caro lucio

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MARINO BARTOLETTI

25 LETTERE, UNA GRANDE AMICIZIA E QUALCHE SEGRETO

Caro Lucio ti scrivo, perché credo di non averlo mai fatto. O forse sì, ma non sono sicurissimo. Potrebbe essere accaduto verso l’autunno del 1970, poco prima di conoscerci. Di certo non avevo mai incontrato – né mi sarebbe mai più accaduto di incontrare – un esemplare come te. Potrei anche aggiungere un amico come te. E persino un genio come te. Ma, pur sapendo che non faresti nulla per schermirti, non vorrei sprecare subito le mie cartucce. Tutto cominciò con “Pressing”, un giornalino di provincia che parlava di basket…

Marino Bartoletti

Caro Lucio ti scrivo.

25 lettere, una grande amicizia e qualche segreto

dello stesso autore:

La cena degli dei

Il ritorno degli dei

La discesa degli dei

La partita degli dei

Il Festival degli dei

Almanacco del Festival di Sanremo

ISBN 979-12-221-1079-0

Prima edizione novembre 2025

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2029 2028 2027 2026 2025

© 2025 Carlo Gallucci editore srl - Roma

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Marino Bartoletti

Caro Lucio ti scrivo

25 lettere, una grande amicizia e qualche

segreto

A Lucio perché ancora non ho capito
dove si sia nascosto

L’ambasciata di Odovilio

Caro Lucio ti scrivo, perché credo di non averlo mai fatto. O forse sì, ma non sono sicurissimo. Potrebbe essere accaduto verso l’autunno del 1970, poco prima di conoscerci. Di certo non avevo mai incontrato – né mi sarebbe mai più accaduto di incontrare – un esemplare come te. Potrei anche aggiungere un amico come te. E persino un genio come te. Ma, pur sapendo che non faresti nulla per schermirti, non vorrei sprecare subito le mie cartucce.

Tutto cominciò con “Pressing”: eh sì, è un “brand” che non hai inventato tu (per la tua celebre casa di produzione discografica) e per la verità neanch’io (che pure l’ho… sfruttato più di una volta nella mia vita professionale): a quei tempi bastava semplicemente essere appassionati di pallacanestro per usarlo con una certa familiarità. At-

tenzione “appassionati” di pallacanestro e basta! Perché all’epoca era l’unico sport nel quale quel termine veniva utilizzato. Il calcio lo avrebbe copiato solo molto, molto tempo dopo. E spesso a sproposito.

La mia “Pressing” era una piccola rivista di provincia che avevo ideato e fondato a vent’anni con l’intenzione o perlomeno con la speranza, pensa un po’, di diventare un giornalista. Parlava ovviamente di basket e la confezionavo tutta da solo: ne ero (si fa per dire) direttore, caporedattore, ragazzo di bottega, inviato, fotografo, fattorino, procacciatore di pubblicità e qualsiasi altra cosa che potesse farla funzionare. Salvo rarissime eccezioni, la assemblavo io stesso dalla prima all’ultima pagina, aggiungendo al mio nome le firme più fantasiose e anche alcuni miei anagrammi (compreso quel Lamberto Trinotai che, a un certo punto, diventò persino più… famoso di me, e per la verità ci voleva davvero poco).

Mi concedevo solo un coraggioso e orgoglioso vezzo: quello di poter impreziosire la rivista con una “terza pagina” di buon profilo che ospitasse l’articolo di un giornalista o comunque di un personaggio più o meno celebre

che in qualche modo avesse a che fare col basket. Così cominciai a scrivere a chiunque (da qui il mio dubbio di averlo fatto anche con te), dai più famosi professionisti del settore (quelli “veri”) a ex campioni, fino ai soggetti più impensabili, compresi letterati di grido dei quali cercavo di procurarmi gli indirizzi che non fossero solo quelli delle loro case editrici. Il grande Luciano Bianciardi – quello della Vita agra, per intenderci – forse mosso a commiserazione mi mandò un autentico gioiello dedicato alla “palla al corbello”, che pubblicai con immensa gioia e di cui conservo ancora l’originale dattiloscritto.

Ovviamente ti conoscevo già di fama (anche se la parte più “immortale” della tua vita professionale doveva ancora arrivare). Avevi partecipato – in effetti senza grandi esiti – a un paio di Festival di Sanremo: nel 1966 con l’audace Pafff… bum! in coppia con gli spaesati Yardbirds (appena vedovi di Eric Clapton, ma già con Jeff Beck in formazione) e nel successivo, drammatico 1967 con Bisogna saper perdere assieme ai più quotati Rokes. Avevi già inciso o firmato per la parte musicale canzoni piuttosto importanti (per esempio Il cielo, o Sylvie, o Occhi di ra-

gazza) nelle quali non era difficile intravvedere il tuo talento. Forse venivi ancora vissuto come un artista un po’ di nicchia e per la verità abbastanza incatalogabile, anche se chi capiva di musica aveva già moltissimi buoni motivi per ammirarti. Sapevo della tua passione per la pallacanestro che virtualmente ci univa, ma non avevo idea di come raggiungerti. Eri pur sempre Lucio Dalla e io solo uno sconosciuto aspirante a “nonsisabenechecosa”, seppur animato da tanta buona volontà.

Il piccolo colpo di fortuna fu un amico in comune che, nel caso specifico, era il tuo avvocato. Si chiamava Odovilio (perché era abbastanza evidente che uno con un nome normale – chessò, Mario o Giuseppe – a te non poteva interessare come assistente legale). Fu lui a telefonarti davanti a me, accennando sommariamente alla ragione della mia richiesta e a passarmi quella che allora si chiamava “cornetta”. Tu fosti molto disponibile (o forse mosso a compassione, non so) e mi dicesti: «In questi giorni non ho molto da fare. Vieni da Vito che ne parliamo».

Da Vito? Odovilio intercettò il mio stupore, ma mi ras-

sicurò con un gesto della mano che più o meno voleva dire “tranquillo, poi ti spiego di che cosa stiamo parlando”.

Percorsi con la mia 500 L targata FO i sessanta chilometri che mi separavano da te. Per non correre rischi arrivai con due ore di anticipo alla celebre “osteria fuori porta”. Mezzo secolo fa, oltretutto, fra via Musolesi e via Paolo Fabbri si parcheggiava con molta facilità. Rimasi in macchina fino a che ti vidi girare l’angolo a capo di un piccolo codazzo. Cercai di essere disinvolto, ma la mia emozione ti intenerì. «Dai, Bartolino, raccontami bene cosa vorresti da me». Mi avresti chiamato “Bartolino” (o “Bart”) per tutta la vita. E mi andò pure bene, perché altri amici, di solito, li battezzavi con soprannomi assurdi.

Ti dissi del mio giornaletto (di cui avevo portato duetre copie che mi sembravano quelle venute meglio): lo sfogliasti con apparente attenzione. Avanzai la mia richiesta e tu fosti molto gentile: «Dammi qualche giorno e ti faccio avere l’articolo. Ma a una condizione: che tu non pubblichi una sola parola o una sola virgola diverse da quelle che ho scritto. D’altra parte, come puoi immaginare, sarà un capolavoro». La tua minuscola corte annuì.

Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di ottobre 2025 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI

MARINO BARTOLETTI (Forlì, 1949) è uno dei più celebri giornalisti italiani. Ha condotto e spesso ideato trasmissioni storiche come Il processo del lunedì, La Domenica Sportiva, Pressing, Quelli che il calcio. È stato direttore del “Guerin Sportivo” e dell’Enciclopedia Treccani dello Sport, oltre che delle testate sportive della Rai e di Mediaset. È una delle figure televisive più amate dal pubblico e anche un grande esperto di musica. In particolare della storia del Festival di Sanremo, del quale è stato giurato, opinionista e anche selezionatore delle canzoni in gara. I suoi romanzi hanno riscosso un incredibile successo di pubblico e di critica, tanto che La cena degli dei si è aggiudicato i premi Selezione Bancarella, Invictus, Libri d’Ulisse e Samadi, Il ritorno degli dei ha vinto i premi Bancarella Sport e Città di Castello, La discesa degli dei i premi Kerasion e Terre d’Agavi e La partita degli dei il premio Lorenzo D’Orsogna. L’ultimo romanzo, Il Festival degli dei, è dedicato a Sanremo. Sempre con Gallucci ha in corso di pubblicazione la serie per ragazzi La squadra dei sogni. È inoltre autore dell’Almanacco del Festival di Sanremo e della Storia del calcio azzurro in 50 ritratti con il marchio Centauria.

In copertina

Foto dall’archivio personale dell’autore

Foto dell’autore: © Sandra e Urbano fotografi

Art director: Francesca Leoneschi

Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorld ofDOT

Ci manchi, mi manchi tanto Lucio. Per una volta –ti prego – di’ la verità, vecchio bugiardo. Il tuo è stato solo uno scherzo. Non un addio! Marino Bartoletti rievoca i ricordi più intimi di Lucio Dalla, svela aneddoti spesso inediti, riporta le frasi dette e quelle rimaste finora nel cuore. Caro Lucio ti scrivo è la testimonianza di una vita fatta di passioni comuni – il calcio, la pallacanestro, i fumetti, con la musica a fare da sfondo –, ma anche di singolari episodi privati, dall’inizio del loro rapporto alla serata finale del Festival di Sanremo 2012, quando si sorrisero e si abbracciarono per l’ultima volta.

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