Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere
TRIMESTRALE DI IGIENE, TECNOLOGIA , MANAGEMENT
DEGLI OSPEDALI E DEI SERVIZI SANITARI TERRITORIALI
L’importanza della vaccinazione antinfluenzale
50° Congresso Nazionale Anmdo quali “intelligenze” per governare l’evoluzione degli ospedali dei prossimi 50 anni
La responsabilità del Direttore Sanitario alla luce della nuova normativa eurounitaria su antisettici e disinfettanti
Profili giuridici, tecnico-scientifici e gestionali alla luce di Cass. civ. 6386/2023 e della nuova normativa eurounitaria su antisepsi e disinfezione
L’acqua ozonizzata stabilizzata (AOS) per la disinfezione delle superfici ospedaliere
Formazione e aggiornamento in tema di vaccinazione degli operatori sanitari
Aggressioni del personale sanitario: analisi dei dati di una sorveglianza integrata ospedale-territorio
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Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere
L’OSPEDALE - Periodico Trimestrale dell’ANMDO Associazione Nazionale Medici Direzioni Ospedalierie Fondato dal Prof. Pino Foltz
Anno 78 - Numero 3 - luglio settembre 2025 Direzione, Amministrazione, Redazione e Pubblicità
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SOMMARIO SOMMARIO
3 Luglio - Settembre 2025
6 L’importanza della vaccinazione antinfluenzale
Gianfranco Finzi, Claudio Garbelli, Lorenzo Blandi, Cristina Sideli
10 50° Congresso Nazionale Anmdo quali “intelligenze” per governare l’evoluzione degli ospedali dei prossimi 50 anni
Gianfranco Finzi, Ida Iolanda Mura
15 La responsabilità del Direttore Sanitario alla luce della nuova normativa eurounitaria su antisettici e disinfettanti
Leonardo Bugiolacchi
21 Profili giuridici, tecnico-scientifici e gestionali alla luce di Cass. civ. 6386/2023 e della nuova normativa eurounitaria su antisepsi e disinfezione
Leonardo Bugiolacchi
40 L’acqua ozonizzata stabilizzata (AOS) per la disinfezione delle superfici ospedaliere
Gianfranco Finzi
46 Formazione e aggiornamento in tema di vaccinazione degli operatori sanitari
Arianna Vitale
55 Aggressioni del personale sanitario: analisi dei dati di una sorveglianza integrata ospedale-territorio
F. Parente, A. Gallo, Tiziana Valentina Oliva, Nadia Casanova, Miriam Cavallaro, M. Caltabellotta
60 ORIZZONTI
Direttore responsabile: G. Serranò
Direttore editoriale: G. Finzi
Segretario scientifico: I.I. Mura
Comitato di direzione: P. Anello, L. Aprea, R. Arione, A. Battista, M. Chittaro, F. Ciraolo, R. Cunsolo, M.T. Cuppone, C. Di Falco, G. Finzi, K.Kob, R. Lanzetta, C. Martini, G. Matarazzo, A. Molè, I.I. Mura, G. Nasi, S. Parrocchia, G. Pelissero, C. Ponzetti, F. Ripa, G. Schirripa, L. Tattini, T. Tedesco
Comitato di redazione: F. Auxilia, L. Bertinato, L. Blandi, M. Chittaro, C. Del Giudice, G. Finzi, K. Kob, G. Mazzi, I. I. Mura, O. A. Nicastro, G. Pelissero, G. Pieroni, F. Ripa, L. Tattini
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1 Presidente Nazionale ANMDO - Direttore Sanitario Ospedali Privati Accreditati
Nigrisoli e Villa Regina, Bologna
2 Coordinatore gruppo di lavoro nazionale - ANMDO “Ospedale che vaccina”
3 Ricercatore Tenure-Track di Igiene - Universit. Vita-Salute San Raffaele di Milano
4 Direttore Sanitario Poliambulatorio S. Camillo, Bologna
È stata pubblicata dal Ministero della Salute, in data 25 luglio 2025, la Circolare “Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2025-2026” [1].
Le raccomandazioni annuali sull’uso dei vaccini antinfluenzali in Italia sono elaborate dal Ministero della Salute in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e le Regioni/Province Autonome, sulla base di una revisione approfondita di diversi aspetti: andamento epidemiologico dell’influenza, popolazioni target, sicurezza, immunogenicità ed efficacia dei vaccini, oltre ad altri elementi rilevanti.
CAMPAGNA VACCINALE ANTINFLUENZALE 2025-2026
Il documento si apre con una riflessione sull’impatto globale dell’influenza stagionale, che ogni anno causa milioni di casi gravi e decine di migliaia di decessi. In Italia, come in altri Paesi a clima temperato, l’influenza si manifesta prevalentemente nei mesi invernali, con picchi variabili di stagione in stagione.
La Circolare ribadisce l’importanza delle misure igieniche individuali — come il lavaggio delle mani, l’igiene respiratoria e l’isolamento in caso di sintomi — ma sottolinea come la vaccinazione resti la strategia più efficace per ridurre morbosità e mortalità.
La campagna è prevista a partire da ottobre (40ª settimana dell’anno), con l’invito alle Regioni e Province Autonome a pianificare per tempo l’ap -
provvigionamento dei vaccini e garantire un’offerta capillare. La vaccinazione deve essere proposta anche a stagione avanzata, soprattutto ai soggetti vulnerabili. Gli obiettivi di copertura sono ambiziosi: almeno il 75% negli over 65, con un target ottimale del 95%.
Il vaccino è raccomandato per tutti a partire dai sei mesi di età, con particolare attenzione alle categorie a rischio: anziani, donne in gravidanza, persone con patologie croniche, bambini dai 6 mesi ai 6 anni di età, operatori sanitari, lavoratori dei servizi essenziali e soggetti a contatto con animali potenzialmente veicolo di virus zoonotici.
Tra le novità introdotte nella Circolare, oltre all’aggiornamento dei ceppi vaccinali, si segnalano:
■ Estensione dell’offerta gratuita alla popolazione generale, dopo aver coperto le categorie prioritarie.
■ Co-somministrazione con altri vaccini raccomandati indicata come strategia prioritaria.
■ Raccolta dati tramite l’Anagrafe Vaccinale Nazionale (AVN), con denominatori ISTAT uniformi.
■ Rafforzamento del modello operativo a rete , coinvolgendo MMG, PLS, specialisti ospedalieri, RSA e farmacie.
Quest’ultimo punto rappresenta un punto fondamentale. La Circolare evidenzia l’importanza crescente del coinvolgimento degli specialisti ospedalieri nella vaccinazione antinfluenzale, sia per i pazienti ricoverati che per il personale sanitario.
Questo approccio consente di intercettare soggetti fragili in momenti di particolare vulnerabilità, riducendo il rischio di complicanze gravi correlate ad influenza. Infine, viene sottolineata l’importanza di campagne di comunicazione coordinate, basate su evidenze scientifiche e orientate all’educazione sanitaria. È fondamentale superare le barriere culturali e linguistiche e promuovere la vaccinazione anche come strumento per contrastare l’antimicrobico-resistenza.
Tutte queste indicazioni costituiscono la base per una programmazione efficace della campagna
vaccinale, con l’obiettivo di proteggere in modo ottimale i soggetti più a rischio di complicanze influenzali.
L’influenza stagionale, infatti, rappresenta una delle principali sfide per la sanità pubblica, con un impatto significativo in termini di morbilità, mortalità e pressione sui servizi ospedalieri. Ogni anno, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si registrano circa un miliardo di casi di influenza, di cui 3–5 milioni gravi e tra 290.000 e 650.000 decessi a livello globale [2].
In Italia, l’influenza è responsabile di una media annuale di oltre 9.000 decessi per influenza e polmonite, con l’88% dei decessi concentrati nella popolazione ≥65 anni [3].
L’influenza costituisce una sfida rilevante per la Sanità Pubblica, generando costi significativi sia diretti che indiretti legati alla gestione dei casi, delle complicanze e delle strategie di prevenzione. È una delle poche malattie infettive che ogni persona tende a contrarre più volte nel corso della vita, indipendentemente da fattori come età, stile di vita o luogo di residenza.
Le complicanze dell’influenza non si limitano al sistema respiratorio. Il virus è un noto trigger di eventi cardiovascolari maggiori: nei primi 7 giorni dopo un test positivo, il rischio di infarto miocardico acuto aumenta di 6 volte, e quello di ictus di 8 volte [4, 5]. Inoltre, l’influenza può aggravare patologie croniche preesistenti, come BPCO, diabete, insufficienza renale e scompenso cardiaco [6, 7].
IL CONTESTO VACCINALE IN ITALIA
La Circolare Ministeriale Prevenzione e Controllo dell’Influenza 2025–2026 conferma la vaccinazione antinfluenzale come lo strumento più efficace per prevenire l’infezione e le sue complicanze, anche extra-respiratorie. L’offerta gratuita è estesa a tutti i soggetti ≥60 anni, ai bambini da 6 mesi a 6 anni, alle donne in gravidanza, agli operatori sanitari e alle persone con patologie croniche di base [1].
La circolare sottolinea inoltre l’importanza del setting ospedaliero come luogo strategico per la somministrazione del vaccino, sia per i pazienti ricoverati che per il personale sanitario. Questo approccio consente di intercettare soggetti fragili
in momenti di particolare vulnerabilità e di ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale. Nonostante l’ampia disponibilità e le raccomandazioni ministeriali, le coperture vaccinali tra gli over 65 in Italia si attestano intorno al 52,5%, ben al di sotto del target del 75% raccomandato dall’OMS [8].
Questo gap espone una larga parte della popolazione anziana al rischio di complicanze severe e ospedalizzazioni evitabili.
IMMUNOSENESCENZA E APPROPRIATEZZA VACCINALE
Con l’avanzare dell’età, il sistema immunitario subisce un progressivo indebolimento noto come immunosenescenza, un processo biologico che compromette la capacità dell’organismo di rispondere efficacemente alle infezioni e alle vaccinazioni. Questo fenomeno si manifesta con una ridotta produzione di anticorpi, una minore diversità del repertorio linfocitario e una risposta infiammatoria cronica che può aggravare le patologie preesistenti [9].
Nel contesto della vaccinazione antinfluenzale, l’immunosenescenza rappresenta una sfida cruciale: i vaccini standard, pur efficaci nella popolazione generale, spesso non riescono a garantire una protezione adeguata negli anziani. Da questa consapevolezza nasce l’esigenza di vaccini appositamente studiati per rispondere alle caratteristiche immunologiche dell’età avanzata, capaci di stimolare una risposta più robusta e duratura.
Il Ministero della Salute, nella circolare “Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2025-2026”, raccomanda l’uso di vaccini specificatamente indicati nella popolazione anziana, come il vaccino ad alto dosaggio e il vaccino adiuvato [1].
In particolare, Il vaccino ad alto dosaggio contiene una quantità quadrupla di emoagglutinina (60 µg per ceppo) rispetto ai vaccini standard, per garantire una maggiore risposta immunitaria e quindi una maggiore efficacia [1].
La sua efficacia è stata dimostrata in numerosi studi clinici e osservazionali, che ne hanno evidenziato la superiore efficacia immunogenica, la superiore efficacia nella riduzione dei casi di influenza e nella riduzione delle ospedalizzazio -
ni così come riportato anche nel Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto.
In uno studio randomizzato condotto su oltre 32.000 anziani, il vaccino ad alto dosaggio ha mostrato una efficacia superiore del 24,2% rispetto al vaccino standard nella prevenzione dell’influenza confermata in laboratorio [10].
Una meta-analisi condotta su 12 stagioni influenzali e oltre 45 milioni di individui ha evidenziato che il vaccino ad alto dosaggio è associato a una riduzione aggiuntiva del 13,4% (IC al 95%: da 7,3% a 19,2%, p<0.001) delle ospedalizzazioni per influenza e polmonite, del 17,9% (IC al 95%: da 14,7% a 21,0%, p<0.001) per eventi cardiorespiratori e del 7,9% per tutte le cause (IC al 95%: da 5,3% a 10,3%, p<0.001) [12].
Questa maggiore efficacia risulta particolarmente significativa nei soggetti di età superiore ai 75 anni, e ancora più marcata negli over 85, nei quali l’immunosenescenza compromette la risposta immunitaria e aumenta il rischio di complicanze [11, 12].
Recentemente, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine due studi pragmatici (disegno innovativo che consente di randomizzare i partecipanti in setting real-world) di particolare rilevanza: DANFLU-2 [15], condotto in Danimarca, e GALFLU [16], condotto in Galizia (Spagna).
Entrambi hanno valutato l’efficacia del vaccino ad alto dosaggio rispetto al vaccino a dosaggio standard nella riduzione delle ospedalizzazioni correlate all’influenza.
In particolare, in Galizia, il vaccino ad alto dosaggio ha dimostrato una maggiore efficacia nella riduzione delle ospedalizzazioni per polmonite e influenza rispetto al vaccino a dose standard del 23.7%. I due studi sono stati inclusi in un’analisi congiunta predefinita che ha coinvolto 466.320 anziani. I risultati di questa analisi hanno mostrato riduzioni significative nell’endpoint primario di ospedalizzazioni per influenza o polmonite, così come per le ospedalizzazioni cardio-respiratorie, ospedalizzazioni per influenza confermata in laboratorio e ospedalizzazioni per qualsiasi causa. Questi dati rafforzano ulteriormente le evidenze a favore del vaccino ad alto dosaggio, confermandone il beneficio clinico nella prevenzione degli esiti severi dell’influenza rispetto al vaccino a dose standard.
CONCLUSIONI
L’influenza stagionale continua a rappresentare una minaccia significativa per la salute pubblica, in particolare tra gli anziani. L’adozione di vaccini specificatamente indicati per contrastare l’immunosenescenza, in linea con le raccomandazioni ministeriali e le evidenze scientifiche, è una strategia fondamentale per migliorare la protezione, ridurre le ospedalizzazioni e garantire l’appropriatezza vaccinale in una popolazione immunologicamente vulnerabile. Il setting ospedaliero, insieme ai contesti territoriali e residenziali, deve essere sempre più valorizzato come luogo di prevenzione attiva, per intercettare i soggetti più fragili e contribuire a una sanità più proattiva, equa ed efficace.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1. Ministero della Salute. Circolare Prevenzione e controllo dell’influenza: stagione 2025–2026
2. World Health Organization. Influenza (seasonal); 2023.
3. Paget J et al. Vaccine 2022;40:1361–9.
4. Kwong JC et al. N Engl J Med 2018;378:345–53.
5. Warren-Gash C et al. Eur Respir J 2018;51:1701794.
6. Macias AE et al. Vaccine 2021;39:A6–14.
7. Sellers SA et al. Influenza Other Respir Viruses 2017;11:372–93.
10. DiazGranados CA et al. N Engl J Med 2014;371:635–45.
11. DiazGranados CA et al. Vaccine 2015;33:4988–93.
12. Lee JKH et al. Vaccine X 2023;14:100327.
13. Lee JKH et al. Vaccine 2021;39:A24–35.
14. Johansen ND et al, N Engl J Med 2025; DOI: 10.1056/ NEJMoa2509907
15. Pardo Seco J et al, N Engl J Med 2025; DOI: 10.1056/ NEJMoa2509834
In pista tutti vedono il pilota, ma il vero segreto del successo è nel lavoro “invisibile” dei meccanici, che curano ogni dettaglio per rendere la macchina perfetta e farla correre veloce. Anche il Facility Management è così: invisibile agli occhi, ma fondamentale, perchè quando impianti, sistemi e ambienti funzionano senza interruzioni, il tuo business può correre veloce e senza ostacoli!
L’invisibile che fa la differenza.
50° CONGRESSO NAZIONALE ANMDO
QUALI “INTELLIGENZE” PER GOVERNARE L’EVOLUZIONE
DEGLI OSPEDALI DEI PROSSIMI 50 ANNI
1 Il Presidente Nazionale
2 Il Segretario Scientifico
Il Congresso Nazionale ANMDO 2025 dal titolo Quali “intelligenze” per governare l’evoluzione degli Ospedali dei prossimi 50 anni, festeggia la sua 50° edizione. Si propone, da un lato, di analizzare i successi e le sfide affrontate dalla Direzione Ospedaliera negli ultimi cinquant’anni e, dall’altro, di evidenziare, nell’Ospedale del nostro futuro, l’innovazione e l’evoluzione, in una sanità che cambia attraverso i nuovi modelli tecnologici, virtuali e digitali.
Il Congresso si svolgerà dal 7 al 9 ottobre 2025 a Torino, città storica per l’ANMDO in quanto, nel marzo 1947, culla ufficiale dell’Associazione e sede del 1° Congresso Nazionale.
L’incontro vuole esaminare, mediante letture, relazioni, seminari, tavole rotonde, confronti diretti, presentazione di Poster e Comunicazioni, lo stato attuale della sanità e, in particolare, dell’Ospedale, chiamato a rispondere ai bisogni assistenziali in continua evoluzione e ad ottenere la massima efficienza nell’uso delle risorse disponibili per una nuova sanità ed una nuova salute nel nostro Paese.
Ci si propone di adottare una nuova metodologia organizzativa che consenta, per quanto possibile, un coinvolgimento ed un confronto diretto con tutti i partecipanti, in particolare i giovani e gli specializzandi. Sarà dato, pertanto, particolare risalto all’innovazione e all’evoluzione dell’Ospedale, anche virtuale e digitale, ai nuovi trasporti, alle strategie nella gestione delle Infezioni Correlate all’Assistenza, anche attraverso meet di esperti, alle innovazioni terapeutiche geniche ed oncologiche, nonché ai nuovi modelli formativi per gli operatori sanitari, alla robotica e alla telemedicina, così come si affronterà, attraverso le esperienze in campo, la tematica dell’ospedale che vaccina e le buone pratiche vaccinali, l’Antibiotico Resistenza con i suoi risvolti economicosanitari, i modelli integrati per la gestione delle infezioni nelle RSA. Verrà dedicato anche spazio al tema dell’Ospedale nella gestione delle emergenze, anche attraverso il confronto di esperienze, di esercitazioni e simulazioni.
Il Congresso, inoltre, si occuperà dell’intelligenza artificiale in una visione dell’attuale e del futuro, dei ruoli e delle responsabilità delle strutture sanitarie, nonché degli aspetti organizzativo-operativi. Non tralasciando gli aspetti legati all’impatto organizzativo del contratto nazionale della dirigenza medica, il Congresso si concluderà con la presentazione della “Carta di Torino del Direttore di Ospedale del futuro”, un documento che vuole raccogliere tutti gli spunti, i contributi e i risultati ottenuti dall’ANMDO negli ultimi 50 anni, con l’intento di proporre azioni conseguenti da poter suggerire al Servizio Sanitario Nazionale e ai Servizi Sanitari Regionali per valorizzare al massimo l’Ospedale del futuro.
Gianfranco Finzi1, Ida Iolanda Mura2
PROGRAMMA SCIENTIFICO
MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2025
SEDE | AULA “ACHILLE MARIO DOGLIOTTI”
– PRESIDIO OSPEDALIERO MOLINETTE
14.30 Inaugurazione del Congresso e Saluti istituzionali
Elide Azzan, Federico Riboldi, Jacopo Rosatelli, Livio Tranchida, Lorenzo Angelone, Antonio Scarmozzino, Guido Quici
Saluti inaugurali e presentazione del Congresso
Ida Iolanda Mura, Gianfranco Finzi
15.30 Il patrimonio storico degli ospedali del Piemonte: insegnamenti per il futuro
INTRODUZIONE: Carmelo Del Giudice
INTERVENGONO: Franco Ripa, Antonio Maconi
16.00 Intelligenza umana e intelligenza artificiale: quale futuro?
Rita Cucchiara
16.30 Ricordo del Dottor Giuseppe Zuccarello
Luigi Aprea, Rosario Cunsolo, Sebastiano De Maria
16.50 Riconoscimento Soci Onorari
17.00 – 18.30 | I SESSIONE
TAVOLA ROTONDA | “L’OSPEDALE CHE VACCINA”
MODERATORI: Enrico Di Rosa, Gianfranco Finzi
INTERVENGONO: Paolo Castiglia, Claudio Costantino, Letizia Ferrara, Gianluigi Guano, Claudio Lazzari, Alberto Peano, Carlo Polito, Arianna Vitale, Emilia Anna Vozzella
14.00 L’intelligenza artificiale a supporto del medico per generare più tempo per i pazienti
Fabrizio Pizzo
14.30 La prevenzione delle cadute accidentali dei pazienti, l’efficacia dell’intelligenza artificiale
Marzio Pesenti
15.00 Trasporto degenti: il ruolo strategico dell’intelligenza artificiale. Best Practice di un servizio efficiente e personalizzato
Cosimo Iacca, Andrea Tezzele
15.30 L’applicazione della norma sulla disinfezione della cute integra: sicurezza per il paziente e valutazione del rischio. Il punto di vista del Direttore Sanitario Luigi Aprea
16.00 – 17.40 | IV SESSIONE
LA GESTIONE DELLE EMERGENZE E IL RUOLO
DELLA DIREZIONE DELL’OSPEDALE
MODERATORI: Luigi Bertinato, Stefano
Reggiani
16.00 Il processo assistenziale dalla medicina generale all’emergenza urgenza
Mattia Altini
16.20 Il terremoto dell’Aquila: reazione, adattamento e riorganizzazione della rete ospedaliera
Stefano Greco
16.40 Alluvione in Emilia-Romagna: la continuità dell’assistenza in condizioni estreme
Francesca Bravi
17.00 L’incendio in ospedale: gestione dell’urgenza e prevenzione del rischio
Enrico Burato
17.20 La minaccia cyber alla sanità: dalla gestione dei rischi alla gestione delle emergenze
Gianluca Galasso
17.40 – 19.10 | V SESSIONE TAVOLA ROTONDA | DIRIGENZA MEDICA E CONTRATTO NAZIONALE: IMPATTO ORGANIZZATIVO
MODERATORI: Giuseppe Matarazzo, Sergio Parrocchia
INTERVENGONO: Paola Anello, Antonio Carbone, Giacomo Corsini, Claudio Martini, Guido Quici, Antonio Scarmozzino
GIOVEDÌ 9 OTTOBRE 2025
SEDE | SALA VITTORIA – STARHOTELS
MAJESTIC
08.30 – 10.00 | VI SESSIONE
INCONTRO CON GLI ESPERTI: INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA
CONDUCE: Luigi Bertinato
INTERVENGONO: Silvio Brusaferro, Gabriele Del Castillo, Maria Mongardi, Nicola Petrosillo, Clemente Ponzetti, Francesco Venneri
10.00 – 11.30 | VII SESSIONE INNOVAZIONI TERAPEUTICHE IN ONCOLOGIA E NELLE MALATTIE RARE
MODERATORI: Karl Kob, Maria Teresa Montella
10.00 Terapie avanzate in oncoematologia: a cinque anni delle terapie geniche
CAR-T
Daniela Bianco
10.30 Malattie rare: sfide e opportunità
Paola Facchin
11.00 Accessibilità e sostenibilità delle nuove terapie farmacologiche
Nicola Magrini
11.30 – 13.30 | VIII SESSIONE
PREVENZIONE E GESTIONE DELLE INFEZIONI
RESPIRATORIE: UN MODELLO INTEGRATO PER LA SALUTE DEI PAZIENTI FRAGILI
MODERATORI: Fabrizio Leigheb, Marco Salza
11.30 Il contesto demografico e clinico: perché le RSA sono in prima linea
Roberto D’Angelo
11.50 Infezioni respiratorie nei pazienti fragili: dal rischio alla gestione clinica
Marco Confalonieri
12.10 Modello operativo “End to End”: patient journey e attori coinvolti
Lorenzo Cammelli
12.30 Campagne vaccinali per i pazienti fragili: governance e responsabilità
Paolo Pandolfi
12.50 L’impatto della vaccinazione antiinfluenzale sulle ospedalizzazioni
Francesca Trippi
13.10 Formazione e empowerment del personale sanitario
Daniela Accorgi
13.30 Ascolto e gestione delle esitazioni vaccinali
Anna Odone
13.50 Pausa pranzo
14.30 – 16.10 | IX SESSIONE
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN SANITÀ
MODERATORI: Lorenzo Blandi, Ottavio Nicastro
14.30 La Governance centrale della sanità digitale: aspetti etici
Flavia Simonetta Pirola
14.50 Intelligenza artificiale in sanità: attualità e prospettive
Luigi De Angelis
15.10 Inquadramento normativo e IA
Silvia Stefanelli
15.30 Aspetti organizzativi del Direttore
Sanitario
Laura Chiappa
15.50 Considerazioni
Francesco Auxilia
16.10 Premiazione migliori
Poster e Comunicazioni
16.40 Chiusura del Congresso
Casa Editrice
La responsabilità del Direttore Sanitario alla luce della nuova normativa eurounitaria su antisettici e disinfettanti
Avv.Leonardo Bugiolacchi
Avvocato Cassazionista, Roma - Direttore Osservatorio Italiano Intelligenza
Artificiale E.N.I.A. - Ente Nazionale Intelligenza Artificiale
INTRODUZIONE: QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
La prevenzione delle infezioni correlate alle procedure mediche invasive passa anche attraverso un’adeguata antisepsi della cute integra del paziente prima di interventi chirurgici, prelievi o inserzione di accessi vascolari. In questa prospettiva, negli ultimi anni, il quadro normativo relativo ad antisettici e disinfettanti è stato aggiornato per garantire standard più elevati di sicurezza e qualità.
In particolare, a livello europeo il Regolamento (UE) n. 528/2012 (Biocidal Products Regulation, BPR) disciplina l’immissione sul mercato e l’uso dei biocidi, inclusi disinfettanti e antisettici. Sempre in tale materia, una guida applicativa dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) ha chiarito che i prodotti per l’antisepsi della cute – sia lesa che integra – prima di un trattamento medico invasivo devono essere sempre considerati farmaci, rientrando quindi nella disciplina della Direttiva 2001/83/CE (codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano) [1]. In altri termini, prodotti come le soluzioni disinfettanti per la cute del paziente prima di un intervento non possono più essere trattati alla stregua di comuni biocidi (con la conseguenza che non ne può più essere autorizzata l’immissione in commercio neppure secondo il dettato del citato Regolamento n. 528/2012), ma vanno sottoposti agli standard richiesti per le specialità medicinali
In passato, in Italia, tali soluzioni cutanee potevano essere autorizzate come Presidi Medico Chirurgici (PMC) ai sensi del D.P.R. 392/1998 (“Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla produzione ed all’immissione in commercio dei presidi medico-chirurgici”) e relativo provvedimento attuativo del 5 febbraio 1999 con procedura chiaramente semplificata rispetto ai farmaci. Questa sopravvenuta eterogeneità normativa aveva portato a una presenza sul mercato italiano di antisettici cutanei a duplice regime: alcuni registrati come PMC (biocidi), in particolare quelli destinati all’impiego su cute integra, e altri come farmaci (quelli destinati all’impiego su cute lesa o mucose). Con l’evolversi delle conoscenze e delle linee guida internazionali ed europee, è emersa la necessità di uniformare il regime autorizzativo, poiché l’uso di prodotti biocidi per scopi medici contraddice la normativa di settore e non garantisce adeguatamente la sicurezza del paziente[2]. Basti pensare che le norme europee sui medicinali (la citata direttiva 2001/83/CE, recepita in Italia con D.Lgs. 219/2006) impongono rigorosi requisiti di qualità, sterilità e controlli microbiologici per i prodotti destinati al contatto con tessuti umani, mentre per i biocidi tali controlli non sono obbligatori[2]. La letteratura medica riporta infatti casi di contaminazione in soluzioni antisettiche non sterili: ad esempio, nel 2007 negli Stati Uniti si sono verificate oltre 40 epidemie o pseudo-epidemie dovute ad antisettici contaminati, e in Spagna alcuni lotti di soluzioni antisettiche (classificate come biocidi) sono stati ritirati dal
mercato a causa di contaminazione microbica[3]. Questi episodi evidenziano il potenziale rischio clinico nell’utilizzare prodotti non soggetti agli standard farmaceutici di sterilità.
Alla luce di tale evoluzione normativa ed al fine di adeguare la normativa italiana al contesto europeo e tutelare maggiormente pazienti e operatori, il Ministero della Salute italiano ha emanato il Decreto Direttoriale 29 marzo 2023. Tale provvedimento dispone la revoca progressiva delle autorizzazioni come PMC per tutti i disinfettanti destinati alla cute integra prima di un trattamento medico, in quanto d’ora in avanti sottoposti alla normativa sui medicinali[4]. Il decreto ha fissato un periodo transitorio: i produttori potevano immettere in commercio questi prodotti come PMC fino al 31 dicembre 2024, e le scorte già distribuite possono essere utilizzate nelle strutture sanitarie non oltre il 30 giugno 2025[5].
Dopo tali scadenze, l’impiego di antisettici cutanei per la disinfezione di cute integra prima di un trattamento medico privi di Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) come farmaci non sarà più consentito.
Un successivo Decreto Direttoriale del 24 dicembre 2024 ha opportunamente introdotto una deroga temporanea per specifici prodotti a base di clorexidina digluconato 2% (in soluzioni da 100–250–500 ml), al fine di evitare carenze di approvvigionamento sul mercato[6]. Questa deroga, concessa ai sensi dell’art. 55 del Regolamento UE 528/2012, consente la continuazione della commercializzazione di tali prodotti fino al 30 giugno 2025[6]. In parallelo, viene richiesto ai titolari di registrazioni PMC con usi molteplici (ad esempio prodotti etichettati sia per cute che per superfici) di escludere dalle etichette qualunque riferimento all’utilizzo su cute pre-trattamento medico, qualora intendano mantenere l’autorizzazione PMC per altri impieghi.
Riassumendo, dal 2025 in Italia l’antisepsi della cute integra prima di procedure mediche dovrà essere effettuata esclusivamente con prodotti autorizzati come farmaci (specialità medicinali o dispositivi medici se applicabile), mentre i tradizionali PMC disinfettanti cutanei andranno fuori commercio.
Al tempo stesso, però, il citato Decreto Direttoriale del marzo 2023 ha previsto le procedure da segui-
re per non incorrere nella revoca delle autorizzazioni come presidi medico chiurgichi rilasciate ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 392 del 1998 per gli usi dei disinfettanti ulteriori rispetto a quelli che precedono un trattamento medico.
Questo cambiamento normativo coinvolge direttamente le Direzioni Sanitarie delle strutture, chiamate a garantire la corretta attuazione di tali disposizioni nell’ambito delle proprie organizzazioni.
CRITICITÀ E RISCHI PER LE STRUTTURE SANITARIE
L’introduzione della nuova normativa solleva alcune criticità e potenziali rischi sia per le strutture sanitarie pubbliche che per quelle private accreditate. Tali criticità possono essere esaminate sotto diversi profili – legale, clinico e logistico-organizzativo – ed è fondamentale che il Direttore Sanitario ne sia consapevole per gestirle proattivamente. Aspetti legali e di compliance: dal 1º luglio 2025 l’utilizzo di un disinfettante cutaneo destinato alla disinfezione della cute integra prima di un trattamento medico, privo di autorizzazione come farmaco, costituirà una violazione di legge. Le strutture che non si adeguano rischiano sanzioni amministrative e, in casi gravi, possibili implicazioni penali in caso di danno al paziente. Il Direttore Sanitario, in quanto garante del corretto espletamento dell’attività sanitaria e del rispetto delle norme igienico-sanitarie nella struttura[7] [8], è direttamente investito della responsabilità di assicurare la conformità normativa.
Ciò significa, ad esempio, dover vigilare che entro le scadenze previste vengano eliminate dalle unità operative tutte le scorte di antisettici PMC non più autorizzati e che non vengano più acquistati né utilizzati prodotti al di fuori del nuovo quadro regolatorio. Un ulteriore aspetto legale riguarda la distinzione tra biocidi e farmaci: usare un prodotto non registrato come farmaco per un uso tipicamente considerato medicinale (antisepsi del paziente prima di trattamento medico) configurerebbe configurare un uso improprio, con responsabilità sia per il medico utilizzatore sia per la governance della struttura. Anche il rischio reputazionale inoltre non è da trascurare: il mancato rispetto di norme a tutela della sicurezza del
paziente può esporre la struttura a segnalazioni degli organi di vigilanza (NAS, AIFA, Ministero) e conseguentemente minare la fiducia dell’utenza. Aspetti clinici: sul versante clinico-assistenziale, l’adeguamento alla nuova normativa è motivato da importanti ragioni di sicurezza del paziente. L’uso di antisettici non soggetti a standard farmaceutici può tradursi in efficacia ridotta o in rischi di contaminazione microbica del prodotto, come evidenziato da episodi documentati in letteratura[3]. Questo comporta un rischio potenziale di infezioni nei siti chirurgici o nelle aree di inserzione di aghi/cateteri se l’antisepsi pre-procedurale non è ottimale.
La normativa spinge dunque le strutture ad impiegare esclusivamente antisettici che abbiano superato valutazioni di qualità, efficacia e sicurezza proprie dei medicinali.
Per il personale sanitario, tuttavia, il cambiamento potrebbe inizialmente generare incertezza: ad esempio, potrebbero variare i tempi di applicazione o le modalità d’uso di un nuovo antisettico rispetto al prodotto precedente, oppure potrebbero emergere reazioni cutanee diverse. Una criticità pratica potrebbe essere la non disponibilità temporanea di determinate formulazioni antisettiche considerate “standard” nelle pratiche cliniche: se alcuni prodotti a base di clorexidina o iodopovidone non fossero immediatamente disponibili come farmaci, i sanitari dovranno utilizzare alternative (es. preparati galenici della farmacia ospedaliera o prodotti medicinali di differente concentrazione/ composizione).
Questo scenario, se non correttamente gestito, potrebbe portare a difformità nelle pratiche di antisepsi tra reparti, con possibili implicazioni sulla qualità delle cure.
Inoltre, sul piano della tutela degli operatori, va considerato che l’uso di agenti chimici disinfettanti comporta esposizione professionale: prodotti regolamentati come farmaci offrono garanzie documentate sui profili tossicologici, mentre l’uso continuativo di alcuni biocidi poteva presentare rischi (allergie da contatto, interferenze endocrine, etc.).
Pertanto, l’adeguamento normativo, pur sfidando inizialmente le abitudini consolidate, rappresenta un’opportunità per migliorare la sicurezza sia del paziente sia degli operatori.
Aspetti logistici e organizzativi: dal punto di vista organizzativo, la transizione ai nuovi antisettici medicinali richiede un’attenta pianificazione logistica da parte della Direzione Sanitaria. Una prima criticità riguarda l’approvvigionamento: occorre assicurarsi per tempo che il Servizio Acquisti o la Farmacia Ospedaliera identifichino fornitori e prodotti alternativi autorizzati (AIC) da introdurre in sostituzione dei PMC revocati. Il mercato potrebbe inizialmente presentare una ridotta disponibilità di specialità medicinali disinfettanti, specie per ifornitori che non avessero convertito i propri prodotti entro fine 2024. Non a caso, il Ministero ha concesso una deroga per i prodotti a base di clorexidina 2% proprio per prevenire carenze distributive nei primi mesi del 2025[6]
Tuttavia, questa estensione è temporanea e circoscritta: le strutture sanitarie devono comunque attrezzarsi per non trovarsi senza scorte adeguate dopo il 30 giugno 2025. Un secondo aspetto logistico riguarda la gestione delle scorte esistenti : entro fine anno 2024, la Direzione Sanitaria è stata tenuta a pianificare il graduale esaurimento o smaltimento dei disinfettanti PMC presenti in magazzino o nei reparti (ad esempio utilizzando le scorte rimanenti entro i termini consentiti, evitando nuovi ordini di quei prodotti e predisponendo il ritiro e lo smaltimento come rifiuti speciali di eventuali giacenze oltre la scadenza). Dal punto di vista dei costi, le nuove forniture di antisettici come farmaci potrebbero avere prezzi diversi rispetto ai corrispondenti PMC: la Direzione dovrà tener conto di ciò nei budget e, se necessario, negoziare contratti di fornitura consorziati o centralizzati per contenere l’impatto economico. Infine, è cruciale l’aspetto dell’armonizzazione operativa : introdurre nuovi prodotti richiede aggiustamenti nei protocolli interni, nelle procedure di magazzino (codici, scadenze) e persino nella modulistica (es. liste di materiali in kit procedurali). Un coordinamento stretto tra Direzione Sanitaria, Farmacia, Servizio Infermieristico e Ufficio Tecnico-logistico sarà determinante per una transizione fluida, minimizzando il rischio di interruzioni nell’attività clinica o di errori dovuti a cambiamenti di prodotti (come scambiare un disinfettante per un altro, o usarlo in modo non conforme alle istruzioni).
SOLUZIONI OPERATIVE E RACCOMANDAZIONI
PER LA DIREZIONE SANITARIA
Di fronte a queste sfide, la Direzione Sanitaria deve assumere, ancora una volta, un ruolo proattivo di guida e coordinamento. Di seguito vengono proposte alcune soluzioni operative e raccomandazioni chiave per gestire al meglio l’adeguamento alla nuova normativa su antisettici e disinfettanti: ■ Mappatura e audit interni: Effettuare quanto prima una ricognizione completa di tutti i prodotti disinfettanti e antisettici in uso nella struttura. È opportuno identificare in ogni reparto i prodotti attualmente utilizzati per la disinfezione della cute dei pazienti (ad esempio in carrelli medicazione, kit di intervento, sale operatorie, ambulatori) e verificarne il corretto status regolatorio. Sulla base di questa mappatura, il Direttore Sanitario dovrebbe promuovere audit interni periodici per valutare la conformità alle nuove disposizioni. Tali audit possono includere ispezioni a campione e audit osservazionali nelle aree critiche (blocchi operatori, radiologia interventistica, ambulatori di dialisi, ecc.), utilizzando apposite checklist per controllare che il personale utilizzi i prodotti corretti e segua le procedure aggiornate[9]. Attraverso gli audit si possono individuare tempestivamente eventuali non conformità – ad esempio reparti che ancora detengono vecchi PMC oltre il termine o personale che non ha recepito il cambiamento – e attuare azioni correttive prima che generino rischi reali. È consigliabile documentare gli esiti degli audit e riportarli nelle sedi opportune (Comitato Infezioni Ospedaliere, riunioni di direzione) così da tenere traccia dei progressi e delle criticità residue.
■ Aggiornamento di protocolli e procedure: La transizione normativa richiede di rivedere tutti i protocolli aziendali attinenti a disinfezione e antisepsi. Il Direttore Sanitario, in collaborazione con i responsabili di UOC e con il Comitato per il Controllo delle Infezioni (CIO), dovrebbe disporre un aggiornamento formale delle procedure operative standard (SOP) riguardanti la preparazione della cute del paziente. Ad esempio, i protocolli per l’antisepsi pre-operatoria, per la disinfezione prima di iniezioni o incan-
nulamenti, e per la gestione di cateteri venosi devono essere rivisti indicando esplicitamente i nuovi antisettici autorizzati da utilizzare e le relative modalità d’uso. Ogni riferimento a prodotti non più consentiti va eliminato o sostituito. Allo stesso modo, eventuali procedure scritte per lo stoccaggio, diluizione o manipolazione di disinfettanti vanno adeguate ai requisiti delle specialità medicinali (che spesso arrivano pronte all’uso e con indicazioni specifiche). È importante coinvolgere nella revisione anche la Farmacia Ospedaliera, per avere conferma sulle formulazioni disponibili e sulle corrette concentrazioni da impiegare. Una volta aggiornati, i nuovi protocolli vanno diffusi capillarmente: pubblicazione nella manualistica interna (cartacei e/o intranet), comunicazione di servizio inviata a tutti i reparti e, se possibile, brevi incontri illustrativi con i coordinatori infermieristici per spiegare le novità. Poiché rientra tra i compiti del Direttore Sanitario elaborare e verificare l’attuazione delle procedure organizzative e tecniche proprie della struttura[8], questa fase di aggiornamento documentale e implementazione pratica è cruciale per rendere effettiva la compliance normativa.
■ Formazione e sensibilizzazione del personale: Nessun cambiamento può essere realmente efficace senza il coinvolgimento attivo degli operatori sul campo. La Direzione Sanitaria dovrebbe pianificare interventi formativi mirati per tutto il personale sanitario interessato (medici, infermieri, OSS), finalizzati a illustrare cosa cambia con la nuova normativa e perché. I programmi di formazione dovranno coprire sia gli aspetti teorici – ad esempio spiegare che un determinato prodotto disinfettante ora è considerato farmaco e quindi garantisce standard produttivi più elevati – sia quelli pratici, come le corrette tecniche di applicazione del nuovo antisettico, i tempi di posa, le precauzioni d’uso e conservazione. È utile distribuire schede tecniche dei nuovi prodotti e magari predisporre poster informativi da affiggere in prossimità delle zone di preparazione procedurale (sale operatorie, ambulatori) per ricordare al personale le nuove procedure. Andrebbe verificato e documentato che tutto il personale abbia ricevuto l’informazione: ad esempio, tramite registri firme per
sessioni di training, o moduli e-learning con test finale. Valutare periodicamente il livello di formazione raggiunto è un’azione raccomandata: si possono controllare gli attestati di partecipazione ai corsi o somministrare questionari per verificare la comprensione e l’adesione alle pratiche antisettiche aggiornate[10]. L’obiettivo è creare consapevolezza che l’impiego corretto degli antisettici medicinali è parte integrante della sicurezza delle cure e non un mero adempimento burocratico. Infine, la sensibilizzazione deve riguardare anche gli aspetti di segnalazione: il personale va incoraggiato a riferire prontamente al risk management o alla farmacia eventuali problemi riscontrati con i nuovi prodotti (es. difficoltà di approvvigionamento, effetti avversi cutanei, difetti di confezionamento) così da poter intervenire prontamente con soluzioni o segnalazioni ai fornitori/AIFA.
■ Gestione degli acquisti e scorte: Dal punto di vista amministrativo, la Direzione Sanitaria insieme all’Ufficio Acquisti e alla Farmacia deve riorientare le politiche di approvvigionamento. È opportuno rivedere le gare d’appalto, contratti di fornitura o convenzioni in essere per i disinfettanti: nei capitolati tecnici andranno inseriti requisiti che richiedono la conformità alla nuova normativa (es. “il prodotto deve essere registrato come presidio medicinale/avere AIC per l’uso come antisettico cutaneo” opppure, se si tratta di usi ulteriori del biocida rispetto a quelli disinfezione della cute del paziente, quali la disinfezione delle superfici, eliminando dalle etichette del presidio medico chirurgico tutte le parole e la grafica che si riferiscono all’attività di disinfezione della cute prima di un trattamento medico) . Si potrebbe anche cogliere l’occasione per centralizzare l’acquisto di antisettici a livello di Area Vasta o Regionale, sfruttando economie di scala e assicurando uniformità di prodotti tra strutture diverse. Nel breve termine, la Direzione Sanitaria dovrà assicurarsi di effettuare ordini sufficienti dei nuovi prodotti in anticipo rispetto alla scadenza di legge, tenendo conto dei consumi storici della struttura, in modo da costituire scorte di sicurezza ed evitare interruzioni nelle attività cliniche. Un’attenzione particolare va data alla
gestione delle scorte esistenti di PMC: come già accennato, entro fine giugno 2025 dovranno essere eliminate. È consigliabile pianificare questa operazione con il coinvolgimento dei servizi farmaceutici e degli uffici preposti alla gestione dei rifiuti: i residui di disinfettanti andranno smaltiti conformemente alle norme sui rifiuti sanitari per sostanze chimiche. Anche dopo la transizione, sarà buona prassi mantenere un monitoraggio continuo sulle forniture: verificare le date di scadenza dei nuovi antisettici medicinali (che potrebbero avere tempi di scadenza più brevi rispetto ai PMC), controllare che le condizioni di stoccaggio rispettino le indicazioni (alcuni prodotti potrebbero richiedere temperature controllate o protezione dalla luce, essendo farmaci), e instaurare un dialogo costante con i fornitori per essere aggiornati su eventuali modifiche normative o di disponibilità. In sintesi, la gestione degli acquisti deve diventare più strategica e integrata: il Direttore Sanitario, insieme ai farmacisti e ai responsabili degli acquisti, dovrà garantirsi che la scelta dei prodotti disinfettanti si basi non solo sul prezzo, ma sulla rispondenza a requisiti di legge e di efficacia clinica.
In aggiunta a queste azioni, la Direzione Sanitaria dovrebbe coordinarsi strettamente con il Servizio di prevenzione e controllo infezioni (CIO/ICP) e con il Servizio di Qualità/Risk Management. L’adeguamento normativo sugli antisettici può infatti essere inserito nei programmi di miglioramento continuo della qualità e nei piani di gestione del rischio clinico, anche nel rispetto del principio cardine della sicurezza delle cure, sancito dall’art. 1, comma 1, della Legge n, 24/2017 (cosiddetta Gelli-Bianco). Ad esempio, integrare indicatori di verifica (audit di compliance, incidenza di infezioni del sito chirurgico in relazione all’antisepsi usata, ecc.) e prevedere nelle riunioni periodiche un punto di discussione sull’andamento della transizione e sugli eventuali problemi riscontrati. Il Direttore Sanitario, con il suo staff, funge da cabina di regia che deve assicurare coerenza tra le varie componenti dell’organizzazione: aggiornamento normativo, protocolli clinici, formazione, approvvigionamenti e controllo dell’applicazione pratica devono procedere all’unisono.
CONCLUSIONI:
IL RUOLO DEL DIRETTORE SANITARIO NELLA SICUREZZA E COMPLIANCE
Il passaggio alla nuova normativa su antisettici e disinfettanti mette in evidenza il ruolo cruciale del Direttore Sanitario nella governance della sicurezza delle cure e nella compliance normativa. Questa figura, ponte tra le istanze regolatorie e l’operatività clinica, ha il compito di tradurre gli obblighi di legge in pratiche concrete all’interno della struttura sanitaria. Ciò significa assumersi la responsabilità di pianificare, coordinare e verificare tutte le azioni necessarie affinché le norme su disinfettanti e antisettici siano pienamente rispettate e, al contempo, che tali cambiamenti si traducano in un effettivo miglioramento della qualità assistenziale. Nella governance di un ospedale o di una ASL, il Direttore Sanitario è da sempre garante del buon funzionamento dei servizi igienico-sanitari e del controllo delle procedure di disinfezione e sterilizzazione adottate[7]. L’adeguamento alla normativa ed agli standard europei sugli antisettici rientra dunque a pieno titolo nelle sue responsabilità istituzionali. Ma oltre all’aspetto degli obblighi, va sottolineato l’aspetto della leadership: il Direttore Sanitario deve farsi promotore di una cultura aziendale orientata alla sicurezza del paziente e al miglioramento continuo. La vicenda dei disinfettanti cutanei – da potenziale problema di non conformità – può essere trasformata in un’opportunità di crescita: aggiornare protocolli secondo le ultime evidenze scientifiche, rinforzare la formazione del personale sulle pratiche di antisepsi, e garantire prodotti di qualità superiore significa ridurre il rischio di infezioni correlate all’assistenza con conseguente riduzione del contenzioso che ne deriva e aumentare la fiducia dei pazienti nella struttura. In conclusione, la nuova normativa su antisettici e disinfettanti richiama il Direttore Sanitario al suo ruolo di custode della sicurezza e di regista del cambiamento. Egli deve saper coniugare il rigore del rispetto normativo con la visione sistemica di chi orienta l’organizzazione verso standard più elevati di cura. Attraverso una gestione attenta e multidisciplinare – coinvolgendo clinici, farmacisti, infermieri, tecnici e amministrativi – il Direttore Sanitario può assicurare che l’introduzione dei nuovi antisettici avvenga senza discontinuità as-
sistenziali, anzi portando un valore aggiunto in termini di esiti clinici e di sicurezza per pazienti e operatori. In definitiva, la compliance normativa non è solo un obbligo burocratico, ma diventa parte integrante della governance della qualità: il Direttore Sanitario, esercitando la propria responsabilità con competenza e proattività, garantisce sia l’aderenza alle leggi sia la tutela della salute collettiva all’interno della struttura sanitaria.
RIFERIMENTI NORMATIVI PRINCIPALI
1. - Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio – sull’immissione sul mercato e l’uso dei biocidi (Biocidal Products Regulation).
2. Direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio – codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.
3. D.P.R. 6 ottobre 1998, n. 392 – Regolamento di semplificazione del procedimento di autorizzazione alla produzione e all’immissione in commercio di Presidi Medico Chirurgici.
4. D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219 – Attuazione della Direttiva 2001/83/CE e s.m.i., relativo ai medicinali per uso umano (Testo Unico dei farmaci).
5. Decreto Direttoriale Ministero Salute 29 marzo 2023 – Disciplina della revoca delle autorizzazioni come PMC dei prodotti destinati alla disinfezione della cute integra prima di un trattamento medico (GU Serie Generale n.85/2023).
6. Decreto Direttoriale Ministero Salute 24 dicembre 2024 – Deroga temporanea ex art. 55 Reg. 528/2012 per prodotti a base di clorexidina 2% (proroga commercializzazione fino al 30/6/2025).[4][6]
7. [1] [9] [10] ANMDO DISINFEZIONE DEFINITIVO quaderni di direzione sanitaria 1 anno 2.pdf file://file-WN6wYt5Q3KCqNsdYqFP5T7
9. [4] [5] [6] PMC: Deroga per disinfettanti a base di clorexidina digluconato - Flashpoint https://www.flashpointsrl.com/news/pmc-derogaper-disinfettanti-a-base-di-clorexidina-digluconato/ 10. [7] [8] MANSIONI E RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE SANITARIO - Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Parma https://www.omceopr-archivio.it/ordinedeimedici/ ordine.asp?id=80&idmenu=70
Profili giuridici, tecnico-scientifici e gestionali alla luce di Cass. civ. 6386/2023 e della nuova normativa eurounitaria su antisepsi e disinfezione
Avv. Leonardo Bugiolacchi
Avvocato Cassazionista, Roma - Direttore Osservatorio Italiano Intelligenza
Artificiale E.N.I.A. - Ente Nazionale Intelligenza Artificiale
Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) costituiscono una sfida cruciale per la sanità, con un impatto clinico ed economico rilevante e implicazioni medico-legali e giuridiche sempre più stringenti. In Italia l’incidenza di ICA è tra le più elevate in Europa[1], con effetti quali degenze prolungate, interruzione/differimento delle cure, aumentata resistenza antimicrobica e contenziosi legali in crescita. Recenti interventi giurisprudenziali e normativi hanno ridisegnato gli obblighi a carico delle strutture sanitarie nella prevenzione delle ICA.
In particolare, la Corte di Cassazione (sent. n. 6386/2023) ha dettagliato gli oneri probatori gravanti sulle strutture e le misure di prevenzione da adottare e dimostrare in giudizio, delineando un vero e proprio “decalogo” di adempimenti tecnico-organizzativi. Parallelamente, l’evoluzione normativa europea in materia di antisettici e disinfettanti – dal Regolamento Biocidi n. 528/2012 al recente Decreto Direttoriale 29/3/2023 del Ministero della Salute – impone una transizione dei prodotti per antisepsi cutanea pre-trattamenti chirurgici o comunque invasivi da Presidi Medico-Chirurgici (PMC) a specialità medicinali,
INTRODUZIONE
Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) – anche note come infezioni nosocomiali o ospedaliere quando contratte in ospedale – rappresentano un evento avverso frequente e gravido di conseguenze.
In Europa si stimano oltre 3,5 milioni di casi di
in linea con l’orientamento ECHA (“Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche) e le normative comunitarie. Il tutto nella cornice rappresentata nel nostro paese dalla L. n. 24/2017, la quale trova il suo cardine nel principio della sicurezza delle cure. Questo articolo esamina in chiave integrata i profili giuridici, tecnico-scientifici e gestionali del tema: dall’analisi degli oneri probatori e della prova liberatoria per le strutture sanitarie, all’esame delle nuove regole su antisepsi e disinfezione; dalla transizione regolatoria dei prodotti antisettici, alle indicazioni operative per le direzioni sanitarie e i risk manager. Vengono proposte strategie organizzative (protocolli, procedure, formazione del personale, sorveglianza epidemiologica, assicurazione di qualità dei processi) per adeguarsi alle normative e alle evidenze scientifiche internazionali (OMS, CDC, ECDC) e agli standard tecnici europei (EN 14885 e successive). Infine, si discutono le possibili criticità applicative e le implicazioni medico-legali ed assicurative, offrendo spunti per coniugare la sicurezza delle cure con la tutela legale e patrimoniale delle aziende sanitarie.
ICA all’anno, associati a circa 90 mila decessi[2].
In Italia l’impatto è particolarmente preoccupante: il tasso di incidenza delle ICA nel nostro Paese è tra i più elevati in Europa[1].
Ciò comporta non solo sofferenze e peggioramento degli esiti per i pazienti, ma anche un incremento della durata delle degenze, dei re-ricoveri e dei costi sanitari, oltre a favorire la diffusione di
Riassunto
batteri multiresistenti (AMR)[1]. Secondo il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC), fino al 50% delle ICA sarebbero prevenibili applicando correttamente le misure di prevenzione e controllo delle infezioni[3]. Questo dato incoraggia l’adozione rigorosa di best practice per la prevenzione delle ICA, a tutela della sicurezza del paziente e dell’efficienza del Servizio Sanitario. Negli ultimi anni, parallelamente alla crescente attenzione clinica, si è assistito a sviluppi giurisprudenziali e normativi di rilievo sul fronte delle ICA. Da un lato, la giurisprudenza italiana ha ulteriormente precisato il regime di responsabilità civile sanitaria in caso di infezioni contratte durante le cure, chiarendo gli oneri probatori posti a carico delle strutture sanitarie e delineando con precisione le misure organizzative da attuare per prevenire tali eventi. In particolare, le sentenze della Corte di Cassazione n. 5490/2023 e, ancor più, n. 6386/2023 (Sez. III Civile) segnano un punto di svolta: la prima ribadisce l’obbligo per la struttura, per andare esente da responsabilità, di provare che l’infezione è dipesa da causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile prevenire il contagio nel caso concreto, in tal modo confermando anche l’impossibilità di qualificare tale ipotesi di responsabilità come “oggettiva”[4]. La seconda – la sentenza n. 6386/2023, oggetto principale del presente esame – innova indicando in dettaglio quali specifiche misure di prevenzione l’ospedale deve aver adottato (e deve provare di aver attuato) al fine di andare esente da responsabilità nei giudizi civili di risarcimento del danno[5][6]
Dall’altro lato, vi sono novità normative in materia di prodotti disinfettanti e antisettici, con particolare impatto sulla gestione del rischio infettivo: a livello europeo, il Regolamento (UE) n. 528/2012 sui biocidi ha armonizzato le regole su immissione in commercio e uso dei disinfettanti; più di recente, in coerenza con linee guida dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), l’Unione Europea e il Ministero della Salute italiano hanno ridefinito la classificazione regolatoria degli antisettici cutanei ad uso clinico
In pratica, è stato stabilito che i prodotti destinati alla disinfezione della cute integra prima di procedure invasive non possano più essere considerati semplici biocidi o “Presidi Medico
Chirurgici” (PMC), ma debbano essere registrati come medicinali a tutti gli effetti[7][8]. Questo cambiamento – formalizzato in Italia dal Decreto Direttoriale 29 marzo 2023 che ha posto fine al doppio regime esistente sinora nel nostro paese in ragione della compresenza di disinfettanti autorizzati come PMC ed altri come medicinali – impone alle strutture sanitarie un adeguamento nelle forniture e nelle procedure di antisepsi, con possibili implicazioni pratiche e legali.
Alla luce di questo scenario in evoluzione, l’articolo si propone di offrire una trattazione multidisciplinare sul tema: prima si analizzeranno le implicazioni legali relative all’onere della prova e alla prova liberatoria nelle cause per ICA, illustrando il contributo della recente giurisprudenza (Cass. 6386/2023 in primis, alla quale si è conformata la giurisprudenza successiva, per la quale si vedano Cass. 16900/2023 e, più di recente, Cass. 17145/2025).
Successivamente, si esamineranno l’evoluzione normativa europea e nazionale su antisepsi e disinfezione, inclusi il Regolamento Biocidi, il Decreto 29/3/2023 e i documenti ECHA, con focus sulla transizione da PMC a specialità medicinali per gli antisettici pre-operatori (o, più esattamente, pre-trattamento medico). Si passerà quindi ad illustrare le indicazioni operative per le direzioni sanitarie e i responsabili del rischio clinico: verranno proposti modelli organizzativi, procedure e interventi formativi e di sorveglianza utili a implementare efficacemente le misure di prevenzione richieste (in linea con raccomandazioni evidence-based di OMS, CDC, ECDC e con standard tecnici europei, es. EN 14885). Infine, si discuteranno le criticità applicative e le possibili implicazioni medico-legali ed assicurative legate sia all’adempimento che all’eventuale inadempimento di tali obblighi.
L’obiettivo è fornire a professionisti sanitari, dirigenti e giuristi uno strumento conoscitivo per orientarsi tra norme, scienza e gestione del rischio, promuovendo una cultura della sicurezza che riduca le infezioni e, al contempo, tuteli le strutture sul piano legale, spesso coinvolte in contenziosi civili anche economicamente molto rilevanti, se solo si pensa che una percentuale tutt’altro che irrilevante di ICA esita nel decesso del paziente.
ONERI PROBATORI E PROVA
LIBERATORIA: IL QUADRO LEGALE
ALLA LUCE DI CASSAZIONE
6386/2023
In tema di responsabilità sanitaria da ICA, la giurisprudenza italiana ha da tempo inquadrato il rapporto paziente-struttura sanitaria in termini contrattuali. Salvo i casi in cui ad agire siano terzi (ad es. i familiari per il risarcimento da perdita del rapporto parentale, nel qual caso viene a configurarsi un’azione extracontrattuale, con quel che ne consegue in tema di appesantimento degli oneri probatori per i congiunti), sussiste infatti un contratto “atipico” di assistenza sanitaria (detto anche di “spedalità”) tra paziente e struttura, dal quale discende in capo a quest’ultima un’obbligazione complessa di sicurezza e protezione, che non si esaurisce in quella di cura. Di conseguenza, quando un paziente contrae un’infezione nel corso delle cure e agisce per il risarcimento, opera il regime probatorio tipico della responsabilità contrattuale: il paziente danneggiato deve provare il nesso causale tra la prestazione sanitaria e l’evento dannoso (infezione), nonché – secondo l’orientamento prevalente – allegare l’inadempimento o le carenze nell’assistenza; solo una volta adempiuto tale onere relativo alla prova del nesso, la quale può essere fornita anche mediante presunzioni e che costituisce, secondo la giurisprudenza, la prima fase del cosiddetto “ciclo causale”, allora la struttura convenuta, per andare esente da responsabilità, dovrà invece provare di aver eseguito correttamente la prestazione diligente ovvero che l’evento è dipeso da una causa imprevedibile e inevitabile (art. 1218 c.c.)[4]. A questo punto, quindi, grava sulla struttura un onere di fornire la cosiddetta “prova liberatoria”, cioè la prova di aver adottato tutte le misure di prevenzione doverose secondo le conoscenze tecniche e le normative vigenti, oppure la prova che l’infezione è insorta nonostante la piena osservanza di tali cautele a causa di fattori non evitabili, vale a dire che l’evento non è imputabile alla struttura (ciò che è però certo – e consente di andare esente da responsabilità - solo se si riesce a dimostrare che l’infezione non è stata contratta durante il ricovero) .
Le pronunce della Corte di Cassazione n. 5490/2023 e n. 6386/2023 hanno ulteriormente definito questi
principi, precisando il contenuto concreto dell’onere probatorio in capo alle strutture sanitarie nei giudizi relativi a ICA. In particolare, la sentenza n. 5490/2023 (Sez. III Civ.) ha sottolineato che per andare esente da colpa la struttura deve provare non semplicemente di aver predisposto in astratto misure idonee alla prevenzione, ma che nel caso specifico vi era una causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile evitare l’infezione nonostante l’adozione delle dovute precauzioni[4]. La Cassazione chiarisce che l’adempimento dell’obbligo di sicurezza non si esaurisce nella mera predisposizione di protocolli o presidi sanitari astrattamente idonei a prevenire le infezioni, bensì richiede che la prestazione di protezione sia concretamente ed esattamente eseguita in riferimento alla situazione particolare del paziente[9]. In sintesi, è onere della struttura provare l’esistenza di un fattore causale non prevedibile/inevitabile che abbia vanificato le misure preventive, oppure di aver fatto tutto il possibile (diligenza massima) per evitare l’infezione.
La successiva sentenza n. 6386/2023 ha segnato un’evoluzione significativa, fornendo una vera e propria checklist degli obblighi che la struttura deve aver attuato ai fini della prevenzione delle ICA. Il caso riguardava il decesso di una paziente, e la Cassazione ha confermato inizialmente che trattandosi di azione promossa dai congiunti (perdita parentale), il titolo di responsabilità è extracontrattuale: dunque incombeva sugli attori (i familiari) provare il fatto colposo della struttura, il danno e il nesso causale[10][11]. Gli attori avevano assolto a tale onere allegando sia negligenze specifiche dei sanitari (mancata tempestiva diagnosi/trattamento di una complicanza infettiva post-caduta, carenze nella sterilità ambientale) sia la circostanza che la morte era verosimilmente riconducibile a quell’infezione in assenza di altre cause[12][13]. Stabilita dunque la presunzione che l’infezione fosse stata contratta in ambito ospedaliero (fatto non contestato nel caso in esame, secondo la Corte[14]), la Cassazione richiama il principio – valido in generale anche nei giudizi di responsabilità contrattuale promossi dal paziente – per cui spetta alla struttura sanitaria dimostrare di aver adempiuto esattamente alla propria obbligazione oppure di provare la causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile impedire il contagio[15][16]. Con
specifico riferimento alle infezioni nosocomiali, questo si traduce per la struttura in due oneri probatori distinti[15]:
■ (1) Provare di aver adottato tutte le cautele previste dalle normative vigenti e dalle regole della “lex artis” per prevenire l’insorgenza di patologie infettive in ospedale[17]. Ciò implica un’adesione piena alle linee guida correttamente individuate e ai protocolli di prevenzione applicabili.
■ (2) Provare di aver effettivamente applicato i protocolli di prevenzione nel caso specifico del paziente[18]. In altri termini, non basta dimostrare che siano stati predisposti protocolli interni o misure teoriche: occorre attestare che nel concreto percorso di cura del paziente tali misure sono state seguite ed eseguite correttamente. Solo così la fattispecie esce dall’ambito di una responsabilità oggettiva: la Corte infatti ribadisce che la responsabilità da ICA non ha natura oggettiva (non basta il mero verificarsi dell’infezione per affermare la colpa), ma occorre valutare se vi sia stata colpa organizzativa o professionale, alla luce delle misure effettivamente adottate[15][16]
Un ulteriore contributo di Cass. 6386/2023 è rappresentato dalla conferma di alcuni criteri fattuali utili a far presumere la derivazione causale dell’infezione dall’ambiente di cura. La Corte menziona: (a) il criterio temporale – ossia il numero di giorni trascorsi dalle dimissioni alla comparsa dell’infezione, ritenendo più probabile l’origine nosocomiale se l’infezione insorge a breve distanza dal ricovero; (b) il criterio topografico – cioè la localizzazione dell’infezione nel sito corporeo oggetto dell’intervento/terapia, in assenza di patologie o focolai preesistenti, il che suggerisce un’origine correlata alla procedura subita[19][20]; (c) il criterio clinico – vale a dire la valutazione della specifica tipologia di infezione (agente microbico, modalità di trasmissione) per verificare quali misure preventive sarebbero state necessarie e se queste sono state o meno adottate[21][22]. Tali criteri – temporale, topografico, clinico – forniscono un supporto probatorio al paziente, ma al contempo indirizzano la struttura su quali ambiti focalizzare la propria difesa (ad es. dimostrando che l’infezione è insorta a distanza tale da far presumere un’origine comunitaria, oppure che ha colpito un distretto non correlato alle cure ricevute, ecc.).
GLI OBBLIGHI DI PREVENZIONE DA DIMOSTRARE (“IL DECALOGO” DELLA CASSAZIONE)
L’aspetto più innovativo della sentenza 6386/2023 consiste nell’elenco dettagliato delle misure di prevenzione che, in via generale, una struttura sanitaria deve mettere in atto contro le ICA e che, in sede di giudizio, dovrà provare di aver adottato e rispettato[5][6]. La Suprema Corte, per la prima volta, traduce le best practice di infection control in specifici oneri probatori a carico dell’ente ospedaliero. In pratica, viene tracciato uno standard organizzativo minimo il cui rispetto la struttura dovrà essere in grado di documentare in giudizio per superare quella sorta di “presunzione” di colpa in caso di infezione. Le misure elencate dalla Cassazione come “utili alla prevenzione delle infezioni ospedaliere” includono[23][24]:
■ a) Protocolli di sanificazione ambientale: adozione di protocolli per la disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali (es. pulizia periodica e sanificazione delle stanze di degenza, sale operatorie, sterilizzazione dello strumentario chirurgico, etc.)[25]
■ b) Gestione della biancheria: procedure relative alla raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria sporca, per evitare la trasmissione tramite lenzuola, camici e tessuti riutilizzabili[25].
■ c) Smaltimento rifiuti: indicazione delle modalità per lo smaltimento sicuro dei rifiuti solidi e liquidi (es. materiale biologico, rifiuti taglienti, reflui), conformemente alle norme sui rifiuti sanitari a rischio infettivo[26]
■ d) Sicurezza alimentare: controllo sulle caratteristiche della mensa ospedaliera e dei sistemi di distribuzione di cibi e bevande, per prevenire infezioni a trasmissione oro-fecale o contaminazioni alimentari[27].
■ e) Uso dei disinfettanti: definizione delle modalità di preparazione, conservazione ed utilizzo dei disinfettanti, incluse le soluzioni antisettiche. Questo implica che l’ospedale deve avere protocolli su come diluire (se del caso), stoccare e applicare disinfettanti e antisettici, assicurandone l’efficacia e la sicurezza[28]. Ad esempio, garantire il rispetto delle concentrazioni d’uso raccomandate, la corretta rotazione delle soluzioni, la non scadenza dei lotti, ecc.
■ f) Controllo aria e impianti: monitoraggio della qualità dell’aria e corretta manutenzione degli impianti di condizionamento e ventilazione (HVAC). È noto che un’adeguata filtrazione e ricambio d’aria, nonché la sanificazione dei condotti, riducono il rischio di infezioni aerogene e contaminazione delle sale operatorie (pensiamo ai flussi laminari, ai filtri HEPA, etc.)[29].
■ g) Sorveglianza epidemiologica: attivazione di un sistema di sorveglianza e notifica delle infezioni. Ciò corrisponde alla presenza di un Comitato o servizio di infezioni ospedaliere (CIO) che raccolga i dati sulle ICA, li analizzi e notifichi eventi sentinella, eventualmente partecipando ai sistemi di sorveglianza nazionali (SIMPIOS) o ECDC. Una sorveglianza attiva consente di individuare focolai e attuare misure correttive tempestive[29].
■ h) Regolamentazione accessi visitatori: criteri di controllo e limitazione dell’accesso dei visitatori nei reparti, soprattutto in aree critiche, per ridurre l’introduzione di patogeni esterni e proteggere pazienti fragili[30]. Ad esempio, orari di visita, numero limitato di visitatori per paziente, uso di DPI per chi entra in reparti come terapia intensiva, etc.
■ i) Controllo infezioni del personale sanitario: procedure per il controllo di infortuni e malattie del personale, incluse le profilassi vaccinali obbligatorie o raccomandate. Il personale sanitario può essere veicolo di infezioni (come portatore o tramite malattie contratte): è quindi necessario sorvegliare la loro salute, registrare e gestire eventuali incidenti a rischio biologico (es. punture di ago), promuovere la vaccinazione (es. antiepatite B, antinfluenzale, COVID-19, ecc.)[31]
■ j) Rapporto numerico personale/pazienti: indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti, cioè dotazioni organiche adeguate. Un basso rapporto infermieri/pazienti o OSS/pazienti può aumentare il rischio di ICA per minore aderenza alle pratiche di igiene (ad es. minor tempo per sanificare, per lavarsi le mani, per cambiare dispositivi, ecc.). La Cassazione inserisce questo elemento, segnalando l’importanza di adeguate risorse umane ai fini della sicurezza delle cure[32]
■ k) Sorveglianza microbiologica: attuazione di una sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio. Significa monitorare i risultati del-
le colture e antibiogrammi dei laboratori clinici per identificare precocemente i patogeni alert (es. batteri multiresistenti) e i trend di infezioni nei reparti[33]. In pratica, un collegamento stretto tra laboratorio di microbiologia e CIO per condividere informazioni utili a prevenire la diffusione di batteri ospedalieri.
■ l) Reporting dai reparti: predisposizione da parte di ogni direzione di report periodici da comunicare alla Direzione Sanitaria circa i germi patogeni “sentinella” isolati e gli eventi infettivi occorsi[34]. Ciò istituzionalizza un flusso informativo interno: i direttori di reparto devono riferire periodicamente sui casi di ICA e sulle misure adottate, consentendo al vertice sanitario di monitorare l’andamento e intervenire.
■ m) Documentazione orari attività preventive: indicazione dell’orario di effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio[35]. Questa voce suggerisce la necessità di tenere registri o log relativi al tempo di esecuzione dellee varie attività preventive (es. orari di pulizia giornaliera delle stanze, orari di sterilizzazione sale, cambi filtro impianti, etc.), in modo da poter provare in giudizio che le procedure erano non solo previste ma anche puntualmente eseguite.
L’elenco sopra riportato costituisce un vero standard di riferimento: la Cassazione delinea quindi un onere probatorio particolarmente rigoroso a carico delle strutture sanitarie, che d’ora in poi non potranno in alcun modo limitarsi a produrre in giudizio i propri protocolli interni (ciò che, peraltro, già in precedenza la giurisprudenza riteneva non sufficiente per l’esonero da responsabilità), ma dovranno fornire prova concreta non solo della loro rispondenza al quadro normativo, alle eventuali Linee guida ed alle migliori pratiche e/o raccomandazioni ma anche della loro effettiva implementazione[36]. Come già osservato, infatti, la mera esistenza sulla carta di regole di prevenzione non è sufficiente: occorre dimostrare con evidenze (registri, report, dati di sorveglianza, attestazioni di formazione effettuata, ecc.) che quelle procedure sono state seguite dagli operatori e fatte oggetto di vigilanza da parte dei responsabili[36][37]. In mancanza, l’ospedale rischia fortemente di essere ritenuto inadempiente, responsabile del contagio e quindi condannato al risarcimento del danno.
PROFILI SOGGETTIVI:
LE RESPONSABILITÀ ORGANIZZATIVE (APICALI, DIRETTORE SANITARIO, DIRIGENTE MEDICO DI STRUTTURA COMPLESSA)
Un’altra novità di Cass. 6386/2023 è l’individuazione dei soggetti apicali tenuti ad attuare e far rispettare le misure di prevenzione sopra descritte. La sentenza infatti suddivide gli oneri di prevenzione sul piano gerarchico-organizzativo, affermando che[38][39]:
■ Il “dirigente apicale” (intendibile come il Direttore Generale o in generale la governance aziendale) ha l’obbligo di emanare le regole cautelari da adottare e il potere-dovere di sorveglianza e verifica sulla loro attuazione, analogamente a quanto è tenuto a fare il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO)[38]. Ciò implica riunioni periodiche, audit, visite di controllo nei reparti per assicurarsi che i protocolli vengano eseguiti. Si tratta di un preciso dovere di vigilanza manageriale sull’igiene ospedaliera.
■ Il Direttore Sanitario ha il compito di attuare tali misure, organizzare gli aspetti igienico-sanitari e vigilare sull’esecuzione delle indicazioni fornite[40] Viene citato l’art. 5 del DPR 128/1969 (regolamento ospedaliero ancora in vigore), che attribuisce al direttore sanitario responsabilità nella predisposizione dei protocolli di sterilizzazione e sanificazione ambientale, nonché nella gestione delle cartelle cliniche e vigilanza sui consensi informati[40]. Dunque il direttore sanitario è la figura cardine per tradurre le regole in procedure operative, coordinando il personale e controllandone l’osservanza.
■ Il Dirigente di Struttura Complessa è l’esecutore finale dei protocolli e linee guida nel proprio reparto[39]. Egli deve collaborare con gli specialisti della prevenzione (microbiologo, infettivologo, epidemiologo, igienista) e risponde in caso di omessa acquisizione di informazioni sulle iniziative di altri medici o di omessa segnalazione di eventuali carenze ai responsabili superiori[39]. In altri termini, il primario deve farsi carico di applicare nel quotidiano le misure di prevenzione (es. assicurare che il personale esegua l’igiene mani, che si rispettino i protocolli in sala operatoria, etc.) e segnalare prontamente al direttore sanitario se qualcosa (mancanza di attrezzature, sovraffollamento, carenza di personale, ecc.) impedisce di garantire la sicurezza, così che si possa porvi rimedio.
Questa impostazione rafforza il concetto di colpa organizzativa, sotteso all’intero impianto della L. 24/2017, come risulta sia dalla centralità del principio della sicurezza delle cure che dalla rilevanza attribuita alle attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del “rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie” (art. 1, comma 2): la responsabilità per ICA può annidarsi non solo nella condotta dei singoli operatori, ma anche (e soprattutto) a livello di organizzazione e controllo. La mancata predisposizione di direttive adeguate da parte dei vertici, la carente vigilanza del direttore sanitario o la negligenza di un primario nel far rispettare i protocolli possono costituire elementi di colpa dell’ente ospedaliero. Inoltre, la sentenza avverte che tali mancanze potrebbero avere rilievo anche in termini di responsabilità contabile[41], cioè per danno erariale: segno dell’importanza pubblica attribuita alla prevenzione delle ICA, al punto da poter configurare un danno alle casse pubbliche (maggiore costo delle cure, risarcimenti) se i dirigenti omettono di adottare le misure necessarie.
RUOLO DELLA CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO (CTU)
NEI GIUDIZI PER ICA
Cass. 6386/2023 dedica infine attenzione al compito del medico-legale incaricato come CTU nei processi relativi a infezioni nosocomiali[42][43]. La Corte evidenzia che il perito dovrà accertare la causalità sia in termini generali sia specifici, evitando facili automatismi. Da un lato, il CTU deve valutare se le indicazioni generali sulla prevenzione del rischio clinico erano sufficienti o se vi sono state lacune organizzative; dall’altro, deve scongiurare l’errore logico del post hoc, propter hoc (ossia evitare di concludere che l’infezione sia colpa dell’ospedale solo perché è insorta dopo il ricovero)[44][45]. Il CTU dovrà esaminare la storia clinica individuale, la natura e qualità dei protocolli in essere presso la struttura, le caratteristiche del microrganismo responsabile e la “mappatura” della flora microbica nei reparti interessati[46]. In pratica, viene richiesto un approccio altamente specialistico: il CTU dovrà eventualmente avvalersi di competenze infettivologiche, microbiologiche e igienistiche per valutare se l’ospedale aveva predisposto adeguate misure di prevenzione e se l’infezione poteva comunque verificarsi.
La Cassazione suggerisce che al perito andrebbe posto un quesito specifico volto ad accertare la relazione eziologica tra infezione e degenza, considerandola alla luce di due macro-scenari[47]:
■ Mancanza o insufficienza di direttive generali di prevenzione – in tal caso la responsabilità ricadrebbe sui due direttori apicali (DG e DS) e sul CIO, per omissione organizzativa[48].
■ Mancato rispetto di direttive adeguate – qui la responsabilità coinvolgerebbe il primario e il personale del reparto, per non aver seguito protocolli che pure esistevano e/o per non aver segnalato carenze strumentali; incluso in questo scenario vi è il caso estremo di ricovero inappropriato (senza necessità diagnostico-terapeutica) associato a trattamento non indicato[49]
Queste indicazioni costituiscono linee guida preziose anche per i consulenti di parte: essi dovranno avere, oltre a competenze medico-legali, conoscenze infettivologiche/igienistiche per interloquire efficacemente col CTU[50]. In definitiva, la sentenza 6386/2023, detta anche “sentenza Travaglino” (dal nome del Presidente della III sezione civile) rappresenta una svolta poiché colma un vuoto precedente, fornendo alle strutture sanitarie (e ai loro legali) un quadro chiaro di cosa documentare per difendersi in giudizio[51][52]. Al contempo, costituisce un forte stimolo a livello preventivo: sapendo ex ante quali elementi verranno scrutati in caso di contenzioso, le aziende sanitarie sono incentivate a rivedere e rafforzare i propri sistemi di prevenzione delle infezioni[53]. Come osservato da commentatori, questi principi avranno impatto non solo sulla gestione del contenzioso ma anche – auspicabilmente – sull’organizzazione dei programmi di infection control negli ospedali[53]
EVOLUZIONE NORMATIVA
SU ANTISEPSI E DISINFEZIONE: DAL REGOLAMENTO BIOCIDI ALLA
DISCIPLINA ITALIANA DEL 2023
Parallelamente al progresso giurisprudenziale, il quadro normativo riguardante disinfettanti e antisettici in sanità ha subito importanti cambiamenti, soprattutto a seguito dell’armonizzazione a livello europeo. Occorre qui distinguere tra: (1) la normativa, anche tecnica, di settore (Regolamenti UE sui biocidi, standard europei, guide ECHA, ecc.) che de-
finisce requisiti di autorizzazione e uso dei prodotti disinfettanti; (2) la normativa nazionale transitoria (es. categoria dei Presidi Medico-Chirurgici) e il suo adeguamento recente alle linee guida europee, in particolare per gli antisettici destinati all’uso sul paziente (disinfezione della cute prima di un trattamento medico).
IL REGOLAMENTO (UE) 528/2012
E I PRODOTTI DISINFETTANTI
A livello europeo, la produzione e commercializzazione dei biocidi – categoria che include disinfettanti, antisettici, sterilizzanti chimici, insetticidi, ecc. – è disciplinata dal Regolamento (UE) n. 528/2012 (noto anche come BPR, Biocidal Products Regulation). Esso ha abrogato e sostituito la precedente Direttiva 98/8/ CE, introducendo dal 2013 un sistema uniforme in tutti gli Stati membri per l’autorizzazione all’immissione in commercio dei biocidi e dei relativi principi attivi[54]. L’obiettivo è garantire un elevato livello di tutela della salute umana e ambientale, assicurando al contempo la libera circolazione di questi prodotti nell’UE[55]. Il Regolamento BPR classifica i biocidi in varie tipologie di prodotto (PT); ad esempio, i disinfettanti e prodotti generali per l’igiene umana rientrano nella PT1 (Human hygiene biocidal products) se destinati all’applicazione su persone (es. soluzioni per lavaggio mani), oppure nella PT2 se destinati alla disinfezione di superfici e ambienti in ambito sanitario, ecc.[56]. Per ogni principio attivo biocida viene condotta a livello UE una valutazione scientifica: solo i principi approvati possono essere contenuti in prodotti biocidi autorizzati. I prodotti biocidi, a loro volta, devono ottenere un’autorizzazione prima di essere immessi sul mercato, secondo procedure europee o nazionali armonizzate, dimostrando sia l’efficacia (attività microbicida) sia la sicurezza per utilizzatori, pazienti e ambiente. In Italia, prima del 2013, i disinfettanti (per superfici, dispositivi medici, cute, ecc.) erano tradizionalmente inquadrati come Presidi Medico-Chirurgici (PMC), una categoria regolata a livello nazionale dal Ministero della Salute (DPR 6 ottobre 1998 n. 392). Con l’entrata in vigore del Regolamento 528/2012, è iniziato un periodo di transizione: i PMC già autorizzati in Italia hanno potuto temporaneamente coesistere fino all’adeguamento al nuovo regime europeo. In sostanza, fino all’approvazione dei corrispondenti
principi attivi in sede ECHA e al rilascio di autorizzazioni secondo il BPR, i PMC con autorizzazione nazionale pre-2013 potevano essere ancora commercializzati (transitional measures). Il Ministero della Salute ha mantenuto un ruolo autorizzativo per i PMC in questa fase transitoria, soprattutto per prodotti disinfettanti in attesa di valutazione europea.
ANTISETTICI PER LA CUTE UMANA: IL CONFINE TRA BIOCIDI E MEDICINALI
Un aspetto particolare riguarda però i prodotti per la disinfezione della cute umana. Qui si poneva un quesito regolatorio: un antisettico cutaneo (es. disinfettante per la pelle) è da considerarsi un biocida o un medicinale? La distinzione non è banale: entrambi sono volti a eliminare microrganismi, ma giuridicamente i medicinali seguono normative diverse (Dir. 2001/83/CE e succ. mod., in Italia il D.Lgs. 219/2006) rispetto ai biocidi. In generale, un medicinale è definito (anche) come qualsiasi sostanza utilizzata per trattare o prevenire una malattia nell’uomo. Un biocida è un prodotto usato per distruggere organismi nocivi per l’uomo, ma non è qualificato come medicinale se la sua azione non è specificamente rivolta al paziente per una patologia.
Storicamente, la prassi regolatoria distingueva tra antisettici per cute lesa e per cute integra: i prodotti per disinfettare ferite, mucose o pelle non intatta (ad esempio disinfettanti per ferite chirurgiche, ustioni, ulcere) sono sempre stati considerati farmaci (specialità medicinali) poiché impiegati direttamente su una condizione patologica o su tessuti non integri (quindi con azione curativa/preventiva in senso medico)[57]. Invece, i disinfettanti per la cute integra erano spesso trattati come PMC/biocidi, soprattutto se usati in ambito generale (pensiamo ai disinfettanti per le mani, o per la pelle sana prima di un’iniezione o prelievo, come pure per la disinfezione di superfici in ambiente ospedaliero). Questa distinzione aveva una logica pratica ma col tempo è emersa la necessità di uniformità: in ambito clinico, la disinfezione della pelle integra prima di un intervento chirurgico o di una procedura invasiva è chiaramente un atto finalizzato a prevenire una possibile infezione nel paziente, quindi a proteggerlo da un rischio di malattia. In tal senso, anche tale impiego rientrerebbe nella finalità propria di un medicinale (prevenzione
di malattia nell’uomo). Inoltre, i prodotti destinati all’antisepsi pre-operatoria devono garantire standard elevatissimi di qualità, sterilità e tracciabilità (si pensi alle soluzioni utilizzate in sala operatoria per preparare il campo chirurgico). Diversi Paesi UE avevano già affrontato la questione, convergendo sulla necessità di riclassificare questi antisettici come farmaci.
Nel 2017, l’ECHA ha pubblicato una specifica guida applicativa sul Regolamento 528/2012 che affrontava i casi di confine (borderline) tra biocidi e altre categorie regolatorie. In tale guida l’Agenzia Chimica Europea ha chiarito che tutti i prodotti per l’antisepsi della cute lesa o della cute integra prima di un trattamento medico invasivo rientrano nella definizione di specialità medicinali ai sensi della Direttiva 2001/83/CE[58][59]. Quindi, secondo l’orientamento europeo, se un prodotto è usato per preparare la pelle del paziente prima di un intervento chirurgico o di inserire un dispositivo (catetere, accesso vascolare…), esso non può essere autorizzato come semplice biocida: dev’essere un farmaco, soggetto a registrazione come AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) presso l’agenzia del farmaco competente. L’assunto è che così si garantisce maggiormente la sicurezza, qualità, sterilità e tracciabilità del prodotto[60]. Paesi come Belgio, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Spagna hanno recepito tale indicazione già a partire dal 20172018, richiedendo che per l’antisepsi chirurgica del paziente (anche su cute integra) si usino solo prodotti classificati come farmaci[61]. Ad esempio, in Francia gli antisettici cutanei pre-operatori sono da anni autorizzati come medicamenti; in Spagna i disinfettanti per cute umana (PT1) rientrano in molti casi nelle competenze dell’agenzia del farmaco nazionale[62]
IL CASO ITALIANO:
DAL PMC AL MEDICINALE PER GLI ANTISETTICI PRE-OPERATORI
In Italia, come accennato, i prodotti per l’antisepsi della cute integra rientravano tra i PMC autorizzati dal Ministero della Salute ai sensi del DPR 392/1998[63]. Fino a tempi recenti era quindi possibile acquistare e utilizzare in ospedale, per la preparazione cutanea pre-invasiva, prodotti registrati come PMC/biocidi (ad esempio soluzioni alcoliche di clorexidina o iodopovidone con numero di registrazione
PMC). Tuttavia, col maturare dell’orientamento UE e dell’appena citata Guida dell’ECHA, il Ministero ha avviato un percorso di adeguamento. Già il 1º agosto 2022 la Direzione Generale competente (Presidi medico-chirurgici e biocidi) pubblicava un comunicato di avvio del procedimento per la revoca delle autorizzazioni PMC relative a tali prodotti. Questo percorso si è concluso con l’adozione del Decreto Direttoriale 29 marzo 2023, intitolato “Disciplina della revoca delle autorizzazioni come presidi medico chirurgici dei prodotti destinati alla disinfezione della cute integra prima di un trattamento medico” Il provvedimento è stato pubblicato sul portale del Ministero della Salute (Notizia del 4 aprile 2023) e stabilisce quanto segue in sintesi:
■ Revoca delle autorizzazioni PMC: A partire dal 1º gennaio 2025 venivano revocate tutte le autorizzazioni all’immissione in commercio come PMC dei prodotti destinati alla disinfezione della cute integra prima di un trattamento medico[64]. Ciò significa che, dal 2025, nessun prodotto può più essere commercializzato in Italia sotto forma di PMC per l’uso di antisepsi cutanea pre-operatoria.
■ Smaltimento scorte: È stata prevista la possibilità di continuare a mettere a disposizione sul mercato i lotti già immessi in commercio fino al 30 giugno 2025[65]. Questo per consentire un esaurimento graduale delle scorte di magazzino dei vecchi PMC, evitando sprechi e carenze improvvise.
■ Termini specifici anticipati: Il decreto contempla inoltre eventuali termini di revoca anteriori al 2025 per particolari prodotti in base ai principi attivi contenuti[66]. Ad esempio, se un determinato principio attivo è già stato oggetto di decisioni UE o se esistono alternative medicinali già pronte, la revoca potrebbe scattare prima. (Sebbene non dettagliato nella sintesi, si suppone che, ad esempio, prodotti a base di alcol etilico o altri attivi potessero avere scadenze diverse, ma il nocciolo è la data generale del 1/1/2025).
■ Prodotti con funzioni aggiuntive: Per quei prodotti che, oltre alla disinfezione pre-operatoria, hanno altre funzioni (es. un antisettico che sia anche detergente, o che abbia indicazioni per superfici), il decreto indica modalità per mantenere in parte l’autorizzazione PMC limitatamente a tali funzioni extra[67]. In pratica, se un prodotto aveva usi molteplici, potrà forse restare come PMC per gli altri usi, ma non per l’uso su cute umana.
Il decreto, insomma, recepisce formalmente l’orientamento europeo: dall’inizio del 2025 la “cute integra” viene equiparata alla “cute lesa” sotto il profilo regolatorio[68][69]. Entrambe dovranno essere trattate solo con antisettici registrati come farmaci. Di fatto, per ospedali e ambulatori ciò significa che i prodotti per la preparazione del campo operatorio, la disinfezione prima di inserire aghi o cateteri, ecc., dovranno avere un’AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) rilasciata dall’AIFA come medicinali. Non saranno più accettabili, ad esempio, flaconi o spray con dicitura “Presidio Medico Chirurgico n. XXXX Min. Salute” per questi utilizzi. Le implicazioni pratiche sono rilevanti. Le direzioni sanitarie e i servizi di farmacia ospedaliera dovranno adeguare i capitolati di acquisto e le scorte: nelle gare di appalto per antisettici cutanei sarà necessario richiedere come requisito tecnico la registrazione come specialità medicinale[70][71]. Allo stesso tempo, bisognerà verificare la disponibilità sul mercato di prodotti alternativi registrati come farmaci: fortunatamente, molte aziende farmaceutiche hanno iniziato a introdurre linee di antisettici ad hoc (ad esempio soluzioni di Clorexidina alcolica al 2% con AIC come medicinale). Per agevolare la transizione ed evitare carenze, il Ministero della Salute ha emesso a fine 2024 un ulteriore provvedimento di proroga mirata: con Decreto Direttoriale del 24 dicembre 2024 era stata concessa la possibilità, fino al 5 luglio 2026, di continuare ad utilizzare PMC già in commercio contenenti Clorexidina digluconato al 2%[72][73]. Questa deroga limitata (riguardante il principio attivo più diffuso per l’antisepsi chirurgica) mira a dare tempo all’industria e alle strutture per allinearsi, scongiurando vuoti di offerta nel periodo di transizione proprio per evitare vuoti di mercato, il Ministero si è avvalso quindi della facoltà prevista dall’art. 55 del Regolamento (UE) 528/2012 (Regolamento Biocidi – BPR), che consente agli Stati membri di autorizzare in via straordinaria l’immissione sul mercato e l’uso di un biocida non autorizzato, per un periodo limitato, in caso di rischio imminente per la salute pubblica. Come già spiegato in precedenza, ma è utile ricordarlo, con il Decreto direttoriale 24 dicembre 2024, è stata concessa in deroga la possibilità di continuare a commercializzare e utilizzare i disinfettanti a base di clorexidina digluconato 2% in soluzione alcolica (coincidenti con i PMC revocati) fino al 30 giugno 2025. Tale provvedimento deroga-
torio – pubblicato sul sito ministeriale e richiamato in Gazzetta Ufficiale a febbraio 2025 – ha costituito una valvola di sfogo temporanea per consentire agli ospedali di continuare ad usare questi antisettici ancora per il primo semestre 2025, nelle more dell’arrivo delle nuove formulazioni registrate come farmaci.
Va sottolineato che la deroga accordata ex art. 55 BPR aveva durata massima di 180 giorni (dal 1° gennaio al 30 giugno 2025). Era contemplata la possibilità di prorogare ulteriormente questo periodo, ma solo previa approvazione della Commissione Europea tramite apposito atto di esecuzione (in teoria fino a un totale di 550 giorni, quindi potenzialmente fino all’estate 2026). Allo scadere naturale del 30 giugno 2025, in assenza di proroghe formalizzate a livello europeo, la copertura giuridica fornita dal decreto derogatorio sarebbe venuta meno.
LA NOTA MINISTERIALE
DEL 2 LUGLIO 2025
E IL SUO VALORE OPERATIVO
Alla data del 30 giugno 2025, molte strutture sanitarie italiane si sono trovate in una situazione critica: da un lato, il quadro normativo “a regime” imporrebbe di cessare completamente l’uso dei prodotti a base di clorexidina 2% non registrati come farmaci; dall’altro, le alternative con AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) non erano ancora disponibili ovunque in quantità e varietà sufficiente per soddisfare il fabbisogno nazionale.
In questo contesto, il Ministero della Salute ha emanato una Nota di chiarimento applicativo (protocollo n. 02.07.2025.0651542.U, datata 2 luglio 2025) con cui ha consentito l’utilizzo della clorexidina digluconato 2% in soluzione alcolica fino al 1° settembre 2025
Si tratta di un documento circolato presso le autorità sanitarie regionali e le strutture del Servizio Sanitario, avente l’obiettivo di fornire un’interpretazione uniforme e pragmatica per gestire il periodo immediatamente successivo alla scadenza della deroga formale.
Dal punto di vista giuridico, questa Nota non è un atto normativo in senso stretto (non è un decreto ministeriale né una ordinanza pubblicata in Gazzetta Ufficiale). È piuttosto una istruzione amministrativa, o meglio un’atto di cosiddetta “interpretazione amministrativa”, emanata dalla Direzione Generale
competente del Ministero, rivolta agli enti del Servizio Sanitario, che chiarisce come comportarsi operativamente nel vuoto creatosi dopo il 30 giugno. In altri termini, pur non avendo la forza di legge per prolungare de jure l’autorizzazione dei PMC revocati, la Nota ministeriale funge da indirizzo vincolante sul piano amministrativo: comunica che il Ministero tollererà e considera consentito l’uso continuativo di quei antisettici fino al 1° settembre 2025, in attesa di soluzioni definitive.
È importante sottolineare che il passaggio a specialità medicinali porta con sé vantaggi qualitativi: i medicinali antisettici sono prodotti secondo standard farmaceutici GMP, spesso sterili (elemento cruciale per evitare di introdurre spore o germi con l’antisettico stesso) e sottoposti a farmacovigilanza e tracciabilità lotti. Le confezioni avranno bollino AIC e indicazioni di conservazione come farmaci. La tracciabilità è un plus: pensiamo alla necessità, in caso di infezione del sito chirurgico, di poter risalire al lotto di antisettico usato e verificarne la sterilità/efficacia. Tutto ciò riduce il rischio intrinseco. Dal lato potenziali svantaggi, si segnala l’aumento di burocrazia in acquisiti (acquistare farmaci implica passare dalla farmacia interna, gestione di scadenze, ecc.) e possibili costi differenti. Tuttavia, il legislatore bilancia la priorità della sicurezza.
Da notare che restano ovviamente nel campo dei biocidi, con conseguente loro sottoposizione alla disciplina prevista dal Regolamento 528/2012 altri disinfettanti non direttamente usati su paziente: ad esempio, disinfettanti per superfici ospedaliere, per strumenti (a freddo), per apparecchiature, o anche i gel/soluzioni per l’igiene delle mani degli operatori (uso esterno senza intento specifico di cura del paziente). Questi prodotti continueranno a essere regolati come biocidi e, al completamento della fase transitoria, dovranno anch’essi essere autorizzati secondo BPR (con possibili eliminazioni di alcuni vecchi PMC non più conformi). In ambito ospedaliero, quindi, dal 2025 in poi si avrà una duplice gestione: gli antisettici pre-operatori (o, più precisamente, pre trattamento medico) come farmaci, tutto il resto come biocidi (autorizzati secondo le normative di settore).
In sintesi, l’Europa e l’Italia hanno tracciato una linea chiara: la preparazione antisettica del paziente prima di interventi o manovre invasive è un atto medico a tutti gli effetti, e come tale deve essere eseguito con
prodotti sottoposti a controllo farmaceutico[74][58]. Questo miglior allineamento normativo contribuirà – nelle intenzioni – a ridurre le ICA legate a pratiche antiseptiche inadeguate, e costituisce un progresso nella qualità delle cure. Spetta ora alle strutture adeguarsi per tempo, evitando di arrivare impreparate alle scadenze fissate.
EVIDENZE SCIENTIFICHE E STANDARD
TECNICI: LINEE GUIDA
INTERNAZIONALI E NORME EN
L’evoluzione normativa sopra descritta non è avvenuta in un vuoto di conoscenze, ma è sorretta dalle evidenze scientifiche maturate negli ultimi decenni in tema di prevenzione e controllo delle infezioni. Organismi internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi e lo stesso ECDC europeo hanno prodotto linee guida e raccomandazioni basate sull’evidenza, che costituiscono il riferimento per le leges artis in materia di prevenzione delle ICA. Diviene quindi fondamentale che le strutture sanitarie integrino tali raccomandazioni nei propri protocolli operativi, sia per elevare lo standard di sicurezza delle cure, sia – indirettamente – per poter dimostrare in sede legale di aver adottato misure riconosciute efficaci.
RACCOMANDAZIONI OMS
L’OMS ha pubblicato vari documenti chiave, tra cui le Linee guida globali per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico (ISC) (prima edizione 2016, aggiornata nel 2018) e il manuale sui Core Components dei programmi di Infection Prevention and Control (IPC) (2016). Dalle linee guida sulle ISC emergono raccomandazioni specifiche, ad esempio: l’uso di soluzioni antisettiche alcoliche a base di Clorexidina per la preparazione della pelle del paziente prima dell’incisione chirurgica è raccomandato in quanto più efficace nel ridurre la flora microbica residente rispetto a soluzioni acquose o iodopovidone[75]. In particolare, l’OMS favorisce l’uso di Clorexidina digluconato al 2% in soluzione alcolica (isopropanolo al 70%) per la disinfezione pre-operatoria della cute, salvo controindicazioni, poiché studi comparativi mostrano una minore incidenza di infezioni chirurgiche rispetto ad antisettici alternativi[75]. Questa
raccomandazione è classificata come forte e basata su evidenze di qualità moderata. Parallelamente, l’OMS ha prodotto un Toolkit per le best practices in materia di iniezioni e procedure correlate (WHO “Best practices for injections and related procedures toolkit”), evidenziando che pratiche come l’igiene delle mani prima di una procedura, l’uso di guanti sterili, la preparazione antisettica del sito di iniezione e lo smaltimento sicuro dei dispositivi taglienti sono essenziali per prevenire infezioni trasmesse per via ematica[76][77].
Un altro focus OMS riguarda la pulizia e sanificazione ambientale: l’agenzia sottolinea che la contaminazione ambientale (superfici, attrezzature) gioca un ruolo non trascurabile nella trasmissione di patogeni, specie di quelli capaci di sopravvivere a lungo (es. spore di Clostridioides difficile, MRSA, VRE)[78][79]
Le strutture devono quindi implementare programmi di pulizia giornaliera e terminale, con prodotti disinfettanti appropriati e personale formato. L’OMS raccomanda inoltre interventi ingegneristici come i cosiddetti “dispositivi ingegnerizzati” per la sicurezza delle iniezioni (aghi retrattili, siringhe con meccanismo di protezione anti-puntura) al fine di ridurre gli incidenti da taglienti[80][81]. In generale, l’OMS promuove un approccio multimodale ai programmi di IPC, basato su: presenza di guide e standard, formazione continua, monitoraggio e feedback dei dati di infezione, ambiente istituzionale di supporto, e coinvolgimento attivo del personale.
LINEE GUIDA CDC (HICPAC)
Negli Stati Uniti, i CDC tramite l’HICPAC (Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee) hanno pubblicato linee guida dettagliate su specifiche ICA, spesso aggiornate di recente (es. Guideline for the Prevention of Surgical Site Infection, 2017; Guideline for Isolation Precautions, 2019; CLABSI Prevention Guidelines, ecc.). Molte di queste concordano con le raccomandazioni OMS. Ad esempio, la linea guida CDC 2017 sulle infezioni del sito chirurgico raccomanda di preparare la cute del paziente con un antisettico alcolico (preferibilmente Clorexidina alcolica) prima dell’incisione[82]. Questa è una raccomandazione di categoria IA (forte, evidenza alta): in pratica i CDC suggeriscono l’impiego di Clorexidina gluconato ≥0,5% in alcol isopropilico per la disinfezione della cute chirurgica, in quanto superiore allo
iodopovidone acquoso nel ridurre la carica microbica e prevenire infezioni. Allo stesso modo, per la prevenzione delle infezioni del sangue da catetere venoso centrale (CLABSI), i CDC raccomandano la Clorexidina al 2% in alcol per la preparazione cutanea del sito d’inserzione (e il suo successivo mantenimento con medicazioni impregnate di CHG), oltre a misure come massime precauzioni di barriera all’inserimento e check-list. Queste evidenze scientifiche danno sostegno concreto alla scelta normativa di promuovere soluzioni alcolico-clorexidiniche come standard e di richiederne la qualità farmaceutica. Le linee guida CDC coprono anche altri aspetti: l’igiene delle mani del personale sanitario (Guideline for Hand Hygiene, ultima update con OMS 2009), le Precauzioni Standard e Aggiuntive (isolare pazienti con patogeni trasmissibili via aria, droplet, contatto), la gestione delle Attrezzature medicali (disinfezione di alto livello o sterilizzazione degli strumenti riutilizzabili, secondo le classi di Spaulding). Tutte queste indicazioni sono supportate da studi che mostrano riduzioni significative delle infezioni applicando i bundle di prevenzione. Ad esempio, grazie a bundle multifattoriali (igiene mani, check list, asepsi rigorosa, ecc.) si è dimostrato possibile prevenire fino al 6570% delle CLABSI e un’alta percentuale di infezioni del ventilatore (VAP) e delle vie urinarie (CAUTI).
RACCOMANDAZIONI E PROGRAMMI ECDC
In ambito europeo, l’ECDC non emette linee guida cliniche dettagliate come CDC/OMS (lasciando quel ruolo alle società scientifiche e agli Stati membri), ma svolge un’importante funzione di coordinamento e sorveglianza. L’ECDC ha definito standard di sorveglianza europei per diverse ICA (protocolli HELICS/ HAI-Net per ICU, chirurgia, long-term care), promuovendo la raccolta di indicatori di prevenzione oltre che di incidenza infettiva[83][84]. Ad esempio, nel protocollo di sorveglianza delle infezioni chirurgiche (SSI) versione 2.3 (Marzo 2025) sono inclusi indicatori come la proporzione di interventi in cui è stata effettuata profilassi antibiotica corretta, tricotomia con modalità raccomandata, ecc. Questo incoraggia gli ospedali a monitorare l’aderenza alle misure preventive. L’ECDC inoltre pubblica periodicamente rapporti e guide: degno di nota è il recente ECDC Annual Epidemiological Report on HAI e i documenti
sull’implementazione dei programmi IPC (dove si ribadisce che una quota consistente di ICA è prevenibile con efficaci misure di IPC). Come già ricordato, ECDC stima che fino a metà delle ICA possano essere evitate attraverso misure di prevenzione comprovate[3]. Questo dovrebbe spingere le amministrazioni sanitarie a investire in programmi di controllo infezioni, considerandoli un ambito ad alto rendimento in termini di vite salvate e costi evitati.
STANDARD TECNICI EUROPEI (EN 14885 E SUCCESSIVE)
Un’ulteriore risorsa tecnica da considerare sono gli standard CEN (Comitato Europeo di Normazione) relativi ai disinfettanti e antisettici. In particolare la norma EN 14885 (edizione 2018, aggiornata nel 2022) intitolata “Chemical disinfectants and antiseptics – Application of European Standards for chemical disinfectants and antiseptics” fornisce un quadro di riferimento degli standard europei di efficacia microbicida ai quali i prodotti devono conformarsi per poter vantare determinate attività (battericida, virucida, sporicida, ecc.)[85][86]. Questo standard funge da “meta-norma” che richiama le specifiche prove (norme EN) per i vari settori: ad esempio, EN 13727 per attività battericida in area medica, EN 13624 fungicida, EN 14476 virucida, EN 16615 test su superficie in condizioni sporche, e così via. Per le strutture sanitarie è importante richiedere e verificare che i disinfettanti utilizzati siano conformi alle norme EN applicabili, poiché ciò attesta che il prodotto ha superato test di laboratorio riconosciuti e quindi è efficace se usato correttamente. La recente versione EN 14885:2022 aggiorna l’elenco delle norme includendo i metodi pubblicati dopo il 2018 e specifica in dettaglio come utilizzare i risultati dei test nella pratica[87]. Inoltre, standard paralleli come la norma EN 16616 (2015) definiscono protocolli per valutare ad esempio la riduzione di spore di Clostridium difficile da parte dei disinfettanti. Integrare gli standard tecnici significa che le direzioni sanitarie, nei capitolati e nelle procedure, dovrebbero fare riferimento a prodotti “a norma EN”, nonché assicurarsi che il personale ne segua le istruzioni d’uso (corretta diluizione, tempo di contatto, range di azione). Questo rientra anche negli “oneri probatori” (punto e) indicati dalla Cassazione: la modalità d’uso dei disinfettanti deve rispecchiare le evidenze
tecniche. Ad esempio, un disinfettante sporicida per sale operatorie deve essere usato alla concentrazione e con il tempo di contatto validati dallo standard: se venisse risciacquato o asciugato prima, l’efficacia sarebbe inficiata e ciò costituirebbe una falla nella prevenzione.
In sintesi, le raccomandazioni evidence-based e gli standard tecnici offrono il contenuto concreto delle “vigenti normative e leges artis” che la struttura sanitaria è tenuta a rispettare (come richiesto da Cass. 6386). Farvi riferimento esplicito nei protocolli aziendali di prevenzione delle infezioni è fondamentale. Ad esempio, un’azienda potrebbe adottare una procedura per la prevenzione delle infezioni chirurgiche che citi: “seguire le Global Guidelines for SSI, WHO 2018”, oppure “utilizzare antisettico cutaneo conforme a EN 14885 con attività battericida e fungicida standard (EN 13727, EN 13624)”. Tali riferimenti rafforzano la validità scientifica delle misure adottate e, in caso di controversie, consentono di dimostrare che l’ospedale si è allineato alle migliori pratiche riconosciute a livello internazionale.
INDICAZIONI OPERATIVE PER LE DIREZIONI SANITARIE E I
RISK MANAGER
Alla luce del quadro giuridico e scientifico delineato, le direzioni sanitarie e i responsabili del rischio clinico (risk manager) a capo della funzione di risk management prevista dall’art. 1, comma 539 della L. 208/2015 nelle aziende e strutture sanitarie sono chiamati a un ruolo proattivo nel rivedere ed eventualmente potenziare i modelli organizzativi per la prevenzione delle ICA. Di seguito si propongono alcune azioni chiave e linee di indirizzo operative che integrano gli obblighi di legge con le raccomandazioni evidence-based: ■ 1. Riesame e aggiornamento dei protocolli aziendali: Le strutture devono disporre di un corpus aggiornato di procedure scritte per l’igiene e la prevenzione delle infezioni, allineato alle linee guida più recenti. È opportuno condurre un gap analysis confrontando i protocolli esistenti con l’elenco di misure delineato dalla Cassazione (punti a–m sopra) e con le linee guida OMS/CDC. Eventuali lacune vanno colmate. Ad esempio, se non esisteva una procedura dettagliata per il controllo della qualità dell’aria e la manutenzione dei filtri, occorre crearla. Se non si
prevedeva l’obbligo di report periodico dei reparti sui patogeni sentinella, va istituito. Questo aggiornamento dovrebbe coinvolgere il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) e gli specialisti di Igiene e Epidemiologia, per assicurare che le misure siano scientificamente valide e praticabili. Importante è includere nei protocolli riferimenti espliciti alle normative e linee guida (es: “protocollo di antisepsi pre-operatoria conforme a OMS 2018 e CDC 2017, utilizza Clorexidina 2% alcoolica” ecc.), cosicché diventi chiaro lo standard di riferimento.
■ 2. Implementazione della transizione antisettici (PMC/farmaci): Le direzioni sanitaria e farmaceutica devono pianificare per tempo la sostituzione dei prodotti antisettici in uso. Un primo passo è l’inventario di tutti i disinfettanti/antisettici attualmente utilizzati su pazienti (per cute, mucose) e la verifica del loro status regolatorio. Per ciascuno destinato a cute integra pre-invasiva, si deve individuare l’alternativa come farmaco. In molti casi, potrebbe trattarsi dello stesso principio attivo ma prodotto con AIC (ad esempio, soluzioni di Clorexidina 2% alcooliche disponibili come farmaco). Occorre quindi aggiornare le procedure interne indicando il nome commerciale e l’autorizzazione del nuovo prodotto, e informare gli operatori del cambiamento. Durante la transizione fino al 2025 (o 2026 per CHG 2%), è consigliabile predisporre linee guida interne: ad esempio, vietare l’acquisto di nuovi PMC disinfettanti oltre una certa data e smaltire le scorte rimanenti tramite utilizzo controllato o reso. Le gare d’appalto bandite nel 2024-2025 dovranno già contenere la specifica richiesta di specialità medicinali per gli antisettici cutanei[70]. Un punto critico sarà gestire eventuali carenze: la proroga per la Clorexidina al 2026 attenua il problema per quel principio attivo, ma se mancano sul mercato farmaci per altri antisettici (es. iodopovidone alcoolico), potrebbe rendersi necessario ricorrere temporaneamente all’importazione dall’estero o all’uso compassionevole. In tal caso, bisogna interfacciarsi con AIFA e Ministero per soluzioni ponte (ad esempio AIC in deroga).
■ 3. Formazione e addestramento del personale: Un protocollo è efficace solo se il personale lo comprende e applica. È quindi imperativo investire in formazione continua su IPC. Le direzioni dovrebbero organizzare corsi di aggiornamento periodici per tutto il personale sanitario (medici, infermieri, OSS) sulle pratiche di prevenzione delle infezioni:
igiene delle mani secondo linee guida OMS, tecnica asettica (Aseptic Non Touch Technique), utilizzo corretto dei dispositivi di protezione individuale, gestione del materiale sterile, sanificazione ambientale, ecc. Particolare attenzione va data alla tecnica di antisepsi cutanea: studi hanno evidenziato che non solo la soluzione antisettica, ma anche la modalità di applicazione influisce (movimenti concentrici vs. “back-and-forth”, tempo di frizione, area coperta) [88][89]. Il personale dev’essere addestrato a usare i nuovi antisettici medicinali secondo le istruzioni d’uso (che possono differire leggermente dai vecchi PMC). Ad esempio, alcuni prodotti alcolici colorati richiedono di attendere l’asciugatura completa prima di incidere per essere efficaci e prevenire flash fire in sala; queste indicazioni vanno ribadite. La cultura della sicurezza deve essere incoraggiata con campagne tipo “Clean Care is Safer Care” (OMS), audit di osservazione (es. monitoraggio aderenza all’igiene mani con feedback ai reparti), e coinvolgendo i clinici come champions (es. chirurghi leader che promuovono il rispetto del protocollo antibiotico e antisettico in sala).
■ 4. Sorveglianza attiva e reporting interno: Come da punto g) e l) del decalogo Cassazione, è necessario rafforzare la sorveglianza epidemiologica interna delle ICA e istituire flussi informativi regolari. Questo implica: identificare un team (medico infettivologo/ igienista, infermieri di controllo infezioni) che raccolga sistematicamente i dati di ICA (infezioni del sito chirurgico, sepsi nosocomiali, polmoniti ventilatorecorrelate, UTI, etc.), con denominatori (es. numero interventi, giornate catetere, etc.) per calcolare tassi. I laboratori microbiologici dovrebbero notificare quotidianamente al CIO gli isolamenti di patogeni sentinel (MRSA, CRE, C. diff, fungine invasive)[45] [90]. Una volta al mese (o trimestre) si può generare un report per la Direzione Sanitaria e per i Direttori di Struttura Complessa con i seguenti elementi: tassi di infezione per unità operativa, eventuali outbreak o trend in aumento, risultati di audit (es. compliance igiene mani al 80%, target >90%), e azioni intraprese. Questo soddisfa l’onere di sorveglianza (punto k e l) e crea consapevolezza nei reparti. Inoltre, in ottica di miglioramento, la sorveglianza consente di valutare l’efficacia delle misure adottate (ad es. se dopo un intervento formativo si riducono le CLABSI in TI). Gli indicatori ECDC di processo possono essere integrati: % di antibiotico profilassi in tempo,
% di utilizzo clorexidina in bundle, etc., per avere un quadro globale della qualità.
■ 5. Miglioramento dei sistemi di documentazione: Per potersi difendere in giudizio, come abbiamo visto, è essenziale documentare tutto. Le direzioni dovrebbero implementare strumenti di registrazione sistematica delle attività di prevenzione: registri informatizzati di sanificazione (con timestamp di quando un ambiente è stato pulito e da chi), checklist in cartella per procedure invasive (es. check-list centrale per inserimento CVC che attesti l’uso di antisepsi, barriera sterile, ecc.), registri di controllo qualità (es. esiti dei monitoraggi aria, acqua, colonizzazione staff). Ogni volta che viene eseguita un’attività rilevante (pulizia filtri aria mensile, ispezione impianti, riunione CIO con verbale raccomandazioni ai reparti), deve rimanerne traccia archiviata. Oggi ci si può avvalere di soluzioni digitali: ad esempio app o software di Infection Control che tracciano in tempo reale le sanificazioni e sorvegliano i tempi (con alert se ritardi). Anche l’integrazione di tali presidi con sistemi di IA potrebbe garantire un più efficiente ed efficace gestione di tali flussi di informazioni. Anche i consensi informati e le cartelle dovrebbero includere riferimenti al rischio infettivo (es. attestare che il paziente è stato informato sulle misure adottate per ridurre il rischio di ICA, senza spaventarlo ma per trasparenza). Tutto ciò crea un bagaglio di evidenze difensive in caso di contestazione, ma soprattutto aiuta a mantenere alta la compliance operativa (sapendo di essere monitorati, gli operatori saranno più attenti a seguire le procedure).
■ 6. Modelli organizzativi di governo clinico del rischio infettivo: È opportuno che l’azienda formalizzi un Modello organizzativo IPC integrato nel proprio sistema di gestione del rischio clinico. Ciò può includere la costituzione ufficiale di una unità operativa/servizio di IPC con adeguato personale (infermieri dedicati all’IC previsti in rapporto ai posti letto), la definizione di obiettivi annuali di miglioramento (es. ridurre del 30% le BSI in terapia intensiva entro fine anno), e l’adozione di strumenti di qualità come gli audit incrociati fra reparti, le “walk-rounds” dei direttori su igiene, e magari certificazioni esterne (alcuni ospedali adottano lo standard JCI o ISO specifici che includono capitoli sulle infezioni). Importante è anche prevedere momenti di review post-evento: quando si verifica un caso grave di ICA (es. un cluster di infezioni in Ortopedia),
si dovrebbe condurre un’analisi di causa root-cause analysis per capire se c’è stata falla nel sistema (es. scarsa sterilizzazione strumenti, sale affollate, ecc.) e porre rimedio. Un elemento organizzativo utile è la creazione di team interdisciplinari (es. un team per la Stewardship antibiotica in sinergia col team infezioni, data la stretta connessione tra prevenzione ICA e lotta all’antibiotico-resistenza).
■ 7. Integrazione con la gestione del rischio assicurativo: Dal punto di vista gestionale, il risk manager dovrebbe collaborare con l’ufficio legale/assicurazioni o, più precisamente, per le strutture che operano in regime di autoritenzione (anche parziale) del rischio, alla luce del DM attuativo dell’art. 10 legge 24/2017 sull’obbligo assicurativo (DM 15 dicembre 2023, n. 232), con la “Funzione valutazione dei sinistri” di cui all’art. 16 (“Funzioni per il governo del rischio assicurativo e valutazione dei sinistri”) del citato dm del dicembre 2023, per gestire in modo proattivo il rischio di sinistro legato alle ICA. Questo include sia prevenzione /mitigazione del rischio (tutto quanto detto finora) sia preparazione alla gestione di eventuali cause.
■ Ciò consentirebbe, ad esempio, di ottenere polizze RC sanitarie che coprano adeguatamente la r.c. verso terzi delle strutture pei danni da infezioni ospedaliere, a fronte del pagamento di premi assicurativi inferiori, subordinatamente all’adozione di protocolli adeguati ed effettivamente applicati (alcune compagnie sono disposte ad offrire premi ridotti se l’ospedale dimostra di avere certificazioni di qualità in IPC, come ovvia conseguenza della proporzione sempre esistente tra livello di rischio e importo del premio). Ogni denuncia di infezione nosocomiale dovrebbe poi essere analizzata congiuntamente dal risk manager e dal CIO per verificare cosa è accaduto e se ci sono aspetti migliorabili o replicabili altrove. In conclusione, le direzioni sanitarie hanno il compito di creare un “ambiente organizzativo” favorevole alla sicurezza: questo comporta standardizzare i processi critici (antisepsi, sterilizzazione, pulizia, terapia antibiotica) secondo linee guida, educare e motivare gli operatori, controllare attivamente l’aderenza e gli esiti, e correggere tempestivamente le deviazioni. L’adesione a raccomandazioni internazionali (OMS, CDC, ECDC) non dev’essere vista come facoltativa, ma come parte integrante del dovere di diligenza professionale. In caso di giudizio, poter mostrare che il nostro ospedale segue pedissequamente
le linee guida OMS/CDC sugli specifici punti sarà la miglior difesa, perché significa aver fatto quanto globalmente raccomandato come efficace. Al contempo, l’applicazione di queste misure comporterà verosimilmente una riduzione effettiva delle infezioni, creando un circolo virtuoso: meno ICA, meno reclami, meno contenziosi e soprattutto maggiore sicurezza per i nostri pazienti.Ma non solo: si deve anche tenere presente che l’ultimo comma dell’art. 2 della L. 24/2017, nell’aggiungere al citato art. 1, comma 539 della legge n. 208/2015, la lettera d-bis, ha previsto per ogni struttura la predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all’interno della stessa, sulle cause che hanno prodotto l’evento avverso e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Siccome per giunta tale relazione deve essere resa disponibile sul sito internet della struttura appare evidente come eventuali dati relativi alla presenza di ICA ed alle relative cause avranno un rilevante impatto reputazionale per la struttura e le renderanno altresì più complicato l’ottenimento di coperture assicurative a prezzi ragionevoli.
CRITICITÀ APPLICATIVE
E IMPLICAZIONI MEDICO-LEGALI
E ASSICURATIVE
Sebbene il quadro normativo-giurisprudenziale sia ora più chiaro, la sua applicazione pratica pone diverse criticità che meritano attenzione, così come vi sono implicazioni sul piano medico-legale e assicurativo da considerare.
Criticità organizzative: Non tutte le strutture partono dallo stesso livello organizzativo. Mentre grandi ospedali e IRCCS magari dispongono già di Comitati infezioni ben strutturati e sistemi di sorveglianza, realtà più piccole o RSA potrebbero trovarsi in difficoltà ad adeguarsi a tutti i requisiti. La carenza cronica di personale sanitario può rendere difficile, ad esempio, garantire il rapporto ottimale operatori/ pazienti (punto j) e contemporaneamente assicurare formazione continua e audit. L’implementazione di registrazioni puntuali di ogni attività preventiva (punto m) rischia di aumentare l’onere burocratico sugli operatori, già gravati da un profluvio di documentazione; qui sarà importante sfruttare la digitalizzazione per semplificare la raccolta dati (ad es. sistemi automatici di logging per gli impianti, codici QR da scannerizzare quando si pulisce una stanza,
ecc.). Un’altra criticità è l’aggiornamento tecnologico: alcune misure possono richiedere investimenti (es. per garantire qualità dell’aria serve magari installare filtri migliori o sistemi UV, per tracciare i disinfettanti potrebbe servire un software dedicato). Non tutte le aziende hanno risorse immediate; tuttavia, il PNRR post-Covid e programmi regionali stanno finanziando parte di questi adeguamenti (specialmente sul fronte edilizio-impiantistico e digital health).
Resistenza al cambiamento: Implementare nuove procedure o far rispettare rigorosamente quelle esistenti può incontrare resistenze culturali. Operatori abituati da anni a una certa routine potrebbero inizialmente percepire le nuove regole come eccesso di zelo o sfiducia nella loro professionalità. Sarà fondamentale il ruolo dei leader clinici (primari, caposala) nel promuovere il cambiamento come opportunità di miglioramento e non come mera imposizione burocratica. La comunicazione interna dovrebbe sottolineare come queste misure proteggono i pazienti ma anche gli stessi operatori (meno infezioni = meno stress lavorativo, meno rischi di coinvolgimenti in cause civili o penali). Inoltre, non bisogna dimenticare l’aspetto motivazionale: riconoscere i reparti virtuosi (magari con premi di team quando raggiungono zero infezioni in X mesi), coinvolgere gli operatori nelle soluzioni (ad es. chiedere feedback pratici su come migliorare l’aderenza alle misure) può incrementare la partecipazione.
Aspetti medico-legali: Dal punto di vista medicolegale, le nuove pronunce e normative fissano standard di diligenza più elevati. Questo significa che in eventuali procedimenti di responsabilità, i consulenti e i giudici avranno parametri molto più concreti per valutare la colpa. Da un lato, ciò porta maggiore oggettività (si passa dal generico “avete fatto il possibile?” al più specifico “avete applicato le misure a-m?”).
Dall’altro, alza l’asticella per le strutture: omissioni che prima potevano passare inosservate ora saranno facilmente portate alla luce. Ad esempio, un paziente sviluppa un’infezione in Ortopedia: se si scopre che in quel reparto non veniva fatto il monitoraggio microbiologico ambientale (punto k), ciò potrà essere addotto come prova di carenza organizzativa e quindi di colpa della struttura. Oppure, se manca il report trimestrale del reparto al DS (punto l), si evidenzierà un deficit di sorveglianza. Le strutture dunque devono aspettarsi un maggiore scrutinio documentale in sede di CTU: ogni allegato mancante potrà pesare.
In ambito penale, sebbene la responsabilità penale per ICA sia rara (richiedendo colpa grave individuale), non è impossibile pensare che in caso di outbreak serio con decessi, la Procura valuti se i dirigenti abbiano omesso misure dovute, prospettando reati come omissione di cautele o, al limite, cooperazione colposa in omicidio colposo plurimo. È quindi nel miglior interesse dei vertici aziendali mettere in atto tutto il delineato, non solo per evitare cause civili ma anche per una tranquillità personale rispetto a possibili contestazioni penali o dinanzi alla Corte dei Conti (danno erariale per risarcimenti pagati per negligenza organizzativa).
Implicazioni assicurative: Sul fronte assicurativo, ci sono almeno due risvolti. Il primo riguarda le compagnie assicurative che coprono le strutture sanitarie: esse certamente terranno conto di questi sviluppi nel valutare il rischio, decidendo se assumerlo o meno e, in caso positivo, a fronte di quale premio. Un ospedale con alti tassi di ICA e che non dimostra di aver implementato robusti programmi di prevenzione si vedrà sicuramente applicare premi assicurativi più alti, analogamente a come per la malpractice clinica individuale pesano i precedenti sinistri. Viceversa, strutture certificate o che documentano efficaci misure preventive o che documentino di aver fatto registrare un basso numero di ICA in rapporto al numero di pazienti ed alla tipologia di cura e assistenza fornite, potrebbero sicuramente ottenere condizioni migliori. In caso di sinistro specifico (un risarcimento per infezione letale), l’assicurazione scrutinando il caso potrebbe sollevare eccezioni nel caso in cui la struttura non abbia adempiuto ad obblighi di legge o normative: ad esempio, se la polizza condiziona la sua operatività al rispetto dell’ obbligo delle normative di settore, la non conformità a queste misure potrebbe – in teoria – essere usata per ridurre o negare la copertura (clausole di delimitazione del rischio assicurato). È uno scenario limite, ma non impossibile se emergesse, per dire, che l’ospedale usava ancora nel 2025 un PMC non consentito: l’assicuratore potrebbe dire che l’ospedale ha violato la legge, configurando aumento del rischio contrattualmente non consentito con conseguente esclusione o riduzione proporzionale della copertura. Ciò sprona ancor più le aziende a regolarizzarsi pienamente.
Il secondo risvolto concerne la self insurance e il risk pooling. In alcune regioni italiane, specie dopo la Legge Gelli-Bianco, molte aziende e strutture fanno parte di sistemi di autoritenzione pubblica. In tali
contesti, le regioni potrebbero introdurre meccanismi di accountability interna: ad esempio, se un’azienda ha troppi sinistri per ICA, potrebbe essere sottoposta a piani di rientro sul rischio clinico o vedere decurtati incentivi ai dirigenti. D’altronde, la stessa Legge n. 24/2017 ha enfatizzato l’importanza delle linee guida e buone pratiche: un’azienda che le disattende espone i professionisti sanitari anche al rischio di rivalsa. Infatti, la legge prevede che il prestatore d’opera sanitaria risponda per colpa grave se non si attiene a linee guida accreditate; un’infermiera che provoca un’infezione perché non ha rispettato il protocollo (ad es. non ha disinfettato la cute come da linee guida) potrebbe, in teoria, essere coinvolta in rivalsa se condannata la struttura. Ciò rende essenziale non solo formare ma anche responsabilizzare i singoli operatori sul fatto che il rispetto delle procedure li tutela personalmente.
Aspetti legali per i pazienti e loro congiunti: dal punto di vista dei pazienti danneggiati, con l’aumento di consapevolezza su queste tematiche, potremmo attendere in futuro un incremento di cause legali per ICA e di richieste risarcitorie di notevole entità (specie in caso di decessi o invalidità gravi). Le strutture dovranno quindi prepararsi a gestire questi contenziosi con un approccio scientifico e trasparente: ad esempio, potrebbe essere utile in caso di infezione severa comunicare al paziente/famiglia in modo chiaro cosa è stato fatto per prevenirla, mostrando eventuali audit condotti, e magari offrire una risoluzione stragiudiziale se dall’analisi interna emergesse qualche falla (la legge Gelli incoraggia la conciliazione e l’offerta di risarcimento prima del giudizio). Questa impostazione limiterebbe i costi legali e preserverebbe la reputazione. Implicazioni di qualità e accreditamento: Infine, va considerato che in un prossimo futuro anche gli organismi di accreditamento dei servizi sanitari (ministeriali o regionali) integreranno questi standard nei requisiti. Già ora, ad esempio, l’accreditamento Joint Commission richiede evidenze su programmi di prevenzione infezioni robusti, e i nuovi LEA prevedono indicatori di infezioni in terapia intensiva come marker di qualità. Potremmo vedere check della Commissione Accrediti su, ad esempio, l’esistenza del report periodico germi sentinella (punto l) o l’applicazione di bundle OMS in sala operatoria. Pertanto, le aziende che per prime si adeguano non solo riducono il rischio legale, ma guadagnano un vantaggio competitivo in termini di qualità percepita e reale.
CONCLUSIONI
La prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza rappresenta oggi un banco di prova fondamentale per il nostro sistema sanitario, in cui convergono esigenze di sicurezza del paziente, qualità delle cure e responsabilità professionale e organizzativa L’affermazione “prevenire è meglio che curare” assume qui un duplice significato: da un lato evitare un’infezione significa evitare sofferenza e possibili esiti fatali al paziente; dall’altro, significa anche evitare complessi contenziosi legali e onerosi risarcimenti.
La recente sentenza della Cassazione n. 6386/2023 ha reso esplicito ciò che in fondo era implicito: prevenire le ICA non è solo buona pratica clinica, è un dovere giuridico per le strutture sanitarie, il cui inadempimento comporta una responsabilità risarcitoria. Contestualmente, la normativa tecnica sull’antisepsi e disinfezione si è evoluta per offrire strumenti più efficaci – antisettici medicinali di alta qualità – e non lascia più alibi in caso di negligenze (non sarà più ammissibile, ad esempio, invocare limiti di efficacia di un disinfettante, poiché ora sono disponibili prodotti ottimali e standardizzati).
La sfida che attende le direzioni sanitarie è quella di mettere a sistema tutte le componenti del puzzle: regole chiare, formazione del personale, monitoraggio costante e cultura della sicurezza. In questo percorso, le evidenze scientifiche e le linee guida sono alleate preziose, poiché indicano dove concentrare gli sforzi e quali interventi portano i maggiori benefici (come dimostrato dal crollo di certe infezioni in realtà che hanno implementato bundle rigorosi).
Al contempo, le istituzioni dovranno supportare le strutture: a livello nazionale e regionale servono investimenti in prevenzione (il PNCAR – Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza – va in questa direzione, prevedendo obiettivi di riduzione delle ICA), servono sistemi informativi integrati (per confrontare i dati di infezione tra ospedali e stimolare il miglioramento), e una spinta verso la trasparenza (in futuro, i cittadini potrebbero voler conoscere i tassi di infezione di un ospedale prima di scegliere dove curarsi).
In definitiva, un ospedale che documenta protocolli aggiornati, applica standard internazionali, forma e sorveglia i suoi operatori e adotta i migliori prodotti disponibili, non solo ridurrà drasticamente il
rischio di infezioni ma si troverà anche in una posizione molto più solida e difendibile qualora un evento avverso si verifichi. Al contrario, strutture che non colgono questo cambiamento di paradigma rischiano non solo di nuocere ai pazienti, ma anche di trovarsi esposte a conseguenze legali e finanziarie potenzialmente gravi.
La lezione che emerge è che la gestione del rischio clinico infettivo deve diventare parte integrante del core business di ogni azienda sanitaria, con la stessa importanza attribuita, ad esempio, alla gestione economica o alla produzione di servizi.
Gli oneri probatori delineati dalla Cassazione possono sembrare onerosi, ma in realtà coincidono con i requisiti di un sistema di qualità moderno in ambito sanitario. Pertanto, perseguendo l’eccellenza nelle pratiche di prevenzione – sostenuta dalle normative e dalle prove di efficacia – si riuscirà contemporaneamente a tutelare meglio la salute dei pazienti e a proteggere le strutture sul piano giuridico.
È un obiettivo ambizioso ma raggiungibile, nell’interesse comune di pazienti, professionisti e istituzioni sanitarie.
BIBLIOGRAFIA (NORMATIVA, GIURISPRUDENZA E FONTI SCIENTIFICHE)
1. Corte di Cassazione Civile, Sez. III, 3 marzo 2023, sentenza n. 6386/2023 – Obblighi di prevenzione a carico delle strutture sanitarie in tema di infezioni nosocomiali (cd. “sentenza Travaglino”)[5][6]
2. Corte di Cassazione Civile, Sez. III, 21 febbraio 2023, sentenza n. 5490/2023 – Onere della prova e prova della causa imprevedibile nelle infezioni nosocomiali[4]
3. Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio, 22 maggio 2012 – Relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (Biocidal Products Regulation)[54]
4. D.P.R. 6 ottobre 1998 n. 392 – Regolamento di semplificazione procedimenti di autorizzazione produzione e immissione in commercio Presidi Medico Chirurgici.
5. Ministero della Salute – Decreto Direttoriale 29 marzo 2023 – Revoca delle autorizzazioni PMC dei prodotti per disinfezione cute integra pre-trattamento medico (in vigore dal 1/1/2025)[64][65]
6. Ministero della Salute – Notizia 4 aprile 2023 sul portale (Biocidi/PMC) – Sintesi del provvedimento di revoca PMC antisepsi cutanea (motivazioni e tempistiche)[91][65]
7. Federazione FARE, Angelo Maccarone – “Decreto 29/03/2023: novità sulla prevenzione delle ICA”, FAREonline.it, 19 maggio 2025 – Articolo di analisi su impatto del decreto antisettici e sentenza Cassazione (“sentenza Travaglino”)[92][74]
8. Redazione GIMPIOS – “Antisepsi di cute integra prima di trattamento chirurgico: innovazioni regolatorie”, GIMPIOS 2024;14(1):35 – Discussione sullo status regolatorio degli antisettici in Italia ed Europa[58][60].
9. ECHA (European Chemicals Agency) – Guidance 2017 –Orientamenti applicativi del Reg. 528/2012: classificazione prodotti per antisepsi cutanea come medicinali (rif. Dir. 2001/83/CE)[58][60]
10. OMS (WHO) – “Global Guidelines for the Prevention of Surgical Site Infection”, 2016 (trad. it. 2018) – Raccomandazioni evidence-based su misure pre-operatorie (es. doccia prechirurgica, preparazione cutanea con Clorexidina alcolica)[75]
11. OMS – “Core components of IPC programs”, 2016 – Linee guida quadro sui requisiti essenziali per programmi efficaci di prevenzione e controllo infezioni.
12. CDC/HICPAC – “Guideline for the Prevention of Surgical Site Infection”, JAMA Surgery 2017 – Linee guida aggiornate con raccomandazioni (categoria IA) sull’uso di antisettico cutaneo alcolico (Clorexidina) per preparazione chirurgica[82]
13. ECDC – Pagina informativa sulle ICA (agg. 16 giu 2025) – Dati epidemiologici UE e stima del 50% di infezioni prevenibili con adeguate misure IPC[3]
14. ECDC – Protocollo di sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (versione 2.3, 25 mar 2025) – Include indicatori di processo per monitorare aderenza a misure preventive in ospedali europei[83][84]
15. Norma UNI EN 14885:2018 (e EN 14885:2022) – “Chemical disinfectants and antiseptics – Application of European Standards…” – Compendio degli standard europei di prova dell’attività microbicida dei disinfettanti[85][86]
16. SIMLA (Soc. Italiana Medicina Legale) – Franco Marozzi, “Cassazione su infezioni ospedaliere: cambia tutto?”, 09/11/2023 – Approfondimento medico-legale sulla sentenza Cass. 6386/2023 e suoi riflessi pratici[93][48].
17. ACOP (Ass. Ospedalità Privata) – Avv. M.A. Mascaro, “Responsabilità della struttura sanitaria nel caso di infezioni nosocomiali”, 2023 – Commento combinato Cass. 5490 e 6386/23, con decalogo oneri probatori e criteri responsabilità[5][36]
18. Avv. Elena Bassan – Articoli “Infezioni nosocomiali: onere della prova (parte I e II)”, 2023 – Analisi delle sentenze Cassazione 2021 e 2023 sul tema, con focus su distribuzione
oneri contrattuale/extracontrattuale e misure di prevenzione[94][15]
19. Ministero Salute – Portale EpiCentro (ISS) – Sezione “Prevenzione e controllo delle infezioni” – Rassegna raccomandazioni nazionali/internazionali per prevenzione ICA, incluse iniezioni sicure, pulizia ambientale, gestione rifiuti[95][78]
20. (Le fonti normative e giurisprudenziali citate sono aggiornate alla data di pubblicazione. Le fonti scientifiche e tecniche riflettono lo stato dell’arte internazionale in materia di prevenzione delle ICA, evidenziando l’importanza di un approccio integrato basato su evidenze e standard condivisi.)
[1] [7] [8] [68] [69] [70] [71] [72] [73] [74] [92] Decreto 29/03/2023: novità sulla prevenzione delle ICA - FARE online https://www.fareonline.it/primo-piano/decreto29-03-2023-novita-sulla-prevenzione-delle-ica/ [2] [3] [83] [84] Healthcare-associated infections https://www.ecdc.europa.eu/en/healthcare-associatedinfections
[4] [5] [6] [9] [10] [11] [14] [23] [24] [25] [26] [27] [28] [29] [30] [31] [32] [33] [34] [35] [36] [37] La responsabilità della struttura sanitaria nel caso di infezioni nosocomiali | ACOP – Associazione Coordinamento Ospedalità Privata https://acopnazionale.it/news/la-responsabilita-dellastruttura-sanitaria-nel-caso-di-infezioni-nosocomiali/ [12] [13] [15] [16] [17] [18] [19] [20] [21] [22] [38] [39] [40] [42] [43] [47] [50] [53] [94] Infezioni nosocomiali: la Cassazione torna sull’onere della prova (parte II) – Avvocato Elena Bassan https://avvocatoelenabassan.it/2023/04/19/infezioni-nosocomiali-la-cassazione-torna-sullonere-della-prova-parte-ii/ [41] [44] [45] [46] [48] [49] [51] [52] [90] [93] Cassazione su infezioni ospedaliere: cambia tutto? - Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni https://www.simlaweb.it/infezioni-ospedaliere-cassazione/ [54] Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 314 ...
https://www.senato.it/printable/route/sen_showdoc. show_doc_controller_structure?id=1211277&leg=18 &tipodoc=Resaula&part=doc_dc&parthttp=doc_dcallegatob_ab-sezionetit_i-atto_302415&printable_ format=print&legislature=19 [55] [PDF] Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo ... - EUR-Lex
[58] [59] [60] [61] [63] Antisepsi di cute integra prima di trattamento chirurgico | GIMPIOS - Giornale Italiano Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie
https://www.gimpios.it/archivio/4266/articoli/42439/ [62] BPR national transitional procedures - ECHA - European Union
[64] [65] [66] [67] [91] Disciplina della revoca delle autorizzazioni come presidi medico chirurgici dei prodotti destinati alla disinfezione della cute integra prima di un trattamento medico
[75] Guidelines for the prevention of surgical site infection https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8336317/ [76] [77] [78] [79] [80] [81] [95] Prevenzione delle ICA: le raccomandazioni nazionali e internazionali sulla prevenzione delle infezioni in ambito assistenziale https://www.epicentro.iss.it/prevenzione-controllo-infezioni/raccomandazioni-per-la-prevenzione-delle-infezioniin-ambito-assistenziale
[82] [PDF] Best Products for Skin Antisepsis - Disinfection & Sterilization
[85] EN 14885:2022 - Chemical disinfectants and antiseptics https://standards.iteh.ai/catalog/standards/cen/37a9a967990c-437b-979a-68f121bf4679/en-14885-2022?srsltid=Af mBOooP6iH3mD_7DaeS4Bsykc1ep3wp0sn1voFrnv79Ig Mh_mOmarHz
L’acqua ozonizzata stabilizzata (AOS) per la disinfezione delle superfici ospedaliere
Gianfranco Finzi
Presidente Nazionale ANMDO - Direttore Sanitario Ospedali Privati Riuniti
Villa Nigrisoli e Villa Regina, Bologna
Riassunto
È stata condotta una revisione narrativa della letteratura scientifica (2015–2025) sull’uso dell’acqua ozonizzata stabilizzata per la disinfezione di superfici ospedaliere. Sono state consultate banche dati biomediche internazionali (es. PubMed, Scopus) utilizzando parole chiave in inglese e italiano (“stabilized aqueous ozone”, “ozonated water”, “surface disinfection”, “hospital”, “biofilm”), sono stati inoltre esaminati recenti dati, resi disponibili, in via di pubblicazione, realizzati impiegando acqua ozonizzata stabilizzata prodotta da tecnologie di nuova generazione.
Sono stati inoltre presi in considerazione studi di laboratorio (in vitro), studi in situ su superfici ospedaliere, verifiche sperimentali per l’efficacia di disinfezione in base alle norme tecniche europee, nonché documenti istituzionali rilevanti (linee guida e documenti di indirizzo di OMS, ECDC, CDC, ISS, INAIL).
Le principali informazoni estratte dagli studi includono: l’efficacia antimicrobica quantitativa dell’AOS, le concentrazioni di ozono e i tempi di contatto impiegati, la presenza di sostanza organica nelle prove, la stabilità temporale della soluzione dell’AOS e gli eventuali confronti diretti con altri disinfettanti. I risultati sono stati organizzati per temi (efficacia su batteri e virus, effetto su biofilm, parametri concentrazione tempo, applicazioni pratiche).
PREMESSA
La sanificazione delle superfici in ambito ospedaliero è fondamentale per la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA). Le superfici di sale operatorie, stanze di degenza e altre aree cliniche possono fungere da serbatoio e veicolo per patogeni, contribuendo alla trasmissione di infezioni correlate alla assistenza. Le linee guida internazionali (OMS, ECDC, CDC) raccomandano procedure rigorose di pulizia, e disinfezione ambientale, basate solitamente mediante impiego di agenti chimici come cloro (ipoclorito di sodio), alcoli o perossido di idrogeno, da applicare dopo un’adeguata
detersione. Tali disinfettanti presentano però limiti noti: ad esempio, l’ipoclorito di sodio è altamente efficace ma può essere corrosivo e produce sottoprodotti potenzialmente nocivi; gli alcoli evaporano rapidamente e perdono efficacia in presenza di materiale organico; i perossidi concentrati (come il perossido di idrogeno) risultano irritanti e per concentrazioni superiori a 1 ppm devono essere utilizzati in assenza di persone Vi è dunque un interesse crescente verso tecnologie di disinfezione alternative che garantiscano elevata efficacia microbicida riducendo al contempo gli inconvenienti per la sicurezza e per l’ambiente.
L’ozono (O3) è da tempo noto per il suo potere ossidante e disinfettante ad ampio spettro, impiegato ad esempio nella potabilizzazione delle acque e in ambito alimentare.
In campo sanitario, l’ozono è stato studiato sia in fase gassosa (per la decontaminazione di ambienti e dispositivi) sia in fase acquosa, dimostrando capacità di inattivare batteri gram-positivi e gram-negativi, funghi, virus e spore grazie a molteplici meccanismi d’azione (ossidazione diretta di componenti cellulari e generazione di radicali liberi nell’acqua). L’ozono in acqua causa danni irreversibili alle membrane e agli acidi nucleici dei microrganismi, portando rapidamente alla perdita di vitalità cellulare.
L’applicazione dell’ozono in forma acquosa (acqua ozonizzata) consente di sfruttarne il potere disinfettante evitando la dispersione aerea; tuttavia, la rapida decomposizione in soluzione ne riduce la persistenza d’azione. Per ovviare a questo limite sono stati sviluppati sistemi di generazione in situ di acqua ozonizzata stabilizzata (AOS), in cui l’ozono è prodotto e mantenuto in soluzione mediante accorgimenti tecnici specifici, L’AOS così prodotta conserva una concentrazione di ozono attivo per un periodo utile più esteso (tipicamente alcune ore) rispetto all’acqua ozonizzata non stabilizzata, rendendo possibile il suo utilizzo come un
normale disinfettante pronto all’uso. Nell’ultimo decennio (2015–2025), l’impiego dell’AOS per la sanificazione di superfici ospedaliere è stato oggetto di crescente interesse scientifico. In Europa, l’ozono generato in situ è stato formalmente approvato ( Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 5 giugno 2023 - Regolamento di Esecuzione (UE) 2023/1078 della Commissione ) come principio attivo ai fini del suo uso nei biocidi per i TP 2, 4, 5 e 11 a norma del regolamento (UE) n. 528/2012. Questo articolo espone una sintesi aggiornata delle evidenze scientifiche disponibili sull’efficacia dell’AOS nella sanificazione e disinfezione ambientale ospedaliera, mettendo in luce risultati microbiologici, parametri operativi e indicazioni pratiche emerse dalla letteratura scientifica e dalle linee guida ufficiali.
ESAME DELLA LETTERATURA
TECNICO – SCIENTIFICA: EFFICACIA
BATTERICIDA E FUNGICIDA
Gli studi finora pubblicati confermano che l’AOS ha una spiccata attività battericida e fungicida su un’ampia gamma di patogeni, includendo sia batteri Gram-positivi (es. Staphylococcus aureus, Enterococcus faecalis) sia Gram-negativi (es. Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa), oltre a lieviti e funghi filamentosi. In test in vitro è stato osservato che l’AOS è in grado di ridurre la carica batterica di 5 log_10 o più (≥99,999% di abbattimento) in tempi brevi. Ad esempio, S. aureus ed E. coli in forma planctonica risultano completamente inattivati da acqua ozonizzata a pochi mg/L di ozono in meno di 1 minuto. Una caratteristica è l’efficacia anche contro forme microbiche resistenti: studi riportano che concentrazioni moderate di ozono in acqua (0,5–1,5 mg/L) inattivano in modo significativo anche spore batteriche come Bacillus subtilis e funghi come Candida albicans su superfici d’acciaio, ottenendo risultati paragonabili a quelli di ipoclorito di sodio a concentrazioni ben più elevate (50–150 mg/L di cloro attivo) [^2]. In queste prove, C. albicans è risultata il microrganismo più facilmente eliminabile, mentre le spore di B. subtilis hanno mostrato maggiore resistenza. Come è noto un parametro utile per confrontare i disinfettanti è il parametro C×T (concentrazione × tempo di contatto) necessario per ottenere un certo livello di inattivazione.
Da prove comparative ozono vs cloro risulta che l’AOS richiede un C×T inferiore rispetto all’ipoclorito di sodio per raggiungere lo stesso effetto microbicida.
Alcuni autori hanno dimostrato che il rapporto tra i C×T di ipoclorito e AOS per ridurre del 50% la popolazione microbica è risultato dell’ordine di 100:1 a 230:1 a favore dell’ozono – cioè, a parità di abbattimento, l’acqua ozonizzata necessita di concentrazioni/tempi di contatto circa 100–230 volte inferiori rispetto all’ipoclorito. Questo dato evidenzia la maggiore azione disinfettante dell’ozono in acqua rispetto ai disinfettanti al cloro tradizionali. Conferme della rapidità d’azione dell’ozono provengono anche da studi in sospensione: ad esempio, per ottenere il 99% di inattivazione di certi virus enterici e parassiti (come Giardia), è stato riportato che occorre un C×T dell’ordine di 0,5 mg·min/L per l’ozono, a fronte di ~37 mg·min/L richiesti per il cloro.
ESAME DELLA LETTERATURA TECNICO – SCIENTIFICA: EFFICACIA VIRUCIDA
L’ozono in soluzione acquosa si è dimostrato efficace anche nell’inattivazione di virus. Durante l’emergenza COVID-19 è stato studiato l’utilizzo dell’acqua ozonizzata per la disinfezione di superfici contaminate dal coronavirus SARS-CoV-2. Uno studio giapponese pubblicato nel 2025 sul Journal of Hospital Infection ha valutato il potere virucida dell’AOS sul SARS-CoV-2 in presenza di sostanze organiche derivate dalla saliva. I risultati ottenuti indicano che l’acqua ozonizzata inattiva rapidamente il SARS-CoV-2 (entro ~30 secondi di contatto) quando applicata su superfici pulite.
L’ozono, a differenza di molti disinfettanti chimici, mantiene attività anche contro virus privi di involucro (notoriamente più resistenti): studi in ambito idrico hanno evidenziato una efficace inattivazione di virus enterici non-enveloped (es. poliovirus, adenovirus), grazie alla capacità di ossidare proteine capsidiche e acidi nucleici virali determinandone la perdita di infettività.
ESAME DELLA LETTERATURA
TECNICO – SCIENTIFICA: EFFETTO SU BIOFILM MICROBICI
I biofilm rappresentano una sfida particolare nella sanificazione ospedaliera, poiché i microrganismi inglobati in una matrice polimerica autoprodotta risultano molto più resistenti ai disinfettanti rispetto alle forme planctoniche. Diversi studi hanno esplorato la capacità dell’ozono, sia gassoso che in acqua, di penetrare e distruggere i biofilm su superfici e dispositivi medici.
L’acqua ozonizzata, grazie all’azione combinata chimica (ozono ossidante) e meccanica (flusso d’acqua), ha dimostrato un buon potenziale anti-biofilm
In uno studio pionieristico, Bialoszewski et al. (2011) hanno dimostrato che acqua ozonizzata (1–4 mg/L di O_3) riduce drasticamente la vitalità di biofilm di S. aureus e P. aeruginosa coltivati in vitro su superfici polimeriche. In particolare, i biofilm di Staphylococcus aureus sono risultati estremamente sensibili: esposizioni brevissime (30 secondi) ad AOS hanno eliminato virtualmente tutte le cellule.
Al contrario, i biofilm di P. aeruginosa si sono rivelati più resistenti: sebbene l’ozono in acqua riduca significativamente la carica anche in questo caso, esposizioni di 4 minuti non hanno sempre inattivato completamente i biofilm di P. aeruginosa, soprattutto per ceppi “mucoidi” ad alta produzione di polisaccaridi.
Ciò è attribuibile alla natura della matrice di P. aeruginosa, ricca di alginati viscosi che possono ostacolare la penetrazione dell’ozono, richiedendo eventualmente concentrazioni maggiori o tempi più lunghi per un effetto biocida totale
In sintesi, l’acqua ozonizzata stabilizzata si è dimostrata molto efficace nel disgregare i biofilm e nell’inattivare i microrganismi al loro interno, sebbene l’entità dell’effetto vari con il tipo di microrganismo e la struttura del biofilm. Biofilm di stafilococchi (Gram+) risultano facilmente eliminabili dall’ozono (anche in brevi esposizioni), mentre biofilm mucosi di pseudomonadi (Gram–) richiedono tempi più prolungati o applicazioni dinamiche per ottenere l’eradicazione completa. In ogni caso, l’AOS si propone come uno strumento utile per affrontare le contaminazioni persistenti su superfici e dispositivi medici, complementare alle consuete procedure di pulizia meccanica e disinfezione.
ESAME DELLA LETTERATURA
TECNICO – SCIENTIFICA:
APPLICAZIONI NEGLI AMBIENTI
OSPEDALIERI
L’utilizzo dell’AOS è stato esplorato in vari contesti ospedalieri, con l’obiettivo sia di migliorare l’igiene ambientale sia di ridurre l’uso di disinfettanti chimici tradizionali (e i relativi problemi impatto ambientale e sicurezza sul lavoro). Di seguito si illustrano alcune applicazioni pratiche principali:
■ Sale operatorie: In queste aree critiche, la disinfezione ambientale tra un intervento e l’altro è essenziale.
L’AOS è stata testata per la sanificazione di pavimenti, tavoli operatori e altre superfici ad alto rischio. De Oliveira e Coll. in uno studio effettuato in un blocco operatorio hanno dimostrato che l’uso di AOS dopo la pulizia abbassa la contaminazione microbica residua a livelli inferiori rispetto all’alcol 70%. Questo risultato è attribuibile al duplice effetto dell’acqua ozonizzata, che disinfetta e deterge allo stesso tempo: l’ozono ossida e rimuove anche residui organici e biofilm invisibili, cosa che l’alcol non può fare (anzi tende a fissare le proteine sul substrato). Di conseguenza, le superfici trattate con AOS risultano più pulite e prive di microrganismi vitali residui.
■ Ciò suggerisce che l’AOS possa essere impiegata come fase finale di disinfezione delle superfici tra interventi chirurgici. Un ulteriore vantaggio riportato è l’assenza di odori sgradevoli o residui scivolosi infatti l’acqua ozonizzata evapora lasciando solo ossigeno e acqua, senza residui.
■ Aree di triage e pronto soccorso: Come è noto questi ambienti si caratterizzano per un flusso elevato di pazienti, con superfici (barelle, letti, sedie, strumenti) frequentemente contaminate da liquidi organici. L’AOS è stata sperimentata per la rapida sanificazione di barelle e sedute tra un paziente e l’altro, si lascia agire per pochi minuti e asciugare all’aria, senza bisogno di risciacquo, ottenendo così un turnover più veloce e sicuro di queste attrezzature. In pratica, in pronto soccorso l’AOS può essere utilizzato come sanificante dopo la rimozione di materiale organico visibile.
■ Reparti di degenza ordinaria: l’impiego dell’AOS è stato valutato per le pulizie giornaliere e periodiche di stanze e aree comuni, nell’ottica di programmi di “green cleaning”. Ad esempio, alcune strutture hanno introdotto sistemi a ozono stabilizzato per la pulizia routinaria dei pavimenti e delle superfici, ottenendo una drastica riduzione nell’uso di detergenti chimici tradizionali. In due ospedali canadesi, l’implementazione dell’AOS nelle pulizie ordinarie ha portato a diminuire di ~90% il consumo di detergenti per pavimenti e vetri, con conseguenti risparmi economici e logistici
■ Dal punto di vista microbiologico l’utilizzo quotidiano di AOS può contribuire a mantenere bassa la carica microbica ambientale, riducendo la circolazione di patogeni opportunisti.
■ Ambulatori e studi medici: In ambito ambulatoriale (es. studi odontoiatrici, ambulatori di fisioterapia, ambulatori medici di base), l’AOS è stata proposta per la sanificazione rapida di superfici e piccoli strumen-
ti non critici tra un paziente e l’altro. Ad esempio, in odontoiatria l’acqua ozonizzata è studiata da tempo per la disinfezione delle unità operative (riuniti) e persino per irrigazioni intraorali in parodontologia, grazie alla sua attività antimicrobica combinata all’assenza di residui sgradevoli. Negli studi medici, l’AOS può sostituire spray alcolici per disinfettare lettini e maniglie dopo ogni visita.
In generale, le esperienze operative finora riportate indicano esiti positivi in termini di efficacia e accettazione dell’AOS. In sintesi, l’AOS soddisfa gli stringenti criteri di performance richiesti a un disinfettante ospedaliero sul piano dell’efficacia: diversi studi mostrano come siano raggiungibili abbattimenti ≥5 log_10 di batteri e ≥4 log_10 di virus in condizioni sperimentali controllate. Tali risultati sperimentali supportano il potenziale dell’AOS come valida alternativa ai disinfettanti chimici tradizionali, almeno in termini di potere biocida intrinseco.
È da segnalare che in alcuni ospedali sono state implementate macchine lava-pavimenti a ozono stabilizzato nelle sale chirurgiche, con il beneficio aggiuntivo di una maggiore conservazione dei materiali: l’ozono infatti non è corrosivo per pavimenti in PVC o linoleum alle concentrazioni d’uso, al contrario di alcuni detergenti chimici aggressivi che a lungo andare degradano i rivestimenti.
ESAME DI RECENTI REPORT: EFFICACIA BATTERICIDA, FUNGICIDA, VIRUCIDA E SPORICIDA IN BASE ALLE NORME TECNICHE EUROPEE
Nel 2024 sono state eseguite dall’ istituto spagnolo Inoqua, impiegando acqua ozonizzata stabilizzata prodotta da tecnologie di nuova generazione, prove sperimentali che hanno valutato la sua attività battericida, fungicida, virucida e sporicida in base alle norme tecniche europee ( vedi documenti di indirizzo tecnico- normativo pubblicati dall’INAIL nel periodo 2020 – 2024) per verificare quanto indicato dalla vigente legislazione di settore.
I risultati hanno dimostrato la completa conformità alle norme tecniche per l’area medica EN 13727, EN 13624, EN 14476, EN 16777, inerenti l’attività battericida, fungicida e virucida.
Recenti prove hanno confermato la conformità alle sopra indicate norme europee evidenziando anche attività sporicida in conformità alla EN 17126
CONSIDERAZIONI FINALI
E PROSPETTIVE
Dalla revisione dei dati osservati negli studi pubblicati emerge che l’acqua ozonizzata stabilizzata rappresenta una tecnologia di sanificazione e disinfezione ambientale con solide basi di efficacia. I meccanismi d’azione dell’ozono – ossidazione di componenti cellulari chiave e generazione di radicali liberi – si traducono in un’attività microbicida ad ampio spettro e ad alta rapidità. Sul piano dei risultati, l’AOS è in grado di soddisfare i rigorosi criteri di performance richiesti a un disinfettante ospedaliero (≥5 log_10 di riduzione batterica, ≥4 log_10 virucida) in condizioni di laboratorio. In confronti diretti con disinfettanti di uso comune (come ipoclorito e alcol), l’AOS ha dimostrato efficacia pari o superiore nel ridurre la contaminazione microbica su superfici, con l’ulteriore valore aggiunto di contribuire alla rimozione fisica dello sporco e di non lasciare residui chimici nocivi. Questi risultati supportano l’idea che l’ozono acquoso possa integrarsi nei protocolli di igiene ambientale ospedaliera. Un aspetto cruciale evidenziato è il ruolo della materia organica nel modulare l’efficacia dell’AOS. Lo studio sul SARS-CoV-2 già discusso lo illustra bene: la presenza di saliva (mucine, enzimi) riduce significativamente l’effetto virucida dell’ozono. In tale studio sembrerebbe che l’AOS debba essere impiegata preferibilmente dopo una pulizia preliminare; l’approccio in due fasi (detersione + disinfezione) come sempre rimane valido e necessario. Nella pratica ospedaliera questa non è una novità, poiché tutte le linee guida raccomandano di pulire prima di disinfettare. Per quanto riguarda la compatibilità con i materiali, l’AOS risulta in generale priva di effetti corrosivi sulla maggior parte delle superfici ospedaliere. Metalli come acciaio inox, leghe di alluminio anodizzato e rame non mostrano corrosione significativa dopo esposizioni brevi ad ozono a pH neutro; questo a differenza di disinfettanti come l’ipoclorito, che corrode i metalli, o di prodotti molto acidi/alcalini che possono macchiare. Le plastiche di rivestimenti, apparecchiature e pavimenti non subiscono danni alle concentrazioni d’uso dell’ozono; restano poche incognite su materiali particolarmente sensibili all’ossidazione (es. alcune gomme o tessuti naturali). In tali casi gli esperti consigliano di testare la soluzione AOS su una piccola area nascosta se vi sono dubbi, ma in generale l’ozono alle concentrazioni d’uso ospedaliere ha mostrato un’ottima compatibilità con tutte le superfici più comuni. Dal punto di vista orga-
nizzativo, l’adozione dell’AOS richiede un investimento iniziale abbastanza modesto in apparecchiature (generatori, sistemi di erogazione) e un’adeguata formazione del personale sull’uso corretto. In compenso, porta a una semplificazione della gestione dei prodotti chimici: alcuni ospedali che hanno implementato la tecnologia riferiscono di aver ridotto il numero di differenti prodotti detergenti/disinfettanti da acquistare, stoccare e smaltire. Ciò si traduce in meno rifiuti chimici (meno taniche di plastica, meno residui di sostanze chimiche nelle acque reflue) e rientra nelle strategie di sanità sostenibile (“ospedale verde”). In una prospettiva futura, l’AOS potrebbe diventare un impiego significativo nelle pratiche di igiene ambientale in sanità. Verosimilmente, potrebbe sostituire l’uso quotidiano di molti disinfettanti di medio livello (pulizia giornaliera di stanze, disinfezione di superfici non critiche), grazie alla sua efficacia e maneggevolezza, lasciando ai disinfettanti chimici tradizionali gli impieghi non eseguibili mediante acqua ozonizzata.
CONCLUSIONI
L’acqua ozonizzata stabilizzata (AOS) si configura come una soluzione innovativa e promettente per la sanificazione e la disinfezione delle superfici in ambito ospedaliero, caratterizzata da un elevato profilo di efficacia e da numerosi vantaggi operativi. La revisione delle evidenze degli ultimi anni ed i recenti report effettuati utilizzando acqua ozonizzata prodotta da tecnologie di ultima generazione mostra che l’AOS possiede un’ampia attività biocida nei confronti di batteri, virus e funghi, inclusi patogeni nosocomiali multiresistenti, nonché in determinate condizioni un’interessante attività sporicida. Il principale elemento distintivo dell’AOS è infatti la mancanza di residui tossici sulle superfici trattate: dopo l’uso rimangono solo ossigeno e acqua, caratteristica che migliora la compatibilità sia con ambienti sensibili (terapie intensive, neonatologia, reparti con pazienti allergici) sia con i materiali medicali delicati. Inoltre, l’adozione dell’AOS si allinea con le strategie di sostenibilità ambientale, riducendo la dipendenza da disinfettanti chimici tradizionali che hanno un importante e significativo impatto ecologico. In conclusione, l’acqua ozonizzata stabilizzata offre un approccio efficace, sicuro ed eco-compatibile per la disinfezione ospedaliera. Gli studi disponibili ne confermano il potenziale e ne delineano gli ambiti di applicazione ottimali (su superfici ad ampio raggio
non macroscopicamente contaminate da materiale organico, per una decontaminazione rapida tra pazienti, interventi mirati su biofilm resistenti).
Tuttavia è ancora necessario, prima di una diffusione capillare dell’AOS in ambito sanitario come disinfettante, effettuare ulteriori ricerche ad esempio effettuando studi clinici controllati sull’impatto dell’introduzione dell’AOS nei reparti in termini di riduzione delle infezioni correlate all’assistenza, nel frattempo, gli ospedali interessati all’innovazione potrebbero eseguire delle esperienze con l’AOS su aspetti prontamente valutabili. Se ben implementata e integrata con le procedure esistenti, l’AOS potrebbe diventare un tassello importante dei programmi di prevenzione delle infezioni, arricchendo i protocolli di igiene di un’opzione efficace, sostenibile e orientata alla sicurezza per l’ospedale moderno.
BIBLIOGRAFIA
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2. Romanovski V., Paspelau A., Kamarou M., Likhavitski V., et al. Comparative analysis of the disinfection efficiency of steel and polymer surfaces with aqueous solutions of ozone and sodium hypochlorite. Water. 2024; 16(5): 793. DOI: 10.3390/ w16050793. (Studio sperimentale open-access che confronta l’efficacia disinfettante di soluzioni acquose di ozono vs ipoclorito su superfici in acciaio e materiale polimerico; include l’analisi quantitativa dei parametri C×T necessari per l’inattivazione di vari microrganismi, evidenziando l’ozono come 100–230 volte più efficiente del cloro a parità di effetto biocida.)
3. de Oliveira C.R., de Oliveira Carvalho M.C., Schmitz G.V., Almeida T.S.B., et al. Ozonated water in disinfection of hospital instrument table. Research on Biomedical Engineering. 2023; 39(2): 329–334. DOI: 10.1007/s42600-023-00272-0. (Studio condotto in ambito chirurgico che confronta l’efficacia della disinfezione di un tavolo operatorio con acqua ozonizzata stabilizzata rispetto al tradizionale alcol etilico 70%; la contaminazione residua viene misurata con bioluminescenza
ATP, mostrando livelli significativamente più bassi dopo trattamento con AOS. L’articolo evidenzia il contributo dell’azione detergente dell’ozono nel rimuovere residui organici invisibili.)
4. Yasugi M., Gunji K., Inagaki K., Kuroda M., Ii C., et al. Disinfection effect of ozonated water on SARS-CoV-2 in the presence of salivary proteins. Journal of Hospital Infection. 2025; 155(1): 209–215. DOI: 10.1016/j.jhin.2024.11.005. (Studio sperimentale che valuta l’attività virucida dell’acqua ozonizzata sul coronavirus SARS-CoV-2, esaminando in particolare l’influenza di componenti organiche salivari (amilasi, mucina) sull’efficacia. Risultati: ozono acquoso inattiva rapidamente SARS-CoV-2 in condizioni pulite, ma proteine salivari degradano l’ozono attenuandone l’effetto; concentrazioni iniziali maggiori di ozono (es. 1,5 vs 0,5 mg/L) migliorano l’inattivazione virale in presenza di organico.)
5. Bialoszewski D., Pietruczuk-Padzik A., Kalicińska A., et al. Activity of ozonated water and ozone against Staphylococcus aureus and Pseudomonas aeruginosa biofilms. Medical Science Monitor. 2011; 17(11): BR339–344. DOI: 10.12659/ MSM.882044. (Ricerca pionieristica sugli effetti dell’ozono, sia in forma acquosa che gassosa, contro biofilm batterici. Dimostra che acqua ozonizzata fresca (1–4 mg/L) può uccidere in tempi brevissimi i biofilm di S. aureus (riduzione ai livelli di fondo dopo 30 secondi di esposizione) e ridurre significativamente quelli di P. aeruginosa (anche se alcuni ceppi mucoidi richiedono esposizioni più lunghe e non vengono completamente eradicati). Viene anche riportato che ozono gassoso ha un effetto più debole sui biofilm rispetto all’ozono in soluzione.)
6. Santos T.M., Lopes M.E.T., de Alencar E.R., Silva M.V.A., Machado S.G., et al. Ozonized water as a promising strategy to remove biofilm formed by Pseudomonas spp. on polyethylene and polystyrene surfaces. Biofouling. 2025; 41(2): 144–156. DOI: 10.1080/08927014.2024.2444387. (Studio recente che conferma l’efficacia dell’acqua ozonizzata nel rimuovere biofilm di Pseudomonas da superfici plastiche, con risultati consistenti utilizzando diverse fonti di acqua ozonizzata. Mostra che l’applicazione in condizioni dinamiche (flusso) ottiene riduzioni maggiori (~2,3 log) rispetto a condizioni statiche (~1 log), evidenziando come il flusso favorisca la penetrazione dell’ozono nel biofilm. Contesto applicativo nel settore alimentare, ma risultati trasferibili al settore sanitario per biofilm su superfici inerti.)
7. Istituto Superiore di Sanità (ISS), Gruppo ISS–INAIL. Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: ambienti/superfici. Rapporto ISS COVID-19 n.12/2021 (aggiornamento del Rapporto ISS n.25/2020). Roma: ISS, 20 maggio 2021. (Documento istituzionale italiano che fornisce linee guida sulle varie
tecnologie di sanificazione degli ambienti durante la pandemia COVID-19. Include indicazioni sull’uso dell’ozono sia in ambienti non sanitari che sanitari: l’ozono viene menzionato tra le possibili opzioni di sanificazione, sottolineando però la necessità di operare in assenza di persone e di aerare i locali dopo il trattamento. Il rapporto evidenzia anche la carenza di validazioni standardizzate dell’ozono come disinfettante di superfici dure e raccomanda prudenza nel suo impiego in contesti critici.)
8. Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Guideline for Disinfection and Sterilization in Healthcare Facilities (Rutala W.A. & Weber D.J.). Atlanta, GA: CDC, 2008 (ultimo aggiornamento: 2019). (Linea guida di riferimento internazionale per la disinfezione e sterilizzazione in ambito sanitario. Fornisce raccomandazioni evidence-based sulle pratiche di pulizia e disinfezione ambientale. Contiene anche note sull’uso storico dell’ozono – ad esempio nella disinfezione delle acque – e menziona applicazioni sperimentali dell’ozono in ambito sanitario. Sottolinea l’importanza della pulizia preliminare delle superfici e fornisce i criteri di efficacia richiesti ai disinfettanti ospedalieri, che costituiscono il benchmark rispetto al quale valutare nuove tecnologie come l’AOS.)
9. INAIL “Misure di sicurezza per gli agenti infettivi del gruppo 3 nelle attività sanitarie”ottobre 2020 https://www.inail.it/ cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/ pubbl-misure-sicurezza-agenti-infettivi-gruppo-3.html
10. INAIL “La disinfezione ambientale e di superfici diversificate come misura di sicurezza nelle strutture sanitarie ed in quelle ad esse assimilabili “(nov.2022) https://www.inail.it/ cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/ pubbl-disinfezione-amb-superficidiversstr-sanitarie.html
11. INAIL “La disinfezione di dispositivi ed impianti come misura di sicurezza negli ambienti sanitari ed in quelli ad essi assimilabili “ (dicembre2022) https://www.inail.it/cs/internet/ comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale.html
12. INAIL “Misure di sicurezza per le infezioni nelle aree critiche in sanità: tecnologie avanzate per l’impiego continuo di dpi e di disinfezione di nuova concezione “ (dicembre 2024) https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/ catalogo-generale.html
13. Inoqua Instituto “Caractérisation de la composition de l’eau ozonisée - Réalisation d’essais une-en pour certifier la capacité bactéricide, fongicide/levuricide et virucide de l’eau ozonisée générée à l’aide de l’équipement EOS7211-BX/ WS1200X “ (febbraio – marzo 2024)
14. M. Clementi “Valutazione dell’attività battericida, virucida e sporicida in sospensione di acqua ozonizzata (O3) prodotta in situ mediante l’apparecchiatura EOS7211-BX /WS1200X “ (agosto 2024)
Formazione e aggiornamento in tema di vaccinazione degli operatori sanitari
Riassunto
La prevenzione vaccinale in ambito sanitario e sociosanitario è oggi considerata un pilastro imprescindibile della gestione del rischio (infettivo e clinico) per la tutela della salute pubblica ed individuale, il cui successo dipende in larga misura dall’adesione consapevole e informata degli operatori sanitari stessi. Per raggiungere tale obiettivo è necessario sensibilizzare gli operatori sanitari sulla formazione continua e sull’aggiornamento continuo in materia vaccinale. Sia per gli studenti che per i professionisti della salute che già lavorano sarebbe ottimale prevedere un programma standard di formazione in materia vaccinale e implementare metodologie innovative di formazione, tra cui la peer education, l’uso di strumenti digitali e le strategie di taglio comportamentale basate sulle scienze psicologiche. La formazione del personale migliora la fiducia e le capacità comunicative per combattere l’incomprensione del pubblico e incoraggiare le vaccinazioni. La leadership sanitaria gioca un ruolo cruciale nel plasmare il contesto in cui avviene la comunicazione e nel dare l’esempio. In particolare, i medici di Direzione Sanitaria di Presidio, specialisti in Igiene e Medicina preventiva, in Ospedale dovrebbero assumere una posizione di guida nel promuovere attivamente le vaccinazioni. All’interno delle organizzazioni sanitarie, i medici della Direzione Sanitaria di Presidio Ospedaliero (DSPO) rivestono una posizione chiave per la pianificazione e l’implementazione delle strategie vaccinali rivolte al personale, sia in termini di conoscenza che di competenza. Un ruolo fondamentale dei medici di DSPO è anche quello di facilitatori e formatori. Inoltre, la DSPO è - nell’organigramma aziendale - in posizione ideale per favorire la collaborazione interdisciplinare. I medici di DSPO, grazie alla consapevolezza di visione d’insieme dell’ospedale, sono capaci di cambiare prospettiva , adeguarsi al cambiamento e trasformarsi. L’ANMDO (Associazione Nazionale dei Medici di Direzione Ospedaliera), per quanto attiene al suo mandato istituzionale e come previsto dal suo scopo descritto nello statuto fondante, fornisce un importante supporto a livello sia scientifico sia istituzionale in materia vaccinale. In tal senso, l’ANMDO promuove incontri nazionali su “L’ospedale che vaccina”, nei quali i medici di DSPO si confrontano su esperienze di successo e criticità, facilitando la diffusione capillare delle strategie più efficaci e promuovendo l’implementazione di buone pratiche. La strategia per il futuro delle vaccinazioni in ospedale? Aggiornamento continuo, innovazione metodologica, comunicazione efficace e governance illuminata della Direzione Sanitaria di Presidio Ospedaliero.
PAROLE CHIAVE:
prevenzione, vaccinazione.
Dott.ssa Arianna Vitale
Dirigente Medico S.C. Direzione Sanitaria di Presidio
Ospedaliero - A.O. Ordine Mauriziano di Torino
INTRODUZIONE - IL RUOLO STRATEGICO DELLA PREVENZIONE VACCINALE IN AMBITO SANITARIO E SOCIOSANITARIO
La vaccinazione è riconosciuta come uno degli interventi di prevenzione più efficaci e sicuri nella storia della medicina. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i vaccini proteggono da oltre 30 malattie potenzialmente letali e hanno salvato oltre 150 milioni di vite negli ultimi cinquant’anni, contribuendo in modo determinante al miglioramento della sopravvivenza a livello globale. 1In ambito sanitario, la prevenzione vaccinale assume un valore strategico duplice: da un lato tutela la salute degli operatori sanitari, che per la natura del loro lavoro sono esposti a un rischio maggiore di contrarre infezioni; dall’altro lato protegge i pazienti fragili e l’intera comunità ospedaliera, riducendo la possibilità che gli operatori possano trasmettere agenti di malattie prevenibili con i vaccini. Vaccinare il personale sanitario significa quindi agire contemporaneamente sulla sicurezza del lavoratore del paziente e del caregiver, prevenendo focolai nosocomiali di infezioni correlate all’assistenza e migliorando la qualità delle cure.
Sulla base del PNPV 2023-2025 vale soprattutto per vaccinazioni raccomandate come l’antinfluenzale, l’anti-epatite B, l’anti-morbillo-parotiterosolia(per operatori suscettibili), antipertosse, antivaricella (per operatori suscettibili e/o a contatto con neonati, bambini, donne gravide, pazienti immunodepressi) e, più recentemente, l’anti-COVID-19. Oltre alle raccomandazioni, in alcuni contesti sono state introdotte normative
che richiedono al datore di lavoro di garantire l’offerta attiva delle vaccinazioni e di documentare l’attuazione delle misure di profilassi vaccinale tra il personale. Questo orientamento risponde anche a obblighi di sicurezza delle cure: garantire che medici, infermieri e professionisti sanitari siano immunizzati rientra nelle strategie per prevenire infezioni correlate all’assistenza e tutelare il diritto del paziente a un ambiente di cura sicuro. La prevenzione vaccinale in ambito sanitario è oggi considerata un pilastro imprescindibile della gestione del rischio (infettivo e clinico) e della tutela della salute pubblica ed individuale, il cui successo dipende in larga misura dall’adesione consapevole e informata degli operatori sanitari stessi. Per raggiungere tale obiettivo è necessario sensibilizzare gli operatori sanitari sulla tramite la formazione continua e l’aggiornamento continuo in materia vaccinale, evidenziando il ruolo strategico della prevenzione da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
CONTENUTI FONDAMENTALI DELLA FORMAZIONE VACCINALE PER GLI OPERATORI
Per poter svolgere efficacemente il proprio ruolo di promotori e attuatori delle vaccinazioni, gli operatori sanitari devono possedere solide conoscenze di base in vaccinologia e un costante aggiornamento sugli sviluppi scientifici e normativi. Le vaccinazioni sono un tema di formazione nei corsi di laurea universitari di medicina e chirurgia e di tutte le professioni sanitarie. I programmi formativi di aggiornamento continuo (reskilling, upskilling) rivolti a medici, infermieri e professionisti sanitari in tema di vaccinazioni sono altrettanto fondamentali per garantire conoscenza, preparazione e competenza degli operatori sanitari.
Sia per gli studenti che per i professionisti della salute che già lavorano sarebbe ottimale prevedere un programma standard di formazione in materia vaccinale che includa alcune tematiche relative alle vaccinazioni, quali:
■ la definizione della vaccinoprofilassi
■ la valutazione dei vaccini in termini di sicurezza, immunogenicità, effetti collaterali, controindicazioni e la relativa sorveglianza
■ le modalità di preparazione, allestimento e classificazione dei vaccini.
Infatti è essenziale comprendere le basi immunologiche delle vaccinazioni: i meccanismi di risposta immunitaria, il funzionamento dei vaccini e come essi inducono protezione individuale e di comunità. Su queste premesse si innesta la classificazione dei vaccini (vivi attenuati, inattivati, subunità, mRNA, ecc.) con la loro composizione, modalità di conservazione e somministrazione, nonché le fasi di sviluppo, produzione e approvazione che ne garantiscono qualità, efficacia e sicurezza.
La formazione vaccinale deve inoltre comprendere gli aspetti di sicurezza vaccinale e farmacovigilanza. È importante che gli operatori siano aggiornati sui sistemi di sorveglianza degli eventi avversi a vaccino e sappiano comunicare in modo equilibrato il profilo di sicurezza, spiegando ai pazienti che i benefici superano ampiamente i rischi, senza minimizzare ma contestualizzando effetti collaterali e rare complicanze.
Devono essere trattate le procedure di segnalazione di eventuali eventi avversi e le responsabilità professionali connesse alla pratica vaccinale, inclusi gli aspetti medico-legali come il consenso informato e la documentazione delle vaccinazioni eseguite.
Altri elementi fondamentali del programma di formazione sono:
■ gli obiettivi di un programma di vaccinazione
■ le strategie vaccinali e il rispettivo razionale
■ il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV)
■ il calendario nazionale vaccinale
■ le categorie a rischio
■ le vaccinazioni in gravidanza ed in età fertile. Il PNPV 2023-25, il Calendario Vaccinale per la vita 2025, il Rapporto Vaccini AIFA rappresentano riferimenti formativi fondamentali. Gli operatori devono conoscere il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale e le indicazioni specifiche per:
■ le vaccinazioni per età
■ soggetti a rischio per esposizione professionale
■ soggetti s rischio per determinanti comportamenti o condizioni
■ soggetti a rischio per esposizione professionale
Considerando che in un mondo sempre più globalizzato, i viaggi internazionali sono frequenti per motivi di lavoro o studio, oltre che per periodi di vacanze, è molto importante ricordare anche la tematica delle vaccinazioni nei viaggi internazionali, verso destinazioni a rischio.
IMMUNITÀ DI GREGGE (HERD IMMUNITY) E VALORE COLLETTIVO DELLA VACCINAZIONE
Un concetto cardine da trasmettere e comprendere nella formazione vaccinale è quello di immunità di gregge (herd immunity). Questo fenomeno si verifica quando una quota sufficientemente ampia di popolazione è immune a una certa malattia infettiva (per effetto della vaccinazione o di una precedente infezione), tale da interrompere la circolazione dell’agente patogeno. In altre parole, il patogeno non trova più soggetti suscettibili in numero sufficiente per sostenere un contagio diffuso, e persino gli individui non immuni risultano indirettamente protetti dalla “barriera” creata dagli immuni. Il valore collettivo della vaccinazione risiede dunque nella capacità di proteggere non solo il singolo vaccinato, ma anche la comunità nel suo complesso, inclusi coloro che non possono essere vaccinati direttamente per molteplici motivazioni cliniche. Nel contesto sanitario, l’immunità di gregge assume un significato particolarmente rilevante. Gli ospedali e le strutture di cura accolgono molti pazienti fragili, immunodepressi o con patologie croniche, più suscettibili a complicanze in caso di infezione. Assicurare che il personale sanitario abbia una copertura vaccinale elevata crea un ambiente protetto in cui la probabilità che un agente infettivo entri e si diffonda è drasticamente ridotta. Gli studi indicano soglie minime di copertura differenti a seconda della malattia per ottenere l’immunità di gregge. Questi obiettivi diventano standard da perseguire anche tra gli operatori sanitari, come parte integrante delle strategie di controllo delle infezioni. L’immunità di gregge è un “bene fragile”, che richiede uno sforzo costante per essere mantenuto. In presenza di diminuzione dei tassi di coperture vaccinali, il fenomeno può rapidamente invertirsi e consentire di nuovo la circolazione di malattie precedentemente sotto controllo. Ecco perché è fondamentale promuovere la vaccinazione come atto di responsabilità sociale: ogni operatore sanitario che si vaccina non solo protegge se stesso, ma contribuisce a proteggere i colleghi e soprattutto i pazienti più vulnerabili. La consapevolezza di questo valore collettivo deve far parte del bagaglio culturale di ogni professionista della salute, alimentando la motivazione a mantenere aggiornato il proprio status vaccinale. L’immunità di gregge evidenzia come la vaccinazione sia un in-
tervento altruistico oltre che individuale: in ambito sanitario, aderire ai programmi vaccinali significa rafforzare quella rete di sicurezza comunitaria che permette di salvaguardare la salute pubblica dentro e fuori l’ospedale.
ESITAZIONE VACCINALE E STRATEGIE PER CONTRASTARLA
Nonostante l’efficacia e la sicurezza dei vaccini siano ampiamente dimostrate, negli ultimi anni è emerso il fenomeno dell’esitazione vaccinale (vaccine hesitancy), definito come il ritardo nell’adesione o il rifiuto dei vaccini, nonostante la disponibilità degli stessi. Si tratta di un fenomeno complesso e multifattoriale, che può coinvolgere anche gli operatori sanitari sia come cittadini (nella loro scelta di vaccinarsi) sia come professionisti (nel consigliare o meno i vaccini ai pazienti). Le cause dell’esitazione vaccinale sono molteplici: indecisione, incertezza, ritardo, riluttanza, scetticismo nei confronti delle vaccinazioni, facilità con cui chiunque può reperire informazioni contrastanti su internet. Sicuramente giocano un ruolo chiave sull’esitazione vaccinale anche diversi determinanti quali il periodo storico in cui viviamo, l’area geografica di provenienza e la relativa situazione politica. Il fenomeno è così rilevante che -dal 2012- è attivo a livello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità un gruppo di lavoro specifico sul tema denominato Strategic Advisory Group of Experts (Sage) on Immunization. L’attività di questo gruppo si è focalizzata per comprendere i determinanti della Vaccine Hesitancy, evidenziando gli aspetti organizzativi che facilitano l’adesione e valutando gli strumenti necessari per contrastare questo fenomeno (Vaccine, agosto 2015, “WHO Recommendations Regarding Vaccine Hesitancy”).
A livello nazionale, gli igienisti italiani della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) hanno elaborato un documento definito “Dieci mosse per combattere l’esitazione vaccinale” che comprende azioni quali l’istituzione di un Gruppo di Lavoro nazionale sull’esitazione vaccinale, l’attivazione di un sistema nazionale di monitoraggio/sorveglianza dell’esitazione vaccinale, l’identificazione e la diffusione di strumenti utili a misurare e comprendere l’esitazione vaccinale, l’identificazione, la sperimentazione e la diffusione di buone pratiche locali e nazionali per contrastare l’esitazione vaccina-
le, la formazione diffusa sull’ esitazione vaccinale e sul Risk communication, Community engagement ed Infodemiologia, la programmazione dell’inserimento di interventi efficaci per contrastare l’esitazione vaccinale all’interno degli strumenti di pianificazione sanitaria, la promozione della nascita e della crescita di una comunità di pratica e di ricerca nel campo dell’esitazione vaccinale, le collaborazioni tra Società Scientifiche, la promozione del sapere proveniente dalle Scienze comportamentali. Le determinanti dell’esitazione vaccinale (convinzioni errate, paure) sono da analizzare e comprendere per fornire agli operatori gli strumenti teorici e pratici per affrontarle. Per contrastare l’esitazione vaccinale è necessario un approccio comprensivo e personalizzato. Strategie educative mirate rimangono uno strumento fondamentale: fornire informazioni chiare, aggiornate e scientificamente fondate. Tuttavia, le sole informazioni spesso non bastano a cambiare atteggiamenti radicati: è importante affiancare all’educazione un approccio di ascolto e dialogo. Tecniche di comunicazione empatica, come il counseling motivazionale, permettono di comprendere le ragioni del dubbio in ciascun individuo e di rispondere in modo mirato. Lo sviluppo di competenze comunicative in ambito vaccinale è un elemento sempre più rilevante: agli operatori sanitari si richiede non solo conoscenza tecnica, ma anche la capacità di saperla trasferire correttamente al pubblico e ai pazienti. Pertanto, nei corsi integrati di vaccinologia dovrebbero rientrare moduli sulla comunicazione del rischio, sulle tecniche di counseling vaccinale e su come gestire efficacemente i dubbi e le obiezioni di soggetti esitanti. Un’altra strategia efficace è fare appello al senso etico e deontologico: gli ordini professionali e le direzioni sanitarie possono enfatizzare che vaccinarsi fa parte del dovere di “primum non nocere”, in quanto un operatore non immunizzato potrebbe diventare egli stesso fonte di danno, trasmettendo un’infezione a un paziente fragile. Infine, un ruolo importante è svolto dai leader d’opinione e dai colleghi influenti: vedere figure rispettate (primari, coordinatori, tutor) che aderiscono convintamente alle vaccinazioni e ne parlano in termini positivi crea un effetto emulativo sui più indecisi. In conclusione, per affrontare l’esitazione vaccinale non esiste una soluzione unica: occorre combinare informazione scientifica accessibile, ascolto attivo delle preoccupazioni individuali, interventi organizzativi che facilitino l’accesso al vaccino
e una forte leadership che promuova la fiducia. Gli operatori sanitari, in particolare, vanno coinvolti sia come destinatari di aggiornamento che come protagonisti nel farsi essi stessi ambasciatori della cultura vaccinale presso i pazienti e la popolazione.
LA FORMAZIONE IN TEMA
VACCINALE: LA METODOLOGIA E LE EVIDENZE SCIENTIFICHE
Tradizionalmente la formazione in ambito vaccinale avveniva tramite lezioni frontali, seminari e linee guida cartacee. Negli ultimi anni, però, è emersa la necessità di innovare i metodi formativi per renderli più efficaci nel cambiare non solo le conoscenze, ma anche gli atteggiamenti e i comportamenti degli operatori sanitari riguardo alle vaccinazioni. Diversi studi ed esperienze sul campo hanno evidenziato l’utilità di approcci non convenzionali, tra cui la peer education, l’uso di strumenti digitali e le strategie di taglio comportamentale basate sulle scienze psicologiche. Dalla ricerca su Pubmed (query “VACCINATION” AND “TRAINING” OR “VACCINATION” AND “EDUCATION”), si estraggono articoli di letteratura scientifica che evidenziano l’efficacia di esperienze formative di educazione peer-based per migliorare le convinzioni e i comportamenti in materia di vaccinazione, soprattutto se l’approccio è basato su interventi formativi che associano l’approccio peer-based con il coinvolgimento di health-expert e che sono programmati con follow up a lungo termine e altamente specifici per gruppi disciplinari e professionali differenziati. [Gobbo et al, 2023]
La peer education (educazione tra pari) prevede che siano gli stessi operatori sanitari, opportunamente formati, a farsi promotori di conoscenza e buone pratiche vaccinali presso i loro colleghi. Questo approccio sfrutta il principio secondo cui l’apprendimento risulta più efficace quando avviene in un clima di fiducia e reciprocità: i pari condividono linguaggio, esperienze professionali e spesso dubbi simili. Un esempio applicativo è la metodologia dell’academic detailing, originariamente sviluppata per migliorare l’aderenza alle linee guida cliniche, e adattata al campo vaccinale in alcune realtà ospedaliere. In pratica, si formano approfonditamente piccoli gruppi di operatori “champion” (costituiti da coordinatori infermieristici e medici tutor) sui temi vaccinali; questi, a loro volta, trasferiscono le informazioni ai
colleghi in modo interattivo, con discussioni informali sul luogo di lavoro, materiali sintetici e momenti di confronto personalizzati. La formazione tra pari facilita anche l’emergere di criticità locali – dubbi specifici o resistenze – che possono essere affrontate più agevolmente da un collega di fiducia piuttosto che in un corso tradizionale. Inoltre, i peer educator rappresentano un esempio concreto, vaccinando se stessi e promuovendo attivamente le campagne, il che rafforza un atteggiamento confidente e positivo verso i vaccini all’interno del gruppo professionale. E’ riportato anche in metanalisi e revisioni sistematiche che il comportamento umano e, più specificamente, gli approcci basati su consapevolezza comportamentale per l’adesione ai vaccini sono aspetti spesso trascurati nella formazione a livello aziendale. Gli interventi comportamentali possono migliorare considerevolmente l’adesione al vaccino nella maggior parte dei contesti. Il miglioramento dell’adesione al vaccino è maggiore nei casi in cui sia associata la raccomandazione del medico vaccinatore e la vaccinazione in loco (all’interno dell’ospedale stesso in cui si lavora). [Amyn A Malik et al, 2023]
Una meta-analisi recente, focalizzata sulla vaccinazione anti HPV, dimostra come l’educazione digitale sia stata utile nel migliorare la conoscenza del virus, la predisposizione a vaccinarsi e i tassi di completamento della vaccinazione tra adolescenti e giovani adulti. Pertanto si potrebbero trasferire i risultati di tale meta-analisi, considerando prioritaria nella progettazione degli interventi, anche in ambiente sanitario tra gli operatori, l’implementazione dell’educazione digitale e learner-oriented, evidenziando il ruolo fondamentale dell’educazione personalizzata per i gruppi ad alto rischio (quali appunto gli operatori sanitari) nella progettazione di interventi efficaci.
[Yudisa Diaz Lutfi Sandi et al, 2025]
L’integrazione di strumenti digitali ha ampliato le opportunità di aggiornamento continuo in tema vaccinale. Le piattaforme di formazione a distanza (FAD) e i moduli e-learning permettono di raggiungere un vasto numero di operatori, superando vincoli geografici e logistici. Corsi online accreditati ECM sulle vaccinazioni sono ormai offerti da istituzioni e società scientifiche sanitarie accreditate: questi consentono ai professionisti di aggiornarsi secondo i propri tempi, attraverso video-lezioni, quiz interattivi e materiali multimediali sempre disponibili. L’efficacia della formazione digitale è aumentata da quan-
do i contenuti sono presentati in modo interattivo e stimolante, mediante simulazioni di casi clinici o scenari di counselling vaccinale con pazienti virtuali, in cui l’operatore deve scegliere come rispondere alle obiezioni del paziente e riceve feedback immediato. Un’altra risorsa utile sono le applicazioni mobili (app) e i portali web dedicati oltre agli innovativi software di Intelligenza Artificiale, che forniscono strumenti pratici come calendari vaccinali elettronici, promemoria personalizzati per i richiami, banche dati sempre aggiornate su vaccini e malattie. Questi strumenti supportano l’operatore sanitario a tradurre in pratica le conoscenze acquisite, ad esempio verificando rapidamente le indicazioni di una vaccinazione per uno specifico paziente o segnalando la necessità di un aggiornamento del livello di immunizzazione, proprio o del paziente.
La formazione del personale migliora la fiducia e le capacità comunicative per combattere l’incomprensione del pubblico e incoraggiare le vaccinazioni. Relativamente alla vaccinazione anti-COVID, una revisione sistematica riporta bassi tassi di accettazione della vaccinazione contro il COVID-19 tra alcune fasce di popolazione e persino tra gruppi di operatori sanitari: tale fenomeno è associato a disinformazione attraverso le piattaforme dei social media, a timore di effetti collaterali sconosciuti, a dubbi sull’efficacia e la sicurezza. I tassi di accettazione più elevati della vaccinazione contro il COVID-19 si sono rilevati invece nei gruppi di popolazione che ha ricevuto indicazioni al vaccino sulla base di raccomandazioni da parte di operatori sanitari e da parte di fonti governative autorevoli oltre che al rischio percepito di contrarre il COVID-19. L’esitazione vaccinale tra gli operatori sanitari può influenzare i tassi di vaccinazione, poiché la maggior parte della popolazione li considera una fonte affidabile di informazioni relative ai vaccini. La formazione del personale è quindi molto importante per aumentare la loro sicurezza e le capacità comunicative nel fornire informazioni sulla vaccinazione contro il COVID-19, per contrastare l’incomprensione del pubblico e incoraggiare l’adesione al vaccino. [Tasniah Begum et al, 2024]
Gli approcci comportamentali rappresentano un ulteriore tassello nell’innovazione formativa. Basandosi sui principi della psicologia comportamentale e delle scienze decisionali, mirano a modificare le abitudini e le intenzioni degli operatori, spesso agendo in maniera sottile sui contesti e sui meccanismi deci-
sionali. L’utilizzo di nudges (letteralmente “piccole spinte”, come quando si spinge una biglia lievemente) si traduce in pratica con l’implementazione di interventi che rendono la scelta vaccinale più immediata e naturale: l’ospedale può adottare strategie come la pianificazione di default della vaccinazione antinfluenzale annuale per tutti i dipendenti (lasciando all’operatore l’azione di opt-out se proprio non desidera vaccinarsi), oppure l’invio di promemoria personalizzati (via email o messaggio) all’approssimarsi della stagione influenzale o di campagne specifiche. Questi accorgimenti hanno mostrato di essere efficaci nell’aumentare significativamente i tassi di adesione perché riducono la procrastinazione e “normalizzano” il comportamento desiderato. Un altro approccio di tipo comportamentale è la retroazione sociale: fornire ai reparti dati comparativi sulle coperture vaccinali dei propri operatori rispetto ad altri reparti o alla media aziendale può attivare meccanismi di sana competizione, spingendo i gruppi con tassi più bassi a migliorare per ridurre lo scostamento rispetto alla media. Anche il rinforzo positivo gioca un ruolo importante: diffondere riconoscimenti pubblici (anche simbolici, come attestati o menzioni) ai team ospedalieri che raggiungono alti livelli di copertura vaccinale, o enfatizzare nelle comunicazioni interne i successi ottenuti sono interventi che gratificano e motivano ulteriormente gli operatori.
COMUNICAZIONE, SOCIAL MEDIA E LEADERSHIP SANITARIA
Comunicare efficacemente sul tema delle vaccinazioni è parte integrante delle competenze che gli operatori sanitari devono sviluppare, poiché la fiducia del pubblico nei vaccini dipende in larga misura dai messaggi trasmessi dagli esperti e dalla maniera in cui vengono veicolati. Nell’era dell’informazione digitale, caratterizzata da un flusso continuo di notizie e purtroppo anche di disinformazione, i professionisti della salute sono chiamati a svolgere un duplice ruolo comunicativo: da un lato, devono saper dialogare con i pazienti in modo chiaro ed empatico, dall’altro possono contribuire al dibattito pubblico, incluso quello che avviene sui social media, offrendo una voce autorevole e scientificamente affidabile. In ambito clinico, la comunicazione con il singolo paziente rappresenta il momento chiave per influenzarne positivamente le decisioni vaccinali. Numerosi
studi rilevano che i pazienti considerano il consiglio del proprio medico o infermiere di fiducia come uno dei fattori più determinanti nella scelta di vaccinarsi. È dunque fondamentale che l’operatore sanitario sappia adattare il linguaggio al livello di comprensione del paziente e del caregiver, evitando termini eccessivamente tecnici, e che riesca a spiegare i benefici del vaccino mettendoli in relazione con la situazione specifica della persona (età, condizioni di salute, rischio professionale, ecc.). Allo stesso tempo, è importante non sminuire le paure o i dubbi espressi: una strategia efficace è l’ascolto attivo, che permette al paziente di sentirsi compreso, seguito da una risposta puntuale che corregga le informazioni errate e rafforzi gli aspetti positivi.
Sul piano della comunicazione pubblica, i social network sono diventati ormai un “salotto culturale”, anche per i temi sanitari. Una comunicazione istituzionale moderna utilizza i social media per diffondere messaggi positivi e corretti: campagne informative, video educativi, infografiche sui dati di copertura e sui successi delle vaccinazioni. Gli operatori sanitari possono contribuire condividendo questi contenuti e partecipando direttamente alle discussioni online con atteggiamento propositivo e trasparente[www. agenas.gov.it/?view=article&id=594:comunicare-salute-social network&catid=n6]. L’obiettivo è fornire all’ampia platea di pubblico social un modello di comunicazione civile e evidence-based. Essere presenti online significa anche saper correggere in modo tempestivo eventuali informazioni sbagliate che circolano (ad esempio smentire fake news su effetti avversi), rimandando a fonti autorevoli e dati verificati. La leadership medica efficace si erge a tutela della prevenzione vaccinale in Italia (Silenzi et al, 2017) poiché è evidente la sempre maggiore importanza del ruolo dei professionisti sanitari sui temi della vaccinazione , delle strategie vaccinali e della comunicazione con gli utenti (Langiano E et al, 2017). La leadership sanitaria gioca un ruolo cruciale nel plasmare il contesto in cui avviene la comunicazione e nel dare l’esempio. In particolare i medici di Direzione Sanitaria di Presidio, specialisti in Igiene e Medicina preventiva, in Ospedale dovrebbero assumere una posizione di guida nel promuovere attivamente le vaccinazioni: questo comporta sia iniziative concrete (come organizzare eventi informativi per il personale e la popolazione o predisporre materiali divulgativi chiari) sia azioni simboliche, ma esemplari, come
RUOLO DEI MEDICI DSPO E DI ANMDO NELLA PROMOZIONE VACCINALE
All’interno delle organizzazioni sanitarie, i medici della Direzione Sanitaria di Presidio Ospedaliero (DSPO) e di struttura sociosanitaria rivestono una posizione chiave per la pianificazione e l’implementazione delle strategie vaccinali rivolte al personale, affidabile sia in termini di conoscenza che di competenza (trustworthy). La Direzione sanitaria, infatti, è responsabile della tutela igienico sanitaria della sicurezza dei pazienti e degli operatori, coordinando programmi di prevenzione delle infezioni e sorveglianza sanitaria del personale. In questo contesto, assicurare un’adeguata profilassi vaccinale tra tutti gli operatori rientra a pieno titolo nelle funzioni della Direzione Sanitaria con il compito di tradurre le raccomandazioni (nazionali e regionali) in protocolli operativi di struttura, elaborando procedure per la verifica dello stato vaccinale all’atto dell’assunzione di nuovo personale, organizzando campagne vaccinali periodiche in ospedale e definendo le misure da attuare in caso di esposizione a malattie prevenibili. Un ruolo fondamentale dei medici di DSPO Direzione sanitaria è anche quello di facilitatori e formatori. Spesso sono loro a promuovere direttamente sessioni formative interne sui vaccini, o a coinvolgere specialisti (igienisti, infettivologi, pediatri, geriatri, internisti) per aggiornare il personale sugli aggiornamenti in ambito vaccinale.
Inoltre, la Direzione Sanitaria è - nell’organigramma aziendale - in posizione ideale per favorire la collaborazione interdisciplinare: può creare gruppi di lavoro che includano la Direzione delle Professioni Sanitarie, il Servizio di Prevenzione e Protezione, la Medicina del Lavoro, gli infermieri specializzati in rischio infettivo e di sanità pubblica, i rappresentanti delle varie unità operative ospedaliere, con l’obiettivo di migliorare l’adesione vaccinale. Questi gruppi possono analizzare i dati di copertura tra il personale,
identificare reparti o categorie professionali con tassi inferiori agli obiettivi e pianificare interventi mirati. I medici di Direzione Sanitaria, grazie alla consapevolezza di visione d’insieme dell’ospedale, sono capaci di cambiare prospettiva, adeguarsi al cambiamento e trasformarsi: ciò significa saper stimolare la riflessione e la crescita propria e degli altri operatori sanitari dell’ospedale, essere in grado di individuare punti deboli nell’approccio corrente e avere il coraggio di sperimentare soluzioni innovative.
L’ANMDO (Associazione Nazionale dei Medici di Direzione Ospedaliera), per quanto attiene al suo mandato istituzionale e come previsto dal suo scopo descritto nello statuto fondante, fornisce un importante supporto a livello sia scientifico sia istituzionale in materia vaccinale in ambito ospedaliero e sociosanitario. Attraverso le sezioni regionali e i gruppi di studio, ANMDO elabora linee di indirizzo, condivide buone pratiche e organizza eventi formativi dedicati alla prevenzione vaccinale in ospedale.
L’ANMDO promuove incontri nazionali su “L’ospedale che vaccina”, nei quali i medici di Direzione Sanitaria si confrontano su esperienze di successo e criticità, facilitando la diffusione capillare delle strategie più efficaci e promuovendo l’implementazione di buone pratiche.
L’associazione ha funzione di advocacy presso le istituzioni sanitarie nazionali, quale il Ministero della Salute: ANMDO può sostenere la necessità di politiche più stringenti o di risorse dedicate (finanziamenti, personale, infrastrutture informatiche) per le campagne vaccinali dedicate al personale sanitario, facendo valere la propria autorevolezza e il ruolo tattico operativo dei medici di direzione. ANMDO, insieme ad altre associazioni professionali, contribuisce a collocare il tema delle vaccinazioni in ospedale tra le priorità della governance sanitaria.
E’ bene ricordare che i medici di Direzione Sanitaria, oltre al ruolo gestionale, sono prima di tutto essi stessi professionisti sanitari e leader all’interno delle proprie aziende. Il loro esempio personale incide molto sulla cultura aziendale: un direttore sanitario che partecipa in prima persona alle campagne di vaccinazione aziendale, che inserisce richiami alla vaccinazione nelle riunioni di staff invia un messaggio chiaro a tutto l’ospedale sull’importanza che viene attribuita alla vaccinazione.
I medici di Direzione sanitaria e l’ANMDO rappresentano il ponte tra le direttive di salute pubblica e la revaccinarsi pubblicamente. I leader sanitari devono anche facilitare la comunicazione interna: assicurare che circolino newsletter con aggiornamenti vaccinali, mettere a disposizione canali dove gli operatori possano porre domande e ottenere risposte da esperti (FAQ o blog o casella email dedicata al tema vaccinazioni o incontri periodici).
altà operativa dei reparti di ricovero e cura: grazie alla loro “saggezza organizzativa” e a un’“intelligenza politica” nel saper coinvolgere e motivare il personale, possono trasformare gli obiettivi in risultati concreti. Il loro ruolo nella promozione vaccinale è quindi cruciale sia a livello micro (in ospedale, giorno per giorno) sia a livello macro (sui tavoli decisionali del servizio sanitario nazionale).
Una Direzione Sanitaria sensibilizzata e supportata dalla propria associazione professionale costituisce la spina dorsale per il successo di qualunque programma vaccinale rivolto agli operatori: ne guida la pianificazione, ne alimenta la cultura e ne garantisce la sostenibilità nel tempo.
L’ANMDO nel biennio 2024-25 ha promosso un’indagine sulle vaccinazioni nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali al fine di garantire in tutte le strutture l’offerta vaccinale, migliorandola, nel rispetto del PNVP 2023-2025. Dall’analisi dei dati raccolti è emersa la necessità di identificare le responsabilità di Direzione Sanitaria in ambito vaccinazioni in ospedale e nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, definire le modalità di integrazioni ospedale-territorio per ottimizzare l’offerta vaccinale, in una prospettiva di lungo termine che preveda la possibilità di vaccinare la popolazione in molteplici setting, dialoganti tra loro in ottica di one prevention - one health.
CONCLUSIONI OPERATIVE
Dall’analisi svolta emerge con chiarezza che investire nella formazione e nell’aggiornamento vaccinale degli operatori sanitari non è soltanto auspicabile, ma assolutamente necessario per garantire la tenuta e il progresso delle strategie di prevenzione. In termini operativi, diverse azioni possono essere messe in campo affinché i principi qui delineati trovino concreta applicazione nella pratica quotidiana degli ospedali e dei servizi sanitari. In primo luogo, è raccomandabile istituzionalizzare la formazione continua in vaccinologia per tutti gli operatori, prevedendo nel fabbisogno formativo moduli sulle vaccinazioni con relativi strumenti di verifica delle competenze acquisite, anche in tema di counseling vaccinale per valutare le abilità comunicative e monitoraggio degli indicatori di performance. In tale ambito il ruolo guida della Direzione sanitaria e di ANMDO va tradotto in azioni concrete di governance: le Direzioni Sanitarie dovrebbero forma-
lizzare procedure sulle vaccinazioni del personale, includendoli nei documenti di valutazione del rischio e nei piani locali di prevenzione. Un secondo ambito di azione riguarda l’implementazione degli approcci innovativi discussi: le Direzioni Sanitarie, supportate dalle evidenze, possono attivare programmi di vaccine peer education formando un nucleo di formatori interni, sviluppare piattaforme digitali aziendali per la formazione e l’informazione (come portali intranet con sezioni dedicate ai vaccini, FAQ e aggiornamenti in tempo reale), e sperimentare interventi di nudge comportamentale personalizzati. La comunicazione interna ed esterna deve poi diventare parte integrante del piano operativo. Esternamente, ogni struttura sanitaria dovrebbe porsi come modello di “ospedale e strutture sanitarie e sociosanitarie che promuovono le vaccinazioni” anche verso le comunità.
Con lo scopo di garantire una coerenza comunicativa e motivazionale, e’ raccomandata la collaborazione con il Dipartimento di prevenzione e Servizi vaccinali territoriali, ASL, Ordini professionali, Società scientifiche, Associazioni di pazienti e di caregiver . Infine, è fondamentale creare e mantenere un clima di fiducia e partecipazione. Ogni operatore deve sentirsi parte di un progetto condiviso, in cui la sua salute e quella dei pazienti sono al centro. Coinvolgere attivamente il personale può fornire indicazioni preziose per tarare le strategie ed è un segnale di attenzione che viene solitamente apprezzato. La formazione vaccinale di base per gli operatori sanitari deve combinare scienza e pratica: conoscenze aggiornate su malattie e vaccini, capacità di applicarle nelle diverse situazioni cliniche e di comunicarle in modo chiaro e autorevole. Solo integrando questi contenuti fondamentali si può formare un professionista realmente in grado di sostenere le strategie vaccinali e di farsi promotore attivo della cultura della prevenzione. Le evidenze suggeriscono che la combinazione di metodi formativi tradizionali con approcci innovativi aumenta l’efficacia dei programmi di aggiornamento vaccinale per gli operatori sanitari. La formazione tra pari sfrutta la potenza dell’esempio e della fiducia reciproca, il digitale amplia l’accessibilità e la personalizzazione dell’apprendimento, mentre gli interventi comportamentali aiutano a colmare il divario tra conoscere (sapere) e fare (saper fare) , traducendo le conoscenze in azioni concrete (saper essere). Un programma formativo moderno dovrebbe integrare
tutti questi elementi, adattandoli al contesto specifico, per costruire un personale sanitario preparato, consapevole e proattivo sul fronte delle vaccinazioni. Comunicazione e leadership sono elementi sinergici nel promuovere la fiducia vaccinale. Un operatore sanitario formato sul piano comunicativo saprà instaurare un rapporto di alleanza terapeutica con il paziente, fondamentale per guidarlo verso scelte consapevoli, come la vaccinazione. Al contempo, una forte leadership istituzionale orientata alla trasparenza e al dialogo, anche attraverso i nuovi media, può contrastare l’impatto negativo delle fake news e mantenere alta l’adesione alle campagne vaccinali. In un mondo in cui è ormai riconosciuto che “la comunicazione è cura”, investire in queste soft skills diventa parte integrante della prevenzione. In conclusione, “formare chi cura” in tema di vaccinazioni è un investimento ad alto rendimento in termini di salute. Le conclusioni operative che se ne traggono chiamano all’azione multipla: aggiornamento continuo, innovazione metodologica, comunicazione efficace e governance illuminata. Un ospedale in cui ogni operatore è formato e convinto dell’importanza dei vaccini diventa esso stesso un presidio di salute globale, non solo curando le malattie, ma prevenendole attivamente. Per raggiungere questo traguardo, sono fondamentali perseveranza, visione e collaborazione, dimostrando -come ricorda l’OMS- che “l’immunizzazione per tutti è umanamente possibile”.
BIBLIOGRAFIA
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Aggressioni del personale sanitario: analisi dei dati di una sorveglianza integrata ospedale-territorio
F. Parente1, A. Gallo3, Tiziana Valentina Oliva3, Nadia Casanova3, Miriam Cavallaro3, M. Caltabellotta2
1 Direzione Medica di Presidio Ospedaliero. P.O.U. ASL 3 Genova
2 Direzione Sanitaria ASL 3 Genova
3 Servizio di Prevenzione e Protezione ASL 3 Genova
I. INTRODUZIONE
La violenza, sia verbale che fisica, nei confronti degli operatori sanitari è diventata un fenomeno di grande rilevanza a livello mondiale, tanto che la World Medical Association l’ha recentemente definita come un’emergenza globale che compromette i fondamenti dei sistemi sanitari e ha un impatto significativo sulla salute dei pazienti. Nonostante la sua diffusione, questo fenomeno è spesso sottostimato a causa della scarsa segnalazione degli episodi. Il presente lavoro analizza i dati del sistema di sorveglianza degli episodi di violenza contro il personale sanitario dell’ASL 3, analizzando il periodo dal 2019 fino al 2024, con l’obiettivo di quantificare la frequenza e la gravità degli episodi e di individuare la specialità medica maggiormente coinvolta nell’ambito clinico esaminato.
La violenza nei confronti degli operatori sanitari, sia fisica che verbale, ha raggiunto livelli preoccupanti a livello globale, tanto che la World Medical Association l’ha definita un’emergenza internazionale che minaccia la sicurezza dei sistemi sanitari e influisce negativamente sulla qualità dell’assistenza. La violenza, secondo le principali istituzioni internazionali, è un fenomeno complesso e multifattoriale che include aggressioni fisiche, minacce verbali e abusi psicologici [1, 2, 3]. L’OMS e l’ILO definiscono la violenza sul lavoro come qualsiasi abuso, minaccia o aggressione legata all’ambito lavorativo, che può avere gravi conseguenze sul benessere psicofisico degli operatori e influenzare la qualità delle cure [4, 5, 6, 7].
Nel settore sanitario, la violenza colpisce in particolare medici e infermieri, ma questi ultimi risultano essere più vulnerabili, a causa della loro interazione diretta con i pazienti [4, 5].
PAROLE CHIAVE: infortuni, aggressioni
La pandemia da COVID-19 ha aggravato la situazione, con un aumento degli episodi violenti a causa dello stress, delle difficoltà organizzative e della crescente pressione nei contesti sanitari [4, 5, 8]. Le statistiche suggeriscono che fino al 50% degli operatori sanitari possa essere vittima di violenza, ma una grande parte degli episodi non viene mai denunciata, rendendo difficile avere un quadro chiaro della gravità del fenomeno [5, 6, 7]. In risposta a questo crescente problema, sono state avviate diverse iniziative internazionali e nazionali. La Giornata Europea della Consapevolezza sulla Violenza contro i Medici e gli altri Professionisti Sanitari e la campagna #laviolenzanoncura, lanciata dal Ministero della Salute italiano, mirano a sensibilizzare la popolazione e a promuovere una cultura di rispetto e protezione degli operatori sanitari [9, 10, 11]. Tuttavia, nonostante queste iniziative, la violenza continua a essere un fenomeno in crescita, che colpisce anche la qualità dell’assistenza sanitaria. La legislazione italiana ha recentemente introdotto misure più severe contro la violenza nei confronti de-
Riassunto
gli operatori sanitari. La legge 14 agosto 2020, n. 113, prevede la protezione dei professionisti sanitari contro aggressioni, modificando il codice penale per includere il personale sanitario e socio-sanitario tra i soggetti tutelati per lesioni personali come reato procedibile d’ufficio. Inoltre, è stato creato l’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie, con il compito di monitorare e analizzare gli episodi di violenza e promuovere strategie di prevenzione [12, 13]. La violenza contro gli operatori sanitari ha anche un impatto significativo sulla qualità dell’assistenza. Gli episodi di violenza non solo minano il benessere fisico e psicologico degli operatori, ma contribuiscono anche a creare un ambiente di lavoro più stressante e meno efficace, con ripercussioni sulla sicurezza dei pazienti e sulla qualità della cura. Gli atti di violenza possono variare, dalla semplice aggressione verbale a gravi attacchi fisici, e i fattori di rischio includono la carenza di personale, l’organizzazione del lavoro e la gestione dei pazienti. Alcuni contesti, come i reparti di emergenza, psichiatria e pronto soccorso, risultano particolarmente vulnerabili, a causa della natura dei pazienti e delle condizioni di lavoro [4, 5, 14, 15].
Un altro aspetto importante è la gestione del conflitto, che deve essere affrontato attraverso programmi di formazione mirata per gli operatori sanitari. Questi programmi dovrebbero focalizzarsi sul riconoscimento precoce dei segnali di escalation e sull’adozione di tecniche appropriate di intervento, per agire sulle varie fasi del “ciclo dell’aggressività”, per la prevenzione e la gestione dell’aggressione [7, 16, 17].
In sintesi, la violenza contro gli operatori sanitari è un
problema grave e crescente, che ha ripercussioni sia sul benessere degli operatori che sulla qualità dell’assistenza sanitaria. Nonostante gli sforzi a livello globale e nazionale per sensibilizzare e proteggere il personale sanitario, sono necessari ulteriori interventi legislativi, formativi e strutturali per prevenire e contrastare efficacemente questo fenomeno.
II. OBIETTIVI
La violenza sugli operatori sanitari è un fenomeno diffuso ma difficile da quantificare, poiché spesso non viene denunciata [4, 5, 18, 19, 20, 69, 21, 22]. A livello globale, c’è una tendenza a non riportare tali episodi, specialmente le violenze verbali, dovuto alla mancanza di sistemi di segnalazione adeguati e all’accettazione di questi atti come parte del lavoro. Sebbene le aggressioni siano principalmente riportate dal personale di sicurezza e dai dipartimenti di emergenza, la scarsa segnalazione riguarda tutti i contesti assistenziali, con solo il 19% degli episodi effettivamente registrati. In questo contesto, sono stati analizzati i dati del sistema di sorveglianza presente in ASL 3 Genovese con lo scopo di analizzare la frequenza, la gravità e le caratteristiche degli aggressori, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2024, con particolare attenzione alle branche specialistiche maggiormente coinvolte nel contesto clinico-assistenziale.
III. MATERIALI E METODI
In Asl 3 Genovese è attivo un sistema di raccolta e monitoraggio delle segnalazioni degli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari. I dati vengono inseriti in un database per monitorare il fenomeno e progettare azioni preventive o correttive. Secondo le procedure interne, le segnalazioni di violenza vengono inviate telematicamente dall’operatore vittima al Direttore/Responsabile della Struttura, al Direttore del Dipartimento di afferenza e al Servizio Prevenzione e Protezione. Per il personale ospedaliero, sono coinvolte anche la D.M.O. e la S.C. Professioni Sanitarie dell’Ospedale, mentre, per il personale dei Distretti Socio Sanitari, va avvisata la Direzione del Distretto e la S.C. Professioni Sanitarie. Il Direttore della Struttura deve organizzare un audit interno con il Servizio Prevenzione e Protezione per analizzare l’accaduto e stabilire le prime azioni correttive. Se il danno è classificato come “Evento Sentinella”, l’Unità
Figura 1. Prevalenza 2019-2024
di Gestione del Rischio convoca un Gruppo di Lavoro per identificare le cause e proporre misure correttive. La scheda di segnalazione include informazioni sull’ambiente dell’aggressione (unità operativa, data, ora), sui professionisti coinvolti (ruolo e qualifica), eventuali interventi delle forze dell’ordine e danni provocati. Vengono inoltre registrati i dati sull’aggressore (se conosciuto dal Servizio Sanitario) e i testimoni. La gravità dell’incidente è classificata secondo la Scala Modificata dell’aggressività Manifesta, che attribuisce un codice colore in base all’intensità dell’aggressione:
■ Codice minore (bianco/verde): aggressività verbale, possesso di oggetti potenzialmente offensivi, minacce verbali, possesso di armi potenziali.
■ Codice giallo: contatto fisico con l’operatore o un altro soggetto.
■ Codice rosso: violenza fisica.
■ I dati raccolti sono stati analizzati tramite il software Microsoft Excel.
Popolazione e siti dello studio
Il modello organizzativo dell’ASL 3 Genovese si basa sul Dipartimento, che include strutture omogenee e complementari, interdipendenti ma autonome nelle proprie responsabilità professionali. L’azienda segue il modello dipartimentale delineato dal D.Lgs 229/1999 e 517/1999, con dipartimenti formalmente istituiti secondo le direttive operative della Regione Liguria (DGR n. 945 del 1/8/2008). In tabella 1 sono riportati i dati relativi alla popolazione dello studio.
IV. RISULTATI
Nel periodo di osservazione esaminato si sono verificate 521 aggressioni (Figura 1). Il 2024 è stato l’anno con maggiori eventi registrati (prevalenza 3,54%). Per contro, il 2021 è stato l’anno con minor numero di eventi registrati (1,20%). (Tabella 2) Dall’analisi integrata dei dati registrati (Figura 2) nel periodo di osservazione 2019-2024, si può rilevare come, in riferimento ai codici colore, il tipo di aggressione maggiormente riportata sia stata quella identificata dal colore verde (73.70 %), seguita dal rosso (18.61 %) e dal giallo (11.32 %). In riferimento al profilo professionale maggiormente interessato, si rileva che gli infermieri sono stati più colpiti (80.99 %) rispetto ai medici (22.07 %) e agli O.S.S. (9.78 %). I setting clinici assistenziali più interessati sono stati i Servizi di Salute Mentale (38.19 %) e il Pronto Soccorso (25.33 %). L’identità dell’aggressore era nota nel 72.93 % degli episodi.
Tabella 1. Popolazione 2019-2024
ASL 3
SANITARIO Comparto 2367
SANITARIO Dirigenza Medica 639
SANITARIO Dirigenza non Medica 105
SOCIO SANITARIO Comparto 613
Totale ASL 3 3724
Tabella 2. Prevalenza 2019-2024
Anno Prevalenza ASL 3
V. DISCUSSIONE
Dai dati emerge che l’aggressione verbale è la più frequente (73.70 %), seguita dalla violenza fisica (18.61 %). Gli infermieri sono i principali coinvolti (80.99 %), seguiti da medici (22.07 %) e OSS (9.78 %).
Le aree con maggiore incidenza di violenza sono i servizi di salute mentale (38.19 %) e il Pronto Soccorso (25.33 %).
I risultati sono in linea con studi internazionali. Una meta-analisi globale ha rilevato che il 61,9% degli operatori sanitari ha subito violenza, di cui il 42,5% verbale e il 24,4% fisica [5, 23]. In Europa, il progetto NEXT ha evidenziato che la violenza è più diffusa in Francia (39%) e Regno Unito (29%), ma meno in Norvegia (9%) e Paesi Bassi (10%) [4, 83].
L’INAIL nel 2019 ha registrato oltre 4.800 casi di violenza contro il personale sanitario, con il 46% negli ospedali e case di cura e il 28% nei servizi di assistenza sociale residenziale. Le donne sono le più colpite [25, 26, 27, 28].
La pandemia ha peggiorato la situazione, con un aumento delle aggressioni dovuto a stress e ansia di pazienti e familiari. Una meta-analisi ha indicato che il 42% degli operatori sanitari ha subito violenza durante la pandemia [5, 8, 29, 30, 31, 32].
VI. CONCLUSIONI
Per comprendere appieno il fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari, è fondamentale estendere gli studi ad altri contesti clinici, al di là dell’area dell’emergenza-urgenza e della psichiatria. Occorre adottare metodologie di ricerca uniformi per facilitare i confronti a livello globale. È urgente inoltre valutare l’efficacia delle diverse strategie preventive, come la formazione sulla sicurezza e le modifiche ambientali nelle strutture sanitarie.
Le linee guida internazionali e le politiche di prevenzione dovrebbero essere implementate, promuovendo l’adozione di normative adeguate e garantendo la protezione legale degli operatori.
L’analisi dei dati sottolinea la necessità di sviluppare politiche sistemiche per la prevenzione e la gestione della violenza, creando una rete che diffonda buone pratiche nelle strutture sanitarie a livello nazionale e internazionale. Studi futuri dovrebbero affrontare la valutazione del fenomeno a lungo termine, considerando l’impatto sul sistema sanitario e sui professionisti coinvolti.
In conclusione, la violenza sugli operatori sanitari è un tema sempre più rilevante a livello globale, che merita attenzione mediatica e istituzionale. È fondamentale che vengano implementate misure efficaci per prevenire e gestire le aggressioni, creando uno standard internazionale per la protezione degli operatori sanitari.
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Gruppo Consoli diventa Società Benefit: un nuovo passo nel Facility Management integrato
Gruppo Consoli, da anni punto di riferimento nel settore del cleaning, in particolare in ambito sanitario, evolve la propria identità e diventa Società Benefit, rafforzando il proprio impegno verso un modello di impresa sostenibile, innovativo e orientato al valore condiviso.
Questo cambio di denominazione sociale è il riflesso di una trasformazione strategica che vede il Facility Management al centro della mission aziendale.
Oggi, Gruppo Consoli è una realtà solida e strutturata nel panorama nazionale,
capace di offrire soluzioni integrate e su misura per la gestione, la manutenzione e l’efficientamento di edifici, impianti utili ad accrescere il comfort degli ambienti di lavoro.
Oltre alla sua storica expertise nel cleaning sanitario, l’azienda ha esteso la propria offerta con servizi di soft e tech
UVDI-360: il sanificatore a raggi UV-C a 360° per ambienti sanitari più sicuri
Anche in Italia le Infezioni Correlate all’Assistenza rappresentano un problema rilevante, con impatti su tempi di degenza, esiti clinici e costi. In questo contesto, standardizzare l’igiene ambientale è decisivo: la torre UVDI-360, distribuita in Italia da IN.CAS. S.r.l. integra la disinfezione manuale con una sanificazione automatizzata, rapida, ripetibile e verificabile. UVDI-360 è un sanificatore per ambienti che emette raggi UVC a 254 nm con copertura a 360°. I raggi UVC inattivano batteri,
virus e spore sulle superfici esposte in maniera diretta e non, riducendo la carica batterica di 5 log e abbattendo il rischio di cross-contamination. L’uso è semplice: si posiziona la torre, si seleziona il programma e si avvia il ciclo: in maniera rapida ed efficace UVDI 360 provvederà automaticamente alla disinfezione del locale.
UVDI-360 presenta una serie di caratteristiche innovative ed esclusive:
■ 4 lampade ad amalgama di mercurio
■ Protezione polimerica ester-
facility, offrendo soluzioni per ogni aspetto della cura e della gestione degli spazi, con particolare attenzione al comparto sanitario, dove precisione, igiene e continuità operativa sono requisiti imprescindibili. Con una visione orientata all’innovazione e alla responsabilità sociale, Gruppo Consoli si propone oggi come partner strategico per enti pubblici, strutture sanitarie e imprese, offrendo un servizio completo, sostenibile e ad alto valore aggiunto.
www.consoli.it
na in caso di rottura accidentale per evitare la frammentazione delle lampade
■ Sensori di movimento infrarossi, per proteggere il personale dall’esposizione
■ Sistemi di raffreddamento brevettati delle lampade che ne prevengono il surriscaldamento, garantendo maggiore efficacia.
■ solo 48 kg per una movimentazione agevole.
UVDI-360 è ideale per sale operatorie e tutti quei locali dove è necessario un livello elevato di igiene delle superfici. L’impiego sistematico contribuisce a ridurre la carica microbica ambientale, il
rischio di ICA e a velocizzare il turnover dei locali.
Vantaggi:
■ Costi operativi contenuti
■ Tempi di ciclo brevi
■ Minore uso di prodotti chimici
■ Riduzione dei tempi di ripristino.
Per la struttura sanitaria significa maggiore sicurezza per pazienti e operatori, procedure più snelle e un sicuro risparmio sui costi indiretti legati alle infezioni. INCAS è distributore autorizzato
UVDI per l’Italia e offre formazione, supporto all’implementazione e prove in sito. www.incasmed.com
Probiotici e sicurezza genetica: nuove evidenze dal sistema PCHS ®
L’emergenza delle infezioni correlate all’assistenza e la crescente antibiotico-resistenza restano le sfide più urgenti per i sistemi sanitari. Nonostante protocolli consolidati, i dati confermano un impatto pesante su pazienti e risorse. La disinfezione chimica, pur rapida, mostra limiti noti: ricontaminazione veloce delle superfici, impatto ambientale e selezione di ceppi resistenti. Il sistema PCHS® (Probiotic Cleaning Hygiene System) ha introdotto la competizione biologica dei Bacillus per ridurre la carica microbica e
le ICA. Restava da attestare se questi probiotici potessero acquisire geni di resistenza o virulenza a contatto con patogeni ospedalieri. Uno studio pubblicato su BMC Genomics (Bini et al., 2025, DOI: 10.1186/s12864-025-115821), condotto dall’Università di Ferrara in collaborazione con il Centre for Genomic Pathogen Surveillance dell’Università di Oxford, ha analizzato oltre 170 isolati da otto ospedali italiani dopo 30 mesi di utilizzo del PCHS®. Il sequenziamento genomico ha confermato un’elevata stabilità: nessuna acquisizione di
geni di resistenza, assenza di plasmidi mobili e di fattori di virulenza. Questi dati consolidano il profilo di sicurezza dei Bacillus e confermano il PCHS® come soluzione efficace e sostenibile, capace di
abbattere fino al 99,9% dei patogeni. Un risultato che rafforza la visione One Health: la salute si tutela anche con pratiche innovative e rispettose dell’ambiente. www.pchs.it
Le parole come un fiore. Un podcast per raccontare la sanità ‘al femminile’
‘Sanità: femminile, plurale’ è il podcast originale prodotto da Servizi Italia e Coopservice che racconta le storie di 12 donne straordinarie che ogni giorno svolgono ruoli di grande responsabilità negli ospedali e nelle strutture sanitarie, ma che restano troppo spesso nell’ombra.
Ruoli fondamentali, ancora poco conosciuti, un tempo appannaggio degli uomini, oggi sempre più femminili. Ogni puntata è un viaggio per far emergere il valore di chi costruisce la sanità di oggi e di domani.
Voci ed esperienze di donne diverse per provenienza, età e percorsi di vita ma accomunate da un’unica missione condivisa: il desiderio di prendersi cura degli altri. Che si tratti di assistere una nascita, dirigere un’azienda sanitaria, fare un intervento chirurgico in un contesto complesso, gestire un team di operatori di pulizie, emerge sempre la passione per il proprio lavoro e la determinazione nel portarlo avanti, nonostante le difficoltà. Una vocazione che, approcciata ‘al femminile’, porta con sé le impronte dell’impe-
gno, del coraggio, dell’engagement, caratteristiche che finiscono per permeare l’intero sistema sanitario, rendendolo più forte ed inclusivo. Un progetto editoriale, diventato ora anche un libro illustrato da Isabella Bersellini, che intende valorizzare e diffondere storie che possano ispirare, dare voce a chi ha aperto nuove strade, mostrare che il cambiamento è possibile. Perché ciascuno, in ogni fase della propria vita, possa riconoscere che nessun traguardo è irraggiungibile, nessun percorso è precluso e nessuna aspirazione è troppo ambiziosa.
Igiene ospedaliera: il protocollo innovativo di Markas azzera i tempi di attesa senza rinunciare alla qualità
Il tempo ridotto di degenza, l’elevata rotazione dei posti letto e la necessità di ripristinare le stanze in tempi brevi, richiedono di ripensare alle modalità di erogazione del servizio di pulizia. L’approccio tradizionale oggi non è più sostenibile: la priorità è ridurre al minimo i tempi di esecuzione, garantendo la disponibilità immediata delle stanze e mantenendo sempre gli altissimi standard di qualità e igiene richiesti dal mondo ospedaliero.
Markas, azienda all’avanguardia con oltre 40 anni di esperienza nel settore delle pulizie, ha anticipato questa esigenza sviluppando un protocollo innovativo di sanificazione che riduce in modo consistente i tempi di ripristino delle stanze, sia nelle pulizie quotidiane che in quelle periodiche. Questo protocollo è già attivo all’Ospedale Bolognini
di Seriate su tre piani, dove si è passati da un organizzazione tradizionale, che richiedeva fino a sei ore per la pulizia di un reparto, a un modello smart in cui più operatori specializzati lavorano in sequenza, riducendo i tempi di intervento. A supportare ulteriormente questo modello l’utilizzo di tecnologie innovative come l’I-mop Lite che rendono le attività ancora più rapide ed efficaci. Il risultato è chiaro: tempi di intervento ridotti, stessa qualità e massima efficienza per l’ospedale.
Grazie a questo protocollo, Markas si conferma ancora una volta un partner strategico, in grado di offrire soluzioni organizzative flessibili e risposte concrete alle necessità di ospedali e pazienti in un contesto sanitario sempre più complesso.
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Sodexo, il valore di un partner unico per la ristorazione e servizi integrati
Scegliere Sodexo come interlocutore unico per la gestione dei servizi nelle strutture sanitarie significa garantire continuità, tempestività ed elevati standard operativi.
Servizi di pulizia professionale per l’igiene e la sicurezza degli ambienti, servizi di Facility management e servizi di ristorazione dedicati a ospiti, personale ospedaliero, visitatori e accom -
pagnatori trovano così una regia coordinata, capace di assicurare processi efficienti e pieno rispetto delle normative vigenti. I vantaggi di avere un partner unico consistono in risposte puntuali e nella semplificazione dell’organizzazione dei servizi e del monitoraggio e controlli. Un approccio unitario che elimina sovrapposizioni, accelera i tempi di intervento e garantisce continuità operativa.
La formazione del personale è costante e specifica per ambito di intervento e ha l’obiettivo di trasformare cura e sicurezza in valore concreto per pazienti e collaboratori.
Un approccio che trova riscontro anche nelle nume -
rose esperienze nazionali e internazionali nelle strutture in cui opera Sodexo: i tempi di risposta operativa si sono ridotti significativamente e la soddisfazione dei partner è cresciuta. L’opportunità di affidarsi ad un partener unico, serio, capace di dare garanzie e risposte adeguate diventa un modello per conseguire qualità costante sempre con una prospettiva di ottimizzazione e controllo. Questo metodo rafforza il dialogo e genera relazioni di fiducia durature, sempre orientate a un obiettivo condiviso: creare ambienti sicuri e confortevoli, nei quali il benessere delle persone resta la priorità. www.sodexo.it
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