Questo atteggiamento sciovinista assume forme di vera e propria discriminazione: fenomeno che prima della guerra non era mai venuto alla luce a livello di governo, anche se forse era latente nel popolo. I soldati che tornavano dal fronte, che erano stati di stanza a Berlino, a Varsavia, a Vienna avevano conosciuto realtà sociali ed economiche diverse da quelle del proprio paese. Il confronto li rendeva critici verso il regime sovietico e le loro opinioni si estendevano a quanti, in patria, venivano a contatto coi reduci. La cultura di elite della Russia zarista e rivoluzionaria avrebbe forse permesso di approfondire le differenze fra sistema sovietico e livello di vita nell'U.R.S.S. e quello dell'Europa occidentale, nonché le cause che determinavano queste differenze. Ma la grande e vittoriosa campagna culturale condotta dal governo rivoluzionario e poi da Stalin aveva un orientamento soprattutto tecnico. Lo studio della storia e della filosofia era trascurato, l'approfondimento critico degli studi umanistici stroncato. Perfino la dottrina marxista e leninista era poco approfondita e pochissimo diffusa. Le antiche elite intellettuali erano state spazzate via. Le masse erano state oggetto di un indottrinamento acritico.
II.23 La politica di Stalin nel dopoguerra Le linee guida della politica di Stalin nel dopoguerra furono le seguenti: 1) estendere e consolidare le conquiste; 2) evitare uno scontro aperto con gli alleati: Inghilterra e soprattutto Stati Uniti che erano in possesso dell'arma atomica; 4) dotare al più presto l’U.R.S.S. dell’arma atomica; 5) istituire in tutti i paesi conquistati dei regimi comunisti; 6) consolidare nelle proprie mani il controllo assoluto del governo e del paese. A quest’ultimo scopo provvide ad eliminare gli uomini che avevano contribuito con grandi meriti alla vittoria e pertanto potevano oscurare la fama del dittatore. La ricostruzione del paese e la salvezza del popolo dalla miseria e dalla fame stavano a cuore a Stalin, ma non erano la battaglia prioritaria per lui. Stalin era dominato dalla convinzione che il sistema socialista e quello capitalista non potessero convivere e che quindi l’Unione Sovietica dovesse sostenere una lotta mortale per la sopravvivenza. Questa opinione è contenuta anche nelle opere di Lenin. Per il sistema socialista non c’era alternativa: o vincere l’avversario o venire eliminato. Le maggiori risorse disponibili furono convogliate verso le spese militari: prima di tutto per la costruzione della bomba atomica e più tardi della bomba all’idrogeno. L’U.R.S.S. si dotò delle armi nucleari. Nell’agosto 1949 esplose la prima atomica sovietica nel Kazakistan.
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