All’interno: Listino prezzi materiali di interesse per la meccanica varia n. 808 – Costo orario medio dell’operaio n.31 – Rivelazioni statistiche prestazioni di personale gennaio 2025
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Prima di ogni innovazione, prima di ogni traguardo, prima di ogni mobile frigorifero progettato, ci sono i nostri valori. Sono il punto di partenza e la nostra direzione: visione, ispirazione, cambiamento e servizio. Dal 1963, sono loro a guidarci in tutto il mondo. Ogni giorno, accendono nuove idee e orientano ogni scelta. A EUROSHOP 2026, portiamo con noi tutto questo. E anche qualcosa in più.
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L’Industria Meccanica
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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ROC N. 4397
Numero 744
In copertina Lucrezia Viperina
10 RUBRICA: i 400 caratteri
12 Il privilegio nascosto dietro la retorica del merito di Redazione Valore D
29 Scaffalature sicure: obbligo e scelta conveniente di Giuseppe Fabbri, Technical Advisor AISEM federata ANIMA Confindustria
34 Misure di Sicurezza e di Cautela Fondamentali nella Movimentazione materiali e loro stoccaggio di Rolando Dubini, Avvocato Cassazionista, Foro di Milano
56 L’evoluzione del Risk Assessment industriale nell’era del Cayber Resilience Act di Marco Carleo, Funzionario Tecnico Anima Confindustria
16 Il ruolo del WTO nella “guerra dei dazi” di Mauro Ippolito, iBan First
19 Materie prime critiche e CBAM. La nuova frontiera della compliance doganale per le imprese meccaniche di Easyfrontier
26 Scelta di carriponte: guida pratica per produttività e sicurezza
di Matteo Frigo, Demag Sales Manager e Marco Albanese, ANIMA Confindustria
44 Il nuovo volto dell’atomo: startup, opportunità e limiti di SMR, Gen-IV e fusione di Daniele Cavioni
62 L’importanza della finitura nell’automotive: dove nasce la qualità percepita e reale di Manuela Casali, Association Manager UCIF
65 Nasce Assoprisma, associazione dei produttori italiani soluzioni e mercati automatici di Lucrezia Benedetti
48 Energia nucleare,nuovi sviluppi per una filiera industriale italiana di Paolo Gianoglio, Direttore Innovazione, Sviluppo e Relazioni Associative di ICIM Group e Amministratore Delegato di Omeco srl
66 RUBRICA: Tecnologia, novità da tenere d'occhio
Energia
Rinnovabili battono carbone, ma con calma
Le energie rinnovabili per la prima volta superano la produzione del carbone, secondo l’ultimo rapporto Agenzia Internazionale dell’Energia, ma il ritmo dell’espansione non è sufficiente: al 2030 la capacità installata sarà solo 2,6 volte quella del 2022, rispetto al target di triplicarla. A frenare sono gli stimoli fiscali ridotti negli USA e il passaggio cinese da tariffe regolate ad aste che ha penalizzato la redditività dei progetti. In Europa e India le dinamiche restano buone, ma non basteranno a colmare il gap.
Tutto in strada
In Italia, gli pneumatici fuori uso (PFU) vengono raccolti, trattati e trasformati in granuli e polverino di gomma che trovano seconda vita nelle infrastrutture: più di 900 km di strade sono già realizzate con asfalti modificati contenenti gomma riciclata. I nuovi criteri ambientali minimi (CAM) spingono le pubbliche amministrazioni a usare materiali sostenibili, aprendo la strada a strade più sicure, silenziose e resistenti. L’intera filiera — dalla raccolta alla progettazione — diventa un modello concreto di economia circolare, con benefici ambientali, sociali ed economici.
Riciclo
Il privilegio nascosto dietro la retorica del merito
di Redazione Valore D
In Italia la mobilità sociale è tra le più basse d’Europa: secondo l’OCSE, solo il 2% di chi nasce in famiglie a basso reddito riesce a raggiungere i livelli più alti di benessere economico.
Idati del Rapporto ISTAT 2024 confermano che l’Italia è un Paese con una mobilità sociale limitata. Un bambino che nasce in un contesto di deprivazione economica, spesso accompagnato da un basso livello di istruzione, molto probabilmente diventerà un adulto con lo stesso status socio-economico. In un simile scenario, le disuguaglianze economiche e sociali tendono a rafforzarsi, riproducendosi da una generazione all’altra. Ciò significa che chi nasce in un ambiente privilegiato — con accesso a un’istruzione di qualità, reti sociali solide, assenza di discriminazioni sistemiche — parte con vantaggi competitivi invisibili, che il sistema fatica a riconoscere o a riequilibrare. Al
contrario, per chi nasce in condizioni svantaggiate, il talento e l’impegno personale sono spesso soffocati da barriere strutturali che impediscono la trasformazione delle capacità in reali opportunità di crescita. In questo senso, l’altra faccia del merito è il privilegio.
Come scrivono Andrea Colamedici e Maura Gancitano in Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo, la retorica del “Se vuoi puoi” ha contribuito a cancellare l’idea di classe, ignorando il peso delle condizioni di partenza. “L’ascensore sociale è rotto. O meglio, forse non ha mai funzionato”, osservano gli autori, sottolineando come la narrazione meritocratica — quella che celebra chi
“ce l’ha fatta da solo” — riesca ancora a convincere perché promette a chiunque di essere “the chosen one”, a patto di impegnarsi e rispettare le regole. È proprio qui che si innesta il concetto di privilegio, dal latino privilegium, “legge particolare per il singolo”. Ovunque una persona sperimenti uno svantaggio strutturale, qualcun altro ne trae beneficio. Per affrontare discriminazioni e disparità, è necessario prima di tutto riconoscere i privilegi che le alimentano. Tuttavia, il privilegio è spesso invisibile: chi ne gode tende a percepire la propria condizione come naturale o meritata, rafforzato dalla retorica del merito che legittima disuguaglianze sistemiche. Nel discorso pubblico, “merito” è diventata una parola chiave, sinonimo di equità, talento e possibilità di affermazione personale. Ma il mondo del lavoro — spesso presentato come un palcoscenico neutrale dove le persone più capaci emergono grazie alle proprie competenze — è tutt’altro che imparziale. È attraversato da disuguaglianze di genere, classe, etnia, abilità e orientamento sessuale che influenzano concretamente le opportunità.
La retorica meritocratica presuppone che tutti partano dalle stesse condizioni e che l’impegno individuale basti a
superare ogni ostacolo. Ma la realtà è più complessa: il merito non può essere separato dal contesto socioeconomico e culturale in cui una persona cresce. Parlare di privilegio del merito significa riconoscere che talento e dedizione si intrecciano con fattori esterni — spesso invisibili a chi ne beneficia — che determinano chi può davvero “emergere”.
Per costruire ambienti di lavoro realmente inclusivi serve un cambio di prospettiva. Non si tratta di negare il valore dell’impegno o del talento, ma di interrogarsi sulle condizioni che ne favoriscono o ne ostacolano l’espressione. Riconoscere i privilegi invisibili, abbattere le barriere strutturali e promuovere politiche di equità, mentoring e accesso alle opportunità sono passi fondamentali per rendere il merito uno strumento di crescita collettiva, non un meccanismo che legittima l’esclusione.
Ripensare il concetto di meritocrazia significa considerarlo non come un premio individuale, ma come il risultato di un sistema capace di valorizzare i talenti nella loro diversità, partendo dalla consapevolezza delle disuguaglianze che li attraversano. Non è solo una questione di giustizia: è un investimento strategico nel futuro.
Il ruolo del WTO nella “guerra dei dazi”
di Mauro Ippolito, iBan First
Negli ultimi anni il commercio internazionale è stato dominato dalle tensioni tariffarie, spesso etichettate come una "guerra dei dazi". Al centro del dibattito si è posta in particolare la decisione degli Stati Uniti, sotto la presidenza di Donald Trump, di applicare dazi significativi sui suoi partner commerciali, con l'obiettivo dichiarato di riequilibrare una bilancia commerciale ritenuta troppo sfavorevole agli USA. Ne sono seguiti articoli, commenti e report che hanno unanimemente previsto un impatto negativo sull’economia mondiale e, soprattutto, sulle società esportatrici.
Èinnegabile che l’impatto dei dazi unilaterali abbia un peso sull’economia mondiale e che la "guerra dei dazi" non sia un fenomeno nuovo. A volte, la scelta di queste tariffe sulle importazioni serve a preservare il mercato interno; altre volte è usata come carta politica per ottenere in cambio accordi bilaterali. Altre volte ancora è uno strumento per evitare la concorrenza sleale fatta da prodotti a basso costo e di qualità molto bassa che potrebbero avere effetti negativi sulle imprese locali concorrenti.
In questo scenario di accesa conflittualità, l'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization abbreviata con la sigla WTO) riafferma il suo ruolo storico e centrale: quello di smantellare, non di preservare, le barriere commerciali nazionali. L'obiettivo primario del WTO, ereditato dal vecchio GATT, rimane la progressiva riduzione dei dazi doganali e la promozione di un commercio internazionale più libero, prevedibile e trasparente.
Il WTO stabilisce che le tariffe debbano essere negoziate e ridotte, imponendo impegni rigorosi sulle "tariffe vincolate" (binding) e sancendo i principi di non discriminazione tra partner commerciali (clausola della Nazione Più Favorita). L'azione unilaterale degli
Stati Uniti, in molti casi, è stata infatti oggetto di contenziosi e giudizi di illegittimità proprio presso i panel di risoluzione delle controversie del WTO.
Tuttavia, il WTO non è un’istituzione puramente anti-dazio. Il suo quadro normativo riconosce il diritto degli Stati membri di difendere la propria economia da pratiche scorrette, prevedendo l'imposizione temporanea di dazi in casi strettamente regolamentati:
• Dazi Antidumping: Contro l'importazione di prodotti venduti a prezzi slealmente bassi.
• Misure Compensative: Per neutralizzare i sussidi statali ingiusti ricevuti dai produttori esteri.
• Clausole di Salvaguardia: Per proteggere temporaneamente l'industria nazionale da un aumento imprevisto delle importazioni.
• Sicurezza Nazionale (Art. XXI): Una clausola molto controversa e strettamente interpretata, che permette l’applicazione di dazi finalizzati alla protezione degli interessi essenziali di sicurezza, sebbene l'uso fatto dagli Stati Uniti in tempi recenti sia stato spesso contestato dall'Organizzazione stessa.
In pratica, mentre il WTO risulta essere la forza trainante dietro la riduzione dei dazi globali, il suo sistema di risoluzione delle controversie agisce come arbitro globale. In particolare, si occupa di stabilire se l'uso dei dazi da parte delle nazioni (come nel caso USA-Cina/UE) rientri nelle eccezioni legittime per una "difesa commerciale" o se costituisca una violazione delle regole concordate che minaccia il sistema multilaterale.
L’Europa tra difesa commerciale e transizione verde
In questo quadro, l’Unione Europea non è attore passivo, ma adotta una gamma di strumenti commerciali (dazi ordinari, misure di difesa commerciale e misure ricomprese nelle sanzioni/contromisure) per proteggere industrie strategiche e rispondere a pratiche commerciali percepite come sleali o a barriere imposte da partner. Negli anni ha agito attivamente al fine di preservare l’economia europea e a salvaguardi delle imprese locali. In particolare, l’Europa si è mossa contro tre principali attori del commercio globale: Cina, India e Stati Uniti.
Abbiamo già lungamente affrontato il motivo per il quale l’Europa ha deciso di raggiungere un accordo con gli Stati
Dal 2026 entrerà pienamente in vigore il Carbon Border
Adjustment Mechanism (CBAM), il nuovo strumento ambientale
dell’UE che impone costi aggiuntivi sui prodotti importati con alte emissioni di CO₂, come acciaio, alluminio e cemento.
Uniti, si veda l’articolo Dazi commerciali. C'è un vincitore? sul numero 743 de L’Industria Meccanica, si è, invece, parlato meno dei dazi che l’Europa ha imposto nei confronti degli altri due partner commerciali, in particolare nei confronti della Cina.
La motivazione della politica daziaria dell’Europa è finalizzata alla difesa commerciale (dazi antidumping e compensativi) rientrando nella sfera delle concessioni delle regole del WTO. L'obiettivo dell'Unione Europea, a differenza di quanto ha fatto gli Stati Uniti ad esempio, non è quello di imporre barriere generiche, ma di garantire la parità di condizioni (level playing field) e proteggere le industrie europee solo quando la concorrenza estera è resa sleale dai sussidi statali o dal dumping sui prezzi (una pratica commerciale sleale in cui le merci vengono esportate a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato interno o al costo di produzione).
In particolare, i prodotti che sono stati oggetto di queste azioni hanno interessato la mobilità elettrica, dalle auto alle e-bike, prodotti in Cina. Questo perché spesso le aziende cinesi usufruiscono di sussidi statali elevati e sleali al fine di aumentare la produzione interna finalizzata all’export. Secondo la Commissione Europea, questi sussidi distorcono i prezzi e consentono alle aziende cinesi di vendere i veicoli nel mercato europeo a prezzi artificialmente bassi, minacciando gravemente l'industria auto-
mobilistica europea. C’è da dire, tuttavia, che la Cina beneficia di una catena di approvvigionamento privilegiata avendo a disposizione le materie prime per la produzione di batterie elettriche. L’aliquota imposta dall’Unione Europea nei confronti della mobilità elettrica si divide in due: un dazio ordinario del 10% sull’import di auto, e un dazio compensativo aggiuntivo variabile (che può superare il 38%) imposto specificamente per neutralizzare l'effetto dei sussidi cinesi.
I dazi antidumping, invece, hanno riguardato una serie di oggetti ritenuti sensibili quali, i prodotti siderurgici (in particolare acciaio e alluminio), i pannelli solari, le ceramiche, le biciclette e altri beni di consumo. L’elenco è talmente ampio che riguarda quasi tutti i settori merceologici. In questo caso l’azione dei dazi è finalizzata a evitare che le aziende europee possano perdere quote di mercato a favore di quelle cinesi. Ciononostante, i dazi antidumping sono spesso oggetto di richiami al WTO da entrambe le parti.
Come detto, oltre a Cina e Stati Uniti, anche l’India è soggetta ai dazi europei. In questo caso ad essere “punito” è principalmente il settore siderurgico, in particolare quello dell’acciaio, con misure valide fino al 2026 che prevedono una tariffa addizionale del 25 % per le importazioni oltre una determinata quota. Questa azione, secondo le stime del Business Standard, avrebbe portato il governo di Nuova Delhi a perdere oltre 1,4 miliardi di dollari di
export nel solo anno fiscale 2023-24. Ma, per l’India i prossimi dazi previsti potrebbero avere impatti anche maggiori. Infatti, dal 2026 entrerà pienamente in vigore il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), il nuovo strumento ambientale dell’UE che impone costi aggiuntivi sui prodotti importati con alte emissioni di CO₂ — come acciaio, alluminio e cemento. Per l’India, ciò potrebbe tradursi in un onere equivalente a dazi tra il 20 % e il 35 %, secondo le stime dell’Economic Times. Bruxelles difende la misura come “necessaria per evitare la concorrenza sleale e la delocalizzazione in paesi con minori standard ambientali”.
Oltre ai dazi, Bruxelles impone severe regole ambientali, sociali e di tracciabilità per l’accesso al mercato unico. Le nuove norme UE sulla “deforestazione zero” e sulle catene di fornitura sostenibili rappresentano ulteriori ostacoli per i produttori indiani.
L’Europa impone dazi nei confronti dei propri partner commerciali, e questo senza che spesso il cittadino medio ne venga a conoscenza. Giusti o meno, questi dazi rientrano nella facoltà dei paesi di preservare l’economia locale da ingerenze esterne, sempre nel rispetto delle regole del WTO che resta arbitro solo se chiamato in causa, lasciando agli accordi bilaterali l’onere di regolamentare il commercio globale.
MATERIE PRIME CRITICHE E CBAM
LA NUOVA FRONTIERA DELLA COMPLIANCE
DOGANALE PER LE IMPRESE MECCANICHE
Nel 2025 l’Unione europea ha rafforzato in modo sostanziale la regolamentazione sulle importazioni di materiali ad alto impatto ambientale e sulle materie prime critiche, con effetti immediati per le imprese meccaniche che operano su scala internazionale. Le modifiche più rilevanti riguardano il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che introduce nuovi obblighi di rendicontazione e registrazione per le importazioni di acciaio, alluminio e altri materiali ad alta emissione di carbonio; e il Critical Raw Materials Act (CRMA), che stabilisce criteri di tracciabilità, sostenibilità e concentrazione geografica delle forniture di materie prime strategiche. Tali strumenti non solo ridefiniscono le responsabilità doganali, ma impongono alle aziende di integrare la gestione ambientale e la verifica della filiera direttamente nelle supply chain e nelle dichiarazioni di
IIl nuovo quadro europeo delle materie prime critiche
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 202 del 3 maggio 2024 ed entrato in vigore il 23 maggio
l meccanismo CBAM, ben noto agli operatori del settore, ha registrato nel 2025 modifiche sostanziali, con l’introduzione di semplificazioni procedurali, soglie di esenzione e nuovi obblighi di registrazione. La soglia “de minimis”, fissata a 50 tonnellate annue di beni coperti dal meccanismo consente ad alcune imprese di ridurre gli adempimenti relativi alla dichiarazione delle emissioni. Per tutte le imprese, invece, che superano tale soglia, dal 1° gennaio 2026 sarà obbligatorio essere registrati come dichiarante CBAM autorizzato: senza tale status, non sarà possibile importare alcuna merce soggetta al meccanismo. Contestualmente, la Commissione europea ha previsto misure mirate a proteggere gli esportatori UE dai rischi di perdita di competitività dovuta al CBAM, introducendo strumenti di compensazione e semplificazioni procedurali per garantire che la politica di carbon pricing non penalizzi le esportazioni europee.
di Easyfrontier
Dal 1° gennaio 2026 sarà obbligatorio essere registrati come dichiarante CBAM autorizzato: senza tale status, non sarà possibile importare alcuna merce soggetta al meccanismo.
2024, il Critical Raw Materials Act (CRMA, Regolamento (UE) 2024/1252), istituisce un quadro normativo per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche (Critical Raw Materials – CRM) nell’UE. Il CRMA, che fa parte della European Economic Security Strategy (Strategia europea per la sicurezza economica), nasce per ridurre la dipendenza dell’Unione da Paesi terzi (in particolare Cina) nella fornitura di materie prime indispensabili per settori strategici — come l’industria meccanica, elettronica, energetica e automobilistica — e per accelerare lo sviluppo di catene di approvvigionamento resilienti, sostenibili e circolari.
L’Allegato I del Regolamento elenca 34 materie prime critiche, mentre l’Allegato II individua 17 materie prime strategiche, ossia quelle con particolare rilevanza per la transizione verde e digitale, la difesa e lo spazio. Tra le principali figurano litio, nichel, cobalto, grafite, rame, bauxite, magnesio, manganese, terre rare, silicio metallico, platinoidi, titanio e tungsteno, materiali essenziali per la produzione di tecnologie a basse emissioni e componentistica industriale avanzata.
Il CRMA introduce elementi di rilievo per le imprese importatrici e per gli operatori delle filiere industriali: la Commissione europea potrà designare specifici progetti come strategici, garantendo loro corsie preferenziali nei procedimenti autorizzativi e agevolazioni nelle operazioni di importazione di macchinari e materiali funzionali alla loro realizzazione. È inoltre previsto un rafforzamento del monitoraggio dei flussi di importazione: gli Stati Membri e la Commissione dovranno raccogliere e condividere dati doganalmente rilevanti relativi alle materie critiche e ai
Le novità introdotte dal CBAM e dal CRMA ridefiniscono il concetto stesso di compliance doganale per il settore meccanico: non si tratta più esclusivamente di tariffe e classificazioni, ma di un approccio integrato che unisce sostenibilità, tracciabilità e gestione dei rischi lungo l’intera filiera.
prodotti che le contengono, integrando banche dati come la Tariffa Doganale Integrata dell’UE (TARIC) e i futuri sistemi di tracciabilità.
A ciò si aggiunge la possibilità di introdurre codici o note esplicative specifiche per facilitare l’identificazione doganale dei prodotti contenenti materie prime critiche, con conseguenze dirette sulla classificazione tariffaria e sulle regole d’origine. Le imprese saranno inoltre tenute a garantire la tracciabilità e la conformità ambientale delle proprie catene di fornitura, in coordinamento con altri strumenti normativi europei, come il Regolamento sulla deforestazione (EUDR) e il CBAM. Per i prodotti finiti o semilavorati che incorporano tali materiali, la conformità ai requisiti del CRMA potrà diventare condizione per accedere a preferenze tariffarie o evitare restrizioni future, configurando quindi una nuova area di attenzione per la compliance doganale delle imprese meccaniche europee.
Il legame tra CBAM e CRMA è stretto e strutturale: entrambi nascono nell’ambito della Strategia europea per la transizione verde e la sicurezza economica e mirano a rendere sostenibili e tracciabili le catene di approvvigionamento industriali. Il CBAM impone la rendicontazione delle emissioni incorporate nei beni importati, mentre il CRMA punta a garantire l’approvvigionamento sicuro e responsabile delle materie prime necessarie alla produzione di tali beni. Per le imprese, questo significa dover gestire in modo integrato i due livelli di compliance — ambientale e doganale — assicurando coerenza tra le informazioni dichiarate ai fini CBAM e quelle relative alla provenienza, alla composizione e alla sostenibilità dei materiali coperti dal
CRMA. Diventa quindi essenziale mappare con precisione le materie importate, distinguendo i beni soggetti al CBAM da quelli contenenti materie prime critiche, e predisporre una documentazione coerente, che descriva le emissioni incorporate, il ciclo produttivo, la tracciabilità e la provenienza dei materiali lungo tutta la filiera.
Per le imprese meccaniche, le implicazioni operative sono significative. È necessario classificare correttamente le merci, acquisire dai fornitori extraUE dati affidabili relativi a emissioni e processi di produzione, integrare tali dati nel sistema doganale interno e predisporre meccanismi di tracciabilità digitale in grado di garantire accesso rapido alle informazioni richieste dagli Organi di controllo. La valutazione dei rischi, la pianificazione di forniture alternative e l’adozione di contratti che prevedano obblighi di conformità ambientale diventano strumenti essenziali per garantire la continuità produttiva e la compliance normativa.
Le novità introdotte dal CBAM e dal CRMA ridefiniscono il concetto stesso di compliance doganale per il settore meccanico: non si tratta più esclusivamente di tariffe e classificazioni, ma di un approccio integrato che unisce sostenibilità, tracciabilità e gestione dei rischi lungo l’intera filiera. Le imprese che sapranno anticipare questi obblighi, organizzando processi interni efficaci e sistemi di raccolta dati adeguati, saranno in grado di trasformare la conformità normativa in un vantaggio competitivo, consolidando la propria resilienza in un contesto industriale sempre più attento alla sostenibilità e alla responsabilità dell’importatore.
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Dal 2024, il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) è la nuova sfida per le aziende che importano prodotti ad alto impatto carbonico. Gestire correttamente gli adempimenti significa evitare sanzioni, garantire trasparenza ambientale e difendere la competitività aziendale. Con Easyfrontier for CBAM, tutto questo diventa semplice.
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SCELTA DI CARRIPONTE:
GUIDA PRATICA PER PRODUTTIVITÀ
E SICUREZZA
di Matteo Frigo, Demag Sales Manager e Marco Albanese, ANIMA Confindustria
La sicurezza sul lavoro costituisce il pilastro essenziale in ogni contesto industriale, poiché garantire un ambiente sicuro, oltre che tutelare l’integrità fisica degli operatori, significa anche creare le condizioni per il funzionamento ottimale dell’intera struttura produttiva. La scelta e la valutazione accurata dei carriponte assumono, in questo quadro, un ruolo strategico.
Oltre al rispetto delle normative vigenti è fondamentale adottare soluzioni tecnologiche e organizzative capaci di limitare al massimo i rischi di incidenti, malfunzionamenti ed errori operativi. Investire in gru adeguate implica selezionare strumenti progettati secondo criteri di sicurezza intrinseca, affidabilità e semplicità d’uso. L’impiego di macchine sicure e ben specificate tutela gli operatori, riduce il rischio di incidenti e favorisce operazioni più fluide
e produttive. Inoltre, una gru progettata correttamente consente di contenere i fermi macchina, abbreviare i tempi di manutenzione straordinaria e ottimizzare i processi, con effetti positivi sulla continuità e sull’efficienza produttiva.
Importanza della scelta della gru (carriponte)
La scelta di una gru adatta al lavoro da svolgere è essenziale per garantire sicurezza nei luoghi di lavoro e livelli elevati di produttività. È necessario valutare ogni aspetto operativo e ambientale: dalla struttura di sostegno alla movimentazione dei materiali, fino alla formazione degli operatori e alle procedure di manutenzione. È utile ricordare che la responsabilità della scelta corretta ricade sul datore di lavoro (D.Lgs. 81/2008 - Articolo 71-1), che deve assicurare che l’attrezzatura sia adeguata alle caratteristiche specifiche dell’attività, ai rischi presen-
ti nell’ambiente di lavoro e ai possibili pericoli derivanti dall’interferenza con altre attrezzature già presenti o in funzione. Il costruttore della gru offre un supporto fondamentale nella scelta. La norma UNI EN 15011:2021 – Apparecchi di sollevamento: gru a ponte e a cavalletto – sottolinea quanto sia essenziale uno scambio completo di informazioni tra l’utilizzatore e il costruttore riguardo le modalità d’uso e il contesto operativo della gru. Per agevolare e indirizzare questo dialogo tra acquirente e costruttore, AISEM (Associazione italiana sistemi di sollevamento, elevazione e movimentazione) federata Anima Confindustria, ha realizzato la “Guida alla scelta di gru a ponte, a cavalletto e a braccio” una risorsa pratica per orientare la scelta e prevenire errori operativi. Questa guida facilita il dialogo costruttivo tra acquirente e costruttore, garantendo che le informazioni relative all’utilizzo previsto, ai carichi e alle condizioni ambientali siano condivise in modo completo e dettagliato. La guida sopracitata suggerisce di considerare attentamente diversi parametri, quali: tipo di servizio, portata e classe della macchina, scartamento, alzata utile, accostamenti, velocità dei movimenti, tipo di comandi, dispositivi di sicurezza, alimentazione, vie di corsa e strutture di sostegno, nonché accesso per manutenzione. Ciascuno di questi aspetti va valutato in relazio-
ne al contesto operativo, al tipo di materiale movimentato e alla frequenza d’uso della gru, prevenendo inefficienze, sovraccarichi e potenziali rischi.
La prima considerazione riguarda il tipo di servizio per cui la gru è destinata. Le gru di processo, in particolare quando operano in ambienti gravosi come fonderie, cementerie, siderurgia o porti, richiedono soluzioni robuste. Le gru di servizio, destinate ad attività di magazzino, assemblaggio o montaggio, necessitano di un’analisi dettagliata dei cicli di movimentazione previsti.
È essenziale valutare anche l’eventuale necessità di ribaltare carichi, movimentare carichi lunghi o instabili e operare con più unità di sollevamento in modalità tandem. La definizione precisa delle caratteristiche del carico e degli accessori sottogancio (ganci, benne, traverse magnetiche) rappresenta un passaggio chiave per la sicurezza, considerando dimensioni, peso e numero dei punti di presa, oltre a eventuali rischi fisici o chimici. Particolare attenzione va riservata alla movimentazione di materiali pericolosi come metalli fusi, liquidi, gas o carichi sospesi sopra recipienti e condutture sensibili.
La portata nominale è un parametro fondamentale, ma non basta a garantire robustezza e durata della macchina. La solidità e la resistenza alla fa-
tica dipendono principalmente dalla classe della macchina, definita secondo EN 13001-1 o ISO 4301-1. Scelte errate in merito alla classe possono ridurre drasticamente la vita utile della gru: una classe superiore può raddoppiare la durata prevista, mentre una inferiore può dimezzarla. La classe di utilizzo ha anche un impatto sulla validità degli intervalli dei controlli di manutenzione previsti, una classe inferiore al necessario comporta dover accorciare i tempi tra i controlli. Per determinare le classi dei meccanismi e delle strutture dei carriponte è necessario definire il numero di cicli giornalieri e annuali, le corse e le velocità medie dei movimenti e lo spettro di carico, ossia la percentuale di sollevamenti a pieno carico o parziale. È importante considerare anche il peso degli accessori sottogancio e verificare la compatibilità delle strutture di sostegno – vie di corsa, pilastri, colonne – con la vita utile prevista della macchina.
Lo scartamento è l’interasse delle ruote di scorrimento del ponte che deve essere compatibile alla distanza tra i binari di scorrimento della gru, misurata almeno in tre punti, per individuare il valore massimo e quello minimo; l’interasse dei binari dovrebbe rispettare le tolleranze previste dalla norma ISO 12488. La corsa massima dell’unità di presa dipende dalla geometria del luogo di installazione, dalle
Sicurezza e produttività si presentano come elementi strettamente interconnessi. Un investimento mirato nella scelta dei carriponte offre protezione a chi lavora e genera un ritorno concreto per l’azienda, con operazioni più affidabili, processi più efficienti e un’organizzazione industriale più resiliente e competitiva nel tempo.
dimensioni del carroponte e dall’ingombro di un’eventuale attrezzatura amovibile.
Gli accostamenti laterali e longitudinali definiscono l’area effettiva di lavoro, all’interno della quale vanno attentamente valutate eventuali interferenze o ostacoli.
Anche la scelta delle velocità dei movimenti è fondamentale. Sollevamento, traslazione del carrello, scorrimento del ponte e rotazione del gancio devono essere bilanciati tra precisione, tempi ciclo e sicurezza.
Il comando (manuale, automatico, radiocomando, pulsantiera pensile, cabina o pulpito fisso) deve essere selezionato considerando visibilità, distanza dall’area di carico, intensità di utilizzo e sicurezza degli operatori.
È necessario valutare, sulla base dell’analisi dei rischi ed in considerazione della tipologia e pericolosità del carico da movimentare, la necessità di aumentare il PL (Performance Level) di alcune funzioni di sicurezza o
l’aggiunta di ulteriori dispositivi, ad esempio:
• freno/i di emergenza sull’albero lento (tamburo/i avvolgi-fune) in grado di intercettare eventuali condizioni di guasto pericoloso della catena cinematica di sollevamento,
• finecorsa supplementari di emergenza sul sollevamento o sui movimenti orizzontali,
• dispositivi di anti-deragliamento sullo scorrimento del ponte,
• dispositivi di distanziamento tra le gru.
L’alimentazione elettrica della gru deve essere adeguata alla potenza richiesta, rispettando tensione e frequenza compatibili, con punti di presa facilmente accessibili e corretta messa a terra.
Inoltre, particolare attenzione deve essere posta all’accesso alla gru per
manutenzione, ispezione e operazioni di comando. Passerelle, ballatoi, scale, punti di ancoraggio, linee vita e vie di fuga contribuiscono a proteggere gli operatori durante tutte le fasi operative, rendendo le attività quotidiane più sicure ed efficienti.
La scelta della gru può includere funzionalità opzionali volte a incrementare sicurezza e produttività, come interblocchi di zone ad accesso limitato, gestione anticollisione tra gru, luci, visualizzatori di carico, bozzelli motorizzati, alimentazione accessori e black box per registrazione cicli operativi. La valutazione di queste opzioni deve essere effettuata con il costruttore, considerando la destinazione d’uso e le esigenze operative specifiche. Queste funzionalità, se integrate correttamente, riducono il rischio di errori umani, migliorano l’efficienza della movimentazione e ottimizzano l’utilizzo delle risorse aziendali, garantendo sicurezza e conformità normativa.
SCAFFALATURE SICURE:
OBBLIGO E SCELTA CONVENIENTE
di Giuseppe Fabbri, Technical Advisor AISEM federata ANIMA Confindustria
Avere scaffalature sicure e affidabili non rappresenta solo un obbligo di legge, ma una scelta strategica e conveniente sotto ogni punto di vista. È auspicabile che questa consapevolezza diventi sempre più diffusa tra i datori di lavoro e i responsabili della sicurezza, poiché la corretta gestione delle scaffalature permette di ottimizzare la produttività, ridurre sprechi e prevenire incidenti, con benefici tangibili sia in termini economici sia organizzativi. Oltre a garantire la conformità alle normative vigenti, una politica aziendale orientata alla sicurezza riduce significativamente il rischio di sanzioni, che possono essere particolarmente gravose per le piccole e medie imprese.
PL’acquisto di una gru è un investimento strategico che incide sulla sicurezza, sull’efficienza operativa e sulla produttività complessiva dell’azienda. È evidente che ogni parametro contribuisce in maniera significativa alla durata della gru, alla protezione degli operatori e alla continuità delle operazioni. In effetti, una valutazione accurata e integrata di tutti questi fattori permette di prevenire incidenti, ridurre fermi macchina e ottimizzare le risorse disponibili, creando un ambiente di lavoro più sicuro e affidabile. Anche la considerazione di funzionalità opzionali può fare la differenza nella gestione quotidiana delle attività, migliorando la precisione e riducendo il rischio di errori umani.
È opportuno ricordare che la scelta della gru deve essere sempre supportata da dati concreti, norme tecniche aggiornate e linee guida operative, come quelle fornite dalla “Guida AISEM alla scelta di gru a ponte, a cavalletto e a braccio”. Un approccio strutturato e consapevole non solo tutela la sicurezza degli operatori ma valorizza anche l’investimento dell’azienda, garantendo che la macchina selezionata risponda perfettamente alle esigenze specifiche dell’attività produttiva e alle sfide dell’ambiente di lavoro.
In definitiva, la scelta oculata della gru si traduce in un duplice vantaggio, protezione delle persone e massimizzazione dell’efficienza operativa, dimostrando come sicurezza e produttività possano e debbano camminare di pari passo.
ossiamo parlare di convenienza, sotto vari punti di vista, valutabile concretamente anche nei bilanci aziendali: dai costi di acquisizione e manutenzione delle scaffalature, ai costi di formazione e aggiornamento del personale, fino alle spese di verifica e certificazione del sistema. Ma accanto alla convenienza economica, esiste una “convenienza strategica”, intesa come opportunità di rafforzare la competitività dell’impresa: la sicurezza del magazzino previene fermi produttivi, contenziosi, infortuni, danni alle merci e perdita di reputazione, tutti elementi difficilmente quantificabili ma decisivi per la solidità aziendale. Non è un caso che si parli ormai di una sorta di “contabilità parallela della sicurezza”, utile per misurare i benefici indiretti di una gestione consapevole e responsabile. La sicurezza è il risultato di una pianificazione accurata, dell’applicazione di procedure certificate e del costante controllo operativo. Diffondere questa cultura a tut-
ti i livelli aziendali significa trasformare la sicurezza in un elemento distintivo di eccellenza. La scelta di dotarsi di scaffalature sicure non dovrebbe essere guidata solo dal vincolo normativo, ma dovrebbe invece rappresentare un investimento pianificato e condiviso, parte integrante della cultura aziendale. La sicurezza, infatti, nasce da una visione d’impresa: dalla pianificazione accurata delle operazioni, dall’esecuzione professionale e dai controlli costanti, fino alla diffusione di buone pratiche, da applicare a ogni livello organizzativo. Solo così essa diventa una componente identitaria, un modo di lavorare e di “essere eccellenti” in ogni ruolo e in ogni fase produttiva.
Dal datore di lavoro – che è il primo responsabile e anche il primo esposto alle conseguenze della mancata sicurezza –fino agli operatori impegnati nelle attività quotidiane, la sicurezza delle scaffalature deve essere un obiettivo comune, che genera soddisfazione, senso di appartenenza e motivazione. Al contrario, la sottovalu-
tazione del rischio o l’utilizzo di scaffalature non conformi, prive di progetto e di certificazioni, magari recuperate senza le dovute verifiche o per mancanza di tempo, introducono nel magazzino una “non-sicurezza” sistemica, che rappresenta una zavorra per l’efficienza operativa e una vera e propria “spada di Damocle” per le responsabilità del datore di lavoro. Negli ultimi anni si è scritto molto sull’obbligo di monitorare costantemente lo stato di efficienza delle scaffalature, indipendentemente dal tipo di magazzino o dal settore produttivo. Una manutenzione programmata e documentata non è solo una buona prassi, ma un requisito essenziale di sicurezza. Il crescente numero di pubblicazioni, linee guida e documenti tecnici – anche se non sempre cogenti – dimostra l’interesse crescente delle imprese verso una gestione più consapevole e strutturata della sicurezza all’interno dei magazzini. Tuttavia, persiste ancora una certa disinformazione “comoda” e superfi-
La guida AISEM
ciale, spesso basata sul “sentito dire” o su interpretazioni di seconda mano, che alimentano l’illusione di un risparmio immediato ma espongono a rischi elevati.
AISEM, in linea con la propria missione istituzionale, si impegna da anni a offrire informazioni tecniche attendibili e aggiornate, basate su ricerche scientifiche, normative europee e best practice internazionali, per supportare i datori di lavoro nelle decisioni legate alla sicurezza delle attrezzature di immagazzinaggio. Oggi il mercato dimostra una crescente sensibilità sul tema: gli utilizzatori sono più consapevoli e le aziende produttrici si stanno adeguando a standard sempre più elevati, con un impatto positivo anche sui contratti di fornitura e sui rapporti tra costruttori e clienti.
Nel 2024, la pubblicazione della Guida Inail sulla scelta, l’utilizzo e la manutenzione delle scaffalature portapallet ha rappresentato un punto di svolta per il settore. Questo documento, redatto da un ente autorevole e di alto profilo tecnico-scientifico, rende accessibili a tutti gli operatori le migliori prassi operative, con un linguaggio chiaro e immediato. La Guida integra la norma EN 15635:2009, che già definiva criteri e procedure per la manutenzione e la sicurezza, ma con un approccio più concreto e funzionale alle esigenze delle imprese.
In particolare, il capitolo V della Guida Inail, dedicato alla valutazione del rischio, fornisce per la prima volta un metodo dettagliato per analizzare i rischi lungo l’intero ciclo di vita della scaffalatura: dal montaggio e smontaggio, fino all’utilizzo quotidiano e alla manutenzione straordinaria. Sia la norma europea, sia la Guida nazionale, condividono un principio fondamentale: la sicurezza dipende dalla consapevolezza del singolo e dalla collaborazione dell’intera squadra. Agire secondo procedure condivise e pianificate riduce la possibilità di errore umano e aumenta la resilienza del sistema.
Comprendere la struttura e il funzionamento delle scaffalature è un elemento chiave per chi opera nei magazzini. Un danno anche minimo, come una deformazione di un montante o una saldatura compromessa, può influire sull’intera stabilità dell’impianto, generando effetti a catena difficili da individuare tempestivamente. Allo stesso modo, l’utilizzo di unità di carico difettose o inadeguate compromette la sicurezza complessiva, per cui è indispensabile stabilire regole chiare e condivise di controllo e manutenzione preventiva.
La formazione del personale rappresenta il primo e più efficace strumento di prevenzione. Deve essere non solo teorica, ma calata nella realtà operativa, con momenti di addestramento pratico in magazzino. Ogni figura aziendale – dal manager all’operatore – deve essere formata secondo la norma UNI EN 15635 e i documenti correlati, per acquisire un senso critico e la capacità di valutare lo stato di conservazione delle attrezzature. Dopo la formazione generale, è essenziale adattare la conoscenza alla realtà operativa specifica, sviluppando competenze pratiche e procedure interne coerenti con i processi produttivi.
La sicurezza delle scaffalature, come di ogni sistema complesso, deve essere gestita secondo il metodo classico del “ciclo di Deming” (Plan>Do>Check>Act), già diffuso con le norme ISO 9001. Questo approccio consente di scomporre l’operatività in sotto-processi: dall’acquisto dei materiali allo stoccaggio, dalla movimentazione alla verifica finale. Ogni fase deve essere documentata e monitorata, così da trasformare la sicurezza in un processo continuo e misurabile.
Gli Rspp e i responsabili di magazzino, consapevoli dell’importanza delle scaffalature come attrezzature critiche, riconoscono sempre più i vantaggi dell’approccio “per processo”. La sicurezza del magazzino non può essere garantita solo dalla robustezza della struttura, ma dalla gestione delle interazioni tra uomo, macchina e
ambiente. L’assenza di sistemi automatici di blocco o di segnalazione impone un controllo rigoroso: le ispezioni periodiche restano lo strumento più efficace per intercettare anomalie e non conformità. L’esperienza del sisma dell’Emilia-Romagna del 2012 ha evidenziato l’importanza della manutenzione preventiva e della verifica dello stato delle scaffalature. Molti impianti danneggiati presentavano già danni pregressi non rilevati o trascurati, mentre le strutture meglio conservate hanno dimostrato una maggiore capacità di resistenza. Da allora, l’attività ispettiva condotta dai fabbricanti ha contribuito a diffondere una nuova consapevolezza: ogni danno, anche lieve, può costituire un innesco o l’origine di un rischio strutturale.
L’espansione delle ispezioni da parte di tecnici qualificati ha portato a una riduzione media annua del 25–30% dei danni gravi, dimostrando che formazione, sensibilizzazione e monitoraggio producono risultati concreti. Gli esperti suggeriscono di istituire un “anno zero” di riferimento per ciascun impianto, dal quale pianificare controlli e interventi successivi, anche in presenza di documentazione tecnica incompleta. Questa metodologia consente di ricostruire la storia manutentiva della scaffalatura e di garantire la sua idoneità d’uso nel tempo.
Infine, è importante ricordare che non è l’obbligo normativo a dover spingere le imprese verso la sicurezza, ma la consapevolezza del valore umano, economico e operativo che essa rappresenta. Non esistono scorciatoie o soluzioni improvvisate: la sicurezza nasce da informazioni verificate, competenze riconosciute e decisioni consapevoli. Solo così le aziende potranno coniugare produttività, efficienza e tutela delle persone, rafforzando il proprio ruolo in un mercato sempre più competitivo e responsabile.
“Ricerche sulle scaffalature”
SEISRACK e SEISRACK2: progetti finanziati dall’Unione Europea per studiare il comportamento sismico delle scaffalature portapallet e migliorare le regole di progettazione
STEELWAR: progetto finanziato dalla Unione Europea per individuare soluzioni strutturali avanzate per i magazzini automatizzati autoportanti (MAV) (https://www.criaciv.com/steelwar/)
DESRACK :recente programma di prove sperimentali su tavolla vibrante, con scaffalature porta pallet per indagare il comportamento strutturale delle varie scaffalature sotto la’zione sismica e garantire una maggiore sicurezza. (https://www.eucentre.it/desrack-prove-sperimentali-perscaffalature-piu-sicure-in-caso-di-sisma/)
AISEM CQ15635 Nota 1 Nota 4
CORSO BASE CB per addetti PRES e Consulenti Qualificati CQ15635 (durata 8 ore)
Un corso di formazione di base sull'utilizzo sicuro e la corretta manutenzione delle scaffalature secondo i principi della UNI EN 15635, per capire le caratteristiche essenziali di queste attrezzature e le interazioni con la realtà circostante, l'edificio, i mezzi di movimentazione, le unità di carico. Come operare in sicurezza, e far emergere i vantaggi economici derivanti dalla corretta applicazione della norma.
CORSO AVANZATO CA per Consulenti Qualificati CQ15635 (durata 8 ore)
Un corso di formazione avanzato basato sulle esperienze operative di esperti che lavorano da oltre 20 anni in tutto il mondo. Come condurre una ispezione in campo, con l'obbiettivo non solo di rilevare i danni, ma di comprenderne le ragioni e suggerire soluzioni attuabili.
Come verificare la corretta manutenzione delle scaffalature secondo principi della UNI EN
15635; ampliare e completare le competenze di figure professionali già operanti nel settore della manutenzione dei magazzini.
Aggiornamento 01: Magazzini Automatici, Scaffalature sismoresistenti, UNI 11731durata 5 ore
Aggiornamento 02: UNI EN 15620:2021 - Cosa cambia? - durata 4 ore
All'inizio del 2026 saranno attivati ulteriori 4 aggiornamenti.
Vedi tutto il progetto formativo su https://sites.google.com/anima.it/ corsi-aisem/home?authuser=0
8.1 Montaggio e smontaggio
8.2 Riconfigurazione
Ispezione e manutenzione
10.2 Ispezione
10.2.1 Ispezione a
10.2.2 Ispezione d’uso
10.2.4 Ispezione straordinaria
10.2.5 Riparazione e ripristino della scaffalatura
10.2.6 Scheda dei controlli
10.3 Manutenzione
Formazione
BOX “Norme attuali per le scaffalature”
Norme tecniche EUROPEE
Sigla_id Argomento Txt Note
UNI EN 15512:2020 +A1:2021
UNI EN 16681:2016
UNI EN 15620:2021
UNI EN 15635:2009
UNI EN 15878:2010
UNI EN 15095:2009 (rif. Direttiva 2006/42/CE –armonizzata/tipo C)
Sistemi di stoccaggio statici in acciaio - Scaffalature portapallet regolabili - Principi per la progettazione strutturale ITA In vigore
Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Principi per la progettazione sismica ITA In vigore
Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Tolleranze, deformazioni e interspazi ITA In vigore
Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Utilizzo e manutenzione dell'attrezzatura di immagazzinaggio ITA In vigore
Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Termini e definizioni ITA In vigore
Scaffalature e ripiani mobili automatici, magazzini automatici a piani rotanti, magazzini automatici verticali - Requisiti di sicurezza ENG In vigore
Norme tecniche ITALIANE
Sigla_id Argomento Txt Note
UNI 11575:2015
Scaffalature metalliche - Progettazione delle scaffalature drive-in e drive-through per lo stoccaggio statico di pallet ITA In vigore
UNI 11598:2015 Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature Cantilever - Principi per la progettazione strutturale ITA In vigore
UNI 11636:2016
EC 1-2017
UNI 11636:2016
UNI 11731:2018
UNI 11262:2017
Scaffalature industriali metalliche - Validazione delle attrezzature di immagazzinamento ITA In vigore
Scaffalature industriali metalliche - Validazione delle attrezzature di immagazzinamento ITA In vigore
Scaffalature statiche di acciaio - Requisiti per il trattamento dei componenti danneggiati ITA In vigore
Scaffalature metalliche - Scaffalature commerciali di acciaio - Requisiti, metodi di calcolo e prove, fornitura, uso e manutenzione ITA In vigore
Sigla_id Argomento
Norme tecniche RITIRATE (NON APPLICABILI)
Txt Note
UNI/TS 11379:2010 Progettazione di scaffalature sotto carichi sismici ITA Ritirata
UNI 11262-1:2008 Progettazione delle scaffalature commerciali “gondola” ITA Ritirata
UNI EN 15095:2008 Scaffalature mobili – requisiti di sicurezza ENG Ritirata
TECNOLOGIE E PROFESSIONISTI DELINEANO IL FUTURO DEL SETTORE
Digitalizzazione e AI, ma anche nuove professioni e competenze diventano opportunità per gli operatori e risorsa per nuovi contesti da tutelare.
Ha chiuso lo scorso 21 novembre SICUREZZA 2025, manifestazione di Fiera Milano dedicata a security & fire, che si è confermata un punto di riferimento europeo per il settore, ospitando oltre 340 aziende provenienti da 26 Paesi, tra cui numerosi e importanti brand italiani e internazionali. Le aziende estere hanno rappresentato il 32% del totale, provenendo principalmente dai grandi Paesi produttori europei – Francia, Germania, Regno Unito e Spagna – e dalla Cina, uno dei più importanti produttori a livello mondiale. Un segnale importante della crescita internazionale della manifestazione è stata anche la presenza, oltre agli operatori in visita, di oltre 100 top hosted buyer provenienti da 32 Paesi e selezionati con la collaborazione di ICE-Agenzia, con le maggiori delegazioni dal Medio Oriente e dal Nord Africa, mercati di grande interesse per le tecnologie in mostra, in particolare da Egitto, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Tante le novità presentate in fiera, che hanno dimostrato il ruolo ormai preponderante della digitalizzazione, l’uso crescente dell’intelligenza artificiale e l’affermazione di logiche data-driven. Tra le soluzioni in mostra non sono mancati nuovi sistemi di videosorveglianza e controllo accessi integrati con l’AI, le soluzioni per il monitoraggio predittivo, le evoluzioni del video content analytics, le piattaforme edge-cloud per la sicurezza distribuita e il controllo sempre più puntuale. Tutto ciò in una logica di integrazione tecnologica che consente di gestire sistemi complessi, aumentando sicurezza e capacità operativa. Anche le soluzioni fire & safety sono sempre più evolute. Tra le innovazioni presentate a SICUREZZA non sono mancati nuovi impianti antincendio ad alta sensibilità, sistemi wireless per la rilevazione di fumi e gas e piattaforme per il controllo remoto e la gestione predittiva della manutenzione. Anche i droni hanno avuto il loro spazio, confermandosi strumenti ormai
insostituibili per il monitoraggio ambientale e la prevenzione degli incendi: vere e proprie piattaforme autonome capaci di raccogliere, trasmettere e analizzare dati in tempo reale.
A testimoniare una relazione sempre più stretta tra evoluzione tecnologica e sviluppo delle professioni legate al mondo security, è la crescente personalizzazione delle soluzioni, che trasforma aziende e operatori in partner consulenziali, capaci di ascoltare le esigenze dei clienti e progettare impianti “su misura” e modulabili.
In manifestazione sono state numerose le aziende che si sono fatte interpreti di questo cambiamento, raccontando le proprie best practice e promuovendo soluzioni per ambiti specifici.
Ma la tecnologia, da sola, non basta a garantire sicurezza: il fattore umano resta determinante. Per questo, al fine di delineare al meglio le prospettive professionali del settore security & fire in un momento di forte evoluzione tecnologica, SICUREZZA 2025 ha proposto numerosi momenti formativi e informativi, articolati in tre giornate tematiche – Cyber Day, Security Day e Job in Security Day. Questi incontri hanno consentito agli operatori di trovare nella manifestazione una vera piattaforma di riferimento per il confronto e l’aggiornamento professionale in un settore che sempre più richiede competenze integrate, visione e capacità di interpretare il cambiamento.
Durante il Cyber Day sono stati approfonditi la crescente convergenza tra minacce fisiche e digitali, il ruolo strategico e trasversale della cybersecurity per contrastarle, le strategie operative e l’impatto sul mercato delle nuove direttive europee NIS 2 e CER, pilastri fondamentali per garantire resilienza e protezione di reti, sistemi informatici e servizi essenziali. Nel corso del Security Day, il 20 novembre, sono stati analizzati contesti di rischio reale – trasporti, finanza, grandi eventi, beni
culturali – e sono stati approfonditi diversi profili professionali della sicurezza, tra cui la vigilanza privata. L’appuntamento organizzato da ConFederSicurezza e Servizi, in collaborazione con la Fondazione Asfàleia, intitolato “Verso il riordino della sicurezza privata: rappresentanza, norme e nuove professioni”, ha presentato i risultati e gli sviluppi del tavolo interassociativo della rappresentanza datoriale del comparto, analizzando fabbisogni emergenti e le nuove competenze richieste oggi a figure professionali che rappresentano l’interfaccia tra sicurezza fisica e digitale, tra pubblico e privato, tra prevenzione e resilienza.
Il terzo giorno, Job in Security Day, è stato dedicato alle professioni della security e al coinvolgimento dei giovani nel settore: scuole e ITS hanno potuto incontrare le aziende presenti in manifestazione, favorendo un dialogo diretto tra formazione e mondo del lavoro. Infine, dopo il debutto del 2023, si è confermata un’opportunità importante l’appartenenza a MIBA – Milan International Building Alliance, il format che ha visto SICUREZZA svolgersi in contemporanea con GEE – Global Elevator Exhibition (mobilità orizzontale e verticale), MADE expo (costruzioni) e SMART BUILDING EXPO (home & building automation e integrazione tecnologica). MIBA ha permesso agli operatori della security di guardare oltre il proprio settore, grazie alla possibilità di visitare con lo stesso biglietto le altre manifestazioni, scoprendo temi e soluzioni trasversali che riguardano l’evoluzione dell’edificio e della città.
MISURE DI SICUREZZA E DI
CAUTELA FONDAMENTALI
NELLA MOVIMENTAZIONE MATERIALI E LORO STOCCAGGIO
di Rolando Dubini, Avvocato Cassazionista, Foro di Milano
La gestione della sicurezza nel settore della logistica, con particolare riferimento alla movimentazione e allo stoccaggio dei materiali, rappresenta un ambito di fondamentale importanza nel più ampio contesto della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La complessità delle operazioni logistiche, l'utilizzo di macchinari e attrezzature specifiche, nonché la presenza di molteplici fattori di rischio rendono necessaria l'adozione di un sistema articolato di misure cautelari volte a prevenire infortuni e malattie professionali.
Il quadro normativo italiano, in linea con le direttive europee, ha sviluppato un sistema di protezione multilivello che coinvolge diversi ambiti giuridici: dalla sicurezza sul lavoro alla tutela ambientale, dalla responsabilità d'impresa alle procedure di attuazione delle misure cautelari. Questo approccio integrato riflette la consapevolezza che la sicurezza nella logistica non può essere garantita attraverso interventi isolati, ma richiede una strategia complessiva che consideri tutti gli aspetti del processo lavorativo.
La giurisprudenza ha svolto un ruolo fondamentale nell'interpretazione e nell'applicazione concreta di questi principi, delineando con sempre maggiore precisione i confini della responsabilità datoriale e gli standard di sicurezza richiesti. L'evoluzione giurisprudenziale ha portato al superamento di un approccio meramente
formalistico, richiedendo l'adozione di misure concrete ed efficaci, accompagnate da un sistema di controllo continuo sulla loro effettiva applicazione.
In questo contesto, l'analisi delle misure cautelari nel settore della logistica assume particolare rilevanza non solo per gli operatori del diritto, ma anche per tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza aziendale. La corretta comprensione e applicazione di queste misure rappresenta infatti un elemento cruciale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori, nonché per la gestione efficiente e sicura delle attività logistiche.
L'argomento richiede pertanto un'analisi approfondita che tenga conto sia degli aspetti normativi che delle loro concrete modalità di attuazione, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali più recenti e delle best practice di settore. Solo attra-
verso questa visione d'insieme è possibile comprendere appieno la portata e l'importanza delle misure cautelari nel garantire la sicurezza delle operazioni di movimentazione e stoccaggio dei materiali.
Organizzazione degli spazi e della circolazione
Principi Generali e Obblighi del Datore di Lavoro
L'art. 15 del D.Lgs. 81/2008 stabilisce le misure generali di tutela, tra cui assume particolare rilevanza "il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione" (comma 1, lett. d).
La Cassazione penale n. 40014/2021 ha specificato che "il datore di lavoro deve
predisporre un'organizzazione degli spazi che garantisca la sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alla circolazione dei mezzi di movimentazione. Tale obbligo non può considerarsi adempiuto con la mera predisposizione formale di procedure, ma richiede un'effettiva implementazione delle misure di sicurezza e un costante controllo sulla loro efficacia."
Vie di Circolazione e Segnaletica
La giurisprudenza ha elaborato criteri specifici per la gestione delle vie di circolazione. La sentenza TAR Piemonte n. 515/2024 ha evidenziato che "la corretta gestione degli spazi logistici richiede una pianificazione accurata delle vie di circolazione, che devono essere mantenute costantemente sgombre e chiaramente identificabili attraverso un'adeguata segnaletica orizzontale e verticale".
Aree di Parcheggio e Movimentazione
Come specificato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3043/2023, "le aree destinate al parcheggio temporaneo dei mezzi di movimentazione devono essere:
• Chiaramente delimitate,
• Facilmente accessibili,
• Dimensionate in modo adeguato rispetto al volume di traffico,
• Dotate di sistemi di illuminazione appropriati,
• Mantenute in condizioni di sicurezza costante."
Gestione delle Interferenze
La sentenza TAR Piemonte n. 497/2023 ha sottolineato l'importanza della gestione delle interferenze, stabilendo che "l'organizzazione degli spazi deve prevedere una chiara separazione tra:
• Percorsi pedonali e carrabili,
• Aree di stoccaggio e vie di transito,
• Zone di carico/scarico e aree operative,
• Spazi di manovra e aree di sosta."
Misure di Controllo e Manutenzione
La sentenza del Consiglio di Stato n. 6810/2024 ha evidenziato che "la sicurezza degli spazi logistici richiede:
• Controlli periodici sullo stato delle pavimentazioni,
• Verifica costante dell'efficienza della segnaletica,
• Manutenzione programmata delle strutture,
• Monitoraggio continuo delle condizioni di sicurezza."
Formazione e Informazione
La sentenza del Consiglio di Stato n. 3026/2023 ha ribadito che "l'efficace organizzazione degli spazi deve essere supportata da:
• Formazione specifica per gli operatori dei mezzi
• Informazione costante sulle procedure di sicurezza
• Addestramento pratico sulle modalità operative
• Aggiornamento periodico delle competenze"
L'organizzazione degli spazi e della circolazione nel settore logistico richiede quindi un approccio sistematico che integri:
• Misure tecniche di prevenzione,
• Procedure operative standardizzate,
• Sistemi di controllo efficaci,
• Formazione continua del personale,
• Manutenzione programmata delle strutture e delle attrezzature.
Solo attraverso questa visione integrata è possibile garantire la sicurezza delle operazioni logistiche e la tutela della salute dei lavoratori, come richiesto dalla normativa vigente e costantemente ribadito dalla giurisprudenza di settore.
Movimentazione dei materiali
Limiti di Peso e Obblighi Generali La sentenza del Tribunale di Teramo n. 108/2023 ha specificato che "il limite di 25 kg per la movimentazione individuale dei carichi rappresenta una soglia inderogabile, il cui superamento configura di per sé una violazione dell'obbligo di sicurezza, indipendentemente dal verificarsi di un danno concreto".
La Corte ha inoltre precisato che "l'obbligo del datore di lavoro non si esaurisce nel mero rispetto del limite di peso, ma richiede una valutazione complessiva delle condizioni di movimentazione, inclusi:
• Frequenza dei sollevamenti,
• Altezza di sollevamento,
• Distanza del carico dal corpo,
• Caratteristiche dell'ambiente di lavoro." Dotazione di Ausili Meccanici Il Tribunale di Ferrara, sentenza n. 290/2020, ha stabilito che "la dotazione di ausili meccanici non rappresenta una facoltà discrezionale del datore di lavoro, ma un obbligo specifico quando:
• I carichi superano i limiti di peso previsti,
• La frequenza di movimentazione è elevata,
• Le condizioni ergonomiche sono sfavorevoli".
La sentenza precisa inoltre che "gli ausili meccanici devono essere:
• Adeguati al tipo di carico da movimentare,
• Mantenuti in efficienza,
• Accompagnati da formazione specifica per il loro utilizzo".
Valutazione Preventiva dei Rischi
La Cassazione penale n. 2557/2024 ha evidenziato che "la valutazione dei rischi da movimentazione manuale dei carichi deve essere:
• Preventiva rispetto all'avvio delle attività,
• Specifica per ogni tipologia di movimentazione,
• Documentata nel DVR,
• Periodicamente aggiornata".
La Corte ha specificato che "l'omessa o inadeguata valutazione dei rischi costituisce di per sé un illecito penale, indipendentemente dal verificarsi di infortuni".
Responsabilità del Datore di Lavoro
La Cassazione penale n. 15789/2023 ha stabilito che "la responsabilità del datore di lavoro sussiste anche quando:
• Il lavoratore abbia assunto iniziative autonome pericolose,
• Non siano state rispettate le procedure di sicurezza,
• Non sia stato impedito l'utilizzo scorretto delle attrezzature".
Sorveglianza Sanitaria
e Idoneità alla Mansione
La sentenza del Tribunale di Firenze n. 630/2015 ha evidenziato che "il datore di lavoro deve:
• Sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria periodica,
• Rispettare le prescrizioni del medico competente,
• Adeguare immediatamente le mansioni alle limitazioni certificate".
Formazione e Informazione
La sentenza del Tribunale di Crotone n. 848/2021 ha stabilito che "la formazione deve essere:
• Specifica per ogni tipologia di movimentazione,
• Pratica oltre che teorica,
• Periodicamente aggiornata,
• Verificabile nei suoi risultati”.
Casi di Movimentazione in Squadra
La sentenza del Tribunale di Milano n. 555/2022 ha precisato che "per carichi superiori ai limiti individuali, la movimentazione in squadra deve essere:
• Preventivamente pianificata,
• Coordinata da un preposto,
• Eseguita da personale specificamente formato,
• Supportata da procedure operative dettagliate".
La giurisprudenza analizzata delinea quindi un quadro rigoroso degli obblighi del datore di lavoro in materia di movimentazione manuale dei carichi, richiedendo un approccio sistematico che integri:
• Rispetto dei limiti di peso,
• Dotazione di ausili meccanici,
• Valutazione preventiva dei rischi,
• Formazione specifica,
• Sorveglianza sanitaria,
• Procedure operative dettagliate.
La violazione di questi obblighi comporta responsabilità sia penali che civili, indipendentemente dal verificarsi di infortuni o malattie professionali.
Stoccaggio dei materiali
Delimitazione e allestimento delle zone di stoccaggio
La Cassazione penale n. 42426/2021 ha stabilito che "la corretta delimitazione delle aree di stoccaggio non è un mero adempimento formale ma costituisce un presidio essenziale di sicurezza. L'area deve essere chiaramente identificabile, opportunamente recintata e dotata di cartellonistica che ne indichi la destinazione d'uso e gli eventuali rischi presenti." La Corte ha inoltre precisato che "la mancata o inadeguata delimitazione dell'area di stoccaggio costituisce violazione dell'art. 95 comma 1 lettera e) del D.Lgs. 81/2008 e può configurare responsabilità penale in caso di infortuni."
La Cassazione penale n. 7874/2022 ha ulteriormente specificato che "la segnaletica nelle zone di stoccaggio deve essere chiara, visibile e comprensibile, dovendo indicare non solo la destinazione dell'area ma anche le eventuali prescrizioni di sicurezza da osservare. La sua assenza o inadeguatezza costituisce violazione delle norme antinfortunistiche e può determinare la responsabilità del datore di lavoro".
Particolare attenzione per materie e sostanze pericolose
Il Tribunale di Cassino, con sentenza n. 484/2020, ha evidenziato che "lo stoccaggio di sostanze pericolose richiede l'adozione di specifiche misure di sicurezza, tra cui:
a) la predisposizione di contenitori adeguati e conformi alle normative tecniche;
b) l'etichettatura chiara e completa dei contenitori;
c) la separazione fisica da altri materiali incompatibili;
d) la presenza di sistemi di contenimento in caso di sversamenti accidentali".
La Cassazione penale n. 33866/2007 ha stabilito un principio fondamentale secondo cui "lo stoccaggio di materiali pericolosi deve avvenire per categorie omogenee, evitando la commistione tra sostanze incompatibili che potrebbero dar luogo a reazioni pericolose. Il datore di lavoro deve predisporre procedure specifiche per la movimentazione e lo stoccaggio di tali materiali, formando adeguatamente il personale addetto".
Mantenimento delle condizioni ordinate e di salubrità La Cassazione penale n. 42426/2021 ha anche affrontato questo aspetto, stabilendo che "il mantenimento delle condizioni di ordine e salubrità nelle aree di stoccaggio richiede:
a) la presenza di pavimentazione impermeabile nelle aree destinate allo stoccaggio di materiali potenzialmente inquinanti;
b) sistemi di raccolta e gestione delle acque meteoriche;
c) misure per il contenimento delle polveri;
d) procedure di pulizia e manutenzione periodica delle aree".
La Corte ha inoltre precisato che "la violazione dell'obbligo di mantenere condizioni ordinate e salubri nelle aree di stoccaggio può configurare non solo violazioni in materia di sicurezza sul lavoro ma anche illeciti ambientali, qualora si verifichino dispersioni di sostanze inquinanti nell'ambiente".
Questi orientamenti giurisprudenziali evidenziano come la corretta gestione delle aree di stoccaggio richieda un approccio sistematico che integri:
• Misure organizzative (procedure di gestione, formazione del personale),
• Misure di controllo (verifiche periodiche, manutenzione),
• Misure di emergenza (sistemi di contenimento, procedure di intervento).
La giurisprudenza sottolinea inoltre come la responsabilità del datore di lavoro in questo ambito sia particolarmente stringente, non limitandosi alla predisposizione formale delle misure richieste ma estendendosi alla verifica della loro effettiva efficacia e al loro mantenimento nel tempo.
Misure di prevenzione e protezione
Valutazione dei rischi
Come stabilito dall'art. 15 D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro deve effettuare:
• Analisi dettagliata di tutti i rischi specifici,
• Aggiornamento periodico della valutazione,
• Valutazione delle interferenze tra diverse attività.
La Cassazione penale n. 20129/2016 ha stabilito che "il datore di lavoro deve analizzare e individuare con il massimo grado di specificità tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda. Non è sufficiente una valutazione generica o standardizzata, ma è necessaria un'analisi dettagliata che tenga conto delle peculiarità di ogni singola realtà aziendale, delle specifiche mansioni e delle concrete
modalità di svolgimento del lavoro".
La Cassazione penale n. 30308/2021 ha ulteriormente precisato che "la valutazione dei rischi deve essere effettiva e sostanziale, non meramente formale. Il documento di valutazione deve contenere non solo l'individuazione dei rischi, ma anche l'indicazione delle misure di prevenzione e protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, nonché il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza".
Aggiornamento periodico della valutazione
La Cassazione penale n. 18200/2016 ha evidenziato che "l'obbligo di aggiornamento della valutazione dei rischi non è legato solo a modifiche sostanziali del processo produttivo, ma deve essere effettuato anche quando si verificano cambiamenti apparentemente minori che possono incidere sul livello di rischio. È sufficiente che si determini un potenziale aumento del rischio perché si imponga un aggiornamento dell'analisi".
La Corte ha inoltre specificato che "l'aggiornamento deve essere immediato e non può essere rimandato alla scadenza periodica ordinaria. La tempestività dell'aggiornamento è essenziale per garantire l'effettività della tutela dei lavoratori".
Valutazione delle interferenze tra diverse attività
La Cassazione penale n. 9864/2015 ha stabilito che "in caso di affidamento di lavori a imprese appaltatrici o lavoratori autonomi, il datore di lavoro committente ha l'obbligo di valutare non solo i rischi specifici della propria attività, ma anche quelli derivanti dalle possibili interferenze con le attività delle altre imprese presenti sul luogo di lavoro. Tale valutazione deve essere formalizzata nel DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze)".
La Cassazione penale n. 17683/2024 ha ulteriormente chiarito che "la valutazione delle interferenze non può limitarsi a una mera sommatoria dei rischi, ma
deve considerare gli effetti sinergici e le possibili amplificazioni dei rischi derivanti dalla compresenza di diverse attività. Ogni datore di lavoro coinvolto, anche se subappaltatore, ha il dovere di partecipare attivamente a questa valutazione e al successivo coordinamento delle misure di prevenzione."
Questi orientamenti giurisprudenziali evidenziano come la valutazione dei rischi debba essere:
• Specifica e contestualizzata alla realtà aziendale,
• Dinamica e costantemente aggiornata,
• Comprensiva delle interferenze tra diverse attività,
• Sostanziale e non meramente formale,
• Documentata in modo dettagliato e completo
La giurisprudenza sottolinea inoltre come la responsabilità del datore di lavoro in questo ambito sia particolarmente rigorosa, non ammettendo deleghe per quanto riguarda l'obbligo di valutazione dei rischi, che resta un compito non delegabile ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 81/2008. La violazione di questi obblighi può comportare responsabilità sia penali che civili, come evidenziato dalle numerose pronunce della Suprema Corte in materia.
Formazione e addestramento
L'art. 37 comma 5 e l’169 D.Lgs. 81/2008 prevedono:
• Informazione sul peso e caratteristiche dei carichi,
• Formazione sui rischi lavorativi,
• Addestramento sulle corrette procedure.
Il Tribunale di Nola, sentenza n. 1036/2021, ha sottolineato l'importanza della formazione specifica e del suo aggiornamento periodico.
Informazione sul peso e caratteristiche dei carichi
La sentenza del Tribunale di Firenze n. 1769/2016 ha stabilito che "l'informazione sui carichi deve essere preventiva, specifica e dettagliata, non potendosi limitare a generiche indicazioni sul peso massimo sollevabile. Il datore di lavoro deve fornire informazioni precise su:
• peso effettivo di ciascuna tipologia di carico,
• centro di gravità o lato più pesante quando il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica,
• caratteristiche che possono compor tare rischi specifici come l'instabilità o la presenza di spigoli".
Formazione sui rischi lavorativi
La sentenza del Tribunale di Bergamo n. 72/2020 ha precisato che "la formazione deve essere effettiva e verificabile, non potendosi limitare alla mera consegna di materiale informativo o alla sottoscrizione di documenti. È necessario:
• verificare l'effettiva comprensione dei contenuti formativi,
• documentare le modalità di svolgimento della formazione,
• prevedere momenti di verifica dell'apprendimento,
• aggiornare periodicamente la formazione in base all'evoluzione dei rischi".
La Cassazione penale n. 2557/2024 ha ulteriormente specificato che "la formazione deve includere:
• analisi dei rischi specifici dell'attività svolta,
• procedure operative dettagliate,
• tecniche di sollevamento e movimentazione corrette,
• utilizzo dei dispositivi di protezione individuale,
• gestione delle situazioni di emergenza".
Addestramento sulle corrette procedure
La sentenza del Tribunale di Ferrara n. 290/2020 ha evidenziato che "l'addestramento deve essere pratico e non solo teorico, prevedendo:
• esercitazioni pratiche sulle corrette tecniche di sollevamento,
• simulazioni delle situazioni di rischio più frequenti,
• prove pratiche sull'utilizzo delle attrezzature di ausilio,
• verifica sul campo delle competenze acquisite".
La giurisprudenza ha inoltre stabilito alcuni principi fondamentali:
1. Continuità e aggiornamento
Come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Udine n. 146/2016, "la formazione non può essere considerata un adempimento una tantum, ma deve essere:
• periodicamente aggiornata,
• ripetuta in caso di modifiche delle procedure,
• integrata quando emergono nuovi rischi,
• verificata nella sua efficacia nel tempo".
2. Specificità e contestualizzazione
La formazione deve essere specifica per:
• mansione svolta,
• ambiente di lavoro,
• attrezzature utilizzate,
• rischi specifici presenti.
3. Documentazione e verifica È necessario:
• documentare dettagliatamente i contenuti della formazione,
• registrare le presenze e la partecipazione,
• verificare l'apprendimento,
• conservare la documentazione relativa.
4. Responsabilità del datore di lavoro La giurisprudenza ha chiarito che:
• l'obbligo formativo è non delegabile,
• la responsabilità sussiste anche in caso di comportamento imprudente del lavoratore,
• la formazione inadeguata comporta responsabilità penale,
• il datore deve dimostrare l'effettività della formazione.
Questi orientamenti giurisprudenziali evidenziano come la formazione e l'addestramento debbano essere:
• Effettivi e non meramente formali,
• Specifici e contestualizzati,
• Verificabili e documentati,
• Periodicamente aggiornati,
• Comprensivi di parte teorica e pratica.
La violazione di questi obblighi comporta responsabilità sia penali che civili, come evidenziato dalle numerose pronunce in materia.
Coordinamento tra imprese
Obblighi fondamentali di coordinamento L'art. 26 del T.U. Sicurezza stabilisce che i datori di lavoro, inclusi i subappaltatori, devono:
• Cooperare nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione,
• Coordinare gli interventi di protezione e prevenzione,
• Informarsi reciprocamente per eliminare i rischi da interferenze.
Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI) Il datore di lavoro committente deve:
• Elaborare il DUVRI indicando le misure per eliminare o ridurre i rischi da interferenze,
• Aggiornare il documento in funzione dell'evoluzione dei lavori,
• Allegarlo al contratto d'appalto o d'opera.
Sistema di controllo e verifica Come stabilito dalla Cassazione penale n. 49734/2014 e dalla sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 252/2019, è necessario:
• Definire procedure specifiche per il coordinamento,
• Verificare costantemente l'applicazione delle misure di sicurezza,
• Controllare continuamente il rispetto delle procedure,
• Intervenire tempestivamente per correggere prassi pericolose.
Responsabilità e obblighi specifici L'art. 18 del T.U. Sicurezza impone al datore di lavoro di:
• Adottare misure appropriate per il controllo delle situazioni di rischio,
• Informare tempestivamente i lavoratori sui rischi,
• Aggiornare le misure preventive in base ai mutamenti organizzativi,
• Vigilare sull'osservanza degli obblighi di sicurezza.
Misure operative concrete La giurisprudenza richiede l'adozione di specifiche misure operative:
• Impedire la sosta sotto i carichi sospesi,
• Regolamentare il passaggio dei carichi sopra i luoghi di lavoro,
• Definire procedure di coordinamento dettagliate,
• Stabilire un sistema di controllo continuo sull'applicazione delle misure.
Aspetti documentali e formativi È necessario:
• Predisporre documentazione dettagliata sulle procedure di coordinamento,
• Formare adeguatamente il personale sulle misure di sicurezza,
• Mantenere registrazioni delle verifiche effettuate,
• Aggiornare costantemente la documentazione in base all'evoluzione dei lavori.
Questo sistema integrato di coordinamento, basato su normativa e giurisprudenza, richiede un approccio sistematico e continuativo, con particolare attenzione alla verifica dell'effettiva applicazione delle misure di sicurezza e al tempestivo intervento in caso di non conformità.
Sistema di controllo e vigilanza
Il sistema di controllo e vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro rappresenta un elemento fondamentale degli obblighi prevenzionistici del datore di lavoro, come emerge sia dal quadro normativo che dall'interpretazione giurisprudenziale. La base normativa di questo sistema si
trova nell'art. 18 comma 3-bis del D.Lgs. 81/2008, che impone al datore di lavoro e ai dirigenti l'obbligo di "vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi" in materia di sicurezza.
Come chiarito dalla sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 252/2019, questo obbligo non si esaurisce nella mera predisposizione formale di cautele, ma richiede una concreta azione di verifica e controllo. In particolare, il datore di lavoro deve assicurarsi che le regole di sicurezza siano effettivamente applicate nella prassi lavorativa quotidiana, attraverso un controllo continuo e interventi correttivi quando necessario.
La Cassazione penale n. 48771/2019 ha ulteriormente specificato che il compito del datore di lavoro comprende sia l'istruzione dei lavoratori sui rischi specifici, sia un controllo "continuo e pressante" per garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Questo sistema di controllo si articola su tre livelli principali:
1. Verifica dell'effettiva applicazione delle misure di sicurezza:
Secondo l'art. 18 comma 1 lettera f), il datore di lavoro deve verificare che i lavoratori utilizzino correttamente i dispositivi di protezione e rispettino le procedure di sicurezza. La sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 253/2019 ha precisato che questa verifica non può limitarsi ad un controllo meramente formale o documentale, ma deve tradursi in un'azione positiva volta ad assicurare l'effettiva assimilazione e applicazione delle regole di sicurezza.
2. Controllo continuativo delle procedure Il controllo viene esercitato anche attraverso la figura del preposto che, come stabilito dall'art. 19, deve sovrintendere e vigilare sull'osservanza degli obblighi di sicurezza. La Cassazione penale n. 33425/2018 ha sottolineato che il datore di lavoro deve controllare costantemente il rispetto delle direttive impartite, evitando
che vengano trascurate.
3. Intervento su prassi pericolose La Cassazione penale n. 23049/2024 ha evidenziato l'obbligo del datore di lavoro di impedire l'instaurazione di prassi contra legem pericolose per i lavoratori, specificando che l'ignoranza di tali prassi non esclude la responsabilità datoriale, costituendo essa stessa una forma di omessa vigilanza.
Nelle strutture aziendali complesse, come precisato dalla Cassazione penale n. 46194/2019, il datore di lavoro può adempiere all'obbligo di vigilanza attraverso la nomina di soggetti specificamente deputati e l'implementazione di procedure che garantiscano la conoscenza delle concrete modalità di svolgimento delle attività lavorative.
In caso di violazioni gravi, l'art. 14 del D.Lgs. 81/2008 prevede che gli organi di vigilanza possano disporre la sospensione dell'attività imprenditoriale, mentre l'art. 55 stabilisce le sanzioni specifiche per il datore di lavoro e il dirigente che non adempiano agli obblighi di controllo e vigilanza.
I preposti
I preposti, secondo l'art. 2 comma 1 lett. e) del D.Lgs. 81/2008, sono coloro che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintendono all'attività lavorativa e garantiscono l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa. Gli obblighi specifici dei preposti sono dettagliati nell'art. 19 del D.Lgs. 81/2008 e includono:
• la supervisione e vigilanza sulla corretta osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
• la verifica che solo i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono a rischi specifici,
• l'obbligo di segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione,
• l'intervento diretto per modificare comportamenti non conformi alle disposizioni di sicurezza.
La giurisprudenza ha più volte sottolineato il ruolo cruciale dei preposti nel sistema di prevenzione. La Cassazione Penale, con sentenza n. 27420/2013, ha evidenziato che il preposto, in quanto soggetto che sovrintende alle attività, è tenuto ad una vigilanza continua e concreta sulle modalità di svolgimento delle lavorazioni. Non può limitarsi a impartire ordini, ma deve verificarne l'effettiva esecuzione in sicurezza. Questo ruolo di vigilanza operativa distingue la posizione del preposto da quella del datore di lavoro e dei dirigenti. Mentre questi ultimi hanno una responsabilità di vigilanza di carattere generale e organizzativo, il preposto esercita un controllo immediato e diretto sulle operazioni lavorative, rappresentando così l'anello di congiunzione tra le disposizioni di vertice e la loro concreta attuazione.
La violazione degli obblighi di vigilanza da parte del preposto può comportare responsabilità penali autonome, come stabilito dall'art. 56 del D.Lgs. 81/2008, che prevede specifiche sanzioni per l'inadempimento dei doveri previsti dall'art. 19. Questa articolazione del sistema di controllo su più livelli, con il preposto come figura intermedia di vigilanza operativa, contribuisce a rendere più efficace e capillare il monitoraggio sulla corretta applicazione delle misure di sicurezza, integrando e completando l'obbligo generale di vigilanza del datore di lavoro.
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Il nuovo volto dell’atomo:
startup, opportunità e limiti
di SMR, Gen-IV e fusione
di Daniele Cavioni
Negli ultimi cinque anni il nucleare è tornato al centro del dibattito globale, ma con una narrativa diversa rispetto al passato: più tecnologica, più modulare e più “green”. Il focus non è più solo sulle grandi centrali tradizionali, ma su reattori SMR (Small Modular Reactors) e di IV generazione, progettati per essere più sicuri, compatti e potenzialmente integrabili con le rinnovabili. Il rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA, World Energy Outlook 2024) indica un incremento del 40% dei progetti nucleari in sviluppo a livello globale rispetto al 2018, trainato da USA, Francia, Corea del Sud e Canada. Parallelamente, cresce l’interesse per la fusione nucleare, con oltre 40 startup nel mondo.
ll rinnovato interesse verso l’energia nucleare nasce dall’incrocio di diversi fattori chiave. In primo luogo, la crescente domanda energetica, in particolare da settori come i data center e l’industria ad alta intensità energetica, richiede soluzioni stabili che affianchino le fonti rinnovabili intermittenti. In secondo luogo, la questione della sicurezza energetica ha assunto un ruolo centrale: la crisi del gas del 2022 ha spinto l’Europa a cercare fonti indipendenti da fornitori geopoliticamente sensibili. Un terzo fattore riguarda la neutralità climatica: il nucleare, infatti, produce energia a basse emissioni e, nonostante alcune polemiche, è riconosciuto anche dalla Green Taxonomy europea come tecnologia utile alla decarbonizzazione. Infine, l’accesso a capitale privato e i progressi tecnologici hanno aperto nuove opportunità. Fondi di venture capital, family office, investitori infrastrutturali e partner industriali hanno creato risorse ingenti per progetti che fino a pochi anni fa erano appannaggio esclusivo delle grandi utility nazionali. Allo stesso tempo, materiali avanzati, superconduttori, simulazioni numeriche e tecniche di produzione modulare contribuiscono a ridurre molte delle barriere tecniche esistenti.
Un quadro europeo in trasformazione
Al 2024 l’Europa contava circa 100 reattori operativi, che rappresentano ancora la prima fonte di elettricità decarbonizzata del continente.
La Francia resta il principale esportatore, con circa il 70% dell’elettricità da nucleare e 89 TWh esportati nel 2024, di cui 52 TWh verso l’Italia e 28 TWh verso la Germania (fonte: RTE e Terna 2024).
Tuttavia, il percorso verso la decarbonizzazione resta lungo: considerando tutti i consumi energetici, l’80% dell’energia europea proviene ancora da fonti fossili (IEA, Energy Balances 2024).
Come evidenziato dal prof Ricotti del Politecnico di Milano, intervistato nei precedenti numeri, «Contrapporre nucleare e rinnovabili è una battaglia di retroguardia. Servirà sfruttare al meglio entrambe le fonti, insieme alle soluzioni di accumulo, per mantenere equilibrio tra indipendenza, sostenibilità e competitività industriale».
Il ruolo dell’Italia
Sebbene l’Italia non disponga di centrali operative, importa in media il 15% dell’elettricità da Francia e Svizzera, proveniente da nucleare (fonte: Terna 2024). Il Paese si posiziona però come hub tecnologico e industriale nella filiera, grazie alla sua tradizione e a un tessuto metalmeccanico molto raffinato e flessibile. ENEA tra gli altri lavora su progetti di fusione e reattori avanzati (DTT, Divertor Toka-
mak Test facility). Ansaldo Nucleare e Sogin, invece, sono tra le realtà più attive nel partecipare a programmi europei per la IV generazione e il decommissioning. Mentre diverse università italiane sono coinvolte in ITER e nel progetto europeo EUROfusion.
Accanto a questi grandi attori, una rete di fornitori e subfornitori meccanici contribuisce in modo significativo ai progetti internazionali, rafforzando la filiera industriale nazionale lavorando a monte o a valle dei processi. C'è un mondo tra chi come ESG lavora sui superconduttori con competenze e leadership mondiale, a chi come Magnetic Future si presenta come una start up appena costituita con un background di ricerca universitaria.
In questo senso, senza timore di smentita, si può affermare che l’Italia è oggi un partner scientifico e industriale di rilievo nella “nuova corsa all’atomo”, pur senza una produzione interna, e potrebbe trarre vantaggio da un ritorno strategico al nucleare nel medio periodo.
L’altra faccia della medaglia
Il nucleare torna al centro del dibattito energetico globale, ma tra entusiasmo e realtà restano grandi sfide. La tecnologia è a lungo orizzonte: anche i piccoli reattori modulari (SMR) richiedono 8–10 anni dal via libera all’esercizio commerciale, mentre impianti rinnovabili possono essere installati in pochi mesi. Cina e Russia sperimentano già, ma in Occidente i primi SMR concreti, in Canada e negli Stati Uniti, non vedranno luce prima della fine del decennio. Sul fronte dei costi, rinnovabili e accumulo restano più competitivi: secondo l’IEA, fotovoltaico ed eolico rimangono sotto i 70 $/MWh, contro i 90–150 $/MWh del nucleare di nuova generazione. Gli SMR riducono l’investimento iniziale, ma la minore scala implica più unità da gestire, con costi aggiuntivi di supervisione e sicurezza. La quarta generazione di reattori promette riciclo dei rifiuti e maggiore efficienza, ma i prototipi commerciali non arriveranno prima del 2040.
Tra le innovazioni più promettenti c’è la sicurezza passiva: la capacità dei reattori di mettersi automaticamente in sicurezza senza intervento umano. Resta però cruciale l’accettazione pubblica. Il “fattore Nimby” riguarda non solo le centrali nucleari, ma anche parchi eolici e fotovoltaici, rendendo indispensabile trasparenza e coinvolgimento delle comunità.
Tecnicamente, il nucleare garantisce energia di base ma non è modulabile, a differenza di gas e accumuli che bilanciano domanda e offerta. Fino a quando gli accumuli di lunga durata non saranno diffusi, serve un mix equilibrato di rinnovabili, gas e nucleare stabile, supportato da gestione intelligente dei consumi.
La transizione energetica non può affidarsi a una sola tec-
nologia. Serve equilibrio tra rapidità delle rinnovabili e stabilità del nucleare, politiche industriali lungimiranti, partnership pubblico-private e normative chiare. Solo così l’atomo potrà affiancare le rinnovabili come protagonista della decarbonizzazione europea, evitando di restare un esercizio ingegneristico senza futuro economico e sociale.
Start-up protagoniste
della nuova ondata nucleare a confronto
Oklo Inc. (USA)
Oklo è una startup focalizzata su micro-reattori veloci (fast reactors) e soluzioni per mercati di nicchia come siti remoti, industrie e potenziali applicazioni spaziali. L’azienda ha ricevuto uno site use permit dal Dipartimento dell’Energia USA e ha ottenuto materiale combustibile dall’Idaho National Laboratory; ha inoltre presentato una combined license application alla Nuclear Regulatory Commission (NRC). Recentemente Oklo ha completato l’acquisizione del produttore di radioisotopi Atomic Alchemy, rafforzando la sua strategia di verticalizzazione verso mercati medicali e industriali. Queste mosse mostrano un percorso che combina sviluppo di reattori e attività commerciali immediate (radioisotopi), con l’obiettivo di diversificare ricavi mentre continua il processo di licenza.
Rolls-Royce SMR (Regno Unito)
Rolls-Royce SMR è un programma industriale europeo/UK orientato a creare reattori modulari factory-built da ~470 MWe per deployment standardizzati e catene di fornitura nazionali/regionali. Il progetto punta su produzione in serie per ridurre costi e tempi, ha già siglato accordi industriali e di investimento con partner europei interessati a siti di deployment. Il consorzio è visto come un tassello chiave della strategia UK per rilanciare capacità nucleare nazionale con un approccio industriale.
Marvel Fusion (Germania)
Marvel Fusion, startup tedesca, esplora la fusione nucleare con approcci laser-driven e reazioni aneutroniche come p-B11. Queste richiedono temperature altissime e bassa densità di potenza, ma riducono scorie e semplificano il confinamento. Supportata da EIC, EQT Ventures e Siemens Energy Ventures, investe in laser ad alta intensità e target avanzati. Se funzionasse, potrebbe rivoluzionare la fusione in Europa, ma il rischio tecnico è elevato e la commercializzazione resta lontana.
Renaissance Fusion (Francia)
Sviluppa stellarator con magneti HTS e pareti in metallo liquido per contenere il plasma e gestire calore e radiazioni. Fondata nel 2020, ha raccolto decine di milioni di euro tra fondi pubblici e privati per prototipi di componenti chiave. L’azienda mira a portare i stellarator fuori dal laboratorio, combinando know-how sui magneti HTS e soluzioni avanzate di rivestimento. La tecnologia è complessa e la società resta in fase R&D, senza impianti commerciali.
Terra Innovatum (Italia/USA)
Sviluppa micro-reattori modulari da 1 MW (“SOLO™”) per data center, piccole industrie e isole, puntando a prototipi entro fine decennio. Quotata al Nasdaq tramite SPAC nel 2025, ha raccolto circa $130M e mira all’autorizzazione NRC entro il 2027 e alla produzione commerciale entro il 2030. È un esempio italiano di start-up nucleare “plug & play” con ambizione internazionale, ma la tecnologia e la licenza restano da dimostrare, con rischi tecnici e normativi elevati.
ENERGIA NUCLEARE,
NUOVI SVILUPPI PER UNA FILIERA
INDUSTRIALE ITALIANA
di Paolo Gianoglio, Direttore Innovazione, Sviluppo e Relazioni Associative di ICIM Group e Amministratore Delegato di Omeco srl
Il 2025 può essere considerato l’anno di svolta per il nucleare in Italia, grazie all’impegno dell’esecutivo nella creazione di un percorso legislativo coerente verso un nucleare sostenibile e all’impulso delle tecnologie di ultima generazione. Nuove opportunità di business si aprono per le imprese italiane, in particolare per quelle dell’impiantistica, riconosciute a livello internazionale per le competenze distintive.
Condizione fondamentale rimane il rispetto della “nuclear safety” e un’attenzione specifica a tutti gli aspetti di conformità, inclusi lo sviluppo di competenze strategiche, la formazione delle figure professionali, la qualificazione di materiali e processi, la certificazione di componenti, prodotti e sistemi di gestione.
L’energia nucleare sta vivendo un rilancio strategico in Italia e in Europa, fondato sull’implementazione di tecnologie di nuova generazione e sugli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2050. Per garantire impatti positivi sulla competitività industriale (grazie ai minori costi dell’energia) e sulla sicurezza energetica (riducendo la dipendenza da fonti non programmabili e da approvvigionamenti esteri), l’Europa considera il nucleare di III+ e IV generazione (Small Modular Reactor – SMR e Advanced Modular Reactor – AMR) la soluzione
più logica e conveniente per il prossimo futuro, in affiancamento alle energie rinnovabili. Il recente rapporto “Lo sviluppo dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale. Le potenzialità per l’industria italiana degli SMR e degli AMR”, pubblicato da Confindustria con il supporto scientifico di ENEA, offre un interessante quadro della filiera nazionale. In Italia operano oltre 70 aziende specializzate nel settore nucleare che, con la sola eccezione della fornitura di combustibile, coprono tutti i comparti distintivi dell’indu-
stria: fornitura di componenti e sistemi per reattori nucleari, ingegneria di sistema, esercizio di centrali all’estero, gestione dei rifiuti radioattivi, decommissioning, ecc.
Sebbene da 35 anni manchi un programma nucleare nazionale e non vi siano centrali attive, il comparto ha dimostrato di saper competere e farsi apprezzare a livello internazionale.
Degli ultimi sei impianti nucleari realizzati nell’Unione Europea, quattro sono stati completati da industrie italiane, mentre gli altri due hanno visto il coinvolgimento di aziende del no-
Dagli SMR agli AMR, l’Italia torna a investire nel sapere, nella ricerca e nell’innovazione per un nucleare sostenibile.
stro Paese.Secondo i dati di Confindustria, il core value nucleare nel 2022 ha sviluppato un fatturato di 547 milioni di euro e un valore aggiunto di 161 milioni, con quasi 2.800 occupati. Circa il 50% del fatturato proviene dalla produzione di grandi componenti e dal segmento della forgiatura, ambiti in cui la filiera italiana è particolarmente specializzata grazie alle competenze e alle esperienze maturate partecipando a programmi nucleari esteri. Il 2025 può dunque essere considerato l’anno di svolta per l’energia nucleare in Italia: a febbraio il Consiglio dei Ministri ha presentato la Legge Delega per regolamentare la produzione di energia nucleare sostenibile, approvata definitivamente a ottobre, mentre a giugno l’Italia ha aderito all’Alleanza Nucleare UE, confermando l’impegno nella definizione di un quadro europeo favorevole allo sviluppo dell’intera catena del valore dell’energia nucleare.
Si tratta di uno scenario in grande fermento, in cui si moltiplicano le opportunità di visibilità e crescita per tutti gli attori della filiera. Lo scorso maggio GIFEN, l’associazione professionale del nucleare civile francese, ha organizzato a Milano l’incontro “Towards an Integrated European Nuclear Supply Chain: The Italian-French Partnership”, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra Italia e Francia nel settore dell’energia nucleare, costantemente alla ricerca di fornitori specializzati, come produttori di componenti meccanici ed elettromeccanici, sistemi di controllo e automazione, ingegneria, servizi di manutenzione, tecnologie per la gestione dei rifiuti radioattivi, e altro ancora.
Non meno significativa è stata la nutrita presenza italiana a Parigi all’inizio di novembre per la WNE – World Nuclear Exhibition 2025, il principale appuntamento mondiale del settore. Oltre ottanta aziende hanno preso parte al padiglione dedicato al nostro Paese, a conferma “dell’energia, della competenza e della visione che le imprese italiane portano nel mondo in un settore quanto mai strategico come quello dell’energia nucleare, nel quale l’Italia non ha mai smesso di investire nel sapere, nella ricerca e nell’innovazione”, come ha sottolineato l’Ambasciatrice italiana in Francia, Emanuela D'Alessandro.
A guidare la partecipazione italiana alla WNE è stata la collettiva organizzata da ICE – l’Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane – in collaborazione con ANIMA Confindustria, AIN (Associazione Italiana Nucleare), ANIMP (Associazione Italiana
di Impiantistica Industriale) e ANIE (Federazione Italiana Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche). Un programma nazionale effettivo fornirebbe tuttavia maggiore credibilità all’intero settore e rappresenterebbe un volano per ulteriori occasioni di crescita economica, favorendo il trasferimento tecnologico e creando importanti ricadute occupazionali. Per supportare il nuovo nucleare ipotizzato, ad esempio, dal PNIEC 2024 (Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima), alle aziende già attive se ne potrebbero aggiungere altre centinaia, con un potenziale impatto economico per il sistema Paese stimato in circa 50 miliardi di euro l’anno di valore aggiunto al 2050 (pari a circa il 2,5% del PIL italiano), secondo le valutazioni dello studio di TEHA Group (The European House-Ambrosetti) “Il Nuovo Nucleare in Italia per i Cittadini e le Imprese”.
L’interesse che il settore impiantistico italiano nutre verso un programma nazionale sul nucleare deve tener conto di almeno quattro dei 19 elementi infrastrutturali ritenuti essenziali dalla Guida AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) “Milestones in the Development of a National Infrastructure for Nuclear Power”: coinvolgimento industriale, sicurezza nucleare, sviluppo delle risorse umane e approvvigionamento.
L’aspetto del procurement coinvolge l’intera industria manifatturiera, poiché la costruzione e l’esercizio di un impianto nucleare richiedono l’utilizzo di materie prime, componenti, sistemi e servizi.
La sicurezza nucleare è intesa non solo come conoscenza dei sistemi di sicurezza ingegneristici, ma anche come cultura della sicurezza, che deve permeare qualsiasi attività, inclusa quella manifatturiera, relativa alla progettazione, realizzazione, esercizio e decommissioning di un impianto. Di pari importanza è la formazione, per poter contare su risorse altamente qualificate in tutti i settori: non solo ingegneri nucleari, ma anche meccanici, elettricisti, saldatori e altre figure tecniche capaci di operare in ambito nucleare, oltre a professionisti con competenze manageriali, amministrative e tecniche di alto livello.
Le industrie che aspirano a far parte di questa supply chain devono pertanto allinearsi ai “codes&standards” internazionali e ai requisiti di sicurezza e qualità nucleare.
Un’attenzione specifica è necessaria per tutti gli aspetti di conformità, tra cui lo sviluppo di competenze strategiche, la qualificazione di materiali e processi, la certificazione di componenti, prodotti e sistemi di gestione e, come detto, la formazione qualificata delle figure professionali, con la sicurezza come priorità assoluta.
Secondo il già citato rapporto di Confindustria, il 38% delle aziende dichiara di operare già con una certificazio-
ne in ambito nucleare. Questo dato non consente di comprendere analiticamente a quale certificazione si faccia riferimento, ma è lecito presumere che includa certificazioni di sistema di gestione e di prodotto secondo diversi standard (tipicamente “RCC-M” e “ASME Section III”). L’unico dato immediatamente verificabile riguarda le imprese con certificazione ISO 19443, accreditata Accredia, che a ottobre 2025 risultano 11. In ambito occidentale, le leadership tecnologiche francese e statunitense determinano la coesistenza di due codici principali: l’RCC-M (“Règles de Conception et de Construction des Matériels Mécaniques”), sviluppato da AFCEN (Association Française pour les Règles de Conception et de Construction des Matériels des Chaudières Électro-Nucléaires), e l’ASME Section III – Rules for Construction of Nuclear Facility Components, sviluppato da ASME (American Society of Mechanical Engineers). Le imprese del settore si trovano quindi a dover affrontare ulteriori complessità legate alla disomogeneità dei codici. Va inoltre considerato che le tecnologie SMR e, soprattutto, AMR, verso le quali si orienta il programma nucleare italiano, potrebbero introdurre innovazioni tali da richiedere lo sviluppo di nuovi protocolli di verifica.
Competenze al servizio della filiera italiana
In questo dinamico contesto si rivela strategico il ruolo di ICIM Group –controllato da ANIMA Confindustria e costituito dall’organismo di certificazione ICIM SpA, dal laboratorio di prove e tarature OMECO Srl e da ICIM Consulting Srl – che ha mantenuto nel tempo un solido rapporto con le imprese impegnate all’estero nella fornitura di componentistica nucleare. Ciò ha consentito lo sviluppo e l’aggiornamento di competenze tecni-
Il rilancio del nucleare apre nuove opportunità di crescita e visibilità per l’industria italiana dell’impiantistica.
che, accreditamenti e qualifiche che permettono al Gruppo di soddisfare la maggior parte delle esigenze della filiera nucleare.
Il laboratorio OMECO esegue prove distruttive e non distruttive accreditate su componenti e materiali destinati al settore dell’energia nucleare. È inoltre laboratorio approvato STUK (per i controlli NDT su componenti degli impianti nucleari finlandesi), certificato da EDF (Électricité de France, per prove su componenti nucleari) e in corso di qualifica da parte di CNCAN (Commissione delle Attività Nucleari in Romania). OMECO opera secondo gli standard EN, RCC-M, ASME, 10
CFR 50/21 e supporta la qualificazione dei processi di saldatura.
ICIM SpA è uno dei tre organismi accreditati in Italia per il rilascio della certificazione ISO 19443, lo standard internazionale che definisce i requisiti specifici per i sistemi di gestione della qualità delle organizzazioni che operano nella catena di fornitura del settore nucleare per prodotti e servizi importanti per la sicurezza nucleare (ITNS). È stato inoltre il primo ente italiano riconosciuto AIA (Agenzia Ispettiva Autorizzata) ASME, e oggi è uno dei principali organismi operanti in Italia per questo codice. È accreditato per la qualifica di saldatori e proces-
si di saldatura ed esegue attività ispettive di parte seconda per la verifica dei requisiti di commessa.
ICIM Consulting propone percorsi formativi specifici in ambito di sicurezza nucleare e accompagna le aziende nel processo di valutazione e implementazione dei requisiti necessari per ottenere la certificazione ISO 19443.
In coerenza con la propria mission, ICIM Group sarà al fianco delle imprese che nei prossimi anni investiranno nello sviluppo delle migliori soluzioni dedicate all’energia nucleare sostenibile.
ANIMA Energia è il nuovo progetto di ANIMA
Confindustria dedicato al presidio delle politiche energetiche e allo sviluppo delle opportunità per la meccanica italiana nei futuri scenari energetici europei. Tra le aree più strategiche rientra il nucleare, dove le imprese ANIMA possono esprimere competenze e tecnologie chiave per il contesto attuale e per i reattori SMR/AMR. Il progetto punta a valorizzare questo potenziale, rafforzare il dialogo istituzionale e creare nuove sinergie lungo la filiera. ANIMA Energia è disponibile per tutti i Soci come piattaforma di lavoro trasversale.
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le. Ogni aggiornamento software, se comporta una variazione del rischio, deve riattivare il processo di valutazione e la revisione della documentazione tecnica. Si tratta di un approccio dinamico, che prosegue ben oltre la fase di progettazione e accompagna il prodotto fino alla dismissione. Per l’industria dei sistemi di sollevamento, questi requisiti hanno un impatto concreto. La linea guida AISEM propone una metodologia pratica per integrare il risk assessment cyber nei processi già consolidati di analisi dei rischi macchina. L’obiettivo è fornire strumenti operativi – modelli di threat analysis, registri di aggiornamento, checklist – che permettano alle imprese di documentare la conformità e di gestire in modo coerente safety, security e AI. La prospettiva è quella di un approccio “a prova di audit”, in cui ogni decisione tecnica trova riscontro in una tracciabilità completa. La complessità del quadro normativo europeo è bilanciata dalla logica di armonizzazione. Il CRA, infatti, richiama espressamente standard come la serie IEC 62443, già nota nel mondo dell’automazione industriale, che fornisce i criteri per la gestione del rischio informatico nei sistemi di controllo. In questo modo, la conformità non diventa un esercizio burocratico, ma un’estensione coerente delle pratiche di ingegneria della sicurezza. La timeline del regolamento è chiara: il CRA entrerà pienamente in vigore
nel dicembre 2027, ma già dal 2025 i fabbricanti dovranno predisporre procedure, documentazione e politiche di gestione delle vulnerabilità. Si tratta di un periodo di transizione breve, che richiederà alle imprese un investimento organizzativo immediato. Tuttavia, chi saprà anticipare questo passaggio potrà trasformare un obbligo normativo in un vantaggio competitivo, costruendo macchine più affidabili, tracciabili e sicure per un mercato sempre più esigente.
Il concetto stesso di risk assessment esce così dai confini del laboratorio di progettazione per diventare parte integrante della governance industriale. Non è più un documento da archiviare, ma un processo continuo, capace di orientare le scelte progettuali, gli aggiornamenti software e le relazioni con la supply chain. La sicurezza, oggi, è un prodotto essa stessa: richiede metodo, trasparenza e responsabilità condivisa.
Come sottolineato nella guida, solo un approccio integrato consentirà alle imprese del sollevamento e dell’automazione di affrontare con successo l’era della connessione permanente.
La resilienza, più che una condizione tecnica, diventa un principio di progettazione e un requisito di mercato. È la nuova frontiera dell’ingegneria industriale europea.
Ready for the Future
L’IMPORTANZA DELLA FINITURA NELL’AUTOMOTIVE:
DOVE NASCE LA QUALITÀ PERCEPITA E REALE
“Non c’è niente di più profondo di ciò che si vede in superficie” , scriveva Hegel. Una frase che, nell’ambito dell’automotive, trova piena concretezza. La superficie di un veicolo rappresenta il primo punto di contatto con chi lo osserva: è ciò che definisce immediatamente la qualità percepita, il valore del marchio e la fiducia del cliente.
La finitura non è solo un fatto estetico. Ogni esperienza con un oggetto avviene attraverso due superfici, quella dell’oggetto stesso e quella della persona che lo utilizza. La superficie è quindi il punto di incontro tra tecnologia ed emozione, tra funzione e sensazione. Un’automobile non deve soltanto apparire bella: deve risultare armoniosa, resistente, affidabile e durevole. È qui che la conoscenza delle proprietà superficiali e delle tecnologie che le gestiscono diventa cruciale per un’industria che si confronta con standard di mercato sempre più elevati. La finitura, in questo senso, è un principio industriale e culturale.
Un esempio emblematico è la verniciatura, uno dei processi più sofisticati e delicati del settore automobilistico. Da essa dipendono l’uniformità cromatica, la profondità e la luminosità del colore, ma anche la capacità del veicolo di resistere ai graffi, agli agenti atmosferici e chimici, oltre che la sostenibilità dei cicli applicativi. La superficie è ciò che colpisce per primo e ciò che resta impresso nella memoria.
Un’irregolarità, una texture non uniforme o una semplice distorsione visiva possono compromettere la percezione di eccellenza e influenzare il giudizio complessivo sull’intero veicolo.
La qualità percepita deriva anche dal contatto quotidiano.
Un bordo non rifinito può risultare sgradevole al tatto, un rivestimento mal montato può distaccarsi nel tempo. La finitura contribuisce quindi all’ergonomia, al comfort, alla sensazione di solidità e alla durata nel tempo. Quando la
finitura è carente, non si tratta solo di un difetto estetico: possono emergere spigoli taglienti, superfici abrasive, protezioni insufficienti contro la corrosione o degradi che compromettono la funzionalità e la sicurezza. Una superficie ben trattata non solo valorizza il prodotto, ma lo protegge e tutela chi lo utilizza.
Con il passaggio alla mobilità elettrica, il ruolo della finitura assume un’importanza ancora maggiore. L’assenza del rumore del motore termico rende ogni dettaglio visivo e tattile più evidente. La riduzione del rumore e delle vibrazioni (NVH) dipende anche dalle superfici e dai materiali scelti. Le interfacce digitali, sempre più presenti, richiedono superfici resistenti, precise e piacevoli al tatto, mentre i nuovi materiali leggeri e sostenibili devono garantire al tempo stesso estetica, isolamento e protezione. Nel veicolo elettrico, dunque, la finitura diventa un fattore tecnologico critico: isolante, protettivo, ergonomico ed estetico. È l’ultimo stadio della produzione, ma il primo della percezione. Qui l’ingegneria incontra il design, e la tecnica si trasforma in esperienza sensoriale. Rifinire, in campo automotive, significa comunicare valore, garantire sicurezza, creare comfort e bellezza, proteggere nel tempo e trasformare la tecnologia in piacere d’uso. La superficie racchiude tutto ciò che rende un’automobile credibile: ciò che appare e ciò che funziona, ciò che conquista lo sguardo e ciò che costruisce fiducia. È sulla superficie che un’automobile diventa davvero ciò che promette.
La superficie è ciò che colpisce per primo e ciò che resta impresso nella memoria.