Sergio Toppi fra l’avventura campagnola di Mastro Domenico e quella eroica
del Paladino Orlando
di Pier Luigi Gaspa
Sergio Toppi è in grado di passare disinvoltamente da un’ambientazione geografca e da un’epoca storica all’altra senza mai perdere le caratteristiche stilistiche che lo contraddistinguono, in una continua e severa ricerca che l’ha reso uno degli autori più personali e afascinanti del fumetto italiano. Che siano atmosfere dell’Arabia favolistica oppure del Medioevo europeo, che si cimenti con il Giappone di un tempo oppure con scorci delle città moderne, Toppi riesce sempre a coglierne gli elementi più tipici, caratterizzandoli in un montaggio di pagina sempre più ardito e personale. Senza considerare la straordinaria capacità di raccontare per immagini con la medesima efcacia rivolgendosi a pubblici diversi, da quello di settimanali come il «Corriere dei Ragazzi» oppure «Il Giornalino», per i quali, ancora prima di collaborare con le riviste cosiddette d’autore, ha realizzato dei veri e propri capolavori. Epitome di questa lunga attività per i più giovani è data dalla breve serie I grandi nel giallo, scritta da un altro grande del fumetto italiano, Mino Milani, e pubblicata sul «Corriere dei Ragazzi» fra il 1975 e il 1976. Qui, l’autore milanese ha modo di mostrare tutta la sua versatilità af rontando ambientazioni e personaggi di volta in volta diferenti – servito, va detto, da testi di straordinaria levatura – che passano da Giotto a Marilyn Monroe, da Michelangelo a Fausto Coppi. Tutti investigatori per un giorno, impegnati con altri grandi della storia, della

scenze e le proprie abilità.
Del resto, basta scorrere la lunga teoria di titoli apparsi nella collana alla quale si aggiunge questo volume per rendersi conto appieno della grandezza di Sergio Toppi, immergendosi in un universo realistico e magico allo stesso tempo. In ciascuna delle vicende narrate in queste pagine, il maestro milanese riesce a trascinare il lettore nelle tavole che ha disegnato, immergendolo in un viaggio senza tempo a fanco dei loro protagonisti, che siano il mastro Domenico della Favola toscana oppure gli eroi della Chanson de geste di Verrà Orlando. Brevi storie su alcune delle quali, soprattutto la prima e l’ultima, si possono riportare alcune considerazioni, mentre in Qualcosa di più comune di un incendio, ad attirare l’attenzione è un particolare curioso collegato in qualche maniera allo stesso autore.
Il sonno di Mastro Domenico
Mastro Domenico racconta le vicende di un anziano e abile falegname che vive da qualche parte della campagna toscana. L’epoca è imprecisata ma comunque si pone, non casualmente, a cavallo dell’Unità d’Italia, quindi all’incirca fra il 1855 e il 1875. Lo chiariscono alcuni particolari, come la citazione del Granducato di Toscana all’inizio della vicenda e quella del Regno d’Italia e della sua capitale situata in Roma (dal 1871, dopo Torino e Firenze). In proposito, forse ci sarebbe da rifettere un momento sulle monete citate nelle varie tavole, che non sembrano corrispondere esattamente a quelle in corso all’epoca, ma anche se così fosse, si tratta di una favola e il dubbio non nuoce per nulla allo svolgimento della vicenda.
Più intrigante è invece risalire alla fonte di ispirazione di Favola toscana, apparsa originariamente con il titolo Mastro Domenico. La sua genesi risale a un breve romanzo di Narciso Feliciano Pelosini (1823-1896) dal titolo Maestro Domenico (1871), scritto all’indomani dell’Unità d’Italia. Pelosini è in aspra polemica con l’unifcazione dello Stivale e la vicenda ne riassume sapidamente le posizioni, con il suo personaggio che si addormenta nel 1868 per risvegliarsi anni più tardi in una neonata nazione nella quale, come ribadisce una recensione dell’opera, si coglie “il senso della caduta da un magnifco passato fatto di pratiche religiose, sano lavoro e culto della famiglia a un presente che consiste in un caos organizzato, frutto di una rivoluzione in cui si intersecano furbizie e accaparramenti tra lusso e utilitarismo”. 1
Un’Italia unita in cui tutto è cambiato per non cambiare nulla (se non in peggio), se si vuole citare una celebre afermazione contenuta nel romanzo di ambientazione coeva Il Gattopardo (1958), di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Così, ben poco, se non in peggio, cambia per il povero Mastro Domenico di Favola toscana, che si vede portare via da esosi funzionari del Regno gran parte dei miseri e sudati guadagni, esattamente come facevano in precedenza quelli del Granducato di Toscana. 1 Alla pagina web https://www.radicicristiane.it/2011/10/recensioni/maestro-domenico/
Sonni prolungati da Rip Van Winkle a H. G. Wells
Il risveglio in un mondo completamente cambiato dopo un lungo sonno è un espediente impiegato a più riprese. A fumetti, si può ricordare nel 1929 il Buck Rogers di Philip Francis Nowlan e Dick Calkins (in precedenza già protagonista letterario di un racconto apparso in un numero del primo pulp di fantascienza, «Amazing Stories»). Al cinema, invece, ne è d’esempio mezzo secolo più tardi il flm Il dormiglione (Sleeper, 1973), diretto e interpretato da Woody Allen.
Per tornare agli antesignani letterari, ancora più addietro era apparso il racconto Rip Van Winkle, compreso nella raccolta Te Sketch Book (1820), opera dello scrittore statunitense Washington Irving (1783-1859). Ambientato nel 1770, narra come il protagonista si allontani da casa e cada in un lungo sonno ventennale dopo avere bevuto un liquore ofertogli da alcuni gnomi. Proprio come Mastro Domenico, si risveglia – dopo la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, presentata nel 1776 – e torna al villaggio, ovviamente non più quello che ha lasciato, trovandoci la fglia diventata madre di famiglia, con tutto ciò che ne consegue.
Quando il dormiente si sveglierà (Te Sleeper Awakes, 1910) è invece il titolo della prima edizione in volume di un romanzo di proto-fantascienza distopica scritto dal britannico Herbert George Wells e pubblicato nel 1910, dopo essere apparso a puntate su rivista, come When the Sleeper Wakes, fra il 1898 al 1899. Il protagonista, Graham, si risveglia dopo 203 anni in una Londra completamente diversa e nella quale è diventato l’uomo più ricco del mondo grazie agli interessi composti maturati nel frattempo dal suo conto in banca. Nel solco della narrativa di Wells, anche la trama di questo romanzo assume ben presto un tenore di denuncia sociale, diversa ma non troppo dissimile negli intenti da quella di Pelosini.

a un certo punto nel fantastico, anche se parte da fondamenta assai concrete e, pur troppo, tragiche. La persecuzione nei confronti degli eretici, in particolare dei Catari, è una realtà del promulgata dal papa Gregorio in questa breve storia, si tiene a Tolosa un primo processo per stregoneria… Coincidenze, probabilmente. Certo è che a quello stesso anno risale la Bolla di Papa Alessandro caso di stregoneria, se questo non presupponga derive eretiche. Il breve apologo Le cose nascoste, dal canto suo, non ha bisogno di molte parole, poiché in una splendida composizione grafca porta alla luce quanto di innato sembra esservi nell’uomo. Un tempo, divinità sanguinarie esigevano un pesante tributo di sangue. In seguito, erano state dimenticate, rimanendo come “volti di pietra divorati dal tempo”. E con la loro fne era arrivata la prospera serenità dell’uomo che non usava più selci aguzze per sacrifcare loro altri uomini, palese

riferimento ad alcune civiltà dell’America precolombiana, anche se queste sono prese soltanto come compendio di un fenomeno assai più ampio nello spazio e nel tempo. Però, sembra dire Toppi in queste poche tavole, l’istinto a esercitare la violenza e a recare la morte sembra incuneato nei recessi più profondi dell’animo e del cervello umano. Ed è sufciente la comparsa di una creatura estranea, un grosso cinghiale, per scatenarli, poiché, come dice lo sciamano, “la voglia di uccidere dorme un sonno leggero dentro ciascuno di noi, sempre pronta a svegliarsi”. Un’amara rifessione che è difcile non condividere.
Qualcosa di più comune di un incendio riporta il lettore nel xix secolo, questa volta in un luogo ben preciso, Mariano Comense, in Lombardia. Il racconto da parte di un attempato paesano davanti a un bicchiere di rosso è l’occasione per mescolare avvenimenti realistici con interventi sovrannaturali e, dal punto di vista grafco, per consentire a Toppi un’impostazione della tavola dal sapore illustrativo ma allo stesso tempo dinamica e dalle valenze simboliche. Curiosità legata ai luoghi, consultando su Internet una cronistoria di Mariano dal 1871 al 1889, si scopre che nel 1885, anno in cui si svolgono gli eventi, “si approva il progetto redatto dall’ing. Riva e l’acquisto della Bilancia, ordinata presso il Bilanciatore signor Carlo Toppi, con una spesa di £. 740”! Un ascendente di Sergio? Sarebbe per fno troppo!

Chiusura cavalleresca dedicata a Verrà Orlando. Sulla rivista online “Arabeschi” la inquadra perfettamente Alessandro Scarsella, critico e docente di Letterature comparate presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Scrive lo studioso:
Invitato a collaborare a un volume di promozione della Sicilia in chiave turistico-culturale, Toppi si inoltra nel territorio dell’immaginario popolare e, come i pupari, recita a soggetto prendendo spunto dall’evocatività dell’onomastica dei cavalieri, dei loro antagonisti e dei luoghi. Solo alla fne si rivela, con un coup de théâtre, il senso del titolo ricorrente in conclusione dei singoli sintagmi narrativi, Verrà Orlando. Orlando è il pupo che in procinto di essere aggiustato non entra in scena, comparendo solo, nell’ultima tavola, nella fssità quasi induista del suo sguardo ligneo.
Scarsella pone anche giustamente in evidenza come nel racconto non vi sia una vera trama compiuta, evidente nella mescolanza di personaggi e situazioni appartenenti a diverse opere. In buona sostanza, Toppi si misura “con le fantasie scaturite da un duplice orizzonte di quell’attesa suggerita dal ‘paratesto’: quello del pubblico del teatro dei pupi, che è rappresentazione prima visiva nei cartelloni, poi fragorosamente scenica; e quello del disegnatore-sceneggiatore alle prese con un tema e non con una storia.”

Il risultato è un’immersione in tavole se si vuole più fumettistiche rispetto alla precedente, che mantengono intatto il fascino non soltanto dei personaggi e delle atmosfere del Ciclo Carolingio, ma anche quello del tratto potente dell’autore milanese; pure quando è venato di sagace ironia. Uno dei tanti aspetti dell’uomo Sergio Toppi e della sua intera opera, come sottolinea lo scrittore Italo Alighiero Chiusano nel catalogo della personale Penne e inchiostri, tenutasi a Milano nel 1994:
Toppi, come tutti i veri artisti, è un uomo a più facce.
Certi suoi improvvisi lampi di durezza nell’occhio solitamente mite, certe defnizioni garbatissime ma inesorabili, la sua passione rivelatrice per una civiltà cerimoniosa ma anche crudele come quella giapponese sono spie di ciò che, in Toppi, ferve dietro la “facciata”.
Se poi si va a consultare la sua opera – che per ogni artista è l’unico punto di riferimento che davvero conti – ne hai ampie e continue riprove.
Le storie di questo volume, qui di seguito riassunte brevemente, ne rappresentano cinque fra le innumerevoli testimonianze.
Verrà Orlando
In un rifulgere di armature rivive, secondo modalità del tutto singolari, il Ciclo Carolingio. Duelli, magie e amori respinti in attesa dell’arrivo del Paladino Orlando per la battaglia fnale.
Mastro Domenico/Favola toscana
Un giorno Mastro Domenico si addormenta seduto sotto un giovane pino. E dopo un sonno ristoratore, al suo risveglio si ritrova, spaesato e sconcertato, in una campagna toscana che la Storia ha cambiato. In tante cose, tranne una…
Qualcosa di più comune di un incendio
Nel racconto di un anziano in un’osteria, una vicenda ambientata a Mariano Comense nel 1885 che sa di demoni e folletti, ma che forse ha altre spiegazioni.
Le cose nascoste
L’uccisione di un cinghiale selvatico come apologo contro la brama di uccidere che soggiace nell’animo umano, sempre pronta a risvegliarsi.
Il mantello di San Martino
Anno 1258. Sono iniziate le persecuzioni contro gli eretici. Due ragazzi, un fratello e una sorella cercano scampo in una chiesa che conserva un af resco di san Martino. Li proteggerà dalla furia omicida di chi li insegue?
Verrà Orlando 1 .
Verrà Orlando
È stato pubblicato per la prima volta in Immagini di Sicilia (a cura di Claudio Bertieri) nel 1986.
cupo e feroce
è adragasto, re dei trinobanti, grande spregiatore di cristiani. ma una voce osa sfidarlo dentro le spesse mura dove si rintana…
io sono brandimarte, paladino di francia, e mi è giunta la tua fama perversa… io non ti temo e non temo le tue orde selvagge…
si faccia avanti un tuo guerriero e combatta con me, ferro contro ferro, se ne ha il coraggio: questa è la mia sfida e vinca il migliore.
il giaurro ha un cuore da leone: non saranno mai abbastanza temprate le spade che si incroceranno con la sua…
ebbene, nessuno si fa avanti a chiudere la bocca a questo infedele?
io, sacripante, mi batterò con lui e si vedrà se il suo sangue è più rosso del mio…
stridono le lame, scintillano gli scudi percossi, i colpi del paladino cadono come fulmini da una tempesta.
temo molto per la sorte del nostro campione… l’infedele è forte… venga galafrone, il mago, lui può rovesciare le sorti dello scontro.
che la tenzone abbia luogo: si facciano avanti i contendenti… la parola è alle armi.
questo è un giorno infausto per te, sacripante, perché non ne vedrai la sera…
grande mago è galafrone: può trasmutare pietra in oro, sassi in pane, guerrieri valorosi in fragili uccellini…
ascolta, brandimarte: io sono galafrone il mago… la tua spada è potente ma non c’è acciaio che possa prevalere sui miei poteri… guardami, paladino di francia…
tradimento… sono vittima di male arti… ma verrà orlando, verrà orlando a vendicarmi!…
più lontano, tra i monti del cataio, si eleva un cupo maniero. Vi è costretta in catene braminonda, regina di soria, vittima di un oscuro sortilegio. Sul castello vigila un mostruoso gigante e già molti prodi sono caduti sotto i suoi colpi nel tentativo generoso di liberare la prigioniera… quello che avanza ora è astolfo di bretagna sul suo cavallo alato…
caligorante, mostro abbietto, libera la tua prigioniera o morrai…
vattene, moscerino, se ti è cara la vita…
corri, prode astolfo, corri verso le nere torri, corri a liberare colei che ami in segreto da tanto tempo…
dolce signora, regina dei miei pensieri, lasciate che spezzi queste catene infami, l’ora della libertà è finalmente giunta…
signora, voi mi spezzate il cuore, ma il vostro desiderio è legge per me: grande ricompensa è stata solo avervi veduta… addio, vi amerò sempre…
siete gentile e valoroso, bel cavaliere, ma terrò le mie catene… poiché c’è qualcun altro che attendo e il tempo e i ceppi non mi pesano nell’aspettarlo: verrà orlando, verrà orlando a portarmi la libertà.
al campo del gran re carlo si adunano tutti i paladini: corrono voci di guerra…
splendono le armature forbite, terrore dei nemici, riposano le spade nei foderi preziosi, ma non per molto ancora… ma ecco che risuona la voce rauca del corno dal limite del campo…
all’armi, all’armi… un messo a cavallo…
un esercito immenso avanza contro di noi… vengono fitti come le spighe di un campo di grano… da ogni angolo della terra gli infedeli si sono riuniti sotto le bandiere dei loro re… li comanda il bieco agricane che ha giurato di tagliare la barba di carlo per farne corde al suo arco… vengono a centinaia di migliaia… che il gran re carlo lo sappia… che qualcuno lo avverta…
si aprano le porte… sia fatto entrare…
aiutate questo valoroso… è ferito… ebbene, che notizie porti?…
sire, notizie gravi… una moltitudine di infedeli sta calando su di noi… tutto è pronto per riceverli, non si aspetta altro se non i vostri augusti comandi…
che può temere il gran re dalla barba fiorita?… ha la sua spada, i suoi paladini… perché quell’ombra di dubbio negli occhi come di una nuvola su due laghi azzurri?…
verrà orlando, verrà orlando per combattere al mio fianco?…
allora, ‘sto orlando arriva o no?… vediamo di fare presto…
cosa vuoi da lui, con tutto il lavoro che fa, che sia sempre come nuovo?… la spada era storta, il pennacchio a pezzi… aggiustarlo ogni tanto bisogna, cristo santissimo…
abbiamo la scena della battaglia e il pubblico non può aspettare ancora…
…eccoti il tuo orlando, eccolo che arriva…