La seconda guerra balcanica Nel pieno della catastrofe dei musulmani della Macedonia e del Kosovo, poco dopo la sigla del trattato di pace con l’Impero ottomano, gli alleati balcanici si rivolsero gli uni contro gli altri in uno scontro in cui la conquista del territorio e la sua omogeneizzazione nazionale resero i civili «nemici» ancora una volta il reale bersaglio del conflitto. Il nemico turco, fosse esso l’esercito del sultano o la popolazione musulmana, era stato sconfitto, depredato e in molti casi scacciato: ora il nemico era l’ex alleato, e chiunque avesse legami con esso. Il nodo dei disaccordi fu la Macedonia. La Grecia aveva annesso più territori del previsto e premeva per un accordo con Belgrado volto a contenere l’espansionismo bulgaro, mentre la Serbia era decisa a mantenere le conquiste territoriali avvenute a spese bulgare sia perché il trattato non era stato rispettato -i serbi erano accorsi in aiuto dei bulgari ad Adrianopoli e i bulgari avevano preso la Tracia-, sia perché li riteneva come una naturale compensazione per la perdita dell’Albania, ritenuta suo naturale sbocco al mare, da cui era stata costretta a ritirarsi su pressione delle grandi potenze che vi avevano creato uno stato indipendente. Il tutto avveniva a spese della Bulgaria, che si ritrovava privata di una buona parte dei territori previsti dai trattati dell’anno precedente. Gli scontri tra greci e bulgari cominciarono già nel febbraio del 1913 intorno a Salonicco, mentre la contrapposizione tra bulgari e serbi subì un’escalation all’inizio dell’estate, affossando tutti i tentativi di mediazione diplomatica messi in atto tra Belgrado, Sofia e San Pietroburgo. Tra le fila bulgare il morale era alquanto basso e molte furono le diserzioni e le rivolte.36 Nonostante ciò, il 15/28 giugno il generale Savov, con la compiacenza dello zar Ferdinando ma ad insaputa del governo, diede l’ordine di attaccare su tutto il fronte le linee serbe e greche, in modo da agire «velocemente ed energicamente». I piani del Comando supremo bulgaro non si fermavano tuttavia alla conquista dei territori contesi. Infatti, i compiti I e della III Armata, comandate dal generale Kutinčev e dal generale Dimitrijev, erano la conquista della Serbia orientale e meridionale fino alla vallata del fiume Morava, comprese le città di Niš, Pirot e Vranje.37 Il 18 giugno/1 luglio il parlamento bulgaro costrinse il generale Savov - che si giustificò dicendo di aver seguito un ordine perentorio delllo zar - a ordinare di fermare l’attacco e Richard J. Crampton., op. cit., p. 420. In maggio c’erano state diserzioni di massa nel XXIV Reggimento «Mar Nero» e nell’XI Reggimento «Sliven» e ammutinamenti nel XXIX «Zagora» e nel XXXII «Jambol» Reggimento; la IX Divisione «Pleven» fu inoltre fuori controllo per 72 ore. 37 B. Ratković-M. Đurišić-S. Skoko, op. cit., p. 251. 36
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