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EDITORIALE
Il 3 settembre 2025 la Commissione europea ha dato il via libera all’accordo commerciale con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), aprendo ufficialmente le porte al più grande trattato di libero scambio mai siglato dall’Unione. Un’intesa che ambisce a rafforzare i legami economici tra due blocchi strategici, ma che al tempo stesso solleva interrogativi profondi per il futuro della zootecnia europea — in particolare per il nostro comparto avicolo.
Nel comunicato ufficiale, la Commissione sottolinea le nuove opportunità per l’industria, la cooperazione agroalimentare e la protezione delle Indicazioni Geografiche. Ma dietro i numeri si celano anche potenziali squilibri: l’accordo prevede una quota duty-free per il Mercosur pari a 180.000 tonnellate di carne avicola, da introdurre gradualmente in cinque anni, rappresentando circa l’1,3% della produzione UE. Già oggi, le esportazioni di carne avicola dal blocco Mercosur verso l’UE ammontano a circa 293.000 tonnellate l’anno, in gran parte soggette a dazi. L’introduzione della nuova quota esente da imposte doganali abbatterà i costi per una porzione di queste esportazioni, accentuando il divario competitivo rispetto ai produttori europei.
Benessere animale, sicurezza alimentare, tutela ambientale: sono i pilastri su cui poggia il valore aggiunto della filiera avicola europea. Ma sono anche costi e responsabilità che, se non condivisi dai partner commerciali, si trasformano in svantaggi competitivi. Come sottolineano le principali organizzazioni agricole italiane ed europee, la mancanza di reciprocità negli standard produttivi rischia di innescare una concorrenza sleale capace di compromettere decenni di investimenti.
È vero, sono previste clausole di salvaguardia, fondi compensativi e monitoraggi semestrali, ma la loro efficacia dipenderà da quanto saranno automatiche, tempestive e realmente vincolanti. In gioco c’è la tenuta di interi comparti produttivi, come quello avicolo, già sottoposto a forti pressioni sul fronte dei costi, del benessere animale e della volatilità del mercato.
➤ Marianna Caterino
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ATTUALITÀ
PRIMO PIANO
Allevamento per il futuro: ISA, Warren e Bovans nella transizione europea verso i sistemi senza gabbie
12 16 20
DOSSIER
Nuovi modelli predittivi per un approccio integrato alla lotta all’influenza aviaria
FOCUS
Validazione di un saggio di RT-PCR specifico per il genotipo GVIII del virus della bronchite infettiva e prima identificazione di ceppi IB80-like (lineage GVIII-2) in Italia
MARKETING
L’industria delle uova in Danimarca
32 38 42 44 48 OTTOBRE 2025
TECHNICAL COLUMN
Persistenza delle femmine post-picco
MANAGEMENT
Buone pratiche di biosicurezza per allevamenti avicoli
NUTRIZIONE
Effetti dell’utilizzo di HEMICELLTM HT (β-mannanasi) sull’integrità intestinale del broiler
MARKET GUIDE GUIDA INTERNET
SIPA 2025, NAPOLI: 10° SIMPOSIO ANNUALE E PREMIO “DR. CORRADO LONGONI”
Il 12–13 settembre 2025, al Dipartimento di Medicina Veterinaria
dell’Università “Federico II” di Napoli, la Società Italiana di Patologia Aviare (SIPA) ha celebrato la decima edizione del Simposio scientifico. Due giorni di aggiornamento per ricercatori, clinici e operatori della filiera sulle principali sfide sanitarie dell’avicoltura, con focus su virologie emergenti/riemergenti, batteriosi di interesse produttivo e nuovi approcci diagnostici e terapeutici.
Il momento centrale della prima edizione del Premio "Dr. Corrado Longoni" è stata la premiazione del Dott. Matteo Legnardi. Il riconoscimento, istituito da SIPA con il sostegno di MSD Animal Health e destinato a giovani ricercatori e futuri medici veterinari che si distinguono per impegno e contributo al settore avicolo italiano, ha un valore di € 2.000 e sostiene la partecipazione a eventi formativi e convegni scientifici nazionali e internazionali. Il Dott. Longoni, stimato professionista nel mondo avicolo, è scomparso improvvisamente lo scorso anno. Il Dott. Legnardi, insieme
alla sua squadra, ha validato un test genetico mirato al genotipo GVIII dell’IBV e documentato per la prima volta in Italia la circolazione di ceppi IB80-like (GVIII-2).
Per valorizzare il merito scientifico del vincitore, la nostra rivista pubblica in questo numero la ricerca del Dott. Legnardi: “Validazione di un saggio di RT-PCR specifico per il genotipo GVIII del virus della bronchite infettiva e prima identificazione di ceppi IB80-like (lineage GVIII-2) in Italia” (pag. 16).
Per i produttori
Dare ai produttori la possibilità di utilizzare al meglio le loro risorse ed essere sostenibili economicamente mentre producono il cibo più sicuro per le persone e il pianeta.
CREATING MORE VALUE TOGETHER
Per il pianeta
Unire le forze per produrre in modo efficiente carne e le uova della migliore qualità dalle stesse risorse, preservando l’ambiente e salvaguardando la salute.
Per tutti
Contribuire all’ambizioso obiettivo di sfamare 9 milioni di persone entro il 2050 e lavorare già oggi per realizzarlo domani.
ACCORDO MERCOSUR, FORLINI (UNAITALIA):
“FORTE PREOCCUPAZIONE PER I RISCHI
SUL SETTORE AVICOLO EUROPEO E ITALIANO”
In seguito al via libera della Commissione europea all’accordo tra l’UE e i Paesi del Mercosur, Unaitalia – l’Associazione che rappresenta la filiera avicola italiana – esprime seria preoccupazione per le gravi ripercussioni che questo potrebbe avere sul settore avicolo nazionale ed europeo.
“Pur consapevoli che rappresenti uno dei trattati commerciali più significativi mai siglati, riteniamo che l’accordo UEMercosur sia un pericolo concreto e inaccettabile per la filiera avicola europea, che sembra ancora una volta essere sacrificata a beneficio di altri settori all’interno degli accordi commerciali”, dichiara Antonio Forlini, Presidente di Unaitalia, “tenendo conto, peraltro, degli impatti combinati di questo accordo con quelli negoziati dalla UE con grandi Paesi produttori come Ucraina e Thailandia, che hanno parimenti quantitativi importanti di esportazioni in Europa”.
La preoccupazione principale riguarda proprio la disparità degli standard produttivi. “I nostri allevatori e le nostre imprese devono conformarsi a norme rigorosissime in materia di benessere animale, sicurezza alimentare e tutela ambientale,
che spesso comportano anche dei costi significativi, e non possiamo competere ad armi pari se ai nostri competitor non vengono richiesti gli stessi requisiti. Questa disparità crea una concorrenza sleale che vanifica tutti gli investimenti e gli sforzi che la nostra filiera ha compiuto negli anni, ed è indispensabile che venga risolta”, procede Forlini, “perché rischiamo di compromettere la sopravvivenza di interi comparti strategici dell’agroalimentare europeo e Made in Italy, come la nostra filiera avicola”.
“L’attivazione della clausola di salvaguardia, come prospettata dalla Commissione, non è sufficiente di per sé se non sarà automatica, tempestiva e realmente efficace per tutelare le produzioni avicole europee e la reciprocità degli standard deve essere garantita da più controlli da parte delle autorità europee, altrimenti rischia di essere una dichiarazione di principio”, conclude Forlini. “Per questa ragione chiediamo al nostro Governo, che ringraziamo per lo sforzo sin qui fatto, un impegno concreto in questa direzione”.
BRASILE: CRESCONO LE ESPORTAZIONI DI UOVA
Il fatturato del mese di luglio raggiunge gli 11,8 milioni di dollari, con un aumento del 340,9%.
Le esportazioni brasiliane di uova (compresi i prodotti freschi e trasformati) hanno raggiunto le 5.259 tonnellate a luglio 2025, secondo la Brazilian Animal Protein Association (ABPA). Ciò rappresenta un aumento del 304,7% rispetto al volume registrato nello stesso periodo dell’anno precedente, quando erano state spedite 1.300 tonnellate.
Il fatturato generato dalle spedizioni di luglio ha raggiunto gli 11,81 milioni di dollari, un saldo superiore del 340,9% rispetto allo stesso mese del 2024, quando era stato di 2,68 milioni di dollari.
Con la performance del mese, il totale accumulato tra gennaio e luglio ha raggiunto le 30.174 tonnellate esportate, un volume superiore del 207,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (9.818 tonnellate). Il fatturato accumulato ha raggiunto i 69,57 milioni di dollari, con un incremento del 232,2% rispetto ai 20,94 milioni di dollari ottenuti tra gennaio e luglio 2024.
Gli Stati Uniti restano la principale destinazione delle esportazioni brasiliane di uova, con 18.976 tonnellate spedite nei primi sette mesi dell’anno (+1.419%) e un fatturato di 40,7 milioni di dollari (+1.769%). Seguono il Cile, con 2.562 tonnellate (-27,9%) e 7,53 milioni di dollari, il Giappone, con 2.019 tonnellate (+175,2%) e 4,69 milioni di dollari (+163,3%), e il Messico, con 1.843 tonnellate e 8,14 milioni di dollari. Altri dati di rilievo nel periodo includono l’Angola (889 tonnellate), gli Emirati Arabi Uniti (1.677 tonnellate), l’Uruguay (428 tonnellate) e la Sierra Leone (473 tonnellate).
«Non è ancora possibile prevedere l’impatto delle questioni commerciali con gli Stati Uniti sulle spedizioni del prodotto, ma vi è la prospettiva di un eventuale mantenimento del flusso, poiché la domanda nordamericana per il prodotto rimane elevata di fronte alla carenza di prodotto registrata in quel mercato», afferma il presidente dell’ABPA, Ricardo Santin.
Fonte: Associação Brasileira de Proteína Animal (ABPA) https://abpa-br.org/noticias/exportacoes-de-ovos-crescem3047-em-julho/
ALLEVAMENTO
PER IL FUTURO: ISA, WARREN E BOVANS NELLA TRANSIZIONE EUROPEA VERSO
I SISTEMI SENZA GABBIE
Mentre l’Europa continua la sua transizione dai sistemi convenzionali in gabbia, l’industria avicola sta entrando in una nuova era, plasmata dalle aspettative dei consumatori, dai cambiamenti normativi e da una crescente attenzione al benessere animale. Il sostegno della Commissione Europea all’iniziativa “End the Cage Age” riflette un cambiamento sociale più ampio, in cui ai produttori di uova viene sempre più richiesto di adottare sistemi di allevamento che permettano alle galline di esprimere comportamenti naturali.
Allevamento per il futuro: ISA, Warren e Bovans nella transizione europea verso i sistemi senza gabbie
In questo contesto in evoluzione, il ruolo della genetica avicola diventa più cruciale che mai. Hendrix Genetics ha da tempo adottato una filosofia di allevamento bilanciato, selezionando le galline non solo per la produttività, ma anche per l’adattabilità, le caratteristiche legate al benessere e la qualità delle uova. Questo approccio ha portato allo sviluppo di 3 razze di ovaiole rosse di spicco: ISA Brown, Warren e Bovans brown. Queste razze sono il risultato di decenni di affinamento genetico, progettate per soddisfare le esigenze dei produttori europei di uova che operano in sistemi aviari, a terra, all’aperto e biologici.
Allevamento bilanciato: una fondazione costruita nel tempo
L’allevamento bilanciato di Hendrix Genetics si basa su una profonda comprensione della genetica e delle dinamiche di mercato. È una strategia di selezione multi-
carattere che integra un’elevata produzione di uova e persistenza, eccellente resistenza del guscio e colore del guscio, comportamento docile, buona vitalità anche con becchi intatti e salute generale robusta con adattabilità a diversi ambienti di allevamento e climi. Questo approccio garantisce che le galline ovaiole di oggi siano non solo produttive, ma anche resilienti e adatte alle esigenze dei sistemi senza gabbie.
ISA Brown: una performer affermata con presenza globale
ISA Brown è stata una pietra miliare nella produzione commerciale di uova per oltre 50 anni. Originariamente
sviluppata per soddisfare le esigenze dei sistemi in gabbia ad alta efficienza, la razza si è evoluta insieme alle tendenze del settore e oggi eccelle in ambienti di allevamento alternativi. La sua reputazione si basa sulla produzione costante di un gran numero di uova di prima qualità, un picco produttivo elevato con grande persistenza, eccellente conversione alimentare, colore intenso del guscio marrone che dura nel tempo, e buona qualità interna dell’uovo. Inoltre, le galline ISA Brown mostrano adattabilità alle variazioni nella gestione e nelle condizioni climatiche. Le prove sul campo in tutta Europa hanno confermato la capacità di ISA Brown di mantenere standard di prestazione e benessere nei sistemi alternativi, senza osservare problemi di beccamento nei gruppi con becco intatto, rendendola una scelta affidabile per i produttori di uova in transizione.
Warren: una razza con radici profonde e forza moderna
La gallina Warren porta con sé un’eredità che risale al 1923, quando James J. Warren iniziò ad allevare Rhode Island Reds in Massachusetts. Il suo focus su robustezza, temperamento e produttività ha gettato le basi per una razza che continua a prosperare negli ambienti produttivi complessi di oggi.
Le galline Warren moderne sono il risultato di decenni di selezione genetica che combinano la robustezza tradizionale con genetica ibrida avanzata. Sono note per comportamento calmo e buona copertura del piumaggio, eccellente vitalità e persistenza nella deposizione, uova di
alta qualità con gusci forti e colore uniforme, e resilienza nei sistemi all’aperto e biologici. La natura rustica ma docile della Warren la rende particolarmente adatta ai sistemi in cui si evita la troncatura del becco e si incoraggiano i comportamenti naturali.
Bovans Brown: una ovaiola robusta per sistemi di allevamento diversificati
Bovans Brown è una gallina ovaiola marrone robusta con una solida base genetica, sviluppata nei Paesi Bassi per offrire prestazioni costanti in ambienti senza gabbie, aviari e all’aperto. Garantisce un’elevata produzione di uova su un lungo ciclo di deposizione, con eccellente resistenza del guscio, dimensione uniforme delle uova e conversione alimentare efficiente. Le galline Bovans Brown sono calme e resilienti, adattandosi bene ai sistemi in cui vengono mantenute con becchi intatti. Le prestazioni comprovate in diverse prove sul campo rendono Bovans Brown una scelta pratica e affidabile per i produttori di uova orientati a risultati robusti.
Gestione delle galline ovaiole nei sistemi senza gabbie
Gestire con successo le galline ISA Brown, Warren e Bovans Brown in ambienti senza gabbie richiede un approccio completo e proattivo che tenga conto della progettazione degli alloggi, della nutrizione, del comportamento del gruppo e della salute. Questi sistemi — che siano aviari, a terra, all’aperto o biologici — introducono una maggiore complessità, ma offrono anche opportunità per migliorare
il benessere degli animali e rispondere alle aspettative dei consumatori in evoluzione.
Mantenere una densità di popolazione adeguata è fondamentale per supportare i comportamenti naturali e ridurre problemi legati allo stress, come il beccamento delle piume e l’aggressività. I sistemi di alloggiamento dovrebbero rispettare o superare le raccomandazioni in termini di spazio disponibile, considerando sia l’area a terra che lo spazio verticale per la sosta e il riposo. Nei sistemi aviari a più livelli, è importante distribuire uniformemente le galline tra i vari livelli e garantire un facile accesso a mangiatoie, abbeveratoi e nidi, per ridurre la competizione e favorire la stabilità sociale del gruppo.
L’arricchimento ambientale è essenziale per le galline con becco intatto, poiché aiuta a reindirizzare il comportamento di beccamento e promuove la diversità comportamentale. Strategie efficaci includono la presenza di posatoi, aree per bagni di sabbia, blocchi da beccare e materiali per il foraggiamento. Questi elementi incoraggiano l’attività fisica e la stimolazione mentale, fondamentali per mantenere una buona copertura del piumaggio e ridurre il rischio di beccamenti dannosi.
I programmi di illuminazione dovrebbero imitare i cicli naturali della luce diurna, con transizioni graduali tra
luce e buio per supportare i ritmi circadiani e ridurre lo stress. Una ventilazione adeguata è altrettanto importante, soprattutto nei sistemi chiusi o a più livelli, dove calore e umidità possono accumularsi. Mantenere una temperatura e una qualità dell’aria ottimali aiuta a prevenire lo stress da calore e favorisce la salute respiratoria, entrambi essenziali per una produzione costante di uova e il benessere generale del gruppo.
L’alimentazione delle galline con becco intatto richiede attenzione alla struttura del mangime e alla sua accessibilità. Questi animali sono più selettivi e spesso preferiscono particelle più grandi. Il mangime dovrebbe avere una distribuzione uniforme delle dimensioni delle particelle, con pochi residui fini, per ridurre la selezione e garantire un’assunzione costante di nutrienti. In tutti i sistemi di allevamento, è necessario garantire spazio sufficiente alle mangiatoie per ridurre la competizione tra le galline. I fabbisogni energetici sono più elevati nei sistemi senza gabbie a causa dell’aumento dell’attività fisica e, nei sistemi all’aperto, dell’esposizione a temperature variabili. Sebbene i fabbisogni di amminoacidi rimangano sostanzialmente invariati — essendo legati alla massa dell’uovo piuttosto che all’attività — la densità energetica deve essere aumentata per soddisfare le
esigenze metaboliche più elevate. Questo può essere ottenuto modificando la formulazione del mangime, abbassando i livelli proteici quando l’assunzione di mangime aumenta, oppure aumentando l’energia quando si desidera mantenere costante l’assunzione, per garantire buone prestazioni nella deposizione. In generale, si preferisce un’assunzione di mangime più elevata (con adeguamento dei livelli proteici), poiché ciò porta a galline ovaiole più robuste.
L’inclusione di fibre grossolane e insolubili (come bucce d’avena, paglia o sottoprodotti del legno) svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute intestinale, nel miglioramento della copertura del piumaggio e nella riduzione del beccamento. La fibra aumenta la sazietà, portando a gruppi più calmi, e supporta la funzione del ventriglio e la digestione. I livelli raccomandati di fibra grezza variano dal 4,5% al 6%, con aggiustamenti in base al clima e alla fase produttiva. La fibra dovrebbe essere introdotta dopo il picco di deposizione per evitare interferenze con l’addestramento al nido, e può essere fornita tramite il mangime o come balle nell’area di razzolamento.
L’accesso continuo a un sistema di acqua pulita e fresca, evitando la fruizione di pozzanghere all’aperto, è essenziale. Gli abbeveratoi devono essere distribuiti uniformemente e mantenuti puliti per evitare contaminazioni e garantire un’assunzione adeguata. I sistemi di alimentazione e abbeveraggio utilizzati durante l’allevamento dovrebbero essere coerenti con quelli usati nella fase produttiva, per favorire una transizione fluida e ridurre lo stress. Il monitoraggio regolare dell’assunzione di mangime e acqua, insieme al controllo settimanale del peso corporeo fino a 30 settimane di età (e mensile successivamente), aiuta a garantire che le galline raggiungano gli obiettivi di crescita e produzione. Per le ovaiole rosse, si raccomanda una uniformità del gruppo di almeno l’85% al momento del trasferimento, per favorire un inizio sincronizzato della deposizione e prestazioni ottimali.
Un programma sanitario robusto è vitale nei sistemi senza gabbie, dove le galline sono più esposte a variabili ambientali e potenziali patogeni. Le ispezioni regolari del gruppo dovrebbero valutare comportamento, condizione del piumaggio, peso corporeo e produzione di uova. I programmi vaccinali, il controllo dei parassiti e la supervisione veterinaria devono essere adattati al sistema di allevamento specifico e alle pressioni sanitarie regionali. I protocolli di biosicurezza, che includono restrizioni ai visitatori, pratiche igieniche e controllo dei parassiti, devono essere rigorosamente applicati per prevenire l’introduzione e la diffusione di malattie.
Fornire aree di nidificazione adeguate e ben progettate è essenziale per ridurre le uova a terra e mantenere la qualità delle uova. I nidi devono essere confortevoli, appartati e dotati di materiale di nidificazione appropriato. Le strategie di illuminazione e arricchimento devono supportare il comportamento di ricerca del nido, e la fibra non dovrebbe essere distribuita sul pavimento prima che le galline siano completamente addestrate all’uso dei nidi.
Conclusione: genetica avicola affidabile per il successo nei sistemi senza gabbie
Con l’Europa che si allontana dalle gabbie, gli allevatori di uova hanno bisogno di galline ovaiole capaci di affrontare il cambiamento e garantire comunque risultati eccellenti. Hendrix Genetics ha dedicato decenni alla selezione di galline che fanno proprio questo. ISA, Warren e Bovans sono progettate per i sistemi senza gabbie di oggi: robuste, affidabili e altamente produttive.
In Hendrix Genetics si alleva non solo per il numero di uova, ma per l’equilibrio. Questo significa galline che non solo depongono in modo costante ed efficiente, ma che restano sane, si adattano bene a diversi ambienti e prosperano nei moderni sistemi senza gabbie. Con ISA, Warren e Bovans, i produttori di uova ottengono galline produttive, resilienti e perfettamente in linea con gli standard di benessere che stanno plasmando il futuro dell’industria italiana delle uova. Queste sono galline ovaiole progettate per dare il massimo, ogni giorno, in condizioni reali di allevamento.
“Siamo orgogliosi di supportare i produttori di uova con genetica avicola che funziona: oggi, domani e per le generazioni future.”
Articolo sponsorizzato Hendrix Genetics
Rappresentante per l’Italia: Dario Laugero, Responsabile tecnico e commerciale Italia M.: +39 393 33 58 371
Email: dario.laugero@hendrix-genetics.com
NUOVI MODELLI PREDITTIVI PER UN APPROCCIO
INTEGRATO ALLA LOTTA ALL’INFLUENZA
AVIARIA
È ormai noto quanto l’influenza aviaria sia diffusa e comporti perdite economiche e rischi per la salute animale e umana. Oggi per contrastarla servono strategie mirate di sorveglianza e intervento. Il team internazionale capitanato dal Professore Joacim Rocklöv (Università di Heidelberg) ha realizzato un modello predittivo basato sull’IA che sembra avere tutte le carte in regola per rivelarsi particolarmente utile.
Premessa
L’influenza aviaria è stata identificata per la prima volta nei primi anni del XX secolo come una patologia altamente letale per il pollame. La maggior parte causa un’infezione asintomatica o lieve negli uccelli, dove la gamma dei sintomi dipende dalle proprietà del virus. I virus che causano gravi malattie nel pollame e provocano alti tassi di mortalità sono chiamati influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI); i virus che causano malattie
ZOOTECNICA ◆ Ottobre 2025
lievi nel pollame sono chiamati influenza aviaria a bassa patogenicità (LPAI). Oltre ai danni al pollame si teme anche lo spillover, cioè il passaggio del virus dall’animale all’uomo e una potenziale nuova pandemia.
Lo studio
“Predictiveness and drivers of highly pathogenic avian influenza outbreaks in Europe” (“Capacità predittiva e fattori determinanti dei focolai di influenza aviaria
ad alta patogenicità in Europa”) è il titolo dello studio pubblicato a luglio 2025 sulla rivista Scientific Reports dal gruppo internazionale di ricercatori guidato da Joacim Rocklöv (Università di Heidelberg). M.R. Opata, A. Lavarello-Schettini, J.C. Semenza e J. Rocklöv descrivono un modello predittivo efficace, sviluppato grazie all’intelligenza artificiale, che consente di stimare con buona precisione i futuri picchi di influenza aviaria. Vediamo più in dettaglio di cosa si tratta. In passato sono già stati usati modelli predittivi per attivare un sistema di allerta precoce. L’uso di questi permette di attivare risposte in modo tempestivo, limitando così un impatto sulla salute pubblica ed economico sicuramente non di poco conto.
Ma se già in passato sono stati realizzati e usati modelli predittivi, qual è la novità dello studio della squadra del Professore Rocklöv? Si tratta del primo studio a condurre un’analisi predittiva completa ad alta risoluzione geospaziale in Europa. Usando dati provenienti da una varietà di fonti che descrivono lo sviluppo dell’influenza aviaria in Europa tra il 2006 e il 2021, sono stati creati modelli predittivi e interpretabili utilizzando l’apprendimento automatico (machine learning, ML). Ci si chiede in particolare se le variabili ecoclimatiche e socioeconomiche possano predire i focolai di influenza aviaria, come cambia l’importanza delle variabili dipendenti dal tempo con la stagione e le interazioni tra variabili, quali specie di uccelli selvatici sono le più predittive degli eventi di focolai nel pollame, e quale composizione di variabili fornisce le previsioni più accurate sui dati non utilizzati nell’addestramento del modello. Testando il
modello su anni passati, l’accuratezza della previsione è risultata dell’88%.
Fattori chiave dei focolai (e quindi dati essenziali per i modelli predittivi) si sono rivelati le variabili climatiche, ambientali e di vegetazione, seguite da variabili bioclimatiche, densità del pollame e infine condizioni socio-economiche più generali (commercio e densità della popolazione).
È emerso che la temperatura fredda in autunno è il predittore più rilevante, mentre la temperatura media in primavera gioca un ruolo critico. Queste variabili climatiche possono influenzare il comportamento degli uccelli e la sopravvivenza ambientale del virus, poiché temperature più fredde favoriscono la sopravvivenza virale. Per esempio, le basse temperature influenzano la disponibilità e qualità dell’habitat, concentrando gli uccelli selvatici e aumentando la probabilità di contatto tra individui suscettibili e infetti. Durante l’inverno, la scarsa disponibilità di acqua e vegetazione indica un basso rischio di focolai.
Anche la densità del pollame rappresenta una variabile predittiva fra le più influenti: valori alti, rappresentanti regioni con pollame denso, spingono il modello verso predizioni positive, mentre valori bassi spingono verso predizioni negative. E ancora temperatura, indice dell’acqua, indice di vegetazione, densità del pollame e Bio3 (proporzione tra la variazione media giornaliera della temperatura e l’escursione termica annuale) giocano un ruolo critico nei focolai di influenza aviaria secondo il modello dello studio. La relazione varia durante le stagioni, ma è dominante nel primo e terzo trimestre per le variabili più importanti.
In generale, dallo studio risulta che il clima è il principale fattore influente sui focolai di aviaria, seguito da variabili ambientali e bioclimatiche.
Inoltre, è stata osservata una forte correlazione tra focolai e presenza di alcuni uccelli. Come si può vedere dalla Figura 1, tra questi il cigno reale (Cygnus olor) ha l’impatto maggiore, contribuendo di più alla previsione positiva dei focolai in una parte dei dati. Al secondo e terzo posto si collocano, rispettivamente, gli Accipitriformi, gli uccelli non identificati della famiglia Anatidae (ordine Anseriformes) e i gabbiani (famiglia Laridae, ordine Charadriiformes), secondo i valori SHAP (SHapley Additive exPlanations, sono indicatori quantitativi che misurano il contributo di ciascuna variabile alla previsione di un modello di machine learning, mostrando se e quanto quella variabile aumenta o diminuisce la probabilità dell’evento predetto). L’inclusione delle specie di uccelli selvatici ha migliorato significativamente le prestazioni predittive del modello, sottolineando il loro ruolo cruciale nella diffusione dei virus dell’influenza aviaria.
L’importanza dello studio
La rilevazione di focolai di influenza aviaria può innescare una serie di misure di contenimento, tra cui il rafforzamento della biosicurezza negli allevamenti avicoli, il divieto di movimentazione, la vaccinazione e l’abbattimento dell’intero allevamento e di altri nelle vicinanze della fattoria colpita, al fine di prevenire un’ulteriore diffusione del virus. L’attuazione di tali misure dipende spesso dal momento dell’allerta che, a sua volta, dipende dalla sensibilità del sistema di sorveglianza. Lo studio del professor Rocklöv e la sua squadra può contribuire a indirizzare la sorveglianza sentinella per migliorare la quantità di casi identificati e sviluppare sistemi di allerta precoce per i focolai di influenza aviaria. Tali mappe potrebbero quindi informare la pianificazione mirata della biosicurezza e delle misure di emergenza, come la vaccinazione ad anello o la vaccinazione preventiva per il pollame nelle zone ad alto rischio. Inoltre, possono essere implementati interventi informati dal clima, come restrizioni di movimento o campagne di sensibilizzazione durante il terzo trimestre. Per esempio, le infrastrutture agricole possono essere adattate in linea con le tendenze climatiche stagionali per ridurre la suscettibilità al virus e lo stress degli uccelli, fattori noti per giocare un ruolo importante nella diffusione dell’influenza aviaria.
I risultati dello studio mettono in evidenza l’importanza dell’inclusione delle specie di uccelli selvatici nei modelli predittivi. Ciò sottolinea la necessità di una sorveglianza più robusta e sistematica delle popolazioni di uccelli selvatici per migliorare la capacità di predire e mitigare i focolai di aviaria.
Le prospettive future
Le prospettive future includono l’affinamento del modello incorporando dati a risoluzione più elevata, espandendo la portata geografica e includendo ulteriori variabili che potrebbero influenzare le dinamiche dei virus dell’influenza aviaria, come le rotte migratorie degli uccelli e i cambiamenti nell’uso del suolo. La collaborazione tra discipline e regioni sarà essenziale per migliorare la predittività e l’applicabilità del modello.
Riferimenti bibliografici
Opata, M.R., Lavarello-Schettini, A., Semenza, J.C. et al. Predictiveness and drivers of highly pathogenic avian influenza outbreaks in Europe. Sci Rep 15, 20286 (2025). https://doi.org/10.1038/s41598-025-04624-x
▲ Figura 1 - Uccelli selvatici classificati in base al punteggio SHAP
Fonte: Opata, M.R., Lavarello-Schettini, A., Semenza, J.C. et al. Predictiveness and drivers of highly pathogenic avian influenza outbreaks in Europe. Sci Rep 15, 20286 (2025). https://doi.org/10.1038/s41598-025-04624-x CC BY 4.0
VALIDAZIONE DI UN SAGGIO DI RT-PCR SPECIFICO PER IL
GENOTIPO GVIII DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA
E PRIMA IDENTIFICAZIONE DI CEPPI IB80-LIKE (LINEAGE GVIII-2) IN ITALIA
La bronchite infettiva (BI) è una patologia virale che può manifestarsi con forme respiratorie, renali o riproduttive in polli di tutte le età e categorie produttive, causando danni ingenti alla produzione avicola. Il suo agente eziologico, noto come virus della bronchite infettiva (IBV), è endemico a tutte le latitudini, obbligando a un ricorso pressoché routinario alla vaccinazione per garantire un’adeguata protezione. Essa è principalmente basata sull’utilizzo di vaccini vivi attenuati e secondariamente sulla somministrazione di vaccini inattivati per il boosting immunitario di ovaiole e riproduttori.
➤ M. Legnardi1, F. Poletto1, G. Franzo1, V. Harper2, L. Bianco2, C. Andolfatto1, A. Blanco3, M. Biarnés3, L. Ramon3, M. Cecchinato1, C.M. Tucciarone1
1 Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute, Università di Padova, Viale dell’Università 16, Legnaro 35020, Italia.
2 Veterinario, settore avicolo.
3 CESAC-Centre de Sanitat Avícola de Catalunya i Aragó, Reus, Spagna.
Trattandosi di un virus a RNA appartenente alla famiglia dei coronavirus, IBV è contraddistinto da un alto tasso di mutazione, che, unito a un’elevata propensione alla ricombinazione, causa il continuo emergere di nuove varianti genetiche, caratterizzate da differenze anche significative in termini di manifestazione clinica, capacità di indurre protezione reciproca e distribuzione geografica. Questa variabilità ha profonde implicazioni pratiche sia in termini di controllo, richiedendo spesso la somministrazione di più vaccini basati su ceppi diversi, sia in termini di diagnosi, la quale deve essere intrapresa con test in grado di rilevare le varianti di interesse e che richiede un aggiornamento costante.
La classificazione genetica di IBV attualmente in uso si basa sul sequenziamento del gene codificante per la
subunità S1 della proteina Spike, posta sulla superficie dei Coronavirus e che per questo svolge un ruolo essenziale nell’evocare la risposta immunitaria e nel determinare quali specie e tessuti saranno suscettibili all’infezione. Ad oggi, sono noti otto diversi genotipi di IBV (GI-GVIII), i quali possono essere ulteriormente suddivisi in più di trenta lineage (GI-1, GI-2, G2-1, ecc.).
Una delle novità epidemiologiche più rilevanti degli ultimi anni è la descrizione del ceppo denominato IB80, principale esponente del lineage GVIII-2. A partire dal 2015, la presenza di IB80 è stata documentata in numerosi paesi europei (Polonia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Ucraina, Lituania, Bielorussia, Russia) oltre che in Kazakistan, Giordania, Arabia Saudita e Filippine. Tali ritrovamenti sono avvenuti principalmente in galline ovaiole e riproduttori, con una possibile associazione a cali dell’ovodeposizione sia in termini qualitativi che quantitativi. Ciononostante, l’effettivo impatto clinico di IB80 risulta tuttora poco chiaro, in quanto nel corso dell’unico test di patogenicità svolto sinora con un isolato appartenente al lineage GVIII-2 non sono stati osservati sintomi né respiratori né riproduttivi.
A causa dell’elevata diversità genetica rispetto al resto dei ceppi di IBV circolanti, molte delle metodiche di biologia molecolare comunemente utilizzate per la diagnosi di IBV non consentono la rilevazione di IB80. Ciò ha complicato l’esecuzione di approfondimenti epidemiologici, impedendo l’accertamento della presenza (o assenza) di IB80 in molti paesi, inclusa l’Italia.
La ricerca di IB80 sul territorio italiano ha quindi richiesto dapprima la validazione e l’implementazione di una metodica di biologia molecolare specifica per questo ceppo. Tramite analisi bioinformatiche condotte sulle sequenze del gene S1 di ceppi GVIII disponibili in database pubblici, sono state messe a punto diverse soluzioni diagnostiche basate sulla reazione a catena
della polimerasi con trascrittasi inversa (RT-PCR), che consente la rilevazione del materiale genetico a cui può seguire il suo sequenziamento. Si è quindi proceduto con l’individuazione della metodica più performante attraverso la conduzione di prove svolte con l’utilizzo di un plasmide, una piccola molecola di DNA circolare, nel quale è stata inserita la sequenza del gene S1 del ceppo IB80. Tali prove hanno poi consentito di affinare la metodica per ottimizzarne le prestazioni in termini di specificità, sensibilità e ripetibilità. Il test risultante si è dimostrato essere in grado di rilevare i ceppi appartenenti a GVIII fino a una concentrazione minima di 10 copie/ µL, evitando al contempo possibili false positività date dalla presenza nel campione di ceppi appartenenti ad altri genotipi di IBV di comune ritrovamento o di altri patogeni respiratori, come il virus della malattia di Newcastle (NDV), il metapneumovirus aviare (aMPV) e il virus della laringotracheite infettiva (ILTV).
Successivamente alla validazione, il test specifico per GVIII è stato utilizzato nell’ambito delle attività di ricerca svolte presso il Laboratorio di Microbiologia e Malattie Infettive del Dipartimento MAPS dell’Università di Padova come parte di un pannello di metodiche per la ricerca di IBV selezionate sulla base del contesto epidemiologico e delle vaccinazioni adottate. Alla luce della maggior frequenza di ritrovamento di IB80 in tipologie produttive a lunga vita, la metodica validata è stata utilizzata per analizzare i campioni ricevuti da allevamenti di ovaiole e riproduttori, che consistevano in tamponi prelevati a livello tracheale o cloacale.
In caso di risultato positivo, i campioni sono stati sottoposti a sequenziamento della porzione del genoma amplificata, la quale ha poi permesso la caratterizzazione del virus tramite analisi filogenetiche. Oltre alla metodica GVIII-specifica sono state condotte ulteriori analisi con una metodica di RT-PCR
▲ Figura 1 - Risultati delle analisi eseguite utilizzando il saggio GVIII-specifico. A ogni allevamento è stata assegnata una lettera identificativa, a cui segue un numero progressivo nel caso di campionamenti multipli in momenti diversi.
■ Tabella 1 - Dati relativi ai campioni risultati positivi alla ricerca di ceppi GVIII
Campione Allevamento Matrice Provincia Età (sett.) Anamnesi
Risultato RTPCR generica
J205 B Tamponi cloacali Mantova 37 Sintomi respiratori Negativo
J252 C Tamponi tracheali Verona 21 / Negativo
J333 E Tamponi tracheali Bologna 50 / Negativo
J335 E Tamponi tracheali Bologna 29 / GI-13 (793/B)
J863 W Tamponi tracheali Pordenone 30 / GI-19 (QX)
generica, che consentiva la rilevazione delle varianti di IBV di comune ritrovamento e ha quindi permesso l’individuazione di eventuali coinfezioni.
Tra l’aprile e il giugno 2024, sono stati analizzati campioni prelevati da 84 capannoni appartenenti a 24 diversi allevamenti. In totale, la metodica ha evidenziato positività in 11 capannoni (13%) di 5 allevamenti diversi (20%) (Figura 1).
Gli allevamenti di ovaiole positivi erano localizzati in Veneto, Lombardia, Friuli Venezia-Giulia ed EmiliaRomagna, mentre nessuna positività è stata rilevata in Lazio e Piemonte. Utilizzando la metodica di RT-PCR generica sono state invece accertate 18 positività (21,4%) in 12 allevamenti (50%) a ceppi appartenenti al lineage GI-13 (793/B) e di origine vaccinale, oltre a 7 positività (8,3%) in 3 allevamenti (12,5%) a virus di campo appartenenti al lineage GI-19 (QX). Sono state rilevate 5 coinfezioni, 2 tra ceppi GVIII e 793/B e 3 tra ceppi GVIII e QX (Tabella 1).
Le positività alla metodica GVIII-specifica sono risultate ascrivibili a ceppi con un’identità genetica reciproca
compresa tra il 96,8% e il 99,7% a livello di gene S1. La comparazione con le altre sequenze di ceppi GVIII (Figura 2) ha permesso di determinare l’appartenenza delle sequenze italiane al lineage GVIII-2 e, in particolare, a una clade che comprendeva anche un ceppo identificato in Giordania nel 2021. L’identità genetica con il ceppo IB80, appartenente a una clade contenente solo sequenze tedesche, era invece compresa tra il 96,8% e il 97,7%.
I risultati ottenuti hanno quindi permesso di confermare la presenza di ceppi GVIII-2 in Italia. Nonostante si tratti della prima segnalazione in tal senso, tale novità epidemiologica è probabilmente da ascrivere al mancato (o limitato) utilizzo di metodiche in grado di rilevarli piuttosto che a una loro recente introduzione nel nostro territorio. La circolazione di tale lineage è apparsa significativa, interessando circa il 20% degli allevamenti campionati. In alcuni di essi le positività sono inoltre avvenute in gruppi e momenti di campionamento differenti, dimostrando la possibilità di una prolungata circolazione interna. I virus identificati hanno mostrato un’elevata identità genetica, venendo raggruppati separatamente da ceppi dello stesso lineage ritrovati in altre parti d’Europa.
▲ Figura 2 - Albero filogenetico illustrante le relazioni filogenetiche tra i ceppi sequenziati nel presente studio (contrassegnati dal simbolo ●) e le sequenze appartenenti al genotipo GVIII reperibili in GenBank
Curiosamente, la sequenza genetica più vicina è risultata provenire dalla Giordania, sebbene il basso numero di sequenze disponibili pubblicamente limiti le conclusioni epidemiologiche che si possono trarre dalla filogenesi. Confermando quanto già segnalato nella letteratura attualmente disponibile, i ritrovamenti di GVIII-2 sono avvenuti in gruppi di ovaiole, ma la possibilità che questi ceppi circolino anche in altri comparti produttivi risulta tuttora da indagare. Ulteriori interrogativi riguardano l’effettiva rilevanza clinica di tali infezioni, in quanto l’anamnesi relativa ai gruppi positivi è risultata spesso incospicua e comunque non univoca, con un solo gruppo interessato da problemi respiratori e altri due (appartenenti però allo stesso allevamento) da cali dell’ovodeposizione. Conseguentemente, non è stato possibile confermare l’effettivo impatto dei ceppi identificati, la cui definizione richiederà studi dedicati.
La segnalazione della presenza di ceppi GVIII-2 in Italia risulta di grande importanza pratica, in quanto evidenzia la necessità di aggiornare gli approcci diagnostici attualmente utilizzati nei confronti di IBV a livello nazionale. Solo col ricorso a metodiche specifiche risulterà infatti possibile confermare la presenza (così come l’assenza) di tale lineage nell’ambito della diagnostica routinaria. A fronte delle limitate soluzioni diagnostiche a oggi disponibili, la validazione di una metodica di RT-PCR di facile applicabilità va quindi considerata un risultato egualmente rilevante rispetto alla produzione di dati epidemiologici, offrendo un’utile risorsa per la ricerca dell’intero genotipo GVIII ed essendo quindi potenzialmente utilizzabile anche in contesti epidemiologici differenti da quello italiano. Il presente studio va tuttavia considerato solo il primo passo di una ricerca più ampia volta a chiarire i molti interrogativi che tuttora permangono su questo lineage emergente, a partire dal suo effettivo impatto clinico ed economico e dalla possibile circolazione in categorie produttive diverse dalle ovaiole.
Per tutti gli atti del convegno consultare www.patologiaviare.org/eventi/atti-dei-convegni/
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L’INDUSTRIA DELLE UOVA IN DANIMARCA
ANALISI DI UNA STRUTTURA INSOLITA
Con soltanto 4,7 milioni di galline ovaiole, che corrispondono a circa l’1,2% del patrimonio avicolo dell’UE, la Danimarca è uno dei Paesi più piccoli nella produzione di uova. Non stupisce, quindi, che vi siano soltanto poche pubblicazioni scientifiche sullo sviluppo e sulla struttura dell’allevamento delle galline ovaiole e della produzione di uova in questo Paese dell’Europa settentrionale. È sorprendente, tuttavia, che la particolare struttura della produzione e della commercializzazione delle uova non abbia ricevuto maggiore attenzione, poiché è insolita rispetto agli Stati membri dell’UE con una produzione di uova molto più ampia. Questa struttura sarà analizzata e documentata più dettagliatamente nel presente articolo1 .
➤ Hans-Wilhelm Windhorst Professore Emerito all’Università di Vechta, Germania
Una dinamica notevole
Guardando allo sviluppo a lungo termine dell’industria danese delle uova, vi sono due anni in particolare nei quali furono prese decisioni di grande portata. Il primo fu il 1895, quando fu fondata la cooperativa Dansk Angels Ægexport, dalla quale nel corso degli anni si sviluppò Danæg; il secondo fu il 1980, quando la Hedegaard A/S acquistò la società Farm-Æg. Negli anni successivi, acquisizioni in Danimarca, Svezia, Finlandia ed Estonia trasformarono l’azienda in DAVA Foods. Queste due imprese non sono soltanto i maggiori produttori e commercianti di uova in Danimarca, ma determinano in larga misura anche il mercato delle uova in Scandinavia.
Tra il 2014 e il 2024, il numero di allevamenti con galline ovaiole è passato da 2.722 a 1.471, con una diminuzione del 46,0%. Tuttavia, nel 2024 risultavano registrati solo 132 allevamenti commerciali di uova. Nello stesso decennio, il numero di posti per galline è aumentato da 4,27 milioni a 5,61 milioni, con un incremento del 31,2%. La Figura 1
▲ Figura 1 – L’evoluzione degli allevamenti di ovaiole e dei posti per galline in Danimarca tra il 2014 e il 2024 (fonte: A. S. Kauer, basatA sui dati di Statistics Denmark)
1 L’articolo si basa su un viaggio di studio in Danimarca e Svezia nel giugno 2025. L’autore desidera ringraziare Jörgen Nyberg Larsen (Danske Æg) per le preziose informazioni sullo sviluppo dell’industria delle uova in Danimarca e nel Nord Europa.
■ Tabella 1 – Allevamenti di ovaiole e posti per galline per categoria di dimensione in Danimarca nel 2024; dati in % (fonte: Statistics Denmark)
Categoria di dimensione Allevamenti
mostra che la situazione relativa ai posti per galline è stata molto stabile dal 2018, mentre il numero di allevamenti è aumentato leggermente tra il 2020 e il 2022. Ciò è dovuto principalmente all’espansione dei pollai con 1.000 o più posti, mentre il numero dei piccoli allevamenti (fino a 50 posti) è diminuito significativamente. Un confronto tra le quote di allevamenti e di posti per galline suddivisi per categoria di dimensione mostra l’elevato grado di concentrazione del settore (Tabella 1). L’offerta di mercato oltre l’area locale è quasi esclusivamente fornita da allevamenti con più di 10.000 posti per galline.
Gli allevatori danesi di galline ovaiole, come i loro omologhi svedesi, hanno abbandonato i sistemi a gabbia convenzionali molto prima rispetto ad altri Paesi membri dell’UE, passando a sistemi a terra e all’aperto. La Danimarca è stata uno dei pochi Paesi ad aver completamente convertito le gabbie convenzionali in gabbie arricchite già nel 2012. La Figura 2 documenta il cambiamento avvenuto nell’ultimo decennio.
Se nel 2014 il 34% delle uova era ancora prodotto in gabbie arricchite, questa quota è scesa al 12% nel 2020 e solo all’8% nel 2024. Nello stesso decennio, i sistemi a terra sono aumentati dal 13% al 35% e poi al 40%. La quota della produzione di uova biologiche è cresciuta fino al 2022, per poi diminuire leggermente, poiché le uova da allevamento a terra erano più economiche per i consumatori rispetto a quelle biologiche. Le uova da galline allevate all’aperto hanno contribuito per il 6% dal 2018. Non si prevede un aumento significativo della produzione di uova biologiche e da allevamento all’aperto nei prossimi anni, a causa del rischio di focolai di influenza aviaria. Il gran numero di uccelli selvatici (oche, anatre) che soggiornano nel sud della Svezia e della Danimarca durante i mesi invernali fino alla primavera scoraggia gli allevatori dall’investire in questo tipo di allevamento. Tuttavia, la produzione nei sistemi a terra continuerà a crescere costantemente: tra gennaio 2024 e gennaio 2025 la produzione è aumentata
▲ Figura 2 – L’evoluzione del contributo dei sistemi di allevamento per galline ovaiole in Danimarca tra il 2014 e il 2024 (grafica: A. S. Kauer, basata sui dati di Danske Æg)
2 In Danimarca, tutti gli allevamenti e le abitazioni con galline ovaiole sono registrati e a ciascuno viene assegnato un numero (CHR). Inoltre, i singoli pollai vengono considerati un’unità epidemiologica in relazione al numero massimo consentito di posti per galline.
del 7,7%. Ciò è stata una risposta al calo della produzione nei Paesi Bassi e in Belgio e all’elevata domanda in Germania. Le due grandi aziende, Danæg e DAVA, stanno seguendo strategie consequenziali, come sarà illustrato nel paragrafo seguente.
Danæg – una cooperativa di successo oltre i confini
Per comprendere la lunga storia di successo di Danæg, è necessario dare un breve sguardo alle sue origini3. Verso la fine del XIX secolo, l’Inghilterra rappresentava una destinazione importante per le esportazioni agricole danesi. I principali prodotti esportati erano burro e uova, sebbene le uova fossero di gran lunga meno importanti. A partire dal 1880, le lamentele degli importatori inglesi riguardo alla scarsa qualità delle uova aumentarono, arrivando persino a minacciare di interrompere completamente gli acquisti se la qualità non fosse migliorata in modo significativo. La cattiva qualità delle uova era una conseguenza della strategia degli agricoltori esportatori. Spesso trattenevano le uova per lunghi periodi, in attesa di picchi di prezzo. Poiché il tasso di deposizione delle galline diminuiva nei mesi invernali, gli agricoltori conservavano le uova in fosse contenenti acqua calcarea. Quando i prezzi erano alti, le uova venivano quindi estratte e commercializzate. Queste uova erano spesso deteriorate o di qualità molto scadente. Per non perdere il mercato inglese, i principali agricoltori esportatori fondarono nel 1895 la cooperativa Dansk Andels Ægexport. Gli agricoltori membri si impegnarono a esportare solo uova di alta qualità, a mantenere puliti i pollai e a raccogliere le uova deposte ogni giorno. Inoltre, tutte le uova venivano timbrate in modo da poter essere rintracciate fino a un produttore specifico. Grazie a queste misure, le esportazioni verso l’Inghilterra aumentarono e crebbero anche le vendite interne.
Dall’inizio del XXI secolo, Danæg ha esteso le proprie attività in Svezia e Finlandia. Nel 2004 Danæg si è fusa con la società azionaria svedese Kronägg, nel 2009 ha acquisito Källbergs Industri AB e nel 2023 si è aggiunta Torggummans Ägg. La fusione con le società svedesi ha elevato il gruppo a livello internazionale e, dopo approfondite razionalizzazioni, automazioni e miglioramenti dell’efficienza a tutti i livelli, Danæg Holding è diventata il principale operatore di mercato del Nord Europa. Nel 2021, il Gruppo Danæg ha acquisito
il restante 76% della finlandese Munax Oy di Laitila –società di cui possedeva il 24% dal 2015. Munax Oy è stata fondata nel 2003 e si è successivamente sviluppata a una velocità impressionante, diventando oggi leader di mercato in Finlandia sia nel settore retail sia in quello foodservice. Con l’acquisizione di Munax Oy, il Gruppo Danæg si trova in una posizione solida per sviluppare prodotti innovativi e rafforzare le esportazioni al di fuori del mercato domestico del gruppo. Danæg produce notevoli quantità di uova in Finlandia (informazione personale di Jørgen Nyberg Larsen).
Nel 2013, Danæg decise di vendere parte della società alla cooperativa danese DLG (Dansk Landbrugs Grovvareselskab). Oggi Danæg Holding A/S è posseduta in parti uguali da DANÆG AMBA (produttori di uova danesi e svedesi) e da DLG4. La holding ha sede a Christiansfeld, nello Jutland.
In Danimarca, solo 39 allevamenti e 29 agricoltori producono uova per Danæg. Sono principalmente situati nello Jutland, ma alcuni anche a Sealand, Fionia e Lolland. Complessivamente dispongono di 1,9 milioni di posti per galline ovaiole. Le galline ovaiole sono allevate in quattro diversi sistemi di allevamento, con predominanza dei sistemi a terra, che rappresentano il 58,5%, seguiti dall’allevamento biologico con il 20,0%. Entrambi i sistemi sono utilizzati da 12 allevatori ciascuno. Solo due allevamenti utilizzano ancora gabbie arricchite, che rappresentano il 13,8% dei posti per galline. I sistemi all’aperto, presenti in tre allevamenti per una quota del 7,6%, hanno un’importanza minore per i motivi già indicati.
■ Tabella 2 - Stabilimenti Danæg
Sede Paese
Stabilimenti di confezionamento uova
Christiansfeld Danimarca
Pastorp Svezia
Torggumman Svezia
Laitila Finlandia
Stabilimenti di trasformazione uova
Roskilde Danimarca
Töreboda Svezia
Laitila Finlandia
3 https://www.danaeg.dk
4 Danish Agro è un’azienda danese di commercio che vende prodotti agricoli e nutrizionali, con sede a Karise. L’azienda, di proprietà di 8.100 agricoltori, ha realizzato un fatturato annuo di 6,9 miliardi di euro nel 2023 e impiegava circa 5.500 persone. https://danishagro.dk/om-danish-agro/danish-agro-koncernen
Oltre alla produzione e distribuzione di uova da guscio, l’azienda trasforma le uova in vari prodotti derivati (Tabella 2).
DAVA Foods – crescita attraverso acquisizioni
DAVA Foods è la più giovane delle due aziende leader. Ha la forma giuridica di società per azioni ed è diventata la più grande azienda di commercializzazione di uova da guscio nel Nord Europa, principalmente attraverso fusioni e acquisizioni. La sua storia inizia nel 1980 con l’acquisto di Farm-Æg da parte di Hedegaard A/S. Negli anni successivi sono state acquisite altre aziende più piccole e sono stati costruiti stabilimenti di confezionamento e di lavorazione delle uova, ad esempio uno stabilimento di confezionamento e un impianto di lavorazione in linea delle uova a Hadsund nel 1995. Nel 2008, Danish Agro ha acquistato Hedegaard A/S e nel 2013 è stata acquisita
completamente Svenska Landägg, dopo che nel 2011 era già stata comprata una quota del 70%. Nel 2014 DAVA Foods ha comprato il 50% delle azioni del più grande distributore di uova della Finlandia (Munakunta), così come uno stabilimento di confezionamento in Estonia. L’azienda ha assunto il nome di DAVA Foods A/S nel 2015. La holding, interamente di proprietà di Danish Agro dal 2023, ha sede a Hadsund, nello Jutland. Gli stabilimenti di confezionamento e lavorazione delle uova al di fuori della Danimarca sono gestiti come società indipendenti (DAVA Foods Sverige AB, DAVA Foods Finland OY, DAVA Foods Property Norway AS e DAVA Foods Estonia AS). Degno di nota è l’impegno dell’azienda nella produzione e vendita di prodotti a base vegetale (semi, legumi, oli) e di sostituti vegetali della carne (No Series)5 Nel 2025, DAVA Foods gestiva un totale di sei stabilimenti di confezionamento, tre impianti di lavorazione delle uova e un impianto per la cottura delle uova. Ogni anno vengono prodotte, lavorate e commercializzate circa 2 miliardi di uova.
Capannoni e agricoltura biologica –aspetti centrali nella produzione di uova
In Danimarca, 43 aziende agricole in appalto, di proprietà di 33 agricoltori, producono uova per l’azienda. Insieme dispongono di circa 2,3 milioni di posti per galline. Con una quota del 63,2%, i sistemi a terra dominano la produzione totale di uova, seguiti dal 23,0% in agricoltura biologica. L’allevamento all’aperto e l’allevamento in gabbie arricchite hanno un’importanza minore.
Sebbene le proporzioni dei tipi di allevamento siano molto simili a quelle di Danæg, i gruppi medi di DAVA sono più grandi. Non è raro che grandi allevatori biologici tengano più gruppi nello stesso capannone, separati da recinzioni sia all’interno del capannone sia nelle aree esterne.
La stessa DAVA Foods detiene circa 125.000 galline in gabbie arricchite e ha richiesto l’autorizzazione alla costruzione di cinque capannoni da 70.000 posti ciascuno, ognuno vicino al proprio stabilimento di confezionamento a Skara.
Sintesi e prospettive
In Danimarca, le due più grandi aziende nella produzione, lavorazione e commercializzazione di uova e prodotti a
base di uova detengono una quota di mercato del 90%. Si differenziano per forma giuridica e anzianità. Mentre Danæg è stata fondata come cooperativa alla fine del XIX secolo, la società per azioni DAVA Foods è stata istituita solo nel 1980. Entrambe le aziende operano in diversi Paesi del Nord Europa e dominano il mercato delle uova da consumo e dei prodotti a base di uova. Danæg è specializzata esclusivamente nella produzione e vendita di uova e derivati, invece DAVA Foods ha aggiunto al proprio portafoglio anche la produzione e vendita di prodotti vegetali e sostituti della carne. Attualmente, la loro quota sul fatturato complessivo è ancora molto bassa e potrebbe non superare il 3%, ma l’azienda prevede una crescita significativa in futuro.
La produzione di uova e carne di pollo in Danimarca è attualmente caratterizzata da una dinamica notevole. Sono in costruzione numerosi nuovi capannoni per galline ovaiole e allevamenti di polli da carne. L’espansione della produzione è rivolta sia al mercato interno in crescita sia alle esportazioni verso altri Paesi membri dell’UE. Mentre in passato le uova per entrambe le aziende erano quasi completamente prodotte da aziende in appalto, una nuova tendenza è la produzione in capannoni di proprietà aziendale, come avviene per Danæg in Finlandia e per DAVA Foods in Svezia.
Fonti
Danske Æg, https://www.danskeæg.dk Statistics Denmark, https://www.dst.dk
Sede di Danæg Holding A/S, Christiansfeld
DOSSIER MICOTOSSINE PARTE SECONDA
L’evoluzione delle micotossine. Una multi-contaminazione
Attualmente stiamo osservando un aumento della prevalenza a livello globale di micotossine con un’alta variabilità nella frequenza e nei livelli di contaminazione a seconda della materia prima considerata, della stagione e della regione geografica.
Per questo motivo possiamo presumere che le condizioni ambientali abbiano un ruolo chiave nella struttura molecolare delle micotossine e nel livello di contaminazione prima (in campo) e dopo il raccolto (nello stoccaggio).
Con queste condizioni ambientali, fattori come il livello di umidità (attività dell’acqua) dei cereali e del mangime, le temperature ambientali (esiste un ampio range di temperature in cui le micotossine possono crescere), la disponibilità di CO2, il pH e la presenza di spore fungine potrebbero avere un impatto sul loro sviluppo.
Ovviamente, il cambiamento climatico sta influenzando tutte queste condizioni ambientali in modo da rendere imprevedibile la contaminazione delle materie prime incluse nelle diete degli avicoli, perciò anche i loro effetti tossici non possono essere previsti soltanto sommando le tossicità individuali.
Assieme alla variabilità, il mangime generalmente contiene diverse micotossine: in uno studio condotto dal 2008 al 2017 l’88% dei campioni di materie prime e di mangime risultava contaminato e il 64% di questi campioni era contaminato con almeno due micotossine, tra cui DON, FUM e ZEN le più prevalenti (GruberDorninger, 2019), mentre in un altro studio eseguito da Mucio (2017) che includeva 8452 campioni di mangime da 63 Paesi, il deossinivalenolo (DON) era presente nell’81% dei campioni, le fumonisine (FUM) nel 71%, il 52% dei campioni conteneva zearalenone (ZEN), il 26% aflatossine (AFLA), il 19% la tossina T2, il 18% l’ocratossina (OT) e il 76% dei campioni conteneva più di una di esse.
La tossicità delle micotossine
La manifestazione di tossicosi acute o croniche dipende dalla dose, dalla durata dell’esposizione e dal metabolismo Oggigiorno i livelli di micotossine rinvenuti nel mangime non sono abbastanza elevati da provocare episodi di patologia acuti, invece bassi livelli possono causare perdite economiche attraverso modifiche a livello subclinico nella crescita, produzione e immunosoppressione (Hamilton, 1982, Grenier and Oswald, 2011, Hoerr, 1991 ).
Il mangime presenta frequentemente dei livelli bassi di contaminazioni multiple che, se prolungate nel tempo, causano micotossicosi croniche che portano a continui stress nelle pollastre e nelle galline ovaiole (i.e., immunosoppressione).
Combinazione di micotossine Mangime Mais Grano
Gruber-Dorninger et al., 2019.
Effetti visivi possono includere una riduzione del consumo di mangime, un rifiuto dello stesso, scarso indice di conversione, riduzione dell’incremento di peso corporeo, ridotta schiudibilità e qualità delle uova, tutte cause di perdite economiche. È altrettanto importante tenere a mente che quando si verificano queste contaminazioni multiple, avvengono diverse interazioni tra le micotossine coinvolte e i loro effetti tossici possono risultare additivi, sinergici o antagonisti, ma ancora poco conosciuti.
Mohaghegh, A. et al. (2016) hanno riportato una riduzione nei consumi di mangime e nell’efficienza alimentare così come dei titoli anticorpali per la malattia di Newcastle e la bursite infettiva nei broiler alimentati con diete contenenti fino a 0.4 mg/kg AFB1, 0.2 mg/kg OTA and 0.3 mg/kg DON.
Micotossine dal campo e dallo stoccaggio
Le aziende che vendono pollastre e quelle che producono uova dovrebbero dare per scontato che il rischio zero non esiste e lavorare considerando che non esiste un mangime privo di micotossine. Perciò il controllo della contaminazione rappresenta l’approccio più efficace per limitare la contaminazione da micotossine nelle diete degli avicoli.
I controlli iniziano dal raccolto. Quando possibile, è consigliabile il monitoraggio dello stesso durante la mietitura e lo stoccaggio delle materie prime in condizioni di bassa temperatura e umidità, per prevenire la produzione delle micotossine o, almeno, per mantenerle al di sotto di certi limiti.
In ogni caso le strategie pre-raccolta non sono completamente efficaci e le contaminazioni fungine delle materie prime potrebbero portare a un accumulo di micotossine durante lo stoccaggio ( Loi et al., 2017 ). Quindi, durante lo stoccaggio, il mantenimento e la pulizia dei magazzini/ sacconi e la riduzione del grado di umidità dei cereali (max 10-13%) e dei semi oleosi (max 7-8%) potrebbero aiutare nel controllo della proliferazione delle micotossine ( Hell et al., 2008 ), anche se potrebbe risultare difficile specialmente in quei Paesi a clima temperato-caldo e/o umido.
Micotossina
Aflatossina
Ocratossina
Tricoteceni
Fumonisine
Zearalenone
Citrinina
Moniliformina
Alcaloidi dell’ergot
Alternaria
Acido ciclopiazonico
Sterigmatocystina
Tabella 2. Effetti delle micotossine.
Inoltre, esiste un’ampia gamma di additivi conosciuti per prevenire sia la crescita di funghi micotossigeni sia la formazione di micotossine (i.e.: acidi organici).
L’implementazione di buone pratiche agricole (rotazione dei raccolti, controllo degli infestanti, fungicidi, ecc.) può contribuire a ridurre la contaminazione dei raccolti in campo e anche dopo la mietitura.
Inoltre, è consigliabile una stretta comunicazione/collaborazione con i fornitori (commercianti e distributori).
Fabbricazione. Produzione del mangime
I mangimifici devono controllare la qualità delle materie prime e dei mangimi per garantire la salute animale e umana.
Dando per assunto che le micotossine siano presenti nelle materie prime, i produttori di mangime per pollastre e galline ovaiole devono assicurare che le concentrazioni di questi contaminanti non eccedano i valori massimi consentiti/ raccomandati.
Le micotossine sono generalmente termicamente stabili; perciò non sono totalmente distrutte dai comuni metodi applicati (trattamento con calore, sbriciolatura, pellettatura ed estrusione) così come suggerito.
Inoltre è di notevole considerazione il fatto che pollastre e galline ovaiole siano alimentate prevalentemente con mangime in farina (il più delle volte non trattato termicamente).
I cereali normalmente sono le materie prime con il più elevato livello d’inclusione nella dieta per galline ovaiole, ragion per cui rimangono il nostro obiettivo principale, anche se i sottoprodotti dei cereali e dei semi oleosi possono contenere elevati livelli di micotossine.
Al punto d’arrivo delle diverse materie prime, la contaminazione da micotossine (frequentemente accumulate nelle granaglie-polveri) può essere ridotta attraverso la pulizia, con la setacciatura, rimuovendo le cariossidi rotte e ammuffite ( Karlovsky et al., 2016 ).
Johansson (2006) ha indicato nei chicchi rotti e danneggiati come quelli contenenti la maggior parte della contaminazione da micotossine.
In un altro studio ( Trenholm et al., 1991 ) hanno scoperto che rimuovendo le cariossidi danneggiate e le piccole parti del mais, la contaminazione da DON e ZEN poteva essere ridotta del 70-80%.
Nel mangimificio le micotossine dovrebbero essere gestite con un protocollo HACCP (Hazard Analysis and Critical Point) come base preventiva per il controllo e il monitoraggio della loro presenza e i rischi potenziali per la salute umana e animale.
Durante la produzione del mangime, se si sospetta una contaminazione e le leggi locali lo consentono (ma è vietato in Europa dal 2003), il carico di micotossine può essere ridotto “diluendo” le materie prime contaminate con quelle non contaminate, perciò riducendone gli effetti tossici.
In ogni caso, alimentare pollastre con un mangime contaminato dovrebbe essere evitato a tutti i costi poiché esse risultano molto sensibili alle contaminazioni, specialmente durante le prime settimane di vita.
Cereali Tricoteceni SÌ SÌ SÌ
Alcaloidi dell’ergot SÌ SÌ Successo parziale
Ocratossina A Successo parziale Successo parziale NO
Zearalenone Successo parziale Successo parziale SÌ
Mais Tricoteceni SÌ Successo parziale SÌ
Ocratossina A Successo parziale Successo parziale NO
Aflatossine Successo parziale Successo parziale SÌ
Fumonisine SÌ Successo parziale NO
Zearalenone Successo parziale Successo parziale NO
Additivi per mangime
Molti metodi differenti (inclusi chimici e biologici) sono stati utilizzati per mitigare/ridurre/inattivare gli effetti delle micotossine e dei loro metaboliti tossici presenti nelle materie prime e nei mangimi.
▲ Tabella 4. Assorbimento di micotossine in vitro (Kubak et al., 2006).
Carbone attivo
Carbone attivo
▲ Tabella 3 Alcuni processi fisici applicabili ai cereali e al mais per mitigare alcune micotossine (Karlovsky et al. ,2016).
Sequestranti delle micotossine
I sequestranti di micotossine sono composti con proprietà assorbenti/catturanti/sequestranti. L’efficacia varia considerevolmente a seconda delle caratteristiche chimiche sia dei sequestranti sia delle tossine, insieme al livello d’inclusione nel mangime.
Inoltre, a seconda della qualità degli additivi, sono stati riportati alcuni effetti negativi correlati a legami aspecifici a nutrienti essenziali (Huwig et al., 2001; Yiannikouris et al., 2006).
Lavorando in maniera diversa essi inibiscono l’assorbimento delle micotossine nel tratto gastrointestinale, riducendone perciò gli
effetti tossici. Finora però nessun singolo assorbente è stato provato essere efficace per tutte le tipologie di micotossine. Assorbente
Carbone attivo OTA 0.8-99.8 Galvano et al., 1998
Carbone attivo DON 1.8-98.9 Lemke et al., 2001
HSCAS AFB1 >90
HSCAS OTA
HSCAS DON
Zeolite
Zeolite
Zeolite
Sepiolite OTA
Galvano et al., 1998
Galvano et al., 1998
Tomasevic-Canovic et al., (2003)
et al., (2003)
et al., (2003)
et al., 2003
Galvano et al., 1998
Galvano et al., 1999
Sepiolite DON 4.5 Lemke et al., 2001
Clinoptilolite AFB1
Diaz et al., 2001 Na-bentonite AFB1
La composizione degli additivi sequestranti presenti sul mercato è variabile sia per le molecole organiche sia per quelle inorganiche. Nel gruppo delle organiche, gli alluminosilicati, le zeoliti, le bentoniti, l’argilla di Fuller, la terra di diatomee, il carbone attivo, la caolina, le argille (sepiolite-tipo), la colestiramina, la smectite e la montmorillonite sono tutte utilizzate come sequestranti, mostrando effetti differenti tra loro.
Come esempio, alcuni aluminosilicati inibiscono la tossicità delle AFs ma non sono altrettanto efficaci contro i tricoteceni, come il DAS o la tossina T-2 (Kubena et al., 1993; Phillips, 1999), mentre la zeolite ha il potenziale di assorbire AFB1 e ZEA dal mangime (Peraica, 2002).
La tabella qui sotto riporta alcuni esempi di assorbimento di micotossine in vitro da differenti assorbenti (Kubak et al., 2006).
Alcune molecole organiche (principalmente carboidrati indigeribili) come la cellulosa e pareti cellulari complesse come i β-glucani, glucomannani, peptidoglicani, ecc., hanno dimostrato di avere un impatto positivo nel ridurre gli effetti negativi delle micotossine.
Le pareti cellulari sono costituite da differenti componenti, inclusi polisaccaridi, proteine e lipidi, tutti con differenti siti di assorbimento così come numerosi meccanismi di legame (Huwig, 2001).
La modalità d’azione delle pareti cellulari del lievito si esplica attraverso l’adesione alle componenti della parete cellulare (siti recettoriali), anziché costruire legami covalenti o attraverso una degradazione metabolica, anche se le cellule morte sono ancora legate alle tossine (Shetty et al., 2007).
Pareti cellulari di lievito (YCW) & MOS (Mannanoligosaccaridi)
Dazuk et al., 2020. Gli effetti delle YCW da sole e in combinazione con i MOS sulle performance di galline ovaiole alimentate con una dieta contaminata da micotossine.
Jouany et al. (2005) hanno dimostrato come l’interazione tra lo ZEN e i β-glucani delle frazioni delle pareti cellulari del lievito siano da considerare “assorbenti” piuttosto che “catturanti”. Inoltre, studi effettuati durante gli ultimi anni hanno dimostrato come alcuni microrganismi possano inibire l’assorbimento delle micotossine dal mangime.
OTA, ppb nel fegato
Vartiainen et al. (2020). L’accumulo di ocratossine nel fegato di broiler alimentati con diete contenenti 250 ppb di OTA varia i livelli d’inclusione degli estratti di pareti cellulari di lievito (YCW).
Legame in vitro di Aflatossina B1 (%) di L. plantarum (probiotic) e/o zeolite. Moretti et al., 2017.
Biotrasformazione/ detossificazione
Modulatori delle micotossine
Enzimi
Durante gli ultimi decenni sono stati effettuati molti studi per trovare additivi efficaci nella detossificazione delle micotossine e nella loro trasformazione in metaboliti meno tossici, riducendone perciò i loro effetti (Schatzmayr et al., 2006).
Un ampio range di microrganismi (batteri, funghi e lieviti sono i più comuni) e di enzimi hanno dimostrato la loro abilità nella loro trasformazione Tra questi, microrganismi come S. cerevisiae Rhizopus sp. , Bacillus subtilis, Corynebacterium rubrum , Candida lipolytica , L. rhamnosus Aspergillus niger , Trichoderma viride , Mucor ambiguous, Neurospora spp ., Armilla riella tabescens , Gliocladium roseum o batteri produttori di acido lattico hanno dimostrato il loro potenziale nella trasformazione delle micotossine con efficacia variabile in prodotti poco o per nulla tossici.
La detossificazione del DON da parte di Eubacterium sp. che ha trasformato il DON nel suo metabolita DOM-1, forma non tossica e de-epossidata.
Binder et al., 2002. Fonte grafica: Hathout et al., 2014.
Sintesi
Le micotossine sono metaboliti secondari prodotti da diversi funghi tossigeni appartenenti ai generi Aspergillus, Claviceps e Alternaria. I funghi possono produrre differenti micotossine e alcune possono essere prodotte da diversi miceti. Le micotossine rappresentano un rischio per la salute umana e animale.
I cereali e i semi oleosi e i loro rispettivi sottoprodotti sono generalmente contaminati. Differenti aziende operano degli screening routinari delle contaminazioni a livello globale.
Oltre alle più conosciute micotossine, ne esiste un numero di meno conosciute chiamate “emergenti” e “mascherate” che presentano effetti altrettanto negativi.
Nonostante oggi sia possibile rilevare elevati livelli di micotossine, le pollastre e le galline ovaiole sono sempre più spesso esposte a contaminazioni multiple a bassi livelli, dove le informazioni sulla misura degli effetti sulle specie avicole risultano ancora scarse, ma potenzialmente possono indurre effetti negativi sulla salute della gallina, sul benessere e sulla produttività.
Disclaimer
Questo articolo, tratto da Tool Box Lohmann, rimane di proprietà di LOHMANN BREEDERS. Non è possibile copiarne o distribuirne alcuna parte senza previo consenso scritto di LOHMANN BREEDERS. Tradotto da Gianluca Selva, ALI LOHMANN, Distributore LOHMANN BREEDERS in Italia.
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Aumentare le pratiche di controllo eseguendo analisi delle materie prime e dei mangimi risulta d’obbligo. Questo può aiutarci a definire la nostra strategia. Come sempre, la prevenzione è migliore della cura.
L’utilizzo di prodotti chimici in combinazione con trattamenti fisici aumenta l’efficacia nella degradazione delle micotossine.
Forma de-epossidata
Deossinivalenolo
PERSISTENZA DELLE FEMMINE POST-PICCO
Gestione della fertilità e della produzione
INTRODUZIONE
La gestione della fertilità e della produzione di uova dei riproduttori è fondamentale per ottenere una buona produzione e un buon benessere degli animali. Tuttavia, mantenere una produzione di uova persistente e una buona schiudibilità resta una sfida, soprattutto tra le 40 e le 60 settimane di età. Questo articolo evidenzia le principali ragioni per cui i gruppi di riproduttori possono presentare una produzione di uova e una schiudibilità persistenti anche dopo il picco e fornisce consigli su come superarle.
Durante la produzione, un gruppo con ottime performance ha:
• Un inizio prevedibile e uniforme della produzione di uova in risposta alla stimolazione luminosa.
• Una spaziatura tra le ossa di circa 2–2,5 dita (3,8–4,2 cm, 1,5–1,7 in) per l’85–90% delle femmine prima della stimolazione luminosa.
• Un aumento costante e regolare della produzione giornaliera di uova a partire dal 5%.
• Un picco di produzione superiore al 90% sulle galline accasate.
• Schiudibilità cumulativa –superiore all’87% fino a 64 settimane di età.
• Buona copertura di piume in base all’età.
• Bilancio energetico netto positivo per maschi e femmine, considerando il peso corporeo e il livello di produzione di uova. Tutti i tratti di cui sopra svolgono un ruolo critico nel raggiungimento di un numero di pulcini per gallina accasata vicino agli attuali obiettivi di performance.
In genere, quando non si raggiunge la produzione di pulcini desiderata, le cause
principali sono la scarsa persistenza della deposizione e la scarsa fertilità. Il monitoraggio dei seguenti punti chiave di gestione deve essere parte della routine quotidiana. Può fare la differenza tra il risultato del quartile superiore e quello del quartile inferiore. Ciascuna area verrà analizzata in dettaglio nella sezione successiva.
PUNTI CHIAVE DI GESTIONE
1. Condizioni di svezzamento.
2. Ambiente – temperatura, ventilazione e illuminazione.
3. Sincronizzazione sessuale e rapporto maschi/femmine.
4. Controllo del peso corporeo e del peso delle uova.
5. Gestione dell’alimentazione – assunzione di nutrienti e gestione dell’alimentazione.
6. Condizioni di stabulazione.
Condizioni di svezzamento
Il periodo di svezzamento costituisce la base per le future performance del gruppo. Senza una gestione
▲ Figura 1 - Scala di valutazione del piumaggio (punteggio 0-5)
dettagliata di tutti gli aspetti della fase pollastra, dalla pulcinaia all’accasamento, e in particolare dell’uniformità (scheletrica, di peso e sessuale) di un gruppo, le future performance di deposizione possono essere compromesse. Un gruppo con sviluppo non ottimale è meno prevedibile, con un declino più rapido della persistenza post-picco e, di conseguenza, una minore produzione di uova incubabili e di pulcini rispetto a un gruppo ben sviluppato. Un gruppo con buone performance in fase pollastra dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
• Un profilo di crescita che segue fedelmente gli standard di peso della genetica per tutta la durata dell’allevamento, e ottiene il peso target delle femmine e dei maschi a 20 settimane.
• Una corretta struttura corporea adeguata all’età.
• Buona uniformità di femmine e maschi in tutta la fase svezzamento, con un coefficiente di variazione (CV) <8% o uniformità >79% al trasferimento.
Ambiente
Temperatura effettiva
La relazione tra la temperatura effettiva (la temperatura percepita dagli animali) e il suo effetto sulle performance viene spesso trascurata. Molti allevatori somministrano la stessa quantità di mangime in base all’età nell’arco dell’anno, indipendentemente dalla temperatura effettiva a cui gli animali sono sottoposti.
Durante l’inverno o nei mesi più freddi, potrebbe essere necessario aumentare la somministrazione di mangime o mantenerla a un livello più alto man mano che la produzione procede nel periodo più freddo. È fondamentale adeguare il contenuto di lisina digeribile in base all’aumento di energia per far fronte a volumi di mangime più elevati e superare le basse temperature senza provocare un aumento eccessivo del peso corporeo. Durante le stagioni calde, gli animali potrebbero ridurre l’assunzione di mangime in risposta al caldo. Può essere utile somministrare acqua più fredda. Riformulare la dieta per bilanciare l’assunzione di mangime in modo che l’assunzione dei nutrienti soddisfi i requisiti degli animali, come:
• Fornire una buona forma fisica del mangime (meno polveri).
• Utilizzare materie prime con maggiore digeribilità.
• Aumentare la quota di energia proveniente dai grassi.
Effetto della temperatura sui fabbisogni energetici
Inoltre, l’assunzione di mangime deve essere modificata quando la temperatura effettiva differisce da 23 °C
(73 °F). L’apporto energetico deve essere regolato proporzionalmente come segue:
• Aumento di 6 kcal di energia (1,2 kcal/°C, 2,14 g/0,075 oz di mangime extra sulla base di una dieta da 2800 kcal EM/kg) per capo al giorno se la temperatura viene ridotta di 5 °C (da 23 a 18 °C, 73–64 °F).
• Ridotto di 7 kcal (1,24 kcal/°C, 2,5 g/0,088 oz in meno di mangime sulla base di una dieta da 2800 kcal EM/kg) per capo al giorno se la temperatura viene aumentata da 23 a 28 °C (73 a 82 °F).
Tuttavia, l’influenza delle temperature superiori a 23 °C (73 °F) sull’allocazione del mangime non è così diretta come l’effetto del freddo. La necessità degli animali di dissipare calore impedisce loro di adattare l’assunzione di mangime nonostante l’aumento del fabbisogno energetico giornaliero.
Prima di apportare modifiche all’allocazione del mangime, è necessario considerare parametri quali la produzione di uova, il peso dell’uovo, la massa delle uova, il peso corporeo e la copertura di piume. Quando la copertura di piume è scarsa con temperature basse, è essenziale aumentare la quantità di mangime oltre i livelli menzionati in precedenza per mantenere i tratti produttivi. Ad esempio, oltre all’aumento del fabbisogno di mantenimento in caso di freddo, vi è un altro leggero aumento di mangime tra un animale ben impiumato (punteggio 0) e uno con piumaggio scarso (punteggio 5) (Figura 1).
Illuminazione
I riproduttori maschi e femmine sono fotorefrattari al momento della schiusa (fotorefrattarietà giovanile). Affinché possano avvenire lo sviluppo sessuale e la deposizione, è necessario che la fotorefrattarietà giovanile venga dissipata. Per dissiparla, gli animali devono essere stimolati correttamente almeno a 18 settimane di età con giorni brevi (8 ore) in fase pollastra. Gli animali possono rispondere solo a un aumento graduale del giorno (stimolazione luminosa), dando così inizio alla produzione. In caso di esposizione prolungata a giornate lunghe in fase pollastra (>11 ore), gli animali non dissperanno la fotorefrattarietà giovanile, causando un ritardo nell’inizio della produzione.
Durante la produzione si consiglia di fornire un fotoperiodo di 13–14 ore. Fornire più di 14 ore di fotoperiodo totale, se il gruppo presenta una minore persistenza, può accelerare l’insorgenza della fotorefrattarietà in età adulta e la produzione può diminuire più rapidamente.
Quando si utilizzano capannoni aperti, il fotoperiodo dovrebbe essere preferibilmente limitato a 13–14 ore, utilizzando tende oscuranti all’inizio e alla fine di ogni giornata.
Trial ed esempi sul campo hanno dimostrato un miglioramento nella produzione di uova aggiungendo 2
ore dopo le 50 settimane, che possono avere l’effetto di una stimolazione luminosa tardiva in capannoni a luce controllata in cui il fotoperiodo non supera le 14 ore. Se si osserva una risposta positiva nella produzione totale di uova dopo aver fornito 2 ore di luce aggiuntive, un piccolo aumento temporaneo della razione alimentare di 2-3 grammi (commisurato al livello di produzione aumentata osservato) può supportare ulteriormente la risposta.
Ventilazione
La ventilazione è un elemento fondamentale della gestione e deve essere monitorata il più attentamente possibile per tutta la vita del gruppo. È fondamentale sottolineare l’importanza della ventilazione e il suo legame con la persistenza della produzione. La ventilazione deve essere accuratamente calibrata sulla biomassa dei capi presenti, sullo stato del piumaggio e sulle condizioni ambientali esterne. Una ventilazione non corretta può aumentare la deposizione di uova a terra e la secrezione oculare, ridurre la produzione di uova, la vivibilità giornaliera e la fertilità.
Sincronizzazione sessuale e rapporto maschi/femmine
I maschi svezzati più maturi delle femmine (non sincronizzati sessualmente) o in numero eccessivo, possono causare danni alle femmine a inizio produzione e ridurre la persistenza della produzione e della fertilità in seguito. Lo stato del piumaggio delle femmine può essere un buon indicatore di questi danni. Il normale comportamento riproduttivo è compromesso quando la femmina non è protetta da uno strato di piume. Una femmina con poche piume diventa meno ricettiva all’attività riproduttiva del maschio; pertanto, con l’invecchiamento del gruppo si osserva una riduzione della fertilità. Il processo di accoppiamento influisce sulla perdita di piume; tuttavia, è importante monitorare e comprendere il normale pattern di perdita delle piume e reagire in modo appropriato se diventa eccessivo. Assicurarsi che maschi e femmine siano sincronizzati nella maturità sessuale prima di unirli (Figura 2). Se la struttura è dotata di recinti separati per i maschi e nella popolazione maschile esiste una variazione nella maturità sessuale, i maschi più maturi dovrebbero essere mescolati con le femmine per primi, poiché i maschi meno maturi possono accedere facilmente alle mangiatoie delle femmine durante i pasti. In molti casi in cui i gruppi presentano livelli di fertilità inferiori al picco e in particolare dopo il picco, i rapporti maschi/femmine sono superiori a quelli raccomandati (Tabella 1).
I rapporti maschi/femmine iniziali (22–35 settimane) sono spesso più alti del raccomandato a causa dell’errata convinzione che ciò migliori la schiusa precoce e al
picco. Evitare di avere un numero elevato di maschi, poiché ciò porta a sovraccoppiamento, danni alle piume, femmine non ricettive (a causa della scarsa copertura di piume e del comportamento dei maschi molto attivi) e una minore persistenza della fertilità dopo il picco.
Peso corporeo
Il controllo del peso è fondamentale nelle pratiche di gestione quotidiane, ma in molti casi l’allocazione del mangime non segue un profilo aziendale definito da un gruppo all’altro. Adattare i livelli di mangime alle linee guida aziendali per rispettare i limiti di bilancio, potrebbe non essere sufficiente a soddisfare le esigenze fisiologiche del gruppo quando è sopra o sotto il peso standard. Il peso corporeo, la persistenza e i livelli di mangime devono essere gestiti quantitativamente:
• una riduzione troppo aggressiva del mangime o una mancata compensazione del sovrappeso del gruppo possono causare un calo della persistenza, alterando l’equilibrio tra accrescimento, produzione di uova e mantenimento;
• aumentare troppo rapidamente la razione di mangime per riportare un gruppo sottopeso sullo standard, in genere spinge gli animali sovrappeso e riduce la produzione di uova;
• quando si apportano modifiche alla quantità di mangime, è essenziale considerare l’impatto che hanno sull’assunzione totale di nutrienti e non solo sui grammi di mangime per capo al giorno.
La Figura 3 mostra un gruppo con picco elevato e con una quantità di mangime al picco di 172 g per capo (379 lb/100 capi):
(i) il gruppo mantiene questo livello di mangime fino a 33
■ Tabella 1 – Una guida ai rapporti maschi/femmine tipici
settimane, e la riduzione di mangime tra il picco e 59 settimane è del 5,2%;
(ii) la persistenza è buona anche se il peso corporeo è superiore allo standard.
L’aumento del livello di mangime e la sua corretta riduzione hanno consentito a questo gruppo di mantenere il peso corporeo senza compromettere la produzione.
Ad esempio, se un gruppo è sovrappeso, si deve mantenere la differenza di peso rispetto allo standard se si vogliono mantenere anche dei livelli di produzione persistenti. Somministrare più mangime durante la vita del gruppo, garantendo il corretto apporto totale di nutrienti, mantiene la produzione di uova come ricompensa.
Seguire le diete di produzione raccomandate da Aviagen è importante per bilanciare i fabbisogni mutevoli e contrastanti di riduzione della proteina grezza (in particolare della lisina digeribile) per controllare lo sviluppo muscolare, mantenendo al contempo energia sufficiente a sostenere la persistenza della produzione di uova. È decisamente più opportuno passare alla fase successiva della dieta per controllare le esigenze nutrizionali del gruppo man mano che invecchia, rispetto alle aggressive riduzioni di mangime per controllare lo stato di ingrassamento.
Peso dell’uovo
▲ Figura 2 - Un esempio che mostra: (a) un giovane maschio maturo con cresta e bargigli rossi e ben sviluppati; (b) un maschio immaturo con cresta e bargigli pallidi e poco sviluppati; (c) una giovane femmina con cresta e bargigli rossi e ben sviluppati; (d) una femmina immatura con cresta e bargigli poco sviluppati
Oltre al peso corporeo, monitorare attentamente anche il peso delle uova durante il periodo produttivo post-picco. Il monitoraggio giornaliero del peso dell’uovo consente di tracciare un grafico dei trend rispetto allo standard, in modo da poter regolare opportunamente le quantità di mangime.
Una flessione nei trend di accrescimento del peso dell’uovo spesso precede una riduzione della produzione e può essere il primo segnale di un potenziale problema.
Il peso dell’uovo deve essere registrato quotidianamente a partire dal 10% di produzione giornaliera delle galline. Un campione di 120–150 uova da cova, proveniente dalla
▲ Figura 3 - Relazioni tra controllo del peso, quantità di mangime e produzione
seconda raccolta (per evitare di utilizzare uova deposte il giorno precedente) deve essere pesato in blocco ogni giorno. Prima della pesatura, è necessario rimuovere tutte le uova piccole, con doppio tuorlo, rotte o anomale. Un gruppo con produzione post-picco inferiore allo standard e sovralimentato può mostrare costantemente (per almeno 4 giorni) incrementi superiori alle aspettative del peso giornaliero dell’uovo, ben lontano dallo standard. La sovralimentazione di un gruppo con scarse performance ha un impatto negativo non solo sulla produzione, ma anche sulla schiudibilità complessiva, a causa della maggiore infermità del guscio delle uova più grandi. In questo caso potrebbe essere necessaria un’ulteriore rimozione del mangime. Se la riduzione di mangime è troppo rapida o a un livello troppo elevato per la produzione di uova, una riduzione del peso dell’uovo può precedere un calo della produzione. Se si verifica un calo costante del peso delle uova (per almeno 4 giorni), il mangime deve essere somministrato di nuovo al gruppo con cautela, e i risultati devono essere monitorati attentamente nei successivi 4-6 giorni.
Condizioni di stabulazione
I gruppi di riproduttori possono affrontare sfide in misura variabile ogni giorno. L’identificazione delle sfide minori,
che possono essere osservate solo come un graduale cambiamento nella persistenza del gruppo o nella fertilità, in particolare durante le fasi successive della produzione, è molto difficile. Le condizioni di stabulazione (vedere Tabella 2) devono essere monitorate regolarmente e, ove possibile, si devono apportare modifiche.
Riepilogo
Nel corso degli anni i gruppi di riproduttori sono cambiati rapidamente. Con le principali aziende di selezione genetica che selezionano simultaneamente il miglioramento dei tratti dei broiler e delle performance riproduttive, diventa ancora più importante fornire pratiche dettagliate per la gestione quotidiana delle strutture e dei gruppi.
È necessario misurare e monitorare le variazioni della temperatura ambientale, dell’illuminazione, della ventilazione, della condizione corporea, dei profili di peso corporeo e dell’uovo rispetto allo standard, delle condizioni di stabulazione e delle sfide esterne per reagire in modo efficiente ed efficace alle performance del gruppo.
Regolare correttamente i livelli di mangime, reagire a rapporti maschi/femmine non corretti e minimizzare i problemi nel gruppo consentono di migliorare e mantenere la persistenza della produzione di uova e della fertilità post-picco.
■ Tabella 2 - Condizioni di stabulazione che influiscono sulla persistenza dei riproduttori.
BUONE PRATICHE DI BIOSICUREZZA PER ALLEVAMENTI AVICOLI
Un piano sanitario di allevamento efficace deve integrare strategie solide per la prevenzione delle malattie, la diagnosi rapida e il trattamento efficace per sostenere la salute del pollame. Per raggiungere questo obiettivo, le corrette pratiche di biosicurezza sono indispensabili per 1) prevenire l’ingresso di potenziali agenti patogeni (esclusione) e 2) evitare la diffusione delle malattie (contenimento). L’attuazione efficace di entrambe le misure rappresenta il miglior investimento per i produttori nella prevenzione dei problemi sanitari e dei focolai epidemici.
➤ Aitor Arrazola
Biologo ricercatore, Ph.D. in Benessere e comportamento animale
Pratiche di esclusione per la prevenzione delle malattie
La migliore strategia contro qualsiasi potenziale patologia è evitare l’esposizione. Certamente, pratiche proattive e strutture ben progettate che mirino a prevenire l’ingresso di agenti patogeni sono fortemente consigliate. Per esempio, il corretto posizionamento dei contenitori del mangime e per lo smaltimento all’esterno del perimetro del capannone può permettere il riempimento e la rimozione delle carcasse senza la necessità che i camion entrino all’interno dell’area recintata (nessuna contaminazione crociata). Infatti, i camion rappresentano un alto rischio per la biosicurezza poiché possono visitare più capannoni al giorno e trasferire malattie tra le strutture e all’interno delle aziende. Se i veicoli devono entrare nell’area recintata, è necessario eseguire
un’adeguata pulizia e disinfezione per impedire la trasmissione delle malattie. Anche il controllo dei parassiti può svolgere un ruolo cruciale nella prevenzione delle malattie, poiché roditori, uccelli selvatici e insetti possono portare agenti patogeni e parassiti nelle aziende avicole. Se precedentemente in contatto con fonti contaminate, le mosche (e altri insetti) possono essere vettori di malattie di origine alimentare e di virus. Pertanto, è essenziale per la biosicurezza controllare i punti di ingresso (come crepe e fori nei soffitti, finestre, filtri e pareti) e la loro riparazione è una strategia
raccomandata e favorevole alla biosicurezza. Allo stesso modo, una gestione adeguata dello smaltimento delle carcasse per evitare la contaminazione crociata e la pulizia immediata delle fuoriuscite di mangime aiutano a gestire la proliferazione di insetti, roditori e altra fauna selvatica all’interno dei capannoni e delle aree aziendali. Anche gli impianti di stoccaggio del mangime (e i mulini aziendali, se presenti) devono essere protetti dalla contaminazione da parte della fauna selvatica. Cani e gatti possono anche trasmettere malattie e parassiti, e il loro accesso ai capannoni deve essere vietato. Investire per impedire il contatto tra i gruppi commerciali e altri animali, compresi gli insetti, è fondamentale per ridurre le possibilità di trasmissione delle malattie, altrimenti la biosicurezza è compromessa. Sebbene la maggior parte delle strutture avicole operi sulla base del principio “tutto dentro/tutto fuori” a seconda della fase di produzione, tuttavia destinare uno spazio di quarantena per le possibili nuove introduzioni è vantaggioso per monitorare lo stato di salute degli arrivi e facilitare la loro transizione in nuovi capannoni prima di introdurli nel gruppo. In caso di problema sanitario, gli operatori possono intervenire rapidamente ed efficacemente grazie al piccolo numero di animali e all’area di contenimento ridotta. Inoltre, quando non utilizzato come quarantena, questo spazio può diventare un’area di infermeria per gestire gli animali malati e aiutare quelli
rimasti indietro a riprendersi. Prendersi il tempo di isolare gli animali potenzialmente malati (noti o sconosciuti), come quarantena o come infermeria, può aiutare a fermare in tempo un’eventuale epidemia. L’accesso controllato è una priorità, e l’ingresso del personale negli stabilimenti e nei capannoni è un passaggio cruciale dal punto di vista della biosicurezza. Per tutelare la salute del pollame, è indispensabile una chiara delimitazione delle aree pulite e sporche, assicurando che operatori e visitatori le attraversino seguendo le corrette procedure di transito. In questa fase, nulla di contaminato deve entrare in contatto con l’area pulita se non è stato pulito e disinfettato (incluse le mani). Negli spogliatoi, gli abiti usati fuori devono sempre rimanere nella zona sporca, lontano dalle tute e dagli stivali da capannone nell’area pulita. Quando ci si sposta tra le aree pulite e sporche (in entrambe le direzioni), è auspicabile fare la doccia e usare disinfettanti per le mani per l’esclusione e il contenimento dei patogeni. Inoltre, lo spogliatoio deve essere pulito e disinfettato regolarmente alla fine della giornata. Non osservare i protocolli di biosicurezza durante il passaggio tra le aree sporche e pulite può diventare una violazione della biosicurezza che mette gravemente a rischio la salute del pollame (e del personale), compromettendo le performance degli animali.
Linee guida per il contenimento ai fini della biosicurezza
La pulizia accurata, seguita da procedure di sanificazione appropriate, rappresenta uno degli strumenti più efficaci per prevenire l’introduzione di patogeni e debellare eventuali infezioni in corso. Per questo è fondamentale che le superfici siano realizzate con materiali facilmente lavabili e disinfettabili (ad esempio, cemento liscio, metallo o plastica, evitando il legno). Quando non in uso e durante i periodi di inattività tra una mandria e l’altra, le strutture e le attrezzature devono essere pulite e sanificate regolarmente per prevenire l’accumulo di rifiuti organici e di potenziali agenti infettivi nei capannoni avicoli. Misure efficaci di sanificazione aiuteranno anche a prevenire un potenziale trasferimento di malattia da un gruppo all’altro. Tuttavia, i disinfettanti sono più efficaci quando utilizzati alla giusta concentrazione su superfici pulite, prive di materiale organico come lettiera o letame. Quindi, per una sanificazione di successo, è necessaria una pulizia accurata seguita dall’applicazione del disinfettante alla giusta dose e per il giusto tempo di esposizione per uccidere batteri e virus. Il controllo delle malattie è parte integrante del benessere e della salute degli animali, e le misure di sanificazione aiuteranno a prevenire il trasferimento di malattie all’interno e tra i gruppi. Anche quando ci si sposta da gruppi più giovani a gruppi più vecchi, è fortemente raccomandato pulire e disinfettare mani e stivali all’ingresso e all’uscita per il controllo delle malattie. In particolare, se si maneggiano animali che mostrano sintomi patologici o che sono morti, in modo da impedire la contaminazione crociata. Indossare camici monouso e guanti di lattice non è pratico per l’uso regolare in azienda, ma posizionare dispenser di disinfettante vicino alle porte di ingresso per un utilizzo facile può ridurre la trasmissione delle malattie e contribuire al loro contenimento. Sebbene queste pratiche di biosicurezza siano costose e richiedano molto tempo, garantire
che negli allevamenti vengano seguiti protocolli di biosicurezza ben strutturati ripaga, poiché le possibilità di trasmissione delle malattie diminuiscono in modo esponenziale all’aumentare del livello di biosicurezza (in particolare contro le malattie locali). Inoltre, per ottenere prestazioni ottimali degli animali, salute del pollame e sicurezza alimentare, le pratiche di gestione che supportano le condizioni igieniche all’interno e all’esterno dei capannoni sono un requisito fondamentale per elevati standard di biosicurezza. Dal punto di vista economico, ciò si traduce in una riduzione dei costi in termini di mortalità del pollame, perdita di produttività, tempi di recupero, sostituzione del bestiame e interventi di igienizzazione.
Ma cos’altro?
La prevenzione è sempre un’opzione migliore rispetto al trattamento. Eppure, per valutare l’efficacia delle pratiche di biosicurezza, il monitoraggio regolare e la registrazione adeguata della salute del pollame sono di primaria importanza per gestire il gruppo non appena i primi segni si manifestano in pochi polli. La diagnosi precoce delle malattie è quindi ugualmente importante quanto la prevenzione, e i gruppi dovrebbero essere monitorati attentamente e regolarmente cercando sintomi acuti (ad esempio scarsa condizione fisica, scarsa copertura e pulizia delle piume, difficoltà respiratorie, qualità della lettiera). Una volta individuati, gli animali malati o feriti devono essere prontamente trattati, spostati in un box o in una stanza di recupero, o soppressi. Il personale dovrebbe anche esaminare regolarmente i tassi di mortalità e di abbattimento per individuare registrazioni insolite o osservazioni preoccupanti. In generale, oltre a solidi protocolli di biosicurezza, l’integrazione di altre strategie che supportano la salute del pollame (come un piano di vaccinazione, la somministrazione di probiotici e l’uso profilattico di farmaci) sono approcci complementari per garantire la salute del pollame e salvaguardare i risultati della produzione.
EFFETTI DELL’UTILIZZO DI HEMICELLTM HT
(β-MANNANASI) SULL’INTEGRITÀ INTESTINALE DEL
BROILER. VALUTAZIONE TRAMITE ELANCO HEALTH TRACKING SYSTEM (HTSi®)
➤ Donato Pennelli, Andrea Trentini, Diego Sartori, Giuseppe Colnago
Elanco Italia S.p.A. – Sesto Fiorentino (Fi)
Introduzione
I β-mannani contenuti nelle materie prime vegetali dei mangimi possono indurre una risposta immunitaria innata a livello intestinale (FIIR: Feed Induced Immune Response), che causa infiammazione, consuma energia inutilmente e riduce le performance degli animali. Osservazioni di campo e prove sperimentali dimostrano che il controllo della FIIR consente di migliorare l’integrità intestinale dei polli da carne e, di conseguenza, le loro performance. HemicellTM HT contiene β-mannanasi, un enzima in grado di degradare i β-mannani presenti nel mangime. HemicellTM HT pertanto aiuta a controllare la FIIR, consentendo agli animali di destinare più energia alla crescita e alle prestazioni. Il monitoraggio dell’integrità intestinale tramite il sistema HTSi® (Elanco Health Tracking System - HTSi®) è ormai una pratica standard
per la valutazione degli effetti di HemicellTM HT sulla salute intestinale del broiler.
Materiali e metodi
I benefici di HemicellTM HT sull’integrità intestinale del broiler sono stati valutati tramite l’analisi delle lesioni intestinali (Elanco Health Tracking System – HTSi®) confrontando i punteggi di 20 gruppi di broiler, prima e dopo l’utilizzo di HemicellTM HT nel mangime. In totale lo studio ha valutato 250 animali, esaminati tra gennaio 2023 e settembre 2024.
HTSi® è una piattaforma dedicata alla valutazione della salute del pollo da carne che permette l’acquisizione, l’elaborazione e l’analisi dei dati. La metodica HTSi® consente di valutare i principali parametri correlati alla salute intestinale: iperemia intestinale, tono della parete intestinale, eccessiva presenza di cellule di sfaldamento e di contenuto acquoso, pododermatite, integrità intestinale cumulativa (I2).
L’indice di integrità intestinale (I2) è rappresentato da un punteggio che può variare da 0 a 100, e si basa sulla media ponderata di tutti i parametri intestinali esaminati, con il peso maggiore attribuito alle lesioni che hanno il più grande impatto sulla salute intestinale e quindi sulle performance degli animali. Più elevato è il punteggio, maggiore è il grado di I2. Tutti i dati raccolti sono stati analizzati utilizzando il software SAS/STAT®, versione 18.1.0 - procedura GLM (medie confrontate tramite t Test).
Risultati e conclusioni
I risultati dimostrano che l’aggiunta di HemicellTM HT al mangime del broiler aiuta a migliorare molti parametri indicativi della salute intestinale. In particolare, HemicellTM HT ha consentito di:
• ridurre del 7,8% la prevalenza di pododermatite (p = 0,4225);
• ridurre dell’8% la presenza di cellule di sfaldamento (p = 0,1999).
Inoltre, è da sottolineare che HemicellTM HT ha ridotto in maniera significativa (p<0,0001):
• l’iperemia (-23,8%);
• il tono intestinale (-41,7%);
• la presenza in eccesso di contenuto acquoso intestinale (-44,4%).
Negli animali trattati con HemicellTM HT l’indice di integrità intestinale I2 è migliorato di 1 punto in maniera significativa (90,8 vs 89,8; p<0,005).
In conclusione, questo studio dimostra che HemicellTM HT, aggiunto al mangime standard, può contribuire a migliorare la salute intestinale e il benessere dei polli da carne. Questi risultati ribadiscono l’effetto negativo dei β-mannani sul benessere intestinale e generale degli animali, sottolineando l’importanza di strategie nutrizionali mirate per il miglioramento delle performance e del benessere avicolo.
Bibliografia
D. Pennelli et al.; Use of Elanco Health Tracking System (HTSi®) for dietary β-mannanase evaluation on Intestinal Integrity in Italian broiler chickens, poster ESPN 2025.
Vencomatic Group B.V. info@vencomaticgroup.com www.vencomaticgroup.com
Vétoquinol Italia italy_ascor@vetoquinol.com ascor.vetoquinol.it
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