LA SHOAH: IL GENOCIDIO DEGLI EBREI D'EUROPA

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tro di ogni situazione. La sua filosofia politica – che esalta l’individuo, il capo indicato dal destino – è il riflesso di questa volontà tesa all’affermazione di sé. In tale prospettiva, le idee e i programmi hanno un valore relativo: sono soltanto mezzi che si possono abbandonare secondo le circostanze. Hitler è, insieme, un dottrinario e un opportunista. La dottrina comporta alcuni elementi costanti: bisogna conquistare il potere, assicurare la vittoria della Germania, dimostrare la superiorità della razza ‘ariana’. Ma più che momenti di una teoria, questi elementi sono obiettivi politici e militari che lasciano la più ampia libertà di manovra. “Ogni idea”, scrive Hitler nel Mein Kampf, “anche la migliore, diventa un pericolo se diventa essa stessa un fine”. La Nsdap conta nel 1926 49 mila iscritti, però nel 1928 le tessere distribuite sono già più del doppio (110 mila). Alle elezioni del maggio di quell’anno i nazisti raccolgono 810 mila suffragi e ottengono 12 seggi al Reichstag.5 Sono pochi, ma di lì a cinque anni Hitler sarà Cancelliere. Nella sua ascesa al potere, il fattore che lo aiuta in modo decisivo è senza dubbio la crisi economica del 1929, una recessione rovinosa che nel giro di tre anni riduce a metà la produzione industriale tedesca, costringendo alla chiusura migliaia di imprese e gettando sul lastrico milioni di lavoratori. In quel triennio – attraverso un processo che ancora oggi, a oltre settant’anni di distanza, riesce difficile spiegare – un popolo ricco di cultura e di tradizioni civili, e con una relativa esperienza di democrazia, accetta di sottomettersi a un regime totalitario e criminale. È vero che, a partire dal ‘mercoledì nero’ di Wall Street, il grosso della borghesia capitalistica germanica si schiera senza remore con l’estrema destra favorendo l’ascesa di Hitler e mettendo in atto, entro una situazione che pare disperata, un rischiosissimo giuoco d’azzardo. Ma sul terreno dei numeri, è incontestabile che Hitler e il suo partito trovino il loro sostegno più ampio in una sorta di ‘terra di nessuno’ sociale, rappresentata in particolare dalla piccola borghesia impoverita, ma più in generale dalle masse dei malcontenti, degli affamati, dei disoccupati, nelle città e nelle campagne: masse cui gli altri partiti politici e le gerarchie delle Chiese cristiane non sembrano allora capaci di proporre né vie d’uscita percorribili né programmi di riscatto credibili. A rendere più facile la vittoria di Hitler – dovuta comunque all’incosciente aberrazione dei responsabili delle forze armate e delle supreme istanze dello Stato, che al momento giusto gli apriranno le porte –, contribuiscono in modo notevolissimo le ambivalenze nella valutazione del movimento nazista da parte dell’episcopato cattolico e del clero luterano, ma soprattutto le gravi insufficienze degli altri partiti. Invece di unirsi per fare fronte al pericolo comune, essi coltivano con miopia le reciproche inimicizie: i tedesco-popolari contro i socialdemocratici, i socialdemocratici contro i comunisti, i comunisti contro i socialdemocratici, il Zentrum cattolico contro i marxisti in generale, che siano comunisti o socialdemocratici. A partire dai primi mesi del 1929, quando la crisi economica investe la Germania, gli agricoltori, che costituiscono ancora quasi il


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