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È Marco Morosini il personaggio di copertina di questo numero, un artista e designer che attraverso una pittura pop e ironica ci invita a riflessioni sul presente. Entrando nel cuore della rivista, incontriamo: Alex Leardini, che dà vita a Vespe dal cuore elettrico; Eva Germani, designer e decoratrice che realizza carte da parati artistiche; e Samuele Rosa, economista per il Fondo Monetario Nazionale che unisce visione globale e radici locali. Rosita Boschetti ci guida nei Musei Casa Pascoli, e Ambrogio Borsani ci racconta l’idea dietro la dimora d’arte contemporanea RiBo104. Festeggiamo i 200 anni del Conservatorio Lettimi, il patrimonio di immagini del fotografo Marco Pesaresi, e i trent’anni dell’associazione sportiva La Pedivella. Infine, incontriamo i fondatori di ‘Cercami’, l’app che mappa le chiese d’Italia. Buona lettura!
DI ANDREA MASOTTI
Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it
Anno XXV N. 4 novembre/dicembre
Reg. di Tribunale di Forlì il 20/12/2000 n.34
Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Lucia Lombardi
Artwork e impaginazione: Francesca Fantini Ufficio commerciale: Gianluca Braga
Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 17/11/2025
Collaboratori: Alberto Crescentini, Milena Massani, Nicola Luccarelli, Cristina Righi, Marcello Tosi, Flavio Semprini. Fotografi: Enrico De Luigi, Mattia Di Marco, Fondazione Meeting per l’Amicizia fra i Popoli ETS, Raoul Grandolfo (foto di copertina), Elena Morosetti, Tommaso Morosetti, Fabrizio Petrangeli, Claudio Selvagno, Oliviero Toscani.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

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04 PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA

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IMMAGINI

47 SPORT IL PIACERE DI CAMMINARE 50 TECNOLOGIA
RIMINI | Il Gruppo SGR Rimini è tra le 17 aziende dell’Emilia-Romagna insignite del Best Managed Companies Award 2025, il riconoscimento promosso da Deloitte Private per valorizzare le eccellenze imprenditoriali del made in Italy: “Tra i criteri di valutazione,” afferma Ernesto Lanzillo, partner Deloitte, “cresce il rilievo della cyber security, oggi elemento chiave per la competitività aziendale.” La premiazione si è svolta presso la Borsa Italiana, con il supporto di Elite-Gruppo Euronext, Piccola Industria Confindustria e Altis Graduate School of Sustainable Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Siamo orgogliosi di ricevere per il sesto anno consecutivo questo premio,” commenta Matteo Monetti, responsabile Human Resources di Gruppo SGR. (L.L.)

RIMINI | Il territorio riminese è stato nominato come migliore area vitivinicola dell’anno dalle Guide de L’Espresso 2026. Il premio è stato consegnato dal romagnolo Luca Gardini, curatore delle guide, tra i massimi esperti del vino italiano e internazionale, a Sandro Santini, presidente della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Rimini e rappresentante dei produttori Rimini DOC. Il riconoscimento celebra il percorso avviato nel 2021 da sedici aziende che hanno scelto di unire le forze per valorizzare il territorio e la Rebola, vino bianco simbolo dell’identità riminese. “Con Rimini DOC e RiminiRebola,” sottolinea Santini, “abbiamo trasformato il vino in ambasciatore del territorio e ricordo autentico.” (L.L.)


MICHELLE
SALUTA X FACTOR
RICCIONE | La Perla verde ha accolto con calore Michelle Lufo, 24 anni, dopo l’avventura a X Factor che l’ha portata fino al quarto Live grazie a un sound elettronico personale e una presenza scenica autentica. Cresciuta tra mare e musica, Michelle ha iniziato nel coro di voci bianche, poi a 16 anni la scrittura e, a 18, la scuola di canto al Musicantiere, mentre lavorava come cameriera. Alle audizioni ha colpito con Al telefono di Cesare Cremonini. In città si è formata tra piccoli festival e collaborazioni con producer riminesi: col tempo si è appassionata all’elettronica, intrecciando parole incisive e immagini vivide con sonorità leggere, costruendo quell’estetica eterea e diretta che oggi la distingue. (L.L.)


Racconta la vita con un sorriso che sa punzecchiare, Marco Morosini. Nei suoi lavori, l’ironia non è decorazione: è uno sguardo lucido sul presente, un invito a riflettere sulle contraddizioni quotidiane, tra memoria e desiderio, arte e design, materia e gesto. Le sue opere mescolano colori pop, oggetti comuni e memorie personali per creare universi profondi, dove ogni dettaglio diventa racconto, ogni gesto creativo dialogo con chi osserva, e ogni forma contiene una riflessione profonda sul nostro tempo.
Artista e designer, classe 1972, Morosini è cresciuto tra i colori della riviera e i profumi della campagna, dove il nonno materno Luigi gli metteva in mano gli attrezzi anche dopo un trenta agli esami, insegnandogli il valore del fare con le mani e dell’ingegno. “Nato al Boncio,” come ama dire lui, oggi vive a San Giovanni in Marignano. Nel 2001 ha aperto lo studio a Pesaro, dove lavora con la moglie Barbara Marcolini, con cui ha creato il marchio Brandina. Hanno una figlia, Mar-
gherita, che studia a Milano. Radici solide, ma sempre in movimento: “Sono un uomo di confine e mi piace dare nuova vita a ciò che rischia di scomparire.” Il suo percorso è quello di un artista eclettico, capace di attraversare linguaggi e discipline senza restare incasellato in schemi rigidi. Dopo gli studi all’Istituto d’Arte Mengaroni e all’ISIA di Urbino, si forma in Germania, all’Università di Augsburg, prima di approdare a Fabrica, il centro creativo voluto da Oliviero Toscani e Luciano Benetton. “Con Toscani ho imparato la libertà del pensiero. La comunicazione non è decorazione, ma verità visiva,” racconta Marco. “Era un precursore: vedeva le cose vent’anni prima degli altri.” Da allora lavora tra grafica, arte e design, con un linguaggio riconoscibile, pop, sempre legato all’identità e alla memoria. Ha collaborato con Ferrari, Maserati, Lamborghini, Valentino Rossi VR46, Alberta Ferretti, Iceberg, Regione Emilia-Romagna e altri brand internazionali, ed è stato protagonista di mo-
stre personali tra Cattolica, Rimini, Pesaro, Milano, Vicenza, Los Angeles, San Francisco e Miami.
Nel suo studio pesarese – “il primo e unico che abbia mai avuto” – convivono oggetti, immagini e materiali che raccontano trent’anni di creatività: dal progetto Brandina, borse nate dai tessuti delle sdraio da spiaggia, alla prima boutique iconica di Cattolica, al recupero del Castello di Granarola, modello di architettura affettiva e sostenibile, fino al Circolo delle Bocce, spazio di arte e convivialità che restituisce al territorio la sua anima popolare. “Il Circolo è un omaggio alla nostra terra, ai legami che resistono, alle tradizioni che meritano di essere ricordate.”
L’ultima tappa è Gran Buffet, “un atlante del nostro tempo”, alla Falegnameria di Palazzo
FONDATORE INSIEME
ALLA MOGLIE DEL MARCHIO BRANDINA, MOROSINI LAVORA
TRA GRAFICA, ARTE E DESIGN CON UN LINGUAGGIO
RICONOSCIBILE E POP.
CON LA MOSTRA GRAN BUFFET, LA
PITTURA DIVENTA
RIFLESSIONE SOCIALE E CULTURALE.

Mosca a Pesaro, catalogato da NFC Edizioni di Rimini. Una mostra ironica e potente, dove il linguaggio grafico si fa pittura e la pittura diventa riflessione sociale e culturale. “Nasce da una fame doppia: estetica e umana. È una tavola imbandita di immagini e pensieri: un invito a guardare ciò che consumiamo, ma anche ciò che ci consuma.” La memoria si fa materia viva: una forchetta gigante, omaggio a Bruno Munari, diventa simbolo di appetito collettivo; una tavola imbandita riflette desideri e paradossi della nostra epoca. “Le cose nuove mi affascinano. La forchetta di Gran Buffet è sintesi: comunica un messaggio e dà emozione. Non è fare scuola a nessuno, ma raggiungere una sintesi che per me è importante.” La mostra è dedicata al padre Mario: “Dentro c’è anche la sua memoria. È un dialogo tra generazioni e linguaggi.” Il filo che unisce passato e futuro è l’ironia, capace di scardinare la superficie e ridare senso al quotidiano. Cattolica resta un punto fermo: “Le radici non sono dove nasci, ma dove sono sepolti i tuoi nonni. È lì che impari a capire chi sei. Da lì nasce tutto questo: un’arte che racconta la vita con un sorriso, anche quando punge.”
Entrare in Gran Buffet con Morosini significa esplorare la sua mente, tra ironia e coscienza, materia e memoria. La pittura – approdo recente – diventa terreno di confronto con il presente. “Dopo anni di sperimentazioni sentivo il bisogno di tornare al gesto. L’intelligenza artificiale può fare tutto, ma non può metterci il respiro. La pittura mi riporta alla fisicità, alla lentezza del fare, all’errore umano che diventa verità.”
Le grandi tele nascono da un linguaggio ibrido, tra grafica, cartellonistica, pittura e street art. Morosini recupera tecniche dei cartellonisti anni Sessanta – mascherature, scotch, stratificazioni di colore – e le mescola con acrilici e spray. “Non vengo dalla pittura classica, ma dal design, quindi dipingo come un grafico: con precisione e libertà. Mi interessa che il colore dialoghi con la materia, che la superficie diventi racconto, che ogni

gesto racchiuda significati.”
I supporti sono sempre scelti o costruiti a mano e sostenibili: vecchi lini militari, tele di recupero, tende, tessuti industriali. “Ogni materiale ha una storia, un’identità. Io la accolgo, la lascio parlare. È anche un gesto etico sul consumo, sullo spreco.” Tra le opere più emblematiche spiccano Wonder Mother, simbolo di maternità collettiva e fragile, e gli ‘omini’ – silhouette umane presenti dal 1998 – immersi in un mondo di oggetti e simboli quotidiani. “L’omino siamo noi, un prodotto. Il mio è un invito a una presa di coscienza, ma con leggerezza.” C’è spazio anche per l’interazione: opere ‘intonacate’ che il collezionista può rompere con un martello, rivelando scritte nascoste. “Chi rompe l’opera ne diventa parte. È un modo per restituire all’arte la sua dimensione esperienziale e


LA MOSTRA È
DEDICATA AL PADRE
MARIO: “DENTRO
C’È ANCHE LA SUA MEMORIA. È
UN DIALOGO TRA GENERAZIONI
E LINGUAGGI.” IL FILO
CHE UNISCE PASSATO
E FUTURO È L’IRONIA, CAPACE DI SCARDINARE
LA SUPERFICIE
E RIDARE SENSO
AL QUOTIDIANO.
profondamente umana.” Una visione lucida quella rivolta alla tavola quotidiana dell’esistenza, piena di eccessi e contraddizioni. “Siamo nel pieno dell’abbondanza, eppure restiamo affamati. Di senso, di tempo, di verità.” Tra colore, intonaci, spray, resine ecologiche e tracce di vita vissuta, emerge un artista eclettico e contemporaneo, che continua a cercare con il coraggio di chi sa ancora sporcarsi le mani per raccontare il mondo, con ironia, sensibilità e concretezza. Oggi la ricerca di Morosini esplora ritratto e autoritratto, unendo pittura e tecniche fotomeccaniche. “Non so disegnare nel senso classico, e forse è la mia forza. Mi ha insegnato a essere sintetico, a cogliere l’essenza delle cose.” Si definisce artista ‘rinascimentale’: “Non mi piace chiudermi in una categoria. L’importante è non smettere di cercare.”



40 anni a fare e rifare questa cosa: mettere l’accento.
Non nel senso grammaticale del termine, quello è facile. Quello, ormai, lo fanno anche le IA.
Mettere l’accento nel senso di scegliere: decidere dove va il peso, dove si posa lo sguardo, dove una parola smette di essere solo suono e diventa senso.
L’accento è un elemento minuscolo, quasi invisibile. Ma senza, tutto diventa piatto. Senza, una storia è solo cronaca, un progetto è solo tecnica, una voce è solo rumore.
L’abbiamo scritto con le lettere, adesso. Perché i numeri non bastano a scandire il tempo quando il tempo è fatto prima di tutto di persone. E noi siamo questo: persone che hanno scelto di stare qui, a Forlì, con il cuore piantato in Romagna e la testa rivolta al mondo.
Dal 1985 abbiamo visto cambiare tutto. La comunicazione ha vissuto tre, quattro, forse cinque rivoluzioni da quando è nata la nostra agenzia.
Noi siamo sempre cambiati con lei. Non per sopravvivere, ma per essere – essere quello che il momento chiedeva, o ciò che ancora non sapeva di volere. Per la comunità a noi più vicina, così come per i mercati internazionali. Per chi insieme a noi ha scommesso sull’innovazione quando ancora non era cool chiamarla così, o sulla sostenibilità quando ancora – fatta così – nemmeno esisteva.
Per i nostri quarant’anni abbiamo guardato indietro, alla strada percorsa, e abbiamo scoperto una cosa: dei nostri clienti principali, il 70% è con noi da più di dieci anni. Il 40% da quasi venti anni. Quindi è questo che, nel tempo, per noi è rimasto davvero immutato. L’importanza delle connessioni vere. Non quelle rapide, che bruciano in un like. Quelle genuine. Quelle che si costruiscono parola dopo parola, progetto dopo progetto, anno dopo anno. Quelle che lasciano il segno.
Perché mettere l’accento, per noi, significa cercare di scegliere sempre ciò che conta davvero.
Non è solo un numero, è la nostra forza. Quaranta volte grazie a chi ci ha scelte e scelti fin qui. E grazie a chi sceglierà di mettere l’accento insieme a noi nei prossimi anni.
ALEX LEARDINI DÀ VITA A UNA VESPA ANCORA PIÙ SPECIAL
Galeotte furono quelle officine di famiglia. Dal bisnonno, telaista alla Benelli, al nonno, meccanico a Cattolica, per finire naturalmente al padre, che aveva – e ha tuttora – un’officina a Rimini dove rimette in sesto biciclette e moto. Tre generazioni intere non potevano che lasciare un’impronta in Alex Leardini, 36 anni, che è rimasto legato a doppia mandata a quell’ambiente, a quegli odori annusati e amati sin da bambino. “Avevo appena cinque anni e sapevo già ‘ciucciare’ la benzina dal serbatoio per travasarla altrove,” ricorda Alex. “Quando facevo le superiori, poi, d’estate lavoravo proprio nell’officina di mio babbo, per otto ore al giorno, così come da ragazzino correvo con i go-kart, le moto da cross e intanto facevo i miei esperimenti.”
Già, gli esperimenti. Perché la passione di Leardini, poi diventata professione, è quella di trasformare le moto. Con in bacheca una laurea in Ingegneria
ALEX LEARDINI, INGEGNERE MECCANICO
CRESCIUTO CON LE MANI NEI MOTORI, CON IL SUO MARCHIO
RETROKIT TRASFORMA
LE ICONICHE VESPE
VINTAGE IN VEICOLI
ELETTRICI, SOSTENIBILI E OMOLOGATI IN ITALIA.
meccanica con specializzazione in automazione robotica, Alex capisce che la sua strada è quella.
“Presi una Honda 750 Four,” rivela, “la smontai completamente e ne feci una Cafè Racer. Quella fu la mia prima moto modificata. La portai a fare degli Show Bike, categoria moto stese, e vinsi sia a Verona che a Misano. Da allora
cominciai a farne altre, per clienti e amici, inventandomi il logo
Motoveloci srl. Ho collaborato con aziende, ho fatto utili esperienze sulla progettazione, dall’idea alla realizzazione finale.”
Il solco è tracciato e nel 2018 viene alla luce l’attuale brand Retrokit. “Tutto è nato vedendo la mia vecchia Vespa, un cinquantino modificato a 140 cc, inutilizzata in un magazzino. Grazie anche all’aiuto di Leonardo Ubaldi, un mio amico ingegnere che mi dà ancora una mano, in quel 2018 viene alla luce la prima Vespa elettrificata in Europa. Avevamo creato un prototipo e ci divertivamo.
Da allora è iniziato un percorso per farlo diventare un’azienda e un business profittevole. Ed è proprio durante questo percorso che ho capito le potenzialità che poteva avere Retrokit.”
Ci sono però degli ostacoli, neppure così facilmente superabili.
“Lo scoglio più grosso è stato quello relativo all’omologazio-

IL CLIENTE-TIPO “È SOPRATTUTTO
CHI POSSIEDE UNA VESPA UTILIZZATA IN GIOVENTÙ. PERSONE
CHE VOGLIONO
RIVIVERE CERTE
EMOZIONI. MOLTI
HANNO LA VESPA
DALL’ADOLESCENZA
E DESIDERANO RIMETTERLA IN STRADA.”
ne,” ammette Leardini, “ci siamo scontrati con la burocrazia italiana. Richieste ne avevamo, ma l’omologazione ancora non c’era. Solamente nel 2022 siamo riusciti a ottenerla grazie al decreto retrofit. Ma non è stato un percorso semplice e sono stato pure costretto a privarmi della mia Honda 750 Four per sostenere delle spese. Sistemato finalmente questo aspetto, con il marchio registrato e l’omologazione ricevuta, nel 2023 abbiamo cominciato a vendere e adesso questa azienda dà lavoro a una decina di persone.” Ma chi è il cliente-tipo che si rivolge a Retrokit per far elettrificare il proprio mezzo? “Parliamo soprattutto di quarantenni e cinquantenni che possiedono una Vespa utilizzata in gioventù,” risponde Alex. “Persone che vogliono rivivere certe emozio-

ni, ricordi, sensazioni. Molti di loro hanno la Vespa dall’adolescenza e desiderano rimetterla in strada. Possiamo anche fare un restauro: verniciatura, zincatura e quant’altro. Siamo la boutique che fa il vestito su misura,” sceglie una suggestiva metafora Leardini, a sua volta appassionato – e non poteva essere altrimenti – delle due ruote. “Vado in giro abitualmente con una Vespa 50 del ‘67, una moto passata di mano in mano per tre generazioni. E sono convinto che un giorno su questa Vespa salirà mio figlio Brando, che adesso non ha neppure un anno,” guarda avanti Alex, che nella sua Retrokit coinvolge pure la moglie Sara. “Mi dà una grossa mano nel marketing, orchestra praticamente tutto.”
L’approccio al green di Leardini è più che consolidato. “Viaggio
in elettrico già da qualche anno e penso che non tornerò più indietro. Sto facendo inoltre i lavori per il fotovoltaico qui in azienda, sono quasi 500 mq, il capannone è di famiglia.”
Per ciò che riguarda una passione extra-lavorativa, un hobby, Leardini non si discosta da quelle linee guida che hanno fin qui caratterizzato la sua esistenza. “Tutto ruota sempre attorno alle due ruote: mountain bike, moto da cross. Insomma, dove ci si sporca.”
Retrokit si è dunque distinto grazie a queste elettrificazioni e restauri, in particolare della Vespa. Ma un ulteriore sogno nel cassetto? “Vorrei diventare un costruttore completo di scooter, una moto disegnata da me, pronta ad essere messa sul mercato. E il 2027 potrebbe essere il momento giusto.”


In un mondo dell’interior design sempre più attento all’identità visiva e all’atmosfera degli spazi, Eva Germani rappresenta una voce autentica, radicata nella tradizione artistica italiana ma capace di parlare un linguaggio contemporaneo. Designer e decoratrice riccionese, Germani ha trasformato la sua lunga esperienza nel restauro d’arte in un percorso creativo personale e riconoscibile, fatto di carte da parati evocative, scenografiche e poetiche. Le sue creazioni, tra fiori, animali e suggestioni retrò, sembrano nate per raccontare storie. Opere che vivono tra texture materiche e dettagli pittorici, capaci di restituire profondità emotiva agli ambienti. Con laboratori a Riccione e Montefiore, collabora con architetti e designer per dare vita a progetti dallo stile bohémien e dall’impronta fortemente narrativa. “Per vent’anni ho lavorato come restauratrice a contatto con opere meravigliose. È stato un periodo prezioso, anche perché i miei genitori facevano questo mestiere. L’Italia è un luogo dove l’arte si respira ovunque, ma il mio immaginario affonda le radici nei ricordi d’infanzia: le
EVA GERMANI È
UNA DECORATRICE
SPECIALIZZATA IN CARTE DA PARATI DI DESIGN, VINCITRICE, NEL 2019, DEL GERMAN
DESIGN AWARD
CON LA SUA CARTA
NIVEUM. TRA LE SUE
COLLABORAZIONI
FIGURANO NOMI
DI GRANDI FIRME
COME ARMANI E
PUBBLICAZIONI SU
RIVISTE ITALIANE E INTERNAZIONALI.
pareti annerite di fuliggine nella casa dei miei bisnonni vicino ai Monti Sibillini, le case abbandonate dove giocavo bambina. Ricordi che ancora oggi plasmano la mia estetica, fatta di bellezza disinvolta, mai patinata.” Nel 2014 Germani entra a far parte del team creativo di Wall&Decò, azienda italiana di carte da parati di design. Un traguardo importante, coronato nel 2019 con il German Design Award per la carta Niveum. Ma il suo mondo non si ferma qui: tra le sue collaborazioni figurano nomi come Armani, Erika Cavallini Semicouture, Liviana Conti, Francesca Orsi, Raw Milano. Le sue opere sono apparse su testate come Vogue Italia, Marie Claire, Elle Decoration, AD e molte altre.
“Uso tinte naturali su carte da pacchi o garze. Supporti fragili, che considero una scelta non solo estetica ma esistenziale: parlano della transitorietà, del continuo sfiorire e rinnovarsi. La

mia è una pittura ruvida, poco rifinita. Da lontano può sembrare delicata, ma avvicinandosi si percepisce una certa crudezza, una tensione. Mi interessa la materia, l’imperfezione, ciò che è vivo. A questa definizione aggiungerei forse anche una certa nostalgia.”
Quando le chiedo come nasce una collezione, la risposta rivela la sua natura istintiva: “Immagino ogni carta come una quinta teatrale. Un disegno che fa dà sfondo ai nostri gesti quotidiani, un sipario dietro cui si muove la nostra vita. L’estetica ha un impatto profondo sul nostro sen-
tire, come il cibo o le relazioni. Per questo cerco di creare immagini che infondano armonia, benessere. Fiori, foglie, animali, sono presenze naturali che comunicano con la nostra parte più intima.”
Il suo processo creativo si muove tra intuizione e disordine, tra rigore tecnico e ispirazione improvvisa: “Sono piuttosto caotica. Spesso comincio la giornata con un’idea chiara in mente, poi finisco per fare tutt’altro. Quando posso, lavoro da casa, trasformandola in un altro laboratorio. È il mio modo di stare nel mondo: aperta alle deviazioni, ai cambi di rotta.”
Eva lavora tra due studi: uno a Riccione, l’altro a Montefiore. Spazi fisici diversi, ma anche luoghi mentali in cui prende forma la sua visione. Una visione che spesso si intreccia con quella di architetti e designer, in progetti dove la decorazione diventa parte integrante dell’identità visiva di uno spazio. “In genere chi mi

contatta conosce già il mio lavoro e lo stile che propongo, quindi c’è già una certa sintonia iniziale. A volte ricevo una moodboard da seguire, altre volte invece mi si lascia carta bianca: mi vengono presentati gli spazi e tocca a me immaginare. In questa fase è fondamentale l’aiuto di mia figlia Francesca, scenografa, che ormai è parte attiva nel processo creativo.”
Accanto all’attività di design, Eva porta avanti anche un progetto con il garden designer Daniele Corbelli: una linea di complementi d’arredo in cui le sue carte pittoriche si fondono con materiali e forme contemporanee. Oggetti unici, in bilico tra arte e funzionalità. In tutto il suo lavoro si percepisce una profonda coerenza. Ogni parete, ogni bozzetto, ogni superficie decorata dall’artista sembra voler raccontare qualcosa che va oltre il visibile. Una memoria, un’emozione, un sogno. “La decorazione
“IMMAGINO OGNI CARTA COME UNA QUINTA TEATRALE. UN DISEGNO CHE FA DÀ SFONDO AI NOSTRI GESTI QUOTIDIANI,” RACCONTA GERMANI. “MI PIACE PENSARE CHE I MIEI LAVORI POSSANO OFFRIRE PICCOLI SPAZI DI POESIA.”
può diventare una forma d’arte se guidata da un’intenzione autentica. Credo nel potere evocativo delle immagini. Mi piace pensare che i miei lavori possano accompagnare le persone nel loro quotidiano, offrendo piccoli spazi di bellezza, raccoglimento,
poesia.” Eva Germani abita un mondo che fonde tradizione e intuizione contemporanea, artigianalità e visione. La sua è una pittura che veste le pareti ma tocca le emozioni. Un’estetica imperfetta, ruvida e gentile, come la vita.


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Da Riccione a Washington, passando per Bruxelles e Francoforte: quella di Samuele Rosa, classe 1969, è la storia di un talento cresciuto tra le onde dell’Adriatico e approdato ai vertici delle istituzioni economiche internazionali. Bocconiano, con esperienze in Commissione Europea, BCE e dal 2001 al Fondo Monetario Internazionale (FMI), oggi segue programmi di aggiustamento strutturale nei Paesi in via di sviluppo. Un percorso globale costruito con rigore, ma che non ha mai reciso il legame con la sua Romagna. Il suo percorso europeo e internazionale ha influenzato la sua visione dell’economia: “Premetto che le opinioni espresse non riflettono necessariamente quelle del FMI. Fin dalla tesi sui differenziali di crescita tra regioni ho compreso che gli esiti economici non dipendono solo da variabili tecniche: contano la storia, le istituzioni, il grado di fiducia e di cooperazione
SAMUELE ROSA
HA COSTRUITO UNA
CARRIERA NEGLI
ORGANISMI EUROPEI
E GLOBALI, VIVENDO
IN PRIMA LINEA LA NASCITA DELL’EURO
E LAVORANDO OGGI
SU PROGRAMMI PER I PAESI IN VIA DI SVILUPPO.
dentro una società. Lavorando su Paesi con fragilità diverse, ho visto quanto la qualità del capitale umano e sociale sia spesso decisiva quanto la disciplina di bilancio. Questa consapevolezza mi ha tenuto lontano dalle semplificazioni e mi ha reso attento alle condizioni iniziali, ai vincoli e alle libertà di ciascun popolo. Tutto questo, in fondo, è molto romagnolo: lì impari che il valore nasce dall’incontro tra persone, non solo da equazioni eleganti.”
Rosa non aveva assolutamente immaginato una vita all’estero. “Perfino gli anni a Milano mi erano costati: mi mancavano il mare, la luce, i colori del cielo che cambiano con le stagioni, e soprattutto la schiettezza romagnola, quel modo diretto e affettuoso di stare al mondo. Mio babbo, imprenditore di Coriano, mi ha trasmesso il gusto dell’incontro: ricordo come parlava dei suoi collaboratori e clienti, convinto che un rapporto vero fosse

una parte essenziale del lavoro. Mia mamma Ingmarie, svedese, aveva portato in casa un’altra sensibilità: rigore, cura, insieme a un talento sorprendente per la cucina, imparato osservando mia nonna Nilde, di Cattolica, che se n’è andata quasi centenaria senza svelare il segreto del suo ragù. A tavola ho imparato che ascoltare gli altri è una forma di conoscenza.”
Ogni estate, Samuele Rosa torna in Romagna con tutta la famiglia, “siamo in otto: io, mia moglie Ingrida – lèttone, macroeconomista, con una dedizione straordinaria ai nostri sei figli – e i ragazzi. Ogni anno investiamo tempo e risorse per tornare. Ma per me non è una vacanza: è ricordarmi da dove vengo,” svela Rosa. “Lì ritrovo il mio orizzonte umano. E rispondo con piacere agli inviti del Meeting di Rimini o degli amici del Rotary: è importante restituire, aprire discussioni, mettere in comune esperienze che altrimenti ri-
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marrebbero chiuse nei corridoi delle istituzioni internazionali.” Nonostante la vita frenetica, è riuscito a mantenere i rapporti con gli amici di sempre: “Con Alessandro, il migliore amico, ho un legame intatto: basta una telefonata e riprendono le nostre battute feroci. La sua famiglia è di bravissimi albergatori e, anche grazie a lui, ho sempre guardato con ammirazione all’ospitalità romagnola, una scuola di umanità e di professionalità che ha fatto grande il nostro territorio.” Rosa ha vissuto in prima linea la nascita dell’euro, racconta: “L’euro è un atto di fiducia reciproca, un esperimento politico prima che tecnico. Le crisi degli ultimi anni hanno rivelato quan-
to sia necessario un gradiente democratico più forte: non si può chiedere alla sola tecnocrazia di sostenere un progetto così ambizioso. Le identità dei popoli non vanno rimosse, ma integrate. Solo così l’Europa può affrontare le sfide globali senza perdere la sua anima. Conciliare rigore e tutela dei più fragili è una questione centrale,” continua. “I programmi di aggiustamento hanno l’obiettivo di ristabilire stabilità e sostenibilità macroeconomica, ma la loro efficacia dipende dalla capacità di proteggere la spesa sociale, soprattutto sanità ed educazione. Senza questi pilastri, ogni riforma rischia di generare disuguaglianze che poi ostacolano la crescita stessa.
“AFFINCHÉ LA CRESCITA SIA DAVVERO SOSTENIBILE SERVE UNA BIODIVERSITÀ D’IMPRESA AUTENTICA. È ESSENZIALE CHE COESISTANO MODELLI DIVERSI: IMPRESE ORIENTATE AL PROFITTO, IMPRESE FAMILIARI, IMPRESE RADICATE NEL TERRITORIO.”
Il dialogo con i governi è continuo: gli interventi devono essere calibrati, realistici, coerenti con il contesto istituzionale e politico. L’economia funziona quando le persone percepiscono equità e possibilità.” Affinché la crescita sia davvero sostenibile serve “una biodiversità d’impresa autentica. È essenziale che coesistano modelli diversi: imprese orientate al profitto, imprese familiari, imprese radicate nel territorio. Questa pluralità riflette sensibilità differenti e rende il sistema più resiliente. È un tema strutturale, spesso più importante della sola redistribuzione: riguarda la qualità dell’ecosistema economico, la sua capacità di innovare e restare umano.”





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GILBERTO CECCARELLI
FESTEGGIA UNA CARRIERA DI ECCELLENZE E L’APERTURA DI UN NUOVO CENTRO INTERAMENTE DEDICATO AL COLORE.
C’è un tempo per iniziare e uno per trasmettere. Un tempo per creare e uno per condividere.
Per Gilberto Ceccarelli, fondatore di Gibo Staff Parrucchieri, il 2025 non è solo un anniversario importante: è l’anno del cambiamento, della continuità e dell’evoluzione. Trent’anni dopo l’apertura del suo primo salone a Rimini, Gilberto festeggia non solo una carriera di eccellenze ma l’inizio di un nuovo capitolo, che porta con sé un progetto ambizioso, radicato nella sua visione e potenziato da una rinnovata struttura societaria.
Chi conosce Gilberto sa quanto il suo salone sia sempre stato all’avanguardia: oggi Gibo Staff è uno spazio di 460 mq, 28 postazioni suddivise in aree specialistiche, 3
receptionist e un team di 14 persone, costantemente formato e aggiornato.
Un vero hub della bellezza, dove ogni cliente viene seguita in modo sartoriale , dalla consulenza iniziale fino alla scelta dei prodotti – sempre più orientati al naturale – e alle tecniche più attuali. Ma la vera novità in arrivo è l’apertura di un centro interamente dedicato al colore: una vera e propria ‘clinica del colore’, dove si sperimentano e applicano le tecniche avanzate, le tendenze più attuali e le soluzioni più delicate, anche per chi ha problematiche di cute o allergie. Una nuova aula sarà destinata esclusivamente a questi trattamenti specialistici, e rappresenta il cuore pulsante dell’innovazione
firmata Gibo Staff. Il 2025 segna anche un passaggio simbolico ma concreto, la nascita di una nuova società che però prenderà forma compiuta con l’anno venturo, condivisa con due collaboratrici storiche, Jonida e Federica, che da anni vivono e respirano la filosofia del salone. Sono già responsabili all’interno della struttura e ora diventano parte integrante della direzione. “È una scelta naturale,” racconta Gilberto. “Loro condividono la mia visione e saranno le custodi dei progetti futuri.”
Il nome della nuova realtà, che si affiancherà allo storico Gibo Staff Parrucchieri, sarà JGF (le iniziali dei tre soci), con la dicitura ‘by Gibo Staff’ a mantenere un legame forte con le origini. Una
IL NUOVO CENTRO È
UNA VERA E PROPRIA
‘CLINICA DEL COLORE’, DOVE SI SPERIMENTANO
E APPLICANO LE TECNICHE AVANZATE, LE TENDENZE PIÙ ATTUALI
E LE SOLUZIONI PIÙ DELICATE, ANCHE PER CHI HA PROBLEMATICHE
DI CUTE O ALLERGIE. UN PROGETTO CONDIVISO
CON LE COLLABORATRICI
E ORA NEO SOCIE JONIDA E FEDERICA.



nuova identità che non rompe con il passato ma lo rilancia, portando avanti quella stessa filosofia che ha reso il salone un punto di riferimento a Rimini.
“Credo profondamente nella crescita del team,” afferma Gilberto. “Non solo a livello tecnico, ma anche umano. È fondamentale saper ascoltare la cliente, accoglierla, comprenderne le esigenze. La formazione per me è anche educazione lavorativa.” Un concetto che va oltre la professionalità: si tratta di costruire un clima, un metodo, una relazione continua con ogni persona che
entra in salone. La formazione continua, attraverso corsi, aggiornamenti e un mentoring costante, è la colonna portante su cui si regge la qualità del servizio “Una brava professionista può avere una tecnica impeccabile, ma se non sa comunicare, se non entra in sintonia con la cliente, il lavoro perde valore,” aggiunge. Per questo ogni figura all’interno del salone viene formata sia dal punto di vista tecnico che relazionale, in un ambiente in cui la parola chiave è cura: per i capelli, per le persone, per i dettagli. “Nel 2025 celebriamo i trent’an-
ni dall’apertura del primo salone, e lo facciamo con un passo importante: condividere la mia esperienza e il mio percorso con chi ha scelto di crescere al mio fianco,” racconta Gilberto con emozione. Un traguardo che non è un punto d’arrivo, ma un nuovo inizio. “Voglio che il progetto prosegua anche quando io, progressivamente, farò un passo indietro. Ma sempre con la mia visione, condivisa e portata avanti da un team che ha interiorizzato il nostro modo di lavorare.” Un salone non è solo un luogo dove si tagliano capelli. È uno


spazio dove si ascolta, si accoglie, si consiglia. E quando, dopo trent’anni, si riesce a costruire una realtà capace di rigenerarsi, includere nuove forze e crescere senza perdere la propria identità, vuol dire che si è fatto un lavoro che va oltre il mestiere: è passione, è dedizione, è visione. Gibo Staff Parrucchieri oggi è tutto questo. Ed è pronto a scrivere il suo futuro con uno sguardo sempre rivolto avanti, ma con le radici ben piantate in una filosofia che non ha mai smesso di credere nel valore delle persone, siano esse clienti o collaboratori.

IL PROGETTO
CHE UNISCE
I LUOGHI
DELLA MEMORIA
PASCOLINIANA
AL PRESENTE

Ci sono luoghi in cui il tempo ha un valore diverso, in cui le emozioni attraversano la storia e la poesia continua a vibrare, a rimanere esperienza viva. È quello che accade a San Mauro, paese natale di Giovanni Pascoli, nella casa e nei luoghi che hanno segnato profondamente la sua vicenda umana e professionale, trasformati nei Musei Parco Poesia Pascoli, diretti dalla santarcangiolese Rosita Boschetti, che da oltre vent’anni dedica la propria vita alla ricerca e alla valorizzazione della figura e del lavoro del poeta.
“Quando nel 2002 ho iniziato a occuparmi del Museo Casa Pascoli, era appena passato alla gestione comunale,” racconta, “da quel momento mi sono appassionata agli aspetti meno noti e misteriosi, legati all’infanzia e alla giovinezza di Pascoli a San Mauro.” Grazie al sostegno delle Amministrazioni Comunali, è stato possibile sviluppare la ricerca, allestire mostre, promuovere pubblicazioni, attività didattiche e laboratoriali, visite guidate e spettacolarizzate. Nel 2019, a Villa Torlonia, è stato inaugurato il museo multimediale, completando il percorso storico e biografico avviato a Casa Pa-

A SAN MAURO, I
MUSEI PARCO POESIA
PASCOLI, DIRETTI DALLA SANTARCANGIOLESE
ROSITA BOSCHETTI, SONO PIÙ DI UN MUSEO: TRA MOSTRE, RASSEGNE
ED EVENTI, GLI OLTRE
12.000 VISITATORI
ANNUI VENGONO
ACCOMPAGNATI
CON SENSIBILITÀ E COMPETENZA IN UN DIALOGO TRA PASSATO E PRESENTE.
la direttrice, “per questo è un lavoro appassionante: è un’indagine alla scoperta di elementi che tracciano un quadro più autentico dell’uomo e del poeta.”
Valorizzare Pascoli significa dare valore alla poesia e ai sentimenti dell’uomo, ai valori di umanità e gentilezza, imparando a riconoscere le emozioni e a ripartire dalla bellezza, nonostante la sofferenza che appartiene alla vita di tutti. La poesia fa di una lacrima una perla, diceva Pascoli, trasformando il dolore in qualcosa di prezioso e unico.
scoli: un’esperienza immersiva nel mondo poetico pascoliano.
“Lo staff oggi si è ampliato,” continua Rosita Boschetti, “e rispetto ai primi anni posso dedicarmi di più alla ricerca d’archivio, alle mostre, alle pubblicazioni, al coordinamento delle attività e alla promozione di Pascoli.”
La poetica pascoliana è talmente moderna e universale da attirare ancora oggi circa 12.000 visitatori l’anno. “La sua vita è ancora poco conosciuta,” spiega
Anche per questo, spiega Boschetti, la poesia pascoliana è una risorsa per l’oggi. “In un mondo dove sembra governare la legge del più forte, il poeta ci invita a guardarci dentro, a ritrovare la bellezza delle emozioni di fronte al mistero in cui siamo immersi, una natura al tempo stesso inquietante e capace di consolare. È un’esperienza di intuizione e smarrimento che riporta in contatto con la dimensione più profonda dell’essere. Un messaggio fondamentale che secondo me Pascoli intendeva trasmettere ai giovani di tutte le epoche,” continua, “è quello di credere nei propri sogni, riuscire ad attraversare il dolore e tro-

vare la forza per dare voce alle proprie passioni. Nei suoi scritti emergono la sua umanità, la difesa delle persone più fragili, l’importanza assoluta dell’amicizia e dell’insegnamento non come semplice trasmissione di dati ma come capacità di coinvolgere e commuovere, lasciando un seme capace di germogliare in seguito. Pascoli mette al centro gli affetti famigliari, avendo la capacità di trasformare un vuoto in qualcosa che ancora vive in lui.”
La valorizzazione della figura del poeta si è concretizzata in rassegne di successo come Il Giardino della poesia e negli eventi promossi dal Comune, incentrati su
aspetti inediti della biografia: il periodo giovanile e anarchico di Bologna, gli amori, l’omicidio del padre Ruggero, il legame con le sorelle Ida e Maria. Collaborano anche Sammauroindustria, con i suoi eventi, e l’Accademia Pascoliana, che promuove nuovi studi. Dal punto di vista critico, Pascoli si colloca tra i grandi simbolisti europei: fu Gianfranco Contini che nel 1955 definì il suo linguaggio ‘rivoluzionario’. Da allora, l’interesse per il poeta è cresciuto fino a ispirare il cinema: il film Zvanì. Il romanzo familiare di Giovanni Pascoli, diretto da Giuseppe Piccioni e presentato in anteprima a Villa Torlonia Parco Poesia Pascoli, ha saputo coglierne l’animo, illuminando la metamorfosi dall’irrequieto periodo giovanile alla malinconia della maturità. “Oltre al film, per celebrare i 170 anni dalla nascita di Pa-
scoli, è stato presentato il nuovo Centro di Documentazione Pascoliano e il relativo portale di ricerca. Prossimamente,” aggiunge Boschetti, “sarà lanciato un progetto di intelligenza artificiale applicata alla didattica: un’applicazione che permetterà agli studenti di dialogare virtualmente con il poeta, scoprendone pensieri e sensibilità.”
Rosita Boschetti accompagna con sensibilità e competenza questo dialogo tra passato e presente. A San Mauro, i luoghi del poeta sono più di un museo: spazi dove la parola si fa emozione e la poesia torna a dirci che la bellezza salva sempre. Pascoli ci educa alla resilienza, alla delicatezza, alla speranza. Forse è questa la chiave della sua longevità: la capacità di parlare ancora al nostro bisogno di intimità e meraviglia, offrendo uno sguardo che sa inquietare e consolare.



MARCO RINALDI
Creatore di Gotha e ispiratore della sua filosofia, vive ogni giorno un principio semplice ma potente:
“La felicità sta nel far sorridere gli altri”.
Da questa visione nasce un impegno quotidiano che promuove la cultura del benessere a 360°, con passione e professionalità, regalando energia, fiducia e sorrisi a centinaia di amici e clienti.
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Gotha è il luogo ideale per prenderti cura di te stesso e del tuo corpo, dove ogni dettaglio è studiato per te, per la tua felicità e quella degli altri. CHIAMACI PER PRENOTARE LA TUA PROVA GRATUITA!

DA QUASI 60 ANNI, L’AZIENDA UNISCE TRADIZIONE E INNOVAZIONE
CREANDO INFISSI IN PVC E ALLUMINIO CHE CONIUGANO DESIGN, EFFICIENZA ENERGETICA E QUALITÀ ARTIGIANALE PER L’ABITARE
CONTEMPORANEO.
Ci sono aziende che non si limitano a seguire le tendenze, ma le anticipano. Infistil è una di queste. Nata nel 1967, l’azienda ha saputo crescere e rinnovarsi nel tempo fino a diventare un punto di riferimento nel settore degli infissi di qualità. Negli anni Duemila la guida è passata a Maura e al marito Lazzaro, per tutti Rino, i quali hanno dato vita a una nuova società capace di unire solidità artigianale e visione imprenditoriale. Oggi al loro fianco ci sono i figli Nicolas, ingegnere meccanico, ed Emanuele, che studia ingegneria informatica: due giovani professionisti che rappresentano la continuità e il futuro dell’azienda, portando idee fresche, competenze tecni-
che e uno sguardo attento all’innovazione.
Da quasi sessant’anni, Infistil –con la produzione a Morciano e due showroom a Misano e Pesaro – interpreta il futuro dell’abitare con soluzioni in PVC e alluminio a taglio termico, pensate per case moderne, efficienti e sostenibili. In Infistil, tradizione e innovazione non si contrappongono: si fondono, dando vita a infissi che uniscono estetica, comfort e rispetto per l’ambiente , espressione autentica del miglior saper fare romagnolo, capace di coniugare precisione tecnica e calore umano.
Oggi l’abitazione contemporanea non deve essere soltanto bella, ma anche responsabile.
Per questo Infistil propone infissi progettati per edifici a basso consumo energetico e per le sempre più diffuse passivhause, case passive, edifici sostenibili. Il PVC è la scelta ideale per chi desidera un eccellente isolamento termico e un ottimo rapporto qualità-prezzo: è resistente, versatile e richiede poca manutenzione. L’alluminio a taglio termico, invece, garantisce robustezza e leggerezza, offrendo prestazioni elevate e lunga durata, particolarmente apprezzate nelle architetture contemporanee caratterizzate da grandi superfici vetrate.
Entrambe le soluzioni rispondono a un obiettivo comune: ridurre le dispersioni energetiche,
L’AZIENDA INTERPRETA IL FUTURO DELL’ABITARE CON SOLUZIONI IN PVC E ALLUMINIO A TAGLIO TERMICO, PENSATE PER CASE MODERNE, EFFICIENTI E SOSTENIBILI. IN INFISTIL, TRADIZIONE E INNOVAZIONE SI FONDONO DANDO VITA A INFISSI CHE UNISCONO ESTETICA, COMFORT E RISPETTO PER L’AMBIENTE.

migliorare il comfort abitativo e generare un risparmio concreto sui consumi. Ma oggi l’infisso non è più soltanto un dettaglio tecnico: è diventato un vero elemento d’arredo. Infistil lo interpreta introducendo finiture ultra opache e texture sofisticate, perfette per ambienti minimalisti o più ricercati. Superfici eleganti e morbide, capaci di unire estetica e funzionalità, donando carattere e armonia a ogni spazio abitativo. Dietro ogni progetto della ditta c’è una ricerca costante che unisce tecnologia, design e cura artigianale. Un equilibrio costruito nel tempo grazie a investimenti mirati e a una conoscenza profonda del settore. È qui che entra in gioco la nuova generazione: Nicolas porta competenze ingegneristiche e un approccio orientato alla precisione tecnica
e all’efficienza produttiva, mentre Emanuele guarda alle nuove tecnologie digitali e ai materiali del futuro, contribuendo a proiettare l’azienda verso nuovi traguardi di innovazione e sostenibilità, coadiuvando il know-how dei genitori.
La forza della famiglia Infistil risiede anche nel legame con il territorio. Radicata in Romagna, l’azienda ha costruito negli anni un rapporto di fiducia con clienti, architetti e progettisti, diventando un punto di riferimento per chi desidera coniugare qualità, design e performance energetiche. Ogni infisso è il risultato di un lavoro di squadra, di una filiera corta e di un’attenzione meticolosa ai dettagli. Affidarsi a Infistil significa scegliere un partner solido e appassionato, capace di accompagnare ogni progetto –
dalla consulenza alla posa – con la precisione di chi conosce a fondo il mondo dell’edilizia e sa quanto un dettaglio possa fare la differenza. Perché un infisso non è solo ciò che separa l’interno dall’esterno: è ciò che definisce il modo di abitare.
Con quasi sessant’anni di storia e lo sguardo puntato sul domani, Infistil continua a costruire il futuro dell’abitare con la forza della tradizione, l’energia dell’innovazione e la passione di una famiglia che ha fatto della qualità la propria firma.

LE OPERE CONTEMPORANEE S’INCONTRANO
A MONDAINO: LA STORIA DI RIBO104
Ambrogio Borsani, visionario mecenate originario di Varese, ha trovato a Mondaino il luogo ideale per dare forma a ciò che ha sempre vissuto come un incontro profondo: quello con la bellezza dell’arte contemporanea. Il suo spazio, RiBo104, nome creato dalle iniziali del cognome suo e della moglie Daniela Rigotti, con l’aggiunta del numero civico della strada dove sorge in via Roma, nasce per mettere in relazione artisti contemporanei, gente del luogo e non, con il territorio, offrendo loro un luogo di incontro e di creazione. Quella che per lui era una passione, dal 2022 è diventata realtà: far dialogare le opere contemporanee con lo spazio storico rinnovato della sua dimora. Ambrogio, partiamo dall’inizio: da dove nasce la tua passione per l’arte contemporanea e quando hai sentito il bisogno di farne una parte concreta della tua vita?
“Tutto comincia negli anni Ot-
AMBROGIO, ORIGINARIO DI VARESE, E LA MOGLIE DANIELA RISTRUTTURANO UN ANTICO EDIFICIO TRASFORMANDOLO IN UN VERO SPAZIO
D’ARTE CHE METTE IN RELAZIONE ARTISTI CONTEMPORANEI E TERRITORIO, OFFRENDO UN LUOGO DI INCONTRO E DI CREAZIONE.
d’arte. Mi si è aperto un mondo, che mi ha spinto ad approfondire la conoscenza degli artisti e delle loro opere.”
Dopo una lunga carriera in banca, cosa ti ha spinto – insieme a Daniela – a intraprendere un progetto così diverso, dedicato all’arte?
tanta. Viaggiavo molto tra Africa, India e Sud America e la curiosità mi ha portato a conoscere la Galleria Armanti di Varese, dove vivevo. Lì ho iniziato a frequentare artisti contemporanei, i quali venivano spesso a casa mia: cenavamo e parlavamo
“Abbiamo sempre avuto il desiderio di creare qualcosa che potesse essere condiviso con gli altri, non solo con gli artisti. Così, nel 2011, siamo arrivati a Rimini con l’idea di riproporre l’esperienza di Varese, ma ci mancava il luogo giusto. Lo abbiamo poi trovato a Mondaino. Il nostro bagaglio di conoscenze e il patrimonio accumulato negli anni ci hanno spinto a cercare una dimora capace di diventare un vero spazio d’arte.”
Come descriveresti RiBo104?
Perché avete scelto proprio Mondaino come sede del progetto?
“RiBo104 è insieme un luogo di produzione, d’incontro e di ri-

cerca di emozioni legate all’arte. L’arte è presente sia nel contenitore che nel contenuto, grazie alla progettualità e alla cura con cui vengono realizzati gli allestimenti. La scelta doveva ricadere su un luogo storico, raccolto e non dispersivo. Mondaino ci ha conquistato proprio per questo: gli artisti sono attratti dal suo contesto autentico, immerso nella natura e intriso di storia. La dimora infatti sorge in un edificio davanti all’ex convento delle Clarisse risalente al diciassettesimo secolo.”
Dalla nascita di RiBo104 a oggi, quali sono stati momenti o incontri di rilievo per la vostra crescita?
“Dall’inaugurazione del 22 ottobre 2022, quando le sette sale hanno ospitato una mostra permanente, RiBo104 ha dato vita a una serie di allestimenti dedicati all’arte e alle tematiche sociali. Tra questi Armonie in Amore di Lorenzo Luini, sul tema del femminicidio, realizzata anche con il contributo di Sandro Sardella, già ospitato in una delle sale della dimora. Poi il 10 mag-
gio scorso si è tenuto il convegno Natura, Arte e Storia a Mondaino, dove per l’occasione è stata allestita una mostra di sculture linee dell’artista bassanese Toni Venzo ispirata alla natura, cui ha fatto seguito un allestimento presso le serre ottocentesche dell’Orto Botanico dell’Università di Urbino, dove ora si può ammirare l’opera donata dall’artista. Non si tratta ancora di vere e proprie residenze d’artista – anche se non lo escludiamo in futuro – ma le relazioni che abbiamo instaurato hanno generato scambi ric-

“RIBO104 È UN LUOGO DI PRODUZIONE, D’INCONTRO E DI RICERCA DI EMOZIONI LEGATE ALL’ARTE, CHE È PRESENTE SIA NEL CONTENITORE SIA NEL CONTENUTO, GRAZIE ALLA PROGETTUALITÀ E ALLA CURA CON CUI VENGONO REALIZZATI GLI ALLESTIMENTI.”
chi e profondi. Cerchiamo sempre di offrire agli artisti il tempo e lo spazio per lavorare in libertà durante gli allestimenti.”
Quali sono i criteri di selezione e come può un artista proporsi per una residenza a RiBo104?
“Gli artisti vengono selezionati in base al progetto presentato: la scelta è sempre legata a una tematica e a un’idea precisa. Ci interessa il contenuto e il messaggio dell’opera.”
Cosa riserva il futuro?
“Stiamo avviando nuove collaborazioni con istituzioni e per-
sonalità del mondo culturale di Urbino e non solo, che ci permetteranno di ampliare le attività di RiBo104 e di creare nuove sinergie sul territorio.”
In che modo vedi il ruolo dell’arte oggi, in una società che corre così veloce?
“Il nostro scopo è la sensibilizzazione. Vogliamo coinvolgere le persone e invitarle a fermarsi di fronte a un’opera d’arte, a una poesia o a una musica. L’arte ci chiede di pensare, riflettere, emozionarci e, quando possibile, comprendere.”


Pensi che il tuo caso sia troppo complesso?
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LETTIMI
CELEBRA
LA SUA STORIA
GUARDANDO
AVANTI
DI MILENA MASSANI FOTO FABRIZIO PETRANGELI
A settembre 2025 si sono aperte le celebrazioni per il bicentenario della fondazione del Conservatorio Lettimi, un traguardo che racconta due secoli di cultura, formazione e passione musicale. Nata nel 1825 come Scuola Comunale di Musica di Rimini, l’istituzione affonda le sue radici nel gesto illuminato del conte Giovanni Lettimi, che donò al Comune il proprio palazzo rinascimentale perché fosse destinato “esclusivamente alle scuole comunali di musica.” Da quel lascito, duecento anni di arte e di didattica hanno formato generazioni di musicisti e contribuito alla vita culturale della città.
“Essere qui oggi, in questo anniversario così importante, significa custodire un’eredità preziosa e, al tempo stesso, immaginare il futuro,” racconta il direttore Gabriele Giampaoletti (nella foto), sassofonista e da marzo 2024 alla guida del Conservatorio. La storia recente del Lettimi si intreccia con una nuova fase: dal 2023, infatti, gli istituti musicali pareggiati italiani sono diventati conservatori a pieno titolo, e dal 1 gennaio 2024 la fusione con il Conservatorio Maderna di Cesena ha dato vita


a un’unica realtà accademica, la prima in Italia nel suo genere.
“Questo progetto,” spiega Gabriele Giampaoletti, “non nasce all’improvviso, ma da un percorso avviato nel 2017. L’unione tra Rimini e Cesena permette di ottimizzare risorse, creare sinergie e ampliare l’offerta formativa, mantenendo però l’identità di entrambe le sedi. È un’opportunità per rafforzare il legame con il territorio e con le istituzioni culturali locali e nazionali.”
Oggi il Conservatorio conta circa 69 docenti di ruolo, una ventina a contratto e oltre 400 studenti iscritti ai corsi AFAM, più una sessantina di bambini nei corsi di base, a testimoniare un impegno che parte dalla formazione più giovane.
DUECENTO ANNI DI ARTE E DI DIDATTICA
HANNO FORMATO GENERAZIONI
DI MUSICISTI E CONTRIBUITO ALLA
VITA CULTURALE DELLA
CITTÀ. OGGI, SI GUARDA
AL FUTURO: PRIMA
CON LA FUSIONE CON IL CONSERVATORIO
MADERNA DI CESENA E POI CON
L’ATTIVAZIONE DEI
DOTTORATI AFAM, SOSTENUTI DA BORSE DI STUDIO.
L’attività si articola su tre fronti: didattica, produzione e ricerca. Sul piano della produzione artistica, la collaborazione con ERT, il Teatro Bonci di Cesena e il Teatro Galli di Rimini rappresenta un fiore all’occhiello: “Siamo l’unico conservatorio in Italia che ogni anno realizza un’opera lirica completa, grazie a una sinergia trentennale con ERT e il Bonci. È uno sforzo enorme, ma anche una straordinaria palestra per i nostri studenti,” sottolinea il direttore. L’opera viene allestita a Cesena, dove si tengono le prove per un mese, e si apre la stagione del teatro, poi portata anche a Rimini, al Galli. Accanto all’opera, non mancano gli appuntamenti che scandiscono la stagione accademica: il Concerto di Natale (21 dicembre), il Concerto Sinfonico (16 aprile) e le produzioni dei singoli dipartimenti – dalla mu-
sica antica al jazz – che animano teatri, chiese e spazi culturali del territorio. “Ogni dipartimento ha il diritto e il dovere di raccontarsi, e le nostre produzioni diventano momenti di incontro con la città,” continua Giampaoletti.
Sul versante della ricerca, il Conservatorio ha attivato i primi dottorati AFAM, sostenuti da quattro borse di studio distribuite tra i curricula di Musicoterapia e Neuroscienze, Nuovi Linguaggi Musicali e Storiografia e Filologia Musicale. “È un passaggio storico,” dice, “perché sancisce l’ingresso del mondo dei conservatori nella formazione di terzo livello, affiancando università e istituti di alta cultura.”
Le celebrazioni del bicentenario sono così non solo un momento di memoria, ma anche di apertura. “Il Lettimi,” conclude Giampaoletti, “è un’istituzione che guarda al futuro senza dimenticare le proprie radici. Portare la musica fuori dalle aule, nei teatri, nelle chiese, nei luoghi della città, significa far vivere davvero questa eredità. È un modo per restituire alla comunità ciò che la musica, da due secoli, dona a Rimini: cultura, bellezza e condivisione.”

DA PICCOLO FRANTOIO
FAMILIARE A IMPRESA MODERNA: L’OLEIFICIO DI FRANCESCA E ROBERTA CORAZZA
PORTA NEL
MONDO IL SAPORE AUTENTICO DELLA ROMAGNA.
C’è un profumo che da oltre sessant’anni aleggia sotto i colli di Covignano, tra gli ulivi che guardano il mare: è quello dell’olio extravergine dell’Oleificio Corazza, una delle realtà più identitarie del territorio riminese. Nato nel 1959 grazie all’intuito di Giuseppe Corazza, oggi l’oleificio è guidato dalle figlie Francesca e Roberta, che hanno trasformato la tradizione di famiglia in un’impresa moderna, dinamica e profondamente femminile.
La storia dell’Oleificio Corazza comincia come tante storie di Romagna: con la terra e le mani. Nel dopoguerra Giuseppe acquista un terreno ai piedi di Covignano, costruisce casa e, sotto di essa, la ‘bottega’: un piccolo
frantoio dove inizia a produrre e vendere olio porta a porta, nelle damigiane, alle famiglie del territorio. “Papà andava di casa in casa,” ricorda Roberta, “e l’olio era un investimento prezioso per tutto l’anno. Si produceva lentamente, con le vecchie macine di pietra, e ogni goccia aveva il sapore della pazienza.”
Negli anni Sessanta e Settanta, mentre la riviera si apre al turismo, l’Oleificio Corazza diventa fornitore di alberghi e ristoranti. È l’epoca in cui Rimini cresce e si reinventa, e l’olio Corazza entra nelle cucine e sulle tavole di un mondo che cambia. Il frantoio si amplia, i clienti aumentano, ma resta intatto il legame con qualità e genuinità del prodotto.
Negli anni Novanta Francesca e Roberta entrano stabilmente in azienda. “Siamo cresciute qui dentro,” racconta Roberta. “Da bambine ci addormentavamo con il rumore delle macine, ma solo negli anni Duemila abbiamo iniziato a cambiare davvero il volto dell’azienda.”
Le due sorelle comprendono che il mondo dell’olio sta evolvendo: servono nuove competenze, tecnologie e sensibilità . Frequentano corsi di formazione, diventano sommelier dell’olio e introducono una produzione più moderna. Via le macine di pietra, arriva il frantoio continuo, capace di preservare aromi e qualità nutrizionali. Nascono le linee monocultivar – Ghiacciola, Leccino,
LE SORELLE CORAZZA
APRONO L’AZIENDA AL MERCATO ESTERO, ALLE DEGUSTAZIONI E ALLE
VISITE AL FRANTOIO, VALORIZZANDO
LA STORIA DI UN PRODOTTO DALLA FORTE IDENTITÀ. UN IMPEGNO
RICONOSCIUTO NEL 2024
CON L’INSERIMENTO
DELL’OLEIFICIO TRA LE BOTTEGHE STORICHE DEL COMUNE DI RIMINI.
Frantoio – e il prezioso Il Paladino, frutto delle olive conferite dai produttori locali del consorzio Arpo di Rimini. “Abbiamo capito che l’olio non era più solo un alimento,” spiega Francesca. “Ma un prodotto da raccontare, con una storia e un’identità da valorizzare.”
Da questa consapevolezza nasce la svolta digitale e culturale: sito e-commerce, apertura ai mercati esteri, partecipazione alle fiere internazionali, ma anche degustazioni, visite in frantoio e giornate tematiche. “D’estate,” racconta Francesca, “accompagniamo i turisti nell’uliveto, spieghiamo le piante e il processo produttivo, poi si passa all’assaggio: la bruschetta con l’olio appena franto conquista tutti.”
L’8 marzo 2023 le sorelle ricevono il premio ‘Imprenditrici di successo: Donne per le donne’; nel 2024 l’Oleificio viene riconosciuto Bottega Storica del Comune di Rimini, un titolo che celebra la longevità dell’impresa e il suo valore culturale per il territorio. “Siamo fiere di questo riconoscimento,” sottolinea Francesca. “Rappresenta la continuità di una storia che parte da nostro padre e che oggi portiamo avanti con
passione, radici solide e sguardo al futuro.” Francesca e Roberta dirigono l’azienda con la stessa determinazione del padre. “Siamo cresciute con un valore per noi sacro: lavorare bene e con onestà. È la base di tutto.”
Accanto alla produzione olearia, le sorelle – intercambiabili nei ruoli e unite da complicità familiare – hanno sviluppato un costante lavoro di ricerca delle materie prime e collaborazione con produttori e chef . Roberta segue la selezione delle olive e gli acquisti, curando anche i prodotti complementari che completano la linea Corazza, sinonimo di qualità e filiera italiana. Francesca si occupa di marketing, eventi ed e-commerce, portando il marchio alle fiere e nelle manifestazioni dedicate al gusto. Cresce anche l’interesse dall’estero: oggi l’Oleificio Corazza esporta in Europa e realizza produzioni conto terzi. Negli ultimi anni, per rispondere alle richieste del territorio, le sorelle hanno creato una linea dedicata alla GDO , mantenendo intatta la filosofia dell’eccellenza locale. “Volevano un prodotto del territorio e abbiamo accettato la sfida,” aggiungono. “Portare il


nostro olio sugli scaffali significa diffondere cultura e qualità nella quotidianità delle persone.” Oggi l’Oleificio Corazza è molto più di un frantoio: è una storia di famiglia, guidata da due donne che hanno saputo unire radici e innovazione, artigianalità e visione, continuando a far scorrere –sotto il colle di Covignano – l’oro verde della Romagna.
IN QUESTE PAGINE, FRANCESCA E ROBERTA INSIEME AL PADRE GIUSEPPE CORAZZA PRESSO L’OMONIMA AZIENDA.

L’EREDITÀ VISIVA DI MARCO
PESARESI
VIVE A SAVIGNANO
C’è un patrimonio di immagini che racconta la modernità con sguardo inquieto e febbrile: quello del fotografo riminese Marco Pesaresi (1964-2001). Dal 2015 il suo archivio, composto da oltre 140.000 documenti – negativi, provini, stampe, fotocolor –è conservato nel cinquecentesco Monte di Pietà di Savignano sul Rubicone, grazie a un accordo di comodato tra il Comune e le eredi: la madre Isa Perazzini e le sorelle Laura e Simona Un’intesa che ha consolidato una collaborazione avviata nel 2002, legando in modo duraturo il nome di Pesaresi alla città che lo ha sempre celebrato.
Grazie a un contributo del Fondo Cultura del Ministero della Cultura, Savignano – da tempo riconosciuta in Italia e all’estero come ‘Città della fotografia’ grazie al SI Fest – ha potuto realizzare, nell’ambito di un progetto triennale, la Fototeca comunale ‘Marco Pesaresi’, inaugurata nel 2024. Un’istituzione unica in
INAUGURATA NEL
2024, LA FOTOTECA
COMUNALE ‘MARCO
PESARESI’ RACCOGLIE
E VALORIZZA L’EREDITÀ
VISIVA DEL FOTOGRAFO
RIMINESE. “L’ OBIETTIVO
È FAR SÌ CHE QUESTA
STRAORDINARIA
RACCOLTA VENGA
DIFFUSA E CONDIVISA
PER FAR CONOSCERE
PESARESI E, ATTRAVERSO LUI, LA NOSTRA CITTÀ.”
Romagna, aperta a studiosi, fotografi e appassionati, che raccoglie e valorizza un’eredità visiva di grande intensità. La Fototeca è oggi un punto di riferimento per attività di conservazione, ricerca, formazione e produzione
legate alla fotografia contemporanea.
“Avvicinarsi all’archivio di un fotografo come Pesaresi,” spiega l’archivista Giuseppe Pazzaglia, “significa entrare nel suo modo di guardare. Aprire i faldoni, osservare la sequenza degli scatti, permette di capire come si muoveva davanti a una scena, come cercava il contatto empatico con i soggetti. Marco non rubava la fotografia: si faceva guardare, instaurava una relazione. Analizzando le sequenze si intuiscono i suoi criteri di scelta, la capacità di cogliere quell’istante preciso, rivelando così la sua poetica di grande reporter umanista, immerso nella vita delle persone.”
Un patrimonio di immagini e di storie che, come sottolinea il sindaco Nicola Dellapasqua, rappresenta “un’esperienza culturale che unisce luoghi, tempi e vite diverse. Con la Fototeca,” spiega, “Savignano compie un passo importante nel suo lungo percorso legato alla fotografia.

“L’ARCHIVIO PESARESI È ORA FRUIBILE ANCHE ONLINE. LA FOTOGRAFIA È DIVENTATA PARTE DEL NOSTRO DNA CULTURALE E CONTINUERÀ A ESSERLO ANCHE FUORI DAI CONFINI LOCALI.”
IN APERTURA, IL SINDACO DI SAVIGNANO, NICOLA DELLAPASQUA PRESSO L’INGRESSO DELLA FOTOTECA. IN ALTO, IL SINDACO
INSIEME ALL’ARCHIVISTA GIUSEPPE PAZZAGLIA (IN ALTO A SINISTRA), MARIO BELTRAMBINI (AL CENTRO), FOTOGRAFO E ORGANIZZATORE DELLE MOSTRE DEDICATE
A MARCO PESARESI, E MASSIMILIANO OTTAVIANI, OPERATORE DELLA FOTOTECA.
L’archivio Pesaresi è ora fruibile anche online, grazie al processo di digitalizzazione che lo rende accessibile a tutti. Il nostro obiettivo è far sì che questa straordinaria raccolta di storie non resti chiusa, ma venga diffusa e condivisa: mostre, progetti e collaborazioni dovranno far conoscere Pesaresi e, attraverso lui, la nostra città. La fotografia è diventata parte del nostro Dna culturale e continuerà a esserlo anche fuori dai confini locali.”
La vitalità dell’opera di Pesaresi è testimoniata dal continuo interesse che accompagna le sue mostre, capaci di restituire nuovi punti di vista sul suo universo visivo. È il caso di Rimini proibita, esposizione in corso ai rinnovati Palazzi dell’Arte di Rimini, curata da Jana Liskova e Mario Beltrambini. Oltre cento
fotografie, molte inedite, esplorano una Rimini diversa, fatta di sogni, umanità e trasgressione, in dialogo con il romanzo Rimini (1985) di Pier Vittorio Tondelli. Una rilettura critica della mostra Rimini del 2003, che riporta a galla la città di fine millennio vista attraverso l’obiettivo di Pesaresi.
“Pesaresi,” racconta Mario Beltrambini, fotografo santarcangiolese, curatore e vicepresidente di Savignano Immagini e membro del comitato scientifico del Si Fest, “prediligeva il bianco e nero, perché non distraesse dal pensiero e dalla memoria. In Rimini proibita però il colore emerge con forza, rivelando quanto sapesse usarlo per dare vita a emozioni intense. Sono immagini che col tempo diventeranno documenti di un’epoca,
e che mostrano la sua capacità di cogliere il momento esatto in cui scattare. Mi piace definirle fotografie ‘da una notte all’altra notte’. Non sappiamo se Pesaresi e Tondelli si siano mai incontrati, ma qui i loro sguardi si sfiorano: diversi, eppure complementari. Insieme restituiscono la memoria di una Rimini che non si accontenta di un’unica immagine.” Dodici anni di attività, fino alla sua tragica scomparsa, sono bastati a Marco Pesaresi per costruire un archivio imponente, da analizzare e condividere con rispetto. “Le sue foto,” conclude Beltrambini, “vanno lasciate parlare da sole. Sono l’opera di un autore che diceva di portare la fotografia addosso. E quella fotografia continua oggi a vivere, respirando attraverso gli occhi di chi la guarda.”


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DA NEGOZIO DI QUARTIERE A PARTNER PER LA SICUREZZA IT DELLE IMPRESE, L’AZIENDA GUIDATA DA BELLAVISTA E CAPANNA UNISCE CYBERSECURITY, CONNETTIVITÀ E CONSULENZA CONTINUA.
Fondata nel 1996 da Francesco Bellavista e Marco Capanna , Rimini Informatica nasce nel centro storico di Rimini come punto vendita specializzato in assemblaggio di PC, videogiochi e antivirus. Oggi, dopo 30 anni di attività, è una importante realtà romagnola nel settore della sicurezza informatica per il mercato B2B. Bellavista, responsabile tecnico, ha guidato la trasformazione verso un’offerta verticale per le imprese, mentre Capanna, contitolare e responsabile commerciale, ha sviluppato un approccio consulenziale, creando soluzioni su misura per le aziende. Rimini Informatica è un MSSP (Managed Security Service Provider): non si limita
a vendere soluzioni di cybersicurezza , ma gestisce in modo attivo e continuo la protezione delle infrastrutture IT aziendali Al centro di questo servizio c’è il SOC (Security Operations Center), dove un team specializzato monitora in tempo reale le reti dei clienti, prevenendo vulnerabilità e intervenendo prima che le minacce diventino problemi. Un tassello fondamentale del percorso di Rimini Informatica è la partnership con VoipVoice, azienda toscana di Montelupo Fiorentino specializzata nelle telecomunicazioni VoIP e connessioni internet (fibra, fwa, 5g e satellitare).
“Oggi siamo concessionari ufficiali VoipVoice per la Romagna
e le Marche. È una realtà che, come noi, è cresciuta nel tempo: da piccola impresa locale è diventata un punto di riferimento nazionale nel settore delle telecomunicazioni indipendenti. VoipVoice, infatti, non si limita a fornire soluzioni generiche, ma realizza prodotti sartoriali, tailor-made, pensati per le esigenze specifiche di ciascun cliente. Insieme stiamo portando avanti un progetto che unisce sicurezza, connettività e assistenza evoluta per le imprese,” raccontano Bellavista e Capanna. “Oggi la voce è diventata a tutti gli effetti un altro vettore di codici informatici, perché non è altro che un dato che viaggia attraverso Internet. Come ogni altro dato
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digitale, può essere intercettato, rubato e persino utilizzato per realizzare attacchi informatici,” spiegano ancora. “Pensiamo, ad esempio, agli attacchi di tipo man-in-the-middle, in cui un soggetto malevolo si inserisce in modo trasparente tra il chiamante e il chiamato, con l’obiettivo di carpire informazioni sensibili. Questo tipo di rischio è oggi particolarmente rilevante anche nel mondo bancario, dove si verificano casi di bonifici sostituiti o manomessi. Per questo la parte telefonica, e di conseguenza anche la parte di connettività, non può più essere considerata una semplice commodity: rappresenta, invece, un potenziale punto
di accesso ai dati aziendali e ai segreti interni. È fondamentale quindi occuparsi anche di questo aspetto. Gestire in prima persona ogni componente del sistema significa poter garantire risposte immediate e un livello di sicurezza più elevato.”
Un nuovo modo, dunque, di fare informatica, con servizi evoluti, consulenza continua e sicurezza dinamica: “Oggi il cliente deve comprendere che l’informatica non si riduce più alla semplice vendita di un prodotto o di una licenza, come accadeva anni fa. Il nostro lavoro è cambiato: non vendiamo più solo strumenti, ma sistemi completi e servizi continuativi che si adattano alle esi-

genze dell’azienda nel tempo. Il cliente può usufruire dei nostri servizi per il periodo di cui ha bisogno, con la garanzia di una consulenza costante. Noi stessi forniamo report periodici che mostrano ciò che sta accadendo all’interno del loro sistema informatico e, attraverso analisi numeriche e operative, valutiamo insieme se l’infrastruttura è adeguata o se può essere migliorata. Nulla è statico: tutto viene continuamente aggiornato e ottimizzato.”
Negli ultimi anni Rimini Informatica ha affrontato un’evoluzione profonda: “Abbiamo cambiato assetto societario, ampliato la sede e triplicato il numero delle

persone nel team. È stato un passo importante, che ha richiesto un grande lavoro di riorganizzazione e un cambio di mentalità,” chiosano. “Ma fa parte del nostro Dna: evolversi continuamente , senza mai trascurare la formazione.” La crescita si fonda anche su una collaborazione trasversale con figure esterne: “Lavoriamo in network con professionisti di settori diversi, dai commercialisti ai consulenti per la protezione dei dati, fino agli avvocati. Il legame con il mondo legale è diventato sempre più importante, soprattutto con la nuova normativa europea NIS2, per evitare errori e per tutelare al meglio i nostri clienti.”



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Il sottoscritto è il più pigro di un gruppo di amici che si ritrova spesso la domenica mattina, o quando ha del tempo a disposizione, per camminare insieme. Noi lo facciamo in maniera del tutto spontanea, ma c’è chi del camminare ha fatto una filosofia di vita e, in un certo modo, ha aiutato a cambiarne la percezione a Rimini: da attività sporadica e di puro loisir a pratica salutistica continua in grado di allungare la vita. Stiamo parlando de La Pedivella, un’associazione sportiva dilettantistica senza scopo di lucro che nel 2025 taglia il traguardo dei trent’anni di vita.
Fondatore, attuale presidente e massimo animatore di questa realtà è Vinicio Zeppilli, sessantasei anni, ex finanziere dal fisico magro e asciutto a testimonianza che sì, muoversi fa bene. Zeppilli, quando è nata La Pedivella e perché?
“Siamo nati nel 1995 e praticavamo solo il ciclismo. Per anni ci siamo occupati soltanto di due ruote a pedali, organizzando uscite. Un anno, mentre percorrevamo il Cammino di Santiago in bici, potemmo constatare quanta gente amasse camminare. Ci dicemmo: ‘Ma se per tante persone è così importante, per-

ché non lo facciamo anche noi?’
Partimmo così, per un’intuizione nata dall’osservazione di quel che succedeva. Iniziammo in tre: mia moglie, un amico ed io. Sono cominciate così, dal 2008, le ‘marce’ serali. Poi la cosa è esplosa. È arrivata sempre più gente vogliosa di camminare e abbiamo dovuto aumentare il numero dei percorsi a disposizione dei nostri soci perché eravamo veramente
NATA PRIMA COME
GRUPPO CICLISTICO, OGGI L’ASSOCIAZIONE LA PEDIVELLA
CAPITANATA DA VINICIO
ZEPPILLI PROMUOVE
IL WALKING E IL
MOVIMENTO COME
STILE DI VITA, CON UN NUTRITO CALENDARIO
DI ATTIVITÀ: SALUTE, SOCIALITÀ E SCOPERTA
DELLA CITTÀ PASSO
DOPO PASSO.
tanti. Una sera abbiamo toccato il record di 278 partecipanti per una singola camminata. Un numero enorme, difficile da gestire in una città come Rimini. Erano anni in cui la gente si spostava per venire con noi anche dai dintorni: non esistevano tanti gruppi come adesso. Nel frattempo abbiamo iniziato a chiedere ai nostri soci se volessero praticare altri sport e così sono nati la pallavolo, il nordic walking, la ginnastica posturale, il ballo, il burraco... Il nostro calendario mensile è molto nutrito.”
Come funzionano le vostre camminate? Cosa deve fare una persona per partecipare?
“La prima cosa che deve fare è andare sul nostro sito e scaricare il programma degli eventi. Poi si deve associare per poter partecipare alle nostre attività. In tema di walking, proponiamo diversi
appuntamenti settimanali con camminate alla mattina o alla sera. Partono da punti diversi della città di Rimini e prendono percorsi diversi, in modo che almeno una volta alla settimana le persone possano camminare partendo da un posto vicino a casa, senza doversi spostare in auto.
Alcuni percorsi sono ad anello e altri sono in linea e meno impegnativi, in modo tale che chi si stanca possa tornare indietro. Il mercoledì le passeggiate si ammantano di un velo culturale: mentre si marcia, uno di noi racconta ‘pezzi di storia’, aneddoti, episodi, riguardo a quel tratto di Rimini che si sta percorrendo.”
Chi sono i vostri utenti? In che fascia d’età si collocano?
“I nostri soci hanno dai cinquant’anni in su. È l’età nella quale, più o meno, le persone iniziano a camminare. Prima si

praticano altri sport; poi ci sono i figli da crescere… verso i cinquanta si torna ad avere tempo libero e s’inizia a marciare. Siamo consapevoli di avere un target ‘familiare’, così ci inventiamo degli appuntamenti che possano tenere insieme mogli e mariti. Qualche settimana fa, ad esempio, i nostri ciclisti hanno pedalato fino a Cervia per poi tornare indietro a Torre Pedrera dove sono stati raggiunti dai camminatori partiti da Rimini. E insieme hanno pranzato. Molte erano coppie: marito in bici e moglie a piedi. Attualmente abbiamo 200 soci che sono destinati ad aumentare in vista delle prossime gite sportive.”
Pensate di aver creato qualcosa di riconoscibile per la città di Rimini?
“Sicuramente sì. Questo nostro modo di fare attività sportiva ci rende molto noti e, soprattutto, le persone capiscono che siamo qui per loro e non molliamo mai. Così, anche chi è impossibilitato a venire con noi, perché sta male o ha altri impegni, sa che quando vorrà potrà contare su di noi. È importante che ci sia sempre qualcuno a disposizione per aiutare altri concittadini.”
Rispetto a trent’anni fa, c’è più sensibilità verso lo stare bene? “Certamente. I riminesi sono molto attenti alla propria salute e ‘marciano’ tanto. Quello che è cambiato è lo stile: oggi le persone camminano molto di più da sole, più che in gruppo. Basta fare un giro sul lungomare per accorgersene.”






















L’APP
CHE MAPPA LE CHIESE
D’ITALIA E CREA COMUNITÀ
DI NICOLA LUCCARELLI

Ora la chiesa è a portata di app. Si chiama ‘Cercami’ ed è un progetto che nasce dal desiderio di rendere accessibili a tutti, in ogni momento, le informazioni sulle chiese italiane, raccogliendo quante più notizie possibili su ciascuna di esse. Ad avere avuto questa intuizione è stato il ventottenne riccionese Antonio Di Fuccia insieme al suo amico Mike Desandre, americano trentaduenne di New York, ma che vive in Italia da alcuni anni.
Antonio, come è nata l’idea di creare questa app?
“Guardandomi intorno, ho riscontrato la necessità, da parte dei fedeli, di reperire informazioni utili per frequentare la chiesa e godere dei suoi servizi. Allora mi sono chiesto: perché non creare uno strumento che permetta a tutti di accedere a queste informazioni, così che chiunque in Italia possa consultarle? In fondo, chi meglio di me conosce le informazioni del luogo di culto che frequento da una vita?” Mike, come funziona ‘Cercami’?
“Si tratta di una applicazione collaborativa nella quale tutti possono inserire informazioni che, una volta vagliate dal team di supporto, vengono rese disponibili alla comunità. Ogni parrocchia ha la possibilità di inserire gli orari di apertura al pubblico delle chiese e degli annessi storici, delle messe e delle iniziative e, soprattutto, dei servizi a disposizione del cittadino – come cerimonie, cammini di fede, campetti da gioco, oratori, scout, servizi di volontariato –oltre che segnalare le attività di raccolte fondi. Inoltre, è possibile includere la storia della chiesa.” Antonio, chi può trarre beneficio da questa app?
“Le tipologie di persone sono diverse: dal ragazzino che cerca l’area gioco al ragazzo che cerca un posto tranquillo dove studiare, fino alla signora che usufruisce dell’app per restare sempre aggiornata sulle novità dell’ultimo minuto, comunicate dal parroco con notifiche pop-up. Ma anche i futuri sposi in cerca di corsi prematrimoniali o di una chiesa per il loro progetto di matrimonio, e ovviamente non dimentichiamo il turista o il fedele in viaggio.” Mike, ci sono dei costi per chi volesse utilizzare questo strumento?
“È un servizio gratuito per le chiese e il cittadino. Tra gli aggiornamenti, ancora in fase di sviluppo, anche una sezione denominata ‘Progetti’ in cui sarà possibile comunicare progetti a sostegno di opere per la comunità, espandendo così la partecipazione al progetto alla provincia, alla regione e in tutta Italia.”
Qual è l’obiettivo di ‘Cercami’?
“La chiesa è molto di più di quattro semplici mura e una predica domenicale. Fa tanto, per tanti, e pochissimi lo sanno. Perché quindi non far conoscere a tutti ciò che fa, e i suoi servizi? Perché non aiutarla ad aiutare le persone? Questa è la nostra missione.”













































































