OBESITÀ, MALATTIA E STIGMA STORICO
Il grasso in eccesso, l’obesità, è problema storico, a parte la pandemia dei tempi moderni. Gli antichi Greci furono i primi a riconoscere l’obesità come un disturbo medico: Ippocrate scrisse che «la corpulenza non è solo una malattia in sé, ma il presagio di altre». In seguito, il chirurgo indiano Sushruta collegò l’obesità alle malattie cardiache e al diabete: raccomandava il lavoro fisico per curare i suoi effetti collaterali. Il problema però era di una minoranza, a volte ricca. Nel corso della storia dell’umanità, infatti, la maggior parte delle popolazioni ha lottato contro la scarsità di cibo: l’obesità è pertanto sempre rimasta storicamente circoscritta a una minoranza che aveva anche risorse per curarsi. Il sovrappeso era comune tra gli alti funzionari europei nel Medioevo e nel Rinascimento, così come nelle antiche civiltà dell’Asia orientale. Peraltro, molte culture nella storia hanno visto l’obesità come il risultato di una debolezza caratteriale. L’«obesus» nella commedia greca era personaggio che faceva ridere, da prendere in giro. I cristiani hanno collocato il troppo cibo nell’accidia e nella lussuria, due dei sette vizi capitali. La gola relega in un girone dell’Inferno Dantesco. Nella cultura occidentale contemporanea, l’eccesso di peso è spesso considerato poco attraente e l’obesità è comunemente associata a stereotipi negativi; la grassezza può essere inoltre motivo di 63