La storia del calcio azzurro in 50 ritratti

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La storia del Marino Bartoletti

CALCIO AZZURRO

Con un’intervista inedita a MARCELLO LIPPI

Illustrazioni di MAURO MAZZARA

in 50 RITRATTI

Marino Bartoletti

La storia del calcio azzurro in 50 ritratti

illustrazioni di Mauro Mazzara

Si ringrazia Carlo Felice Chiesa per la preziosa e amichevole consulenza

Publisher

Balthazar Pagani – BesideBooks

Graphic design PEPE nymi

ISBN 979-12-221-1021-9

Prima edizione luglio 2025 ristampa 9876543210

anno 2029 2028 2027 2026 2025 © 2025 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso BALTO print, Utenos g. 41B, Vilnius LT-08217, Lithuania nel mese di giugno 2025

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Marino Bartoletti

50 RITRATTI CALCIO AZZURRO La storia del

Con un’intervista inedita a MARCELLO LIPPI

Illustrazioni di MAURO MAZZARA

A Gigi, a Pablito, a Gaetano, a Giacinto e a tutti coloro che hanno reso più azzurro il cielo della mia vita

SOMMARIO

I RITRATTI

JOSÉ ALTAFINI

(PIRACICABA, San Paolo, Brasile, 1938)

Lavorava da quando aveva nove anni – garzone di barbiere, poi tuttofare in una fabbrica di scope – e quando tornava a casa la sera, stanco morto, a tavola trovava feijão e arroz, fagioli e riso, piatto unico e immodificabile. Non era felice l’infanzia di José Altafini, che in quelle sere non immaginava che un giorno sarebbe potuto passare alla storia come il primo Campione del Mondo con due Nazionali diverse. Tutto grazie a quella palla di stracci che nelle ore libere prendeva a calci con gli amici nelle strade di Piracicaba. Un giorno, pur di avere le scarpe bullonate, si propose a Decio Torres, allenatore dell’Atletico di Piracicaba, da lì un provino lo fece entrare a 17 anni nelle giovanili del Palmeiras e qui l’allenatore Alfredo Gonzales gli consigliò di avanzare da mezzala a centravanti, se davvero voleva diventare qualcuno. Detto e fatto. José, fisico massiccio e veloce, ha il gol nel sangue e si fa largo in fretta. Il compagno Humberto Tozzi lo soprannomina “Mazzola” per la somiglianza con Valentino, l’asso del Grande Torino perito a Superga, visto in tournée in Brasile qualche anno prima. Vicente Feola, selezionatore verdeoro, lo porta alla Coppa del Mondo in Svezia e sulla via per Stoccolma il suo Brasile passa dall’Italia, disseminando le calde notti di Firenze e Milano di amichevoli luccicanti. Altafini vi dà spettacolo e il presidente del Milan, l’editore Andrea Rizzoli, se lo assicura per 135 milioni di lire. Riuscendo anche ad aggirare le limitazioni sugli stranieri, tesserandolo come “oriundo” grazie a un nonno, Luigi, nato in Italia ed emigrato in Brasile con passaporto rilasciato a Rovigo il 5 giugno 1891. Vinto il titolo iridato, in Italia il ragazzo si dimostra un bomber torrenziale, sicché, superata la quarantena prevista dalla Fifa per passare da una Nazionale all’altra, diventa azzurro ed esordisce il 15 ottobre 1961 contro Israele, giusto in tempo per i Mondiali 1962. All’Italia però, gonfia di “oriundi” come lui (Maschio, Sívori e Sormani), toccarono i rissosi padroni di casa e fu subito sera. Ad Altafini restavano 8 partite e 4 reti nel Brasile e 6 gare e 5 gol in azzurro. Al Milan i suoi colpi di spada e di fioretto sotto porta fruttarono due scudetti e la prima Coppa dei Campioni; al Napoli, cui venne ceduto nel 1965 dopo una interminabile “fuga” in patria per promuovere (ehm) un aumento di stipendio, tanto entusiasmo dei tifosi. Infine alla Juventus, cui approdò in tarda età, altri due titoli tricolori da riserva di lusso.

GIANCARLO ANTOGNONI

(MARSCIANO, Perugia, 1954)

Pochi campioni, nella storia universale del calcio, hanno espresso in campo l’eleganza e l’armonia fisico-tecnica di Giancarlo Antognoni. Un predestinato, che a Perugia (nella cui provincia era nato il 1° aprile 1954) folleggiava in una squadretta, la Juventina, dalla quale a 15 anni approdò… al Torino. Il ragazzo aveva talento e Orfeo Pianelli, presidente granata, l’aveva acquistato a metà con l’amico Bruno Cavallo, omologo dell’Astimacobi. Chiamato a scegliere tra la Primavera del club di A e il campionato di Serie D, l’interessato scelse quest’ultimo e sfondò subito.

Azeglio Vicini ne fece il numero 10 della sua Nazionale juniores; Nils Liedholm, allenatore della Fiorentina in viaggio in Piemonte per motivi… vinicoli, lo vide in un’amichevole con la maglia granata e col direttore sportivo Carlo Montanari convinse il suo presidente, Ugolino Ugolini, a fare una follia: 90 milioni per la comproprietà, altri 350 alla risoluzione.

Così Antognoni si ritrovò con la maglia viola addosso, destinata a diventare una seconda pelle; Liedholm lo fece sbocciare in Serie A a 18 anni e lo promosse, sicché, quando il grande vecchio Fulvio Bernardini venne incaricato di raccogliere i cocci della Nazionale andata in pezzi al Mondiale 1974, da esperto di “piedi buoni” impostò su quel talento purissimo la nuova squadra.

Dopo un folgorante quanto sfortunato esordio a Rotterdam contro l’Olanda “totale” di Cruijff per le qualificazioni europee, il ragazzo vivrà una carriera da uomo-simbolo della squadra viola per 15 stagioni, con due costanti: la sfortuna (il 22 novembre 1981 solo un immediato massaggio cardiaco e poi un’operazione per doppia frattura al cranio lo salvano dopo uno scontro col portiere Martina del Genoa; il 12 febbraio 1984 un contrasto col sampdoriano Pellegrini gli frattura tibia e perone) e le critiche dei commentatori, perennemente scontenti di quel tanto che manca al suo gioco per raggiungere la perfezione. Ammirato in tutto il mondo, vinse da protagonista la Coppa del Mondo 1982 in Spagna, anche se la ferita da 12 punti di sutura apertagli nel piede destro da un “pestone” nella semifinale contro la Polonia gli negò la finale del trionfo di Madrid sulla Germania Ovest.

Sordo alle sirene di altri club nonostante con la Fiorentina riuscisse a vincere solo briciole (una Coppa Italia nel 1975 e l’anno dopo quella di lega italo-inglese), lasciò la maglia viola solo per chiudere la carriera in Svizzera, nel Losanna.

ROBERTO BAGGIO

(Caldogno, Vicenza, 1967)

Fuoriclasse baciato da un talento assoluto, ha avuto la carriera condizionata dagli infortuni. Giovanissimo, sciorinava meraviglie da attaccante-fantasista nel Vicenza, in Serie C, ma il 5 maggio 1985, due giorni dopo essere stato acquistato dalla Fiorentina per 2,8 miliardi di lire, nella partita di campionato in casa del Rimini (allenato da Arrigo Sacchi) si disintegrò il ginocchio destro. Dopo un calvario di interventi chirurgici, solo nell’aprile 1987, grazie all’intuizione di due “maghi” dell’atletica leggera, riprese a giocare con continuità, esibendo un raffinato talento e l’istinto per il gol. Azeglio Vicini lo vestì d’azzurro il 16 settembre 1988; nell’amichevole con l’Olanda a Roma, la Fiorentina si ritrovò tra le file un gioiello assoluto.

Diventato beniamino dei tifosi, alla vigilia della Coppa del Mondo 1990, la sua cessione alla Juventus con una valutazione astronomica (18 miliardi di lire) provocò a Firenze una guerriglia urbana vicino alla sede viola, con feriti e arresti. Baggio partì riserva per poi furoreggiare nelle “notti magiche” come partner offensivo del “gemello” Schillaci in un’Italia fermata solo ai rigori dall’Argentina in semifinale. Così come ai rigori, questa volta in finale contro il Brasile, si conclusero amaramente i Mondiali successivi di cui fu il protagonista indiscusso (e ormai consacrato come “divin codino”).

Nella Juventus si riprodusse l’accoppiata con Schillaci, pur se con esiti meno dirompenti. Premiato col Pallone d’Oro di France Football nel 1993, le sue meraviglie in campo continuarono a stregare i tifosi a ogni latitudine, ma… spaventavano gli allenatori, che ne fecero un “ricusato speciale” per via degli “equilibri difensivi” che il tatticismo imperante temeva messi in pericolo dal suo talento.

Passato dalla Juventus al Milan, rifiutato da Ancelotti al Parma e poi rinato a Bologna, tornò in Nazionale ai Mondiali 1998, finì all’Inter e nel settembre 2000 si rifugiò al Brescia, alla corte di un intenditore come Carlo Mazzone e avendo come “gregario” quel “Pep” Guardiola che poi sarebbe diventato uno dei più grandi allenatori di tutti i tempi. La tempra da irriducibile gli fece superare a tempo di record nel 2002 un nuovo grave infortunio al ginocchio sinistro, ma, pur tornato in gran forma, venne escluso dal quarto Mondiale da Trapattoni e l’Italia naufragò.

Icona universale del bel calcio, Baggio lasciò l’agonismo il 16 maggio 2002, ancora con la maglia del Brescia, suscitando ovazioni e rimpianti dai tantissimi innamorati delle sue prodezze senza tempo. Lucio Dalla gli dedicò una delicatissima canzone.

La

più grande

passione sportiva del Paese al suo apice: la Nazionale azzurra!

Gli indimenticabili protagonisti di ogni tempo riuniti per celebrare il

fascino senza confini del calcio giocato.

L’amatissimo giornalista sportivo Marino Bartoletti , con la sua eccezionale abilità nel trasformare passioni e sogni in parole , racconta i 50 azzurri che hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale: un’avventura piena di determinazione, eleganza, tattica, forza, precisione, tenacia, dagli esordi pioneristici di inizio Novecento alle 4 sensazionali vittorie della Coppa del Mondo . Una spettacolare epopea italiana arricchita dalle ispirate illustrazioni di Mauro Mazzara

UN AVVINCENTE VIAGGIO DI OLTRE UN SECOLO NELLA STORIA

DEL CALCIO ITALIANO ACCOMPAGNATI DAI CAMPIONI

CHE CI HANNO EMOZIONATO E RESO ORGOGLIOSI!

© Sandra e Urbano fotografi

Marino Bartoletti

(Forlì, 1949) è uno dei più celebri giornalisti italiani. Ha condotto e spesso ideato trasmissioni storiche come Il processo del lunedì , La Domenica Sportiva , Pressing , Quelli che il calcio . È stato direttore del “Guerin Sportivo” e dell’Enciclopedia Treccani dello Sport, oltre che delle testate sportive della Rai e di Mediaset. I suoi romanzi della Serie degli dei hanno riscosso un incredibile successo di pubblico e di critica. È autore anche dell’ Almanacco del Festival di Sanremo.

Mauro Mazzara

(Milano, 1980) è pittore e illustratore per la comunicazione, la moda e l’editoria. Vincitore di molti premi internazionali, disegna spesso per lo sport, che è una delle sue grandi passioni.

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