Dopo il 1939, per rimediare alla situazione disastrosa dell'amministrazione, molti specialisti onesti, sopravvissuti, vengono liberati e riprendono a lavorare nell'esercito nella ricerca e nell'amministrazione. Nell'armata però, dove 44.000 ufficiali erano stati messi a morte, è impossibile rimediare rapidamente ai guasti provocati dalle purghe. Anche quando si ricorre ai ripari, si cerca di non far sapere all'opinione pubblica che ci sono state condanne ingiuste. Tanto meno si parla di riabilitare pubblicamente gli uccisi. Tutto deve restare segreto, soprattutto per gli accusati di crimini politici. Nel 1940 Beria in un rapporto inviato a Molotov denunciò lo scarso rendimento del lavoro dei detenuti, causato dalla loro scarsa nutrizione, dal loro cattivo equipaggiamento e del modo sbagliato in cui venivano utilizzati. Fra i detenuti cresceva il numero di coloro che erano ammalati e incapaci di lavorare99.
II.13 Il numero delle vittime del terrore Anche dopo l'apertura degli archivi dell'ex Unione Sovietica il computo delle vittime del terrore resta difficile. Si tratta di un numero enorme di morti e di un numero ancora maggiore di persone che persero la libertà e furono costrette a lavorare gratuitamente in condizioni durissime nelle carceri e nei campi del Gulag. Nel 1955 Chruščëv creò un comitato, diretto dal segretario del partito Pyotr Pospelov, col compito di rendere noto quanto era contenuto negli archivi della polizia segreta: deposizioni degli inquirenti, metodi per ottenere le confessioni delle vittime e soprattutto le responsabilità dirette di Stalin in queste vicende100. Il rapporto Pospelov fu presentato nel 1956 al Presidium del partito, col nome di rapporto segreto, poi nel 1957 davanti al Plenum del Comitato centrale, riguarda gli accusati di attività antisovietiche (crimini politici) non gli accusati di reati comuni (elementi socialmente pericolosi). Il rapporto fa luce sui metodi del N.K.V.D. nella repressione: non solo violazioni della legalità, ma invenzioni di ogni sorta su organizzazioni antisovietiche e complotti del tutto inesistenti. La Procura, che avrebbe dovuto vigilare sull'operato del N.K.V.D., chiudeva gli occhi su tutto, anche sulle procedure extragiudiziarie. Il rapporto Pospelov mette in rilievo la responsabilità diretta di Stalin sui metodi con cui venivano trattati i prigionieri e nel ricorso massiccio alla tortura, che fu attestato da più testimoni. 99
Lewin 2003. Lewin 2003.
100
64