Palcoscenico 2025-26

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Marco Paolini, Ottavia Piccolo, Alessandro Bergonzoni, Luca Bizzarri, Nina Ananiashvili Recensioni

Il cuore del legno, IL SECOLARE, nasce dalla selezione della parte più pregiata del Rovere, quella centrale del tronco e usando soltanto i tronchi più vecchi. È realizzata con i tagli di “prima patina”, cioè dal primo strato del tavolame che viene lasciato all’aperto, esposto alle intemperie, ad invecchiare naturalmente.

Oltre al suo aspetto invecchiato, le caratteristiche del prodotto sono la presenza naturale di crepe e fessure aperte, parzialmente e irregolarmente stuccate.

LUNEDì - SABATO: 7:30 - 20:30

8:00 - 19:30

SOMMARIO

9 TEATRO CIVILE

Marco Paolini e il suo spettacolo ecologista tra fiumi e alluvioni

15STORIA

Le parole di Matteotti e l’impegno di Ottavia Piccolo

18 IL PERSONAGGIO

Luca Bizzarri si racconta tra palco, tv e satira politica

22COMICO

Alessandro Bergonzoni e quelle risate «di pancia»

27LIBRI

I centri commerciali secondo Annie Ernaux

28COMMEDIA

La nuova produzione che rilegge gli “innamorati” di Goldoni

32CONTEMPORANEO

Francesca Mazza è Creonte nell’Antigone di Latini

38RAGAZZI

Tutta la magia di Calvino, tra Ravenna e Senegal

40DANZA

Lo Schiaccianoci del Balletto di Tbilisi

45LIRICA

Il direttore dell’Alighieri prima della sua ultima stagione

50 DIETRO LE QUINTE

Il ruolo del critico teatrale per spettatori più consapevoli

Il teatro che guarda al futuro

L’immagine di copertina di questo nuovo Palcoscenico rappresenta un po’ l’essenza del teatro classico, ma l’abbiamo scelta anche perché in realtà è tratta da uno spettacolo contemporaneo (Arlecchino nel futuro, in cartellone nella stagione di Ravenna) che attraverso il linguaggio della farsa vuole parlare di futuro dell’umanità “per guardare il nostro presente attraverso una lente deformante che ne sveli i paradossi”, si legge nella cartella stampa. Che è poi quello che dovrebbe fare il teatro, aiutarci a capire il presente. Anche quando si guarda, viceversa, al passato. Come per esempio nello spettacolo di Stefano Massini su Matteotti con protagonista Ottavia Piccolo, che nell’intervista che potete leggere su queste pagine parla anche di intelligenza artificiale, sollevata dal fatto che il teatro potrebbe in effetti restare quasi immune dalle sue conseguenze, essendo una delle poche arti necessariamente “carnali”, che non può prescindere dalla presenza “qui e ora” degli attori. Un’arte che non dovrebbe avere il compito di rassicurarci, a differenza della tv - come ci ricorda invece Luca Bizzarri in un’altra delle interviste di questa edizione - ma fin quasi di inquietarci, invece, o perlomeno porre degli interrogativi. Anche sul tema dei cambiamenti climatici - a proposito di futuro - con Marco Paolini che ne parla a lungo nella chiacchierata che apre la rivista, invitando chi ci amministra a cambiare profondamente le proprie logiche e il teatro civile a farsi “ecologico”. I segni dei cambiamenti climatici, purtroppo, dalle nostre parti sono tangibili anche in ambito culturale: l’anno scorso chiudevamo il nostro editoriale con l’augurio di ritrovarci nel 2025 con tutti i teatri della provincia a disposizione. Beh, il Rossini di Lugo e il Comunale di Conselice, invece, non sono ancora stati ripristinati dopo l’alluvione. Un’assenza di cui forse si parla troppo poco. Cerchiamo allora di sfruttare al meglio le alternative, affollando gli altri teatri della provincia. Magari con sottomano il nostro Palcoscenico. Buona lettura.

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n.1428 del 9 febbraio 2016

Direttore responsabile: Luca Manservisi

Hanno collaborato alla redazione: Federica Angelini, Maria Vittoria Fariselli, Alessandro Fogli, Serena Garzanti, Alex Giuzio, Enrico Gramigna, Linda Landi, Ernesto Moia, Gabriele Rosatini (grafico)

In copertina:

Una scena tratta da Arlecchino nel futuro, spettacolo della Compagnia Dammacco/Balivo (produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale) al teatro Rasi di Ravenna il 24 febbraio 2026. La foto è di Matilde Piazzi

Editore:

Reclam Edizioni e Comunicazione srl www.reclam.ra.it viale della Lirica 43, 48124 Ravenna tel. 0544 408312 - info@reclam.ra.it

Direttore generale: Claudia Cuppi

Stampa: Grafiche Baroncini srl – Sede di Imola www.grafichebaroncini.it

Uno spettacolo che parla di fiumi e alluvioni, con un approccio ecologista che ci fa riflettere sulle alterazioni del clima e del paesaggio provocate dall’uomo. Bestiario idrico è la nuova opera di Marco Paolini, attore e autore fra i padri del teatro di narrazione italiano, che negli ultimi anni si è molto concentrato sulle questioni ambientali. Col laboratorio “La fabbrica del mondo” ha messo insieme un gruppo di scienziati ed esperti, tra cui il biologo e filosofo evoluzionista Telmo Pievani e il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, che porta avanti progetti artistici come Atlante delle rive: in occasione della Giornata mondiale dei fiumi, celebrata il 28 settembre, 40 teatri in tutta la penisola hanno composto un racconto corale sulla cura dei corsi d’acqua e sui conflitti intorno a essi. All’edizione 2025 ha aderito anche Ravenna Teatro, che ha inoltre programmato Bestiario idrico per la stagione dell’Alighieri, il 25 novembre.

Il viaggio di Paolini tra fiumi e territori stravolti:
«Nessuno può chiamarsi fuori»
Fra i padri del teatro italiano di narrazione, l’autore presenta il suo Bestiario idrico post alluvioni

C’è un filo liquido che collega Atlante delle rive a Bestiario idrico. «Sono due tappe dello stesso viaggio. La prima è un progetto triennale e collettivo per raccontare il paesaggio acquatico del nostro Paese; la seconda è un mio percorso personale dentro ai corpi idrici. Si usa questa definizione burocratica per indicare l’insieme di fiumi, laghi e risorse d’acqua, ma non mi dispiace: indica qualcosa di vivo e naturale. In Bestiario idrico mi avventuro in quella risorsa preziosa che è l’acqua dolce, prima di sfociare in mare. Una percentuale minima rispetto al totale che copre il pianeta, ma vitale per tutte le specie».

Nel 1993 ha messo in scena il monologo Il racconto del Vajont, che narrava il disastro della diga avvenuto nel 1956. La sua sensibilità ambientale nasce da lì?

«Il racconto del Vajont era una storia di ingiustizia; una tragedia nel senso classico del termine, con vittime e carnefici. Un lavoro vicino alla mia sensibilità dell’epoca, che era più civile che ambientale. Di sicuro è stato un primo passo per arrivare a raccontare storie meno antropocentriche; ma allora non avevo l’attuale consapevolezza ecologista. In generale la mia generazione ha iniziato in ritardo e con fatica a maturare un pensiero sull’ambiente e la biodiversità. Fino a pochi anni fa si usava il concetto di ecologia per riferirsi ad azioni giuste e importanti ma anche poco incisive, come per esempio le persone che pulivano le spiagge. Poi sono avvenuti eventi di enorme portata, come la pandemia del Covid e l’acuirsi del riscaldamento globale, ma anche l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco, che hanno allargato la prospettiva e diffuso una maggiore coscienza sulla complessità della questione. Con La fabbrica del mondo ho iniziato a frequentare scienziati come Telmo Pievani e David Quammen, avviando un processo che ha dato origine a molte domande. All’inizio era difficile tradurle in una qualche forma di teatro; ora stiamo tentando la sfida. Il teatro civile oggi può e deve guardare all’ecologia, e non solo alla memoria».

La cattedrale del gusto

Viale della Lirica

D’altronde, oggi l’ecologia dovrebbe essere la principale questione di cui occuparsi a livello politico.

«Sono d’accordo, a patto di non considerarla una materia. L’ecologia va intesa come l’acqua: fluisce ovunque, forma i punti di vista e modifica i racconti. Bestiario idrico non è uno spettacolo canonico, perché il ruolo dei personaggi non corrisponde alle classiche narrazioni delle vicende umane. Il termine “bestiario” indica la complessa natura dei protagonisti, i fiumi, che hanno un altro grado di vita rispetto al concetto antropico. Ma si tratta sempre di vita».

Uno dei rischi del parlare di ecologia è cadere nella retorica.

«Il rischio c’è sempre, bisogna saperlo tenere a bada. Ma c’è anche una questione culturale: spesso i discorsi degli ambientalisti vengono etichettati come ragionamenti di persone che parlano da una posizione privilegiata, dunque di scarso appeal popolare. Compito del teatro ecologista è costruire storie che rendano le questioni ambientali meno cerebrali e più emotive. In Bestiario idrico provo a farlo raccontando i fiumi come un corpo vivo e non come un concetto giuridico e amministrativo».

«I discorsi degli ambientalisti vengono spesso etichettati come ragionamenti di persone che parlano da una posizione privilegiata: compito del teatro ecologista è costruire storie che rendano invece quelle questioni

meno cerebrali e più emotive»

In che senso?

«Se chiediamo a Google quanti fiumi ci sono in Italia, ci risponde che sono circa 1.200. A questi si aggiungono 1.500 laghi e altri 7.000 corsi d’acqua. In Gran Bretagna, invece, sono censiti ben 40mila corpi idrici. Ma loro non ne hanno più di noi; semplicemente hanno un modo culturalmente diverso di considerarli. Lì hanno dato un’identità a ogni risorsa acquatica; qui siamo pieni di torrenti e canali senza nome. Non è solo una questione di diritto o di toponomastica; bensì riflette la diversa importanza che attribuiamo ai corpi idrici. Solo in Veneto ne esistono più di duemila; e anche se la maggior parte di questi non ha un nome, comunque esiste».

In passato la cultura contadina si occupava di gestire i fiumi e sapeva riconoscere l’arrivo di una piena. Oggi invece abbiamo delegato questa funzione ai tecnici e ce ne siamo dimenticati come cittadini. Tanti non conoscono nemmeno il nome del corso d’acqua che passa dietro casa.

«Dalla scomparsa di questa consapevolezza comune deriva l’impossibilità di governare bene i fiumi. Non nel senso di controllarli, bensì di gestire qualcosa di vivo. Come il bue che trainava l’aratro o il cavallo per spostarsi, che era ben diverso dal trattore e dall’automobile coi pedali per decidere la velocità. Il mondo contadino aveva confidenza con gli elementi naturali e oggi quell’esperienza va recuperata, senza nostalgia, per mettere in discussione il concetto di cittadinanza. Non ci possiamo permettere di fare a meno di quella cultura diffusa ma diversa per ogni luogo. L’ecologia non può essere un approccio all’ingrosso». Bestiario idrico andrà in scena in un territorio devastato da tre alluvioni in due anni, dove si sta molto discutendo sulla necessità di ripensare la gestione dei corsi d’acqua con un approccio diverso rispetto al passato.

«L’aria sta cambiando; per esempio la sensibilità dei giovani ingegneri idraulici è opposta rispetto alla generazione precedente. Chi fa questo lavoro oggi ha una maggiore consapevolezza dell’impatto biologico delle sue scelte e azioni. Ma credo si debba evitare ogni tipo di contrapposizione culturale tra “naturale” e “artificiale”. Le trovo due categorie filosofiche astratte del Novecento, che andrebbero cancellate dalla dialettica».

Come può cambiare il nostro rapporto coi corsi d’acqua?

A pagina 9 Paolini in scena

Qui sopra invece durante la preparazione del suo “Atlante delle rive”

Le foto sono di Gianluca Moretto

«L’aspetto che ha oggi la Romagna, così come buona parte del Veneto, è conseguenza delle bonifiche portate avanti per secoli. Entrambi i territori sono in prevalenza sotto al livello del mare e vengono tenuti all’asciutto dalle idrovore. Ma la separazione biblica tra terra e acqua è un’idea molto recente, che si è radicata col fascismo e la sua retorica bellica delle bonifiche, fondata sulla lotta contro l’acqua. Tutto questo appartiene al secolo scorso, che ha visto il consumo di suolo predominare sul verde e l’uomo sopraffare i fiumi. Oggi esistono soluzioni ingegneristiche che mediano tra la necessità di mettere in sicurezza il territorio dalle prossime alluvioni e l’importanza di destinare più spazio agli alvei e agli alberi; ma in un paese così densamente segnato dall’antropizzazione, non si può ripartire da zero. La questione è molto complessa e diffido dalle teorie semplicistiche, talvolta demagogiche. Non si può dire “torniamo alla natura”, giacché questa natura è ormai manipolata e non più vergine. Ne possiamo uscire solo intervenendo sulle alterazioni che abbiamo fatto noi stessi. Non ho e non posso portare risposte concrete, ma rivendico la necessità di uno sforzo culturale e laico, che tenga conto delle diverse soluzioni possibili, ognuna coi suoi costi e benefici. Finora siamo stati bravi a valutare bene i primi, meno i secondi. La modernità è stata segnata da avventurosi passi in avanti, che però non hanno tenuto conto delle conseguenze sul lungo periodo di un certo tipo di progresso. Solo da poco ci siamo accorti che ogni investimento deve tenere conto del peso che avrà sui nostri figli e nipoti».

Purtroppo questa logica contrasta col pensiero di tanti amministratori, che spesso tendono a gestire il territorio pensando all’arco del ritorno elettorale dei cinque anni, anziché con la lungimiranza necessaria per le questioni ambientali.

segue da pagina 11

«Ho attraversato molti territori colpiti dalle alluvioni osservando le ferite provocate al tessuto sociale ed economico. La rabbia delle persone e il loro senso di solitudine sono drammatici e peggioreranno con il probabile aumento degli eventi estremi»

«Le scelte prese nell’ottica del vantaggio sul lungo periodo hanno sempre avuto meno appeal rispetto al risarcire e riparare i danni quando avviene un’alluvione, sperando che non si ripeta più. Ma è tempo di abbandonare questa scuola di pensiero, altrimenti pagheremo un prezzo molto alto. Ho parlato con molte persone che lavorano nei Consorzi di bonifica, sono tutte infuriate per l’eccessivo consumo di suolo. Fino a pochi decenni fa i terreni assorbivano molta acqua, perciò le strutture idrauliche dovevano drenarne meno. Poi abbiamo iniziato a perseguire il modello dell’urbanizzazione selvaggia, che ha richiesto enormi superfici di asfalto e cemento per costruire immense aree residenziali, commerciali, industriali e logistiche. I Comuni hanno autorizzato queste edificazioni per incassare gli oneri urbanistici, senza tenere conto che ciò avrebbe alterato l’equilibrio idrico del territorio. E così oggi c’è molta meno terra in grado di bere l’acqua in eccesso; e dal momento che la crisi climatica ha fatto mutare le precipitazioni, rendendole più rare e abbondanti, il lavoro dei consorzi è diventato quello di una routine emergenziale. Conosciamo bene gli “angeli del fango”, che arrivano ad aiutare dopo le alluvioni, ma non abbiamo idea dell’enorme gestione preventiva svolto per smaltire l’acqua nei canali prima dei temporali, in modo da avere più spazio per accogliere la pioggia. Sono operazioni sempre più impegnative e sarà sempre peggio, perché non stanno straripando solo i fiumi. Sta straripando anche il suolo, che non è più in grado di assorbire acqua. Un nodo gordiano difficile da sciogliere, perché è intrecciato col diritto alla proprietà privata, considerata la cosa più sacra che ci sia».

Non stiamo facendo abbastanza?

«Ho attraversato molti territori colpiti dalle alluvioni, osservando le ferite provocate al tessuto sociale ed economico. La rabbia delle persone e il loro senso di solitudine sono drammatici e peggioreranno col probabile aumento degli eventi estremi. In una situazione del genere, il rischio è che si inizino ad additare dei nemici fittizi come causa del proprio male; d’altronde è difficile identificare dei colpevoli precisi. Questo è il principale problema che rende difficile raccontare tutto ciò; per questo ho detto che Bestiario idrico non è una tragedia classica. Ci sono delle colpe ma non è facile identificare una categoria di carnefici. Nessuno può chiamarsi fuori».

Marco Paolini in “Bestiario idrico”
Foto di Gianluca Moretto

TELEMEDICINA

holter cardiaco/pressorio/ecg

«La politica sul palco? L’arte ha degli obblighi verso la società»

La grande attrice Ottavia Piccolo porta in scena le parole meno conosciute di Matteotti in Anatomia di un fascismo

Da giovedì 26 a domenica 29 marzo arriva al teatro Alighieri di Ravenna Matteotti - Anatomia di un fascismo. Uno spettacolo figlio della collaborazione tra Stefano Massini, Ottavia Piccolo e l’Orchestra Multietnica di Arezzo, per ricordare all’Italia come sono andate le cose, agli inizi del ventennio fascista, per raccontare un uomo, il parlamentare della Repubblica Giacomo Matteotti, assassinato dalle camicie nere il 10 giugno 1924. Ne parliamo con la protagonista femminile, storica attrice di teatro e cinema.

«Lo spettacolo nasce da un’idea di Stefano Massini, sono molto felice del risultato. Fino a 25-30 anni fa sono stata un’interprete “a chiamata”, poi ho scelto di prendermi più responsabilità nelle scelte»

Come nasce questo spettacolo? Qual è l’idea di fondo e perché è importante portarlo in scena?

«Lo spettacolo nasce da Stefano Massini, con cui lavoro da 20 anni, che mi propone l’idea per il centenario della morte di Matteotti. La sceneggiatura riesce a entrare nella storia senza “sceneggiare” i personaggi, io porto sul palco le sue parole meno conosciute, il rapporto con la moglie Velia, la dualità che si crea con il fascista Italo Balbo, suo conterraneo che però appartiene a un mondo completamente opposto, l’amore che dimostra per il Polesine, la sua terra. Matteotti era un grande amministratore, era uno che non credeva nella rivoluzione quando ampie fasce di popolazione non riuscivano a mettere insieme il pranzo con la cena, nonostante venisse da una famiglia agiata. Sono molto felice di come è venuto lo spettacolo: le visual di Raffaella Rivi, le musiche dell’orchestra multietnica come colonne portanti, il modo nuovo di muovermi che ho scoperto con la regia di Sandra Mangini».

In altri suoi lavori, come Donna non rieducabile o 7 minuti, le sue performance sono state profondamente politiche: qual è, secondo lei, il rapporto che dovrebbe esserci tra arte drammatica e politica?

«Penso che l’arte in generale abbia grandi libertà e anche obblighi verso la società. Nel caso del teatro o del cinema, che io non definirei arte ma “alto artigianato”, non si può ignorare il

di Ernesto Moia
Foto di Antonio Viscido
«Con l’intelligenza artificiale sarà sempre più facile produrre cinema in poco tempo e con meno idee ma il teatro credo possa esserne

immune: la

carnalità è insostituibile.
Consigli ai giovani? Studiate...»

Nella pagina a fianco

Ottavia Piccolo (sullo sfondo) mette in scena “Matteotti” con l’Orchestra

Multietnica di Arezzo

Foto di Antonio Viscido

mondo circostante quando si sta per raccontare una storia. Oggi ci sono moltissime vie possibili, in teatro soprattutto, e se percorse con serietà si finisce sempre per parlare alla polis, per creare qualcosa che parla di unione e cultura, per applicare un antidoto. Fino a 25-30 anni fa, io sono stata un’attrice a chiamata, ricevevo le proposte dai registi e si decideva; poi ho scelto invece di prendermi più libertà e responsabilità. All’inizio, con lavori come Buenos Aires non finisce mai, che nasce da una lettura di Massimo Carlotto, e un adattamento a monologo di Terra di latte e miele, dal testo di Manuela Dviri sulla “Terra promessa”, in scena tra la prima e la seconda Intifada, poi con i testi di Stefano Massini, come Donna non rieducabile su Anna Politkovskaja e 7 minuti, su 11 operaie francesi in attesa di licenziamento, adattato poi allo schermo. Questi lavori sono importanti, le drammaturgie sono lungimiranti e occorre continuare a portare cose di questo genere sui palchi e sugli schermi di tutta Italia». Come è cambiata, dal suo punto di vista, l’arte drammatica dagli anni sessanta fino ad oggi? «Dal punto di vista organizzativo è cambiato tutto: i Teatri Stabili sono molto più forti, una volta c’erano compagnie primarie, c’erano grandi registi, gente come Ronconi, ma era più facile per i giovani “provarsi”. Oggi molti Stabili, molte istituzioni, sono troppo attente alle amicizie, per così dire: è più dura inserirsi attraverso un canale classico, nuovi volti stanno uscendo con i social. Nel tempo il teatro ha assorbito diversi modi di raccontare storie, tanti tipi di rappresentazione, dagli anni ‘60 e ‘70 le avanguardie hanno detto basta con le parole, poi il teatro ha preso altre forme ancora. Mancano soldi, ma di quelli anche prima non ce n’erano parecchi, e inoltre è bene sottolineare che oggi la vera critica non esiste quasi più: i critici un tempo erano riconoscibili, gli articoli erano lunghi e approfonditi, oggi sui giornali maggiori arrivano a 20 righe, fatte così non possono essere costruttive, ma del resto se non si ha più la pazienza di leggere…».

Cinema, teatro e AI: come vede l’evoluzione di queste discipline nell’epoca dell’Intelligenza artificiale?

«Partendo dal presupposto che sono un’analfabeta digitale, credo che dipenderà dall’utilizzo che decideremo di farne: un coltello può ferire o tagliare una corda. Voglio essere ottimista a riguardo,

so che sarà sempre più facile produrre cinema in poco tempo e con meno idee, ma per esempio credo che il teatro possa essere immune a questa deriva: la carnalità, gli errori, il respiro dell’attore sono insostituibili. Il teatro è qui e ora, unico nella serata. Ci hanno detto che il cinema sarebbe stato la morte del teatro, poi la tv, dunque internet, eppure siamo ancora qua… Sono curiosa, ma credo sopravviveremo anche questa volta!».

In conclusione, un consiglio che darebbe a un o una giovane che

vorrebbe fare dell’arte drammatica la propria vita?

«Io sono stata fortunata, la prima volta in scena avevo 11 anni, era il 1960, il mondo adesso e cambiato completamente, ma credo che studiare sia fondamentale, che sia necessario conoscere ogni forma d’arte, andare a mostre, musei, spettacoli, film, leggere di tutto, da sceneggiature a romanzi. Si faccia esperienza il più possibile, si pratichino le arti e che si studi, si studi e si studi!».

Dalla sit-com alla satira, passando per film, conduzione tv e doppiaggio. Luca Bizzarri non ha mai avuto un “piano B” al di fuori dello spettacolo. Diplomato alla scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova a metà degli anni ’90, oggi è attore, comico e podcaster. La sua carriera attraversa cinema e televisione: dalle prime edizioni di Ciro con i Cavalli Marci, alle scorribande su Mtv con Paolo Kessisoglu, con cui forma da oltre vent’anni una delle coppie più riconoscibili della comicità italiana. Impegnato ogni settimana nella “copertina” di DiMartedì e ogni giorno al microfono del podcast Non hanno un amico (Chora Media), Bizzarri torna in teatro. Venerdì 6 febbraio sarà al Masini di Faenza con Il medico dei maiali, vincitore del Premio Nuove Sensibilità 2.0 nel 2022. Nello spettacolo, la morte improvvisa del re d’Inghilterra mostra tutta la debolezza della monarchia, quando la corona finisce nelle mani del principe ereditario, un ragazzo sciocco e sprovveduto. Tra il potere e il nuovo re, un medico veterinario pronto a cogliere l’occasione. «Uno spettacolo pericoloso - secondo Bizzarri -. Proprio per questo mi piace tanto». Il medico dei maiali si basa su testo e regia di Davide Sacco. Com’è lavorare da interprete per qualcuno abituato a scrivere i propri pezzi?

Luca Bizzarri e il teatro

«Un ritorno alle origini, cinema e tv mi avevano allontanato...»

Protagonista de Il medico dei maiali: «Mi piace perché è uno spettacolo pericoloso. Si ride, ma non così tanto»

«A me piace essere sia il violinista che il “violino”, mettendomi a disposizione di un autore. Farsi trasportare dal regista è una delle parti più affascinanti del mestiere dell’attore, soprattutto quando non lo capisci fino in fondo, e sei obbligato a uscire dalla tua stanza per entrare in quella di qualcun altro».

Si tratta del primo spettacolo non prettamente comico in teatro?

«Diciamo che anche qui si ride, ma non così tanto. Anche nello spettacolo Le nostre donne, in partenza a marzo, a volte si riderà e a volte no. Per me è un po’ un ritorno alle origini, uno dei miei primi lavori, appena uscito dall’accademia, è stato American Psycho, la comicità è arrivata dopo».

Cosa rappresenta questo ritorno al teatro nella sua carriera?

«È come se si fosse chiusa una parentesi aperta un po’ troppi anni fa. A un certo punto del mio percorso ho incontrato il cinema, la televisione, e mi sono lasciato trasportare, quasi dimenticandomi da dove sono partito. Una volta tornato sul palco, mi sono ricordato di quanto fosse interessante occuparlo, da solo o con altri».

In una puntata del podcast ha raccontato come, su biglietti e locandine dello spettacolo, ci sia un’avvertenza per uno sparo in scena. Che idea si è fatto di un teatro in cui lo spettatore deve essere tutelato a questo livello?

«Ci penso spesso. Ho come l’impressione che i media e la classe dirigente ci abbiano trattato per anni come se fossimo un branco di deficienti, finché non lo siamo diventati davvero. Io continuo a sperare che il pubblico che esce di casa per andare a teatro non abbia bisogno di queste tutele. Almeno me lo auguro, perché il teatro deve restare, appunto, pericoloso. Ci pensa già la tv a essere rassicurante, il teatro deve farti venire dei dubbi, lasciarti delle domande, metterti a disagio se serve. E, fortunatamente, c’è ancora un pubblico che lo vuole. Anzi, forse più di prima».

La riscoperta dello spettacolo dal vivo si lega a questa voglia di continuare a farsi domande?

«In parte sì. Il Covid, poi, ha aiutato a rimettere in luce il valore dello stare insieme, del vivere qualcosa nello stesso spazio e nello stesso momento. Ultimamente i teatri sono invasi da persone che con lo spettacolo c’entrano poco: giornalisti, criminologi, divulgatori. Credo che sia un’invasione positiva: come attore forse dovrei sentirmi più legittimato di altri a stare su un palco, ma sono contento che arrivino gli “estranei”, perché portare gente a teatro è sempre positivo. Vai a vedere un criminologo e ti accorgi che alla fine sei in un bel posto, e magari ci torni».

Tra i tanti palchi calcati in questi anni, anche quello forse più importante d’Italia: l’Ariston. C’è la voglia di tornarci?

«Camera Café è stata una palestra formidabile, faccio lavorare spesso gli studenti della mia scuola di recitazione su quegli script. Oggi sulla tv generalista i programmi comici non esistono più...»

Qui sopra (con Francesco Montanari) e a pagina 18

Luca Bizzarri in scena ne “Il medico dei maiali”

Foto di Fabio Spagnoletto

«È stato un momento significativo, ma non lo rifarei. Almeno non in quel ruolo. I rischi superano i vantaggi: se vai a Sanremo e fai bene, il lunedì se lo sono dimenticati tutti. Se invece va male passa comunque, ma arriva una bella legnata. Con Paolo ho vissuto il meglio e il peggio. Il primo Sanremo andò benissimo. Nel secondo ho scritto un pezzo che oggi riconosco essere oggettivamente brutto, e venimmo linciati. Non se lo ricorda nessuno, ma essere al centro della bufera può essere davvero spiacevole, soprattutto se non si hanno le spalle abbastanza larghe». Oltre al teatro, anche tanto cinema e televisione, soprattutto in veste comica. Com’è cambiato il modo della comicità dai tempi di Ciro a oggi?

«La prima cosa da dire è che oggi, sulla tv generalista, i programmi comici non esistono più, e nemmeno quelli di satira, a parte la copertina da Floris che porto avanti con Paolo e il lavoro di Crozza. È un peccato, soprattutto se penso alle reti Rai, dove la satira è nata e anche morta. La colpa è della politica, e non parlo solo di questo governo. I politici non sopportano più la satira perchè vogliono essere loro i “satiri”».

A consacrarla per almeno due generazioni di italiani davanti al piccolo schermo è stata senza dubbio Camera Café. Al di là del colore politico, c’è qualcosa di Luca Nervi in Luca Bizzarri?

«Molto poco, in realtà. A parte quella tendenza a rompere i maroni e a fare un po’ il bullo, approfittando delle debolezze altrui. Ma proprio il fatto che io e Luca Nervi fossimo così diversi rendeva il gioco più interessante. Camera Cafè è stata una palestra formidabile, da cui credo di essere uscito come un attore migliore: un ibrido tra teatro, cinema e tv, dove tutto si gioca su tempi, ritmo e recitazione esasperata davanti a una telecamera piazzata a meno di venti centimetri da te. Nella mia scuola di recitazione (il Cfa di Genova, ndr), faccio lavorare spesso gli studenti su quegli script».

«Ho capito che i politici si dividono tra quelli che cercano di diventare tuoi amici a ogni costo e quelli che ti fanno le pulci: cerco di evitarli entrambi perché satira e politica credo che non si debbano incontrare mai»

Con il podcast Non hanno un amico ha costruito un appuntamento quotidiano seguitissimo, che si prende gioco appunto della classe politica e delle sue incoerenze. Quando ha iniziato, si aspettava un impegno e una rilevanza simili?

«Ho iniziato pensando di durare sì e no venti giorni. Invece poi mi sono accorto che quando ti obblighi a fare qualcosa ogni giorno la qualità inevitabilmente migliora: adesso mi lego alla sedia ogni mattina, e finché la puntata del giorno dopo non è pronta non mi muovo. Insomma, mi ci sono voluti 50 anni e un podcast per capire che se studi migliori».

Ha mai ricevuto pressioni dalla politica?

«Ogni tanto qualcuno si fa sentire, ma sono pochi. Ho capito che i politici si dividono tra quelli che cercano di diventare tuoi amici a ogni costo e quelli che ti fanno le pulci per questioni, a loro dire, deontologiche. Personalmente, cerco di evitarli entrambi, perché credo che satira e politica non si debbano incontrare mai, neanche quando si vogliono bene».

Lei invece ce l’ha un amico? Qualcuno che l’ha accompagnata nelle scelte, anche lavorative, che l’hanno portata fino a qui?

«Beh, c’è Paolo, che però più che un amico ormai è una moglie. Nell’ambiente lavorativo in realtà non ho molti amici. Con Francesco Montanari (sul palco con Bizzarri ne Il medico dei maiali, ndr) è nato un bellissimo rapporto di stima, sia sul palco

che fuori, ma i miei veri amici non fanno il mio mestiere. Anzi, per lo più sono medici, sarà perché sono ipocondriaco...»

Tra le esperienze che ricorda con più affetto c’è il doppiaggio di Kuzco, ne Le follie dell’imperatore. Il film d’animazione non funzionò inizialmente, per diventare poi un cult generazionale. Cosa non è stato capito all’inizio?

«È una storia curiosa, il film fu un flop mondiale al botteghino ma, solo in Italia, ebbe un successo pazzesco in home video. Sicuramente non è un film per bambini, con personaggi particolari e ambientazioni complesse, ma credo resti un gioiellino. Forse siamo stati particolarmente azzeccati nel doppiaggio, anche grazie alla bravura di Anna Marchesini. Però ancora oggi mi dispiace andare nei Disney Store del mondo e non trovare mai qualche gadget a tema Le follie dell’imperatore».

Oltre alla carriera nello spettacolo, ha anche un ristorante, nonostante si definisca spesso poco incline ai rapporti sociali, perché questa scelta?

«Ho un ristorante, ma non lo gestisco direttamente. In passato però ho gestito davvero un locale e avevo una “spiaggia” a Riccione. Una follia totale, che penso nasca dal rapporto quasi morboso con mio fratello: abbiamo sempre sognato di avere un “nostro posto”, se non avessi inseguito questa idea oggi sarei più ricco, ma ci siamo divertiti così».

«La risata grassa, di pancia, partoriente, è una necessità contemporanea»

Alessandro Bergonzoni presenta a modo suo l’ultimo lavoro Arrivano i dunque: «Lo chiamo “tealtro” perché è uno spettacolo per l’altro, con l’altro e dell’altro»

« Arrivano i dunque segna l’arrivo di una nuova dimensione. La chiamo “tealtro”, perché è uno spettacolo per l’altro, con l’altro e dell’altro. Mi reputo un altrista, nel senso che lavoro per poter spostare la frequenza dello spettatore». Così l’attore e autore Alessandro Bergonzoni racconta il suo nuovo monologo, che andrà in scena il 16 dicembre al Teatro Masini di Faenza (e, per restare in Romagna, anche dal 6 al 9 novembre al Teatro Bonci di Cesena).

«Nello spettacolo non mi interessa intrattenere, bensì collegare tutte le cose: uomini, persone, animali, situazioni», racconta Bergonzoni. «A questo proposito ho fondato un nuovo movimento, si chiama “Congiungivite”. A differenza della congiuntivite, un’infezione che ti fa vedere sfocato e lacrimare, la “Congiungivite” connette appunto le vite, comprese quelle degli invisibili. Non si lacrima, ma si piange, perché c’è un sentimento. Arrivano i dunque lavora sull’invocazione a un cambio di strato anziché di

di Alex Giuzio

I N D O O R O u t D O O R

stato. Per farlo metto all’asta i pensieri, all’incanto: li rendo meravigliosi e li cedo al miglior sofferente. In questo processo, mi costituisco parte civile e parte artistica».

Lo spettacolo parla anche di morte e di suicidio. «Penso spesso al suicidio, ma a quello degli altri», afferma l’artista con il suo solito fare surreale. «Mi dicono che è comodo, ma non sono d’accordo. Trovo che buttarsi da una finestra sia più comodo che pensare al suicidio degli altri, perché li devi cercare, trovare e salvare. Lo spettacolo lavora sulla vita e la morte, sulla guerra e la pace, sull’immaginazione e la visione alla ricerca della “crealtà”, ovvero la creazione di un’altra realtà. Senza dimenticarci di questa, per la quale possiamo impegnarci civilmente, politicamente e umanamente. Ma al contempo è necessario inventare con l’utopia, che è qualcosa di cui vado fiero. Leonardo Da Vinci ha utopisticamente inventato cose che non avevano senso né significato ma guardavano al futuro, all’oltre. Arrivano i dunque è un lavoro sull’altro e sull’oltre».

«La televisione e i social sono stati un’invenzione utilissima, come la ruota Però non andiamo a letto con la ruota, non ci mangiamo e non ci viviamo. Con tv e social invece facciamo qualsiasi cosa e in questo modo sono diventati una malattia gravissima, senza nemmeno che ce ne accorgessimo»

Fondamentale, prosegue Bergonzoni, è la relazione col pubblico: «Una relazione diretta tra me e gli spettatori, molto più forte rispetto ai precedenti spettacoli. Non perché parli col pubblico in un altro modo, bensì grazie a un’invasione di campo: faccio una chiamata e il pubblico risponde, senza che senta la necessità di un filo logico che d’altronde non c’è. Ci sono solo l’immaginario, il fantastico, il metafisico e il surreale, che lavorano creando una dimensione diversa per ogni serata».

Nel suo lavoro, Bergonzoni ha scelto di tenersi lontano da tv e social. Nonostante ciò, alcune sue espressioni (da «Armi di distrazione di massa», coniata nel 1988, alla più recente «Non temo l’intelligenza artificiale, ma la stupidità naturale») sono diventate di uso comune. «È una sorta di semina sottocutanea – sottolinea l’artista – che si muove solo grazie alle parole che esprimo dal vivo, a teatro oppure in radio. La televisione e i social sono stati un’invenzione utilissima, come la ruota. Però non andiamo a letto con la ruota, non ci mangiamo e non ci viviamo insieme. Con tv e social invece facciamo

Nella pagina a fianco Alessandro Bergonzoni in una foto di Chiara Lucarelli

qualsiasi cosa, e in questo modo sono diventati una malattia gravissima, senza nemmeno che ce ne accorgessimo. Questo mi fa paura». Nei suoi spettacoli, invece, si ride molto: «Cerco sempre di soddisfare il bisogno della risata,

non del sorriso. La risata grassa, di pancia, partoriente, è una necessità contemporanea. Lo sbellicarsi ha un significato molto importante in Arrivano i dunque , ma ovviamente non lo rivelerò».

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Il diario di Annie Ernaux dall’ipermercato: un viaggio insieme sociale e sentimentale

Lo spettacolo in scena a Russi il 12 marzo è tratto da un lavoro dell’autrice premio Nobel nel 2022. Un testo minore, ma non per questo trascurabile

di Federica Angelini

La copertina dell’edizione italiana del libro pubblicato da L’Orma da cui è tratto lo spettacolo in scena il 12 marzo al Comunale di Russi

Le luci sono quelle di un ipermercato a Natale e quell’ amore mio è l’appellativo che la madre rivolge al figlio all’ingresso. Il libro di Annie Ernaux da cui è tratto l’omonimo spettacolo Guarda le luci, amore mio - diretto da Michela Cescon con Valeria Solarino e Silvia Gallerano, prodotto dal teatro Stabile di Torino e in scena a Russi il 12 marzo - ha la profondità di un saggio di sociologia, ma la prosa di una scrittrice che ha vinto il nobel per la letteratura del 2022. Di fatto è un diario lungo circa un anno di tutte le visite che la scrittrice compie in più ipermercati tra la fine del 2012 e il 2013, un lasso di tempo che le permette di raccontarci il mutare delle stagioni e delle ricorrenze sulla base delle merci esposte o delle luminarie. Poco più di settanta pagine che riempiono di senso e significato quella che è ormai da decenni un’esperienza comune di gran parte di noi. Anche se magari non ci piacciono e cerchiamo di evitarli, tutti li conosciamo, ci siamo stati dentro, sappiamo come funzionano, ma forse non ci siamo mai abbastanza soffermati a vedere l’umanità che li attraversa, cosa rappresentano, che ruolo sociale e di comunità abbiano assunto nelle nostre società. «In nessun altro spazio - scrive Ernaux - pubblico o privato che sia, agiscono e convivono individui tanto differenti per età, reddito, cultura, origine geografica ed etnica, stile di abbigliamento. In nessun altro spazio chiuso ci si può trovare decine di volte l’anno in presenza dei propri simili, con l’opportunità di farsi un’idea sul modo di vivere e di essere degli altri». Quello a cui ci invita la scrittrice francese è dunque un viaggio che la vede andare soprattutto in un Auchan di periferia e osservare le merci e le persone, farsi domande su se stessa e gli altri, sulla propria scrittura. La vediamo per esempio chiedersi se debba specificare che la donna che ha osservato è nera e quando decide di farlo ci racconta che questo significa non negarla. Il non-luogo per eccellenza di Augé diventa nella mani di Ernaux un posto che pullula di vite, di fugaci incontri, di dinamiche che raccontano anche il mondo fuori. Il ruolo delle donne, innanzitutto, depositarie della cucina e quindi dei rifornimenti, ma anche chi lavora, la gerarchia e l’orgoglio di chi da unidici anni gestisce il bancone del pesce, i giovani che passeggiano tra le corsie, i bambini davanti ai giocattoli, le donne con il velo. Ma dentro c’è anche il mondo del supermercato che insegue il profitto: le offerte speciali, le casse automatiche che fanno gradualmente sparire le cassiere, le montagne dei giocattoli che passato il Natale sembrano perdere il proprio valore. C’è una profonda riflessione sul desiderio, l’appagamento, il bisogno di incontrare gli altri, l’accoglienza che in inverno un luogo caldo e illuminato può riservare. C’è una profonda umanità in Erneaux, che condanna lo sguardo snob di chi questi luoghi non li conosce o non li frequenta, ma c’è anche una lucida lettura politica, economica e sociale di un fenomeno che peraltro sta già cambiando pelle, con l’avvento dell’e-commerce. Ma il testo di certo non risente del tempo passato. In Italia è uscito nel 2022, ma in Francia fu pubblicato nel 2014 (in una collana dal titolo “Raconter la vie” delle Éditions du Seuil) ed è ancora attualissimo, forse tra qualche anno, nemmeno troppi, avrà invece il valore di un documento storico. La traduzione del testo è come sempre di Lorenzo Flabbi che ha collaborato anche nella scrittura dell’opera teatrale e che è il fondatore dell’editore L’Orma che ha meritoriamente pubblicato tutte le opere di una grande e indiscussa scrittrice. Annie Ernaux nei suoi libri ha raccontato, con la sua prosa asciutta e precisa ed eppure carica di umanità, il secondo Novecento con tutti i suoi cambiamenti epocali mettendo la propria esperienza di vita al centro della sua opera, un po’ come fa in questo diario nato su commissione e che resta di certo un’opera minore della sua produzione rispetto a capolavori come L’evento (2000) o lo straordinario Gli anni (2008), ma non per questo è trascurabile, come ci dimostra del resto la scelta di chi ha deciso di portarlo in scena.

«Sul palco un tema eterno e universale: alla fine l’amore trionfa sempre»

Claudio Casadio parla della nuova co-produzione di Accademia Perduta, riadattamento contemporaneo della commedia Gl’innamorati di Goldoni

Sono due i fronti in cui l’attore ravennate Claudio Casadio sarà impegnato per la stagione teatrale 2025/26. Il cofondatore di Accademia Perduta sarà protagonista de Gli innamorati, nuova co-produzione della stessa, riadattamento contemporaneo della commedia di Carlo Goldoni (debutto al Masini di Faenza dal 5 al 7 dicembre, repliche il 27 e 28 gennaio al Goldoni di Bagnacavallo e il 23-25 gennaio al Fabbri di Forlì) e porterà L’Oreste in Francia dopo una fortunata tournée di oltre 250 date in tutta Italia (passando prima al Piccolo di Forlì, il 22 ottobre). Quest’ultimo è uno spettacolo di “graphic novel theatre”, con personaggi disegnati, per il quale Casadio ha vinto il Premio nazionale Enriquez come migliore attore. Gl’innamorati è stato scritto da Goldoni nel 1759. Cosa ci racconta oggi?

«È un testo che parla di amore, un tema eterno e universale. I protagonisti sono due innamorati che non riescono a capirsi, ma alla fine l’amore trionfa sempre. Dopo l’esperienza de L’Oreste,

di Alex Giuzio
Una scena da “Gli innamorati” Foto di Filippo Venturi

in cui

ero da solo in scena, avevo il desiderio di tornare a lavorare con una compagnia numerosa, come era accaduto col precedente lavoro La classe. Abbiamo ingaggiato otto attori, di cui cinque giovani (Valentina Carli, Leone Tarchiani, Lorenzo Carpinelli, Damiano Spitaleri e Alberto Gandolfo, ndr) e li porteremo per quattro mesi in giro per l’Italia con un’importante tournée».

Come è stato attualizzato il testo?

«Abbiamo fatto qualche taglio per renderlo più snello, ma mantenendo lo spirito della commedia goldoniana. Muovendosi fra tradizione e contemporaneità, lo spettacolo è godibile per tutti».

Ancora più contemporaneo è L’Oreste, un lavoro di graphic novel theatre in cui lei è l’unico attore in carne e ossa, in mezzo a personaggi disegnati.

«È uno spettacolo a cui tengo molto, perché tratta un tema importante e sentito come la follia.

Oreste è un internato al manicomio e crede che suo padre sia sulla luna. In scena mi accompagnano le illustrazioni di Andrea Bruno, che creano figure e fantasmi. È stato un lavoro molto fortunato e sono entusiasta di portarlo a Parigi e in altre città vicine, dove lo reciterò in francese. Per Accademia Perduta si tratta di un lieto ritorno dopo dieci anni, quando il nostro Pollicino ebbe un grande successo in quel paese e fece quasi 500 repliche». Quali sono le differenze nel mondo teatrale tra Italia e Francia?

Casadio porterà anche L’Oreste in Francia: «Lì il teatro è vissuto come un bisogno, si dà meno importanza ai nomi famosi e c’è più curiosità per ogni tipo di proposta»

Nella pagina a fianco

Claudio Casadio

ne “L’Oreste” in una foto di Tommaso La Pera

«La Francia sa fare, programmare e amare il teatro. Lì questa arte è vissuta come un bisogno; ogni città ha un teatro e lo gestisce in modo attento e consapevole. Si dà meno importanza ai nomi famosi e c’è più curiosità di andare a vedere ogni tipo di proposta. Chi programma i cartelloni si sposta molto di più per vedere gli spettacoli e ha molta voglia di portare lavori stranieri in patria. Se funzionano, e soprattutto se sono abbastanza poetici, hanno la possibilità di girare molto».

Come è nata l’idea del graphic novel theatre?

«Durante la pandemia del Covid, quando noi attori eravamo chiusi in casa, pensavamo solo ai nuovi spettacoli da fare e a come rispettare le norme sul distanziamento. L’intuizione di recitare insieme a personaggi disegnati è emersa grazie al dialogo col festival del fumetto Lucca Comics, che aveva il desiderio di portare il teatro nel suo programma. Ne è uscito un lavoro magico e fantasioso, che è arrivato al cuore degli spettatori».

Da attore, cosa significa recitare con personaggi disegnati?

«Non lo trovo difficile; mi inserisco negli spazi e nei tempi esattamente come avviene quando condivido il palco con altri attori in carne e ossa. Anche i disegni sono dei compagni di viaggio con cui dialogare e portare avanti il gioco del teatro. Seppure io sia l’unico essere umano in scena, non faccio un monologo. La drammaturgia ha un movimento diverso e dinamico».

Ci sono altre idee in cantiere?

«La tournée de Gli innamorati proseguirà anche nel 2026/27; poi ci dedicheremo a un’altra grande produzione continuando a coinvolgere un gruppo di giovani attori. Accademia Perduta sta mettendo in piedi una sorta di factory e abbiamo nel cassetto progetti almeno fino al 2030».

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«Porto

in scena l’anima di Creonte e le contraddizioni degli esseri umani»

Francesca Mazza è la protagonista dell’Antigone di Latini, su testo di Anouilh «Certi ruoli sono talmente potenti da bruciare il genere»

di Alessandro Fogli

Il 7 e 8 febbraio 2026 la Stagione dei Teatri di Ravenna ospita all’Alighieri Antigone, nuovo spettacolo di Roberto Latini basato sulla trasposizione della tragedia di Sofocle del francese Jean Anouilh. Protagonista, insieme allo stesso Latini, è Francesca Mazza, non però nel ruolo di Antigone – che il regista romano ha tenuto per sé – bensì in quello di Creonte. Proprio con Francesca Mazza (tre premi Ubu in carriera come miglior attrice), che il pubblico ravennate conoscerà anche per la fruttuosa collaborazione con la compagnia Fanny & Alexander, abbiamo parlato di questo inusuale scambio di parti e di tanto altro.

Francesca, come hai preparato il ruolo maschile di Creonte?

«Devo dire che la proposta di Roberto Latini mi ha un po’ sorpresa, anche se con lui non ci si può sorprendere più di tanto, e inizialmente mi sono un po’ preoccupata. Non avevo mai letto il testo di Anouilh ma me ne sono innamorata immediatamente, è bellissimo e molto contemporaneo, scritto con una lingua familiare e vicina a noi, quindi la preoccupazione del ruolo maschile è passata un po’ in secondo piano. Quando poi abbiamo iniziato a lavorarci, Roberto mi ha rassicurato subito, perché non mi ha chiesto una mimesi tout court. Il costume è certamente maschile e indosso una maschera, ma la voce è la mia, e per un attore è molto importante esprimersi attraverso la propria voce. Ciò è stato fondamentale per trovare un mio percorso, una mia sincerità e adesione in scena. Del resto anche lui usa la sua voce nel ruolo di Antigone. In buona sostanza si è trattato di un processo avvenuto abbastanza naturalmente».

Francesca Mazza

nell’Antigone

di Roberto Latini

Foto di Manuela Giusto

I personaggi di Anouilh sono comunque diversi da quelli di Sofocle.

«Molto diversi, sì. Prima di tutto non c’è più una separazione manichea rispetto alla vittima, al carnefice, a dove stanno la ragione e il torto, e forse è questa la cosa più straordinaria del testo, che restituisce le contraddizioni degli esseri umani con sensibilità e naturalezza. Pur trattando temi importanti come la legge, il senso del dovere o la ribellione, lo fa avvicinandosi molto a noi. In un passaggio Antigone dice a Creonte che lui non può essere un ribelle perché è troppo sensibile. Ecco, la sensibilità femminile di Creonte e la forza della ribellione maschile che c’è in Antigone si sono sposate molto armonicamente col nostro stare in scena. In più, proprio qualche tempo prima di questo lavoro, avevo letto il bellissimo libro di Laura Mariani L’Ottocento delle attrici, dove c’è anche una riflessione di Sarah Bernhardt sulla sua decisione di interpretare Amleto. Lei diceva che ci sono certi ruoli e certe anime talmente potenti da bruciare il sesso, da essere più forti del riconoscimento in quell’appartenenza di genere, ed è con questo viatico che sono andata verso questo Creonte. Mi sono detta che l’importante di questo Creonte era portare in scena la sua anima, la sua contraddizione, il suo voler essere indeciso, il voler salvare Antigone fino alla fine, l’essere sconfitto, tutte cose che conosciamo e che non hanno genere».

Hai iniziato la tua carriera con Leo de Berardinis, poi hai inanellato collaborazioni con tantissimi artisti della scena di ricerca, dai Fanny & Alexander a Fabrizio Arcuri, da Andrea Adriatico fino a Leonardo Lidi e VicoQuatorMazzini, col quale hai vinto il tuo ultimo Ubu per La ferocia. Hai davvero fatto, e continui a fare, esperienze di ogni tipo. «Sì, ogni tanto mi stupisco anch’io. È strano passare dal Cechov di Lidi a La ferocia, sono tutti mondi diversi, però mi piace moltissimo. Ma per affrontare tutti questi passaggi occorrono tanto lavoro e tanta apertura, è una sorta di artigianato. Questa, nel mio curriculum, è una cosa che rivendico. Ho lavorato con tantissime persone diverse, e ormai sempre più frequentemente con persone molto più giovani di me, e ogni volta è una scoperta, una possibilità di apertura. È proprio questo che continuo a trovare appassionante del mio lavoro, scoprire e restare in ascolto, incontrare altri mondi teatrali e non rimanere fissa sul mio. Quindi si lavora, ci si sposta, si cambia. E comunque sono stata fortunata, perché ho sempre fatto incontri bellissimi».

«Ogni tanto mi stupisco anch’io di aver fatto esperienze di ogni tipo, da Cechov alla Ferocia: servono molto lavoro e tanta apertura, è una sorta di artigianato, lo rivendico»

Proprio De Berardinis diceva provocatoriamente che «i teatri vanno chiusi» e che «c’è bisogno di un teatro che formi un pubblico nuovo, con artisti che si rivolgano alla collettività». Il teatro ha ancora una funzione etica?

«Sì, penso di sì. Leo era un brontolone, gli piaceva questa figura di provocatore, andare contro. Nel periodo in cui sono stata vicino a lui vedevo che andava in crisi quando aveva troppo consenso, aveva bisogno del “nemico”. Io penso che, per come sono le cose nel presente, il semplice fatto di incontrarsi tra esseri umani, con qualcuno che sta sul palco e qualcuno in platea, cercando di trovare un dialogo, un ascolto, beh, già questo dimostra che il teatro sia un qualcosa di necessario. Il fatto che dopo la pandemia la gente sia tornata ad affollare i teatri, a differenza di quello che succede al cinema – che purtroppo ha trovato la dimensione delle piattaforme televisive, con la gente che si chiude in casa –, è importante. Il teatro dà la possibilità di un incontro vero e che ci siano tante persone che lo frequentano è fondamentale; poi, certo, ci sono tanti tipi di teatro. Confesso che proprio in questi giorni guardavo il programma del Duse di Bologna – che ho amato tanto, il primo teatro che ho frequentato quando mi son trasferita lì – e mi son resa conto di quanto siano cambiate le cose, e non in meglio. Mi ha colpito molto che facciano spettacoli praticamente tutti i giorni ma che la massima tenitura siano due giorni, quando un tempo al Duse si stava una settimana, gli abbonamenti avevano sette turni. Ora ci va il Riccardo III di Antonio Latella e fa solo due repliche, incredibile. Dunque le cose cambiano, ma si cerca di rimanere vigili e dare il proprio contributo affinché ciò che per noi vale possa ancora vivere. E vorrei citare un’altra frase di de Berardinis che amo tantissimo: “C’è una storia che è fuori da me, ma finché ci sarà un poeta in platea io non mi sentirò fuori dalla storia”. Da tanto tempo ci rivolgiamo a un piccolo numero di persone, ma la cultura è così».

Dalla “gita” in auto per quattro spettatori fino al Mistero Buffo di Martelli

Otto spettacoli scelti nell’ambito della ricerca. A Russi l’anteprima nazionale di Bucci-Sgrosso. Attesa anche per lo spettacolo premiato di Carrozzeria Orfeo

di Alessandro Fogli

Quest’anno sarebbero tanti gli spettacoli da consigliare, in ambito teatro di ricerca o come vogliamo chiamarlo, ma lo spazio è tiranno e ci costringe a una selezione strettissima. Ce n’è uno che mi intriga oltremodo, forse ispirato, almeno strutturalmente, ad ATA - Azienda Traghettatori Anime di Ilinx Machine, visto anche a Ravenna una ventina d’anni fa. Non una voce, del duo salentino Ultimi Fuochi Teatro e Albe/Ravenna Teatro, sarà prima all’interno del nuovo festival Schiusa (vedi p. 57) a cura di Menoventi e di E Production (partenza dal Giardino Melvin Jones di Faenza) il 15 e 16 novembre, poi, dal 19 al 24 aprile, nella stagione Al Socjale, con punto di partenza ipotizzabile allo stesso Socjale di Piangipane. Si tratta di un lavoro decisamente inusuale per quattro spettatori per volta, che si sviluppa lungo un percorso a tappe in automobile. Assieme all’attore protagonista Roberto Magnani, gli spettatori saranno partecipi di un viaggio di immaginazione in uno scenario post-apocalittico dove l’umanità sembra sparita dalla faccia della Terra. A mio avviso è assolutamente imperdibile, fosse anche solo per farsi un giretto in macchina con un attore del calibro di Magnani.

Non poteva che essere al Comunale di Russi (il 16 gennaio) l’anteprima nazionale de La morte e la fanciulla, di Ariel Dorfman, un progetto di Elena Bucci e Marco Sgrosso che li vede anche protagonisti sul palco. Vedere Bucci in scena è sempre un gran godimento e voglio credere che lo sarà anche stavolta. L’azione si svolge in un paese che ha appena ottenuto la democrazia dopo un lungo periodo di dittatura. Le vicende dei personaggi sfociano in un ritorno del passato, in cui si scontrano vittime e carnefici, traditi e traditori, memoria e oblio. Risuonano le testimonianze di tragiche scomparse e repressioni. L’umanità riuscirà a non ripetere gli stessi errori? Per me la risposta è sempre no, ma staremo a vedere.

Occorre poi assolutamente segnalare anche il nuovo lavoro dei mantovani Carrozzeria Orfeo, Misurare il salto delle rane, fresco vincitore del Premio della Critica 2025, assegnato dall’Associazione nazionale critici di teatro, che sarà il 16 gennaio al Masini di Faenza e il 17 gennaio al Comunale “Walter Chiari” di Cervia. Una commedia dark, un viaggio nell’intimità di tre esistenze femminili che si specchiano l’una nell’altra e che, in modo diverso, rifiutano etichette imposte dall’esterno.

Se ancora non l’avete visto, il 23 gennaio il Teatro Rasi vi dà la possibilità di rimediare, ospitando Rette parallele sono l’amore e la morte di Oscar De Summa. Il drammaturgo, regista e attore pugliese decide di raccontare la storia di Mariarosaria, che viveva vicino a lui quando erano entrambi ragazzi e che visse un amore disapprovato dalla sua famiglia. La scoperta della morte di Mariarosaria arriva,

Nella foto di Monia Pavoni
“Il vangelo di Cassandra”
di Gemma Hansson Carbone

in questo processo, come un fulmine a ciel sereno. Che tipo di connessione era nata tra la ragazza e il giovane De Summa? Attraverso la teoria quantistica e l’esperimento dell’entanglement (fenomeno quantistico che crea un legame profondo e istantaneo tra due o più particelle, anche se separate da grandi distanze), il regista riflette sulle relazioni umane e sulla possibilità di legami indissolubili al di là della morte. Poi. Quando c’è di mezzo Elio Germano è impossibile sbagliare, e se poi l’attore e regista romano è accompagnato da un musicista geniale quale Teho Teardo allora c’è poco da fare: il 16 febbraio si va al Masini di Faenza a vedere La guerra com’è, duetto di musica e parole, tratto dal romanzo Una persona alla volta di Gino Strada. Accompagnato dalla musica di Teardo, Germano darà corpo e voce al libro, racconto dell’impegno contro la guerra e delle esperienze di Strada, da giovane chirurgo in prima linea a fondatore di Emergency. Quelle che sentiremo sono parole di inaudita potenza e autenticità, ispiratrici di due artisti che si ritrovano dopo l’ottimo Il sogno di una cosa, dal romanzo di Pier Paolo Pasolini. Una riflessione sulle conseguenze della guerra e sul diritto universale alla salute, il racconto delle esperienze che hanno condotto Strada da giovane chirurgo di Sesto San Giovanni fino ai paesi più lontani, per seguire l’idea che portava avanti con la sua passione e con la sua ong, salvare vite umane e lottare per i loro diritti.

Dal 10 al 12 marzo il Teatro Rasi ospita Il Vangelo di Cassandra. Annunciazione di una genesi, il nuovo, interessante lavoro della regista e attrice italo-svedese Gemma Hansson Carbone. Lo spettacolo – visto in settembre al Festival Ammutinamenti di Ravenna – nasce da un testo di Dimitris Dimitriadis, figura di riferimento della drammaturgia contemporanea greca. Un’esperienza immersiva (con le coreografie di Gloria Dorliguzzo e luci e scene dei ravennati Alessandro Panzavolta e Francesco Tedde) in cui la parola poetica, la ricerca vocale e il movimento si fondono per esplorare temi universali, umani e politici, di trasformazione e desiderio. Nello spettacolo la profezia di Cassandra diventa annuncio: Cassandra non è più medium di un futuro inascoltato, ma voce e corpo di un presente radicalmente nuovo.

Scoprici qui In pronta consegna Su commissione A Faenza la coppia Germano-Teardo racconta Gino Strada

Quando diciamo Mistero Buffo, la parola capolavoro è conseguente. In questo caso – 24 marzo al Goldoni di Bagnacavallo – l’immortale spettacolo di Dario Fo e Franca Rame rivive grazie a Matthias Martelli, in una produzione Teatro Stabile di Torino che ha all’attivo oltre 200 repliche in tutto il mondo. Fu nel 2016 che l’indimenticato Eugenio Allegri accettò la sfida di Dario Fo di dirigere il giovane e talentuoso Matthias Martelli – che di Fo è non solo allievo ma erede naturale – in una nuova versione di Mistero Buffo. L’attore è solo in scena, senza trucchi, con l’intento di coinvolgere il pubblico nell’azione drammatica, passando in un lampo dal lazzo comico alla poesia, fino alla tragedia umana e sociale. Un linguaggio e un’interpretazione nuovi e originali, nel segno della tradizione di un genere usato dai giullari medievali per capovolgere l’ideologia trionfante del tempo dimostrandone l’infondatezza. Infine, l’8 e 9 aprile La Stagione dei Teatri ravennate ospita all’Alighieri Come gli uccelli, spettacolo premiato agli Ubu 2024 come Miglior Nuovo Testo Straniero, che il regista Marco Lorenzi dirige dal libro omonimo di Wajdi Mouawad. Si tratta di una riflessione toccante e profonda sull’amore, l’incontro e l’identità: l’epico dramma dell’autore libano-canadese affronta questioni molto attuali, come il conflitto israelo-palestinese ma soprattutto tematiche universali. La storia d’amore fra i giovani Eitan, di famiglia ebraica, e Wahida, di origine araba, riporta a galla conflitti che si pensavano sepolti, con l’inevitabile aggrovigliarsi di contesto storico e vicende personali.

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Il Paese dove non si muore mai: dalla fiaba di Italo Calvino nasce il nuovo spettacolo per ragazzi del sodalizio afro-romagnolo Kër Théâtre Mandiaye N’diaye, teatro Caverna e Teatro delle Albe. Dopo il grande successo da cinquecento repliche di Thioro, un cappuccetto rosso senegalese, la collaborazione che ebbe inizio tra le Albe e Mandiaye N’diaye oltre 30 anni fa continua a portare sui palchi di Italia e Senegal le grandi fiabe di un tempo. Al teatro Rasi da giovedì 9 aprile a domenica 12 aprile.

Abbiamo intervistato Moussa N’diaye, coprotagonista e figlio di Mandiaye, l’indimenticato attore senegalese che ha contribuito a creare il primo legame tra Albe e Senegal.

Come nasce l’idea dello spettacolo?

Quelle storie che uniscono Ravenna al Senegal...

Moussa N’diaye, figlio del compianto Mandiaye, parla della collaborazione con le Albe e del nuovo spettacolo tratto da Calvino

«Segue il filone di Thioro, che nacque per rilanciare il teatro afro-romagnolo dopo la scomparsa di mio padre nel 2014. Siamo stati ispirati dalle fiabe italiane e volevamo continuare a percorrere questo ponte. Abbiamo scelto come fondamenta le fiabe perché in Senegal la tradizione orale, di narrazione e racconto ai piccoli, è profondamente radicata, e abbiamo scelto Calvino perché è uno dei più grandi scrittori di fiabe italiani. In particolare è stata Alice Cottifogli, la protagonista, a consigliare Il Paese dove non si muore mai, e abbiamo pensato di adattare la storia all’Africa, raccontando l’incontro tra la giovane e i griot nella savana, riscrivendo lo sfondo europeo che la fiaba aveva inizialmente». Qual è la storia di questa collaborazione tra Ravenna e Senegal e come sta proseguendo?

«Mio padre era venuto in Italia a fine anni ‘80 per giocare a calcio, ma si rese conto dopo non molto che era molto difficile. Si trovò quindi a vivere come un migrante “normale”, nel frattempo il Teatro delle Albe (in particolare Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina, Marcella Nonni, ai tempi) volle sfidare la teoria di un geologo bolognese che spiegava come Africa e Romagna fossero un tempo unite. Le Albe decisero di reclutare per questo spettacolo attori africani, scesero a Rimini e incontrarono mio padre... Che mentì! Disse di essere un attore, quando in realtà non aveva mai fatto teatro in vita sua. Da lì si scopre il suo talento per il racconto, il progetto prosegue e la compagnia gli chiede di entrare in maniera stabile. Nacquero tante opere dal sodalizio, fino al 2014, quando Mandiaye è venuto a mancare. Dal 2004 aveva avviato un progetto nel villaggio senegalese di Diol Kadd, seguendo la linea delle Albe, del coro e della partecipazione. Lo costruì secondo l’idea delle 3 T - Terra, Teatro e Turismo - tre elementi capaci di unire mondi lontani. Oggi il lavoro di cooperazione con le Albe continua, tra Senegal e Italia, unendo altre compagnie, associazioni culturali e istituzioni internazionali».

Qual è il rapporto che si ha con le storie in Senegal?

Quali sono le differenze rispetto all’Italia?

«Io di grosse differenze non ne trovo, le storie e i racconti sono materia universale, un’unica via mediante la quale le persone possono venirsi incontro. Ci saranno sempre usanze e costumi diversi senza dubbio, ma trovo grandi similitudini generali nel racconto, facciamo spesso fatica a notarlo ma se ci lavorassimo capiremmo che in fin dei conti siamo gli stessi, da una parte o dall’altra. Questo lavoro lo abbiamo presentato anche in Senegal, ci sono state reazioni diverse dal pubblico: là la morte viene percepita come un qualcosa di naturale, che è dentro di noi, qui è un dramma, mette una paura diversa. La differenza sta nella maniera di accoglierlo, ma sono sicuro che il sentimento sia lo stesso». E invece le similitudini e le differenze tra il teatro in Senegal e quello in Italia?

«Il Senegal ha una tradizione narrativa mischiata a canti e danze, ci piace il ritmo, una partecipazione fisica alla messa in scena, il pubblico apprezza molto quando dal palco si arriva alla platea non solo con le parole ma anche con il movimento. Qui in Italia invece la narrazione è molto tecnica,

Due foto di Luca del Pia
dello spettacolo “Il Paese
dove non si muore mai”
Qui sopra Moussa N’diaye

occorre stare attenti allo spettatore, parlargli in prima persona e condurlo in un viaggio, se no lo perdi. Là si cerca un ritmo, qui un dialogo».

In ultima analisi, come credi che il teatro e la narrazione orale possano sopravvivere nell’età dell’Intelligenza Artificiale?

«L’AI è sicuramente un fattore da tenere in considerazione, l’influenza che ha sulla gente, la capacità di catturare i molti, ma credo che finché si racconta qualcosa che è in vita, a degli spettatori in vita, con un corpo e una voce vivi, rimarrà sempre spazio per il teatro e la narrazione».

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«Con

lo Schiaccianoci torniamo tutti bambini in attesa di un miracolo»

Nina Ananiashvili del Balletto dell’Opera di Tbilisi parla dello spettacolo che aprirà la stagione dell’Alighieri. «Che bello potersi esibire in Italia»

di Linda Landi

Qui sopra una scena da “Lo Schiaccianoci”

Nella pagina a fianco

Nina Ananiashvili in una foto

di Khatuna Khutsishvili

Il 9, 10 e 11 dicembre la nuova stagione di danza del Teatro Alighieri di Ravenna si aprirà con la magia de Lo Schiaccianoci, affidato all’interpretazione del Balletto dell’Opera di Tbilisi diretto da Nina Ananiashvili. Dopo i nove sold out al Teatro Regio di Torino, l’acclamata produzione firmata da Ananiashvili e Alexey Fadeechev sulle coreografie originali di Petipa torna in Italia come simbolo della tradizione, con scene e costumi di Simon Virsaladze e Yuri Gegeshidze che danno vita al racconto di E.T.A. Hoffmann in un’atmosfera calda e luminosa. Un evento che porta a Ravenna una delle compagnie più amate del panorama internazionale.

Nina Ananiashvili, raggiunta durante un tour internazionale a Taiwan, ci ha raccontato il suo punto di vista su questo atteso rientro italiano.

Lo Schiaccianoci inaugura la stagione di Ravenna, dopo il trionfo torinese. Che valore assume per lei tornare in Italia e aprire un cartellone con un titolo di così grande successo?

«Ogni esibizione in Italia è per noi una gioia immensa. Città meravigliose, che sono esse stesse capolavori, teatri d’opera straordinari, un pubblico colto e raffinato… Cosa si potrebbe desiderare di più? Siamo infinitamente grati al nostro produttore, il signor Roberto Giovanardi, che ci guida con sensibilità e attenzione in un Paese tanto esigente quanto affascinante per chi vi si esibisce».

Il vostro Schiaccianoci propone un classico di Petipa, firmato da lei e Alexey Fadeechev. Qual è stata la vostra chiave interpretativa, e come avete cercato di restituire la meraviglia e l’infanzia che abitano la partitura di Cajkovskij?

«Il nostro Schiaccianoci è assolutamente originale, per così dire, dal punto di vista coreografico. Non deriva, né somiglia ad alcuna produzione passata o presente. Ma naturalmente l’elemento fondamentale, lo spirito che vive nella musica di Cajkovskij, è pienamente presente. In ogni corpo adulto esiste un bambino che attende ancora con ansia un miracolo e guarda al futuro con speranza inesauribile».

Le scene di Simon Virsaladze e il design di Yuri Gegeshidze evocano un mondo di sogno, ma radicato in una memoria familiare. Quanto contano per lei l’immaginazione e la riconoscibilità culturale nel costruire una poetica visiva?

«Il balletto classico, di per sé, è pura immaginazione e pura poesia, perché ci è negata la parola. Il nostro grande connazionale

Simon Virsaladze non solo ha creato per Lo Schiaccianoci uno scenario fiabesco, immediatamente riconoscibile e capace di suscitare meraviglia, ma vi ha anche impresso il codice genetico della cultura e delle tradizioni europee. L’esecuzione scenografica di Yuri Gegeshidze è esemplare».

Lo Schiaccianoci è un rito natalizio, ma anche una fiaba sulla crescita e la trasformazione. Qual è, secondo lei, il messaggio più attuale di quest’opera per lo spettatore contemporaneo?

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Orario continuato dalle ore 9.00 alle 17.00 viale Berlinguer, 54 (Palazzo degli Affari) via Ravegnana, 41 - Ravenna 0544 270358 info@amicogas.it

«La famiglia, l’amore, la speranza, i sogni, il miracolo, la gentilezza e l’amicizia, l’immenso e meraviglioso mondo che ci attende con le sue scoperte».

Dirige il Balletto dell’Opera di Tbilisi da vent’anni, un traguardo importante. Come descriverebbe l’evoluzione della compagnia in questo periodo, e quali qualità distingue oggi i suoi danzatori?

«La compagnia ha attraversato tre fasi nel corso di ventun anni. La prima è stata quella dell’apprendimento del repertorio dei secoli XX e XXI: da Petipa e Bournonville a Fokine, Balanchine, Ashton e Kylián, fino a Ratmansky e Possokhov. Non solo ha imparato, ma ha padroneggiato questi linguaggi coreografici diversi e li ha fatti propri. La seconda fase è stata quella di formare un corpo di ballo di altissimo livello. Ora siamo quasi al termine della terza fase: affermarci con decisione come membri del “club” delle migliori compagnie europee. La quarta fase arriverà, ne sono certa, quando avremo un coreografo georgiano di fama mondiale: ma questo deve ancora accadere».

«Per arrivare al vertice del mondo della danza servono lavoro duro, durissimo, quotidiano, voglia di imparare fino alla fine della carriera e tanta umiltà: senza sangue, sudore e lacrime i doni naturali svaniscono in fretta»

Nella pagina a fianco una scena dello “Schiaccianoci”

Lei è stata una delle più grandi interpreti del Novecento, dal Bol’šoj all’American Ballet Theatre. Come questa esperienza personale, vissuta ai massimi livelli internazionali, si riflette nel suo modo di trasmettere disciplina e libertà ai giovani danzatori?

«Ripeto costantemente ai miei danzatori che per arrivare al vertice del mondo della danza, o almeno a un livello professionale molto alto, esistono solo tre ricette: lavoro duro, durissimo, quotidiano; desiderio di imparare fino alla fine della carriera, umiltà. Una madre e un padre possono donare a una persona un corpo straordinario e una mente brillante, ma senza sangue, sudore e lacrime quei doni svaniscono in fretta. È come nel calcio: basta una partita sbagliata, e già ti fischiano. La libertà è sempre presente. Si può lasciare una compagnia che non si ama e cercarne un’altra più affine. Ma è fondamentale capire bene cosa si desidera davvero: essere parte del balletto classico o restare spettatori del successo altrui».

Il Balletto dell’Opera di Tbilisi è oggi un ambasciatore culturale del suo Paese. Quanto pesa, nella sua visione artistica, l’idea di rappresentare la Georgia nel mondo attraverso la danza?

Le stagioni di danza

Tra grandi produzioni e performance, nei teatri di Ravenna, Faenza e Russi

Un itinerario artistico ricco e articolato ci attende per la programmazione della danza in provincia, con i teatri di Ravenna, Faenza e Russi protagonisti. A Ravenna, il 9 e 10 dicembre il Teatro Alighieri accoglie la produzione del classico natalizio Lo Schiaccianoci firmato dalla georgiana Nina Ananiashvili (vedi intervista di queste pagine). Il 6 febbraio, alle Artificerie Almagià si rinnova la collaborazione con il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto, per un fuori abbonamento. In Impromptus: arie, danze e improvvisazioni il movimento incontra il suono in un fertile scambio tra coreografia e musica che genera composizioni nate dall’ascolto reciproco, in cui il virtuosismo dei danzatori dialoga con la fisarmonica e il rango di Simone Zanchini. Il 28 febbraio e il 1° marzo la giovane e cosmopolita Area Jeune Ballet – Genève torna a Ravenna con tre creazioni che esplorano i territori emotivi e fisici della danza contemporanea. Un autre jour di Ken Ossola intreccia la coralità del gruppo e la vulnerabilità individuale, mentre Kiss & Fly di Gil Carlos Harush (2018) indaga un catalogo emotivo di momenti fugaci che spesso diamo per scontati. Chiude We Will Never Give Up on Love di Erion Kruja (2024), ex interprete di Hofesh Shechter, che trasforma l’amore in un corpo a corpo estremo. Con venti danzatori provenienti da quattro continenti, la compagnia si conferma come uno dei laboratori più vivaci della scena europea. Il 21 e 22 marzo, la ZfinMalta - National Dance Company presenta Mortal Heroes, in cui Sita Ostheimer crea una partitura generatrice di metamorfosi perpetua, dove l’eroico si annida nelle pieghe dell’umana fallacia. Il Teatro Rasi, accreditata fucina dei linguaggi di ricerca, ospita diverse proposte in ambito contemporaneo: il 3 marzo Nicola Galli porta in fuori abbonamento Il mondo altrove: una storia notturna, che attraversa un ideale asse tra Occidente e Oriente per dare forma a un rito danzato. Il giorno seguente, 4 marzo, lo stesso autore è protagonista di Deserto tattile, viaggio coreografico che indaga la solitudine come paesaggio interiore. Il 10, 11 e 12 marzo con Il Vangelo di Cassandra. Annunciazione di una genesi, la coreografa Gemma Hansson Carbone e il drammaturgo Dimitris Dimitriadis danno vita a un’esperienza immersiva in cui voce, parola poetica e movimento si fondono in una liturgia laica di trasformazione. il 21 marzo con Never Young, il collettivo Biancofango firma una docu-performance sospesa tra danza e indagine sociale, che esplora l’età fragile e incandescente della preadolescenza.

A Faenza, al Teatro Masini, la linea “Danza: tra classico e contemporaneo”presenta titoli come La Bella Addormentata del Russian Classical Ballet con coreografie di Marius Petipa (11 dicembre) e altre proposte quali la LyricDanceCompany con Madame. Ritratto danzato di una diva, Maria Callas (24 gennaio). Infine la Spellbound Contemporary Ballet con una Serata Spellbound (28 febbraio) firmata da Mauro Astolfi e Jacopo Godani suggella la pluralità di stili che testimonia interesse a offrire percorsi coreutici articolati dalla tradizione alla sperimentazione. A Russi, il Teatro Comunale propone una tappa significativa della danza contemporanea: il 29 gennaio è in programma Puccini’s Opera. Vocididonne, nuova creazione di Monica Casadei per la compagnia Artemis Danza, dedicata a quattro eroine di Giacomo Puccini (Tosca, Madama Butterfly, Mimì, Turandot), una performance visivamente densa, che pone in luce la tensione tra impulso primordiale e disciplina formale. In complesso, una geografia della danza - quella ravennate - che plasma i suoi contorni tra nazionale e internazionale, con numerose compagnie straniere, voci emergenti o consolidate, artisti di livello. La scelta delle produzioni parla di equilibrio e visione, crocevia della contemporaneità e della riflessione culturale di qualità. (li.la)

«È la nostra raison d’être. Quando ci esibiamo all’estero, dobbiamo lasciare al pubblico non solo il piacere dato dal livello artistico della compagnia, ma anche la chiara consapevolezza che la Georgia non è “un Paese qualsiasi”: siamo la sponda orientale dell’Europa, con la nostra arte, la nostra cultura e le nostre tradizioni».

Un auspicio per il pubblico di Ravenna: cosa porterà con sé dopo aver assistito al vostro spettacolo?

«Che, nonostante la follia del mondo in cui viviamo, il futuro possa arrivare con una rinnovata fiducia nel codice culturale e spirituale europeo, nella famiglia e nell’amore».

Se dovesse descrivere in un’immagine lo spirito della sua compagnia oggi, quale sarebbe? Una parola, o un particolare che racchiuda la vostra identità e il vostro modo di vivere la danza.

«I danzatori che arrivano nella nostra compagnia - italiani, giapponesi, spagnoli, coreani, brasiliani, americani - queste ragazze e questi ragazzi meravigliosi, diventano quasi georgiani. Questo credo dica molto sul mio Paese e sulla nostra compagnia».

«La musica migliora la vita: educa, unisce e dà prospettive»

Angelo Nicastro alla vigilia della sua ultima stagione da direttore artistico all’Alighieri

di Enrico Gramigna

Angelo Nicastro, 69 anni, direttore artistico della stagione d’opera e danza, oltre che del Ravenna Festival, ha annunciato recentemente che questo sarà il suo ultimo giro di valzer al Teatro Alighieri. Abbiamo raccolto la sua testimonianza di un’esperienza di ventotto anni di teatro tra visione, sacrifici e rinascite.

«Nel corso del mio incarico ho cercato di ampliare il repertorio, restituendo dignità a secoli di musica italiana spesso dimenticata. E dando opportunità a giovani talenti»

In alto il “Macbeth” con la regia di Cristina Mazzavillani andato in scena all’Alighieri nel 2016

Partiamo dal principio: come è iniziato il suo percorso come direttore artistico e come è cambiato questo mondo negli anni?

«È stato un viaggio lungo e sorprendente. Era il 1998 quando Cristina Mazzavillani Muti e Mario Salvagiani mi chiamarono a occuparmi della stagione d’opera e danza, oltre che del Festival. Venivo da un’esperienza di musicista, soprattutto nell’ambito della musica antica e contemporanea. Il mondo dell’opera, per quanto affascinante, lo conoscevo da spettatore. Ero stato tra i fondatori di Accademia Bizantina nel 1983 e per quattordici anni ne ero stato il responsabile; la direzione di un teatro d’opera era per me una realtà nuova. Ho avuto la fortuna di avere a fianco una guida come Mario, così come con Cristina abbiamo condiviso tante produzioni d’opera. Ho appreso molto da loro e sarò loro sempre riconoscente». Una riflessione sul suo incarico?

«Ho letto ultimamente tante inesattezze, si è parlato di pensionamento, di proroghe… Il mio è sempre stato un incarico annuale da libero professionista rinnovato per ben 28 anni. Poteva essere interrotto in qualsiasi momento. Un anno fa ho deciso di rallentare il mio impegno professionale per una mia scelta di vita e ho comunicato la mia intenzione di lasciare la direzione artistica della stagione invernale dando la mia disponibilità per un anno ancora come codirettore artistico del Ravenna Festival. Tutto qui».

Ci sono state alcune critiche sul doppio direttore al Festival…

«Vorrei ricordare che, data la natura interdisciplinare del festival, nel ’98 fummo chiamati in tre a seguirne le varie discipline: oltre a me e a Franco Masotti, per il teatro c’era Marco Martinelli. Lasciare l’Accademia Bizantina, che sentivo un po’ come una mia creatura, fu una scelta dolorosa, ma l’impegno come direttore artistico difficilmente si riesce a conciliare

«Aneddoti?

con una propria vita da artista. Marco scelse di continuare a fare il regista e siamo rimasti io e Masotti a condividere la direzione artistica. Credo che si dovrebbero riconoscere i risultati che la Fondazione Ravenna Manifestazioni (organizzatrice del Festival e della stagione d’Opera e Danza, ndr) ha conseguito in questi anni contribuendo alla fama di Ravenna a livello internazionale e come cittadini esserne fieri e gelosi custodi. Anche nella prossima Trilogia (vedi pagina 48, ndr) avremo un pubblico internazionale con tanti gruppi stranieri organizzati che raggiungeranno la nostra città e il nostro teatro».

Tornando all’Accademia Bizantina?

Quando allestimmo

Orlando nel 2004 c’era una piscina in scena, ma perdeva e allagò il sottopalco. Innumerevoli poi le storie d’amore sbocciate all’Alighieri...»

«Quando assunsi l’incarico di direttore artistico della stagione d’opera mi dimisi da presidente di Accademia Bizantina anche per non avere conflitti di interesse personale, se non quello musicale, rispetto alla mia nuova funzione. Nel ‘99 coinvolsi la Bizantina nel Giulio Sabino di Giuseppe Sarti: non avevano mai affrontato l’opera né Ottavio Dantone l’aveva mai diretta. Da lì nacque un percorso sul barocco con ensemble e cantanti italiani, che fino ad allora era appannaggio quasi esclusivo di gruppi stranieri, con cantanti dalle pronunce improbabili, senza adeguata comprensione del testo e capacità di valorizzare il significato anche musicale della parola italiana. L’Alighieri ha avuto un ruolo fondamentale nel cambiare questa tendenza. Abbiamo prodotto tantissimi titoli, fino al Giulio Cesare di Händel con la regia di Chiara Muti dell’anno scorso, che ha avuto grande successo non solo a Ravenna, ma anche in altri quattro teatri italiani».

Anche il panorama vocale è cambiato?

«Moltissimo, a partire dai controtenori che avevano problemi di intonazione, omogeneità di emissione, tecnica. Oggi abbiamo controtenori italiani di livello internazionale, molti dei quali sono nati artisticamente proprio al Teatro Alighieri. È stato un tratto distintivo del mio impegno: ampliare il repertorio restituendo dignità a secoli di musica italiana spesso dimenticata e ricercare e dare opportunità a giovani talenti».

Quindi una programmazione che va dal Seicento al Novecento.

«Esatto. L’opera italiana nasce con la Camerata de’ Bardi, si sviluppa con Monteverdi, e ha influenzato tutta Europa: da Händel a Mozart. Eppure, spesso, per quanto grandissimi, ci ricordiamo solo di Verdi e Puccini. In questi anni abbiamo proposto titoli significativi di autori del Novecento come Britten, Stravinskij, Kurt Weill, Gershwin, Nino Rota… E abbiamo lavorato in rete con altri teatri di tradizione, concertando titoli, evitando sovrapposizioni, ottimizzando risorse».

A proposito di risorse…

«Questo è un tasto assai dolente. Nonostante il prestigio e i riconoscimenti conseguiti dal Teatro Alighieri che è il terzo nella graduatoria nazionale dei teatri di tradizione, le risorse in generale sono sempre più scarse. Un tempo facevamo cinque titoli d’opera, oltre al balletto con orchestra. I costi aumentano, le risorse calano. È un grande limite per il presente e il futuro dell’opera».

C’è poca attenzione da parte dello Stato?

Qui sopra un ritratto di Angelo Nicastro

Nella pagina a fianco

il “Giulio Cesare” di Chiara Muti, andato in scena

nella scorsa stagione d’opera dell’Alighieri

Foto Zani-Casadio

«Purtroppo. Tutto parte dalla scuola dove la musica è una cenerentola. Anche chi ha una formazione universitaria spesso non ha la minima conoscenza musicale. Bisognerebbe partire dalla scuola, capire quanto la cultura musicale incida sulla qualità della vita. Abbiamo incontrato in Calabria, in zone ad alto rischio criminalità, esperienze musicali che hanno tolto i ragazzi dalla strada e cambiato la convivenza civile. La musica educa, unisce, dà prospettive».

Nonostante tutto però ci sono tanti giovani musicisti.

«E sono molto più preparati di 20 anni fa, ma non trovano sbocchi. Le orchestre si sono ridotte, molte città non ne hanno una. E pensare che i conservatori, nati nel cinquecento come orfanotrofi, attraverso la musica davano educazione e prospettiva di lavoro. Oggi manca una distinzione chiara tra formazione di base e percorso professionale. Il primo livello dovrebbe avvenire per tutti nelle scuole di ogni ordine e grado».

In tutti questi anni chissà quanti aneddoti può raccontare...

«Pier Luigi Pizzi, che abbiamo in questi giorni in teatro per l’Orlando e l’Alcina di Haendel, ha intitolato il suo ultimo libro Non si può mai stare tranquilli ed è proprio così. E a proposito di Orlando mi viene in mente quando lo allestimmo la prima volta nel 2004 con la regia di Robert Carsen. C’era una piscina che occupava tutto il palcoscenico. Al collaudo eravamo tutti felici di questa grande piscina piena d’acqua di grande effetto. All’indomani mattina ci fu però un altro effetto sorpresa: il sottopalco era completamente allagato: la piscina perdeva. Innumerevoli poi sono le storie d’amore che sono sbocciate in teatro fra artisti e molti matrimoni sono avvenuti in questi anni complice il Teatro Alighieri!».

E come si affrontano gli imprevisti in teatro?

«Con spirito di squadra. Viviamo il teatro come una grande famiglia, cercando di creare sempre un clima di lavoro sereno. Oggi i giovani artisti sono molto più disponibili, meno narcisisti, privilegiano l’aspetto artistico. Il divismo forse catalizza ancora l’attenzione di un certo pubblico dando vita a fazioni di fan e rivalità fra artisti, ma oggi per me è di gran lunga preferibile un pubblico consapevole, coinvolto per ciò che ascolta, non tanto attratto da chi canta».

Parliamo infine di danza. Come si è evoluta la programmazione?

«Abbiamo cercato di mantenere un legame con il balletto classico, ma non è facile trovare compagnie di qualità a costi sostenibili. Il balletto classico si può proporre se di livello elevato, come si trova solo nei grandi teatri. Quest’anno collaboriamo con il Teatro di Tbilisi, in Georgia (vedi intervista di pagina 40, ndr), che ha una tradizione importante legata strettamente al grande balletto russo. Con Lo Schiaccianoci quest’anno inauguriamo la stagione a dicembre, in pieno clima natalizio, come evocato dal balletto».

E sul fronte della danza contemporanea?

«Abbiamo avuto la fortuna di lavorare per anni con Micha van

Hoecke, che ha influenzato profondamente la nostra sensibilità. Grazie a lui abbiamo coinvolto le energie giovani della città delle scuole di danza. Alle compagnie ospiti della stagione abbiamo sempre chiesto la disponibilità a tenere masterclass durante il loro soggiorno con étoile e maître du ballet. Credo che anche grazie a queste opportunità molti ragazzi abbiano scelto la via del professionismo andando a studiare in importanti scuole di danza in Italia e all’estero. È stato un percorso di crescita».

Avete avuto anche un ruolo come educatori, giusto?

«Abbiamo proposto una rassegna per le scuole e aperto ai giovani le prove dell’opera e della danza. In alcuni anni abbiamo portato fino a 10mila ragazzi a teatro, grazie alla

Casa funeraria Anima Serena

La stagione dell’Alighieri

Dall’omaggio a Händel della Trilogia del Festival fino al Macbeth

C’è chi afferma che il teatro faccia parte dell’uomo fin dall’alba dei tempi e se anche non fosse vero, comunque, è innegabile che fin dalle prime civiltà si è assistito a una messa in scena del racconto. Certo, è stato grazie alla civiltà greca che si può parlare di teatro come oggi lo conosciamo. Sono stati loro a creare i primi veri teatri, a dare i nomi alle varie parti di questi luoghi e da loro è stata mutuata l’idea di coro. In soldoni, se il teatro oggi è quello che conosciamo è perché circa 2.500 anni fa dei signori amanti della filosofia, mentre cercavano di tenere lontani i popoli asiatici dalle loro coste, si intrattenevano in luoghi nei quali venivano rappresentate storie. Queste raccontavano di umanità, esattamente come quelle portate sui palchi oggi. In fondo è proprio grazie a questo infinito argomento, la grande vastità dell’animo umano, che il teatro vive la sua doppia funzione, come gioco d’intrattenimento e primo passo verso l’introspezione personale. È, quindi, molto apprezzabile che i teatri si occupino di proporre stagioni le più variegate possibile, in modo da ampliare al massimo le emozioni coinvolte. Questo è ben manifesto nella Trilogia d’Autunno del Ravenna Festival e nella Stagione d’Opera dell’Alighieri.

Nella foto qui sopra (di Luca Concas)

Filippo Mineccia, protagonista dell’Orlando della Trilogia d’Autunno del Ravenna Festival, mentre ascolta le indicazioni del maestro

Pier Luigi Pizzi durante le prove al teatro Alighieri

Nella pagina a fianco la “Bohème” di Cristina Mazzavillani andata in scena nella stagione d’Opera dell’Alighieri nel 2023 (foto Zani-Casadio)

Nella prima è evidente il trionfo di quel periodo barocco che tanti fasti ha dato all’opera lirica. Dominatore assoluto della stagione è il Caro Sassone, Georg Friedrich Händel, le cui composizioni sono le protagoniste assolute. La stagione si apre con il conflitto interiore di Orlando impazzito durante la ricerca di se stesso per l’amore non corrisposto da Angelica. A uno dei più interessanti controtenori del panorama musicale è affidato il ruolo eponimo, Filippo Mineccia, che sarà affiancato da Francesca Pia Vitale e Elmar Hauser nei ruoli, rispettivamente, di Angelica e Medoro. La figura magica di Zoroastro sarà, invece, affidata alla voce di Christian Senn. Regista di questa rappresentazione sarà affidata al visionario Pier Luigi Pizzi che, negli ultimi anni collabora frequentemente con l’orchestra Accademia Bizantina alla cui testa ci sarà Ottavio Dantone. Lo stesso Pizzi firma la regia anche di Alcina, sempre in collaborazione con Dantone e la Bizantina. La maga è emblema della seduzione e dell’inganno verso l’uomo debole che davanti a lei diviene bestia e la sua isola incantata è il teatro perfetto per mettere in scena il suo potere ammaliante. Sul palco dell’Alighieri sarà il mezzosoprano Giuseppina Bridelli a interpretare questa donna dal grande potere di cui, però, è anch’essa vittima. Ruggiero, vittima delle arti della maga, e l’amata Bradamante avranno, invece, il volto e la voce di Elmar Hauser e Delphine Galou. L’ultima parte della Trilogia non è, invece, un’opera, ma un oratorio, genere che non veniva rappresentato, bensì eseguito senza scene né costumi. La sua funzione sociale era, soprattutto in area cattolica dove la messa era in latino, quella di approfondire la conoscenza delle vicende bibliche rendendole accessibili al popolo. Non stupisce, quindi, che il Messiah offra uno sguardo sulla nascita, la passione e la risurrezione di Cristo. Oltre ad Accademia Bizantina diretta da Dantone sarà la volta del Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini, diretto da Lorenzo Donati, e dei solisti, Alysia Hanshow, Delphine Galou, Žiga Copi e Christian Senn. La stagione di Opera propone tre titoli amati e frequentati dal grande pubblico, ma non eseguiti spesso a Ravenna. Carmen è il capolavoro indiscusso di George Bizet, nel quale amore e passione conducono i personaggi alla rovina, in pieno stile ottocentesco. Sul podio dell’Alighieri la direttrice Audrey Saint-Gil che, oltre all’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, guiderà gli interpreti della vicenda, Maria Kataeva, Joseph Dahdah e Gianluca Failla.

Più frivolo il secondo titolo in cartellone, L’italiana in Algeri di Gioachino Rossini, nella quale non mancano brillantezza e divertimento e che vedrà protagonisti, tra gli altri, Giorgio Caoduro, Ruzil Gatin e Laura Verrecchia nei ruoli, rispettivamente, di Mustafà, Lindoro e Isabella, che formano il cuore della vicenda. A dirigere l’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini sarà Alessandro Cadario.

Si chiude, invece, a tinte fosche la stagione, con un importante titolo di Giuseppe Verdi, Macbeth. La tragedia shakespeariana è paradigma delle conseguenze della bramosia di potere. Chiamati a impersonare i grandi personaggi che muovono la vicenda saranno Franco Vassallo – Macbeth, Roberto Scandiuzzi – Banco e Marily Santoro – Lady Macbeth. L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini ritrova un titolo già noto, ma con una guida nuova, quella di Giuseppe Finzi, cui sarà affidata la chiusura di questo percorso di riflessione sull’umano. (en.gr)

collaborazione con gli insegnanti, tutti sempre preparati, attenti e coinvolti. È stato credo un contributo importante alla crescita della città. Le famiglie stesse sono state coinvolte per accompagnare i figli: molti genitori non erano mai stati all’Alighieri. Il teatro deve tornare a essere uno spazio di convivenza, frequentato dalle famiglie».

C’è poi sempre stata attenzione verso gli artisti locali.

«Dal coro Libere Note al Ludus Vocalis, al Conservatorio, alle compagnie teatrali, all’Accademia di Belle Arti, alle scuole di danza, abbiamo sempre cercato il coinvolgimento delle realtà locali. Ora stiamo preparando Il piccolo spazzacamino di Britten, scritto proprio per ragazzi. Lo faremo con il coro della scuola Guido Novello e il Ludus Vocalis, l’Accademia del Musical, il Conservatorio, che vedrà i suoi allievi coinvolti anche nelle funzioni di maestri collaboratori e direttori di scena e la Drammatico Vegetale: lo porteremo anche al Teatro Galli di Rimini».

Quali sono le prospettive per l’opera e la danza?

«Ritengo che oggi la sfida sia tornare a scrivere e programmare nuove opere e nuova musica. Il periodo delle avanguardie e della

«Abbiamo aperto le porte dell’opera e della danza ai più giovani: il teatro deve tornare a essere frequentato dalle famiglie»

musica ermetica solo per addetti ai lavori ha fatto il suo tempo: bisogna ricucire la frattura tra musica contemporanea e pubblico, scommettere sui nuovi compositori. I confini fra generi si stanno abbattendo, gli steccati e le rigidità ideologiche non reggono più. Ma occorre ritrovare a una musica contemporanea accessibile che non sia solo quella commerciale e di intrattenimento».

«Faccio

da mediatore tra artisti e pubblico per creare spettatori più consapevoli»

Michele Pascarella è critico e studioso di teatro, danza e arti visive «Con il web tutto si è ridotto alle “stelline”: è una brutale banalizzazione»

di Alessandro Fogli

Critico e studioso di teatro, danza e arti visive – con un interesse particolare per le rivoluzioni del Novecento e le contaminazioni fra le diverse pratiche artistiche –, ma soprattutto mediatore tra gli artisti e il pubblico tramite laboratori e incontri, il forlivese Michele Pascarella è da oltre vent’anni una figura di riferimento della scena culturale anche della provincia di Ravenna, grazie anche a varie collaborazioni con artisti come Teatro Due Mondi, Luigi Dadina del Teatro delle Albe e Teatro Nucleo, e ai tanti articoli, recensioni e interviste apparsi su varie testate, da Artribune a Hystrio - trimestrale di teatro e spettacolo, da Teatri delle Diversità a Culture Teatrali. Michele, una vita di teatro, com’è nata questa passione?

«Nei miei laboratori cerchiamo di capire perché di uno spettacolo certe cose sono piaciute ad alcuni e ad altri no: l’obiettivo è evitare il più possibile giudizi sintetici che “chiudano”, come bello/brutto o bravo/non bravo»

«La passione, che poi mi ha portato a frequentare il Dams di Bologna con enorme gratitudine, è nata in seguito a tre eventi cardine. Il primo a Faenza, quando un’amica mi invitò allo spettacolo di fine anno di un laboratorio annuale guidato dal Teatro Due Mondi, ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Non avevo mai conosciuto il teatro, vengo da una famiglia con nessun interesse culturale e ben poca curiosità. Quello spettacolo mi fece un doppio effetto: da un lato non capivo nulla di quello che vedevo, non avevo alcuna alfabetizzazione in materia, allo stesso tempo sentii un enorme fascino, una commozione profonda per qualche cosa di ineffabile e al contempo vivissimo. Il secondo accadimento ha come protagonista Luigi Dadina – che non conoscevo, né conoscevo il gruppo da lui co-fondato, il Teatro delle Albe. Presentò il suo spettacolo Narrazione della pianura a Forlì, in un’arena estiva. In scena solo lui, con un racconto in cui intrecciava autobiografia, fiabe romagnole e africane, sguardi e visioni. Ci ero andato perché mi incuriosiva il titolo. Si spalancò il mistero della narrazione; faceva commuovere, ridere, immaginare. Per me era tutto nuovo, nessuno mi aveva mai raccontato storie, nemmeno da bambino. Sembrava proprio che quel racconto lo facesse a me, personalmente: che mi consegnasse le immagini che evocava con quel vibrante corpo-voce. Una volta finito lo spettacolo andarono via tutti, si spensero le luci e io rimasi lì per ore, al buio: “colmo di figure”, direbbe Rilke. La terza folgorazione fu Quijote! del Teatro Nucleo di Ferrara, spettacolo per gli spazi aperti che dal 1990 presentano in tutto il mondo, con scenografie enormi e presenze sceniche ferine. Ancora una

Michele Pascarella in una foto di Alvise Alessandro Crovato

volta fui commosso da qualcosa che percepii essere pregno di valore e poesia, ma i cui codici assolutamente ignoravo. Dopo trentacinque anni mi viene ancora la pelle d’oca, a parlarne. Questi tre incontri mi hanno fatto innamorare del linguaggio del teatro e della danza, tanto affascinante e tanto interpellante, per me, quanto misterioso. Il fatto che in seguito abbia collaborato, e ancora collabori, con queste persone mi riempie di felicità». Dopo l’università ti sei poi mosso in vari ambiti. «Sì, dopo il Dams c’è stato un percorso da critico di teatro, danza e arti visive, che continua tuttora, con varie testate locali e nazionali. Ho lavorato e lavoro come ufficio stampa e comunicazione con e per gruppi di teatro e danza e per alcuni Festival multidisciplinari. Negli ultimi cinque anni mi sono focalizzato soprattutto sui laboratori con e per spettatrici e spettatori. Usando un termine che mi piace poco, ma che rende l’idea, faccio da “mediatore” tra artisti, opere e pubblico. Attraverso una grande quantità di esempi (dalla storia del teatro e della danza, delle arti visive e della letteratura), alcuni esercizi di sguardo e di scrittura e molti dialoghi, cerchiamo, con semplicità e attenzione, di divenire spettatrici e spettatori un po’ più consapevoli dei pre-giudizi (estetici et ultra) che regolano, spesso con automatismi, il nostro rapporto col mondo, non solamente quello strambo della scena. Paradossalmente, le realtà (festival, rassegne di teatro e danza, teatri in tutta Italia) che più mi invitano a realizzare questi laboratori sono quelle che propongono una programmazione non così ostica e che meno avrebbero bisogno di un’attività mediatrice. Tant’è». Non per niente il tuo laboratorio si chiama L’arte di accorgersi. «L’idea che lo muove è accorgersi di quanto noi, con le nostre categorie, esperienze e valori, in qualche modo co-costruiamo l’opera, la completiamo a partire da ciò che ci arriva dal palco. Lo diceva Schopenhauer: “Ogni uomo considera i limiti della propria visione personale come i limiti del mondo”; uno dei temi con cui spesso ci confrontiamo nei laboratori è la relativizzazione, cercando di focalizzare ad esempio perché, di uno spettacolo o di un artista, certe cose sono piaciute ad alcuni e ad altri no. L’obiettivo è evitare il più possibile i sintetici giudizi che chiudano (bello/brutto, bravo/non bravo): c’è sempre una spinta ad allargare la ricezione delle esperienze estetiche, con semplicità. Negli incontri l’obiettivo non è mai far cambiare idea: i gusti personali sono inviolabili. Si tratta di accorgersi di cosa ci muove, come spettatrici e spettatori. E forse anche come cittadine e cittadini».

Qual è a tuo avviso lo stato attuale della critica teatrale? «Nel Settecento, con la nascita dei musei, ha origine la critica d’arte. Serve a far ponte tra le opere e le persone che le fruiscono: a far circolare linguaggi, codici, idee. Nel corso dei secoli questa funzione si è ridotta fino ad arrivare, oggi, a “quante stelline ha quel film-spettacolo-mostra”: si dispensano più o meno autorevoli consigli invece di dischiudere complessità, allenare allo sguardo largo, alla coscienza che tutte e tutti siamo soggetti e oggetti di linguaggio. Questa brutale banalizzazione trova nelle possibilità offerte dal web un grande aperto: si può dire ciò che si vuole e realizzare quell’”estasi della comunicazione” di cui parlava Jean Baudrillard, ossia il piacere estremo dato dalla possibilità di soddisfare all’istante una propria spinta comunicativa. Parafrasando Leo de Berardinis, anche se lui si riferiva all’attore e non al critico, si potrebbe dire che spesso si confonde il diritto di esprimersi con il dovere di sapersi esprimere. L’utilitarismo governa, ahinoi, il rapporto tra critica, artisti e pubblico. A chi fruisce le opere, sovente interessa sapere, principalmente, se lo spettacolo vale o non vale il tempo e il prezzo del biglietto. Gli artisti spesso utilizzano la recensione, soprattutto se esplicitamente apprezzante, come una medaglia da appuntarsi. I critici, dal canto loro, a volte si compiacciono di questo minuscolo potere, da “re-censori”. Occorrerebbe, come dicono i buddisti, una grande rivoluzione umana: nel segno dell’incontro tra esperienze e saperi diversi».

CARTELLONE RAVENNA

Teatro Alighieri

via Mariani 2 - tel. 0544 249244

Teatro Rasi

via di Roma 39 - tel. 0544 36239

LA STAGIONE DEI TEATRI

Sior Todero Brontolon

di Carlo Goldoni

Inizio spettacoli ore 21 Spettacoli domenicali ore 15.30 IL PROLOGO

drammaturgia Piermario Vescovo con Franco Branciaroli e con Piergiorgio Fasolo, Stefania Felicioli, Alessandro Albertin, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Valentina Violo, Emanuele Fortunati, Davide Falbo, Federica Di Cesare regia Paolo Valerio produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro de gli Incamminati, Centro Teatrale Bresciano

Il mondo di Goldoni e il mondo delle marionette si congiungono nel microcosmo della scena, luogo reale e immaginario insieme, amplificando la poesia e la comicità di uno dei personaggi più buffi di quell’universo di maschere: l’indifendibile “brontolòn”. Questa rilettura di una commedia della maturità goldoniana è condotta con rigoroso rispetto filologico per il testo e per la straordinaria armoniosità di una lingua unica come quella veneta, che è già in sé poesia, ma anche con un’originale intuizione – del regista Paolo Valerio – che vede, appunto, le marionette in scena accanto agli attori, come alter ego dei personaggi. In scena dal 4 al 7 dicembre all’Alighieri

Enigma

di Hugh Whitemore con Peppino Mazzotta regia Giovanni Anfuso produzione Teatro Biondo Palermo, Teatro Vittorio Emanuele di Messina, Teatro Menotti Milano

Un interprete dal fascino magnetico e una storia che è stata rilanciata qualche anno fa dal cinema col film Imitation Game. Peppino Mazzotta (noto al grande pubblico per il suo ruolo televisivo al fianco del commissario Montalbano) ricostruisce la figura di Alan Turing, il grande scienziato che ha violato il codice di comunicazione dei sommergibilisti tedeschi in tempo di guerra; così come ha sfidato – qualche anno dopo la guerra – il codice del pudore della sua epoca. La drammaturgia dello spettacolo procede per flashback, intrecciando la passione di Turing per la matematica fin dai tempi della giovinezza e lo studio successivo per decriptare i messaggi codificati dell’esercito nazista. Un ingegno, tuttavia, che non gli fu sufficiente per salvarsi dai pregiudizi e dalle leggi omofobe in vigore al tempo in Gran Bretagna. In scena dal 15 al 18 gennaio all’Alighieri

Dal polacco Rakowski

“Bestiario idrico” di Paolini

La Stagione dei Teatri di Ravenna è anticipata da un prologo: due spettacoli delle Albe “Saturno, figlio di Anarchia” di Luigi Dadina (dal 30 settembre al 5 ottobre) e “Malpelo. La verità sta nelle tenebre” di Roberto Magnani (dal 30 ottobre al 1° novembre); due eventi che portano la firma del regista polacco Norbert Rakowski, “Authentik” (18 novembre) e “I’m Nowhere” (22 e 23 novembre); arriva dalla Norvegia “Durante and Bad Loves” di Andrea Spreafico e Matteo Fargion (l’apertura della stagione il 20 settembre); due lavori a tema ambientale con uno dei maestri della narrazione, Marco Paolini, che rispondono a una chiamata di riflessione collettiva: il primo “Atlante delle rive” (28 settembre) curato dalle Albe - in collaborazione con Trail Romagna - il secondo un “Bestiario idrico” (25 novembre) in cui Paolini (che intervistiamo a pagina 9) costruisce una drammaturgia di fiumi e animali che li popolano.

Rette parallele

Sono l’amore e la morte

di e con Oscar De Summa produzione Atto Due ETS, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

De Summa – col suo registro fortemente fisico e poetico –racconta come le sue scelte artistiche si siano inspiegabilmente legate al destino di Mariarosa, una conoscente della sua gioventù che visse un amore disapprovato dalla famiglia. Per comprendere come due persone apparentemente distanti possano rivelarsi nel tempo inscindibilmente legate, l’artista invoca la scienza dell’invisibile, tra teoria e sentimento.

In scena il 23 gennaio al Rasi

La cerimonia del massaggio

di Alan Bennett (traduzione Anna Marchesini) drammaturgia Tobia Rossi con Gianluca Ferrato regia Roberto Piana, Angelo Curci produzione Società per Attori

Dalle pagine dell’omonimo romanzo breve di Alan Bennett, un po’ black comedy e un po’ pamphlet satirico, nasce questo monologo torrenziale, tragicomico, irriverente. È la parabola di un sacerdote che fronteggia e infine accoglie il desiderio carnale.

In scena il 30 gennaio al Rasi

X di Xylella, Bibbia e Alberi sacri

drammaturgia Lucia Raffaella Mariani, Letizia Russo, Gabriele Vacis

con Chiara Dello Iacovo, Luna Maggio, Emanuela Pisicchio, Kyara Russo, Maria Tucci, Andjelka Vulic

regia Gabriele Vacis produzione Teatro Koreja

I secolari uliveti in Puglia martoriati dal batterio killer della xylella, diventano qui una metafora della condizione umana, posta di fronte a qualcosa che trascende, che non si può controllare, che siamo tenuti non solo a combattere ma anche ad accogliere. La compagnia pugliese Koreja e il regista torinese Gabriele Vacis cercano di penetrare la complessità di questa tragedia che sta mutando non solo il paesaggio, ma anche gli affetti.

In scena il 3 febbraio al Rasi

Antigone

di Jean Anouilh (traduzione Andrea Rodighiero) con Silvia Battaglio, Ilaria Drago, Manuela Kustermann, Roberto Latini, Francesca Mazza regia Roberto Latini produzione La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello, Teatro di Roma Teatro Nazionale

Il conflitto tra Antigone e Creonte, riscritto in chiave contemporanea, risuona come un soliloquio a più voci, dove i poli dello scontro si specchiano l’uno nell’altra. Allestito da un ensemble di attrici e attori virtuosi della vocalità – tra i quali lo stesso regista e drammaturgo, Latini – lo spettacolo si basa sulla trasposizione del francese Jean Anouilh, che ha fatto riemergere la voce di Antigone nello scenario della Seconda Guerra Mondiale, avvicinando la tragicità antica al sentire contemporaneo.

In scena il 7 e l’8 febbraio all’Alighieri

La nostra intervista a Francesca Mazza a pagina 32

Sabbia

scritto e diretto da Eleonora Danco con Eleonora Danco produzione La Fabbrica dell’Attore

Una performance solitaria e corale insieme, che attraversa i margini sfidando ogni convenzione. Il desiderio –inteso non come impulso sessuale ma come forza primigenia – ne è il nucleo pulsante. Con uno stile viscerale, l’attrice, danzatrice, autrice dà voce a un’umanità divisa: uomini, donne, adolescenti che, combattuti tra attrazione e rifiuto, tra vergogna e liberazione, attraversano la loro condizione. E, come disegni sulla sabbia, svaniscono ingoiati da loro stessi..

In scena il 13 febbraio al Rasi

LA RASSEGNA

Monologhi, racconti e sperimentazioni: un’altra stagione al Socjale

La stagione teatrale organizzata da Ravenna Teatro al Socjale di Piangipane ha preso avvio domenica 5 ottobre con un appuntamento organizzato con il Festival delle Culture con l’obiettivo di tenere accesa l’attenzione sulla situazione palestinese, con diverse voci che hanno letto le lettere di un artista di Gaza. Il calendario prosegue poi fino al 26 ottobre con Non siamo niente saremo tutto, di Alessandro Renda/Albe, Zona K, che vede in scena anche l’attore ravennate Matteo Gatta, un affondo esistenziale e sociologico sul mondo del lavoro. Il 4 novembre si terrà una serata d’onore dedicata a Nevio Spadoni, poeta cardine del Novecento profondamente radicato nella nostra terra, una serata di dialogo e ascolto a cura del giornalista letterario di Rai Radio3 Graziano Graziani. Seguirà il 13 novembre Veglia, della compagnia Menoventi, in cui il pubblico si immergerà in racconti caratterizzati da umorismo filosofico, spunti di riflessione sul mondo in cui viviamo, intrecciati a elementi ludici, con indovinelli, sfide, scommesse. Il mese si chiuderà con il primo appuntamento dedicato all’infanzia, Viaggio in aereo di Drammatico Vegetale I due spettacoli in calendario a dicembre saranno il 14 e il 15 L’Europa non cade dal cielo di Albe/Ravenna Teatro e il 17 e il 18 Quando le stelle caddero nel fiume (nella foto) della Compagnia del sole con i Teatri di Bari

Il 19 gennaio Catalyst presenta Pelle d’asino, mentre il mese di febbraio vede in scena l’1 un altro spettacolo per l’infanzia, ABCD’Emozioni di Compagnia Melarancio/Dispari Teatro, mentre martedì 17 Dodici stanze per Elsa Morante, di Michele Di Giacomo con Tamara Balducci, un ritratto intimo e potente di Elsa Morante attinto da diverse opere e diari.

Marzo vede altri due appuntamenti per famiglie Pensieri sottili di Teatro all’improvviso e Non è stata la mano di Dio di Teatro dei Cipis. L’ultimo mese, aprile, si apre con Studio Doiz/Accademia

Perduta/Romagna Teatri in scena il 14 con Ombrelloni (nella foto), un monologo dal tratto grottesco che mette sotto la lente d’ingrandimento la vita balneare, nella sua specifica accezione romagnola. Drammatico vegetale ripropone poi Che sì che no, spettacolo storico della compagnia.

Sarà poi la volta di Ultimi Fuochi Teatro, Albe/ Ravenna Teatro con Non una voce: gli spettatori salgono su un’auto e sono chiamati a pensarsi testimoni della sparizione del genere umano insieme a un guidatore che li accompagna in questo viaggio notturno (l’attore Roberto Magnani).

La stagione si chiude il 27 aprile con Breviario di situazioni in cui occorrerebbe avere qualche fondamento di Tao di Tristeza Ensemble, uno spettacolo che, tra le pieghe comiche, fa passare un dilemma esistenziale sull’identità, ispirandosi al filosofo taoista Zhuang-zi. Al Socjale è in programma anche la tradizionale stagione di concerti, di cui parliamo a pagina 96.

Condominio Mon Amour

di Daniela Cristofori, Giacomo Poretti, Marco Zoppello regia Marco Zoppello con Daniela Cristofori e Giacomo Poretti produzione Centro di Produzione Teatro de Gli Incamminati

Lo spettacolo si immerge con ironia nella confusione che vive oggi il mondo del lavoro, tra orari impossibili, nuove e paradossali occupazioni e, sempre più spesso, perdita di contatto con la realtà. Due personaggi grotteschi, il portinaio Angelo e la manager Caterina, affrontano questa giungla contemporanea scambiandosi di continuo i ruoli di vittima e carnefice nell’androne di un piccolo condominio. In scena dal 19 al 22 febbraio all’Alighieri

Arlecchino nel futuro

ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco con Serena Balivo, Eleonora Ruzza produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Una farsa ambientata nel futuro, dove lo scaltro Arlecchino cerca la complicità dell’Intelligenza Artificiale per salvarsi dall’umanità. Il linguaggio è quello della farsa, dello scherzo: un omaggio alla Commedia dell’Arte e alla sua maschera più popolare, qui alle prese con androidi e astronavi, ma anche con paure e speranze umanissime. Si proietta l’oggi in un ipotetico futuro per guardare il nostro presente attraverso una lente deformante che ne sveli i paradossi. In scena il 24 febbraio al Rasi

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Il mondo altrove

Una storia notturna

concept, coreografia e danza Nicola Galli produzione TIR Danza, stereopsis co-produzione MARCHE TEATRO / Inteatro Festival, Oriente Occidente

Deserto tattile

concept, regia e coreografia Nicola Galli danza Rafael Candela, Nicola Galli produzione TIR Danza, Nebula co-produzione Oriente Occidente

Doppio appuntamento con Nicola Galli. Il mondo altrove è una creazione coreografica in forma di rituale danzato che celebra il moto di un mondo inesplorato; un percorso ideale tra Occidente e Oriente, ispirandosi ai rituali indigeni dell’America del Sud, ai simboli del teatro No giapponese e alla ricerca musicale di Giacinto Scelsi. Deserto tattile è una riflessione sulle forme della solitudine e sul deserto inteso come spazio sconfinato e condizione esistenziale; è un’indagine sulla memoria del corpo, sull’esperienza aptica e sul profondo rapporto tra sguardo, gesto e tattilità quali elementi per entrare in contatto con il mondo e cogliere l’intangibile. In scena rispettivamente il 3 e il 4 marzo al Rasi

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Orari: da Lunedì a Venerdì 09:00 – 12:30 / 15:00 – 18:30

Sabato (tranne luglio e agosto) 09:00 – 12:00

La coscienza di Zeno

di Italo Svevo (adattamento Monica Codena e Paolo Valerio

con Alessandro Haber e con Alberto Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo regia Paolo Valerio produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production

Zeno Cosini è un personaggio contraddittorio, autoironico, insicuro: attraverso la sua voce, Svevo indaga la complessità della psiche umana, mettendo in discussione ogni certezza morale e razionale. A tratteggiarne le nevrosi – tra complessità e fragilità, senso d’inadeguatezza e successi, autoassoluzione e sensi di colpa – che lo porteranno sul lettino del Dottor S è un Haber quanto mai istintivo, corporeo, imperfetto e profondamente umano, capace di assumerne la complessità e l’ironia surreale. In scena dal 5 all’8 marzo all’Alighieri

Il Vangelo di Cassandra

Annunciazione di una genesi

di e con Gemma Hansson Carbone scritto da Dimitris Dimitriadis coreografie Gloria Dorliguzzo coproduzione Naprawski, Fondazione Fabbrica Europa

Nel testo del drammaturgo contemporaneo greco Dimitris Dimitriadis, la figura mitologica di Cassandra diventa voce e corpo di un presente radicalmente nuovo. La parola profetica, incompresa e incomprensibile, si trasforma in verbo divino, creatore, erotico. Questo ribaltamento è la chiave dello spettacolo, che un inedito ensemble di artisti allestisce in forma di esperienza immersiva dove la parola poetica e il movimento si fondono per esplorare temi universali, umani e politici, di trasformazione e desiderio.

In scena dal 10 al 12 marzo al Rasi

LA RASSEGNA

E Production e Menoventi presentano “Schiusa”: gli spettacoli

Schiusa è la nuova rassegna itinerante a cura di Menoventi e di E Production, che si sviluppa da ottobre a dicembre tra Ravenna e Faenza. Primo appuntamento il 25 ottobre alla Casa del Teatro di Faenza con la presentazione del reading di Menoventi La mia vita è un libro aperto - Letture dai racconti di Lucia Berlin che porta in prima piano frammenti di vita quotidiana al femminile (il reading sarà presentato anche il successivo 5 novembre, alle 21, in uno speciale appuntamento ad ingresso gratuito presso la Biblioteca Luigi Dal Pane di Castel Bolognese). “Schiusa” prosegue dal 27 al 29 novembre all’Almagià di Ravenna con lo spettacolo Finale di partita di Nerval Teatro che, dopo un lungo affondo su Samuel Beckett, chiude il ciclo con la messa in scena del testo integrale di una delle più importanti opere dell’autore irlandese. Il lavoro di Nerval Teatro porta in primo piano il tema della disabilità e dell’inclusione sociale attraverso l’arte: in scena accanto ai professionisti Maurizio Lupinelli e Barbara Caviglia, anche gli attori con disabilità Carlo De Leonardo e Matteo Salza.

La rassegna presenta poi, in collaborazione con Ravenna Teatro, l’apertura del nuovo spettacolo di Roberto Magnani MALPELO, La verità sta nelle tenebre - Terzo scavo (dal 30 ottobre al 1° novembre al teatro Rasi di Ravenna) che ci porta nelle trame della scrittura di Giovanni Verga. A novembre, il 4, 5 e 6, lo spazio delle Artificerie Almagià si farà scenario di Specie di spazi. I’m not human at all, originale formato che intreccia incontri, dj set e azioni performative di gruppo nanou con Carolina Amoretti: tre giorni in cui pensieri, suoni e corpi andranno a costruire un ambiente accogliente, fluido e collettivo, tra mistero e immaginazione, con ospiti d’eccezione e dj set di RYF, Alos e Bruno Dorella. Il 13 novembre al Teatro Socjale di Piangipane, in collaborazione con La Stagione dei Teatri di Ravenna Teatro, e il 3 dicembre alla Biblioteca Comunale Luigi Dal Pane di Castel Bolognese, andrà in scena Veglia di Menoventi (nella foto qui sotto), serata spettacolo che celebra i vent’anni di attività della compagnia faentina. Per ciascuna serata di spettacolo, tra giochi e sfide collettive che coinvolgeranno il pubblico, è previsto l’accompagnamento musicale dal vivo che sarà affidato, serata per serata, a un artista diverso: per il 13 novembre in programma l’incursione dell’artista toscano Muni, mentre per il 3 dicembre arriverà l’artista e cantautore turco Özgür Yalçin.

All’interno di Schiusa, il 15 e 16 novembre, viene ospitato il duo salentino Ultimi Fuochi Teatro che, in coproduzione con Teatro delle Albe / Ravenna Teatro, presenta Non una voce, speciale formato per 4 spettatori che si sviluppa lungo un viaggio a tappe in automobile. Assieme all’attore protagonista Roberto Magnani, gli spettatori saranno partecipi di un viaggio di immaginazione in uno scenario post-apocalittico (Giardino Melvin Jones, Faenza).

Chiude la rassegna l’appuntamento fisso di dicembre (il 27) a cura di Club Adriatico, iconica rassegna dedicata alla musica elettronica sperimentale all’Almagià.

Butchers / Butchers Capsule

concept Gloria Dorliguzzo

testi Lucia Amara disegni Giulia Pigliapoco cura fotografica Giorgiomaria Cornelio progetto grafico Lucamatteo Rossi produzione Congerie

Ispirto alla danza popolare greca Hasapikos - danza dei macellai - questo progetto coreografico ne indaga l’origine fantasmagorica. Nulla di cruento, bensì l’archeologo affiorare di un gesto che unisce necessità e sacralità.

ll giorno prima dello spettacolo andrà in scena al Ridotto “Butchers Capsule”: il pubblico viene accolto attorno a un tavolo e come in un’assemblea pubblica ascolta un discorso attorno al sacrificio e al taglio rituale della carne nell’antichità in relazione al taglio ritmico e alla metrica della poesia e alle implicazioni politiche della distribuzione della carne soprattutto nel pensiero democratico greco. A intervalli regolari piccoli gruppi vengono staccati dall’assemblea per essere accompagnati nell’altra stanza, dove un macellaio, senza coltello e senza carne, esegue le sequenze dei gesti del taglio della carne in un continuum di inizio svolgimento fine e re-inizio. L’andirivieni tra i due spazi crea un flusso, una migrazione ma bilaterale e aperta, fondata sulla reciprocità tra luogo del corpo e luogo della parola. In scena il 13 marzo al ridotto e il 14 marzo al Rasi

regia e drammaturgia Francesco Alberici con Francesco Alberici, Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi, Daniele Turconi coproduzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Ente Autonomo Teatro Stabile di Bolzano, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

Empatica tenerezza e ironia dissacrante in uno spettacolo che rappresenta le scelte e le rinunce, i sogni e le paure di una generazione alle prese con un mondo del lavoro drammaticamente spietato. Francesco Alberici (già protagonista della serie web Educazione cinica) ne è autore e protagonista con un gruppo di attori affiatati. Lo spettacolo – premiato come Miglior Nuovo Testo Italiano ai Premi Ubu 2024 – illustra le traversie di un giovane impiegato e la sua caduta agli inferi aziendali.

In scena il 18 marzo al Rasi

Puoi fare il volontario in Pubblica Assistenza Ravenna in diversi modi, puoi prestare servizio sulle ambulanze, oppure mettere a disposizione il tuo tempo per aiutare le persone in difficoltà. La nostra mission è lʼassistenza sociosanitaria per le persone più deboli e fragili che spesso vivono in solitudine, in base alle direttive dellʼAzienda Unità Sanitaria Locale.

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Via Antonio Meucci, 25 Ravenna RA

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RINGRAZIAMENTO SPECIALE ALLE AZIENDE CHE CI HANNO SUPPORTATO NEL 2025:

Never Young

Dov’è Lolit*?

di Biancofango

regia Francesca Macrì con Marco Gregorio Pulieri, Irma Ticozzelli, Andrea Trapani, Sara Younes, Cristian Zandonella produzione Elsinor Centro di produzione teatrale, Fattore K

In questa docu-performance - tra danza e drammaturgia aperta –si dà voce ai preadolescenti. Lo spettacolo attraversa lo sviluppo della comunicazione di massa nel nostro paese dagli Novanta a oggi. Ed è arricchito dalla presenza di un coro di cittadini over sessantacinque, creato attraverso l’esperienza del laboratorio. In scena il 21 marzo al Rasi

Matteotti. Anatomia di un fascismo

di Stefano Massini con Ottavia Piccolo regia Sandra Mangini produzione Argot Produzioni, Officine della Cultura

Un sodalizio d’arte quello di Ottavia Piccolo e Stefano Massini. In questo racconto popolare tratteggiano – con l’ausilio di musiche d’autore – la tragica parabola di quell’uomo che seppe comprendere l’estrema gravità dell’ascesa del fascismo.

In scena dal 26 al 29 marzo all’Alighieri

La nostra intervista a Ottavia Piccolo a pagina 15

Cenci Rinascimento contemporaneo

scrittura drammaturgica a cura di Giorgia Cerruti regia Giorgia Cerruti con Davide Giglio, Francesco Pennacchia, Francesca Ziggiotti, Giorgia Cerruti produzione Piccola Compagnia della Magnolia in coproduzione con Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale, CTB/Centro Teatrale Bresciano, Sardegna Teatro, Scarti/Centro di Produzione di Innovazione Teatrale, La Spezia

Beatrice Cenci – eroina nella Roma di fine Cinquecento –ha ispirato artisti radicali per la sua capacità di coraggio e determinazione, e per il groviglio struggente che la sua storia rappresenta. Quella breve vita vessata dagli abusi e le violenze di un padre tirannico e immorale diventa oggi il simbolo di una vulnerabilità alla prepotenza del patriarcato imperante. Ispirata al dramma di Shelley e all’interpretazione visionaria e feroce di Artaud, lo spettacolo esplora il mistero del male facendo del teatro un richiamo all’abisso. In scena il 31 marzo al Rasi

Come gli uccelli

da Tous des oiseaux (traduzione Monica Capuani) adattamento Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi con Federico Palumeri, Lucrezia Forni, Barbara Mazzi, Irene Ivaldi, Rebecca Rossetti, Aleksandar Cvjetkovic, Elio D’Alessandro, Said Esserairi, Raffaele Musella regia Marco Lorenzi spettacolo prodotto con il sostegno di A.M.A. Factory, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, TPE – Teatro Piemonte Europa

Potente e lacerante, il capolavoro drammaturgico del francolibanese Wajdi Mouawad – rappresentato per la prima volta in Italia a opera della compagnia torinese Il Mulino di Amleto (Premio della Critica ANCT 2021), – racconta della storia d’amore tra Eitan, giovane di origine israeliana, e Wahida, ragazza di origine araba, in una realtà di conflitti e dolore. Considerato un maestro della scena contemporanea internazionale (il testo Come gli uccelli è stato pubblicato in Italia da Einaudi), Mouawad è capace di meccanismi teatrali unici, ottenuti attraverso una delicata e sapiente scomposizione drammaturgica di vicende e cronologie, di intimità e storia pubblica, di identità e contraddizioni. Come gli uccelli è un labirinto di lotte fratricide che dà vita a un’indagine emotiva sulle origini. Ed è una riflessione toccante e profonda sull’amore, l’incontro e l’appartenenza culturale. Premiato come Miglior Nuovo Testo Straniero ai Premi Ubu 2024.

In scena l’8 e il 9 aprile all’Alighieri

Tre sorelle

di Anton Cechov

testo Liv Ferracchiati con Francesco Aricò, Valentina Bartolo, Giovanni Battaglia, Giordana Faggiano, Rosario Lisma, Antonio Mingarelli, Marco Quaglia, Livia Rossi, Irene Villa regia Liv Ferracchiati produzione Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale

Esponente di una nuova originale generazione di registi, Liv Ferracchiati esplora in chiave moderna il senso di immobilità e il desiderio di cambiamento consegnatoci da Cechov. La regia gioca con ironia e introspezione rivelando le fratture interiori dei personaggi e le loro aspirazioni irrisolte. E accentua l’attualità del testo mettendo in luce la precarietà emotiva e il vuoto delle relazioni umane attraverso una scenografia minimalista e una recitazione che si muove tra classicismo e modernità. Ne risulta un ritratto intenso e universale dell’incompiutezza della nostra esistenza e del senso di alienazione, che parla al pubblico di oggi in modo disarmante.. In scena dal 16 al 19 aprile all’Alighieri

IL FESTIVAL

Polis torna nel 2026 con un focus su Paesi baltici e Scandinavia

Nel 2026 a Ravenna giunge alla sua nona edizione uno dei pochi festival teatrali italiani che indagano tematiche fondamentali quali la difesa dei diritti civili, il cambiamento climatico, il ruolo dell’arte nella società. Polist Teatro Festival che porta ogni anno a teatro anche cittadini che per motivi economici o sociali non vi mettono piede e centinaia di giovani (nel 2025 oltre 500 under30). Dal 2022 aperto alla scena contemporanea, la formula coniuga l’alto livello delle proposte artistiche con la cura degli aspetti divulgativi ed è stata premiata da un continuo incremento del pubblico (pari al 350% se paragonato alla prima di edizione 2018) e dall’attenzione da parte della stampa nazionale e internazionale, ma anche dalle istituzioni pubbliche e private, che in pochi anni hanno aumentato notevolmente i contributi a favore del festival, assegnandogli il più alto punteggio di qualità artistica in tutta Italia nella categoria Festival di teatro del Ministero della Cultura nel triennio 2022-2024. Polis 2026 mette al centro un focus internazionale sul teatro contemporaneo dell’Europa settentrionale, ovvero i Paesi baltici e la Scandinavia (Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania), che si svilupperà dal 5 al 10 maggio nei principali luoghi culturali di Ravenna. Tanti eventi, tra cui nomi della scena teatrale internazionale, prime nazionali, produzioni dei maggiori teatri e festival europei, momenti di confronto tra artisti, studiosi e operatori internazionali, che richiameranno l’attenzione di critici e spettatori da tutta Europa. Un programma che accompagna gli spettacoli con momenti di incontro, attività formative e progetti partecipativi, in un’ottica di inclusione e cittadinanza attiva che è anima del festival sin dalla prima edizione (Biglietti sospesi, Biglietti Under30, Laboratori Universitari).

I 7 Cervi

scritto e diretto Eugenio Sideri con Leonardo Bianconi, Enrico Caravita, Matteo Ciccioli, Elisa Lolli produzione Istituto Alcide Cervi

Il teatro come strumento di racconto, commemorazione e riflessione sulla vicenda tragica della fucilazione di sette fratelli, assurta a emblema corale della Resistenza antifascista. Una storia che va raccontata dalla fine, dallo sparo unisono che il 28 dicembre 1943 falciò al Poligono di Tiro di Reggio Emilia le vite di Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore Cervi insieme con l’amico Quarto Camurri. Il dramma, inoltre, proseguì anche dopo la loro morte, poiché i carnefici impedirono ogni manifestazione di cordoglio costringendo a una frettolosa e inconclusa tumulazione.

In scena il 28 aprile all’Alighieri

OPERA LIRICA

Trilogia d’autunno

Orlando

musica di Georg Friedrich Händel (1685-1759)

dramma musicale in tre atti

libretto di Carlo Sigismondo Capece da Ludovico Ariosto

Ottavio Dantone direttore

Pier Luigi Pizzi regia, scene, costumi

Alcina

musica di Georg Friedrich Händel (1685-1759)

dramma musicale in tre atti

libretto anonimo derivato da L’isola d’Alcina di Antonio Fanzaglia

Ottavio Dantone direttore

Pier Luigi Pizzi regia, scene, costumi

Messiah

musica di Georg Friedrich Händel (1685-1759) oratorio in tre parti per soli, coro e orchestra su testo di Charles Jennens

Ottavio Dantone direttore

Accademia Bizantina

Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini maestro del coro Lorenzo Donati

Dopo aver affrontato Monteverdi e Purcell, la Trilogia d’autunno del Ravenna Festival nel 2025 è interamente dedicata a Händel, uno degli indiscussi padri della nostra musica.

Pier Luigi Pizzi e Ottavio Dantone alla guida di Accademia Bizantina tornano a lavorare insieme per due nuove produzioni di Orlando e Alcina. La Trilogia si completa con il Messiah In scena dal 12 al 16 novembre al teatro Alighieri

Macbeth

melodramma in quattro atti

libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei dalla omonima tragedia di William Shakespeare musica di Giuseppe Verdi con Franco Vassallo, Roberto Scandiuzzi, Marily Santoro, Barbara Massaro, Matteo Falcier, Francesco Pittari, Alin Anca, Agostino Subacchi direttore Giuseppe Finzi Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Coro Lirico di Modena maestro del coro Giovanni Farina regia Fabio Ceresa nuovo allestimento del Teatro Verdi di Pisa in coproduzione con Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Galli di Rimini, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, Teatro Goldoni di Livorno, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Comunale di Ferrara

Primo dei titoli con cui Verdi si misurò con l’ammiratissimo “papà” Shakespeare (su libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei), inaugurando un dialogo che avrebbe segnato profondamente la sua carriera, Macbeth è sicuramente dominato dalla figura magnetica e implacabile della Lady, che molto contribuisce alle tinte cupe e visionarie dell’opera. In scena il 30 gennaio e l’1 febbraio all’Alighieri

L’italiana in Algeri

dramma giocoso in due atti su libretto di Angelo Anelli musica di Gioachino Rossini con Giorgio Caoduro, Gloria Tronel, Barbara Skora, Giuseppe De Luca, Ruzil Gatin, Laura Verrecchia, Vincenzo Taormina. direttore Alessandro Cadario regia Fabio Cherstich Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini Coro Claudio Merulo di Reggio Emilia maestro del coro Martino Faggiani nuovo allestimento coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatri di Piacenza, Teatro Comunale le Pavarotti-Freni di Modena, Teatro Alighieri di Ravenna, Fondazione Haydn di Trento e Bolzano, Teatri di Operalombardia.

Con L’italiana in Algeri un giovanissimo Rossini, su libretto di Angelo Anelli, già sperimentava quella “follia organizzata” che nelle sue partiture unisce ritmi vorticosi, brillantezza vocale e invenzione teatrale. Anche al centro di questo dramma giocoso c’è una donna capace di capovolgere ogni gerarchia e tener testa agli uomini, in una celebrazione moderna e leggera dell’ingegno femminile. A vestire i panni di Isabella è Laura Verrecchia, mentre Mustafà ed Elvira sono interpretati da Giorgio Caoduro e Gloria Tronel. Barbara Skora, Giuseppe De Luca e Ruzil Gatin sono rispettivamente Zulma, Haly e Lindoro; Vincenzo Taormina è Taddeo. Accanto all’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, diretta in quest’occasione da Alessandro Cadario, il Coro Claudio Merulo di Reggio Emilia è guidato da Martino Faggiani. Se Fabio Cherstich è alla regia, scene, costumi e luci sono firmati rispettivamente da Nicolas Bovey, Arthur Arbesser e Alessandro Pasqualini. In scena il 13 e il 15 marzo all’Alighieri

Carmen

opéra-comique in quattro atti libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy dalla novella di Prosper Mérimée musica di Georges Bizet con Maria Kataeva, Joseph Dahdah, Gianluca Failla, Matteo Torcaso, Tiziano Rosati, Jaquelina Livieri, Elena Antonini, Donatella De Luca, William Allione, Matteo Urbani

direttrice Audrey Saint-Gil regia Stefano Vizioli

Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini

Coro Lirico di Modena

maestro del coro Giovanni Farina

Coro Voci Bianche del Teatro Comunale di Modena maestro del coro di voci bianche Paolo Gattolin

nuovo allestimento dei Teatri di OperaLombardia, Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Alighieri di Ravenna

Altro nuovo allestimento, il titolo di Bizet scandalizzò al suo debutto nel 1875 all’Opéra-Comique per quella sua protagonista indomita e libera che rivendica il diritto di vivere secondo le proprie regole.

In scena il 24 e il 26 aprile all’Alighieri

DANZA

Lo schiaccianoci

Balletto dell’Opera di Tbilisi tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti libretto di Marius Petipa musica di Pëtr Il’ich Chajkovskij coreografia di Nina Ananiashvili e Alexey Fadeechev

Un grande classico del Natale e non solo, una storia intramontabile dal fascino perenne nell’interpretazione del Balletto dell’Opera di Tbilisi, fra i più antichi teatri d’opera dell’Europa dell’Est.

In scena dal 9 all’11 dicembre all’Alighieri

Impromptus

Arie, danze e improvvisazioni

Centro Coreografico Nazionale / Aterballetto

Simone Zanchini fisarmonica danzatori da definire

Un progetto dove danza e musica si incontrano, si intrecciano e si trasformano in performance inedite. La volontà è quella di creare uno spazio creativo in cui coreografi e musicisti lavorino fianco a fianco, dando forma a opere che nascono dall’improvvisazione e dalla reciproca ispirazione. L’obiettivo è esplorare nuovi modi di interazione tra movimento e suono, favorendo una relazione fluida e spontanea tra le due discipline. Danzatori e musicisti attraverso la sperimentazione artistica si spingono oltre i confini tradizionali della composizione, creando brevi performance che esprimano l’intensità di questo incontro.

Fuori abbonamento, in scena all’Almagià il 6 febbraio

Un autre jour / Kiss & Fly / We Will Never Give Up on Love

Area Jeune Ballet – Genève coreografie di Ken Ossola, Gil Carlos Harush e Erion Kruja musiche di Polle van Genechten, Chemi Ben David, Chase & Status, Erion Kruja

Un trittico di una compagnia che riunisce venti giovani danzatori di diversi contesti e origini, dalla Svizzera all’Italia, dalla Francia al Portogallo, fino a Brasile, Australia, Messico, e si propone come ponte tra l’apprendimento accademico e la professione della danza, attraverso esperienze di palcoscenico e una consolidata rete di coreografi. In scena il 28 febbraio e l’1 marzo all’Alighieri

Mortal Heroes

ZfinMalta - National Dance Company coreografia Sita Ostheimer light design Barnaby Booth musiche Adrien Casalis / VIMALA costumi Holly Knowles assistente Elena Martello

In questo spettacolo, Sita Ostheimer crea un’atmosfera al tempo stesso intima e sconfinata. Ne emerge uno spazio carico e pulsante, teso ma vivo in cui lo spettacolo si dispiega come uno scontro emotivo: delicato ma esplosivo, aggressivo ma tenero. Nel processo creativo di Ostheimer, la trasformazione è perpetua. Gli inizi e le conclusioni si confondono, dando spazio a un ciclo incessante di metamorfosi. Così la coreografia è un luogo sempre rinnovato, dove l’eroico non risiede nella perfezione, ma nella vulnerabilità, nel coraggio e nella volontà di continuare. In scena il 21 e il 22 marzo all’Alighieri

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COMICO ALL’ALIGHIERI

L’altezza delle lasagne

Vito

di Francesco Freyrie e Andrea Zalone regia di Daniele Sala - produzione Cronopios Sr

Il fil rouge dello spettacolo è il mondo

della cucina con tutte le sue mistificazioni, ossessioni e derive. Vito, attore comico da sempre appassionato gourmand e conduttore di seguitissime trasmissioni di cucina, affronta con ironia e un pizzico di cattiveria un tema che gli è particolarmente caro: il cibo. Con la comicità che lo contraddistingue l’attore prende di mira tutte le manie e gli eccessi che oggi connotano l’argomento. In scena il 13 gennaio

Cruda e nuda

Alice Mangione

di Alice Mangione e Manuela Mazzocchi produzione Savà Produzioni Creative

Alice Mangione presenta il suo primo spettacolo da solista. Pensate come sarebbe la vostra giornata se poteste dire tutto quello che pensate. Per farlo, Alice sceglie un metodo “empirico, razionale e affidabilissimo”: i tarocchi, confidando nel fatto che Simon and the Stars, Branko e Paolo Fox vivono in case grandi come il Molise e usano Saturno come fermaporta. Alice Mangione, un tarocco alla volta, riflette su tutto ciò che ci rende quello che siamo.

In scena il 16 febbraio

Anche a Faenza il 15 febbraio

Gente di facili costumi

Flavio Insinna e Giulia Fiume

di Nino Marino e Nino Manfredi regia di Luca Manfredi produzione La Pirandelliana

Protagonisti della pièce sono Anna, nome d’arte sul lavoro “Principessa”, una prostituta che sogna di diventare “giostraia”, che rincasa tardi la notte, disordinata e rumorosa che, ovviamente, disturba l’inquilino del piano di sotto, che soffre d’insonnia. E Ugo, un intellettuale che vivacchia scrivendo per la tv e per il cinema, l’inquilino del piano di sotto, che sogna di fare un film d’arte e avrebbe bisogno di un po’ di tranquillità per concentrarsi. Ma che ovviamente non riesce a dormire né a lavorare a causa di Anna. La vicenda prende il via la notte in cui Ugo sale al piano di sopra per lamentarsi con la coinquilina rumorosa e lei, per la confusione, lascia aperto il rubinetto dell’acqua della vasca allagando irrimediabilmente l’appartamento di lui. Ugo sarà costretto quindi, anche a causa di uno sfratto, a trovare rifugio dalla “Principessa”.

In scena il 3 marzo

Anche il 20 e 21 febbraio a Bagnacavallo

Figli di Troia

Paolo Cevoli

di Paolo Cevoli

produzione Charlotte Spettacoli

Paolo Cevoli incontra Enea, l’eroe troiano progenitore dei Romani e descritto da Omero nell’Iliade come il più valoroso, dopo Ettore, fra i Troiani che parteciparono alla guerra. I suoi viaggi in cerca di una nuova patria dopo la caduta di Troia costituiranno il tema dell’Eneide di Virgilio, dove si narra di Enea che fugge in mezzo alle fiamme con il vecchio padre Anchise sulle spalle e con il figlioletto Ascanio per la mano. Tre generazioni vicine e unite dalla necessità di sopravvivere alla guerra, tema molto attuale e spunto di riflessione, con la consueta “leggerezza” che contraddistingue i lavori teatrali di Paolo Cevoli.

In scena il 14 aprile Anche a Faenza il 13 novembre e a Cervia il 5 marzo

RAGAZZI AL SOCJALE E AL RASI

Gaza Ora. Ritratti da Hossam

Az Theatre London, Tedaca

Apertura di stagione con le lettere di un artista palestinese che racconta i risvolti più intimi del conflitto. Dai 14 anni

In scena il 5 ottobre al Socjale

Viaggio in aereo

Drammatico Vegetale

La navicella del Piccolo Principe accoglie gli spettatori per una esplorazione narrativa nei suoi mondi spiazzanti. Spettacolo di culto, adatto a bambini da 5 a 11 anni, pluripremiato. In scena il 23 novembre al Socjale e l’8 marzo al Rasi

L’Europa non cade dal cielo

Cronistoria sentimentale di un sogno

Albe/Ravenna Teatro

La storia dell’Unione Europea viene ripercorsa con lo sguardo vivo della giovinezza.

In scena il 14 e 15 dicembre al Socjale

Pierino e il lupo

Gek Tessaro

Le forme del teatro disegnato di Tessaro, e le sue rime, fanno da contrappunto alla partitura musicale di questo classico che narra la consonanza dell’infanzia con il mondo della natura.

In scena il 16 dicembre al Rasi

Quando le stelle

caddero nel fiume

Compagnia del Sole, Teatri di Bari

Lo spettacolo affronta un capitolo dimenticato della storia: il massacro di Debre Libanòs avvenuto per mano italiana in Etiopia nel 1937. Una riflessione sul valore della libertà.

In scena il 17 dicembre al Socjale

Pelle d’asino

Catalyst

Una fiaba di trasformazione che si presta a mettere in luce il tema dell’emancipazione femminile. In scena il 18 gennaio al Socjale

Zoo di Pinocchio

Drammatico Vegetale

A raccontare Pinocchio sono questa volta gli animali che popolano le pagine del libro.

In scena il 17 febbraio al Rasi

QDP quando diventerò piccolo

Sergio Beercok

Musica e poesia, corpo e voce, compongono una vivace performance tra teatro e musica elettronica dedicata al divario tra infanzia e maturità.

In scena il 17 marzo al Rasi

Pensieri sottili

Teatro All’improvviso

Immagini, fondali colorati, musica e pupazzi catturano i pensieri sparsi nell’aria e li trasformano in storie surreali. Ad opera di uno dei pionieri del teatro per l’infanzia.

In scena il 22 marzo al Socjale

Flowers

Drammatico Vegetale, Teatro all’Improvviso

Il potere evocativo dei fiori fa sbocciare un componimento scenico capace di coinvolgere tutti i sensi.

In scena il 28 e il 29 marzo al Rasi

Il Paese dove non si muore mai

Albe, Teatro Caverna, Ker Theatre Mandiaye N’diaye

Ispirato a Calvino e nutrito dal travolgente connubio artistico afro-italiano delle Albe, lo spettacolo interroga il mistero della morte e del tempo, ritmandosi tra mito e poesia, tra ilarità e malinconia

In scena l’11 e il 12 aprile al Rasi

La nostra intervista a pagina 38

Il piccolo spazzacamino di Benjamin Britten

Teatro Alighieri Ravenna, Teatro Amintore Galli Rimini

Opera lirica con videoproiezioni per avvicinare i giovani al teatro musicale, in collaborazione con la stagione d’opera di Ravenna.

In scena il 7 maggio all’Alighieri

Cinque spettacoli per “piccolissimi”

La stagione per famiglie di Ravenna Teatro vede anche diversi spettacoli per “piccolissimi”. Gli appuntamento sono: domenica 1 febbraio al Socjale con ABCD’Emozioni di Compagnia Melarancio e Dispari Teatro, spettacolo di teatro corporeo con musica dal vivo (dai 3 anni); domenica 15 marzo al Rasi con Sum di Bachimo Teatro Zamora, con videoproiezioni e ombre (dai 3 anni); domenica 19 aprile al Socjale con Che sì che no di Drammatico Vegetale, che il 26 aprile propone al Rasi anche Brum (entrambi dai 2 anni); infine, il 17 e 18 maggio la stagione si chiude con Play Jam di ABC Teatro, performance interattiva di danza con musica dal vivo, per bambini a partire dai 18 mesi.

RAGAZZI ALL’ALMAGIÀ

Ciurma! Pendagli da forca

Fontemaggiore/Compagnia Sea Dogs Plus

Lo spettacolo ha ricevuto la Menzione speciale al Premio Scenario infanzia 2024. È la storia di due amici che da adulti riscoprono la gioia di giocare e che riscoprono la vera liberta e la ribellione contro le convenzioni sociali. In scena il 19 ottobre

Pinocchio in giallo

(Banchetto con delitto)

Teatro del Drago/Famiglia d’Arte Monticelli

Prima nazionale dello spettacolo che gioca sul tema del giallo, in occasione della tradizionale festa di Halloween all’Almagià. In scena il 31 ottobre

C’era due volte un piede

Teatro dei Piedi

Cavallo di battaglia della marionettista Veronica Gonzalez: un varieta di teatro gestuale, pieno di musica e colori, sull’importanza della pace nel mondo, la cura del pianeta, il rispetto verso gli altri e il valore dell’amicizia e dell’amore. In scena il 30 novembre

Fagiolino Asino d’oro

Teatro del Drago/Famiglia d’Arte Monticelli

Grande classico del Drago che combina il teatro dei burattini, l’antica arte dei cantastorie e la giocoleria. In scena il 14 dicembre

Il grande incantesimo

Teatro del Drago/Famiglia d’Arte Monticelli

Un tuffo nella grande tradizione del teatro dei burattini nell’ultima produzione dei Monticelli. Nel corso della giornata si terrà anche l’attesa Festa della Befana.

In scena il 6 gennaio

Mettici il cuore

Nina Theatre

Uno spettacolo di teatro di figura senza parole, in stile cabaret ,dove oggetti comuni e pupazzi si trasformano, grazie alle abili mani di Pamela Mastrorosa, in personaggi ricchi di ironia, tenerezza e fantasia.

In scena l’11 gennaio

Cose da strega

Mariasole Brusa/Teatro del Drago

Narrazione-spettacolo che prende vita dal libro “Turchina, la strega”, vincitore del concorso letterario internazionale “Narrare la parità”, che affronta in modo divertente e poetico il tema della costruzione dell’identità personale e del superamento degli stereotipi di genre.

In scena il 25 gennaio alla Casa delle Marionette

Buon compleanno Giulio Coniglio!

Granteatrino Casa di Pulcinella

In occasione dei 25 anni del personaggio creato da Nicoletta Costa, la compagnia pugliese porterà in scena il timido e buffo coniglio e le sue semplici e indimenticabili avventure.

In scena il 1° febbraio

1, 2, 3... Cantate con me!

Teatro Verde

Per vivere insieme al pubblico la festa di Carnevale all’Almagià, la compagnia romana Teatro Verde propone uno spettacolo musicale adatto a piccoli e piccolissimi con protagonista Diego e il suo ukulele.

In scena il 14 febbraio

Un centro artistico interdisciplinare in cui professionisti del settore accompagnano gli allievi in un viaggio alla scoperta della loro crescita artistica ed umana.

La strabomba

Mariasole Brusa/Teatro del Drago

Una narrazione interattiva ispirata al testo “Storie di Pace” di Mario Lodi. Con ironia e delicatezza, tramite lo strumento della risata, viene affrontato insieme ai bambini il difficile tema della guerra.

In scena il 22 febbraio alla Casa delle Marionette

Varietà Prestige

Teatro in Trambusto

Un omaggio all’avanspettacolo e al mondo del cabaret degli anni ‘30, con protagonista un elegante clown in gonnella.

In scena il 1° marzo

La tartaruga furba

Sofia Orlando

La giovane artista Sofia Orlano crea una grande foresta dove ogni animale ha il suo modo di cavarsela.

In scena l’8 marzo alla Casa delle Marionette

MASTERCLASS 2025/2026

NOVEMBRE 2025 - 22/23 AUGUSTO FORNARI GIOCO COMICO

DICEMBRE 2025 - 20/21 MASSIMO GUERINI CANTO

GENNAIO 2025 - 23/24 SABRINA MARCIANO TIP TAP

FEBBRAIO 2026 - 14/15 LAVINIA SCOTT HEELS DANCE (14 +)

COMMERCIALE (UNDER 14)

21/22 ANDREA NEYROZ PRE ACROBATICA FLEXIBILITY

APRILE 2026 - 18/19 SABRINA MARCIANO TIP TAP

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CARTELLONE FAENZA

PROSA

La strana coppia

Teatro Masini

piazza Nenni 3 tel. 0546 21306

Inizio spettacoli ore 21

di Neil Simon traduzione, adattamento e regia Gianluca Guidi con Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia produzione Francesco e Virginia Bellomo – Virginy –Fondazione Teatro “Luigi Pirandello”

Un grande classico della comicità che narra la difficile e complicata convivenza tra due uomini dalle personalità diametralmente opposte, entrambi con un divorzio alle spalle, impegnati in una partita di poker. !In scena dal 18 al 20 novembre

Gi innamorati

di Carlo Goldoni adattamento e regia Roberto Valerio con Claudio Casadio, Loredana Giordano e al. produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri

Due innamorati ci mostrano come un amore e senza inganni si possa trasformare in folle gelosia, con una magnifica galleria di personaggi intorno ai due giovani amanti che consigliano, rimproverano, ingarbugliano ancor di più la vicenda che si snoda su una scenografia contemporanea (vedi p. 28).

In scena dal 5 al 7 dicembre

Anche a Bagnacavallo il 27 e 28 gennaio

A pagina 28 la nostra intervista a Casadio

Brokeback Mountain

di Ashley Robinson dal racconto di Annie Proulx regia di Giancarlo Nicoletti con Edoardo Purgatori, Filippo Contri, Malika Ayane produzione Teatro Carcano, Altra Scena Accademia Perduta/Romagna Teatri, GF Entertainment

Per la prima volta in Italia, lo spettacolo basato sul racconto di Annie Proulx e adattato da Ashley Robinson, a vent’anni dal pluripremiato film omonimo, si trasforma in una a produzione “play with music” in cui i brani originali di Dan Gillespie Sells, interpretati da Malika Ayane e una live band, si intrecciano alla storia d’amore tra Ennis e Jack, negli sconfinati spazi del Wyoming del 1963. In scena dal 7 al 9 gennaio Anche a Bagnacavallo il 18 e 19 ottobre

I ragazzi irresistibili

di Neil Simon regia di Massimo Popolizio con Umberto Orsini e Franco Branciaroli produzione Teatro de Gli Incamminati – Compagnia Umberto Orsini – Teatro Biondo di Palermo

I protagonisti della commedia sono due anziani attori di varietà che hanno lavorato in un duo diventato famoso come “I ragazzi irresistibili” e che, dopo essersi separati per insanabili incomprensioni, sono chiamati a riunirsi, undici anni dopo, in occasione di una trasmissione televisiva che li vuole insieme.

In scena dal 19 al 21 gennaio

Moby Dick

da Herman Melville adattamento di Micaela Miano, regia di Guglielmo Ferro con Moni Ovadia produzione Centro Teatrale Bresciano – Teatro Quirino –Compagnia Molière

La narrazione teatrale inizia sulla baleniera Pequod. Qui, in un susseguirsi frenetico di tempeste, battute di caccia, avvistamenti, bonacce, canti, riti pagani e preghiere, si consumerà la tragedia di tutti i personaggi….

In scena dall’11 al 13 febbraio

La tempesta

di William Shakespeare regia Alfredo Arias con Graziano Piazza produzione Stabile di Catania, Marche Teatro, Tieffe Teatro, TPE

Sull’isola-palcoscenico il regista argentino realizza un allestimento con un mondo costruito con un linguaggio universalmente riconoscibile.

In scena dal 7 al 9 marzo Anche a Bagncavallo il 4 e 5 marzo

Indovina chi viene a cena

di William Arthur Rose, adattamento di Mario Scaletta Regia di Guglielmo Ferro con Cesare Bocci e Vittoria Belvedere produzione ACAST Produzioni e Quirino Srl

Ferro riporta in scena la commedia incentrata sul tema di un matrimonio misto che fece scalpore nell’America degi anni ’60.

In scena dal 31 marzo al 2 aprile

PERCORSI

Oltre

Come 16+29 persone hanno attraversato il disastro delle Ande

dramaturgia di Linda Dalisi ideazione e regia di Fabiana Iacozzilli produzione Teatro Stabile dell’Umbria

Iaccozzilli e Dalisi, dopo un lungo lavoro di ricerca sul campo, portano in scena i grandi interrogativi sollevati da un fatto di cronaca che sconvolse il mondo. Il 13 ottobre 1972 il volo 571 dell’aeronautica militare uruguaiana si schiantò sulle Ande con 45 persone a bordo. Sopravvissero in 29 e dopo settantadue giorni solo 16 di loro furono salvati dai soccorsi. Il 22 dicembre il mondo venne a sapere che i passeggeri erano sopravvissuti cibandosi dei corpi dei loro amici.

In scena l’8 dicembre

Anche a Bagnacavallo il 5 e 6 dicembre

Il medico dei maiali

testo e regia di Davide Sacco con L. Bizzarri, F. Montanari, D. Sebasti, M. Marino produzione Ente Teatro Cronaca, LVF – Teatro Manini di Narni

La morte improvvisa del re d’Inghilterra mostra la debolezza della monarchia quando la corona finisce nelle mani del principe ereditario, un ragazzo sciocco e sprovveduto e un medico veterinario è pronto a cogliere un’occasione che forse, poi, non si rivelerà tale. Il testo, vincitore del Premio Nuove

Sensibilità 2022, è il terzo capitolo della trilogia “La ballata degli uomini bestia”.

In scena il 6 febbraio A pagina 18 la nostra intervista a Luca Bizzarri

La guerra com’è

regia di Elio Germano con Elio Germano e Teho Teardo produzione Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito e Argot

Un duetto di musica e parole. Accompagnato dalla musica di Teho Teardo, Germano darà corpo e voce al libro Una persona alla volta, racconto dell’impegno contro la guerra e delle esperienze del medico Gino Strada, fondatore di Emergency. In scena il 16 febbraio

Autoritratto

di e con Davide Enia

produzione CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli

Venezia Giulia, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Accademia Perduta Romagna Teatri, Spoleto Festival dei Due Mondi

Enia racconta il rapporto tra Palermo e la mafia facendo ricorso al vocabolario teatrale fatto di corpo, canto, dialetto, pupo, recitazione, cunto in una sorta di una orazione civile. In scena il 10 marzo

N.E.R.D.S. - Sintomi

testo e regia di Bruno Fornasari con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Riccardo Buffonini, Umberto Terruso produzione Teatro dei Filodrammatici Milano

N.E.R.D. (Non Erosive Reflux Desease) in medicina è l’acronimo che indica il reflusso non erosivo, e lo spettacolo racconta dei rapporti familiari, con il contributo di Charles Darwin... In scena il 27 marzo

Anche a Bagnacavallo il 28 marzo

FUORI ABBONAMENTO

Le emozioni che abbiamo vissuto

Gli anni sessanta. Quando tutto sembrava possibile

scritto e diretto da Walter Veltroni e con Gabriele Rossi (pianoforte) produzione CTB Centro Teatrale Bresciano

Walter Veltroni, già sindaco di Roma, fondatore e segretario del Pd, Ministro per i beni culturali ha voluto dar vita a questo progetto per, nelle sue parole: «restituire ciò che la vita gli ha donato, salendo sul palco per raccontarsi e raccontare gli ultimi decenni del secolo scorso».

In scena il 30 gennaio

La vedova allegra

operetta di Franz Lehàr direzione musicale Alberto Orlandi con Il Balletto di Parma adattamento e regia Corrado Abbati produzione InScena

Costruita su una fertilissima inventiva musicale, con brani iconici come la marcia “Donne, donne eterni dei” questa operetta, ormai diventata un classico, poggia sulla simpatia di un testo intriso di tematiche che ancora oggi sono tanto care al pubblico: potere, denaro, gelosie, amore.

In scena il 22 marzo

COMICO

Figli di Troia

di e con Paolo Cevoli produzione Charlotte Spettacoli

Paolo Cevoli, in questo suo nuovo monologo, racconta in chiave ironica e contemporanea il mitico viaggio di Enea, paragonandolo ad altri viaggi che hanno segnato la storia dell’umanità, da Cristoforo Colombo a Cappuccetto Rosso, dal principe vichingo Ragnar a suo babbo Luciano emigrato in Australia negli anni ’50..

In scena il 13 novembre

Anche a Cervia il 5 marzo e a Ravenna il 14 aprile

Arrivano i dunque

di e con Alessandro Bergonzoni regia di Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi produzione Teatro Carcano

Dopo il lunghissimo tour di Trascendi e Sali, Bergonzoni torna in teatro con il suo nuovo spettacolo Arrivano i Dunque (Avannotti, sole Blu e la storia della giovane Saracinesca) In scena il 16 dicembre La nostra intervista a pagina 22

Algoritmo. Lui e l’AI

di Raffaello Tullo e Andrea Delfino

regia Marco Rampoldi produzione Raffaello Tullo Smilemaker Production e Accademia Perduta/Romagna Teatria

In un futuro non troppo lontano, un uomo solo e smarrito si vede recapitare a casa un pacco inatteso lo scatolone che contiene Martie: un futuristico robot umanoide, dalle sembianze incredibilmente umane, in grado di acquisire, con sorprendente rapidità, qualunque tipo di informazione e che, attraverso un sofisticatissimo algoritmo, regola il suo comportamento in base agli stimoli ricevuti..

In scena il 15 gennaio

Anche a Bagnacavallo il 16 gennaio

Cruda e nuda

di Alice Mangione e Manuela Mazzocchi produzione Savà Produzioni Creative

Alice Mangione presenta il suo primo spettacolo da solista, in cui si dice «la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità». Pensate come sarebbe la vostra giornata se poteste dire tutto quello che pensate agli altri ma anche a voi stesse. Per farlo, Alice sceglie un metodo empirico, razionale e affidabilissimo: i tarocchi, confidando nel fatto che Simon and the Stars, Branko e Paolo Fox vivono in case grandi come il Molise e usano Saturno come fermaporta..

In scena il 15 febbraio

Anche il 16 febbraio a Ravenna

Casa del Teatro

Un teatro di pace, con (tra gli altri) Shakespeare, Eschilo e Pulcinella

Il Teatro Due Mondi propone, alla Casa del Teatro di via Oberdan a Faenza, una nuova stagione dal titolo “Un Teatro di Pace” a sottolineare il valore civile della proposta della storica compagnia manfreda. Accanto a laboratori interculturali e partecipati come Senza Confini, alle nuove produzioni, ai progetti con le scuole, agli incontri pubblici, sono previsti una serie di spettacoli sia per grandi che per famiglie. Si comincia il 6 novembre con il prologo di e con Nino Racco cantastorie Una storia palestinese, che racconta di Maor ebreo e Nahdel palestinese, che vivono la prima separazione nel 1948, quando viene fondato lo Stato di Israele e si rincontreranno a Gerusalemme 60 anni dopo per raccontarsi quella vita che avrebbero voluto vivere. Il 7 novembre sarà la volta di Silvio Castiglioni & Il coro dei ragazzi per i I persiani, la tragedia più antica del mondo in un rarefatto teatro di oggetti, che sembra uscito dalle tele di De Chirico. Il 28 novembre il Teatro Patalò porta poi in scena Anna Ghiaccio (vedi foto), un tormentato racconto su un rapporto madre-figlia, mentre il 19 dicembre il Teatro dell’Albero con Mettimi come sigillo del tuo cuore dà spazio al “Cantico dei Cantici” poco più di un frammento, all’interno delle Sacre Scritture, che ha però meritato il titolo di Shir hasshirîm, un superlativo ebraico per indicare il canto sublime dell’amore. Il 9 gennaio Isola di Confine è in scena con Pulcinellesco, un monologo scritto per la maschera, per le maschere che Valerio Apice indossa in scena. Quattro diversi personaggi raccontano l’eterna storia di Pulcinella: servo irriverente, figlio disubbidiente, trasgressore vittima del potere, ma forza vitale in grado di risollevarsi e rinascere, sullo sfondo di una Napoli che svela la sua crudeltà e la sua bellezza. Il 13 febbraio la compagnia russiana Le belle bandiere porta in scena Risate di gioia, storie di gente di teatro, un lavoro ispirato a studi, saggi, documenti, biografie, autobiografie e lettere di gente di teatro. Il 6 marzo spazio a Shakespeare grazie a Teatro Invito e al loro Lear e il suo matto, uno spettacolo che mette in primo piano la realtà fatta di contrasti di gran parte della produzione del bardo inglese. Il 20 marzo ecco Voodoo di Masque Teatro, per “accogliere tutti i nostri divenire”. Il 27 marzo sarà proiettato il documentario Gli uccellini del fiume Lempa, nato dal viaggio, nel 2018, degli artisti Ericailcane e Bastardilla e il regista Simone Fabbri nell’America Centrale. Due invece gli spettacoli per ragazzi che prendono invece il via il 21 dicembre con C.I.U.R.M.A.! Pendagli da forca dei Sea Dogs Plus. L’8 febbraio invece il Teatro del Cerchio porta in scena Il gatto e la volpe (aspettando Mangiafuoco). Da non perdere infine venerdì 24 aprile la prima nazionale della nuova produzione del Teatro Due Mondi Il Bunker

Ombrelloni

Riviera blues

di Iacopo Gardelli con Lorenzo Carpinelli compagnia Studio Doiz

Si tratta di un monologo comico che riprende stili e tematiche care al teatro di narrazione per portare in scena il Bagno Kursaal – fittizio stabilimento per famiglie che ha attraversato immutato gli ultimi trent’anni di storia italiana –che qui diventa la lente d’ingrandimento per raccontare le illusioni e le ossessioni di un Paese, il nostro, che dà il suo meglio e il suo peggio in vacanza. In scena il 25 novembre Anche a Cervia il 24 novembre e al Socjale il 14 aprile

The Barnard Loop

di Alessandra Ventrella e Rocco Manfredi con Jacopo Maria Bianchini e Rocco Manfredi Compagnia Dispensabarzetti

Tableaux in movimento e senza parole di Dispensabarzotti, le scene dello spettacolo raccontano una notte d’insonnia del giovane Barnard. Lo spettacolo è il ritratto di questo personaggio perennemente indeciso, stralunato e maldestro che non perde occasione per rivelarci tutta la sua fragilità. In scena il 18 dicembre

Misurare il salto delle rane

drammaturgia Gabriele Di Luca con Elsa Bossi, Noemi Apuzzo e Chiara Stoppa regia Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti compagnia Carrozzeria Orfeo

La nuova produzione di Carrozzeria Orfeo, senza rinunciare all’ironia, vuole essere un’indagine poetica e tragicomica sulla condizione umana, un viaggio nell’intimità di tre esistenze femminili che si specchiano l’una nell’altra e che, in modo diverso, rifiutano etichette imposte dall’esterno. In scena il 16 gennaio, anche a Cervia il 17 gennaio

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Orfeo ed Euridice

di Liliana Letterese e Roberto Anglisani

con Liliana Letterese e Andrea Lugli

regia di Roberto Anglisani compagnia Il baule volante

Nel mito di Orfeo si raccoglie una molteplicità di tematiche: l’amore e la morte, il trionfo e il fallimento, la ricerca della bellezza attraverso l’arte e la discesa negli inferi. Lo spettacolo si snoda in una narrazione a due voci, nella quale il racconto arriva dalle parole e dai corpi dei due interpreti, che, nell’essenzialità della parola e del gesto, ricercano un contatto il più possibile profondo e sincero con il pubblico.

In scena il 27 febbraio

La fame

La parabola dell’uomo che fece tutto per amore

di Alberto Fumagalli

con Chiara Liotta e Alberto Fumagalli

regia Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli compagnia Les Moustaches

Con le regole di una fiaba, lo spettacolo racconta di una coppia grezza e insensibile, dominata da istinti ancestrali, mangiare, bere, dormire, delle volte, se capita, fare l’amore, tutto il resto non conta o, meglio, non è contemplato. Il loro stare in questo mondo non ha pretese, fermo restando la salute” e quell’indomito desiderio di non fare alcuna fatica per ottenere qualcosa.

In scena il 16 aprile

Anche a Cervia il 15 aprile e a Bagnacavallo il 17 aprile

DANZA

La bella addormentata

musiche Pëtr Il’ic Cajkovskij

coreografie Marius Petipa

costumi e direzione artistica Evgeniya Bespalova compagnia Russian Classical Ballet

Eseguito dalle principali compagnie mondiali, questo capolavoro di Piotr Tchaikovsky è senza dubbio una delle pagine più belle dell’illustre compositore russo. Questa produzione presenta un’incredibile attenzione a dettagli sontuosi e barocchi grazie a un ensemble di solisti e un corpo di ballo guidato da star del balletto russo.

In scena l’11 dicembre

CREMAZIONE ANIMALI DOMESTICI

Ci

Madame

Ritratto danzato di una diva, Maria Callas

coreografie e costumi di Alberto Canestro compagnia Lyric Dance Company

L’artista Callas rivive sulla scena nei movimenti coreutici delle danzatrici che la rappresentano nei panni dei personaggi delle opere che l’hanno resa immortale, ma anche ripercorrendo le sue vicende umane, il suo intimo dramma personale, di donna abbandonata, di moglie e madre mancata, in un gioco di specchi tra vita artistica e vita privata.

In scena il 24 gennaio

Serata Spellbound

compagnia Spellbound Contemporary Ballet

La serata si presenta come un trittico di coreografie della storica compagnia di danza contemporanea. Si comincia con “Miss Invasion” (coreografia Mauro Astolfi, interpreti Anita Bonavida, Miriam Raffone, Martina Staltari), a seguire ci sarà “Trust” (coreografia e regia Mauro Astolfi, interpreti Maria Cossu, Giuliana Mele), a chiudere ci sarà “Forma Mentis” (coreografia, art direction, luci, costumi Jacopo Godani, interpreti Maria Cossu, Giuliana Mele, Lorenzo Beneventano, Alessandro Piergentili, Anita Bonavida, Marco Prete, Martina Staltari, Miriam Raffone, Filippo Arlenghi)

In scena il 28 febbraio

RAGAZZI

Granny e Lupo

Tutto in una notte

di Danilo Conti e Antonella Piroli scene, oggetti, pupazzi Danilo Conti e Antonella Piroli compagnia TantiCosiProgetti

Granny e Lupo è uno spettacolo che sviluppa il percorso di Danilo Conti e Antonella Piroli sui miti e sulle paure e in particolare sull’archetipo del famigerato Lupo. Da quello dei tre porcellini a quello dei sette capretti, passando per quello di Cappuccetto Rosso – che terminano le loro ferali esistenze in modo truce e senza redenzione – arriviamo a questo lupo: lupo archetipico, lupo prepotente e bellicoso ma soprattutto lupo affamato e, un po’, anche, lupo sfortunato. Teatro d’attore, pupazzi, oggetti animati.

In scena il 23 novembre alle 16

333 porcellini

di Andrea Falcone

con Giacomo Bogani, Elisa Vitiello, Julio Escamilla regia Giacomo Bogani compagnia La piccionaia

Lo spettacolo è una nuova narrazione della fiaba tradizionale, condotta con amore per il racconto, ma senza nostalgia: il racconto fiabesco viene così portato nella contemporaneità.

In scena il 14 dicembre alle 16

L’acciarino magico

da Hans Christian Andersen di e con Andrea Lugli compagnia Il baule volante

L’acciarino magico prosegue la cifra stilistica del Baule Volante sulla narrazione proponendo un percorso sull’ascolto. Quell’ascolto e quell’attenzione così difficili da ottenere da un pubblico sempre più abituato a guardare immagini che si susseguono a ritmo vertiginoso. Uno spettacolo di teatro di narrazione e accompagnamento sonoro dal vivo.

In scena il 18 gennaio alle 16

Seggioline

di e con Michele Beltrami e Paola Cannizzaro regia Michele Beltrami compagnia Teatro Telaio

Lo spettacolo è l’esito di un progetto triennale di ricerca e formazione che ha permesso a Michele Beltrami e a Paola Cannizzaro di incontrare alcuni dei protagonisti del teatro ragazzi italiano, avvicinando tecniche, strumenti e modi diversi di rivolgersi al mondo dell’infanzia, in un’ottica di confronto. Teatro d’attore non verbale e clownerie

In scena l’1 febbraio alle 16

Il principe ranocchio

regia e drammaturgia e musiche Edoardo Fainello con Davide Ostan, Bianca Padoin, Eleonora Ruzzaeatri compagnia Centro teatrale Da Ponte

Il tema principale dello spettacolo è l’amicizia, che si sviluppa tra la principessa e il servitore Grissino, andando oltre qualunque differenza sociale. Inoltre in tutto lo spettacolo ci si concentra sulla geografia dell’Italia, poiché il viaggio dei protagonisti si svolge dalla Sicilia al Nord Italia, tra tutte le bellezze artistiche del nostro Paese. Altro tema è quello dell’apparenza che, come i bambini scopriranno, inganna sempre: la principessa, nel finale, scoprirà che l’amore che tanto cercava è proprio quello del suo servitore. Spettacolo di teatro d’attore e canzoni dal vivo

In scena il 22 febbraio alle 16

Pollicino Doré

di Marco Renzi regia di Stefano Tosoni compagnia Proscenio Teatro

Un nuovo spettacolo per esplorare la narrazione giocosa come mezzo di comunicazione teatrale. Non la narrazione dell’adulto per il bambino ma di quella del bambino per altri bambini, durante un incontro di gioco pomeridiano a casa dell’amichetto, con l’aiuto di pupazzetti e oggetti improvvisati. Spettacolo di teatro d’attore, oggetti, proiezioni, interazione con il pubblico.

In scena il 15 marzo alle 16

CARTELLONE BAGNACAVALLO

PROSA

Brokeback Mountain

Teatro Goldoni piazza della Libertà 18 tel. 0545 64330

Inizio spettacoli ore 20.45

di Ashley Robinson dal racconto di Annie Proulx regia di Giancarlo Nicoletti con Edoardo Purgatori, Filippo Contri, Malika Ayane produzione Teatro Carcano, Altra Scena Accademia Perduta/Romagna Teatri, GF Entertainment

Per la prima volta in Italia, lo spettacolo basato sul racconto di Annie Proulx e adattato da Ashley Robinson, a vent’anni dal pluripremiato film omonimo, si trasforma in una a produzione “play with music” in cui i brani originali di Dan Gillespie Sells, interpretati da Malika Ayane e una live band, si intrecciano alla storia d’amore tra Ennis e Jack, negli sconfinati spazi del Wyoming del 1963. In scena il 18 e 19 ottobre Anche a Faenza dal 7 al 9 gennaio

Oltre

Come 16+29 persone hanno attraversato il disastro delle Ande

dramaturgia di Linda Dalisi ideazione e regia di Fabiana Iacozzilli produzione Teatro Stabile dell’Umbria

Iaccozzilli e Dalisi, dopo un lungo lavoro di ricerca sul campo, portano in scena i grandi interrogativi sollevati da un fatto di cronaca che sconvolse il mondo. Il 13 ottobre 1972 il volo 571 dell’aeronautica militare uruguaiana si schiantò sulle Ande con quarantacinque persone a bordo. Allo schianto sopravvissero in ventinove e dopo settantadue giorni solo sedici di loro furono salvati dai soccorsi. Il 22 dicembre 1972 il mondo venne a sapere che sulla Cordigliera delle Ande i passeggeri erano sopravvissuti cibandosi dei corpi dei loro amici.

In scena il 5 e 6 dicembre

Anche a Faenza l’8 dicembre

L’anatra all’arancia

di William Douglas Home e Marc Gilbert Sauvajon regia di Claudio Greg Gregori con Emilio Solfrizzi e Irene Ferri produzione Compagnia Molière e Teatro Stabile di Verona

Una coppia sposata da diversi anni finisce in crisi per colpa del marito, inaffidabile, incline al tradimento, alle bugie, all’infantilismo. Esasperata la moglie si innamora di un altro, l’opposto del marito, di animo nobile, gentile e attendibile.

L’anatra all’arancia è un classico feuilleton dove i personaggi si muovono algidi ed eleganti su una scacchiera irta di trabocchetti.

In scena il 17 e 18 dicembre

Gli innamorati

di Carlo Goldoni adattamento e regia Roberto Valerio con Claudio Casadio, Loredana Giordano, produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri,

Due giovani innamorati ci mostrano come un amore dolce, limpido e senza inganni si possa trasformare senza alcun motivo in folle gelosia, con una magnifica galleria di personaggi intorno ai due giovani amanti che consigliano, rimproverano, ingarbugliano ancor di più la vicenda che si snoda su una scenografia contemporanea (vedi p. 28).

In scena il 27 e 28 gennaio

Anche a Faenza dal 5 al 7 dicembre La nostra intervista a pagina 28

di Nino Marino e Nino Manfredi regia di Luca Manfredi con Flavio Insinna e Giulia Fiume produzione La Pirandelliana

Andato in scena per la prima volta nel 1988, con lo stesso Nino Manfredi nei panni del protagonista che ne parlava così: “Si tratta di una commedia che sviluppa, in maniera paradossale, un fondamentale problema etico. In una società come la nostra, dove tutto si avvilisce e si corrompe, che valore hanno ancora l’onestà, la dignità, il rispetto dei più profondi valori umani?». In scena Anna, prostituta, e Ugo, intellettuale e inquilino del piano di sotto. In scena il 20 e 21 febbraio Anche a Ravenna il 3 marzo

The other side

di Ariel Dorfman regia Marcela Serli con Elisabetta Pozzi, Gigio Alberti, Giuseppe Sartori produzione La Contrada Teatro stabile di Trieste et al.

Grottesco e paradossale, lo spettacolo è un viaggio verso l’archetipo, in’allegoria del muro che separa i buoni dai cattivi, il marito dalla moglie, un figlio dai genitori, un passato dal presente, la menzogna dalla verità. In scena il 21 e 22 aprile

La tempesta

di William Shakespeare regia Alfredo Arias con Graziano Piazza produzione Teatro Stabile di Catania, Marche Teatro, effe Teatro, TPE

Sull’isola-palcoscenico il regista argentino realizza un allestimento poetico e originale, capace di coinvolgere il pubblico, facendolo immergere nel suo mondo costruito con un linguaggio universalmente riconoscibile.

In scena il 4 e 5 marzo Anche a Faenza dal 7 al 9 marzo

I mezzalira

drammaturgia Agnese Fallongo regia Raffaele Latagliata con Agnese Fallongo, Tiziano Caputo, Adriano Evangelisti produzione Teatro de Gli Incamminati

I Mezzalira – panni sporchi fritti in casa è un titolo che nasce da un gioco linguistico che crea una fusione tra il celebre detto popolare “i panni sporchi si lavano in casa” e il concetto della “frittura” come simbolico spartiacque del binomio più antico della storia: quello tra servo e padrone, tra chi produce l’olio e chi lo possiede. In scena il 2 dicembre

Algoritmo. Lui e l’AI

di Raffaello Tullo e Andrea Delfino regia Marco Rampoldi produzione Raffaello Tullo Smilemaker Production e Accademia Perduta/Romagna Teatria

In un futuro non troppo lontano, un uomo solo e smarrito si vede recapitare a casa un pacco inatteso che contiene Martie: un futuristico robot umanoide in grado di acquisire, con sorprendente rapidità, qualunque tipo di informazione.

In scena il 16 gennaio

Anche a Faenza il 15 gennaio

Mistero Buffo

di Dario Fo e Franca Rame regia Eugenio Allegri con Matthias Martelli produzione Teatro Stabile di Torino

Mistero Buffo è considerato il capolavoro di Dario Fo. L’attore è solo in scena, senza trucchi, con l’intento di coinvolgere il pubblico nell’azione drammatica, passando in un lampo dal lazzo comico alla poesia, fino alla tragedia umana e sociale.. In scena il 24 marzo

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N.E.R.D.S. - Sintomi

testo e regia di Bruno Fornasari con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Riccardo Buffonini, Umberto Terruso produzione Teatro dei Filodrammatici Milano

N.E.R.D. (Non Erosive Reflux Desease) in medicina è l’acronimo che indica il reflusso non erosivo, e lo spettacolo racconta dei rapporti familiari, con il contributo di Charles Darwin... In scena il 28 marzo

Anche a Faenza il 27 marzo

La fame

La parabola dell’uomo che fece tutto per amore

di Alberto Fumagalli con Chiara Liotta e Alberto Fumagalli regia Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli compagnia Les Moustaches

Con le regole di una fiaba incensurabile, La Fame racconta di una coppia grezza e insensibile, dominata da istinti ancestrali, mangiare, bere, dormire, delle volte, se capita, fare l’amore, tutto il resto non conta o, meglio, non è contemplato. Il loro stare in questo mondo non ha pretese, fermo restando la salute” e quell’indomito desiderio di non fare alcuna fatica per ottenere qualcosa.

In scena il 17 aprile

Anche a Cervia il 15 aprile e a Faenza il 16 aprile

RAGAZZI

Zuppe di sasso, nasi e musicanti: gli appuntamenti per le famiglie

Non mancheranno al teatro Goldoni anche i tradizionali appuntamenti con le Favole della domenica pomeriggio, sempre alle 17, la stagione per le famiglie con bambini. In scena in particolare alcune tra le più apprezzate produzioni di Teatro Ragazzi di Accademia Perduta come Naso d’Argento del progetto G.G.(16 novembre), Il sogno di Tartaruga de Il baule volante (30 novembre), Zuppa di sasso di Tanti Cosi Progetti (14 dicembre) e I musicanti di Brema del Teatro Perdavvero (11 gennaio, foto).

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CARTELLONE CERVIA

PROSA

Notti

Teatro Walter Chiari via XX Settembre 125 tel. 0544 975166

Inizio spettacoli ore 21

drammaturgia di Elena Strada regia, video, luci e musiche di Rajeev Badhan con Elena Strada, Ruggero Franceschini, Alberto Baraghini

Può Le notti bianche, a duecento anni dalla nascita del suo autore, parlare ancora alle generazioni di oggi? Quali universi può aprire? Uno spettacolo della compagnia

Slowmachine che è un dialogo tra teatro, video e video live, realizzato partendo da una riflessione sul racconto di Dostoevskij, passando attraverso Amore liquido di Bauman, in cui due e più livelli visivi e temporali si intrecciano nella ricerca di un senso profondo nelle relazioni ai nostri tempi. In scena il 19 e 20 dicembre

Renatissimo

Omaggio a Renato Carosone

di e con Enzo Decaro, con Marcello Corvino (violino), Biagio Labanca (chitarra), Massimo De Stephanis (contrabbasso), Fabio Tricomi (percussioni) produzione Corvino Produzioni

Gli Ànema, con la partecipazione straordinaria di Enzo Decaro, rendono omaggio a uno dei più grandi autori e interpreti della scena musicale napoletana e italiana del secondo Novecento. Decaro, nella doppia veste di narratore e cantante, intesse il racconto della vita artistica e privata di Carosone. In scena l’8 e il 9 gennaio

Il padrone

di Gianni Clementi regia di Pierluigi Iorio con Nancy Brilli produzione Società per Attori

Con l’entrata in vigore delle leggi razziali italiane, nel 1938, si diffuse, tra gli ebrei, la pratica di intestare a prestanome fidati i propri beni. I coniugi Consalvi si ritrovano così ricchi, ma quando nel 1956 torna il legittimo proprietario, Immacolata non intende rinunciare alla vita cui si è ormai abituata e decide che bisogna eliminare l’ebreo. In scena il 29 e 30 gennaio

Ti ho sposato per allegria

di Natalia Ginzburg regia di Emilio Russo con Giampiero Ingrassia, Mariangela Bargilli, Lucia Vasini produzione Tieffe Teatro e Quirino Srl

Ti ho sposato per allegria è la prima delle undici commedie di Natalia Ginzburg, scritta nel 1965, due anni dopo avere vinto il Premio Strega con Lessico Famigliare. Come in quasi tutta la sua produzione, affronta temi eterni come l’amore, le relazioni, le madri, la morte, la diseguaglianza sociale. E lo fa raccontando storie in apparenza semplici con la lingua concreta di tutti i giorni.

In scena l’11 e il 12 febbraio

Decameron

progetto e regia di Sergio Maifredi con Tullio Solenghi consulente letterario Maurizio Fiorillac produzione La Pirandelliana

Nella pièce si ascoltano, nella lettura integrale, sei tra le più note novelle scritte a metà del 1300 da Boccaccio: Chichibio e la gru, Peronella, Federigo Degli Alberighi, Masetto di Lamporecchio, Madonna Filippa, Alibech.

In scena il 26 e 27 febbraio

Il berretto a sonagli

di Luigi Pirandello regia di Guglielmo Ferro con Enrico Guarnieri e Nadia De Luca produzione Associazione Culturale Progetto Teatrando

Commedia tragica e grottesca in cui Pirandello riflette sulla natura umana, il concetto di identità e la crisi tra l’essere autentico e l’apparenza pubblica. Un testo che rimanda a tematiche filosofiche siciliane, ma anche universali.

In scena il 17 e 18 marzo

CONTEMPORANEO

Ombrelloni

Riviera blues

di Iacopo Gardelli con Lorenzo Carpinelli compagnia Studio Doiz

Si tratta di un monologo comico che riprende stili e tematiche care al teatro di narrazione per portare in scena il Bagno Kursaal che diventa la lente d’ingrandimento per raccontare le illusioni e le ossessioni del nostro Paese. In scena il 24 novembre

Anche a Faenza il 25 novembre e il 14 aprile al Socjale

La fame

La parabola dell’uomo che fece tutto per amore di Alberto Fumagalli con Chiara Liotta e Alberto Fumagalli regia Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli compagnia Les Moustaches

Con le regole di una fiaba, La Fame racconta di una coppia dominata da istinti ancestrali: mangiare, bere, dormire, se capita, fare l’amore. Tutto il resto non conta.

In scena il 15 aprile

Anche a Faenza il 16 aprile e a Bagnacavallo il 17 aprile

Misurare il salto delle rane

drammaturgia Gabriele Di Luca con Elsa Bossi, Noemi Apuzzo e Chiara Stoppa regia Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti compagnia Carrozzeria Orfeo

La nuova produzione di Carrozzeria Orfeo, senza rinunciare all’ironia, vuole essere un’indagine poetica e tragicomica sulla condizione umana, un viaggio nell’intimità di tre esistenze femminili che si specchiano l’una nell’altra e che, in modo diverso, rifiutano etichette imposte dall’esterno. In scena il 17 gennaio

Anche a Faenza il 16 gennaio

RAVENNA, via Arturo Moradei 9

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Installazione e manutenzione di impianti di riscaldamento, condizionamento, energie rinnovabili riparazioni idrauliche

Cuoro

Inciampi per momenti altissimi

di e con Gioia Salvatori produzione Cranpi

Nato sotto forma di blog nel 2012, nel corso degli anni Cuoro è diventato uno spettacolo di cui esistono diverse versioni declinate a seconda dei temi affrontati: una versione che ragiona intorno al mondo femminile, una sul Natale e questa che parla d’amore. In scena il 15 gennaio

Figli di Troia

di e con Paolo Cevoli produzione Charlotte Spettacoli

Paolo Cevoli, in questo suo nuovo monologo, racconta in chiave ironica e contemporanea il mitico viaggio di Enea, paragonandolo ad altri viaggi che hanno segnato la storia dell’umanità, da Cristoforo Colombo a Cappuccetto Rosso, dal principe vichingo Ragnar a suo babbo Luciano emigrato in Australia negli anni ’50..

In scena il 5 marzo

Anche a Faenza il 13 novembre e all’Alighieri il 14 aprile

RAGAZZI

La Bella e la Bestia

di Roberto Anglisani e Liliana Letterese regia di Roberto Anglisani compagnia Il Baule Volante produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri

Teatro di narrazione e d’attore con burattini e oggetti per una delle più belle storie di Perrault, una fiaba per vincere la paura, un sentiero di molliche di pane per entrare nel bosco, sapere chi siamo, essere forti anche quando siamo piccoli. In scena il 13 dicembre

Fiabafobia

di e con Arianna Porcelli Safonov produzione Mismaonda

Fiabafobia è una collana di racconti che indaga sulle fobie che accompagnano la nostra persona, a volte per tutta la vita, a volte più dei parenti. Il monologo è stato scritto per ridere e per pensare. Sperando che non ci sia nessuno che abbia paura di ridere e di pensare..

In scena il 19 febbraio

Enrichetta dal ciuffo

dalla fiaba di Charles Perrault con Marco Cantori e Giacomo Fantoni regia di Marco Cantori compagnia Teatro Perdavvero produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri

Teatro di narrazione, musica dal vivo, teatro fisico e body percussion per raccontare la storia di una bambina talmente brutta che non si capisce neppure se sia una bambina o una bestia e di un bambino bellissimo, nato dall’altra parte del regno...

In scena il 10 gennaio

Zuppa di Sasso

di Danilo Conti e Antonella Piroli con Danilo Conti compagnia Tanti Cosi Progetti produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri

Uno dei titoli di maggior successo della compagnia che riracconta questa magnifica favola con il linguaggio del teatro d’attore e di oggetti.

In scena il 24 gennaio

CARTELLONE RUSSI

PROSA

Teatro Comunale via Cavour 10 tel. 0544 587690

Inizio spettacoli ore 20.45

Momenti di trascurabile (in)felicità

di e con Francesco Piccolo e la partecipazione speciale di Pif produzione ITC2000

Un’ora e mezzo in compagnia di Francesco Piccolo e Pif per esplorare quei piccoli istanti che compongono le nostre giornate: momenti apparentemente insignificanti che, raccontati con la voce inconfondibile di chi li ha vissuti e scritti, si trasformano in specchi della nostra esistenza. Tratti dalla celebre trilogia di Piccolo – Momenti di trascurabile felicità (2010), Momenti di trascurabile infelicità (2015) e Momenti trascurabili vol. 3 (2020) – i racconti sono un’occasione per far parlare i libri attraverso la voce di chi li ha scritti accompagnata dalla partecipazione speciale di Pif. In scena il 5 dicembre

La morte e la fanciulla

di Ariel Dorfman

progetto di Elena Bucci e Marco Sgrosso con Elena Bucci, Marco Sgrosso produzione Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con Le belle bandiere

Antiprima nazionale per questo spettacolo che tratta di temi quanto mai attuali. Spiega l’autore: «L’azione si svolge ai giorni nostri, probabilmente in Cile, ma potrebbe trattarsi di un qualsiasi altro Paese che ha appena ottenuto la democrazia dopo un lungo periodo di dittatura.»

In scena il 16 gennaio

Donald

di e con Stefano Massini produzione Teatro della Toscana, Teatro Nazionale

Stefano Massini torna a occuparsi di un’epica americana, stavolta concentrandosi sull’ ascesa del miliardario newyorkese, fino alla sua prima elezione alla Casa Bianca. In un succedersi incalzante di colpi di scena, incontri decisivi e vertiginose montagne russe fra trionfi e bancarotte, Massini ripercorre la rocambolesca gimkana esistenziale di un uomo che si è trasformato in marchio commerciale, testimonial del suo stesso successo e sponsor della propria scalata, sempre spingendosi oltre il limite e oltre il lecito. Ne nasce un racconto rivelatorio e per molti aspetti raggelante, che conferma il teatro nella sua missione di occhio critico sulla contemporaneità, di cui può cogliere ombre e abissi con la semplicità disarmante di una narrazione.

In scena il 21 gennaio

Puccini’s Opera. Voci di donne

coreografia, regia, scene, luci e costumi Monica Casadei produzione Artemis Danza / Monica Casadei

Con questa nuova creazione di Monica Casadei, la Compagnia dedica il suo progetto artistico a quattro affascinanti eroine del compositore Giacomo Puccini di cui ricorre il centenario dalla morte: Tosca, Madama Butterfly, Mimì e Turandot. Donne tanto diverse quanto legate da un fil rouge di storie attuali e senza tempo: l’amore tragico, l’amore contrastato e osteggiato, l’amore crudele che annienta, la bramosia di possesso che porta alla distruzione.Il risultato della ricerca di Artemis Danza è una danza corale ricca di impulsi e passioni, istintiva e a tratti selvaggia, che fa un uso vorticoso dello spazio.

In scena il 29 gennaio

Nel blu

avere tra le braccia tanta felicità

di e con Mario Perrotta collaborazione alla regia Paola Roscioli produzione Permar Compagnia Mario Perrotta, ERT / Teatro Nazionale

C’è stato un momento in cui il nostro paese è apparso felice e pieno di speranza per il futuro. Sono gli anni a cavallo del 1958 a cavallo del boom economico. Se c’è un uomo che incarna tutto questo nel suo corpo, con la sua voce è Domenico Modugno. Un ragazzo che parte all’avventura e si ritrova a insegnare a tutto il mondo a “volare”.

In scena il 12 febbraio

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L’inferiorità mentale della donna

di Giovanna Gra (liberamente ispirato al trattato “L’inferiorità mentale della donna” di Paul Julius Moebius) con Veronica Pivetti regia Gra&Mramor

Veronica Pivetti, moderna Mary Shelley ci racconta, grazie a bizzarre teorie della scienza e della medicina, l’unico, vero Frankenstein della storia moderna: la donna. Perché, come disse Lombroso, “il maschio è una femmina più perfetta”.

In scena il 27 febbraio

Guarda le luci, amore mio

regia di Michela Cescon tratto dall’omonimo libro di Annie Ernaux con Valeria Solarino e Silvia Gallerano riduzione drammaturgica di Lorenzo Flabbi Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Lo spettacolo prende in vita in uno spazio da sempre ignorato dalla letteratura: l’ipermercato. Ernaux, premio Nobel 2022, annotò in questo romanzo le contraddizioni e le ritualità, ma anche le insospettate tenerezze, di quel tempio del consumo. «Il mondo di Ernaux è privo di pregiudizi» commenta Michela Cescon, «e se solitamente i supermercati vengono giudicati dei non-luoghi, per lei non è così: romanzo del mondo contemporaneo è diventato ora il nostro modo di fare società». In scena il 12 marzo

La recensione del libro a pagina 27

CONSELICE

Torna “Civico Off”

Il centro civico di Conselice, in attesa del ripristino del teatro comunale, ospita la rassegna “Civico off”, un viaggio attraverso generi e linguaggi artistici diversi. Partita il 3 ottobre con Concita De Gregorio ed Erica Mou, la rassegna prosegue il 14 novembre con Paola Turci (foto) che, accompagnata da Gino Castaldo, porta in scena “La rivoluzione delle donne”, un excursus di parole e musica sulle donne che hanno cambiato la storia. Il 20 novembre “A Christmas Welcome”, con i cantanti della Bernstein School of musical (gospel, tip-tap e accenni di hip-hop); il 13 febbraio Aperitivo con il “Beltrani modern piano trio” e infine l’8 marzo la comicità di Maria Pia Timo con “Una donna di prim’ordine”.

L’Empireo

traduzione Monica Capuani e Francesco Bianchi regia di Serena Sinigaglia

produzione Teatro Carcano, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano, LAC Lugano Arte Cultura, Teatro Bellini di Napoli

Uno spettacolo per riflettere sulle tematiche di genere senza retorica grazie a un testo militante, corale, avvincente e divertente. Ambientato nell’Inghilterra rurale del Settecento, L’Empireo è un testo ambizioso che racconta la storia di una giuria di dodici donne, che non può giustiziare per omicidio una ragazza perché si dichiara incintaIn scena il 25 marzo

Moby Dick

(Sebbene molti abbiano tentato)

lettura/narrazione da Melville scrittura e regia Roberto Mercadini con Roberto Mercadini produzione SILLABA

Dice Mercadini, prolifico e poliedrico autore e interprete: «Moby Dick non è un romanzo, ma un mostro che sta fra gli altri volumi scritti come il leviatano bianco sta in mezzo alle altre creature marine. Moby Dick non si può narrare, “sebbene molti abbiano tentato” (per citare Melville). Che può farne, allora, un narratore (e nel tempo d’una narrazione)? Può almeno far brillare alcuni frammenti incandescenti; far intuire, per sintesi, l’intera luce, l’intero calore del magma».

In scena il 10 aprile

MASSA LOMBARDA

Risate alla Sala del

Carmine

Nuova edizione per la rassegna teatrale “Una Massa di Risate” che si svolgerà alla Sala del Carmine di Massa Lombarda, in via Rustici 9, con molte conferme. Ad aprire la stagione sarà Paolo Migone (foto) il 7 novembre, mentre il 12 dicembre dicembre il giornalista Marino Bartoletti salirà sul palco insieme al Duo Idea per un viaggio musicale e sportivo.il 9 gennaio tornerà Giulia Trippetta con La moglie perfetta. A febbraio un altro ritorno: Sergio Sgrilli, volto noto di Zelig, che il 13 febbraio porta in scena Vieni che te le suono. La chiusura di stagione, il 13 marzo, è affidata anche quest’anno Gianluca Impastato, con lo spettacolo Sogno o son single

DIAVOLO DELLE CARNI

Le migliori carni selezionate per voi

La macelleria propone carni selezionate e una ricca scelta di preparazioni in aiuto a coloro che hanno poco tempo da dedicare alla cucina: hamburger, salsicce, mezzelune ripiene e spiedini classici di carne e verdure, o versioni più aromatiche e fantasiose di maiale marinato agli agrumi, o di castrato e preparazioni gastronomiche su prenotazione, come arrosti e pollo grigliati. La nostra proposta vuole catturare il gusto attraverso sapori sempre diretti e veraci e offrire un servizio in linea con i tempi. «A Russi ho scoperto un luogo dove la vita sembra scorrere più lentamente e cittadini attenti che nella loro spesa quotidiana, ricercano prodotti di ottima qualità. Le compere si fanno al mattino, tra botteghe e mercato, il “Diavolo delle Carni” colloca qui la sua offerta in grado di coniugare la tradizione della spesa fresca giornaliera con la sicurezza del prodotto controllato e verificato della normativa di oggi».

Russi - Piazza Farini, 14 Tel. 351 74 26 664 -

La musica classica nei teatri della provincia tra solisti di fama e grandi orchestre

Le rassegne a cura di Mariani, E-R Concerti, La Corelli e Accademia Bizantina: appuntamenti da Ravenna a Brisighella, passando per Russi e Bagnacavallo

Non solo spettacoli teatrali sui palcoscenici della provincia di Ravenna, che ospitano come da tradizione anche le stagioni concertistiche. In questa panoramica passiamo in rassegna il calendario più prettamente incentrato sulla musica classica.

RAVENNA

In alto una foto di Mischa Maisky, atteso al gran finale di “Ravenna Musica” all’Alighieri

Sono già iniziati in ottobre i “Concerti della domenica”, rassegna organizzata da oltre 40 anni dall’associazione musicale Angelo Mariani. Ecco gli ultimi eventi in programma (sempre al mattino alla sala Corelli del teatro Alighieri). Il 16 novembre il celebre violista Danilo Rossi, già prima viola solista dell’Orchestra del Teatro alla Scala, sarà accompagnato dal pianista Stefano Bezziccheri, con cui ha festeggiato oltre 35 anni di sodalizio artistico. Il concerto del 30 novembre sarà un omaggio a Luciano Berio, con la cantante-attrice Gea Rambelli, il noto critico musicale Guido Barbieri e l’Ensemble La Corelli, formata dalle prime parti dell’orchestra omonima e guidata dal suo direttore musicale, il ravennate Jacopo Rivani. Un giovane soprano, Vittoria Magnarello, sarà al centro della scena il 7 dicembre, mentre il pianista André Gallo, più volte ospite delle rassegne della Mariani, prenderà posto al pianoforte il 14 dicembre. La rassegna terminerà con l’esibizione il 21 dicembre del Beltrani Modern Piano Trio. La formazione, composta da Pietro Beltrani al pianoforte, Daniele Negrini al violino e Tiziano Guerzoni al violoncello, si distingue per la sua grande versatilità.

Nel 2026 tornano invece i grandi concerti nel teatro Alighieri vero e proprio con “Ravenna Musica”, altra stagione firmata dall’associazione Angelo Mariani. Un calendario con solisti di fama internazionale e orchestre di altissimo livello.

Si parte il 3 febbraio: ad aprire la stagione sarà l’Orchestra da Camera di Mantova, diretta da Fridrich Haider, con due solisti d’eccezione, il violinista Ilya Gringolts e il violista Lawrence Power. In programma, le musiche di Mozart e Mendelssohn.

Il 12 febbraio sarà la volta del duo Pavel Berman (violino) e Vardan Mamikonian (pianoforte), con un repertorio che spazia da Mozart a Ravel, passando per Prokofiev e Bloch. Il 24 febbraio, invece, I Virtuosi Italiani, guidati dal primo violino Alberto Martini, accompagneranno la pianista Anna Kravchenko in un programma che include Mozart, Salieri e Beethoven.

Il mese di marzo vedrà sul palco tre grandi appuntamenti dedicati al pianoforte. Il 4 marzo, Roberto Cominati proporrà un viaggio musicale tra Handel, Schumann, Ravel e Wagner. Il 18 marzo sarà la volta di Arcadi Volodos, con un programma che include Bach, Chopin e Schubert. Il 24 marzo, l’Orchestra Arcangelo Corelli diretta da Jacopo Rivani accompagnerà Alessio Lowenthal in un concerto dedicato a Shostakovich, Dukas e Frank, in collaborazione con l’Accademia Pianistica di Imola.

Il 13 aprile ancora pianoforte con un altro nome di

LUGO

Aspettando il Rossini, un’altra stagione “fuori dal teatro”

È partita in settembre Rossini Open, la stagione musicale di Lugo realizzata “Fuori dal teatro, dentro la città” - citando il sottotitolo - in attesa che il teatro Rossini possa tornare operativo dopo i danni dell’alluvione.

Ecco gli ultimi appuntamenti della rassegna. Domenica 26 ottobre all’Antica Pieve di Campanile il concerto “Fantasia di corde”, che vedrà protagonisti Mihaela Costea al violino e Davide Burani all’arpa, in un raffinato dialogo tra le corde.

Giovedì 30 ottobre, al Teatro di San Lorenzo, il gruppo Soqquadro Italiano guiderà il pubblico in un originale viaggio musicale dal Seicento agli anni Sessanta con lo spettacolo Da Monteverdi a Mina.

Venerdì 7 novembre, nella suggestiva cornice della Chiesa di San Giacomo, sarà la volta del “Requiem KV 626 in re minore” di Wolfgang Amadeus Mozart, interpretato dall’Orchestra La Corelli e dal Coro Kairos Vox, diretti da Jacopo Rivani con Alberto Pelosin maestro del coro.

Mercoledì 12 novembre, la Chiesa del Suffragio ospiterà il recital pianistico della giovane e talentuosa Sophia Liu. Venerdì 14 novembre si torna al Teatro di San Lorenzo per il concerto “Dalla luce alle tenebre”, con la Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Kolja Blacher e con Veronika Eberle al violino. Il programma include musiche di R. Piritore, C. Debussy, J.S. Bach e R. Strauss. Giovedì 20 novembre, ancora alla Chiesa del Suffragio, il pianista Pietro Fresa proporrà un programma interamente dedicato a Ludwig van Beethoven.

Infine, lunedì 24 novembre, sempre nella Chiesa del Suffragio, il violinista Francesco Manara, primo violino del Teatro alla Scala, chiuderà la rassegna con un recital virtuosistico che spazia da Bach a Ysaye fino a Paganini.

caratura internazionale come Angela Hewitt che interpreterà le opere di J.S. Bach, mentre il 30 aprile l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, diretta da Luigi Piovano, affiancherà il pianista Marco Scolastra in un programma che unisce Glass e Beethoven.

Gran finale il 9 maggio con l’Orchestra La Toscanini, diretta da Hanna Chang, e il celebre violoncellista Mischa Maisky (musiche di Shostakovich e Dvorák).

Parallelamente, torna a Ravenna anche con una nuova edizione di “Capire la Musica”, la rassegna promossa da Emilia Romagna Concerti. Il sipario si alza domenica 30 novembre al Teatro Alighieri con il ritorno di Ivo Pogorelich, pianista visionario impegnato in un omaggio a Beethoven. A seguire, mercoledì 10 dicembre, la Basilica di San Francesco ospiterà il tradizionale Concerto di Natale con la Young Musicians European Orchestra diretta da Sancho Almendral, accompagnata dal violoncellista Mattia Pagliani in un programma dedicato a Ciaikovski, Wieniawski e Mozart. Il nuovo anno si apre il 3 gennaio con la Fanfara della Brigata Cadore, diretta dal Tenente Colonnello Domenico Vello, che porterà in scena un concerto festoso e coinvolgente al Teatro Alighieri.

Il 10 febbraio una serata di grande prestigio: gli Strumentisti del Teatro alla Scala di Milano si uniranno alla Young Musicians European Orchestra sotto la direzione di Paolo Olmi, per un programma dedicato a Schubert.

Un appuntamento speciale celebra la Festa della Donna: domenica 8 marzo, nella Sala Corelli del Teatro Alighieri, il duo formato dalla violoncellista Eleonora Testa e dalla pianista Romane Oren interpreterà pagine intense di Boulanger, continua a pagina 92

segue da pagina 91

In alto Ramin Bahrami, atteso all’Alighieri per “Capire la musica”

Nella pagina a fianco la soprano Carlotta Colombo, tra gli ospiti

della stagione del Goldoni di Bagnacavallo

Debussy e Brahms, in un tributo alla sensibilità e alla forza femminile. La stagione proseguirà mercoledì 25 marzo all’Alighieri con il raffinato pianismo di Ramin Bahrami, interprete tra i più apprezzati della musica di Johann Sebastian Bach, e si concluderà il 1° aprile a San Francesco con il Concerto di Pasqua con la Young Musicians European Orchestra diretta da Domenico Famà (violino solista Andrea Cicalese).

RUSSI

Ad inaugurare la stagione concertistica del Comunale di Russi giovedì 30 ottobre è l’ensemble della Toscanini Academy con “Musiche dal mondo: da Vienna ai Balcani”, un viaggio musicale che attraversa continenti e secoli. Il secondo appuntamento, martedì 11 novembre, è dedicato alla musica jazz: “From Glenn Miller to modern vibes” è il titolo scelto dalla Big Band della Toscanini Academy per accompagnare il pubblico attraverso l’evoluzione del jazz orchestrale, dalle atmosfere dorate degli anni ‘30 con le melodie indelebili di Glenn Miller all’energia di Benny Goodman. L’ultima data della stagione concertistica di Russi, martedì 25 novembre, ha per protagonista la musica lirica e per interpreti Paola Cigna, soprano, Daniela Pini, mezzosoprano, Fulvio Fiorio, flauto, Davide Burani, arpa. Il titolo del concerto, “Di tanti palpiti”, richiama il Tancredi di Gioachino Rossini, tra gli autori che verranno eseguiti nella serata, insieme ad altre pagine celebri del repertorio operistico.

BAGNACAVALLO

La musica barocca torna protagonista con la nuova edizione di “Libera la musica”, la rassegna firmata Accademia Bizantina. Il primo appuntamento è in programma venerdì 10 ottobre alle 21 con il concerto “Più di un violino - Musiche originali per viola del barocco europeo”, a cura della Confraternita della Buona Musica, formazione composta da Alessandro Tampieri alla viola, Alessandro Palmeri al violoncello e Valeria Montanari al clavicembalo. Si prosegue il 20 dicembre, quando l’Accademia Bizantina, diretta da Alessandro Tampieri, proporrà il concerto “…fatto per la notte di Natale”. Un omaggio alla tradizione musicale del periodo natalizio, con brani di Corelli, Geminiani e Händel, capaci di evocare atmosfere intime e solenni. Il nuovo anno si aprirà con un tuffo nella vocalità femminile del Seicento. Il 31 gennaio il soprano Carlotta Colombo, insieme all’ensemble Anima & Corpo e a Gabriele Pro, porterà in scena “Arianna a Roma – Arie e Cantate per le Virtuose”, un programma che intreccia le suggestioni di Monteverdi, Kapsberger e Luigi Rossi. L’8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, il teatro ospiterà un concerto pomeridiano (alle ore 18) dedicato ai grandi maestri del barocco tedesco. Marcello Gatti, Alessandro Tampieri, Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina si cimenteranno nei “Concerti per due e tre strumenti solisti” di Johann Sebastian Bach, Carl Philipp Emanuel Bach e Telemann. Un’occasione speciale attende il pubblico il 26 marzo, a partire dalle ore 16, con “Lacrimosa – prova aperta”: Suzanne Jerosme, Delphine Galou, Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina apriranno le porte del loro laboratorio musicale, offrendo uno sguardo privilegiato sul processo creativo che precede l’esecuzione (musiche di Pergolesi, Händel e Porpora). A chiudere la rassegna, il 30 aprile alle 21, sarà l’Ensemble Delfico con un programma che guarda al classicismo viennese e al belcanto italiano. Il celebre Settimino di Beethoven sarà affiancato da pagine brillanti di Rossini.

BRISIGHELLA

La suggestiva cornice di Brisighella si prepara ad accogliere la stagione concertistica “Le Radici”, ideata dall’Orchestra La Corelli, che sarà protagonista dei vari eventi. Si parte con “Verklärte Nacht” di Arnold Schönberg, domenica 5 ottobre alle ore 11 nel foyer del Teatro Comunale Pedrini. A dirigere l’ensemble sarà

Manlio Benzi. Il secondo appuntamento, domenica 23 novembre alle 11 alla Sala Polivalente del Complesso Cicognani, vedrà protagonista “L’Apprendista Stregone” di Paul Dukas, accompagnato dalle “Variazioni sinfoniche” di César Franck e dalle Jazz Suites di Shostakovich, in una trascrizione firmata da Damiano Drei. Sul podio Jacopo Rivani. Sabato 29 novembre alle ore 18, il Museo Ugonia ospiterà “Folk Songs” di Luciano Berio: la voce di Gea Rambelli sarà accompagnata dalle

riflessioni e digressioni di Guido Barbieri, per un incontro tra musica e parola. La prima parte della stagione si chiuderà lunedì 8 dicembre alle ore 18 nella Pieve del Tho con “Lo Schiaccianoci” di Cajkovskij, in un raffinato arrangiamento per dodici strumenti curato da Giorgio Babbini. Alessandro Ricchi dirigerà l’Ensemble La Corelli, affiancato dai ballerini de “L’Ordine della Torre Ballet” e dalla voce narrante di Teresa Maria Federici.

Tra classica e jazz, tutte le contaminazioni di Emilia Romagna Festival

A Faenza otto concerti che intrecciano stili e culture. Tra i nomi più attesi il pianista Giuseppe Albanese e il cantautore Raphael Gualazzi

Con otto concerti in calendario, di cui uno fuori abbonamento, tra il Teatro Angelo Masini e il Mic - Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza si prepara a una nuova stagione musicale con la quattordicesima edizione di ERF&TeatroMasiniMusica, organizzata come sempre da Emilia Romagna Festival. Dalla musica barocca al grande repertorio classico e romantico, dalle pagine del Novecento alle contaminazioni con il jazz e le tradizioni africane e americane, offrendo al pubblico un ricco intreccio di stili e culture musicali.

L’inaugurazione – martedì 28 ottobre, ore 21 –al Teatro Masini è affidata alla grande pianista e compositrice jazz Rita Marcotulli, insieme a un eccezionale sestetto composto da Javier Girotto, Aurora Barbatelli, Ares Tavolazzi, Roberto Gatto e Vince Abbracciante, con cui guiderà il pubblico in un emozionante viaggio multimediale in onore del grande regista scomparso nel 1984, François Truffaut. Dialogo Armonico è il titolo del secondo appuntamento - sabato 25 novembre, ore 21 alla Chiesa dei Cappuccini – fuori abbonamento, realizzato in collaborazione con la Scuola di Musica Sarti e che vedrà protagonisti l’Ensemble d’archi “Giuseppe Sarti” diretto da Paolo Zinzani al violino e alla viola, con un concerto che mette in luce alcune delle pagine più significative del repertorio barocco e classico.

È interamente dedicato a Chopin tra Fantasie, Ballate, Polacche e Sonate il programma della serata che il pianista Giuseppe Albanese propone - sabato 13 dicembre, ore 21 – al Teatro Masini. “Sogno e Tempesta: L’universo romantico di Chopin”, questo il titolo del recital che richiama due delle forze opposte che abitano la musica di Fryderyk Chopin: la tenerezza sognante e la tensione drammatica. In programma, alcune delle composizioni più dense e visionarie della maturità chopiniana, come la Sonata n. 3 op. 58, vertice della produzione pianistica del compositore polacco, affidate a un interprete tra i più carismatici del panorama italiano e internazionale. Artista Deutsche Grammophon, la critica ha riconosciuto Albanese tra i pianisti più autorevoli della sua generazione.

Dal recital pianistico a un concerto dove il protagonista assoluto è il violoncello solo. Domenica 18 gennaio 2026 (ore 15.30), per il primo dei “Pomeriggi musicali al MIC” si esibirà Benedict Kloeckner, violoncellista tedesco di caratura internazionale, con “Cellismo”, un’esplorazione delle possibilità espressive del violoncello attraverso quattro capolavori di epoche e linguaggi differenti. Per il secondo dei “Pomeriggi musicali al MIC”domenica 1° febbraio 2026, ore 15.30 – un altro recital pianistico con un interprete di grande eleganza e consapevolezza stilistica, Fiorenzo

Raphael Gualazzi in una foto di Giorgio Leone

Pascalucci. Il programma dal titolo “Giochi di luce della Villelumière” attraversa alcune delle trasformazioni più radicali della cultura musicale tra ‘800 e ‘900, dando voce a mondi solo in apparenza lontani: la raffinatezza della Belle Époque, la disillusione dopo la Grande Guerra, il fermento creativo del Nuovo Mondo.

Tra “Cantabile & Virtuoso” si muoverà il prestigioso Ensemble Terzo Suono - domenica 22 febbraio 2026, ore 15:30 –nell’ambito dei “Pomeriggi musicali al MIC”. Formato da quattro musicisti di eccellenza, il quartetto propone un programma che attraversa capolavori del Barocco e del Classicismo, fino alle prime aperture del Romanticismo, celebrando il flauto insieme agli archi in un dialogo sonoro ricco di sfumature.

L’ultimo dei “Pomeriggi musicali al MIC” - domenica 15 marzo 2026, ore 15:30 – vede protagonista un altro grande virtuoso, il clavicembalista Roberto Loreggian, con le celeberrime Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, opera presentata nella sua originaria veste sonora, eseguita sul clavicembalo. Loreggian è uno dei massimi clavicembalisti del panorama internazionale.

Per il concerto di chiusura - giovedì 26 marzo, ore 21 – al Teatro Masini, torna all’Emilia Romagna Festival il grande cantautore, pianista e compositore Raphael Gualazzi con una produzione che attraversa l’essenza della sua parabola creativa, spaziando dall’improvvisazione jazzistica a ispirazioni del repertorio africano – americano, fino a divertissements su celebri temi della canzone italiana e della tradizione operistica e a una selezione delle composizioni dello stesso Gualazzi che raccontano il suo percorso musicale. Affiancato da Anders Ulrich al contrabbasso e Gianluca Nanni alla batteria, Gualazzi (voce e pianoforte) regalerà al pubblico un raffinato e sentito omaggio alla musica acustica.

IL FESTIVAL

Transmissions al Rasi omaggia “Deserto rosso”

Transmissions Festival torna a Ravenna da giovedì 20 a sabato 22 novembre con un omaggio a Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni, film-culto del 1964 girato in città e divenuto nel tempo riferimento trasversale per musicisti e artisti di tutto il mondo. A partire da questa edizione il format del festival sarà incentrato su un asse tematico per tutto il prossimo triennio, con la direzione artistica del team di Bronson guidato da Chris Angiolini. Tra i nomi in arrivo al teatro Rasi per celebrare la diciassettesima edizione del progetto Stephen O’Malley, architetto sonoro e fondatore dei leggendari Sunn O))), maestro del drone/doom; il sestetto libanese SANAM, con il suo amalgama unico di psichedelia, jazz, canto tradizionale arabo e poesia contemporanea; il cantautore texano Micah P. Hinson; la musicista, filmaker e scrittrice irlandese Hilary Woods, a Transmissions in una delle sue rare esibizioni live (unica data italiana) per presentare il suo ultimo album “Night CRIÚ” in uscita a fine ottobre per Sacred Bones; Index For Working Musik, quintetto londinese che scava nel post-punk e nell’art-rock; WOW, gruppo cult della scena romana capitanato dal duo China Blu e Leo Non.

A impreziosire il cartellone, due progetti speciali curati da Bruno Dorella – musicista e sound designer, fondatore di OvO e figura cardine dell’underground italiano – che insieme a Roberta Sammarelli (Verdena) sonorizzerà “Il Gigante di Ravenna”, storico documentario del 1957 diretto da Fernando Cerchio; e Adriano Zanni – fotografo e compositore, autore di field recording e paesaggi elettroacustici legati alla memoria dei luoghi – che presenterà ANIC, indagine sonora e visiva sul paesaggio industriale ravennate.

Da Eugenio Finardi fino a Enrico Ruggeri, i concerti del Teatro Socjale

Tra i protagonisti a Piangipane anche gli Inti-Illimani e il jazzista Remo Anzovino

Intanto a Ravenna è partita la 33esima stagione del Mama’s

Oltre agli spettacoli teatrali di cui si parla nel cartellone di Ravenna (a pagina 54), il Teatro Socjale di Piangipane ha annunciato la 36esima edizione della stagione di concerti che spaziano tra rock, jazz e cantautorato. La prima parte prenderà il via il 7 novembre, con “Tutto” di Eugenio Finardi, una performance che ripercorre la sua storia e i successi in versione acustica, accompagnato dalle chitarre e i cori di Giuvazza Maggiore. Il secondo appuntamento, il 14 novembre, è con il rock’n’roll dei Black Ball Boogie Venerdì 21 andrà invece in scena un ricordo di Ennio Morricone, con la performance di Alessandro De Rosa, compositore, direttore d’orchestra e biografo del Maestro. Si prosegue il 28 novembre con il sound dei Funkorama, che per l’occasione saranno accompagnati alla chitarra da Aldo Betto dei Savana Funk (sul palco anche con Ghali) e alla voce e chitarra da Jury Magliolo (che ha collaborato anche con Cesare Cremonini e Renato Zero).

Il 5 dicembre il Socjale riscopre la sua vocazione primaria, quella del Jazz, con il live di Remo Anzovino L’appuntamento più atteso di questa prima parte della stagione è invece quello con Enrico Ruggeri che domenica 7 dicembre ripercorrerà i suoi migliori successi accompagnato da 24 elementi dell’orchestra di archi e fiati, diretti da Dino Gnassi, oltre alla tradizionale rock band.

Il 12 dicembre Kathya West (voce), Alberto Dipace (pianoforte), Danilo Gallo (contrabbasso) “destrutturano” i Pink Floyd, con “The last coat of pink”. Venerdì 19 si torna in Italia, con l’omaggio a due grandi cantautori e alla loro passione per gli Usa: Borderlobo, Ellade Bandini e Flaco Biondini presentano “De Andrè e Guccini: Genova, l’Emilia e il West”.

La prima parte della stagione si chiude appena dopo le feste, venerdì 9 gennaio, con la black music di Nudha (Sara Zaccarelli) che alterna pezzi originali ai classici del genere.

Fuori cartellone invece, l’evento speciale di sabato 8 novembre: il doppio concerto degli Inti-Illimani, storica band cilena si che esibirà alle 18.30 e alle 21.30.

Da segnalare in questo spazio anche l’attività di un altro club di Ravenna e dintorni: sono ormai 33 le stagioni del Mama’s Club (in via San Mama), quest’anno con una nuova direzione artistica, affidata a un team composto da Gianni Arfelli, Marco Pierfederici e Marco Zanotti. Articolato tra le serate del venerdì (con arte, teatro, musica e letteratura, e con uno sguardo particolare alla creatività del nostro territorio) e del sabato (live music), il cartellone del Mama’s propone alcuni appuntamenti da non perdere per gli appassionati in particolare della musica “dal mondo”. Tra i tanti artisti che saliranno sul palco in questi primi mesi, il duo italo-brasiliano As Madalenas (8 novembre), Lolo (il 29, con due griot africani), ancora musica brasiliana il 6 dicembre con il duo Dos Santos e Bianchetti; Miscellanea Beat (duo formato da Gionata Costa dei Quintorigo e Massimo Marches, il 13 dicembre) e il 10 gennaio Fusai Fusa, che esplora l’incontro tra sonorità mediorientali, ritmi magrebini e psichedelia con strumenti tradizionali, sintetizzatori ed elettronica.

ROCK CLUB

Al Bronson in arrivo i Turin Brakes

È ripartita anche la stagione del Bronson, rock club di Madonna dell’Albero tra i più importanti a livello regionale e nazionale.

Al momento di andare in stampa, il cartellone non era definitivo, ma possiamo citare qualche concerto confermato e di caratura. Giovedì 27 novembre l’appuntamento è con le americane The Darts (garage rock), mentre il 6 dicembre sarà di scena una delle cantautrici più interessanti della nuova scena italiana, Mille (nome d’arte di Elisa Pucci). Dal 12 al 14 dicembre torna poi il festival

“Passatelli in Bronson”, in collaborazione con la rivista Rumore e dedicato a realtà emergenti del panorama alternativo italiano. Nel 2026 da segnalare il vero e proprio evento del 6 febbraio, con i londinesi Turin Brakes (britpop) e il concerto del 15 marzo del cantautore americano Shawn James.

Sara Zaccarelli, in arte Nudha, attesa al Socjale il 9 gennaio
Foto Federico Berti

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