HUB Style #06-2025

Page 1


IL VALORE DEL TEMPO E DELLA QUALITÀ

Ci piace pensare che vi sia un filo invisibile ma decisamente forte in grado, oggi, di unire la vera e autentica moda italiana. Dalle botteghe ai grandi gruppi, dai piccoli multibrand di ricerca in periferia alle boutique delle grandi città. Stiamo parlando del tempo. Inteso come durata, valore che resiste, qualità. Dopo anni in cui il fashion ha rincorso velocità e algoritmi, l’industria torna a interrogarsi su ciò che realmente conta. Come la consistenza e la durabilità dei materiali, unita alla capacità di trasformare un capo in esperienza e patrimonio.

Caratteristiche che ben ritroviamo nel nostro speciale dedicato ai capispalla in materiali nobili, dove brand come Agnona, Aspesi, Kiton, Montecore, MooRER, Piacenza 1733 e Sease raccontano un’Italia che continua a dettare le regole dell’eleganza internazionale. L’outerwear diventa terreno d’innovazione e di riscoperta, spinto dall’uso di fibre come cashmere, vicuña, lana merino e alpaca. Non si tratta peraltro di tendenze passeggere, ma di strategie industriali che uniscono estetica, performance e sempre più spesso anche un approccio responsabile. Il tutto trova riscontro anche nei numeri, se pensiamo che secondo le previsioni il mercato globale dell’abbigliamento in cashmere passerà da 3,63 miliardi di dollari nel 2025 a 4,86 miliardi nel 2032, con una crescita media annua del 4,29%. In Italia il settore vale oltre 100 milioni di dollari e dovrebbe superare i 160 milioni entro il 2030.

Gli stessi valori emergono nella nostra storia di copertina dedicata a Puraai, brand padovano che nasce, nel 2020, dall’energia e dalla visione di tre giovani designer decisi a raccontare la loro idea di moda etica e contemporanea. Una realtà che sceglie materiali innovativi e vegani, come mais, mela e funghi, per dare nuova vita a ciò che normalmente verrebbe scartato. Un marchio che ben rappresenta quella generazione di imprese italiane che stanno ripensando il concetto stesso di innovazione, puntando non solo sull’estetica e la tecnologia, ma anche su etica e manualità. E che manifesta una visione post-luxury: lusso che non ostenta, ma comunica.

A proposito di etica, anche la quarta edizione del Venice Sustainable Fashion Forum del quale vi parliamo nelle prossime pagine ha ribadito la necessità di una “Just Fashion Transition”: una transizione giusta, capace di coniugare etica e competitività, innovazione e tutela artigianale. L’Europa della moda deve infatti affrontare sfide cruciali: dalla pressione del fast fashion alla sostenibilità economica della filiera. Il tutto senza rinunciare ai propri valori identitari. Alla ricerca di una sostenibilità “reale”, fatta di trasparenza e pragmatismo, più vicina alla concretezza dei laboratori che alle dichiarazioni d’immagine.

Parlando di concretezza, infine, forse vale la pena guardare e interpretare sotto nuove prospettive anche iniziative che in molti continuano (in parte comprensibilmente) a giudicare come negativi per il mercato, ma che vanno comunque accettati in quanto ormai entrati a far parte del nostro costume. Parliamo ad esempio del Black Friday: dai più vissuto ancora come sinonimo di corsa agli sconti, ma che può trasformarsi anche in un efficace strumento di relazione tra brand e clienti. Sfatando magari anche alcuni falsi miti come quello che l’utente compra sempre il prodotto più scontato. Spesso non è così e anche il malvisto “Venerdì nero” può trasformarsi in un’ottima occasione per nuove sfide creative e di comunicazione, con l’obiettivo di costruire fidelizzazione e valore. Puntando anche sulla capacità di raccontare storie autentiche. E di privilegiare la cultura della qualità rispetto alla smania della quantità.

BENEDETTO SIRONI

follow us on hubstylemag hubstylemagazine

Editore: MagNet S.r.l. SB Direttore responsabile: ANGELO FRIGERIO Direttore editoriale BENEDETTO SIRONI

Responsabile progetto: CRISTIANO ZANNI Editors VALERIA ONETO, SARA FUMAGALLO, ALESSANDRO MARRA

Art Director: RICCARDO RECCAGNI Contributors: MARCO RIZZI ANGELO RUGGERI, MARCO GREGORIN

Redazioni: Via Tertulliano 68/70 - 20137 Milano -Tel: 02.87245180 Corso della Resistenza, 23 20821 Meda (MB) - redazione.hubstyle@mag-net.it www.hubstyle.it Stampa: Gierre Print Service Srl - Una copia 1,00 euro

Anno 09 - N.06 / 2025 Periodico bimestrale - Registrazione al Trib di Milano n° 178 del 9 giugno 2017 - Iscrizione al ROC n. 16155 del 23 Novembre 2007

L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati personali in suo possesso. Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli abbonamenti e per l’invio di informazioni commerciali. In base all’Art. 13 della Legge n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a: MagNet S.r.l. SB Responsabile dati: Benedetto Sironi - Corso della Resistenza, 23 - 20821 Meda (MB) Chiuso in redazione il 30 ottobre 2025

L’ICONICA SNEAKER SI REINVENTA

Quando l’eredità sportiva americana incontra la raffinatezza parigina, il risultato è una sneaker dal fascino intramontabile. Nasce così la nuova collaborazione Autry x Maison Kitsuné, una capsule esclusiva che reinterpreta il classico modello Medalist in chiave contemporanea, fondendo lo stile vintage USA con la sobrietà sofisticata della moda francese. La collezione segna un incontro creativo tra due marchi che condividono un approccio comune: Autry, icona del footwear sportivo Anni ’80, e Maison Kitsuné, brand franco-giapponese noto per la sua estetica essenziale e il suo spirito cosmopolita.

UNA VISIONE CONDIVISA

TRA MODA E OUTDOOR

Continua il dialogo tra MM6 Maison Margiela e Salomon, due realtà che hanno saputo fondere con naturalezza ricerca stilistica e innovazione tecnica. La nuova collezione autunno-inverno 2025 segna un ulteriore passo in avanti nella visione condivisa di moda funzionale e design contemporaneo, unendo il savoir-faire sartoriale alla performance outdoor. La collezione reinterpreta l’estetica urbana di MM6 con l’approccio tecnico di Salomon, proponendo capi modulari e materiali high-tech pensati per affrontare ogni ambiente, dalla città alla montagna. Il risultato è un guardaroba versatile e fluido, che riflette lo spirito di chi vive la quotidianità in movimento, senza rinunciare a stile e comfort.

LA TRADIZIONE NAUTICA INCONTRA L’INNOVAZIONE TECNICA

Murphy&Nye, storico marchio legato al mondo della vela e dell’abbigliamento tecnico, firma una nuova collaborazione con Vibram, leader mondiale nella produzione di suole ad alte prestazioni. Il risultato è una collezione che fonde heritage marinaro e tecnologia d’avanguardia, dando vita a due modelli esclusivi – Optimist e Deck – che reinterpretano in chiave contemporanea lo spirito del brand. Due calzature che raccontano il mare con linguaggio moderno, unendo estetica, performance e comfort, pensate per chi vive con energia, curiosità e libertà ogni giornata.

GUARDARE L’ARCHIVIO

CON SGUARDO

CONTEMPORANEO

Dopo sei anni, Martine Rose e Napapijri tornano a collaborare, riportando in scena una delle partnership più influenti e riconoscibili della moda contemporanea. La nuova collezione autunno-inverno 2025 segna il primo drop di un progetto che rilegge l’archivio con occhi nuovi, fondendo heritage tecnico, cultura street e spirito sovversivo. Dal 2017 al 2019, la designer britannica e il brand italiano avevano già ridefinito i confini del fashion outdoor. Oggi, quella stessa alchimia torna in una forma rinnovata: un dialogo tra funzionalità e identità estetica, dove i codici di entrambi i marchi si intrecciano in un linguaggio comune fatto di contrasti, innovazione e memoria.

PERFORMANCE

IN UNA COLLEZIONE

Blauer e Pirelli uniscono le forze per dare vita a una capsule collection in edizione limitata che fonde design urbano, tecnologia e sostenibilità. Una collaborazione che racconta la perfetta sintesi tra heritage tecnico e sperimentazione, tra workwear contemporaneo e spirito metropolitano. Entrambi i brand condividono una filosofia comune basata su qualità, innovazione e cura per il dettaglio: se Blauer affonda le proprie radici nel workwear tecnico reinterpretato in chiave fashion, Pirelli è sinonimo di prestazioni, ricerca e sviluppo tecnologico. Nasce una collezione urban e genderless, pensata per chi affronta la città con energia e personalità, dove funzionalità e stile si fondono in equilibrio perfetto.

HERITAGE ARTIGIANALE E SPIRITO D’AVVENTURA

La partnership tra Blundstone, famoso marchio australiano di calzature e Filson, storico brand di abbigliamento con radici nel Pacifico nord-occidentale, celebra l’impegno comune per l’artigianato, la resistenza e il design senza tempo. Questa collaborazione in edizione limitata riunisce oltre 250 anni di tradizione. Sono tre i modelli di stivaletti Chelsea della proposta: #2534 in pelle di bisonte nera zigrinata, #2535 in pelle scamosciata cerata color terra di Siena e #2536 in pelle nabuk color teak cerata e oliata.

LA MEMORIA

COME CONCETTO CHIAVE

Octobre Éditions presenta la capsule collection in collaborazione con l’artista Clovis Rétif, 12 pezzi esclusivi in edizione limitata. Ogni capo diventa un narratore: dai maglioni evocativi alla weekend bag decorata con patch, ogni dettaglio custodisce emozioni e ricordi. L’incontro tra l’universo poetico di Clovis e la sartorialità parigina di Octobre dà vita a creazioni intrise di autenticità e significato. Dai riferimenti vintage americani all’immaginario tradizionale asiatico, ogni capo racconta storie senza tempo.

60 ANNI DI STILE E INNOVAZIONE

K-Way celebra 60 anni di stile e innovazione con un libro di Pascal Monfort che racconta la storia del celebre windbreaker nato a Parigi nel 1965. Dalle origini firmate Léon-Claude Duhamel al rilancio con BasicNet, il marchio è divenuto icona globale di funzionalità e design. Il volume, ricco di immagini e contributi di designer e artisti, ripercorre un percorso fatto di creatività, collaborazioni e sostenibilità. Le celebrazioni includono la mostra itinerante In Y/Our Life, che ha raggiunto la città di Parigi nell’ottobre 2025 all’Atelier Richelieu, trasformato nel vibrante K-Way Social Club.

IL RITORNO DI UNA

SINERGIA DI LUNGA DATA

Moncler e JW Anderson reinterpretano l’outerwear tecnico realizzando due nuove puffer jacket, declinate nelle varianti maschile e femminile. L’ispirazione deriva da una collezione d’archivio della loro partnership. Questa proposta, infatti, celebra il ritorno di una collaborazione di lunga data. Ogni piumino combina l’esperienza dell’azienda di lusso italiana, di origini francesi, con dettagli di design accuratamente studiati, tra cui il classico tirante “JW Anderson”, un cappuccio staccabile e il logo ricamato. La camiceria incontra la performance in un piumino imbottito in piuma e rifinito in gabardine di cotone.

QUANDO L’ELEGANZA INCONTRA L’ICONA

Il classico penny loafer Sebago si reinventa per l’autunno-inverno 2025 sotto la firma di forte_forte. Tre varianti esclusive – bordeaux shine, urban black e wild dots – uniscono artigianalità e dettagli glam. La storica calzatura americana diventa così simbolo di stile contemporaneo, tra heritage e modernità. Una capsule collection che celebra l’iconicità senza tempo con un tocco luminoso e sofisticato.

CANALI RAFFORZA LA SUA PRESENZA GLOBALE CON NUOVE BOUTIQUE A BEVERLY HILLS E SEOUL

Canali, simbolo dell’eccellenza sartoriale italiana nel menswear di lusso, prosegue la sua espansione internazionale con l’apertura di due nuove boutique flagship a Beverly Hills e Seoul, consolidando la sua presenza nei mercati chiave di Nord America e Asia. Con queste aperture, Canali conferma il suo impegno nel promuovere il lusso sartoriale made in Italy su scala globale. Dall’Occidente all’Oriente, il brand continua a esprimere una filosofia di stile che unisce tradizione, innovazione e artigianalità senza tempo.

ZONA20 MILANO DEBUTTA AL RÉEL

DI SHANGHAI

Confermando la sua espansione nel mercato cinese dopo l’esordio alle Galeries Lafayette, ZONA20 MILANO inaugura la nuova Pop-up Boutique al Réel di Shanghai. Situato lungo Nanjing West Road, nel cuore del lusso di Jing’an, lo spazio interpreta l’essenza urbana e minimalista del brand. Il pop-up è un rifugio di calma dove design, natura e sartorialità dialogano: cemento grezzo, vetro fumé e marmo Portoro creano un equilibrio tra calore mediterraneo e rigore architettonico. Un’esperienza immersiva per scoprire la collezione A/I 25–26, aperta dal 1° ottobre 2025.

IL TEMPIO DELL’ELEGANZA

FIRMATO KITON SBARCA AD AMBURGO

Kiton, simbolo internazionale dell’eccellenza sartoriale italiana, inaugura la sua nuova boutique in Neuer Wall 69, uno degli indirizzi più prestigiosi della città. L’apertura rappresenta una tappa fondamentale nel percorso di crescita del brand in Germania, confermando il suo impegno costante verso qualità, eleganza senza tempo e artigianalità d’eccellenza. Il nuovo spazio interpreta pienamente la visione estetica e filosofica di Kiton, unendo armonia, luce e leggerezza. Fin dall’ingresso, l’ambiente si distingue per la sua luminosità naturale: le due ampie vetrine poste su lati opposti creano un asse visivo che diffonde la luce e avvolge i visitatori in un’atmosfera di serenità e raffinatezza.

COLMAR APRE UN POP-UP STORE IN STAZIONE CENTRALE A MILANO

Colmar celebra la propria storia e la passione per la montagna con un nuovo pop-up store all’interno della Stazione Centrale di Milano, aperto dal 1° ottobre 2025 al 25 febbraio 2026. L’iniziativa trasforma uno degli spazi più iconici della città in un’esperienza immersiva, dove design, tecnologia e tradizione sportiva si fondono per raccontare oltre un secolo di innovazione e stile italiano. L’installazione trae ispirazione dalla storica funivia di Lagazuoi a Cortina d’Ampezzo, reinterpretata da Colmar in chiave contemporanea: una cabina sospesa tra passato e futuro accoglie i visitatori in uno spazio dal forte impatto visivo.

JW ANDERSON INAUGURA UN POP-UP

ESCLUSIVO ALLE GALERIES LAFAYETTE

DI PARIGI

JW Anderson svela uno spazio pop-up esclusivo alle Galeries Lafayette di Parigi, segnando il debutto ufficiale della nuova identità visiva del marchio e l’inizio di un nuovo capitolo nel suo percorso creativo. Aperto fino al 15 ottobre, il pop-up offre ai visitatori la prima occasione di immergersi nella rinnovata estetica di JW Anderson nella capitale francese – con prodotti esclusivi disponibili solo in questa sede. Il pop-up rappresenta una nuova tappa del percorso di evoluzione stilistica di JW Anderson, che da sempre unisce artigianalità e innovazione concettuale. Concepito come uno spazio tattile e immersivo, l’allestimento celebra la bellezza dell’imperfezione e l’intimità del fatto a mano – elementi centrali dell’identità del brand.

PREMIUM YARNS KNITWEAR

SINCE 1967

INSPIRING VALUE AND BEAUTY

Kangra turns the world’s finest natural fibers into timeless expressions of elegance and authenticity. Each piece reflects the art of Italian craftsmanship, where material becomes emotion, and beauty endures through time.

MADE TO LAST

Non per essere primi, ma per restare. Tre menti, un unico filo conduttore. Puraai, marchio post-luxury, è sneaker e design come gesto consapevole, dove ogni dettaglio ha un senso e continua a vivere nel tempo

C’è chi fonda un brand da un business plan e chi da un viaggio. Puraai nasce così: da una bottiglia di plastica in un minimarket di Tokyo e da tre persone diverse, unite dall’idea che una sneaker possa nascere da un pensiero, non solo da una tendenza. Su quella bottiglia, il simbolo giapponese “ラ” è diventato la scintilla di un progetto che parla di rinascita, equilibrio e bellezza consapevole. Federica Murer, anima visionaria del gruppo, cresciuta tra i profumi dei materiali e le luci dei laboratori della sua terra veneta, trasforma intuizioni in immaginari coerenti. Viaggia, osserva, assorbe. La sua creatività non è solo estetica, ma visione: trasforma ispirazioni in storie. Emiliano Aiardi arriva dalle montagne del Trentino, e ogni tanto da qualche cima himalayana. Dopo essere stato recuperato in parete da un elicottero, i suoi soci gli hanno “gentilmente” suggerito di rivedere il suo stile di vita. Oggi è il cuore tecnico del brand, colui che dà forma concreta alle visioni. Dopo quasi dieci anni trascorsi a Londra, Andrea Redi è entrato nel duo nel 2023, portando con sé struttura, visione e un pizzico di quella precisione anglosassone che bilancia l’energia creativa. Il risultato è un raro equilibrio tra testa, cuore e mani. Tre percorsi diversi, un’unica visione: costruire qualcosa che duri nel tempo. Da questo incontro nasce un brand che unisce design e responsabilità: sneaker vegane e PETA-Approved, realizzate con materiali innovativi derivati da mais, mela e funghi, seguite in ogni fase produttiva tra Italia, Portogallo, Cina e Tunisia. Le sue sneaker

raccontano storie: la Vintage, icona nostalgica e consapevole, e la Panther, simbolo di eleganza essenziale. Con Lion e Lizard, Puraai esplora invece la leggerezza e nuove proporzioni. Dai laboratori veneti ai 600 store europei, Puraai cresce scegliendo relazioni autentiche. Un buyer parigino li ha definiti post-luxury: un lusso che non ostenta, ma racconta. Oggi il brand guarda al futuro, pronto a espandersi oltre la sneaker, verso abbigliamento e design.

Puraai nasce da un dettaglio su una bottiglia di plastica in Giappone. Ci raccontate quel momento preciso? Cosa avete visto in quel simbolo “ラ” che vi ha fatto dire: “Ecco, è questo”?

Eravamo in Giappone, senza un piano preciso, solo con la voglia di lasciarci ispirare. Ci colpì l’uso quasi ossessivo della plastica: frutta e verdura impacchettate singolarmente, bottiglie ovunque. In un minimarket di Tokyo abbiamo notato il simbolo “ラ” su una bottiglia riciclabile. Non era solo un segno: per noi era un messaggio. “Pura” in giapponese significa plastica, “ai” amore. Da lì è nata l’idea di dare nuova vita a ciò che il mondo tende a buttare via.

Avete lavorato a lungo come designer per brand internazionali. Quando è scattata la decisione di smettere di interpretare il sogno di altri e cominciare a costruire il vostro? È successo gradualmente, anche se in fondo l’abbiamo sempre

Le sneaker di Puraai sono vegane e cruelty-free. A destra e al centro: il modello XS. A sinistra: le sneaker Vintage in pelle vegana. Tutte con suola crepe, segno distintivo del brand.

Andrea Redi founder, Federica Murer founder e designer, Emiliano Aiardi founder e designer

saputo. Dopo anni passati a costruire sogni altrui, è arrivato il momento di raccontare il nostro. Abbiamo provato a proporre sostenibilità e forme vintage ai nostri clienti, ma era sempre troppo presto o troppo costoso. Così, con un po’ più di incoscienza e di coraggio, abbiamo deciso di farlo da soli.

La Vintage è stato il primo modello Puraai e ancora oggi uno dei più venduti. Cosa rappresentava per voi allora? E perché, dopo cinque anni, continua a essere così amato?

La Vintage è nata con l’anima del passato e la coscienza del presente. Una silhouette familiare ma costruita con materiali nuovi e vegani. È la nostra prima dichiarazione: una sneaker che unisce estetica e responsabilità. Non vuole stupire, vuole restare.

Oggi la Panther è la vostra scarpa di punta. Cosa lo rende speciale rispetto agli altri? È la forma, la palette o c’è qualcosa di più sottile, quasi emotivo?

La Panther è l’idea da cui tutto è partito. È nata ancora prima di Puraai, tra le stradine del Marais, a Parigi, visitando un mercatino pieno di scarpe vintage. All’inizio ci sembrava troppo sottile, difficile da capire. Ci abbiamo lavorato per anni, finché l’idea è diventata matura. E oggi il mercato ci dà ragione.

Le nuove Lion e Lizard sembrano anticipare una nuova

fase del brand. Cosa raccontano di voi oggi e dove vi proiettano domani?

Lion e Lizard guardano al futuro, ma in modo diverso dalla Panther. Lizard è una ballerina, spiega Federica, Lion una scarpa bassa e completamente destrutturata: leggere e sottili. Forse meno mainstream e immediate, ma più ricercate. E anche questo fa parte del nostro percorso di continua sperimentazione e ricerca.

Nel vostro percorso, ogni sneaker sembra collegata da un filo rosso di coerenza. Come si evolve un’estetica senza tradire la propria identità? C’è mai stata la tentazione di “piacere al mercato” più che restare fedeli al dna Puraai?

La tentazione c’è sempre, ma è anche il modo più veloce per smettere di essere se stessi. Preferiamo restare coerenti, sperimentare e lavorare in profondità. È lì che nasce la vera identità.

Ogni brand ha un episodio che lo segna. C’è un momentoun errore, una sfida, un incontro o un imprevisto - che ha cambiato la traiettoria di Puraai?

Siamo un brand giovane ma ne abbiamo già vissute tante. Una delle prime stagioni in cui gli ordini iniziavano a crescere, l’azienda che ci produceva le suole è andata a fuoco. Oltre al dispiacere, puoi immaginare lo sconforto: avevamo gli ordini, ma non le suole. Eppure, anche da lì abbiamo imparato a reagire, a ricostruire, a crescere.

A sinistra: il modello Panther in molteplici varianti.
A destra: tre versioni dei nuovi Boots Rodeo

Le vostre sneaker sono progettate in Italia e prodotte tra Portogallo, Cina e Tunisia. Come riuscite a mantenere il controllo sulla qualità e sulla coerenza etica lungo tutta la filiera?

Ogni modello nasce in Italia e viene seguito passo dopo passo. Siamo spesso in fabbrica, lavoriamo a stretto contatto con i fornitori e ci avvaliamo di persone locali che garantiscono un controllo quotidiano. Non abbiamo la pretesa di salvare il mondo, ma crediamo nel valore del cambiamento: un percorso che coinvolge tutta la filiera. Il principio del cruelty free è alla base di ciò che facciamo. I nostri prodotti sono certificati PETA-Approved e dimostrano che si può innovare senza mai compromettere la bellezza.

Da Venezia a oltre 600 store europei: un percorso vertiginoso. Qual è stata la chiave di questa crescita? Come si gestisce oggi una rete così ampia senza perdere autenticità?

Quali sono i prossimi obiettivi?

Non sappiamo se sia la strada giusta, ma è la nostra. Preferiamo crescere lentamente, trovare le persone giuste e condividere un approccio comune. Non cerchiamo quantità, ma relazioni che abbiano senso. Un giorno, uno dei retailer più influenti di Parigi ci ha definiti post-luxury: è stato il complimento più bello. Perché per noi il vero lusso non ostenta, racconta.

In più occasioni avete detto che Puraai “non è solo sneaker, è uno stile di vita”. Cosa significa concretamente per voi? Come costruite la vostra community?

Significa coerenza. Fare le cose bene, senza forzature, senza mode imposte. Crediamo di aver creato una bella scarpa, con un bel comfort. Quando al mattino indossi qualcosa di bello, anche tu ti senti meglio. È una piccola cosa, ma cambia la giornata.

Essere “responsabili” costa: in materiali, ricerca, tempo. Come riuscite a restare “premium ma accessibili”? È una sfida costante?

È la sfida più interessante. “Premium” non significa elitario, “accessibile” non significa economico. Riusciamo a mantenere l’equilibrio grazie a una filiera snella e a una gestione consapevole. Investiamo in ricerca e tagliamo il superfluo, per offrire un prodotto bello, etico e duraturo a un prezzo giusto.

Parliamo di numeri: come avete chiuso il 2024 e quali sono le vostre previsioni di crescita per il 2025? C’è un obiettivo simbolico che vi piacerebbe raggiungere?

Il 2024 è stato l’anno in cui abbiamo messo buone basi. Nel 2025 stiamo crescendo di oltre il 250%. L’Italia resta il nostro primo mercato e pesa circa il 55% del fatturato totale, ma l’estero cresce velocemente: Germania, Francia, Benelux e Spagna sono ormai chiave. Nel 2026 consolideremo la rete europea e svilupperemo alcuni mercati extra-EU. Non è una corsa ai numeri, ma una crescita costruita con attenzione.

Federica: I numeri non sono proprio la mia materia, ma ho una vision board in ufficio: vetrine, obiettivi e anche qualche dato. Per ora si stanno avverando tutte, ma per scaramanzia non dico le prossime.

Dove vedete Puraai tra dieci anni? Sarà ancora un brand di sneaker o qualcosa di più grande, un manifesto di come si può fare moda in modo etico, bello e contemporaneo?

Per noi Puraai è uno stile di vita. Stiamo lavorando all’abbigliamento, ma non vogliamo fermarci lì. L’obiettivo è che Puraai diventi un’esperienza che lasci il segno.

Emiliano: L’importante è che ogni cosa che faremo continui ad avere un’anima, una storia, un tocco umano. Perché alla fine è quello che resta.

Alcune immagini della collezione SS26: a sinistra le sneaker Lion, al centro i nuovi Boots Rodeo e infine le ballerine Lizard

POTERE, ETICA E SEDUZIONE

Tra l’anti-eroina pop di Ablondi e il lusso consapevole di Superficial Culture, l’inverno 2025 si trasforma in manifesto: femminilità che sovverte, materiali che parlano, stile che pensa e conquista la scena

di Sara Fumagallo

ABLONDI

“La bellissima che uccide” di ABLONDI trascina l’inverno 2025 in una dimensione dove la femminilità domina, sovverte e incanta. L’immaginario nasce dal culto pop di Modesty Blaise, trasformando l’anti-eroina in nuovo archetipo di potere. Mini abiti taglienti e jumpsuit che sfidano la gravità celebrano un corpo stratega, mente brillante, seduzione disarmante. Il glamour Anni ’60 incontra l’assurdo: bordi in pelliccia, bottoni-pompon e accessori kitsch destabilizzano le regole. Ogni capo gioca con la percezione, un trucco di prestigio sartoriale dove nulla è come appare. L’iconico ombelico scoperto diventa arma scenica, tra playsuit strizzate e camicie provocatorie. Palette monocroma e dettagli circensi creano un effetto ipnotico, tra erotismo e ironia. Arianna Ablondi Pedretti, founder e mente creativa del marchio, vuole vestire una donna che non teme la propria furia creatrice, ma la usa come carburante narrativo. Italianità artigianale e ribellione concettuale convivono in un lusso che pensa, agisce e colpisce. Una collezione per chi preferisce essere la protagonista della storia, non il plot twist.

Instagram. @ablondi._ missablondi.it

SUPERFICIAL CULTURE

È nata una nuova grammatica del glamour: consapevole, materico, senza tempo. Capi che emergono dal buio come sculture metropolitane, scolpiti su etica e desiderio. Il nero e il moka diventano alfabeti visivi di radici, memoria, sensualità. Materiali riciclati e cotone organico parlano di sostenibilità concreta, non di promesse patinate. Fluidità genderless e drappeggi rilassati disegnano un’eleganza che abbraccia ogni corpo. L’acqua, protagonista della campagna, scorre come simbolo di rinascita e continuità. Non un drop, ma un rito: riportare alla luce ciò che vale e resiste nel tempo che cambia. Superficial Culture è il nuovo brand di Andrea Balducci che ridefinisce il lusso con una filosofia chiara in cui estetica e cultura sono inseparabili. Ogni capo è un manifesto da indossare, un gesto di bellezza responsabile. Moda italiana che evolve, persiste, e trasforma la superficie in significato.

Instagram. @superficial.culture superficialculture.it

OGNI FILO CONTA

I tessuti nobili guidano l’innovazione italiana. Cashmere, vicuña, lana merino: i brand italiani riscrivono le regole dell’outerwear tra performance ed eleganza che dura nel tempo

di Valeria Oneto

L’outerwear si evolve, spinto da un crescente interesse per filati nobili come cashmere, lana merino, vicuña e alpaca, simbolo di qualità e consapevolezza. Non una moda passeggera, ma una scelta di valore. Una risposta concreta a una domanda in evoluzione, dove qualità, comfort e sostenibilità sono criteri imprescindibili per il consumatore. I protagonisti sono i brand italiani Agnona, Kiton, Sease, Piacenza 1733, MooRER, Aspesi e Montecore, che intrecciano artigianalità e innovazione per capi ele-

1 I tessuti nobili sono tornati protagonisti del guardaroba maschile e femminile. Ci racconti un episodio che vi ha confermato questa tendenza: un cliente, un evento che vi ha fatto capire che il cashmere e le fibre preziose sono “must” del momento.

2

Dietro ogni giacca c’è una storia di fili e fibre. Quali soni i filati più pregiati e come li scegliete per un capo outerwear? C’è un dettaglio tecnico o creativo che fa la differenza tra un capo e l’altro?

3

Quando optate per fibre pure o blend, come trasformate il tessuto in un capo che “funzioni” davvero? Ci parli di un esempio concreto dove leggerezza, calore, durata e stile hanno trovato il loro equilibrio perfetto.

STEFANO AIMONE

ceo & art director AGNONA

1

Oggi chi tocca la qualità la percepisce immediatamente e difficilmente torna indietro. Il boom della moda e dello streetwear ha spinto le persone a valutare i capi non solo per l’appariscenza, ma soprattutto per comfort, qualità dei materiali e cura della manifattura. Questo cambiamento di approccio ha portato molti a investire in prodotti duraturi, che possano accompagnarli nel tempo e non limitarsi a seguire mode passeggere. È così che è nato il concetto di quite luxury: un segmento destinato a consolidarsi, perché esiste un mercato consistente di persone che desiderano vestirsi con qualità e sostenibilità, privilegiando capi ben fatti piuttosto che etichette di tendenza.

2

Le fibre nobili, come cashmere, vicuña, seta, lino e alpaca, richiedono un’attenzione estrema. La vicuña, ad esempio, è rarissima e può essere lavorata solo tramite un consorzio peruviano, riservata a pochissimi marchi al mondo. Anche nei blend è fondamentale il

ganti e funzionali. Il cashmere resta protagonista: secondo Fortune Business Insights, il mercato globale crescerà da 3,63 miliardi di dollari nel 2025 a 4,86 miliardi nel 2032 (+4,29% annuo). In Italia, il settore vale 104,7 milioni di dollari nel 2023, con stime a 162,2 milioni entro il 2030 (Grand View Horizon Research). Dietro i numeri, una rivoluzione culturale: il consumatore sceglie capi che durano, premiando materiali eccellenti e lavorazioni d’autore. La qualità si riconosce al tatto e l’outerwear italiano continua a dettare il ritmo del lusso consapevole.

4

Dietro ogni giacca c’è un viaggio dalla materia prima al capo finito. Quali sono i passaggi chiave che richiedono ancora l’intervento manuale o l’artigianalità? Un gesto, una tecnica, un momento in cui l’uomo fa la differenza.

5

Doppiopetto, caban, giacche destrutturate. Quali sono i modelli che rappresentano la vostra firma?

6

Guardando avanti, dove state spingendo il limite dei tessuti nobili? Nuovi materiali, tecniche di produzione o design: raccontateci un progetto in cantiere o un esperimento che vi entusiasma.

giusto equilibrio: percentuali troppo basse di cashmere, come il 90-10, rischiano di compromettere le proprietà della fibra. In Agnona preferiamo combinazioni più equilibrate, ad esempio 60-40 o 30-30-40 tra lana, cashmere e seta, per garantire leggerezza, performance e qualità al tatto. Ogni filato determina comfort, durata e resa complessiva, come un violino Stradivari o un’auto sportiva: la qualità della materia prima è imprescindibile e richiede cura costante.

3

L’utilizzo dei blend può avere finalità tecniche o economiche. Manteniamo la purezza delle fibre il più possibile, ma alcuni accostamenti come cashmere-seta, cashmere-cotone o cashmere-lana permettono di conferire al capo lucentezza, leggerezza e una migliore resa termica. La lana, ad esempio, possiede proprietà termoregolatrici naturali che il cashmere non ha; il blend deve quindi valorizzare le prestazioni funzionali del tessuto, senza ridursi a un semplice elemento di marketing o un’etichetta.

4

La manualità rimane un aspetto centrale nella produzione dei nostri capi. La realizzazione di travette, interventi in pelle e cuciture particolari richiede competenza artigianale. Anche tessuti double, pur moderni, necessitano di precisione manuale: non esiste macchina capace di sostituire questi gesti. È grazie a questa cura artigianale che i capi Agnona preservano la tradizione e diventano unici, portando con sé la storia e l’eccellenza del lavoro umano.

5

Il tessuto double e l’outerwear costituiscono i pilastri della nostra produzione. Il double consente di realizzare capi leggeri, sfoderati ma caldi e resistenti. La donna può

distinguersi grazie alla nostra estetica, mentre l’uomo rimane fedele a un classico moderno. Anche i doppiopetti vengono reinterpretati in chiave contemporanea: destrutturati, versatili e facilmente indossabili. I nostri clienti hanno generalmente un’età superiore ai 40 anni, sia uomini sia donne, e apprezzano la combinazione di eleganza, funzionalità e discrezione.

6

Per Agnona l’innovazione significa preservare la tradizione, reinterpretandola in chiave moderna e longeva. Cerchiamo fibre nobili performanti e termoregolatrici, rispettando le loro caratteristiche intrinseche. La sfida consiste nell’integrare materiali tecnici senza compromettere morbidezza, leggerezza e sensorialità, così da offrire capi che siano al contempo funzionali, eleganti e piacevoli al tatto, capaci di durare nel tempo senza perdere valore estetico o pratico.

1

Kiton utilizza da sempre fibre nobili. Usiamo i tessuti migliori del mondo in tutti i prodotti, non solo nel capospalla classico ma anche nello sportswear e nella giubbotteria. Cashmere, beaver e altre materie prime di alta qualità sono alla base della nostra filosofia. Dal 2008, con l’acquisizione del lanificio Carlo Barbera, la ricerca e la sperimentazione sulle fibre nobili è diventata ancora più estrema, permettendoci di produrre e innovare internamente. Oggi il mercato riconosce questa attenzione: il cliente è molto più consapevole e attento alla qualità.

2

Partiamo sempre dal filato. La ricerca delle altissime qualità riguarda non solo il cashmere, ma anche le lane pure, con micronaggi che a volte superano quelli della vicuña. Lavoriamo lane da 12, 13,2 micron e cashmere

MORENO

1

Per MooRER, i tessuti nobili e preziosi non sono una semplice tendenza, ma un fondamento identitario. La nostra dedizione alla qualità assoluta e alla selezione delle fibre più pregiate è parte integrante del nostro modo di concepire il prodotto. Oggi questa visione è riconosciuta da una clientela consapevole, che cerca capi capaci di esprimere autenticità ed esclusività. È attraverso il dialogo diretto con i clienti che confermiamo quanto le fibre preziose siano oggi un elemento imprescindibile del guardaroba contemporaneo.

2

Ogni capo MooRER nasce dall’idea di creare qualcosa di unico, unendo eccellenza delle materie prime e raffinatezza del design. La nostra ricerca è costante e orientata verso fibre rare come lo Yangi della capra IBEX siberica, il baby cashmere dell’Alashan e la vicuña, dispo-

proveniente dalla Mongolia, filati estremamente pregiati. Per noi il filato è alla base di tutto: determina il comfort, la durata e l’aspetto del capo finale. La passione per le materie prime è nel nostro dna, e i nostri tessuti sono riconosciuti come tra i migliori al mondo.

3

Partendo dal tessuto, sperimentiamo nuove tipologie di filati e blend, unendo cashmere, lane pregiate e altre fibre. Cerchiamo di creare tessuti moderni, alleggeriti, con profondità estetica e funzionale. Un esempio concreto sono i nostri capi reversibili in cashmere: nella parte sportiva leggerezza, comodità e comfort sono fondamentali. I reversibili rappresentano perfettamente l’equilibrio tra stile, calore e funzionalità.

4

In ogni fase del processo la manualità è fondamentale, soprattutto con materie prime molto fini. Tensione del telaio, velocità di lavorazione e torsione del filo richiedono la sensibilità dell’uomo in ogni momento. Ogni gesto contribuisce a valorizzare la fibra e completare il capo, così come in cucina ogni ingrediente deve essere dosato e lavorato con attenzione per ottenere il risultato finale.

5

Oggi non c’è un singolo modello che rappresenta la firma di Kiton, ma un modo di vestire e interpretare la moda. Doppio petto, caban o giacca destrutturata vengono scelti in base alla stagione, al clima e alla funzione. C’è un ritorno verso capi più costruiti durante la stagione fredda, mentre in estate i destrutturati ritornano alla ribalta. La nostra firma si legge nello stile complessivo e nella qualità dei materiali.

nibile in quantità limitate. Per le imbottiture, oltre alla piuma, utilizziamo l’edredone dell’anatra selvatica islandese, che garantisce leggerezza e isolamento termico straordinario. Ogni materiale è valorizzato attraverso pesi calibrati, volumi armonici, accessori ricercati e vestibilità bilanciate, per dare vita a capi che uniscono comfort, performance ed eleganza.

3

La progettazione parte da materia prima, forma e versatilità. Lavoriamo i tessuti per esaltarne le qualità intrinseche, arricchendoli con finiture water repellent, laminature, lavorazioni a maglia tecnica e tessiture ibride. Un esempio sono le gabardine in lana e puro cashmere laminate, con cui realizziamo caban, cappotti, short jacket e business-jacket impreziositi da pelle, pelliccia e maglia, e imbottiti con piuma, per un equilibrio perfetto tra stile, comfort e funzionalità.

4

Ogni fase della produzione richiede gesti manuali fondamentali: dallo sviluppo del cartamodello alla selezione dei materiali e al controllo dei capi. La nostra sartoria interna esegue test e fitting continui per perfezionare comfort e resa estetica. È in questi momenti che l’intervento manuale dell’uomo fa la differenza, unendo creatività e know-how per garantire eccellenza e identità stilistica.

5

I capi iconici MooRER nascono dall’equilibrio tra comfort, stile, funzionalità e innovazione. Caban e jacket trapuntati, realizzati in lane membranate o tessuti tecnici power stretch, sono versatili e performanti, arricchiti da dettagli in maglia di lana. Gli short jacket, con bordi in maglia e pelliccia, offrono un fit impeccabile.

6

Negli ultimi anni abbiamo fatto grandi progressi sulle fibre più pregiate. La vicuña, per esempio, è stata sviluppata in versioni colorate e fantasia, con giacche leggere fino a 350 grammi. Abbiamo cinque-sei tipologie di vicuña in collezione, dal ciolaro al denim, fino a versioni estive leggere. Sulla lana, utilizziamo fibre da 12,8 micron, tra le più fini al mondo. L’innovazione riguarda l’estremizzazione della qualità e la sperimentazione su top-quality, mantenendo performance, leggerezza e comfort.

La capacità di mescolare imbottiture casual con forme più formali, come giacche, carcoat e double waist, esprime al meglio la nostra firma stilistica, creando outerwear raffinato, funzionale e distintivo.

6

Il progetto Cashmere Long Yarn incarna la nostra visione: una maglieria esclusiva che esalta durata, leggerezza e performance della fibra. Pur applicato oggi solo alla maglieria, rappresenta lo slancio sperimentale di MooRER verso soluzioni inedite, con la valorizzazione della fibra al centro del processo creativo. Nell’outerwear reinterpretiamo codici tradizionali usando filati pregiati, come lana e baby cashmere, lavorati a maglia. Il risultato è una nuova generazione di tessuti elastici, confortevoli ed esclusivi, che coniugano morbidezza, leggerezza e protezione della piuma, ridefinendo il concetto di capospalla prezioso con sofficità, calore e raffinatezza.

1Il cashmere non è il nostro core, ma fa parte integrante della collezione. Preferisco soffermarmi sui tessuti nobili: materiali di qualità che vanno oltre il nome. Da Loro Piana utilizziamo tessuti tecnici come lo Storm System, che ci permettono di creare capi funzionali, quotidiani e moderni, con termonastrature ideali per la città e per il layering. Lo stesso vale per Moon o Loden, scelti per shape specifici in cappotti costruiti con cura. Il cashmere lo impieghiamo con finezza 5 o 12, sia per uomo sia per donna, ma non è tra i best seller per via del prezzo. Tra i più venduti c’è lo Shetland, tessuto termoregolatore naturale proveniente dalla Scozia. Più che puntare su un singolo materiale, decliniamo ogni tessuto al meglio, consapevoli che il tessuto nobile è fondamentale per la qualità del prodotto. Il dna di Aspesi è fatto di prodotto: tessuti, qualità e innovazioni, applicate soprattutto a workwear e casual. Abbiamo ri-

1 Questa tendenza non nasce da una richiesta specifica, ma fa parte delle nostre collezioni da anni. Il cashmere è sempre stato centrale: la prima giacca risale a 15 anni fa e da allora non l’abbiamo mai abbandonata. Inizialmente destinata a mercati selezionati come Russia, Corea e Giappone, oggi è apprezzata anche in Italia e in altri Paesi. Montecore non segue le mode, ma rimane fedele al proprio dna. È il mercato a essersi avvicinato a noi, cercando capi solidi, meno estremi e audaci, ma funzionali e senza tempo. Per noi, il cashmere è un punto di riferimento: elegante, resistente, autentico e sempre coerente con la nostra filosofia.

2

Il filato più importante è quello che senti con le mani. Il touch è fondamentale: non scegliamo mai un cashmere o una fibra se non ci convince completamente al tatto. Lavoriamo su titoli e micronaggi precisi, come 160 o 180s, per

portato tessuti come Loro Piana, Loden, Moon, Kashmir, Popeli, Albini, Iria, e lavoriamo molto anche sul nylon. La provenienza conta: nylon di qualità equivale a Giappone, Shetland invece uguale Scozia. Essendo price driven, creiamo un mix di materiali mantenendo la qualità, con l’artigianalità come elemento chiave.

2 Lavoriamo con diverse aziende, ma quasi mai scegliamo il singolo filato perché acquistiamo pezze di tessuto, non fili. Collaboriamo con Mille Fili per progetti di maglieria. La qualità del tessuto influisce sulla performance del capo: se usiamo nylon funzionale, selezioniamo materiali con two-way, three-way o four-way stretch per comfort, elasticità e mano di qualità. I tessuti Loro Piana si riconoscono subito per la mano; vengono spalmati, accoppiati, termonastrati e selezionati in base a calore, impermeabilità, comfort e riconoscibilità tattile.

3

La scelta dei materiali dipende dal prodotto: non possiamo usare solo materiali nobili perché la collezione uscirebbe dai range di prezzo. La sostenibilità del business passa anche da qui: creare prodotti accessibili ma duraturi. Ogni tessuto è scelto per combinare calore, impermeabilità, traspirabilità con una sensazione tattile e una resa visiva coerente con il brand. L’obiettivo è offrire prodotti long lasting, fuori dal concetto di moda stagionale. Aspesi non è trendsetter, ma first mover su certe cose.

4

L’artigianalità è fondamentale. I capi possono essere industrializzati, ma reintroduciamo componenti handmade: colletti

garantire che il capo mantenga bellezza, forma e durata nel tempo. La qualità del filo, la lavorazione artigianale e l’attenzione ai dettagli fanno la differenza, anche su gli altri filati. Vale anche per le lane, alcune delle nostre sono persino più costose del cashmere. Il nostro AēroTwill, per esempio, è il risultato di anni di sperimentazione, è leggero, morbido, caldo, resistente e stilisticamente impeccabile. Dimostra come leggerezza, calore e durata possano convivere armoniosamente.

3

Ogni capo Montecore nasce da una ricerca accurata e precisa. Leggerezza, fluidità, morbidezza e calore non sono mai casuali: ogni fase è frutto di prove continue fino a raggiungere l’equilibrio perfetto. Non posso svelare i no stri segreti industriali, ma il principio è chiaro: blend o fibra pura devono esprimere caratte ristiche precise e durare nel tempo senza per dere forma né comfort. Come dicevo prime l’ AēroTwill ne è l’esempio perfetto. Il suo utilizzo crea dipendenza: una volta indossato, non se ne può più fare a meno.

4

Dietro ogni giacca c’è un vero e pro prio viaggio, dalla materia prima al capo finito. Tutti i passaggi chiave richie dono artigianalità: taglio, cucitura e rifinitura, con controlli ripetuti e scrupolosi. Il valore sta nell’in tervento umano consapevole: la lavorazione manuale fa la differenza non solo nella qualità finale, ma anche nel rispetto della materia prima. Anche il tessuto migliore, se

in lana, impunture, stitching e chiusu re zip manuali. L’utilizzo di laboratori di eccellenza è essenziale, purché siano compliant. Il prezzo finale riflette la qualità della filiera. Ogni capo nasce dalla scelta dei materiali e dallo svi luppo dei pattern interni, creati in ternamente. La confezione è affidata a fassonisti esterni selezionati per ca pospalla, blazer, pantaloni e camicie, tutti rispondenti a requisiti precisi di qualità e prezzo. La filiera è comples sa e articolata.

5

I capi partono da camicie, abiti e sahariane, spesso usando lo stesso tessuto per più versioni. Il blazer non è il focus: capospalla e overshirt sono la parte più importante e iconica. Le richie ste dei clienti vengono gestite singolar mente, senza modificare la direzione del brand. Le collezioni si adattano ai merca ti solo per fit, clima o colore, mantenendo invariato il dna del prodotto.

6

La sostenibilità è centrale e deve es sere parte integrante della collezione, nei materiali e nei processi. Lavoriamo con materiali nobili certificati e a basso impatto ambientale. I cicli della moda sono lunghi: non basta dire “faccio una giacca in ReNylon”, bisogna comprendere origine e inserimento nella filiera. Un progetto interessante è la Recycle Down Jacket, realizzata con piuma riciclata, sostenibile e accessibile come prezzo, ma vietata in alcuni mercati asiatici. L’evoluzione passa attraverso progetti duraturi nel tempo. La qualità del tessuto resta imprescindibile.

non trattato con competenza, rischia di perdere le proprie caratteristiche nel tempo, compromettendo estetica, comfort e durata.

5

Personalmente nasco con il doppiopetto ed è nel dna di Montecore. Il mio primo capo, a 16 anni, fu una giacca a doppi bottoni in shantung di seta bianca, realizzato su misura dal sarto. Lo porto ancora come simbolo della mia passione per la qualità e la sartoria. Elegante, strutturato, senza tempo, è il modello che meglio rappresenta la nostra attenzione alla storia, ma anche alla forma e alla tecnica. Ogni capo conserva questa firma, bilanciando estetica, funzionalità e comfort, interpretando la tradizione in chiave moderna.

Non spingiamo al limite i tessuti nobili: rispettiamo la storia e la tradizione. Lane e cashmere devono essere veri, con filati lunghi e lavorati con cura sui telai adeguati. La performance nasce dal rispetto di questi criteri. Utilizziamo, ad esempio, un panno giapponese triplo ritorto da 500 grammi, introvabile in Europa, destinato a durare una vita e da tramandare di generazione in generazione. Abbiamo anche capi con membrana tecnica, resistenti ad acqua e vento, pur mantenendo il comfort di filati nobili. Non seguiamo mode, ma creiamo capi di sostanza, belli da indossare e durevoli nel tempo. L’ AēroTwill e le membrane dimostrano che innovazione, qualità e storia dei materiali possono convivere armoniosamente, dando vita a un outerwear senza tempo.

ALESSANDRO PESCARA ceo ASPESI
FABIO PERONI founder MONTECORE

VASILY PIACENZA

co-ceo

PIACENZA 1733

1

Il cashmere e le fibre preziose non sono una moda momentanea, ma una tendenza consolidata nel nostro lavoro. Per noi è naturale produrre capi in materiali nobili, non in microfibra. Negli anni abbiamo visto un uso crescente di tessuti pregiati anche per capi performanti: cashmere con seta, cashmere con vicuña, trattamenti anti-pioggia e antivento, senza perdere la mano e il comfort del tessuto. Questi capi possono essere indossati tutto il giorno, in qualsiasi occasione. La sensazione è che la tendenza stia crescendo e i clienti apprezzino sempre più materiali preziosi e funzionali.

2

Ogni fibra ha le sue caratteristiche: la lana della Nuova Zelanda è più scattante di quella australiana; il cashmere mongolo è più lungo di quello cinese, ma talvolta meno fine.

1

Fin dall’inizio, la nostra missione è stata reinventing tradition through design and performance. Ogni volta che sviluppiamo un kit dedicato a un’attività, mare o montagna, le fibre preziose come il cashmere rappresentano la base della nostra ricerca. Penso, ad esempio, al ski kit che sarà presto nei negozi rinnovato per la nuova stagione: i clienti apprezzano sempre più capi tecnici in tessuti nobili, veri compagni delle loro avventure. Molti ci raccontano come utilizzano i capi Sease anche in condizioni estreme, come l’amico alpinista che ha scalato 8.000 mt in Himalaya indossando un piumino in Solaro di Sease.

2

Utilizziamo tessuti pregiati della nostra tradizione: baby cashmere, wish, lane merino, lino, canapa e cotoni di alta qualità. Il valore intrinseco di ogni fibra, dalla termo-

L’essere scattante della lana indica la reattività della fibra, che influenza il comportamento del tessuto finale. La scelta dei filati dipende dalla performance che vogliamo ottenere nel capo: è come cucinare, anche un piatto semplice richiede ingredienti eccellenti. Se la lana è di qualità, il risultato sarà sempre buono. La mano del tessuto deve essere perfetta, senza dubbi al tatto, soprattutto per cashmere e lane pregiate.

3

Il blend non è mai casuale: lana-cashmere 90-10, lana-seta-cashmere, cashmere-lino 70-30, e così via. La scelta dipende dal risultato desiderato e dalle preferenze del cliente, tra prezzo e performance. Ad esempio, il cashmere-lino 70-30 in inverno conferisce al capo un effetto estetico particolare e una mano più piacevole. Anche fibre rare come la lana 13 micron vengono utilizzate per jersey esclusivi, che richiedono lavorazioni accurate per mantenere leggerezza, calore e comfort.

4

Il compromesso più delicato è tra mano, drappeggio e performance tecnica. Un cashmere leggero deve essere morbido ma anche resistente e capace di mantenere la forma. I trattamenti anti-pioggia o antivento rischiano di alterare la mano naturale, e la sfida è far convivere estetica e funzionalità senza perdere il valore intrinseco del tessuto. È un equilibrio continuo tra design, materiali e finiture.

5

I filati estremamente fini, come la lana 13 micron o cashmere rarissimi, rappresentano una sfida costante. Sono materie prime delicate che richiedono macchinari calibrati e lavorazioni precise: basta un piccolo errore

regolazione alla traspirabilità, è il punto di partenza per sviluppare capi funzionali. Ci entusiasma vedere come queste materie possano esprimere le loro proprietà naturali in un design contemporaneo, dando vita a capi durevoli, eleganti e performanti. La differenza non sta in un singolo dettaglio, ma nella somma di molti: dalla concezione dei capi a una contaminazione di activewear e lifestyle, ogni elemento contribuisce al risultato finale.

3

Attraverso tecnologia e ibridazione diamo alle fibre naturali performance superiori, funzionali e durevoli. Un esempio emblemati co è il Solaro, reinterpretato con laminazio ne per adattarsi a mare, vela, montagna e sci. Nato a metà secolo scorso per proteggere le truppe britanni che dal sole in Africa, è diven tato un caposaldo sartoriale. SEASE lo ha reinventato in declinazioni contemporanee e performanti: è un’icona di elegance meets performan ce, capace di unire tradizio ne e innovazione.

4

L’artigianalità e l’ec cellenza tecnica sono fondamentali. I passaggi chiave comprendono la selezione delle fibre, fila tura e tessitura: la qualità nasce da scelte accurate a monte, indispensabili per du rabilità e comfort. Poi seguono design, sviluppo e stress test

per compromettere la qualità finale. Anche i filati misti, come cashmere-lana-seta, sono complessi, perché ogni fibra reagisce in modo diverso a tessitura, tintura e finitura. La sfida è mantenere costanza e qualità percepita.

6

La scelta dei tessuti varia in base alla stagione e alla destinazione d’uso. Per l’autunno preferiamo lane calde o blend con cashmere leggero; per la primavera, cotoni e lane sottili spesso mescolati con seta o lino. Un esempio è il blazer primaverile in lana leggera da 160 grammi con seta: un equilibrio perfetto tra leggerezza, resistenza e drappeggio. La mano del tessuto deve sempre rispecchiare l’estetica e la funzionalità richieste.

nella vita reale. La differenza umana sta nell’attenzione ai dettagli: passione, cura e sensibilità artigiana, impossibili da replicare artificialmente. I capi, ispirati al design industriale e alle sue varie declinazioni, sono testati per gli usi previsti, garantendo performance e stile.

5

Il focus è sull’outerwear: giacche, gusci, piumini, ma anche blazer e biker. La giacca da sci Balma è l’esempio più rappresentativo: versatile e iconica. Alcuni clienti la desiderano ogni in nuove finiture e colori, indossandola sia sulle piste sia in città. Questo conferma quanto i capi Sease siano considerati compagni affidabili e duraturi, capaci di accompagnare la vita quotidiana e le avventure estreme.

Spingiamo sulla ricerca tecnologica, valorizzando ogni fibra con laminazione e accoppiamento a teriali tecnici. A breve lanceremo il Carbon Cashmere nello ski kit: un to che unisce cashmere e tecnologia che lica il touch and feel della fibra di carbonio. Il nostro cantiere è continuo: le moderne tecnologie permettono usi impensabili per materie prime naturali, creando capi dal design senza empo, destinati a durare e accompagnare tanti indimenticabili momenti dei Seasers.

FRANCO LORO PIANA founder SEASE

L'ELEGANZA INCONTRA IL MARE...

A MILANO

Sono passati quasi 50 anni dall’inizio del viaggio di Taddei & Co che dalla Liguria ha portato nel capoluogo lombardo uno stile urbano senza tradire le sue origini: quelle legate alla qualità e l’attenzione ai dettagli

di Sara Fumagallo

C’è una storia che parte tra le onde della Liguria e approda nel cuore pulsante della moda italiana. È quella di Taddei & Co, lo store fondato nel 1976 a Bonassola da Angelo Taddei, uomo dalla grande passione per l’abbigliamento e per tutto ciò che fa rima con eleganza. All’epoca il negozio era prettamente dedicato al mondo nautico, con capi pensati per chi vive il mare come un compagno fedele, ma nel 1980 avviene la svolta. Il negozio si trasferisce in via Previati, a Milano, e rinnova la propria anima, abbracciando uno stile più urbano senza però tradire le origini. Oggi quella filosofia continua a vivere grazie al figlio Michele, affiancato dalla sorella Carolina, custodi appassionati di un’identità fatta di qualità, cura del dettaglio e ascolto autentico del cliente. Da Taddei & Co, infatti, non si cerca una semplice giacca o un paio di pantaloni, ma un consiglio, una proposta su misura del proprio modo di essere. “Non amo il termine tendenza”, ci racconta Michele, “la nostra selezione nasce dal gusto personale, non da ciò che impone il mercato”. La sua è una vera e propria dichiarazione: la moda passa, lo stile resta. All’interno dello store si respira un’atmosfera informale e ricercata al tempo stesso, con un’offerta che spazia tra capi casual di alta qualità, firmati da alcuni dei marchi più autorevoli del panorama internazionale. Brand selezionati con cura, tutti accomunati da un unico fil rouge: uno stile intramontabile e contemporaneo. Proprio Michele Taddei, oggi alle redini della realtà, ci ha raccontato la lunga storia di Taddei & Co che, pur rimanendo fedele alle sue radici continua a puntare in alto volendo “consolidare un’identità sempre più forte, mantenendo quel rapporto diretto e personale con la nostra clientela che rappresenta il vero patrimonio dell’azienda”.

Ci racconti la storia di Taddei & Co?

Taddei & Co nasce a Bonassola nel 1976, grazie alla passione per l’abbigliamento di mio papà Angelo. Inizialmente era un piccolo negozio spe-

cializzato in abbigliamento nautico, molto legato al territorio e allo stile di vita del mare. Nel 1980 ci siamo trasferiti a Milano e abbiamo aperto una nuova sede in via Previati, adattando lo stile a un contesto più urbano, pur mantenendo l’attenzione alla qualità e ai dettagli che ci contraddistingue da sempre.

Qual è il profilo del cliente tipo dello store?

Il nostro cliente è una persona che ama vestirsi con cura e apprezza essere accompagnata nella scelta dei capi. Non cerca solo il prodotto, ma anche un consiglio esperto e un’esperienza di acquisto personalizzata. Spesso torna da noi perché trova continuità nello stile e nella qualità del servizio, che consideriamo elementi fondamentali.

Ha riscontrato qualche tendenza particolare per il prossimo inverno?

Non amo parlare di tendenze nel senso stretto del termine: preferisco proporre una selezione basata sul mio gusto personale, che unisce eleganza e praticità.

Quali sono i progetti futuri?

Per il futuro l’obiettivo principale è consolidare sempre di più il nostro percorso, continuando a crescere senza perdere la nostra identità.

Vorremmo rafforzare la relazione con i nostri clienti.

PANORAMICA

Nome boutique: Taddei & Co

Titolare: Michele Taddei

Indirizzo: via Gaetano Previati, 22 (20149) Milano Mq: 110

Sito web: taddeieco.it

Brand più venduti: Baracuta, Barbour, Blundstone, Briglia 1949, Filson, Gran Sasso, Hartford, Kangra, L.B.M. 1911, Manifattura Ceccarelli, Sebago, Stewart, Tela Genova, Woolrich

Lo store Taddei & Co in via Gaetano Previati a Milano
Michele Taddei, titolare

VISIONE CONDIVISA

Dalla sinergia di tre realtà d’eccellenza nasce Bolivox, la nuova Master Agency che semplifica la distribuzione fashion e sportswear, offrendo un servizio unico, efficiente e capillare su tutto il territorio nazionale

Nata dall’unione di Wivian’s Factory, Showroom Libenzi e Gruppo Voxa, Bolivox rappresenta una nuova generazione di Master Agency nel panorama italiano del fashion e dello sportswear. Una realtà che coniuga competenze, esperienze e visioni complementari per offrire ai brand un servizio unico, efficiente e capillare su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è chiaro: essere un partner strategico per i marchi che vogliono rafforzare la propria presenza in Italia, garantendo una distribuzione coerente, mirata e coordinata. Con un solo interlocutore, Bolivox semplifica la gestione commerciale e potenzia la relazione tra brand e rivenditori, offrendo soluzioni su misura che spaziano dalla consulenza strategica alla gestione post-vendita. Ne abbiamo parlato con Mattia Bodini, amministratore delegato della realtà.

Qual è la storia di Bolivox?

Bolivox nasce da un’idea che avevamo da tempo: unire sotto un’unica entità tre storiche realtà: Wivian’s Factory, Showroom Libenzi e Gruppo Voxa. L’obiettivo era creare una struttura condivisa, un interlocutore unico per i brand, che garantisse una distribuzione coerente e coordinata in tutto il Paese con una sola mission, quella di offrire alle aziende un servizio di rappresentanza integrata, moderna e coesa, costruendo relazioni solide e durature tra brand e mercato. La nostra visione è quella di diventare un punto di riferimento per le migliori aziende del fashion e dello sportswear, offrendo una distribuzione capillare ma perfettamente coordinata.

I MARCHI

Da dove deriva il nome Bolivox? Cosa significa?

Bolivox nasce dalla fusione delle tre realtà: Bo(dini), Li(benzi) e Vox(a). Il nome racchiude l’identità dei tre soci fondatori: Bodini (Wivian’s Factory), che copre il Nord Italia e la Sardegna, Li(benzi), che presidia il Centro Italia con sede vicino Bologna, e Gruppo Voxa, riferimento per il Sud Italia con base a Roma, Napoli, Palermo e Bari.

Quali marchi rappresentate oggi e quali sono i più recenti ingressi? Oggi Bolivox rappresenta un portfolio di marchi in forte crescita. Tra i nomi di punta figurano Umbro, Reebok e Palm Angels, che hanno scelto la società come partner esclusivo per l’Italia. Reebok, dopo la vendita e la nuova gestione europea affidata a Slam Jam, ci ha nominato Master Agency per l’Italia. Anche Palm Angels, oggi sotto il gruppo Sportlux Swiss S.A., ha scelto di collaborare con noi. Sono partnership che ci rendono orgogliosi. Presto entrerà un nuovo brand nel nostro portafoglio, ma è ancora top secret.

Quali sono gli obiettivi e le sfide di Bolivox per il prossimo anno? Per il prossimo anno gli obiettivi sono ambiziosi: ampliare il portfolio dei brand rappresentati, consolidare il servizio di Master Agency e potenziare la struttura operativa con figure dedicate esclusivamente alla società. Bolivox oggi è una realtà concreta, un’unione di eccellenze italiane che hanno scelto di fare squadra per offrire un servizio nuovo e unico nel suo genere. È un modello che sta suscitando interesse anche da parte di altre aziende internazionali, e questo ci spinge a guardare avanti con grande fiducia.

Mattia Bodini, amministratore delegato
Hoff, Inuikii, Palm Angels, Reebok, Rue Madam Paris, The North Face, Umbro, Vans

LA NUOVA ELEGANZA GREEN

Dal Venice Sustainable Fashion Forum 2025 parte la sfida per armonizzare valori, norme e processi lungo tutta la catena della moda. Tra evoluzione e circolarità

di Angelo Ruggeri

Tra le acque silenziose dell’Isola di San Giorgio, la moda europea ha trovato il suo nuovo punto di equilibrio. È qui che si è aperta la quarta edizione del Venice Sustainable Fashion Forum (VSFF), ideato da Confindustria Moda, The European House –Ambrosetti e Confindustria Veneto Est, che ha acceso i riflettori su una sfida cruciale: armonizzare norme, valori e processi lungo l’intera catena estesa della moda. L’Italia si conferma così hub europeo della transizione sostenibile, in un contesto globale segnato da instabilità geopolitica, tensioni economiche e nuovi modelli di consumo.

“Just Fashion Transition”: la moda che cambia davvero

Durante la giornata è stato presentato da Carlo Cici, partner e head of sustainability practices di The European House – Ambrosetti lo studio strategico “Just Fashion Transition 2025”. Lo studio propone un approccio pratico e realistico: la sostenibilità deve essere attuabile, basata su soluzioni concrete e raccontata attraverso narrazioni autentiche. Non più visioni astratte o teorie ideali, ma una transizione giusta, in cui etica e competitività convivono. Un nuovo modo di intendere la moda, capace di coniugare la marginalità di breve periodo con la crescita di lungo termine.

Una nuova grammatica geopolitica

Regole lente, finanza veloce

La sostenibilità è diventata una questione di strategia industriale e sicurezza economica. Nel pieno della “nuova grammatica geopolitica”, l’Europa punta a costruire un modello di capitalismo "verde", dove la tutela degli ecosistemi è parte integrante della competitività. Ma la pressione dei modelli ultra-fast fashion continua a erodere qualità e diritti. Solo un equilibrio tra innovazione e valori può garantire la tenuta del sistema moda europeo.

Un settore in evoluzione

La moda del Vecchio Continente sta cambiando pelle. Crescono la frammentazione delle imprese e la produttività del lavoro, ma quasi 300 mila posti restano a rischio. La sfida è innovare senza disumanizzare, mantenendo viva l’anima artigianale che ha reso grande il made in Italy. Intanto, le narrazioni si spostano: i paesi “Produttori”, come la Cina, avanzano come leader dell’innovazione, mentre quelli “Brand-ofOrigin” devono riscrivere la propria identità, trasformando la sostenibilità in una nuova forma di bellezza e desiderio.

Consumatori tra ansia e desiderio

Anche il comportamento dei consumatori sta cambiando. Cresce il fenomeno del “doom spending”, la tendenza a spendere in beni di lusso per compensare ansie e incertezze. Le giovani generazioni comprano per ritrovare stabilità emotiva, non solo status. Ma orientarsi nell’universo delle etichette green resta difficile. La fatica informativa è alta: tutti parlano di sostenibilità, ma pochi la rendono chiara e verificabile. La moda deve tornare a parlare un linguaggio semplice, trasparente e autentico.

Il Competitiveness Compass UE, nato per semplificare, ha finito per rallentare oltre la metà delle normative sulla sostenibilità. Tuttavia, l’Europa resta all’avanguardia sul fronte degli incentivi finanziari per la transizione. Il nodo è l’accesso: le PMI italiane, pur essendo la spina dorsale del settore, faticano a ottenere fondi e strumenti di supporto. Dopo un 2024 di stallo, il 2025 segna una ripresa, ma ancora spinta dalla compliance più che dalla convinzione.

Circolarità e clean tech: la doppia chiave del futuro

La moda europea avanza nella circolarità, ma il ritmo non basta. In 20 anni la produzione globale di fibre è più che raddoppiata, mentre gli europei acquistano il 60% in più di vestiti rispetto al 2000 e li usano per metà del tempo. Ogni anno quasi 7 milioni di tonnellate di rifiuti tessili finiscono nell’indifferenziata. La risposta non può essere solo riciclare di più, ma consumare meglio. Le clean tech per il fashion sono già pronte, ma costose. Secondo lo studio, serviranno 4,4 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi climatici. Qui la finanza sostenibile diventa l’alleato strategico delle imprese: l’unico modo per trasformare la transizione in opportunità concreta.

Un equilibrio possibile

Dal Venice Sustainable Fashion Forum 2025 emerge una certezza: la sostenibilità non è più un trend, ma la nuova grammatica della competitività. Armonizzare norme, valori e processi significa costruire un equilibrio tra etica e business, innovazione e tradizione, persone e pianeta. A Venezia, la moda si è guardata allo specchio e ha visto la propria sfida più grande: essere green senza perdere fascino, giusta senza essere austera, innovativa senza rinnegare le radici. È qui che nasce la vera “Just Fashion Transition” - la promessa che la bellezza possa tornare a essere un atto di responsabilità.

Un momento del Venice Sustainable Fashion Forum 2025

Preparati ad un nuovo modo di fare trekking con speedARC Matis

PASSO DOPO PASSO

Ottant’anni, otto modelli, un nuovo capitolo. Paraboot celebra l’importante traguardo della leggendaria Michael con un evento esclusivo al Candiani Store di Milano. Un classico universale, amato da generazioni e culture diverse di Cristiano Zanni e Sara Fumagallo

Ci sono storie che si scrivono con i passi. Anno dopo anno, traccia dopo traccia, restano scolpite nella memoria collettiva. A volte nascono per necessità, per accompagnare la vita quotidiana di chi lavora. Talvolta diventano simboli di stile, oggetti del desiderio, icone che attraversano decenni senza perdere un grammo della propria identità. La Michael di Paraboot appartiene a questa élite senza tempo. La scarpa più amata del marchio francese compie 80 anni e li porta con la stessa sicurezza di chi non ha bisogno di rincorrere tendenze. Per rendere omaggio a questo percorso leggendario, la label ha scelto Milano, capitale della moda, affidando al Candiani Store di piazza Mentana 3 il ruolo di palcoscenico per un evento speciale dal titolo evocativo: “Some Things Never Change”. Un cocktail celebrativo che ha messo in scena dialoghi di stile tra tradizione e modernità, tra archivio e innovazione.

La scarpa da ingegnere Correva il 1945 quando la Michael faceva la sua comparsa. Una scarpa robusta e funzionale, progettata per agricoltori, artigiani e commercianti. In Italia divenne presto “la scarpa da ingegnere”, complice la fama di affidabilità incrollabile. La silhouette tondeggiante, la trépointe festonata e la suola a carrarmato raccontano ancora oggi la stessa filosofia: resistere, accompagnare chi la indossa con un’eleganza senza fronzoli. La costruzione norvegese e Goodyear, la possibilità di essere risuolata integralmente, l’attenzione maniacale per materiali e dettagli testimoniano la dedizione di Paraboot all’artigianalità vera. Nel frattempo la Michael ha imparato a cambiare senza cambiare, a reinventarsi rimanendo se stessa. Dalla campagna alle passerelle, dalla bottega al lifestyle urbano, il salto è stato naturale. Un classico universale, amato da generazioni e culture diverse.

SONO 17 ANNI CHE FATTORE K

DISTRIBUISCE IL BRAND PARABOOT IN ITALIA. NEL 2018 IL FATTURATO TOTALE

DELL’AZIENDA ERA DI 17 MILIONI

DI EURO, MENTRE OGGI HA RAGGIUNTO I 30 MILIONI. ENTRO I PROSSIMI QUATTRO ANNI PENSIAMO

DI RAGGIUNGERE I 50 MILIONI. L’ITALIA È ORA IL SECONDO

MERCATO DOPO LA FRANCIA”, GIANNI KLEMERA, FOUNDER E CEO FATTORE K

“SEI ANNI FA SONO ENTRATO IN PARABOOT COME CEO. UN’AZIENDA A CONDUZIONE FAMILIARE, MOLTO ORIENTATA ALLA PRODUZIONE, TRADIZIONALE E QUASI PRIVA DI BRANDING, MARKETING, IMMAGINE E APERTURA INTERNAZIONALE. PER ESEMPIO, QUANDO SONO ARRIVATO, IL 70% DELLE VENDITE PROVENIVA DA FRANCIA E GIAPPONE, MENTRE L’ITALIA RAPPRESENTAVA SOLO IL 5-7%. SAPEVO CHE DOVEVAMO APRIRE L’AZIENDA AL MERCATO INTERNAZIONALE, SOPRATTUTTO ALL’ITALIA, UNO DEI QUATTRO POSTI CHE GUIDANO DAVVERO LA MODA NEL MONDO, INSIEME A FRANCIA, GIAPPONE E NEW YORK”, ERIC FORESTIER, CEO PARABOOT

La capsule celebrativa “Michael: 80 anni, attraverso 8 decenni” di Paraboot. Otto modelli inediti che reinterpretano epoche e suggestioni passate, con materiali ricercati, cromie d’archivio, nuovi accenti stilistici che plasmano un ponte creativo tra ieri e oggi

THE NEW FASHION MANAGEMENT

Quando l’ecosistema del lusso cambia agilità: dalla rivoluzione industriale del nuovo ceo di Kering (dal mondo dei motori) all’eredità Armani, in bilico tra fondazione e fondo in arrivo

di Angelo Ruggeri

Quando nel giugno 2025 Luca de Meo, ex ceo di Renault, è stato annunciato come nuovo amministratore delegato del gruppo Kering, molti hanno pensato a una vera e propria rivoluzione. Un manager dei motori alla guida di Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent? Eppure la scelta di François-Henri Pinault è tutt’altro che casuale. Il mondo della moda sta cambiando pelle: serve meno estetica e più ingegneria, meno ispirazione e più gestione. de Meo arriva in Kering con una filosofia chiara, forgiata negli stabilimenti dell’automotive: performance, efficienza e organizzazione. Durante la sua carriera ha guidato ristrutturazioni complesse, ridisegnato supply chain e rilanciato brand in crisi. È, in sostanza, un uomo che sa “mettere il turbo” a ciò che si è inceppato. E il colosso del lusso ne ha bisogno: i profitti sono scesi, Gucci sembra aver perso lo smalto di sempre e il gruppo ha sofferto una stagnazione creativa. La sua prima mossa è stata simbolica ma cruciale: Pinault resta presidente, ma cede la guida operativa. Per la prima volta Kering separa il potere strategico da quello esecutivo, adottando una struttura più snella e pragmatica. È la fine dell’era del “father-master” e l’inizio di una gestione più corale, dove i numeri contano quanto le collezioni. Nelle prime settimane de Meo ha riunito i vertici del gruppo, imponendo un ritmo nuovo: 65 ore

a settimana, riunioni dirette su WhatsApp, gerarchie orizzontali e niente scuse. Chi sbaglia ammette, chi brilla condivide. È un codice di comportamento mutuato dal mondo dei motori, dove la velocità si misura in decisioni, non in parole. La sfida è far correre un sistema che, tra passerelle e marketing, si era adagiato su tempi più lenti. Il piano è chiaro: riaccendere Gucci, riportare efficienza e ricostruire margini. Ma soprattutto ridefinire Kering come un gruppo industriale con cuore creativo. Francesca Bellettini, ora ceo di Gucci, sarà la prima a testare la nuova filosofia: più accountability, meno misticismo. “Luxury is a system”, direbbe de Meo. E lui di sistemi se ne intende.

La successione Armani: l’indipendenza come ultima eredità

Se Kering corre verso la trasformazione, Armani guarda al futuro con una forma di stabilità controllata. Dopo la scomparsa di Giorgio Armani, il 4 settembre scorso, la casa di moda milanese entra nella fase più delicata della sua storia: il futuro senza il suo fondatore. Ma, come sempre, lo stilista aveva previsto tutto. Il suo testamento, pubblicato a metà settembre, ha rivelato una struttura di governance quasi chirurgica. La Fondazione Giorgio Armani diventa proprietaria dell’intero gruppo: il 9,9% in piena proprietà e il re-

La collezione SS 26 womenswear di Giorgio Armani

stante 90% in nuda proprietà. L’usufrutto, distribuito tra figure di fiducia, garantisce continuità a breve termine. La Fondazione è chiamata a custodire lo spirito del brand, ma anche ad aprirlo al mondo esterno. Entro 18 mesi dovrà infatti cedere il 15% delle quote a un grande player del lusso - tra i nomi citati, LVMH, L’Oréal o EssilorLuxottica. Non un fondo speculativo, ma un partner “pari grado”. Nei cinque anni successivi, potrà arrivare a una seconda apertura, fino al 55% del capitale, o perfino a una quotazione in Borsa. Tutto, però, sotto un principio non negoziabile: la Fondazione manterrà almeno il 30,1% e il potere di veto su qualunque decisione cruciale. È un capolavoro di strategia postuma: Giorgio Armani non ha lasciato un vuoto, ma una mappa. Ha costruito una blindatura legale che impedisce scalate ostili, ma allo stesso tempo permette di crescere con l’aiuto di capitali esterni. L’indipendenza come valore, non come isolamento. Alla guida operativa resta Pantaleo Dell’Orco, storico braccio destro e compagno dello stilista, nominato anche presidente della Fondazione. È lui oggi a incarnare la continuità: conosce la grammatica Armani, ma dovrà dialogare con un mondo finanziario molto diverso. I nipoti, Silvana Armani e Andrea Camerana, siedono nel board con quote minoritarie e ruoli più simbolici. L’era familiare si chiude, lasciando spazio a una governance istituzionale. Eppure l’ombra del capitale aleggia. LVMH osserva, Luxottica attende, L’Oréal sorride. Chi prenderà il 15% avrà un piede nel tempio del minimalismo milanese. Una partecipazione piccola, ma strategica: basterà a indirizzare alleanze, distribuzione e accesso al mercato asiatico. È il lusso che torna oggetto di conquista, anche se sotto forma di collaborazione controllata.

Quando il motore incontra la couture Il parallelo tra Kering e Armani non è casuale: rappresentano le due anime del nuovo fashion management. Da una parte la spinta industriale, dall’altra la difesa del patrimonio. Due strategie opposte, ma figlie della stessa urgenza: reinventare il modo in cui la moda viene gestita. de Meo porta al lusso la mentalità dell’automotivedisciplina, processi, lean thinking. Armani lascia in eredità un modello opposto: riflessività, valore simbolico, controllo. Entrambi, però, capiscono che il tempo della moda “romantica” è finito. I brand oggi sono infrastrutture: richiedono governance, fondazioni, sistemi finanziari e soprattutto regole. Il nuovo ceo di Kering punta sulla velocità e sulla cultura d’impresa, trasformando l’ispirazione in efficienza. La Fondazione Armani, invece, prova a rallentare, proteggendo l’identità prima dei margini. Due modi diversi di rispondere alla stessa domanda: come restare rilevanti in un mercato in cui il lusso è ormai una categoria industriale, non artistica.

Il lusso come macchina a doppia anima Il futuro della moda si gioca qui, tra due estremi. Da un lato l’approccio “motore” di de Meo, dove la bellezza si misura anche nei processi e l’innovazione non è più solo estetica. Dall’altro, l’eredità Armani, che trasforma la successione in un manifesto sulla libertà del marchio. In mezzo c’è un sistema che cerca di ridefinirsi, oscillando tra il culto della creatività e la necessità di funzionare come un’azienda globale. Il nuovo fashion management è questo: non più il regno dei designer geniali, ma l’era dei manager che parlano la lingua dell’arte e quella della finanza. Oggi il lusso è una macchina a doppia animaelegante e complessa, industriale e poetica, autonoma e connessa. De Meo e Armani, a modo loro, ne sono i simboli: uno che accelera, l’altro che procede alla stessa velocità. Ma entrambi ci ricordano che, per sopravvivere nel presente, anche il bello deve imparare a guidare.

Luca de Meo, ceo del gruppo Kering
Un look dalla collezione SS 26 di Gucci

QUAL È IL FUTURO DEL FASHION RETAIL?

Rinascita o declino? L’analisi presentata durante il Convegno “FashionForward” fotografa un mercato non proprio roseo, ma ancora centrale a livello nazionale. Sarà quindi determinante la capacità di innovare e tornare a essere un motore di desiderio

Il settore retail multimarca dell’abbigliamento in Italia sta attraversando una fase cruciale, in cui si intrecciano segnali di fragilità strutturale e nuove opportunità di rilancio. Questo è stato il tema principale del Convegno “Fashion Forward” – di cui HUB Style è stato media partner, moderando i panel – tenutosi presso la storica sede di AssomodaConfcommercio. “Sono molto felice che, per la prima volta, si sono seduti attorno al tavolo sia le istituzioni che i referenti delle varie associazioni, per cercare di intervenire e risolvere le problematiche del nostro settore”, Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio. Durante la mattinata, infatti, sono intervenuti Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Imprese per l’Italia, Carlo Massoletti, vice presidente vicario di Confcommercio Lombardia, Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda, Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda, Maurizio Governa, presidente di Assomoda e Giulio Felloni.

Una rete ancora vasta, ma più fragile Il censimento indica oltre 39 mila punti vendita multimarca attivi in Italia, con una forte concentrazione nei territori del Nord, in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, ma con un riequilibrio progressivo verso Sud e aree turistiche ad alta attrattività. La densità dei negozi è più elevata nelle aree metropolitane e urbane, mentre i piccoli centri mostrano un tessuto in progressivo impoverimento. A livello di dinamiche aziendali, le chiusure superano stabilmente le aperture: “Nel 2024 hanno chiuso 18 negozi di moda ogni giorno, per un totale di 6.459 in un anno, e la spesa delle famiglie per abbigliamento e accessori negli ultimi cinque anni è calata di quasi 4 miliardi di euro. Oggi è un’occasione per rinnovare il nostro impegno nel costruire un futuro migliore per la moda italiana”, afferma Felloni. La prima metà del 2025 registra un valore del mercato fashion di 12,1 miliardi di euro, in flessione soprattutto negli accessori e nella calzetteria; l’abbigliamento rappresenta ancora il segmento dominante. La domanda appare condizionata da: attenzione crescente alle promozioni e ai periodi di sconto, propensione all’acquisto solo del necessario

Quanti sono?

Gen Z 15-27 anni

Millenial 28-44 anni

Gen-X e Boomer >45 anni

e riduzione del valore emozionale attribuito al fashion. Il prezzo rimane la principale leva, contribuendo a rendere il prodotto moda una quasi-commodity. “Tutti si stanno proteggendo: dobbiamo farlo anche noi. Monitoriamo come viene realizzata l’informazione e vietiamo la pubblicità ingannevole. Sono norme che possiamo applicare a livello nazionale, come già stanno facendo in altri Paesi. Se non agiamo in fretta, avremo migliaia di negozi in meno e le nostre città perderanno identità, cultura e qualità”, dichiara Sburlati.

Moda green? Sì, ma a costo zero

Dopo un picco iniziale, la domanda di prodotti responsabili si è attenuata poiché il prezzo non deve aumentare rispetto ai capi tradizionali e mancano certificazioni chiare che garantiscano la reale sostenibilità del prodotto. Oltre il 49% degli italiani acquista capi usati, ma la motivazione dominante resta il risparmio più che la volontà ambientale. “C’è una competizione nuova e aggressiva: l’ultra fast fashion. Un modello che si nutre di pratiche che non possiamo accettare. Se la Francia ha già introdotto regolamentazioni su questi attori, anche l’Italia deve avere il coraggio di intervenire. Non possiamo tutelare solo formalmente il made in Italy e poi permettere che i nostri mercati vengano invasi da prodotti che non rispettano né persone né ambiente”, dice Capasa. Chi è riuscito a distinguersi in questo scenario sono i retailer che appartengono alla fascia premium.

Cambiano i comportamenti d’acquisto Molte PMI non utilizzano più gli e-commerce, preferendo social commerce e marketplace, strumenti a costi più contenuti e con maggior immediatezza di relazione con il cliente. Nel fisico si riduce il traffico in quasi tutte le location a eccezione degli outlet, che reggono grazie alla leva prezzo. L’online mantiene un trend flat ma guadagna quota sul totale mercato. Parlando dei consumatori, invece, i Millenial rappresentano il target potenziale per volumi e spesa, seguiti dalla Gen X e, sebbene molti consumatori continuino a privilegiare quantità e prezzo, emerge un ritorno di interesse per qualità, durata e artigianalità, specialmente nella fascia premium.

Quanti prodotti fashion acquistiamo?

Quanto spendono in fashion?

Quanti spendono in fashion a testa?

Leggi l’intervista a Maurizio Governa, presidente Assomoda, sul numero 05-25 e online su hubstyle.it

STARDUST

Stardust è un progetto nato dall’idea che siamo parte dell’universo. Stardust ci connette: tra di noi, con il nostro passato, il nostro presente. Con gli individui e con Madre Natura. Ad ogni passo, un promemoria:

We are always connected

L’ANIMA DEL TAGLIO

Per l’inverno 25/26 Tagliatore celebra l’outerwear con volumi contemporanei e materie prime preziose. Pino Lerario ci racconta come il brand coniuga tradizione sartoriale e modernità

di Valeria Oneto

Tagliatore continua a raccontare l’eleganza maschile e femminile attraverso capispalla raffinati, dove ogni dettaglio, dal tessuto alla silhouette, riflette l’heritage italiano del brand. La collezione uomo e donna dialoga in un linguaggio comune: tagli netti, volumi studiati e dettagli sartoriali creano un universo stilistico coerente. L’armonia tra le due linee valorizza l’identità peculiare e l’ele ganza senza tempo. In questa intervista, Pino Lerario, direttore creativo del brand, svela i segreti della nuova collezione FW 25/26, tra scelte sartoriali, materiali nobili e un’estetica senza tempo, che unisce comfort, leggerezza e stile.

di una collezione: basta cambiare la misura di un rever o la lunghezza di una giacca per ottenere un risultato completamente diverso. I nostri volumi sono morbidi, ma mai eccessivi, per noi la misura è un mantra. La nostra estetica è armonica e ben definita: vogliamo assecondare un vestire raffinato, dove ogni scelta, anche la più piccola, contribuisce a costruire un immaginario preciso. Penso, ad esempio, all’importanza dei bottoni, che nelle collezioni Tagliatore diventano veri e propri elementi distintivi.

La FW 25/26 di Tagliatore celebra l’outerwear con materie prime nobili e preziose come cashmere, lana, mohair e Vicuña. Come queste fibre guidano le scelte sartoriali dei vostri capispalla e come contribuiscono a creare leggerezza, comfort e un’eleganza percepibile anche nei dettagli?

La scelta delle materie prime è centrale nella costruzione di una collezione: l’eccellenza qualitativa è per noi un biglietto da visita imprescindibile. L’emozione passa anche attraverso il tatto: non è solo la vista a dover essere appagata. Mi occupo personalmente della selezione dei tessuti e lavoro fianco a fianco con i fornitori, con l’obiettivo di ottenere qualcosa di unico ed esclusivo. Se ho in mente un risultato preciso per un cappotto o una giacca, la ricerca non si ferma finché non trovo ciò che

Cappotti oversize, giacconi e overshirt reinterpretano il leisure tailoring con volumi e forme contemporanee. Come siete riusciti a combinare tradizione sartoriale e modernità nelle silhouette della stagione?

Il nostro obiettivo è restare fedeli alle nostre origini, al nostro dna. Non seguiamo le mode effimere, ma siamo consapevoli dell’importanza di evolvere e di rispondere alle esigenze di un mercato e di clienti sempre più attenti. Nelle collezioni, sia uomo che donna, convivono capi timeless che ci accompagnano da anni e continuano a essere molto amati: sono il segno di una coerenza che si rinnova nel tempo.

Dettagli come il colletto alla coreana, i volumi oversize e le texture classiche raccontano un’idea precisa di eleganza maschile. In che modo il design dei vostri capispalla, dai bottoni alle lavorazioni dei tessuti, trasmette lo stile distintivo Tagliatore e la qualità sar-

I dettagli sono sempre determinanti all’interno

Le collezione invernali, riflettono un equilibrio tra heritage e innovazione. Come l’outerwear di questa stagione incarna i valori del brand, e quale messaggio volete trasmettere ai vostri clienti contemporanei? L’outerwear di questa stagione rappresenta in pieno la filosofia Tagliatore: eleganza senza ostentazione, attenzione maniacale al dettaglio e una costante ricerca di equilibrio tra forma e sostanza. Abbiamo voluto creare capi che parlino di autenticità, che trasmettano il piacere di indossare qualcosa di ben fatto e di sentire la qualità sulla pelle. Il messaggio è quello di un’eleganza consapevole, che non segue le mode ma le attraversa, fedele ai nostri valori originari e aperta a un’evoluzione naturale.

Alcune immagini della collezione FW 25/26 di Tagliatore
Pino Lerario, direttore creativo

URBAN REFINEMENT

Tra materiali nobili, ricerca tecnica e linee di ispirazione sartoriale, DUNO continua a ridefinire l’idea di outerwear contemporaneo

Le nuove collezioni invernali di DUNO, per uomo e donna, giocano con texture e materiali diversi: dalla lana cotta e bouclé alla lana tecnica diagonale, dal cashmere alle mischie pregiate di lana e viscosa, fino a nylon water-resistant, microfibre opache e membrane bio-based. Un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione dove i materiali nobili, incontrano finiture sartoriali e dettagli funzionali d’avanguardia. Il brand con sede in toscana propone così una nuova idea di eleganza quotidiana, fondata su comfort, performance e urban refinement. Abbiamo chiesto al ceo Chris Wang di raccontarci l’evoluzione dei capispalla e la visione del brand per la prossima stagione.

I modelli più iconici della stagione sembrano reinterpretare il concetto di comfort, come nel piumino Diana, che unisce la morbidezza del cashmere al trattamento Rain System. Quanto è importante il dialogo tra estetica classica e innovazione funzionale?

Questi valori sono al centro del nostro dna fin dalla nascita del brand. DUNO è il punto d’incontro tra estetica classica contemporanea e innovazione funzionale, un binomio che definisce la nostra identità.

Dalla giacca maschile Orlando al cappotto Jasper, fino al nuovo piumino donna Diana, in lana e cashmere Loro Piana, del progetto ATTIC: a chi si rivolge questa nuova generazione di capispalla, che coniuga sartorialità, protezione termica e spirito urbano?

I nostri capispalla sono pensati per clienti dinamici e cittadini del mondo, che cercano un outerwear di alta qualità, con uno stile contemporaneo e funzionalità avanzata.

Nei vostri capi convivono materiali tradizionali e tessuti tecnici di ultima generazione, resistenti all’acqua e al vento, frutto di lavorazioni esclusive. Come scegliete le fibre e le collaborazioni con aziende tessili d’eccellenza come Loro Piana?

Siamo sempre alla ricerca di fornitori capaci di soddisfare i nostri alti standard di qualità. Ogni stagione puntiamo a offrire capispalla che bilancino perfettamente valore, prestazioni e raffi-

DUNO ha costruito un linguaggio inconfondibile fatto di linee pulite, tonalità neutre e volumi calibrati. Per la prossima collezione autunno-inverno 26/27, che presenterete a Pitti 109, dobbiamo aspettarci una continuità in questa direzione?

Nelle nuove collezioni invernali, che presenteremo in anteprima a Pitti 109, ci sarà un’evoluzione non solo nei tessuti e nelle palette cromatiche, ma anche nello stile generale. Manteniamo la nostra identità, introducendo al contempo nuove prospettive.

Il vostro urban refinement interpreta da sempre un’idea di eleganza funzionale. Come si rinnova oggi, nell’era della consapevolezza e della ricerca di capi destinati a durare, restando fedele alla propria identità?

Questo stile evolve grazie all’uso di tessuti pregiati, cura dei dettagli e finiture impeccabili. Il risultato sono capi versatili, adatti a ogni occasione, che mantengono sempre stile, funzionalità ed eleganza metropolitana.

Il piumino Diana è realizzato in tessuto lana e cashmere firmato Loro Piana, con trattamento Rain System

Chris Wang, ceo
Piumino trapuntato realizzato in tessuto pregiato di lana e cashmere a marchio Loro Piana con tecnologia Storm System

LA TRADIZIONE CHE NON TEME IL TEMPO

Waxed è il nuovo progetto firmato Space 2000 che ridefinisce l’heritage contemporaneo

Da sinistra: la chore jacket Hamilton e il parka Burnaby

C’è un nuovo nome da tenere d’occhio nel panorama dell’outerwear italiano: Waxed. Il progetto firmato Space 2000, fashion industry made in Italy con un portfolio di 10 marchi attivi e una visione chiara, quella di coniugare solidità industriale e ricerca stilistica. Il marchio nasce con un obiettivo preciso: creare un brand esclusivo e autentico, destinato a una rete vendita selezionata e a clienti che cercano capi dal carattere deciso e di qualità, senza compromessi. È un’iniziativa che parla di identità, qualità e coerenza, tre parole chiave che si traducono in un’estetica tanto essenziale quanto distintiva. Ogni capo è un manifesto di design e durata, frutto di una visione chiara e coerente.

Tough and timeless

La collezione Waxed è una rilettura sofisticata dei codici dell’heritage, reinterpretati con un linguaggio moderno. Le forme classiche e i volumi tradizionali si rinnovano attraverso tagli funzionali, materiali tecnici e un comfort di nuova generazione. Il risultato è un equilibrio inedito tra autenticità e innovazione, un’estetica “tough and timeless” che evolve nel tempo insieme a chi la indossa. Al centro del progetto, l’outerwear: giacche e parka realizzati in cotone/nylon con speciale finissaggio cerato, da cui il brand prende il nome. Un materiale resistente e vivo, capace di cambiare con l’uso e raccontare la storia di chi lo porta.

Due icone, un’attitudine

Tra i capi simbolo della prima collezione, spiccano due modelli che incarnano lo spirito del brand: Parka Burnaby, reinterpretazione contemporanea di un grande classico con linee pulite, dettagli tecnici e versatilità – e Chore Jacket Hamilton, ispirata alla tradizionale giacca da lavoro, alleggerita nelle proporzioni e pensata come ideale giacca di mezza stagione. Entrambi i modelli si distinguono per la fodera interna a righe multicolor piazzate, un tocco dal gusto folk che rompe la convenzione e diventa segno distintivo della collezione.

ACQUA, CREATIVITÀ E FUTURO

Da sette anni Acqua Foundation unisce arte, design e filantropia per difendere la risorsa più essenziale e fragile. L’edizione 2025 di Imaginarium IV ha esplorato il ruolo delle industrie creative contro il greenwashing

Nata dall’iniziativa dei quattro co-fondatori

Gabriele Bonfiglioli, Aurelia Musumeci Greco, Cecilia Ago e Giuseppe Di Vita, Acqua Foundation è oggi un punto di riferimento internazionale per la sostenibilità idrica, usando la creatività per trasformare consapevolezza in azione. Imaginarium IV, ospitato nella cornice della Fondazione Riccardo Catella di Milano, ha celebrato moda, arte, design e architettura come strumenti di trasformazione, mostrando come possano guidare un cambiamento concreto di impatto sociale e ambientale. In questa cornice di bellezza e responsabilità abbiamo incontrato Gabriele Bonfiglioli per parlare di visione, progetti futuri e del potere della creatività nel proteggere il bene più prezioso: l’acqua.

Gabriele, Acqua Foundation nasce dalla passione per l’acqua e la creatività: quale sogno vi ha guidato e come si riflette oggi nelle vostre iniziative?

Acqua Foundation nasce sette anni fa dall’idea di usare l’arte per sensibilizzare sulla crisi idrica globale. L’acqua è il bene più prezioso e fragile, ed è parte della nostra identità. Fin da bambino sono stato affascinato da questo elemento vitale, che collega ogni forma di vita sul pianeta. Abbiamo voluto unire filantropia ambientale e industrie creative per trasformare consapevolezza in azione concreta. Oggi il sogno vive nei nostri progetti, che intrecciano arte, design, musica e cinema per comunicare temi complessi in modo immediato. Dalla Biennale di Venezia al MAXXI, da Cannes a Imaginarium, il nostro messaggio è chiaro: l’acqua non è un’eredità dei nostri padri, ma un prestito dai nostri figli. Imaginarium IV celebra moda, arte e design come strumenti di trasformazione: quali esempi concreti ne mostrano l’impatto? In Imaginarium questi mondi dialogano. La moda si orienta verso produzioni sempre più sostenibili; l’arte diventa strumento di riflessione collettiva. Nelle quattro edizioni abbiamo ospitato opere di Marion Baruch, Quayola, Elena Mazzi e Binta

Diaw. La conferenza di apertura evidenzia il ruolo di moda, arte e design nella transizione verso un’economia sostenibile. L’obiettivo è costruire un immaginario condiviso in cui creatività, scienza e responsabilità sociale dialoghino per un futuro equo e innovativo. La creatività diventa leva concreta per affrontare l’emergenza climatica e ridefinire nuovi standard di sviluppo.

Il bluewashing può confondere etica e pubblicità: come riconoscere le azioni realmente sostenibili?

Il bluewashing è sempre più diffuso: aziende che usano l’acqua per costruirsi una reputazione senza un reale impatto ambientale. Serve trasparenza, misurabilità e cultura del dato. Con Acqua Foundation e Francesca Greco abbiamo pubblicato il libro “In Difesa dell’Acqua”, presentato anche a Imaginarium, per aiutare imprese e cittadini a distinguere marketing e responsabilità. La chiave è la fiducia informata: chiedere rendicontazioni precise e premiare la coerenza. Ogni scelta di acquisto diventa così un gesto di impegno sociale.

Guardando al futuro, quali progetti vi emozionano di più e come può aiutare il mondo creativo?

Il progetto più emozionante è Acqua for Future, che porta acqua potabile e servizi igienici sicuri nelle scuole più vulnerabili. Dopo Tanzania e Cambogia, puntiamo ad altre aree, dimostrando che l’acqua è motore di sviluppo sociale, educativo e ambientale. Parallelamente, la prossima edizione di Imaginarium diventerà sempre più una piattaforma di dialogo tra arte, scienza e industria, per tradurre in azione concetti complessi come consumo responsabile e riuso dei materiali. Il mondo creativo gioca un ruolo chiave: artisti, designer e registi generano emozione, e solo ciò che emoziona spinge davvero all’azione. Continueremo a sviluppare progetti educativi che insegnano alle nuove generazioni come ogni gesto possa contribuire a un futuro più equilibrato e sostenibile.

Un’immagine del progetto “Acqua for Future”, che trasforma l’acqua in opportunità, portando risorse idriche e servizi igienici nelle scuole più fragili, unendo sostenibilità, educazione e sviluppo sociale in un gesto concreto e di grande impatto

Gabriele Bonfiglioli, founder

BLACK FRIDAY:

LA PSICOLOGIA PRIMA DEL PREZZO

Non è più solo una corsa allo sconto: oggi questo appuntamento attiva aspettative e dinamiche complesse. Per i brand, la sfida è trasformare hype e bias cognitivi in leve strategiche, generando valore oltre le 24 ore dell’evento

La maggior parte dei retailer vive il Black Friday come un male necessario: margini compressi, logistica sotto stress, clienti che aspettano solo le promozioni per acquistare. Ma questa visione coglie solo metà della realtà. Oggi, infatti, il gioco è cambiato: i consumatori non aspettano più solo gli sconti. Spinti dalla FOMO (Fear Of Missing Out) e dal bias dell’urgenza, pianificano gli acquisti settimane prima costruendo wishlist, riempiendo carrelli e monitorando i brand preferiti già da ottobre. Ridurre il Black Friday a una corsa al ribasso erode il valore percepito del brand. Per le aziende la vera sfida non è partecipare con sconti più aggressivi, ma progettare esperienze capaci di attrarre nuovi clienti, stimolare il riacquisto e fidelizzare.

Si può saltare il Black Friday?

Attenzione: non partecipare al Black Friday non è una scelta strategica. Potrebbe rappresentare un regalo ai competitor. I consumatori hanno ormai integrato questo evento nella loro agenda mentale d’acquisto. Quando arriva novembre, cercano attivamente le offerte dei brand che seguono. Se non ci sei, non stai solo rinunciando a vendite immediate. Stai offrendo ai tuoi clienti più fedeli l’opportunità di scoprire la concorrenza. Chi non presidia questa finestra temporale rischia di perdere rilevanza proprio nel periodo di massima attenzione commerciale. Sviluppare una strategia coerente con il calendario degli eventi non è più un’opzione ma una necessità competitiva.

Uno strumento di fidelizzazione

Il Black Friday può essere il momento più strategico dell’anno per costruire relazioni durature e premiare i clienti più fedeli. Ecco come trasformarlo da semplice evento promozionale a porta d’accesso alla relazione con il brand.

Convertire l’attesa in vendite Se l’acquisto è guidato dall’attesa, l’hype è la miccia. Creare aspettativa significa scaldare il pubblico nelle settimane precedenti con liste esclusive, countdown e campagne mirate. È la stessa logica dei lanci Apple o Netflix: l’attesa del piacere diventa essa stessa il piacere. Per le aziende, questo si traduce in una pianificazione editoriale che accompagna il consumatore, generando curiosità e coinvolgimento progressivo. Al momento del “via”, il pubblico non percepisce una semplice pro-

mozione ma sente di partecipare a un evento. L’approccio funziona attraverso un doppio binario: da un lato diventa l’occasione perfetta per premiare la fedeltà esistente con accessi anticipati, sconti esclusivi e prodotti in anteprima. I clienti più affezionati si sentono riconosciuti e il loro legame con il brand si rafforza. Dall’altro, rappresenta il momento ideale per abbassare le barriere d’ingresso: nuovi clienti possono testare prodotti e servizi a condizioni vantaggiose, scoprendo il valore reale del brand.

Vendere senza svalutarsi Il rischio più insidioso del Black Friday è l’erosione del valore percepito. Per evitarlo, bisogna cambiare focus. Invece di tagliare i prezzi, aggiungi valore: omaggi esclusivi, bundle curati, servizi premium come resi estesi o personalizzazioni gratuite. Il cliente percepisce un vantaggio concreto senza che il brand sembri “svenduto”. Questa strategia non solo protegge il posizionamento, ma spesso genera margini più alti rispetto ai semplici ribassi.

Segmentare Non tutti i clienti sono uguali e il Black Friday è il momento perfetto per dimostrarlo. La segmentazione è una parte fondamentale della strategia: i clienti VIP meritano accessi anticipati e benefit esclusivi, mentre i nuovi prospect hanno bisogno di percorsi di scoperta del brand fluidi e immediati. La chiave è progettare il Black Friday come trampolino verso il Natale, costruendo comunicazioni post-evento che stimolino naturalmente il riacquisto e trasformino l’occasione in relazione duratura.

Perché i clienti non comprano sempre il più scontato? I consumatori arrivano al Black Friday con un’idea chiara: trovare l’affare perfetto al prezzo più basso. Ma a volte la realtà è diversa. Spesso l’acquisto avviene su prodotti meno scontati, mossi non dal risparmio ma dall’energia e dall’urgenza generate dalle comunicazioni del brand. Come è possibile? Entrano in gioco i bias cognitivi che guidano le decisioni d’acquisto: la scarsità percepita (“ultimi pezzi disponibili”), l’urgenza temporale (“offerta valida solo oggi”) e la prova sociale (“scelto da migliaia di clienti”). Questi meccanismi riducono i tempi di riflessione e accelerano le decisioni. I brand che sanno sfruttare queste leve in modo etico hanno la possibilità di massimizzare le conversioni.

ABOUT Ride On è una digital agency che unisce strategia, marketing e tech per supportare i brand nei settori sport, lifestyle e fashion. Si distingue per un approccio collaborativo e data-driven, affiancando i marchi come partner strategico e integrando competenze in e-commerce, marketing automation e sviluppo di prodotti digitali. La mission dell’agenzia è contribuire alla crescita dei brand attraverso strategie di comunicazione pertinenti, relazioni solide con gli utenti, processi di conversione ottimizzati e soluzioni digitali su misura. Partner certificato di Shopify e Klaviyo, Ride On combina creatività, tecnologia e analisi dei dati per generare risultati concreti e misurabili, con l’obiettivo di attrarre traffico qualificato e favorire una crescita sostenibile nel tempo.

NOBILI TRAME

Il lusso dell’outerwear si rinnova tra texture avvolgenti e tagli scultorei. Alpaca, baby cashmere, lana merino e seta si intrecciano a edizioni limitate, creando una narrazione di calore, luce e matericità. Cappotti, giacconi, cappe od overshirt. Capi avvolgenti che abbracciano le silhouette maschili e femminili, interpretando le tendenze invernali con eleganza senza tempo

Valeria Oneto e Sara Fumagallo

DESIGN

RAFFINATO E AVVOLGENTE

Nel suo trentesimo

anniversario, Avant Toi riscoprele proprie origini e il dna del marchio, creando una narrativa che unisce passato e futuro. Rusticità primordiale e sfumature naturali ispirate alla terra si fondono armoniosamente, evocando autenticità.

Nasce così una profonda connessione con Madre Natura, fonte di ispirazione e rinascita.

UNA MODA FUNZIONALE

Impulso reinventa il giubbino urbano con un approccio sostenibile e high-tech. Il modello combina tessuto tecnico e maniche in maglia idrorepellente, completato da un cappuccio staccabile per versatilità totale. L’imbottitura eco-friendly garantisce calore senza impatto sull’ambiente, incarnando la filosofia green del brand.

ARTIGIANALITÀ CONSAPEVOLE

L’inverno Montecore è un equilibrio perfetto tra eleganza contemporanea, funzionalità e sostenibilità. I capispalla combinano materiali naturali e tecnici in palette raffinate – grigi, beige, verdi e azzurri –per creare linee pulite e versatili, pensate per la vita urbana e i momenti più intimi. Ogni pezzo, offre comfort e durata.

MORBIDO CALORE

Mauro Ottaviani firma un bomber che fonde lusso e comfort senza compromessi. Realizzato in teddy di cammello e cashmere, il capo avvolge con morbidezza e calore, mentre i bordi in maglia di cashmere definiscono un’eleganza discreta. Un perfetto equilibrio tra tradizione artigianale e design contemporaneo, pensato per l’uomo che cerca stile sofisticato e praticità quotidiana. La collezione conferma la visione del brand: capi iconici e preziosi.

SPIRITO NOMADE

L’autunno-inverno 25/26 di Annapurna unisce tradizione artigianale e filati pregiati. Ispirata agli stilemi dei popoli nomadi del Nord, ogni capo evoca legami con la natura attraverso texture uniche e colori che richiamano terra e cielo. Cashmere e lana merino lavorati con maestria reinterpretano le antiche tradizioni in chiave moderna.

DINAMICO E RAFFINATO

Cortigiani celebra l’arte del vestire maschile con la nuova collezione fall-winter 25/26, presentata alla Milan Fashion Week Uomo. Un equilibrio perfetto tra tradizione sartoriale e innovazione, dove lana e cashmere si fondono in capi versatili e impeccabili. Abiti, giacche e cappotti raccontano un’eleganza autentica, fatta di comfort, funzionalità e stile senza tempo. Una collezione pensata per l’uomo contemporaneo: sofisticato, dinamico e naturalmente raffinato.

ELEGANZA ALPINA

Il cappotto Hubertus di Lodenfrey nasce dall’incontro tra tradizione alpina e stile metropolitano. Realizzato in loden di lana vergine e alpaca, conserva i tratti distintivi del modello storico: piegone sulla schiena, spalle a giro, vestibilità fluida. Il collo in suede e il raffinato interno check aggiornano il classico con dettagli sofisticati. Un’icona senza tempo, perfetta anche in città.

CALDO CONSAPEVOLE

Un nuovo lusso tattile e responsabile firmato Gran Sasso. Il giubbino in puro cashmere a tre fili reinterpreta l’outerwear con una raffinata lavorazione a coste che scolpisce le silhouettes e ne valorizza la struttura. Le zip in metallo aggiungono una nota sofisticata, mentre la fodera interna in eco-pelliccia, regala calore e morbidezza senza rinunciare all’etica. Un capo essenziale ma ricco di dettagli, che unisce comfort e consapevolezza.

Il nuovo Dean di L’Impermeabile reinterpreta l’impermeabile da città con una raffinata doppia identità: tessuto Solaro cangiante da un lato, cashmere puro dall’altro. La tradizione sartoriale incontra l’innovazione in un gioco di texture e luce che racconta eleganza senza eccessi. Linee fluide, dettagli impeccabili e anima reversibile per un prodotto sobrio, autentico e made in Italy.

MADE IN FLORENCE

Giab’s è una delle eccellenze storiche della manifattura italiana, un’azienda che da oltre 70 anni unisce l’eredità artigianale toscana a una visione contemporanea, innovativa e internazionale. Alla terza generazione, sotto la guida di Lorenzo e Cosimo Ballerini, insieme a Isabella Guasti, guardano al futuro focalizzati su qualità manifatturiera, ricerca stilistica e innovazione tecnologica.

REMIXING INNATE INSTINCTS

La collezione invernale di Brunello Cucinelli esalta la leggerezza in ogni categoria, soprattutto negli outerwear realizzati in nylon impalpabili e pregiati panni di puro cashmere. I capispalla si distinguono per dettagli raffinati, rasi imbottiti e reinterpretazioni sportive. Morbidi pellami e shearling soffice completano la proposta, unendo comfort, qualità e ricercatezza.

COME UNA CAREZZA

A prima vista una giacca, ma al tatto una rivelazione: SVEVO ridefinisce il doppiopetto con una maglia in Baby Merino 160’s, tra le lane più fini al mondo. Leggera, traspirante e incredibilmente morbida, nasce dagli storici telai Bentley e Rene Bordier, custodi di un savoir-faire unico. Il risultato? Una maglia-jacket fluida e sofisticata, simbolo di un nuovo potere gentile.

TRADIZIONE CONTEMPORANEA

La collezione AI 25 celebra lo stile senza tempo e l’artigianalità di Sebago , estendendo il dna del celebre penny loafer anche all’apparel. Dal preppy all’utility wear, quattro mondi offrono capi per total look contemporanei e layering creativo. Tradizione e sperimentazione convivono in proposte unisex, tra eleganza, comfort e dettagli moderni.

WORKER ISPIRATION

MCS lancia MCS 1987, capsule che celebra le origini del brand e guarda al futuro. Omaggio all’anno di fondazione, 1987, la collezione punta su sostenibilità, innovazione e made in Italy. Reinterpreta l’heritage del workwear americano con funzionalità ed eleganza contemporanea. Realizzato in collaborazione con Maeba International, eccellenza italiana nell’innovazione tessile circolare.

ESPERIENZA SENSORIALE

After / Label trasforma l’inverno in un’esperienza sensoriale tra materia, colore e volume. Circa 90 capispalla unisex uniscono funzionalità e stile anticonvenzionale, giocando con volumi innovativi e contrasti cromatici. Lane italiane, velluti, flanelle e nylon stampati definiscono l’identità del brand, fondendo tradizione artigianale e audacia contemporanea.

CHELSEA REVIVAL

La collezione FW 25/26 di Pomandère reinterpreta la Londra Anni ‘50, fondendo tradizione e modernità. Tessuti pregiati come flanelle tartan, gabardine e velluti si combinano con dettagli sartoriali contemporanei. Cromie calde e contrastanti, maglieria in lana e cashmere e lavorazioni artigianali definiscono uno stile elegante e audace.

CINQUECENTOUNO JACKET

Il classico di Outhere che trasforma la funzionalità tecnica in stile urbano. Con tessuto 10K impermeabile e traspirante e imbottitura in vera piuma, garantisce protezione, comfort e leggerezza. Le zip verticali waterproof e le bretelle interne, dettagli distintivi del brand, incarnano il dna progettuale di Outhere. Un capo che evolve nel tempo senza mai perdere la sua identità originale.

LUSSO URBANO

La FW 25/26 di Sease porta il design urbano a incontrare sostenibilità e funzionalità, con capi pensati per uno stile contemporaneo e performante. Tra i pezzi chiave spicca il Feather Reversible Vest, gilet in piuma 100% riciclata e drap di cashmere, con spalle e dettagli in tessuto tecnico idrorepellente; il design reversibile offre due look distinti senza rinunciare a protezione e comfort.

LIMITED EDITION

Manteco x Fortela , presentano una nuova camicia in cashmere a quadri in edizione limitata, simbolo di eleganza senza tempo e artigianalità italiana. Un capo che nasce dalla collaborazione tra le due aziende, unendo la tradizione tessile di Manteco e lo stile distintivo di Fortela.

MODERNO MA SOFISTICATO

Boglioli interpreta l’eleganza contemporanea attraverso capi, per la stagione fredda, che fondono raffinatezza e comfort. Le giacche, in misto cashmere uniscono artigianalità e praticità con

FOLLIA SPERIMENTALE

La collezione “In Alto Mare” di art259design AI 25/26 esplora l’acqua, trasformando volumi e texture in capi funzionali e poetici. Ispirata alla pesca, propone silhouettes fluide, layering organico e dettagli minimal ma sensoriali. Un workwear in chiave romantica e sostenibile, con zero sprechi.

SOBRIA ELEGANZA

La collezione outerwear Trussardi FW 25/26 espri me una “quiet confidence” attraverso linee pure, fi bre pregiate, tessuti tecnici e dettagli essenziali. La palette di toni neutri e terrosi riflette l’equilibrio tra design contemporaneo e identità del brand.

EVOLUZIONE INEDITE

SAVOIR-FAIRE ITALIANO

Per l’Inverno 2025, forte_forte propone la linea “la lune en fleur”, con tessuti jacquard intrecciati a mano in fili d’argento e cotone. Ogni creazione nasce da gesti artigianali che evocano eleganza e poesia senza tempo. Il cappotto e la

RAFFINATEZZA PERFORMANTE

Paul & Shark unisce stile e funzionalità in una collezione che esalta il connubio tra eleganza e performance. Protagonista della collezione invernale è la giacca windbreaker reversibile in cashmere con trattamento Typhoon, impermeabile e antivento. Un capo che combina raffinatezza, comfort e resistenza, simbolo del nuovo percorso del brand.

Canada Goose continua a ridefinire il concetto di outerwear unendo funzionalità e design, radici canadesi e visione contemporanea. Pensata per chi vive la città con spirito d’avventura e per chi non teme di spingersi oltre i confini dell’abituale.

IDENTITÀ IN TRASFORMAZIONE

La collezione Capitolo 02 di Retori celebra l’identità in trasformazione, ispirandosi all’artista Miko Veldkamp e al suo linguaggio visivo multiculturale. Abiti fluidi e strutturati, dettagli culturali e materiali pregiati esprimono la molteplicità e la complessità dell’esperienza umana.

UNA LENTEZZA RIFLESSIVA

La collezione FW 25 di Kangra, dal concept “Italian Manifesto”, celebra uno stile autentico, essenziale e senza tempo, ricco di raffinatezza e attenzione ai dettagli. La mantella oversize full zip in lana e cashmere, con lavorazione a trecce, morbida fodera impermeabile e pratiche tasche, unisce eleganza e funzionalità.

LUSSO CONTEMPORANEO

La collezione invernale 1972Desa unisce l’eleganza della pelletteria di lusso con tagli sartoriali contemporanei. Predomina l’uso di pelli premium, filati nobili, finiture artigianali e tonalità sofisticate. Il risultato è uno stile minimal, raffinato e distintivo, che valorizza capi e accessori iconici.

UNA MODA CHE EMOZIONA

Timeless Tales è la collezione FW 25 di ZONA20 MILANO ispirata a 100 anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Un viaggio tra tradizione e innovazione, dove ogni capo racconta storie di artigianalità, sostenibilità e design neutro. Divisa in quattro temi evocativi, la collezione intreccia elementi classici e contemporanei.

THE NEW TECHWEAR

La collezione KWay FW 25/26 celebra i 60 anni del brand reinterpretando l’iconica giacca a vento con uno stile contemporaneo e urbano a tratti gender-fluid. Predominano materiali tecnici come nylon impermeabile e imbottiture termiche, layering versatile, parka, trench e abiti lunghi che uniscono funzionalità e comfort.

URBAN WORKWEAR

Il Tobias Jacket LAB di RefrigiWear combina stile urbano e performance tecnica, grazie al nylon iridescente, all’imbottitura Sorona e ai dettagli workwear. Leggero, traspirante e protettivo, è un capo innovativo dal taglio over-cropped e dal carattere metropolitano.

COMFORT E PERFORMANCE

La SpeedARC Matis è una sneaker da trekking veloce progettata da Merrell per unire prestazioni atletiche, comfort eccezionale e versatilità urbana. Pensata per accompagnare chi la indossa dalla città ai sentieri con stabilità, ammortizzazione e leggerezza.

ESPRESSIONE AUTENTICA

Il Capitolo 7 di GIO Giovanni Gerosa è un manifesto di identità e trasformazione, dove ogni capo racconta storie intime e collettive attraverso tessuti, forme e parole. La collezione combina tagli decisi e fluidi, materiali naturali e lucenti, e stampe testuali come strumenti narrativi.

TARTAN & HERITAGE

La collezione FW 25 di Barbour , “Ode to Ayrshire”, celebra le radici scozzesi del brand attraverso il tartan esclusivo ispirato alla contea di Ayrshire. I motivi a scacchi decorano giacche, cappotti e accessori, reinterpretati in chiave contemporanea senza perdere l’autenticità heritage.

DAILY CASHMERE

Malo eleva il cashmere a gesto quotidiano, trasformando l’atto di vestirsi in un rituale di eleganza e comfort. Il cappotto unisex in cashmere double, con cuciture a mano e finiture raffinate, è morbido, caldo e leggero. Un capo senza tempo che unisce stile essenziale, durata e avvolgenza, perfetto per tutte le stagioni.

LUXURY LAYERING

L’inverno di Scaglione celebra l’eleganza artigianale italiana attraverso filati pregiati e lavorazioni raffinate. Le maglie in alpaca più corpose diventano un perfetto capospalla nelle mezze stagioni: morbide, calde e pensate per il layering con naturalezza, aggiungendo comfort e carattere a ogni look.

ARTE E TRADIZIONE

La collezione FW 25 di J.SALINAS celebra l’artigianato peruviano e la cultura Mochica, ispirandosi al tesoro di “El Señor de Sipán”. I capi, realizzati a mano in alpaca e cotone, uniscono tradizione, calore e dettagli preziosi, richiamando opulenza e storia.

STILE E PROTEZIONE

La collezione FW 25/26 di Jeanne Baret propone un parka lungo che unisce impermeabilità, isolamento termico e comfort con dettagli funzionali come cappuccio, zip a doppio cursore e tasche. Indossarlo significa vivere un perfetto equilibrio tra funzionalità, stile e femminilità anche nei giorni più freddi.

IN ARMONIA CON IL PIANETA

Nata dalla polvere di stelle, Stardust è la nuova sneaker Satorisan che fonde heritage e innovazione sostenibile in un design senza tempo. Realizzata con materiali premium e un’anima consapevole, celebra il legame profondo tra l’uomo e l’universo. Più di una scarpa: un simbolo di connessione.

L’EREDITÀ DI VIRGIL ABLOH

Una mostra a Parigi racconta il lavoro del designer statunitense di Marco Rizzi

Sono già trascorsi quasi quattro anni dalla prematura scomparsa di Virgil Abloh, poliedrico artista nativo dell’area di Chicago apparso sulle scene come ombra di Kanye West e giunto fino alla poltrona più ambita: quella di direttore artistico della linea maschile di Louis Vuitton. Quello di Abloh è un percorso molto particolare, a tratti imperscrutabile, che dimostra come servano pazienza e perseveranza quando gli elementi non sono tutti chiari fin dall’inizio. Sarebbe altrimenti difficile spiegare come un architetto appassionato di musica, moda e design sia diventando uno dei volti più riconoscibili e una delle figure più polarizzanti della moda contemporanea, simbolo delle contaminazioni tra fashion e sottoculture che hanno caratterizzato gli ultimi quindici anni. Il lavoro di Virgil Abloh è stato recentemente protagonista di “The Codes”, mostra curata da Chloe e Mahfuz Sultan ospitata dal 30 settembre al 9 ottobre al Grand Palais di Parigi. Un’imponente retrospettiva organizzata con il contributo di Nike e Virgil Abloh Archives che racconta Abloh e la sua influenza attraverso il suo lavoro. Virgil Abloh Archive è il nuovo ente nato per curare il lascito del designer americano: oltre ventimila articoli tra prodotti, prototipi, studi, lavori originali, sketch, supporti digitali e oggetti provenienti dalla collezione privata di Abloh. Un primo sguardo in questo caveau top secret e organizzato nei minimi dettagli è arrivato grazie a un servizio fotografico pubblicato sul numero di settembre dell’edizione statuniten-

se di GQ, uscito poche settimane prima dell’annuncio di “The Codes”, che ha successivamente aperto i battenti in quello che sarebbe stato il giorno del quarantacinquesimo compleanno di Abloh. Gli appassionati non sono rimasti di certo delusi: la mostra è stata affollata durante i giorni di apertura e ha offerto l’opportunità unica di vedere da vicino gli oggetti e le creazioni di Abloh. Tante sneakers, ovviamente: paia personali, prototipi realizzati con Nike e Louis Vuitton e versioni mai arrivate sugli scaffali dei negozi. Ma anche dischi, strumenti musicali, gioielli, libri, borse e accessori, abbigliamento e merch realizzato fin dalle sue primissime esperienze con RSVP Gallery, Been Trill e Pyrex. Ciò che “The Codes” ci ha raccontato è che l’eredità di Virgil Abloh va ben oltre l’enorme volume di prodotto firmato durante le varie fasi della sua carriera e non si limita certo all’enorme influenza estetica e in qualche modo filosofica avuta sui suoi contemporanei e in modo ancor più evidente sulla generazione successiva di creativi e designer. La mostra è un racconto entusiasta e privo di nostalgia di un modo di essere creativi che con il tempo rischia di perdersi, in qualche modo simile all’arte del sampling nella musica Hip-Hop: il reale virtuosismo non sta nell’essere visionari in modo fine a sé stesso, ma nella consapevolezza di essere il tassello di un contesto più ampio, in cui è fondamentale conoscere il proprio passato e le proprie radici per “rubarne” schegge e frammenti, riordinarli e creare le fondamenta di ciò che verrà.

Due immagini di “The Codes”, la mostra dedicata a Virgil Abloh ospitata al Grand Palais di Parigi

HIGHSNOBIETY CHIUDE

IL SUO NEGOZIO ONLINE

Highsnobiety, media house tedesca tra le più importanti in ambito fashion e streetwear, ha deciso di interrompere le attività della sua piattaforma e-commerce entro la fine del 2025. Il canale di vendita online era stato inaugurato nel 2019 per proporre capsule collection esclusive e prodotti sviluppati con i clienti del dipartimento di consulenza, per poi crescere nel corso degli anni diventando un negozio a tutti gli effetti con un’offerta selezionata di sneakers, abbigliamento e accessori. D’ora in poi Highsnobiety si concentrerà quindi sulle sue attività originali: editoria, creazione di contenuti, media e consulenza per le aziende del settore.

LA CASA DI NEW BALANCE A LONDRA

New Balance ha finalmente concluso i lavori di rinnovo del suo negozio di Oxford Street, nel centro della capitale britannica. Alla parte performance, presentata la scorsa primavera in concomitanza con lo svolgimento della Maratona di Londra, intere aree del nuovo negozio sono dedicate alla linea lifestyle del marchio americano, con particolare attenzione allo storico catalogo Made in UK prodotto nello stabilimento di Flimby, in Cumbria, fin dall’inizio degli anni ’80. L’inaugurazione del nuovo negozio di New Balance si colloca in un periodo di rinnovata attenzione per monomarca e flagship stores da parte delle aziende, proposti agli appassionati come valida alternativa agli sneaker stores più rinomati e selezionati.

CAMBI AL VERTICE PER CONVERSE

Nell’ambito di una più ampia serie di cambiamenti alla guida dell’azienda, Converse ha annunciato la nomina di Chavon Webster come nuova “vice president of global footwear and design”. Webster arriva alla guida del dipartimento del marchio americano dopo aver trascorso quasi otto anni con New Balance e poco più di tre in Nike, dirigendo il segmento lifestyle footwear per bambini e poi come senior director delle linee di calzature sport e training femminili. La nomina è giunta nell’ambito di una più ampia ristrutturazione dei ruoli chiave delle aziende affiliate a Nike da parte di Elliot Hill, ceo dello Swoosh, giunto al timone del marchio di Beaverton in un momento di crisi portando una visione “sport first” secondo molti trascurata negli anni a cavallo della pandemia.

KITH INAUGURA IL SUO STORE A CHICAGO

A poche settimane dalla presentazione della nuova collezione e la contemporanea apertura del nuovo negozio newyorkese a Lower Manhattan, KITH ha aperto i battenti del suo primo store a Chicago al numero 54 di East Walton Street, nel cuore del “Magnificent Mile”, l’area più esclusiva per lo shopping nella metropoli dell’Illinois. Anche il punto vendita di Chicago è stato pensato come una boutique di lusso, con una facciata in marmo che si affaccia sulla strada e ampi ambienti dedicati al vasto catalogo del negozio. Ronnie Fieg, fondatore e direttore di KITH, ha realizzato una speciale collezione celebrativa con Asics per accompagnare l’inaugurazione, accogliendo fin dal primo giorno molti appassionati interessati alle sue ultime creazioni.

NUOVO RUOLO IN FOOT LOCKER PER ANN FREEMAN

A margine dell’annuncio della completata acquisizione da parte di Dick’s Sporting Goods, Foot Locker ha comunicato la nomina di Ann Freeman, precedentemente Ann Hebert, a presidente per il Nord America. Oltre alla recente esperienza nel board del marchio Allbirds, Freeman ha trascorso 25 anni lavorando per Nike, fino a raggiungere il ruolo di general manager e vice president per le attività negli Stati Uniti. Freeman era assurta agli onori delle cronache nel 2021, quando si trovò a lasciare Nike nel mezzo di uno scandalo che coinvolse il figlio Joe, accusato di aver utilizzato risorse economiche e canali preferenziali della madre per acquistare merce destinata al suo business di rivendita sul mercato secondario.

LOOK ANNI ’70 PER NIKE E JACQUEMUS

Dopo aver attinto dall’eclettico catalogo della linea Considered per i primi due capitoli di questa partnership, Jacquemus ha scavato negli archivi di Nike per scegliere il nuovo modello protagonista di quest’ultima release: si tratta di una versione semplificata della Moon Shoe, uno dei primi modelli in assoluto dello Swoosh. Bill Bowerman, co-fondatore dell’azienda e allenatore della squadra di atletica dell’Università dell’Oregon, aveva infatti l’abitudine di realizzare a mano dei prototipi per i suoi atleti, così da poter testare le nuove tecnologie a cui stava lavorando. La Moon Shoe è proprio uno di questi modelli primordiali, rivisitata da Jacquemus in tre colorazioni con base in nylon: la bianca in esclusiva per i negozi del marchio francese, mentre rossa e nera hanno ricevuto una distribuzione più ampia.

DUKES CUPBOARD HA LA SUA WALLABEE

Clarks Originals non smette più di stupire: il dipartimento lifestyle dello storico marchio inglese, impegnato proprio quest’anno nei festeggiamenti per i due secoli d’attività, sta raccogliendo i frutti dell’ottimo lavoro svolto nelle utlime stagioni. L’azienda ha avuto la capacità di riposizionarsi raggiungendo nuovi segmenti di pubblico, tra giovani e appassionati di streetwear, senza snaturarsi e senza dimenticare le sue radici e la clientela più affezionata. Il tutto non soltanto attraverso importanti collaborazioni, ma anche con micro-partnership locali con cui l’azienda supporta realtà piccole con una community presente e coinvolta. Ultimo della lista Dukes Cupboard, rinomato vintage store londinese con casa nel cuore di Soho, che ha recentemente aperto i battenti anche ad Amsterdam. Entrambe le sedi hanno ospitato eventi speciali dedicati alla presentazione di un’edizione estremamente limitata della Wallabee Low, realizzata da Clarks insieme allo staff del negozio.

NEW BALANCE AFFIDA LA 992 AD ACTION BRONSON Rapper, pittore, atleta, chef, modello. La lista dei ruoli incarnati da Action Bronson potrebbe continuare all’infinito. Negli ultimi anni l’artista newyorkese sembra non fermarsi mai e uno dei campi in cui è stato più impegnato è legato proprio alle sneakers: dopo esser diventato uno dei volti scelti da New Balance per il lancio ufficiale della 990v6 AB ha avuto la possibilità di iniziare una partnership vera e propria con il marchio statunitense, firmando numerose collezioni collaborative che spaziano tra lifestyle, running e fitness. L’ultima uscita firmata da Action Bronson è stata la 992 “Tiger Eye”, mostrata la prima volta la scorsa primavera e rilasciata soltanto poche settimane fa, prima online sul sito dell’artista e poi in selezionatissimi sneaker stores in tutto il mondo. Ora pare sia in arrivo una seconda colorway, la “Digitalis Purpurea”. Che possa averla conservata per il ComplexCon di Los Angeles?

SONO QUESTE LE CROCS DI STEVEN SMITH?

Dopo oltre trent’anni di onorata carriera Steven Smith è senza dubbio uno dei foowear designer più apprezzati e rispettati. Nel corso dei decenni il suo lavoro con New Balance, Nike, adidas, Reebok e Fila ha rivoluzionato il modo di concepire, disegnare e produrre le calzature sportive, contribuendo in maniera inestimabile all’evoluzione dell’industria. Una volta conclusa l’esperienza alla guida del dipartimento footwear di YEEZY in molti si sono chiesti se Smith avrebbe colto una nuova sfida o si sarebbe goduto una meritata pensione, quando proprio lui ha scelto i suoi canali social per annunciare l’approdo in Crocs con il ruolo di “head of creative innovation”. Da qualche settimana online sono apparse le immagini di questo nuovo modello che ricorda molto il lavoro fatto per Kanye West: non sappiamo ancora il nome o la data d’uscita, ma abbiamo almeno la sicurezza che si tratti dell’ultima creazione di Steven Smith.

ADIDAS SPEZIAL CELEBRA GLI OASIS

Spezial è la linea d’ispirazione vintage curata da Gary Aspden per adidas, un sogno per gli appassionati che da oltre un decennio hanno così la possibilità di rivedere gemme e rarità provenienti dall’archivio del marchio tedesco, riproposti con cura maniacale e attenzione ai minimi dettagli. Tra questi appassionati ci sono anche i fratelli Gallagher, già protagonisti in passato di collezioni dedicate e uscite firmate Spezial. Il duo, impegnato quest’anno con l’imponente reunion tour degli Oasis, ha quindi chiesto ad Aspden di realizzare una serie di prodotti speciali per celebrare avvenimento: non solo il merch per i concerti e l’abbigliamento per lo staff della tourné, ma anche due modelli inediti: la “Marathon” per Noel e la “Achille” per Liam, prodotte ognuna in due varianti destinate al mercato globale e in esclusiva per quello giapponese.

I QUATTRO FIORI DI SAUCONY E JAE TIPS

Ormai Jae Tips non è più un debuttante nel mondo delle sneakers. In poco più di tre anni il rapper nativo del Bronx si è affermato come uno dei nomi più importanti nella line-up di partner e collaboratori di Saucony, nonché uno dei volti maggiormente riconoscibili nell’ambiente. Dal 2023 a oggi Jae e il marchio americano hanno realizzato oltre dieci sneakers collaborative di enorme successo, a cui ora si aggiungono anche le quattro ProGrid Triumph 4 che compongono il pack “The flowers grow uptown”, una particolare collezione a tema floreale molto attesa dai collezionisti. Tre delle quattro colorway sono state presentate con due pop-up allestiti da Saucony a Londra e New York City e successivamente distribuite nei negozi mentre la quarta, la “Poison Ivy” è stata conservata per un’uscita riservata nei prossimi mesi.

18 EAST AL DEBUTTO CON ASICS

La Asics GEL-Nimbus 10.1, modello lifestyle realizzato assemblando elementi di diversi modelli del catalogo running anni 2000 del brand nipponico, si sta velocemente affermando come una delle silhouette a cui il marchio sta dedicando maggiori attenzioni. Non solo numerose colorazioni in-line con ottimi risultati di vendita, ma anche diverse collaborazioni di alto profilo: alla lista di partner che hanno avuto la possibilità di lavorare a edizioni speciali della 10.1 si è recentemente aggiunto anche 18 East, marchio di New York noto per le sue rielaborazioni artigianali di capi tecnici outdoor. Per la loro versione hanno scelto pelle, canapa, tessuti naturali e inserti trasparenti. La presentazione del modello è avvenuta durante l’ultima Fashion Week di New York, mentre non sono ancora disponibili dettagli riguardo una possibile release globale.

FOOTPATROL RACCONTA LA METROPOLI CON SALOMON

Salomon e FootPatrol, celebre sneaker boutique londinese, hanno unito le forze realizzando un’esclusiva XT-4 OG, un vero e proprio classico del trail running. Il team di FP ha voluto giocare con le sfumature più che con i colori, limitandosi al bianco e al nero ma utilizzando una sfumatura nella trama del tessuto per creare una divisione netta tra lato interno ed esterno della scarpa. Questo dettaglio, insieme al doppio branding, rende omaggio alle due sedi del negozio: Londra e Parigi. Un contrasto di colori che rappresenta anche la storia di un modello ormai iconico, nato per l’utilizzo outdoor e diventato un classico urbano.

HAVEN E HOKA

SONO PRONTI A TUTTO

Haven, negozio canadese con sede a Vancouver, ha recentemente presentato la sua ultima collaborazione, realizzata a quattro mani con il team special projects di Hoka. Si tratta di una Stinson Evo OG, modello d’archivio riportato a catalogo da Hoka nelle ultime stagioni, realizzato come da tradizione di Haven in una colorway molto pulita in scala di grigi. L’elemento più particolare di questo progetto è che quella firmata da Haven è la prima Stinson Evo OG impermeabile, realizzata utilizzando una membrana traspirante Gore-Tex. Una prima release del modello è stata ospitata dallo store canadese il 17 ottobre, seguita da un secondo lancio nel pop-up store inaugurato a Los Angeles la settimana successiva.

DIME E MERRELL, TRA TRAIL E SKATE

Terzo capitolo per la partnership tra Dime, skate brand canadese di casa a Montreal, e Merrell 1TRL, linea lifestyle del marchio statunitense. Il modello scelto per l’occasione è la Cham Redux, scarpa outdoor modulare tra i best seller della collezione 1TRL. Due le colorazioni realizzate, ispirate alle tinte di un camaleonte: la prima sfumata da off-white a nero e la seconda ben più sgargiante, da rosa ad arancio mantenendo il nero per suola e sostegni. Per il momento la vendita è stata riservata alla piattaforma e-commerce di Merrell e a Dime, sia in-store che online.

NUOVI PROBLEMI, VECCHIE SOLUZIONI

In una fase di cambiamento per il retail, c’è chi si è interessato al modello giapponese

Èinnegabile come il retail stia vivendo un momento di grande difficoltà in diversi ambiti. Non sfugge il segmento legato a sportswear e streetwear, che più di altri ha subito il colpo dopo oltre un decennio di apice, grande pubblico e sold out istantanei che oggi rendono ancora più evidente la differenza con il passato. Prima la pandemia, poi un drastico cambio nelle abitudini del pubblico e un generale calo d’interesse per il prodotto hanno messo in grande difficoltà i retailer. Negli ultimi anni diverse realtà hanno deciso di interrompere le loro attività e anche grandi nomi hanno chiuso i battenti, stupendo chi pensava fosse impensabile che la crisi potesse fare vittime eccellenti. Nel 2023 è toccato a Hanon dopo 30 anni di attività, quest’anno Bodega negli Stati Uniti e Sneakersnstuff in Europa hanno rischiato grosso e si sono salvati solo ridimensionando molto la loro presenza sul mercato. Un segnale certamente preoccupante, che ha mostrato come nessuno fosse escluso dalle problematiche del mercato. L’Italia non è certo indenne: a Trento, Kosmos ha chiuso dopo oltre tre decenni; a Milano, Spectrum ha lasciato il suo negozio di via De Amicis mantenendo la sede storica di via Casati; a Roma, Suede ha annunciato l’addio prima delle vacanze estive e One Block Down ha lasciato definitivamente la capitale. Anche in questo momento di evidente crisi c’è chi non ha rinunciato all’idea di poter portare avanti progetti in ambito retail, provando a cercare soluzioni e modelli alternativi. Un esempio è quello di Stefano Paolini: il co-fondatore di Big Soup, uno dei primi resell store in Italia, ha da poco inaugurato sempre a Roma MinimAAArket, nuova avventura imprenditoriale ispirata alla tradizione dei thrift store giapponesi che raccoglie anche l’eredità di realtà locali come 40°. In città come Tokyo e Osaka, i negozi indipendenti che propongono articoli fashion e streetwear selezionati, nuovi e usati, fanno parte del panorama retail da decenni: negozi come Rinkan,

Komheyo e Ragtag sono nomi affermati, divenuti famosi in tutto il mondo proponendo un catalogo eclettico che spazia dalle ultime uscite di marchi come Supreme, fino alla pelletteria di lusso, la gioielleria di marchi come Chrome Hearts e pezzi unici di brand come Yohji Yamamoto e Rick Owens. Con MinimAAArket, Paolini e il suo socio Jun De Sanctis hanno voluto replicare queste realtà, partendo dal loro archivio personale accumulato in anni di collezionismo e aggiungendo di volta in volta rarità e nuovi inserimenti procurati durante i viaggi nel Sol Levante. Ovviamente è complicato non solo far fronte alla situazione, ma anche provare a proporre un modello di retail a cui il pubblico italiano non è ancora abituato: da questo punto di vista Paolini non ha esitato ad esporsi, raccontando lo sviluppo di MinimAAArket sui social per provare a colmare la distanza con i clienti, parlando dello stato attuale della scena romana ed esprimendo il suo punto di vista anche su argomenti spesso poco discussi perché più spinosi, come l’approvvigionamento dello stock da parte dei negozi e il ruolo fondamentale del pubblico, che a volte trascura gli esperimenti e dimostra scarso interesse per le novità.

In alto: il leggendario “ingresso segreto” di Bodega a Boston, chiuso a inizio anno In basso: uno scatto dell’inaugurazione di MinimAAArket

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.