Move come una campagna contro l’obesità negli Stati Uniti con l’obiettivo di insegnare ai bambini uno stile di vita che includa un’alimentazione più sana e un maggiore esercizio fisico. “Muoverei mari e monti per dare ai miei figli la possibilità di primeggiare in ogni modo, e anche nella forma fisica”, disse quel giorno Michelle Obama a Usa Today. “Let’s Move opera secondo il principio che ogni famiglia voglia lo stesso per i loro bambini. E troveremo il modo per aiutarle a farlo più facilmente”. Una iniziativa che trovò subito l’endorsement del presidente degli Stati Uniti Barack Obama che, commentando l’iniziativa della moglie, sottolineò come la stessa affrontava uno “dei problemi sanitari più urgenti del paese”. Ma si preoccupò di sottolineare che “alcune delle iniziative, come sgravi fiscali per i negozi di alimentari che si trasferiscono in comunità dove l’accesso al cibo di qualità è carente, avranno bisogno dell’approvazione del Congresso”. Era questa la deriva politica che si sposava, non in modo adeguato, all’iniziativa sociale della First Lady. I comunicatori che affiancavano il Presidente e la First Lady evidenziarono in una serie di note riservate che il pericolo poteva essere rappresentato dallo stigmatizzare troppo alcune abitudini di vita e di alimentazione che erano proprie della cultura degli americani, che quindi avrebbero potuto vivere la campagna come una messa all’indice. Insomma un boomerang politico da evitare. In un’intervista con la rete ABC Michelle, consigliata dal proprio staff, dichiarò allora di “amare gli hamburger e le patatine fritte. E amo anche il gelato e la torta. Come li amano la maggior parte dei bambini” e aggiunse che la sua iniziativa “non riguarda uno stile di vita che li escluda del tutto. Il problema è come facciamo 21