Primo Piano - Luglio Agosto 2021

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ritratto

Giulio Fantuzzi

RINA IOTTI, UNA STORIA D’AMORE E DI FEDELTÀ

LA MAMMA DI LUCIANO E MARCO LIGABUE, IN CONFIDENZA

Mamma rock. C’è chi la chiama così. Lo sa. E ci ride su. A lei preme il “baby rocker”, il quarto nipote che tra poco vedrà la luce nella famiglia Ligabue. Ottuagenaria splendida, segretamente innamorata di Gianni Morandi e trepidante per la nuova vita in arrivo, mi riceve in casa sua, premurosa. L’avrete capito. È la Rina, la signora Rina Iotti, mamma di Luciano e di Marco, il Liga e suo fratello, per intenderci. Una “rock family” che si presenta da sé. Bello sentirla parlare della sua vita, dei suoi sentimenti. Una storia d’amore e di fedeltà. Amore per la famiglia, per Correggio, per le amiche. Fedeltà al sapore genuino di una vita che lei ha voluto tenere nei binari della normalità,

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la stessa di mamme meno rock e meno note di lei. «Con le gioie che ho provato, veri e propri sogni ad occhi aperti, giunta fin qui e ancora in gamba, beh, insomma... ogni giorno che arriva è un regalo inaspettato, tutto da gustare. Davvero, non mi posso lamentare, sono stata fortunata». Ma non tutto è caduto dal cielo. La Rina ci ha messo anche del suo. Una vita laboriosa. Mai ferma. Comincia la sua luna di miele come commessa nel negozio di merceria del marito in via Montepegni, poi fa confezioni a domicilio già in quella prima casa di Via Santa Maria, frequentata anche dai topi. Cassiera di sera, al Tropical di Rovereto sulla Secchia, balera-discoteca, con Marco di un anno che si addormenta sui divanetti rossi e Luciano ragazzino già preso dall’eco delle chitarre. Poi indaffarata al magazzino del cognato Bruno Ligabue a Carpi. Nel mentre assiste la suocera Ermelina e la mamma, entrambe con lei. E si spende senza tregua per sfoglie, cappelletti ed erbazzone, quelle cose genuine, fatte in casa come le canzoni di Luciano e di Marco. Rina viene da una famiglia di mezzadri, ha visto la miseria e conosciuto la fatica. Ma musica e ballo l’accompagnano da sempre. Una passione permanente che le vibra dentro. Galeotto fu il primo ballo alla Coop, lei venuta da Fosdondo, appena sedicenne. Si presenta un giovane, sorridente, simpatico. Il suo Giovi, Giovanni Ligabue, «che dopo quella sera mi è stato a ruota per un bel po’» quando la corte a una ragazza non poteva contare sulla ubiquità di un sms. A vent’anni Rina convola a nozze con Giovi. Un amore pieno, bello. «Sento tanto la sua mancanza. Se n’è andato vent’anni fa per un brutto male, ha potuto vivere in questo appartamento dove non manca niente solo per qualche mese. Non abbiamo potuto invecchiare insieme. È il mio rammarico. Ma

siamo stati sempre bene. Ballo, compagnia, tante cose belle, sempre insieme. Un uomo deciso, energico, solare». Amore, matrimonio, nascita dei figli: i momenti magici della vita di Rina, le vette della sua felicità. «Se non avessi avuto figli, penso sarei andata in crisi, tanta è sempre stata la mia passione per i bimbi, fin da ragazzina. Ne sono arrivati due, a distanza di dieci anni, una benedizione. E sono stati due buoni e bravi bambini, davvero. Luciano era mingherlino, mangiava poco; ha avuto un’infanzia più tribolata di suo fratello. Pertosse fin da piccolissimo, tonsilliti persistenti con febbri alte, appendicite acuta, occasioni in cui ha rischiato grosso e in cui il pronto intervento di mamma Rina, lo ricorda lui nella sua biografia, è stato provvidenziale. Lo sai no, che una suora gli diede il sangue a quattro anni e lo salvò? Marco invece da subito era un bel fagotto di quasi cinque chili, più pacioccone, più fortunato, zero problemi di salute. Sai che il nome Marco fu voluto da Luciano? Giovi ed io avevamo pensato, dopo aver preso atto che non era la femmina che ci aspettavamo, al nome Luca. Ma Luciano insisteva: dai, dai, mamma, chiamatelo Marco che mi piace di più! Ancora gli chiedo ogni tanto la ragione. Fatto sta che lo accontentammo». I due Ligabue sono diversi, si sa. Anche i gusti a tavola, conferma Rina, costretta a fare due zuppe inglesi diverse la domenica quando vengono a pranzo: per Marco con l’alchermes, per Luciano col caffè. «Anche con le donne: Luciano è fatto per rapporti amorosi più classici, Marco più birichino, sciupafemmine. Ah, quando mi portò a casa una biondina svedese e Giovi portava gli amici a vederla! Ho anche sofferto per loro vicende sentimentali, ma devo dire che tutti e due hanno saputo affrontarle con intelligenza e buona volontà. Ho uno splendido rap-

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