Aurea dicta - Storia e testi della letteratura latina

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PROFILO STORICO

Marziale

nel TEMPO

Presso i contemporanei  La fortuna di zato anche dai lettori cristiani (si pensi solo ai Marziale, privilegio toccato a pochissimi poeti dell’antichità, non conosce interruzione. Già in vita le sue opere erano lette, recitate, imparate a memoria da un pubblico vasto ed eterogeneo: laudat, amat, cantat nostros mea Roma libellos,/ meque sinus omnes, me manus omnis habet («La mia Roma loda, ama, canta i miei epigrammi; io sono in ogni piega della toga e in ogni mano»), come scrive orgogliosamente l’autore stesso (VI, 60, 1-2). Una fama che si era rapidamente estesa anche al di fuori dei confini italici: i suoi libri si leggevano a Vienne, sul Rodano (VII, 88) e per­ sino nella remota Britannia (XI, 3, 1-5): Non urbana mea tantum Pipleide gaudent / otia nec vacuis auribus ista damus, / sed meus in Geticis ad Martia signa pruinis / a rigido teritur centurione liber, / dicitur et nostros cantare Britannia versus («della mia poesia non si compiace soltanto la gente oziosa di Roma, ed io non scrivo questi epigrammi per uomini sfaccendati: il mio libro è assiduamente letto dal duro centurione accampato nel freddo paese dei Geti presso le insegne di guerra, e mi dicono che anche i Britanni cantano i miei ver­ si»). Non c’è da stupirsene: Marziale ricerca il consenso del pubblico e ne soddisfa ogni esigen­ za. La sua è una poesia piacevole e raffinata che non disdegna battute spiritose, oscenità, invettive alla moda, adulazioni ben congegnate. Mostra al mondo com’è Roma, in un’epoca in cui il mon­ do parla solo di Roma e in cui tutti i provinciali (come già lo stesso Marziale) sognano di venire ad abitarvi.

In età imperiale e nel Medioevo Assi­ duamente letto nel secolo successivo, special­ mente nell’ambiente dei poetae novelli [ cap. 13.4], citato da grammatici ed eruditi nella tar­ da età imperiale, imitato da poeti come Ausonio [ cap. 18.3] e Claudiano [ cap. 18.9], apprez­

nomi di Gerolamo, di Prudenzio e di Paolino da Nola), Marziale continuò ad essere conosciuto e trascritto nei monasteri anche dopo la cadu­ ta dell’impero. Mentre si perdono i testi di Lu­ crezio o di Tito Livio, gli Epigrammata vengono trasmessi senza interruzione in numerosi codici paralleli. Tracce e citazioni si ritrovano in diversi autori durante tutta l’epoca medievale.

In età moderna  Ma è con l’età umanistica che nasce e si sviluppa l’epigramma moderno, uno fra i generi più apprezzati e coltivati tra XV e XVI secolo: il via lo diede il Panormita, con gli ottanta epigrammi osceni e provocatorii con­ tenuti nell’Hermaphroditus (1425); seguirono il Filelfo, Pio II Piccolomini, il Pontano, Sannazaro (con gli splendidi Epigrammata), il Poliziano, l’Alamanni, che scrissero epigrammi sia in lingua italiana che latina su imitazione di Marziale. E il genere avrà immensa fortuna in ogni parte d’Eu­ ropa per secoli: ancora Voltaire, Goethe (autore anche di Xenien), Alfieri vi si misureranno con notevoli risultati. La stessa poesia barocca, fonda­ ta sulla poetica della meraviglia e sul concettismo, sulla ricerca di ingegnosità e di argutezze, deve molto alla tecnica epigrammatica di Marziale.

Nell’Ottocento e in età contemporanea  Il XIX secolo screditò l’opera di Marziale, condannando sia l’oscenità sia il servilismo di una parte della sua opera. Resta il fatto che l’im­ pronta fortemente satirica del genere epigram­ matico, ancora oggi abbondantemente praticato, deriva direttamente dai libri di Marziale: si legga­ no, per misurare fino in fondo la tenuta e la forza di questa tradizione, gli Epigrammi (seguiti dai Nuovi epigrammi) presenti in una delle raccolte poetiche più felici di Pasolini, La religione del mio tempo (1958).

@ Casa Editrice G.Principato

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