Noi contro

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Non sono qui per convincervi di qualcosa, ma quello che mi è successo mi ha dimostrato per la prima volta che la gente in guerra “muore davvero”. So che può sembrare una frase stupida, ma la verità è che purtroppo spesso, nelle nostre case calde, al sicuro, non ce ne rendiamo conto.

Young Adult

A Clara e Giovanni

Giulia Lorandi Noi contro

ISBN 979-12-221-0992-3

Prima edizione agosto 2025

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2029 2028 2027 2026 2025

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Giulia Lorandi Noi contro

Ispirato a una storia vera

Capitolo

1 Judy. 1968

Quando esco di casa è ancora buio, quel poco che si intravede è immerso in una deprimente foschia.

Dio come vorrei lasciare per sempre questo posto.

“Manca poco, pochissimo” mi ripeto mentre monto sull’autobus prima di accasciarmi su un sedile a dormire. Stanotte mi sono svegliata di continuo passando da un incubo all’altro. Ne ho solo vaghi ricordi: un interrogatorio, colpi di mitra assordanti e vicinissimi, fumo e piante tropicali, la guerra, un tribunale.

Con lo stomaco sottosopra e uno schifoso senso di nausea, chiudo gli occhi per far sparire fuori dal finestrino le poche luci di Des Moines che conosco come le mie tasche.

«Kansas City».

Mi sveglia la parlata strascicata dell’autista che stiracchiandosi annuncia la mia fermata.

Fuori il sole pallido di fine febbraio mi scalda le guance mentre mi dirigo in fretta verso la casa della mia migliore amica. Carol stamattina riceverà una notizia decisiva, una notizia che potrebbe restituirle almeno in parte quello che ha perso, e io voglio essere al suo fianco in quel momento.

Sul campanello non c’è il cognome dei Backer, ma tanto suonare non serve.

«C’è Judy!» urla una bimbetta di cinque anni di vedetta alla finestra, ancora prima che mi avvicini al portone.

È molto presto, eppure appena varco la soglia è tutto un brulicare di gente indaffarata.

La mamma di Carol, con un raffinato tailleur azzurro e una tazza di caffè in mano, piomba nella stanza e mi abbraccia con affetto, interrompendo ogni altro discorso.

«Grazie, Judy, per essere venuta» dice stampandomi un grosso bacio su una guancia, «per Carol e per tutti noi vuol dire molto. Come vanno le cose?»

«Bene. Che bel vestito» rispondo, cercando di cambiare argomento.

C’è una novità, in effetti, ma non ho voglia di raccontarla ai Backer.

«Alice, sei pronta? L’autobus partirà tra dieci minuti» le ricorda il marito guardando l’orologio. Anche il padre di Carol è vestito con un completo ele-

gante, ma è della taglia sbagliata e probabilmente preso in prestito.

Tendo a dimenticare che i Backer non hanno più una macchina, così come non hanno molte altre cose normali che invece possedevano nella vita di prima.

«Ah, eccoti!» mi saluta Carol, che nel frattempo ci ha raggiunto. «Dai, muoviamoci!» mi esorta con un gran sorriso.

«Quello schiavista del signor Morris» borbotta la mamma di Carol «mi fa sempre mille complimenti, “signora Alice di qua” e “signora Alice di là”, “se non ci fosse Carol”, poi una volta che gli chiedi un favore… Carol sarebbe dovuta venire con noi, stamattina. È un giorno importante per lei, ma lui non aveva nessuno con cui sostituirla…»

«Mamma, non ricominciare». Carol mi prende sottobraccio. «Aspetto la vostra telefonata. In ogni caso, appena saprete qualcosa, chiamatemi! Mi raccomando, voglio che mi chiamiate subito!» grida ai suoi, con un piede già fuori dalla porta.

Facciamo un po’ di strada parlando di niente: del mio viaggio, del liceo, del suo lavoro. Mi infastidisce tantissimo essere ancora bloccata a scuola mentre la mia amica ha già finito e non deve fare i conti con prof noiosi e compiti per casa.

L’insegna del Johnny’s Diner è ancora spenta e una

signora di mezza età sta spazzando l’ingresso. Entriamo nel locale ancora in penombra e Carol mi fa accomodare, poi alza le persiane e la luce pallida del giorno si spande nella stanza. Mi accoccolo sul sedile di finta pelle di un tavolo un po’ appartato e la guardo sparire dietro al bancone, poi prendo un menù e inizio a studiarlo per passare il tempo.

«Dovrebbero arrivare nell’ufficio di Ross alle dieci» dice Carol, che nel frattempo ha indossato un grembiule rosa salmone e raccolto i capelli biondo cenere in una specie di chignon disordinato. Mi versa del caffè sbadigliando. «Mi sembra di non aver mai dormito stanotte» dice, strofinandosi gli occhi con il dorso della mano.

«Immagino». Guardo l’orologio appeso alla parete. «Mancano ancora due ore»

«È incredibile che siano già passati tre anni da quando…»

«Dolcezza! Posso avere il caffè prima dell’ora di pranzo?» Un uomo sulla cinquantina con un completo grigio chiama Carol, che alza gli occhi al cielo e si allontana.

«Come va oggi, John?»

«Che vuoi che ti dica, il solito, anche se speravo di svegliarmi milionario e non è successo, ma sento che venderò qualcuno di questi entro la fine della giornata» dice dando un paio di colpetti alla sua valigetta.

che il tizio dietro al bancone agguanti la cornetta. Dovremmo esserci, l’orologio segna le dieci passate. Io e la mia amica ci guardiamo.

«Carol! Vogliono te!»

Trattengo il respiro mentre la vedo sparire dietro l’angolo.

GIULIA LORANDI

è avvocato, con una formazione artistica alle spalle e una passione per la narrativa. Ha scritto Noi contro dopo aver intervistato la protagonista delle vicende reali alla base del romanzo, Mary Beth Tinker.

In copertina

© IMAGO / Klaus Rose / Bridgeman Images

Art director: Francesca Leoneschi

Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldofDOT

1965, la guerra in Vietnam divide l’opinione pubblica degli Stati Uniti. La famiglia Backer si è schierata contro l’intervento delle truppe americane e la glia minore, Carol, ne subisce le conseguenze a scuola: è impopolare, isolata, esclusa. A inizio anno arriva una nuova allieva, Judy. Suo fratello Harry è partito volontario per il Vietnam, suo padre è nell’esercito, e lei non si è mai davvero chiesta se ci fosse un’alternativa alla guerra. La notizia della morte di Harry giunta dal fronte mette però in crisi le sue convinzioni.

“Il guaio, con questa cosa di aver deciso di stare dalla parte giusta, è che ora devo farlo sempre. Ha ragione chi dice che la coerenza è la parte più di cile”.

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