uscite porcelli!” tuonò il lupo.
“No!”
“Allora soffierò e la casa sfascerò.”
“Bof.”
Il lupo soffiò, prese fiato, soffiò, prese fiato, soffiò e… la casa si sfasciò.
I due porcelli scapparono nella villetta di mattoni del fratello numero tre.
E il lupo dietro: “Uscite porcelli!”.
“No.”
“Allora soff…”
“Ueeeee!”
“Eh?”, chiese da dentro il numero tre.
“Ho detto che…”
Il lupo, tre porcelli e un bebè
“Ueeeeeeeeeee!”
I porcellini si guardarono perplessi.
Che razza di verso faceva il lupo?
Non era il lupo. Era il bebè che aveva ricominciato a piangere.
“Ueeeee…”
Più forte!
“eeeeeeeeee…”
Ho detto forte?
“eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee…”

Volevo dire fortissimo!
“Ma cos’è? Sembra un bebè”, capirono finalmente i maiali. “Fallo smettere!” gridarono da dentro.
Il lupo, tre porcelli e un bebè
“Ueeeeeeeeeeee!”
“E come?” chiese il lupo disperato.
Il porcello numero uno si affacciò alla finestra: “Scuotilo!”.
“Macché”, disse il numero due da un’altra finestra, “ficcagli una mela in bocca. Con i maiali funziona”.
“Sciocchezze”, sentenziò il numero tre aprendo la porta, “questo piccolo ha fame. Bisogna nutrirlo!”.
“Nutrirlo? E con cosa?” chiese il lupo.
“Con del fieno”, disse il porcello numero uno.
“Quanto sei stupido”, disse il numero due, “non è mica una capra. Questi qua mangiano pizza, ravioli, lasagne… roba così”.
“Quanto siete stupidi”, disse il numero tre, “è un bebè!
Beve il latte!”.
“Ne abbiamo di latte?”
“Sì, ce n’è una bottiglia nel frigo. Porta dentro il bambino, lupo.”
Il lupo entrò con il bebè.
“Ueeeeeeeeeeee!”
Il porcello numero uno versò il latte nel pentolino.
“Ueeeeeeeeeeee!”
Il numero due accese il fornello.
“Ueeeeeeeeeeee!”
Il numero tre riempì un biberon (che teneva nel cassetto per le emergenze).
Il lupo, tre porcelli e un bebè
Diedero il latte al bebè e quello…
Smise di piangere.
Era ora!
“Ben fatto!”
“Ottimo lavoro!”
“Qua la zampa!”
“Batti un cinque!”
“E adesso”, disse il lupo, “possiamo continuare la storia.
Dove eravamo rimas…”.
“Ueeeeeeeeee!”
“Oh no! Ha ricominciato.”
“Che cosa facciamo?”
“Forse bisogna metterlo a testa in giù”, disse il porcello numero uno.
“Ma no, tonto!” disse il numero due. “Bisogna fargli prendere uno spavento, come quando hai il singhiozzo.”
“Ma no, tonti! Non sentite quanto puzza?”
In effetti puzzava tremendamente.
“Pensavo che fosse il lupo”, disse il porcello numero uno.
“Come ti permetti, porco?” ringhiò il lupo.
“Basta!” urlò il numero tre. “Bisogna cambiargli il pannolino!”

Il lupo, tre porcelli e un bebè
Il porcello numero tre andò a prendere un pannolino pulito (che teneva nel cassetto per le emergenze).
“Bisogna infilarglielo dalla testa”, disse il porcello numero uno.
“Ma va là, babbeo”, disse il numero due, “è logico che va legato stretto sotto le ascelle”.
“Ma va là, babbei”, intervenne il numero tre, “si fa così!”.
In quattro mosse mise il pannolino al bebè.
Quello smise di piangere e…
Si addormentò.
Finalmente!
“OTTIMO LAVORO!”

“QUA LA ZAMPA!”
“BATTI UN CINQUE!”
“E adesso”, disse il lupo, “che ne dite se ci ordiniamo una pizza?”.
Pensarono tutti che era un’ottima idea.
Il lupo, tre porcelli e un bebè
Il lupo (con il bebè) decise di fermarsi dai porcelli ancora un po’.
Per fortuna il numero tre aveva un divano letto e una culla per le emergenze.
Passarono i giorni, le settimane, passò un mese intero.
Per il lupo (e per il bebè) era giunto il momento di ripartire.
“Grazie di tutto!”
“Buon viaggio!”
“Tornate a trovarci!”
“Sniff.”
Aveva fatto pochi metri, quando… “Ueeeeeeeee!”
Ancora? E adesso? “Ueeeeeeeeeeeeeeee!”


Idea! Il lupo si mise a cantare:
“Ninna nanna ninna oh questo bimbo a chi lo do?
Lo darò alla befana che lo tiene una settimana…”
Befana: “NON SE NE PARLA!”