Da Nave a Roma. La vita e L'azione politica di Onorato Comini (1843-1913 )

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Da Nave a Roma. La vita e l’azione politica di Onorato Comini (1843-1913)

Tesi Storica a cura di Gianclaudio Vecchiatti

Un grande filosofo e storico italiano, Benedetto Croce, scriveva anni fa che “Ogni storia è storia contemporanea”. Nel senso che la ricerca storica si occupa del passato ma, a portare l’attenzione dell’appassionato di storia su un periodo piuttosto che su un altro, è spesso il presente, l’oggi, l’attualità.

Ai giorni nostri un periodo come il Risorgimento, per quanto collocato nel lontano 1800, è considerato come un momento interessante della nostra storia nazionale. A dimostrazione di questa tesi sta Il successo, in parte inatteso, della miniserie Tv “Mameli-Il ragazzo che sognò l’Italia”, andata in onda di recente su Raiuno e seguita-dati auditel alla mano- da un buon 20% di spettatori.

Su questo periodico, a riportare in auge gli anni che portarono all’unità d’Italia hanno contribuito poi gli scritti di Matteo Ghedi, pubblicati sui numeri da febbraio a maggio, con la loro accurata ricostruzione del periodo 1848-1861, nel quale si collocano fatti significativi quali la prima e la seconda Guerra di Indipendenza, le insurrezioni di Milano e Brescia e finalmente, nel marzo 1861, la proclamazione del Regno d’Italia. A questo punto vorrei continuare idealmente il percorso iniziato dalla Rai e da Matteo inoltrandomi nel secondo periodo del Risorgimento, quello del consolidamento del neonato Regno d’Italia (1861-1918) presentando ai lettori di questo mensile un avvocato bresciano, per la precisione Navense doc, poco conosciuto ma importante per la storia locale e nazionale della seconda metà dell’800, l’avv. Onorato Comini.

Che la sua figura sia stata poco considerata lo prova il fatto che al mazziniano Comini, per quanto ne so, sono stati dedicati solo un bassorilievo marmoreo sotto il quadriportico di Piazza Vittoria e, sempre a Brescia, una breve via,

contrassegnata da una anonima indicazione stradale, nel quartiere Casazza.

Eppure il nostro concittadino-di cui non esistono fotografie ma solo il bel ritratto che potete ammirare in queste pagine e che solo pochi anni fa ho avuto il piacere di fotografare nella casa di una discendente, la sig.ra Enrica Comini- è stato fino ad ora l’unico cittadino di Nave deputato del Regno d’Italia per due legislature consecutive, dal 1882 al 1890, oltre che consigliere comunale, a Nave e a Brescia, per parecchi anni, fino alla morte, avvenuta nel 1913.I Reduci delle Patrie Battaglie lo immortalarono, nel bassorilievo citato,a pochi giorni dallo scoppio della Grande Guerra, con queste parole: ” Onorato Comini -mazziniano, garibaldino, deputato al parlamento passò superbo di fede. Del popolo ebbe gli impeti geniali e gli affetti. Libero visse, non conobbe viltà. Brescia l’onora-5 aprile 1914”.

Onorato respira aria di libertà fin dai primi anni di vita essendo in contatto con i patrioti bresciani che lottavano per l’indipendenza dall’Austria: sarà proprio lui, alcuni anni più tardi, a ricordare con stima e affetto uno dei cospiratori di Nave, Carlo Giustacchini, con queste parole:

“Esso è il tipo completo del cospiratore e combattente e riassume il popolano patriota del 1848.Si gettò nelle cospirazioni assumendo l’ufficio di corriere segreto tra i capi del partito rivoluzionario, rischiando più volte di essere sorpreso nei suoi travestimenti. Nel 1848 fu alle porte di Brescia col suo manipolo di compaesani, equipaggiati da lui, spendendo del proprio. Nella sua cartiera di Nave subì ben undici perquisizioni e multe ripetute. Lo stato di povertà in cui era caduto sopportò sempre sereno; nulla mai chiese ad alcuno in compenso dei sacrifici fatti. Morì a Brescia nel

1884 in un modesto ufficio ferroviario quando già cominciava l’oblio di quanto il patriottismo ha dato di generoso ed esemplare”.

Nato in località Mitria, il nostro studiò con profitto a Lovere e a Brescia, laureandosi in legge presso il Collegio Ghisleri di Pavia. Onorato non partecipò né agli eventi bellici del biennio 1848/49 né alla seconda guerra d’Indipendenza (1859) ma abbiamo le prove che si arruolò a Como fra i volontari garibaldini e combattè in Trentino nel primo conflitto dell’Italia unita, quella “guerra finta e pur sanguinosa” del 1866 nota come Terza Guerra d’indipendenza, in seguito alla quale, nonostante le sconfitte subite dal nostro esercito e dalla regia marina, grazie all’alleanza con la Prussia vittoriosa, il Veneto divenne italiano. A guerra finita, il ventenne Comini fece praticantato nello studio del già famoso Giuseppe Zanardelli e diede inizio ad una carriera politica di tutto rispetto: nel 1876 fu nominato segretario dell’Unione Liberale Progressista, importante formazione politica bresciana a guida zanardelliana; l’anno successivo venne eletto consigliere comunale a Brescia ed esercitò il mandato per molti anni, fino alla morte. Ma il vero ingresso in politica ebbe luogo nel 1882, quando il nostro si presentò alle elezioni politiche come candidato dei partiti popolari bresciani e, complice l’appoggio del forte partito “progressista” zanardelliano, venne eletto, unico navense ma anche unico fra i bresciani, parlamentare dell’estrema sinistra, che all’epoca, notate bene, contava in tutta Italia solo una trentina di deputati di orientamento spiccatamente democratico, vale a dire radicali, repubblicani e socialisti. Il loro programma, più avanzato (radicale e moderno) di quello dei liberali progressisti di Zanardelli, comprendeva il suffragio universale, l’indennità parlamentare (una somma di denaro che consentisse anche a

chi non era ricco di fare politica) l’istruzione effettivamente gratuita, il decentramento amministrativo, la progressività delle imposte

Chi mastica un po' di politica si renderà conto che gli obiettivi di questa formazione politica erano assai avanzati per l’epoca: considerate che il suffragio universale gli italiani l’avranno solo nel primo ventennio del 900 e il decentramento amministrativo addirittura negli anni 70 del secolo scorso con l’istituzione delle regioni come enti locali. Con le elezioni politiche del 1886 Comini riottenne il seggio di deputato, che conservò, come detto, fino al 1890.

Gli atti ci dicono che Comini fu abbastanza assiduo ai lavori parlamentari e la sua condotta sempre coerente con il suo credo politico, tanto che si può dire che fu proprio la fede negli ideali democratici (oggi si direbbe: il suo garantismo) a porre termine alla sua esperienza romana. La rottura dell’alleanza liberal-democratica che lo sosteneva fu provocata dall’arresto di Andrea Costa, famoso esponente di quel partito socialista i cui seguaci erano considerati, dalle polizie dell’epoca, pericolosi sovversivi. Appreso dell’arresto mentre era fuori Roma, Comini inviò un telegramma in cui si diceva contrario al provvedimento, pur essendo consapevole che la sua presa di posizione gli sarebbe costata, come poi avvenne, la perdita dell’appoggio politico determinante di Zanardelli e del suo partito. Il risultato fu che alle elezioni politiche del 1890 Comini uscì sconfitto; era la fine della sua carriera politica. A tal proposito, se guardiamo al passato pensando al all’oggi, una riflessione si impone: quanti politici, nello scenario italiano di oggi, di fronte a una situazione del genere, sarebbero disposti a sacrificare il seggio parlamentare

per tener fede fino in fondo ai propri valori? A Voi lettori l’ardua risposta.

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