NUOVA REVISIONE
Il presente documento costituisce una revisione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo adottato dallâazienda ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
Il Modello 231 è per sua natura un documento dinamico, in continua evoluzione: lâefficacia del documento, difatti, richiede che i presidi cautelari in esso contenuti siano costantemente allineati alle modifiche introdotte dal Legislatore e ai mutamenti occorsi al contesto organizzativo interno.
La revisione del Modello, pertanto, costituisce una necessaria opera di manutenzione, volta a conservare inalterata
lâefficacia preventiva dei presidi cautelari adottati dallâazienda. Rispetto alle precedenti versioni del Modello 1, il presente documento è stato elaborato a seguito di una revisione dellâanalisi dei rischi, dovuta allâintroduzione da parte del Legislatore di nuove fattispecie di reato rilevanti ai fini del D. Lgs. 231/2001
1 Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo a norma del D.lgs. 231/2001 â Versione 2021, approvata dal Consiglio di Amministrazione del 18 maggio 2021 e
Versione 2023, approvata dal Consiglio di Amministrazione del 18 aprile 2023.
2.5.
2.6.1. Rilevamento degli illeciti e delle violazioni del Codice Etico e del Modello. Canali di segnalazione, tutela dellâidentitĂ del segnalante e divieto di misure
2.7.
2.7.2. Criteri di scelta e di commisurazione delle sanzioni. principio del contraddittorio
2.7.3. Sanzioni disciplinari
2.7.4.
2.7.5.
di
rivestono funzioni di amministrazione (Soggetti Apicali) 44
2.7.6. Sanzioni nei confronti dei Sindaci................................................................................................................44
2.7.7. Sanzioni nei confronti di terze parti 44
2.7.8.
2.8. LâORGANISMO DI VIGILANZA (ODV) NEL D. LGS. 231/2001
2.8.1. Lâistituzione, la composizione e le funzioni dellâorganismo di vigilanza (OdV): premessa 46
2.8.2. La struttura dellâorganismo di vigilanza 46
2.8.3. LâORGANISMO
2.8.3.1
2.8.3.2 Convocazione, riunioni, voto e deliberazioni
2.8.3.3 Organismo di Vigilanza: (a) funzioni e (b) garanzie per lâeffettivo funzionamento e la continuitĂ di azione
2.8.3.4 Organismo di Vigilanza: obblighi
2.8.3.5 Organismo di Vigilanza: flussi informativi nei confronti degli organi sociali ..
2.8.3.6 Flussi informativi verso lâOrganismo di Vigilanza
2.8.3.7 ModalitĂ di inoltro della reportistica e dei flussi informativi
2.9.
ATTIVITĂ DI CONTROLLO: MODALITĂ DI APPLICAZIONE E CAUTELE GENERALI 61
CAPITOLO I â I REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E REATO DI INDUZIONE A NON RENDERE DICHIARAZIONI O A RENDERE DICHIARAZIONI MENDACI ALLâAUTORITĂ
1. I REATI DI CUI AGLI ARTT. 24, 25 E 25-DECIES DEL D.LGS. N. 231/2001. ESEMPLIFICAZIONE DELLE POSSIBILI MODALITĂ DI COMMISSIONE ...................................................................................................... 64
1.1. REATI IN MATERIA DI INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI, TRUFFA IN DANNO DELLO STATO, DI UN ENTE PUBBLICO O DELLâUNIONE EUROPEA O PER IL
CONSEGUIMENTO DI EROGAZIONI PUBBLICHE E FRODE INFORMATICA IN DANNO DELLO
STATO O DI UN ENTE PUBBLICO E FRODE NELLE PUBBICHE FORNITURE (ART. 24) 64
1.2. REATI IN MATERIA DI PECULATO, INDEBITA DESTINAZIONE DI DENARO O COSE MOBILI, CONCUSSIONE, INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITĂ, CORRUZIONE
1.3. LE NOZIONI DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PUBBLICO UFFICIALE ED
1.1.
STRUTTURA
E FUNZIONE DEL D. LGS.
231/2001:
I CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITĂ ALLâENTE
In data 8 giugno 2001 è stato emanato â in esecuzione della delega di cui allâart. 22 della L. 29 settembre 2000 n. 300 â il D. Lgs. 231/2001 (nel prosieguo il âDecretoâ o âD. Lgs. 231/2001â), entrato in vigore il 4 luglio del medesimo anno. Il decreto ha inteso recepire definitivamente la normativa in materia di responsabilitĂ delle persone giuridiche, adeguandosi al contenuto di svariate Convenzioni internazionali cui lâItalia aveva aderito tra cui la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle ComunitĂ Europee, la Convenzione anchâessa firmata a Bruxelles il 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione e la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche e internazionali. Il D. Lgs. 231/2001, recante la âDisciplina della responsabilitĂ amministrativa delle persone giuridiche, delle societĂ e delle associazioni anche prive di personalitĂ giuridicaâ ha introdotto per la prima volta in Italia la responsabilitĂ diretta dipendente da reato degli enti per una serie legislativamente definita di reati commessi nellâinteresse o a vantaggio degli stessi da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dellâente o di una sua unitĂ organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonchĂŠ da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso e, infine, da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati. Tale responsabilitĂ concorre a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto. Lâente può essere sottoposto a sanzioni quando un determinato reato (previsto dal decreto) viene commesso, nel suo interesse o a suo vantaggio, da un soggetto che, nellâorganigramma aziendale, riveste una posizione apicale (amministratore, direttore
2 Pubblicata in Guida dir., 26/2001, § 3.2.
generale, rappresentante, presidente, direttore di stabilimento, ecc.) ovvero la qualitĂ di soggetto sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti che riveste una posizione apicale e, dunque, anche ad esempio se commesso da un dipendente. Quello ora delineato costituisce il requisito di imputazione oggettiva del reato allâente (v. art. 5 del D Lgs.), cioè il criterio di ascrizione normativa del fattoreato alla persona giuridica nellâinteresse o a vantaggio della quale la persona fisica ha agito (cd. âteoria dellâidentificazione o dellâimmedesimazione organicaâ).
Le nozioni di âinteresseâ e âvantaggioâ risultano particolarmente dibattute.
Vi è chi distingue le stesse, evidenziando, sulla scorta della Relazione esplicativa del decreto 2, che la prima sarebbe riferibile alla sfera volitiva della persona fisica che agisce, sĂŹ che il nesso di ascrizione oggettivo verrebbe escluso quando, allâesito di una valutazione ex ante, risulti che il soggetto abbia agito nel suo esclusivo interesse personale (v. art. 5, comma 2); il âvantaggioâ, per contro, avrebbe una dimensione oggettiva, destinata ad operare ex post: anche in assenza di un fine in favore della societĂ , questâultima risponde dellâillecito se ha comunque ritratto un vantaggio dal reato.
Secondo un altro orientamento, la locuzione ânellâinteresse o a vantaggioâ si risolverebbe in unâendiadi, sĂŹ da profilare un criterio unitario, riconducibile ad un âinteresseâ dellâente in senso obiettivo, non essendo possibile rimettere il collegamento del reato con lâente alle soggettive intenzioni o rappresentazioni dellâagente.
La soluzione peraltro piĂš largamente condivisa dalla giurisprudenza di legittimitĂ va nel senso di ritenere la formula come alternativa, riferendosi il primo criterio allâ âex anteâ, il secondo criterio allâ âex postâ, ma bastando comunque, per lâimputazione dellâillecito allâente che sia provata o la presenza ex ante di un interesse in senso lato economicamente apprezzabile da parte della societĂ , o il raggiungimento ex post di un vantaggio comunque derivato dallâillecito alla societĂ , anche in assenza di un previo interesse prospettico a che lâillecito venisse commesso.
Un ulteriore requisito di tipicità del nesso di ascrizione è da intravedere, come si è visto,
nel fatto che la norma dellâart. 5 individua il novero dei soggetti qualificati a realizzare i reati-presupposto della responsabilitĂ dellâente. In tal senso, la disposizione opera una fondamentale distinzione tra soggetti in posizione âapicaleâ e âsottopostiâ. Una distinzione, questa, che, come vedremo, comporta peculiari effetti giuridici sul versante del nesso di ascrizione soggettiva. Quanto allâelencazione dei soggetti in posizione apicale (coloro che svolgono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dellâente, o di una sua unitĂ organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonchĂŠ persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dellâente), non vi sono ricompresi i sindaci, atteso che non sono
3 Tra le iniziali applicazioni giurisprudenziali, in materia di rapporti tra il fenomeno del âgruppo di societĂ â e la disciplina apprestata dal d. lgs. 231/2001, v. Gip. Roma, 4 aprile 2003, Soc. Finspa, in Foro it., 2004, II, p. 317 ss.; Gip. Milano, 20 settembre 2004, I.V.R.I. Holding s.p.a. e altre, in Guida al diritto, 47/2004, p. 69 ss. Lâindividuazione di forme di corresponsabilizzazione sanzionatoria delle societĂ del Gruppo nel reato commesso da âapicaliâ legati ad una delle entitĂ giuridiche che lo compongono costituisce, senza dubbio, uno degli aspetti piĂš controversi della normativa. Dallâanalisi della giurisprudenza di merito, pocâanzi citata, può cogliersi la tendenza ad unâetica del risultato, che conduce talvolta a trascurare i principi di legalitĂ e di personalitĂ che conformano anche il d.lgs. 231/2001, in considerazione della natura indiscutibilmente afflittiva delle sanzioni. Si pensi, per un immediato esempio, alla pretesa del legislatore riguardo lâoggetto delle sanzioni interdittive, che debbono colpire <<la specifica attivitĂ alla quale si riferisce lâillecito dellâente>> (art. 14, comma 1): consegue lâostacolo ad applicare dette sanzioni alla holding, ove il reato commesso sia pertinente alla sola attivitĂ della societĂ controllata. Senza particolari remore, invece, certa giurisprudenza (Gip Milano, 20.12.2004, in Il merito, n. 2/2005, 67) ha persino disposto, in via cautelare, lâinterdizione dallâesercizio dellâattivitĂ , motivando dallâinadeguatezza, nei confronti della controllante, di tutte le altre (meno gravi) misure, ai sensi dellâart. 46, comma 3, d.lgs. 231/2001. Volendo focalizzare i problemi dâimputazione del reato, si affaccia lâipotesi di riconoscere lo stesso gruppo societario tra gli (impliciti) destinatari del d.lgs. 231/2001: ascritto lâillecito al macro-ente, deriverebbero, quasi incondizionate, le ricadute sanzionatorie sulle societates che lo formano. Ă da scartare, tuttavia, che il gruppo possa ritenersi âente privo di personalitĂ giuridicaâ ai sensi dellâart. 1, comma 2. Stando anche alla Relazione al decreto 231 â ove si legge, al riguardo, di enti collettivi che, <<seppur sprovvisti di personalitĂ giuridica, possono comunque ottenerla>> â, detto macrosoggetto non è assimilabile alle societĂ ed alle associazioni additate dal legislatore. Sarebbe poi sorprendente che, in vista della sola tutela penale, il gruppo possa configurare un unico soggetto di diritto, mettendo in secondo piano le distinte personalitĂ giuridiche che ne fanno parte. Si obietta, tuttavia, che la riforma del diritto societario â in particolare, il capo IX, titolo V, libro V del codice civile â semplicemente
titolari di poteri che impegnano la societas. Circa i soggetti che esercitano, di fatto, un potere di gestione e di controllo, il riferimento va a coloro che vantano un predominio diffuso sullâente, sia sul piano gestionale che su quello del controllo: si pensi, per fare un esempio, ad un socio non amministratore, ma detentore della quasi totalitĂ delle azioni.
In questo contesto, pare da inserire, almeno in parte, la problematica del c.d. âgruppo di societĂ â, sulla quale il decreto non reca alcuna disposizione (in omaggio al silenzio serbato nella legge-delega). In questa evenienza, è chiaro che ciascuna societĂ conserva la sua soggettivitĂ , risultando destinataria della disciplina sanzionatoria 3 .
statuisce lâesigenza di valutare lâinteresse delle singole societĂ che lo compongono in una prospettiva diversa (e piĂš ampia) di quella con cui si guarda, di regola, allâimpresa individuale. Lâart. 5 d.lgs. 231/2001, dâaltro canto, rimanda ad un interesse diretto dellâente collettivo, che per essere fondativo di responsabilitĂ deve emergere per concretezza ed attualitĂ : requisiti che non paiono sussistere, ad esempio, nellâinteresse della controllante alla (eventuale ed incerta) distribuzione degli utili che potrebbero fruttare alla controllata dallâaggiudicazione di appalti.
PiĂš propriamente, un immediato interesse/vantaggio della holding può cogliersi rispetto alla conservazione od allâincremento di valore della partecipazione azionaria nella controllata: lâaccertamento concreto, in ogni modo, va condotto senza presunzioni.
Esclusa, pertanto, la possibilitĂ di ascrivere reati direttamente al Gruppo, va sondata la possibilitĂ di scorgere nella holding lâamministrazione âdi fattoâ della controllata. In casi del genere, infatti, gli apicali della controllante potrebbero impegnare anche la responsabilitĂ âpenaleâ dellâente controllato, in quanto persone che <<esercitano anche di fatto la gestione e il controllo dello stesso>> (lett. a, art. 5, d.lgs. 231/2001); viceversa, alla holding potrebbero addebitarsi i reati commessi nel suo interesse/vantaggio da esponenti della societĂ controllata, giacchĂŠ persone <<sottoposte alla direzione o alla vigilanza>> (lett. b, art. 5) dei vertici della controllante.
Non è accettabile, in ogni modo, la elevazione indiscriminata degli apicali della holding ad amministratori âdi fattoâ della controllata, basandosi sulla mera direzione unitaria del gruppo. Va osservato, in proposito, che le nozioni di controllo e gestione nellâart. 5 del d.lgs. 231/2001 somigliano solo lontanamente alla direzione ed al coordinamento cui rimanda la disciplina dei gruppi societari (art. 2497 c.c.). Il concetto di controllo, si aggiunga, neppure trova espressa considerazione nellâart. 2639 c.c., che condiziona la prevalenza del dato sostanziale su quello formale al comprovato esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica ed alla funzione. Soprattutto, il fenomeno dei gruppi societari mostra una realtĂ estranea al muto, costante e totale asservimento dei managers delle controllate alla volontĂ ed alla gestione dettata dalla controllante: ai primi, sovente, viene lasciata discrezionalitĂ operativa nella scelta degli strumenti per conseguire gli obiettivi strategici fissati
Per quanto concerne la figura dei âsottopostiâ, il decreto ha attribuito la preferenza allâaspetto funzionale piĂš che a quello dellâappartenenza allâente, sĂŹ che la responsabilitĂ di questâultimo non può in astratto ritenersi esclusa in presenza di un reato commesso da un soggetto estraneo alla compagine sociale, a condizione che sia sottoposto alla direzione e vigilanza altrui. Sul versante dei criteri di imputazione soggettiva, il decreto (artt. 6 e 7) distingue a seconda dei soggetti che hanno commesso il reato nellâinteresse o a vantaggio dellâente. Dunque, come detto in precedenza, la responsabilità è astrattamente ascrivibile allâente quando ad esempio lâillecito è stato commesso da soggetti che rivestono la qualifica di dipendenti, perciò estranei alla struttura verticistica. In questo caso, la responsabilitĂ dellâente fa capo ad un difetto di vigilanza e di controllo, cioè alla violazione di standard di diligenza âparticolareggiatiâ, formalizzati in altrettanti
dalla holding. Vanno bandite, pertanto, le scorciatoie probatorie, nella consapevolezza che lâipotesi della societĂ âmadreâ che amministra âdi fattoâ anche la societĂ âfigliaâ non appartiene alla naturale fisiologia dei gruppi.
Fuori da questi casi di âgruppo apparenteâ, la responsabilitĂ della holding per un reato commesso in seno alla controllata passa per lâaccertamento di un vero e proprio concorso di persone, che veda la partecipazione di almeno un esponente della controllante, nellâinteresse/vantaggio della quale sia posto in essere il contributo concorsuale. Non è sostenibile, invece, il concorso âdirettoâ â a prescindere, cioè, dalla mediazione della persona fisica â della holding nellâillecito commesso dalla controllata, adattando agli enti collettivi gli artt. 110 e seguenti del codice penale. Ă evidente, infatti, che i margini di compatibilitĂ del sistema sanzionatorio della societas con il diritto penale âtradizionaleâ sono giĂ fissati dal legislatore nel d.lgs. 231/2001: andare oltre, al fine di colmare lacune punitive, significherebbe violare il principio di legalitĂ . In questo senso, si è significativamente pronunciata, di recente, Cass., sez. V, 17 novembre 2010/20 giugno 2011, n. 24583, 61 ss. Se, dunque, la âcircolazioneâ della responsabilitĂ delle societates allâinterno del gruppo dipende dallâaccertamento di un concorso tra persone fisiche, vengono al pettine le note difficoltĂ che, innanzi alle organizzazioni complesse, lâimputazione penale âtradizionaleâ è costretta a fronteggiare. Bastino, in proposito, solo dei cenni.
Non è di regola sufficiente, per il concorso morale degli esponenti della holding, la disposizione di mere direttive strategiche, pur quando, perfette sulla carta, poi si rivelino impraticabili senza ricorrere al reato: perdono consistenza, in questi casi, la tipicitĂ del contributo â non risulta tangibile, al di lĂ della preventiva determinazione di un lecito obiettivo, il concreto peso del contributo causale â e la colpevolezza, non essendo normalmente individuabile in capo agli amministratori della holding la effettiva rappresentazione delle condotte illecite di
modelli di prevenzione e di controllo funzionali alla minimizzazione di uno specifico rischio-reato (art. 7). Il meccanismo di ascrizione si rivela piĂš complesso quando il reato è stato commesso da soggetti collocati ai vertici della struttura aziendale (art. 6). Opera, in questo caso, la teoria dellâidentificazione dellâente con la persona fisica: la responsabilitĂ dellâente, salvo quanto appresso specificato, non è colposa (per difetto di organizzazione, cioè), ma ha natura prettamente dolosa, perchĂŠ la persona fisica, a causa della sua collocazione apicale, costituisce la mano visibile del vertice aziendale, il soggetto, cioè, che incarna allâesterno la strategia messa in atto dagli apici dellâazienda. Al cospetto di un criterio di ascrizione sostanzialmente incontrovertibile, è tuttavia opinabile che questa forma di responsabilitĂ sia sempre e in ogni caso rimproverabile allâente, o se si diano ipotesi in cui il vertice aziendale possa
attuazione degli uomini della controllata. Per la responsabilitĂ concorsuale occorre, invece, la (pur difficile) prova di direttive piĂš specifiche, che si traducano in vere e proprie forme di istigazione al reato. Resta fermo, peraltro, che nessuna responsabilitĂ potrĂ ricadere sulla holding in caso di istigazione volta allâesclusivo interesse/vantaggio della controllata. Allâesito dei ragionamenti sin qui svolti, si può concludere come segue.
1) Sembra da escludere la punibilitĂ del Gruppo nel caso di illecito amministrativo dipendente da un reato commesso nel solo interesse del Gruppo, senza che ricorra uno specifico ed attuale interesse e/o vantaggio di una delle societĂ che lo compongono.
2) Appare altresĂŹ da escludere la responsabilitĂ del Gruppo quando un soggetto legato ad una controllata commetta il reato nellâinteresse della holding, senza che sia reperibile alcun interesse e/o vantaggio per la societĂ di appartenenza, visto che la inoperativitĂ del criterio di imputazione oggettiva dellâart. 5 d. lgs. 231/01 non può essere surrogata dal rinvio ad un generico ed indistinto âinteresse del Gruppoâ.
3) Per contro, potrebbe profilarsi la responsabilitĂ della holding per illeciti consumati dai suoi amministratori a vantaggio di una controllata, quando è individuabile un interesse immediato della prima alla conservazione o allâaccrescimento della propria partecipazione azionaria.
4)Nel caso in cui gli amministratori di una holding agiscano quali amministratori di fatto delle controllate, avendo privato i vertici di queste di qualsiasi significativo potere di gestione, la condotta illecita potrĂ essere riferita allâente nel cui interesse e/o vantaggio il soggetto abbia agito in forza del rapporto sostanziale esistente.
5)Quando si è al cospetto di un concorso, morale o materiale, tra esponenti aziendali delle diverse societĂ appartenenti al Gruppo, che agiscono nel rispettivo interesse dellâente che rappresentano, si rinvia alle considerazioni poco sopra svolte in ordine ai limiti del ricorso allâistituto del concorso di persone nel reato.
legittimamente dissociare la propria responsabilitĂ da quella di chi lo ha rappresentato allâesterno. Lâinterrogativo scaturisce dallâesigenza di tenere conto delle moderne dinamiche organizzative aziendali, che mettono in crisi la validitĂ dellâasserto secondo il quale non sarebbe mai possibile prefigurare lâesistenza di un diaframma che separi la volontĂ della persona fisica da quella dellâente. A ben vedere, se ciò può dirsi vero in relazione al Modello tradizionale di ente collettivo (emblematico il caso dellâamministratore unico), non altrettanto vale per la situazione societaria attuale. Questa è ormai costellata da una serie di realtĂ organizzativamente complesse, in cui il management non si sviluppa piĂš secondo un Modello rigidamente verticistico, ma si distende su unâampia base orizzontale, alla quale i poteri di amministrazione sono delegati dal Consiglio di Amministrazione che conserva, dunque, il potere-dovere di vigilare sullâandamento della gestione e di impedimento degli atti pregiudizievoli. Può, dunque, accadere che il compimento di un illecito da parte di uno degli svariati soggetti in posizione apicale non rifletta la politica di impresa espressa dal Consiglio di Amministrazione, che, nei casi di delega delle funzioni o di parti di esse, finisce con lâessere un organo intermedio (con funzioni di generale sovraintendenza sullâamministrazione) tra lâassemblea e lâorgano di vera e propria gestione della societĂ (comitato esecutivo o gli amministratori delegati). Ne deriva che la frantumazione dei poteri decisionali dellâente (si pensi alla configurazione organizzativa di tipo âdivisionaleâ, segnata dalla presenza di piĂš amministratori di area, da una pluralitĂ di direttori generali o da svariati responsabili di unitĂ produttive) fa sĂŹ che non sempre i comportamenti delittuosi tenuti da soggetti di vertice risultino rappresentativi della volontĂ della societas. Per queste ragioni, il legislatore ha introdotto un paradigma di colpevolezza per il vertice societario,
4 La colpa di organizzazione dellâente, derivante dalla mancata o insufficiente attuazione del Modello di organizzazione, viene ritenuta un elemento costitutivo del paradigma imputativo della responsabilitĂ allâente e, come tale, oggetto di prova da parte dellâaccusa, da parte di Cass., S.U., 24 aprile 2014 (dep. 18 settembre 2014), n. 38343, Thyssenkrupp, in cui si rimarca che <<nel caso dellâart. 6 d. lgs. 231/2001, grava sullâaccusa lâonere di provare lâesistenza dellâillecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa
costruito negativamente, alla stregua cioè di una scusante con inversione dellâonere della prova a carico dellâente. Ferma la regola di identificazione sopra esposta, lâente (di regola, il consiglio di amministrazione) può, a norma dellâart. 6, evitare di incorrere nella responsabilitĂ se prova: 1) di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; 2) di aver affidato il compito di vigilare sul funzionamento e lâosservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento ad un organismo di vigilanza dellâente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; 3) che le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione di cui al n° 1. Il sistema cosĂŹ delineato è proteso a valorizzare, sia pure con un meccanismo di inversione probatoria, il rispetto, in chiave esimente, di adeguate e spontanee regole di diligenza auto-imposte da parte della societĂ e specificamente finalizzate a prevenire il rischio-reato da parte dei vertici. Ne deriva, allora, che lâadozione di un sistema di prevenzione, la cui effettivitĂ trova un limite solo nellâelusione fraudolenta (non agevolata da un difetto di controllo), rende non rimproverabile allâente il reato consumato da un soggetto formalmente deputato ad incarnarne la politica dâimpresa.
Lâadozione del Modello consente, perciò, allâente di rimuovere la presunzione, dimostrando, cosĂŹ, di non avere in alcun modo agevolato la consumazione del reato. In questa evenienza, la colpa di organizzazione esplica, sul versante ascrittivo della responsabilitĂ , un ruolo âeventualeâ, di âsecondo gradoâ: viene ritenuta, per legge, estranea al piano degli elementi costitutivi della colpevolezza, fino al raggiungimento della prova contraria, che spetta allâente riversare nel processo . della societas e che abbia agito nellâinteresse di questa; tale accertata responsabilitĂ si estende âper rimbalzoâ dallâindividuo allâente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente lâazione dellâuno allâinteresse dellâaltro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dellâente, che rendono autonoma la responsabilitĂ del medesimo ente. (âŚ) Nessuna inversione dellâonere probatorio è (âŚ) ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilitĂ da reato dellâente,
1.2. MODELLI ORGANIZZATIVI DI PREVENZIONE DEL REATO
COMMESSO DAI VERTICI E LâORGANISMO DI VIGILANZA: CONSIDERAZIONI GENERALI
I Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo del rischio-reato (di seguito anche âModello 231â o âModelloâ) costituiscono regole cautelari autonormate, elaborate, cioè, dallo stesso ente in vista del contenimento degli illeciti penali previsti allâinterno del D. Lgs. 231/2001. La qualifica di âautonormateâ evoca un procedimento di formazione della regola cautelare di tipo squisitamente maieutico: saranno, infatti, le aziende ad attivare, dal proprio interno, tutti i meccanismi di identificazione, gestione e controllo del rischio, secondo le modalitĂ ritenute piĂš appropriate a seconda della tipologia dellâattivitĂ , dellâubicazione dellâente, dei mercati e delle caratteristiche dei suoi stakeholders. Questo programma di prevenzione non può risolversi nellâadozione di una strategia di contrasto del rischioreato una tantum, ma deve tradursi in un processo continuo, da reiterare, cioè, in relazione alle vicende dellâente e allo standard di adeguatezza dei protocolli. LâattivitĂ di individuazione del rischio comporta una mappatura delle attivitĂ a rischio-reato, calibrata sullâorganizzazione, lâarticolazione territoriale, il settore economico, ecc. Deve poi seguire una valutazione del sistema di controllo interno, ovvero una valutazione dei principali presidi di controllo posti in essere dallâente, al fine di ridurre il piĂš possibile e dunque mitigare la commissione dei reati ritenuti potenzialmente applicabili ed emersi a seguito della mappatura delle attivitĂ a rischioâreato. Lâindividuazione e lâanalisi dei rischi potenziali deve essere formalizzata e documentata, perchĂŠ costituisce la base sulla quale ritagliare le regole cautelari di contenimento del rischio. Quanto allâefficacia di un simile Modello di prevenzione, va precisato che la commissione di un reato non può essere tout court ritenuta la spia della sua inadeguatezza. Ă chiaro, infatti, che se ci si pone in una logica di accertamento ex post, si apre il campo ad un ragionamento di tipo circolare, in cui la consumazione del reato
gravando comunque sullâaccusa la dimostrazione della commissione del reato da parte di una persona che rivesta una delle qualitĂ di al d. lgs. 231, art. 5, e la carente
prova lâinefficacia del Modello. La verifica va, perciò, compiuta con il criterio della âprognosi postumaâ, collocandosi idealmente nella realtĂ aziendale nel momento in cui si è verificato lâillecito per saggiare la congruenza del Modello adottato.
La scusante prefigurata dallâart. 6 richiede poi che, accanto alla predisposizione del Modello di prevenzione del rischio-reato ad opera dei vertici societari, venga attivato un organismo di vigilanza (dâora in avanti denominato OdV) con funzioni di controllo sul funzionamento e lâosservanza del Modello. La previsione di un simile organismo (che costituisce un onere per la societĂ , non un obbligo) ha fomentato una serie di critiche e di interrogativi che vertono essenzialmente su tre aspetti: a) il primo concerne le modalitĂ di costituzione; b) il secondo riguarda i criteri di formazione; c) il terzo, infine, il profilo delle responsabilitĂ dellâorgano.
(a)Circa la costituzione, è da ritenere che la natura privatistico-contrattuale dellâorganismo di vigilanza legittimi lâintroduzione di apposite norme statutarie dirette a disciplinarne le modalitĂ di costituzione e di formazione. In ogni caso, anche in forza del tenore del decreto legislativo, sembra da privilegiare la tesi che incardina nel vertice dellâente (Consiglio di Amministrazione, ecc.) la competenza a nominare lâorganismo di vigilanza. Da ultimo, va precisato che, in presenza di un ente di piccole dimensioni, non è necessario ricorrere alla istituzione dellâorganismo di vigilanza: il comma 4 dellâart. 6 stabilisce che i compiti di tale organo possono essere svolti direttamente dallâorganismo dirigente. Questa previsione ha ovviamente un senso in relazione al controllo dellâattivitĂ di altri soggetti apicali, diversi dallâorgano dirigente sovraordinato; non è invece applicabile rispetto alla prevenzione del reato del medesimo âorgano dirigenteâ, che non può controllare sĂŠ stesso: in questa evenienza, lâadozione di modelli di prevenzione non è idonea ad esonerare lâente dalla responsabilitĂ per il fatto commesso dallâunico soggetto apicale che lo rappresenta.
(b)Quanto ai criteri di formazione dellâorgano, occorre tenere presente che il d.
regolamentazione interna dellâente, che ha ampia facoltĂ di offrire prova liberatoria>> (p. 205 della motivazione).
lgs. lo cala allâinterno della societĂ , in una condizione di indipendenza e di autonomia. Ma lâaspetto qualificante è da intravedere nella esclusivitĂ di azione: lâorgano, cioè, deve continuativamente svolgere solo la funzione di sorveglianza assegnatagli dal decreto. Ne deriva, quindi, che lâorganismo in questione dovrĂ articolarsi come una unitĂ di staff, che fornisce allâimpresa un supporto âesternoâ al suo flusso di lavoro operativo e che si colloca al di fuori della gerarchia costituita dallâautoritĂ di line.
(c) In ordine alla cornice di responsabilitĂ , la funzione di controllo sembra da qualificare, sul piano giuridico, come espressione di un potere di sorveglianza, al quale è estraneo un potere operativo-impeditivo sul piano gestionale: lâOdV, una volta a conoscenza di operazioni a rischio-reato, non può sostituirsi ai soggetti apicali, ma deve riferire al vertice perchĂŠ paralizzi le potenziali illegalitĂ . Non può pertanto sorgere alcuna responsabilitĂ personale dei componenti lâOdV ai sensi dellâart 40 cpv c.p., per lâassoluta mancanza di una posizione di garanzia; nĂŠ, per le medesime ragioni, può parallelamente radicarsi una responsabilitĂ civilistica. Del resto, la sua autonomia e la sua indipendenza dai vertici dellâente si fondano proprio in questa estraneitĂ alla gestione: attivitĂ , questâultima, che sottende valutazioni di ordine economico che non possono prescindere dalle scelte di chi governa la societĂ . Va, inoltre, precisato che la natura privatistica di tale organismo fa sĂŹ che lo stesso non abbia alcun obbligo, penalmente sanzionato, di riferire allâautoritĂ giudiziaria in ordine a fatti penalmente rilevanti di cui venga a
5 Si tratta dellâart. 25-bis del D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 6 d.l. 25 settembre 2001, n. 350, conv. in l. 23 novembre 2001, n. 409.
6 Cfr. lâart. 25-ter del D. Lgs. 231/2001, inserito dallâart. 3, comma 2, del d. lgs. 11 aprile 2002, n. 61.
7 Cfr. lâart. 25-quater del D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 3 della l. 14 gennaio 2003, n. 7, che prevede quali reati-presupposto della responsabilitĂ amministrativa degli enti i delitti con finalitĂ di terrorismo o di eversione dellâordine democratico.
8 Cfr. lâart. 25-quinquies del D. Lgs. 231/2001, inserito dallâart. 5 l. 11 agosto 2003, n. 228, che contempla, come reati-presupposto, i delitti contro la personalitĂ individuale.
9 Cfr. lâart. 25-sexies del D. Lgs. 231/2001, inserito dallâart.
9 l. 18 aprile 2005, n. 62.
10 Cfr. il nuovo art. 25-quater. 1. del D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 8 della Legge 9 gennaio 2006, n. 7. Il reato di âpratiche di mutilazione degli organi genitali femminiliâ (c.d. âinfibulazioneâ) viene previsto dallâart. 583-bis c.p., introdotto dallâart. 6 della l. cit.
conoscenza nellâesercizio delle sue funzioni. Della sua attivitĂ , lâorganismo risponderĂ al vertice societario che lo ha nominato che, in caso di inadempienze, potrĂ procedere alla risoluzione del rapporto o adottare gli strumenti sanzionatori previsti dal regime contrattuale.
1.3. I REATI-PRESUPPOSTO DELLA RESPONSABILITĂ DELLâENTE
Allâatto della sua emanazione, il decreto ha limitato lâorbita dei reati-presupposto della responsabilitĂ dellâente alle fattispecie di frode nelle pubbliche sovvenzioni, di truffa in danno dello Stato o di ente pubblico, di corruzione e di concussione (v. artt. 24 e 25).
Vanno, tuttavia, evidenziati gli ampliamenti della âparte specialeâ del decreto legislativo, relativi allâinserimento dei delitti in materia di contraffazione dellâEuro 5, dei reati societari 6, dei delitti che hanno come loro âragione socialeâ lâeversione globale 7, la tratta degli schiavi 8, i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato 9 , le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili 10, alcuni reati âtransnazionaliâ 11 , i delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilitĂ di provenienza illecita, nonchĂŠ autoriciclaggio 12, lâomicidio colposo o le lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro 13, i delitti informatici relativi al trattamento illecito di
11 Si tratta, a norma dellâart. 10 della Legge 16 marzo 2006, n. 146 (di ratifica ed esecuzione della convenzione e dei protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dallâAssemblea Generale il 15 novembre 2000 ed il 13 maggio 2001), che non interviene, questa volta, sul tessuto del D. Lgs. 231/2001, dei reati di cui agli artt. 416, 416-bis, 648-bis, 648-ter, 377-bis, 378 c.p., 291-quater d.P.R. 43/1973 (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri), 74 d.P.R. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti) e 12, commi 3, 3-bis, 3-ter e 5 del T.U. di cui al d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recante disposizioni contro le immigrazioni clandestina. Sulla definizione di reato âtransnazionaleâ, v. lâart. 3 l. 146/2006.
12 Cfr. lâart. 25-octies del D. Lgs. 231/2001, inserito dallâart. 63, comma 3, D. Lgs. 231/2007; rubrica cosĂŹ modificata dall'art. 3, comma 5, lett. b), l. 15 dicembre 2014, n. 186. 13 Cfr. lâart. 25-septies del D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 9 l. 3 agosto 2007, n. 123, sostituito dallâart. 300 d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro).
dati 14 , i delitti in materia di criminalitĂ organizzata 15 , i delitti in materia di violazione del diritto dâautore 16, i delitti contro lâindustria e il commercio 17, il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci allâautoritĂ giudiziaria 18, i reati ambientali, di pericolo e di danno 19 , il reato di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare 20, il reato di autoriciclaggio 21, il reato di razzismo e xenofobia 22, il reato di frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi dâazzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati 23, il reato di traffico di influenze illecite, introdotto ex novo per le persone fisiche dalla riforma in tema di reati contro la P.A., la c.d. âlegge Severinoâ (Legge 6 novembre 2012, n. 190) ma solo dalla ulteriore riforma (c.d. âlegge spazza corrottiâ) estesa anche allâente 24 , i reati tributari 25,i reati di contrabbando 26 , reati in materia di accise 27 , i delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti 28 e di trasferimento fraudolento di valori 29, nonchĂŠ, da ultimo, i delitti contro il patrimonio culturale 30 e i
14 Cfr. lâart. 24-bis del D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart.
7 l. 18 marzo 2008, n. 48 e recentemente modificamento dalla L. 28 giugno 2024, n. 90.
15 Cfr. lâart. 24 ter del D. Lgs. 231/2001, introdotto della legge 15 luglio 2009, n. 94.
16 Cfr. art. 25-novies D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart.
15, comma 7, let. C), l. 23 luglio 2009, n. 99
17 Cfr. art. 25-bis.1 D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 15, comma 7, lett. b), l. 23 luglio 2009, n. 99.
18 Cfr. art. 25-decies D. Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 4 l. 3 agosto2009, n.116, originariamente numerato come art. 25-novies.
19 Cfr. art. 25-undecies D. Lgs. 231/2001/01, introdotto dallâart. 2, comma 2, d. lgs. 7 luglio 2011, n. 121, successivamente integrato, in relazione ai reati di danno, dalla Legge 22 maggio 2015, n. 68.
20 Cfr. art. 25-duodecies D Lgs. 231/2001, introdotto dallâart. 2 d. lgs. 16 luglio 2012, n. 109.
21 Cfr. art. 3 l. 186/2014, che ha introdotto lâart. 648-ter.1. c.p. (Autoriciclaggio), poi calato nellâart. 25-octies del d. lgs. 231/2001.
22 Cfr. art. 25-terdecies D. Lgs. 231/2001 introdotto dalla Legge 20 novembre 2017, n. 167 con ÂŤDisposizioni per lâadempimento degli obblighi derivanti dallâappartenenza dellâItalia allâUnione EuropeaLegge Europea 2017Âť.
23 Cfr. art. 25-quaterdecies D. Lgs. 231/2001, introdotto dalla Legge 3 maggio 2019, n. 39 di attuazione, nel nostro ordinamento, della Convenzione del Consiglio dâEuropa sulla manipolazione di competizioni sportive.
24 Cfr. art. 25 del d. lgs., introdotto dalla Legge n. 3/2019.
25 Cfr. art 25-quinquiesdecies del D. Lgs. 231/2001, introdotto con legge 19 dicembre 2019, n. 157 e successivamente ampliato con d. lgs. 14 luglio 2020, n. 75.
26 Cfr. art. 25-sexiesdecies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto con d. lgs. 14 luglio 2020, n. 75 e modificati dal d.lgs.26 settembre 2024 n. 241.
reati di riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici 31 ed i reati contro gli animali 32
1.4. IL SISTEMA SANZIONATORIO
Sul piano della tipologia delle sanzioni (il cui catalogo è contemplato allâart. 9 del d. lgs.), spiccano la sanzione pecuniaria (artt. 10-12), quelle interdittive (artt. 13-17), la confisca (art. 19) e la pubblicazione della sentenza (art. 18). Va subito posto in risalto che, trattandosi di sanzioni amministrative, non trova luogo lâistituto della sospensione condizionale della pena (a) La sanzione pecuniaria, di indefettibile applicazione, risulta articolata tra un minimo e un massimo, ma non coincide con il Modello di sanzione pecuniaria a âsomma complessivaâ. Allo scopo di meglio adattarla alle reali capacitĂ economiche dellâente, è stato privilegiato un sistema âper quoteâ, a struttura bifasica 33. Questa articolata struttura, che individua uno spazio di
27 Cfr. art. 25-sexiesdecies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto con d.lgs.26 settembre 2024 n. 241.
28 Cfr. art. 25-octies.1, del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, lett. a), d. lgs. 8 novembre 2021, n. 184.
29 Cfr. art. 25-octies.1, del D. Lgs. 231/2001, come integrato dal D.L. 10 agosto 2023, n. 1505, convertito con modificazioni dalla Legge 9 ottobre 2023, n. 137.
30 Cfr. art 25-septiesdecies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, Legge 9 marzo 2022, n. 22, a decorrere dal 23 marzo 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 7, comma 1, della medesima legge n. 22/2022 e modificati dalla L 22 gennaio 2024, n. 6
31 Cfr. art. 25-duodevicies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, Legge 9 marzo 2022, n. 22, a decorrere dal 23 marzo 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 7, comma 1, della medesima Legge n. 22/2022.
32 Cfr. art. 25-undevicies del D. Lgs. 231/2001, introdotto con L- n. 6 giugno 2025, n. 82
33 La legge-delega 300/2000 si limitava ad individuare lâammontare minimo (pari a cinquanta milioni di lire, cioè a euro 25.822) e quello massimo (non oltre i tre miliardi di lire, pari a euro 1.549.370) ai quali si doveva attenere il decreto legislativo. In attuazione della delega, il valore di ogni singola quota va da un minimo di euro 258 ad un massimo di euro 1549 e, nellâart. 10, si stabilisce che la sanzione pecuniaria viene applicata per quote non inferiori a cento nĂŠ superiori a mille. Di conseguenza, il giudice, una volta individuato, sulla scorta dei criteri di commisurazione di cui allâart. 11, comma 1, il numero delle quote irrogabili (per come previsto dalla forbice edittale), procederĂ , poi, a determinare il valore della singola quota, tenendo conto delle capacitĂ economiche e patrimoniali dellâente (art. 11, comma 2). Lâoperazione si conclude, moltiplicando il numero delle quote inflitto con il valore assegnato alla singola quota.
discrezionalitĂ applicativa per il giudice in corrispondenza della gravitĂ oggettiva e soggettiva del fatto nonchĂŠ in vista della capacitĂ economica e patrimoniale dellâente (art. 11), permette di escludere che questa sanzione assolva a funzioni di natura compensativo-risarcitoria. Al contrario, la sua adattabilitĂ al caso concreto e alle sostanze dellâente è la spia dellâesistenza di finalitĂ di prevenzione generale e speciale Specie il riferimento alle âcondizioni economiche dellâenteâ, posto a fondamento del sistema âper quoteâ, orienta la commisurazione sia sul versante della prevenzione generale, nel senso che i potenziali destinatari del precetto sono diffidati dal poter contare su unâeventuale sproporzione tra la sanzione e le proprie condizioni economiche che renderebbe vantaggioso lâillecito; sia verso la prevenzione speciale, laddove tende ad impedire che condizioni economiche favorevoli rendano insensibile lâente al carattere afflittivo della sanzione pecuniaria. (b) Analoghe finalitĂ improntano le sanzioni interdittive, anchâesse comprese, sul piano edittale, tra un minimo e un massimo 34 . Giova evidenziare che la legge 3/2019 ha introdotto delle modifiche in materia di sanzioni interdittive. Infatti, lâart. 1, comma 9, lett. b) della legge, stabilisce, sul terreno repressivo, lâaumento della durata delle sanzioni interdittive, irrogate con riguardo alla commissione dei reati-presupposto di cui ai commi 2 e 3 dellâart. 25: oggi fissata in una durata non inferiore ad un anno (e, dunque, non superiore a due anni nel massimo, a norma dellâart. 13, comma2), la riforma la eleva, distinguendo a seconda del soggetto autore del reato-presupposto. Se si tratta di un soggetto apicale, la sanzione interdittiva ha una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette; se, per contro, lâautore è un dipendente, la durata andrĂ da un minimo di due anni ad un massimo di quattro (questa seconda ipotesi appare, per vero, munita di uno spazio
34 Fatte salve le sanzioni interdittive applicate in via definitiva che, per la gravitĂ dei presupposti che ne condizionano lâirrogazione (v. art. 16 d. lgs.), si fondano sopra una prognosi di irrecuperabilitĂ dellâente ad una prospettiva di legalitĂ .
35 Vale a dire, a norma dellâart. 13: a) quando lâente ha ritratto dal reato un rilevante profitto e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale, ovvero da soggetti âsubordinatiâ quando la commissione del reato è dipesa da gravi carenze organizzative; b) in caso di reiterazione degli illeciti.
applicativo particolarmente ridotto, atteso che, statisticamente, la criminalitĂ del profitto mette quasi sempre capo a soggetti in posizione apicale).
Quanto alla tipologia, lâart. 9 prevede: lâinterdizione dallâesercizio dellâattivitĂ , la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dellâillecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, lâesclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e lâeventuale revoca di quelli giĂ concessi, il divieto di pubblicizzare beni e servizi. Destinate a trovare obbligatoria applicazione nei soli casi previsti dalla legge e quando ricorrono determinate condizioni di âgravitĂ â dellâillecito (v. art. 13) 35, il contenuto di tali sanzioni, di tipo fortemente incapacitante, rimanda la presenza di una finalitĂ di prevenzione generale, da intendersi come capacitĂ di dissuasioneintimidazione, sia pure complementare rispetto a quella di prevenzione speciale, maggiormente espressiva dellâistanza di neutralizzazione della fonte del rischioreato.
Va, poi, segnalato che, in sede di scelta delle sanzioni interdittive (art. 14), il giudice è chiamato a valutare lâidoneitĂ preventiva delle singole sanzioni, anche in vista di una loro applicazione congiunta. La sanzione dellâinterdizione dallo svolgimento dellâattivitĂ viene concepita come extrema ratio, in ragione del suo alto grado di invasivitĂ . Inoltre, occorre evidenziare il parametro della frazionabilitĂ delle sanzioni interdittive, che devono proiettarsi, per quanto possibile, in direzione della specifica attivitĂ dellâente fonte lâillecito.
Nel contesto della disciplina, assume particolare importanza la norma dellâart. 15, relativa alle ipotesi in cui le sanzioni interdittive sono applicate verso enti che svolgono un pubblico servizio o un servizio di pubblica utilitĂ , quando dallâinterruzione dellâattivitĂ può derivare un grave
A proposito del âprofitto di rilevante entitĂ â, di cui allâart. 13, si segnala che, di recente, la Corte di Cassazione ne offerto una concezione âdinamicaâ, precisando che esso non dipende dalla considerazione del valore del contratto o del fatturato seguito al reato (criterio âstaticoâ dellâutile netto), ma può comprendere anche vantaggi economici non immediati, comunque conseguiti con la commissione dellâillecito (Cass., 23 giugno 2006, La Fiorita soc. coop. a r. l., inedita).
pregiudizio alla collettivitĂ , ovvero quando lâapplicazione di tali sanzioni può causare rilevanti ripercussioni sullâoccupazione, avuto riguardo alle dimensioni dellâente e alle condizioni economiche del territorio in cui è situato. In questi casi, il giudice, in luogo della misura interdittiva, dispone la prosecuzione dellâattivitĂ da parte di un commissario, per un periodo pari alla durata della sanzione interdittiva che sarebbe stata applicata.
Sul piano strutturale, il commissariamento si atteggia come una vera e propria misura alternativa di contenuto sanzionatorio. Lo si desume dalla sua ossatura: in primo luogo, la durata, che è pari a quella della sanzione interdittiva che il giudice avrebbe inflitto; in secondo luogo, si prevede che il profitto derivante dalla prosecuzione dellâattivitĂ debba essere confiscato. Sul versante dello âscopoâ, la misura tradisce una chiara finalitĂ curativa, per sommi capi accostabile al corporate probation statunitense e al placement sous surveillance judiciaire previsto in Francia. Coerentemente, il commissario viene chiamato a curare la riorganizzazione dellâente con lâadozione dei modelli di prevenzione del rischio-reato. (c) Ma lâaspetto sicuramente piĂš innovativo del sistema sanzionatorio sta nel rilievo accordato alle condotte di ravvedimento post factum. I comportamenti di riparazione dellâoffesa e di ri-organizzazione dellâente in direzione della legalitĂ possiedono una particolare efficacia condizionante dello stesso regime di applicazione delle sanzioni. Una speciale forma di attivitĂ riparatoria provoca, infatti, una significativa riduzione della sanzione pecuniaria e, addirittura, lâinapplicabilitĂ delle sanzioni interdittive. Si tratta delle attivitĂ coincidenti con il risarcimento del danno e con lâeliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato nonchĂŠ con lâadozione di efficaci modelli di prevenzione del rischio-reato (v. artt. 12 e 17 del decreto). Tali condotte, per poter conseguire gli effetti ora indicati, vanno poste in essere prima dellâapertura del dibattimento di primo grado 36. Ne deriva che, specie con riguardo alle sanzioni interdittive, il sistema cosĂŹ congegnato trasuda, sul piano sistematico e politicocriminale, indubbie finalitĂ
36 Il favore accordato alle condotte riparatorie fa sĂŹ che esse, anche se tenute oltre lâapertura del dibattimento di primo grado, possano comunque dare luogo alla
specialpreventive. CosĂŹ, per un verso, la minaccia, di cospicuo spessore, è collegata al compimento di illeciti di particolare gravitĂ o allâesistenza della reiterazione specifica degli illeciti; per altro e collegato verso, vengono ritagliate sanzioni positive, che consentono di evitare lâapplicazione delle sanzioni interdittive in presenza di comportamenti diretti, con un legame sinergico di natura funzionale, a reintegrare lâoffesa e a prevenire la commissione di ulteriori illeciti attraverso unâopera di riorganizzazione preventiva dellâente. Come si vede, il sistema sanzionatorio, proprio sul versante delle temute sanzioni interdittive, non si ispira ad una logica punitiva indiscriminata, ma mira dichiaratamente a privilegiare la prospettiva della tutela dei beni in uno con la prevenzione del rischio di commissione di ulteriori illeciti.
(d) Per quanto concerne la confisca (art. 19), si tratta di una sanzione autonoma e obbligatoria: è, infatti, sempre disposta con la sentenza di condanna e ha ad oggetto il prezzo o il profitto del reato. La norma configura anche la forma di confisca c.d. âper equivalenteâ, che ha ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilitĂ di valore equivalente al prezzo o al profitto derivato dallâillecito, quando, ovviamente, non ne è possibile lâapprensione nelle forme tradizionali.
La pubblicazione della sentenza di condanna (art. 18) può essere disposta dal giudice solo quando viene irrogata una sanzione interdittiva e vanta significative assonanze con lâAdverse Publicity statunitense e la Communication de la dĂŠcision francese.
Quanto al regime della prescrizione delle sanzioni amministrative, si è prescelta una disciplina (v. art. 22) di evidente stampo civilistico, che stride con la natura intrinsecamente punitiva dellâillecito. (e) Il procedimento di accertamento della responsabilitĂ e di applicazione delle sanzioni è interamente devoluto alla cognizione del giudice penale, secondo le norme del codice di procedura penale (v. artt. 34 ss.). Lâente, dunque, assume nel processo la qualitĂ di imputato, partecipandovi tramite il suo rappresentante legale (salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende la
sostituzione della sanzione interdittiva con la sanzione pecuniaria, che si somma, cosĂŹ, a quella giĂ inflitta con la sentenza di condanna (v. artt. 31 e 78).
responsabilitĂ sanzionatoria dellâente) ovvero con un mandatario munito di specifica delega (art. 39). La persona fisica, imputata del reato-presupposto, non potrĂ esercitare la funzione di testimone nel processo a carico dellâente; tale incompatibilitĂ a testimoniare si estende anche a colui che rappresenta lâente nel processo e che rivestiva tale qualitĂ anche nel momento in cui fu commesso il reato (art. 44): è evidente, in questo caso, che, se il rappresentante legale fosse costretto a testimoniare, si esporrebbe al rischio di autoincriminazione, in quanto potrebbe trovarsi nella situazione di dichiarare fatti e circostanze da cui il giudice ricaverebbe elementi di prova sia a carico dellâente, sia a suo carico.
Nellâambito del sistema processuale, meritevole di attenzione appare la disciplina delle misure cautelari (artt. 45 ss.). Quanto alla tipologia, le misure coincidono con il catalogo delle sanzioni interdittive e sono applicabili quando sussistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti dellâente e il pericolo di reiterazione (art. 45, comma 1). Il procedimento di applicazione presenta tratti di originalitĂ , atteso che il giudice provvede sulla richiesta del pubblico ministero allâesito di una udienza nel contraddittorio delle parti (art. 47). Va posto in risalto che, in tale udienza, lâente può richiedere di dar corso alle condotte riparatorie che, come si è visto, determinano lâinapplicabilitĂ delle sanzioni interdittive: in tal caso, il giudice può sospendere le misure cautelari, assegnando un termine per la loro realizzazione e fissando una somma a titolo di cauzione. Se le condotte riparatorie vengono attuate, il giudice revoca la misura cautelare (art. 49).
Ancora una volta, dunque, il legislatore fa trasparire il favore per le condotte riparatorie, tanto che lâudienza cautelare tende ad assumere, nella prassi, una funzione spiccatamente preventiva, nellâottica di favorire, prima possibile, un recupero dellâente alla legalitĂ .
1.5. I SOGGETTI DESTINATARI DEL DECRETO
Lâart. 1, comma 2, del D. Lgs. 231/2001stabilisce che le disposizioni del decreto si applicano agli enti forniti di personalitĂ giuridica e alle societĂ e
associazioni anche prive di personalitĂ giuridica. Il comma 3 esclude, per contro, che il decreto possa avere tra i suoi destinatari lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici nonchĂŠ quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
Non sorgono particolari interpretativi in ordine allâelenco contenuto nel secondo comma: la scelta di estendere il regime della responsabilitĂ agli enti sprovvisti di personalitĂ giuridica appare del tutto ragionevole, visto il rilievo che possiedono nella vita economica e giuridica. Peraltro, allo scopo di estromettere dal novero dei destinatari soggetti come i âcondominiâ e i âcomitatiâ, il legislatore ha fatto ricorso alla formula âsocietĂ ed associazioni anche prive di personalitĂ giuridicaâ, cosĂŹ da selezionare solo gli enti che, pure privi di personalitĂ giuridica, possano comunque ottenerla. Il comma 3 esclude dal raggio dei destinatari gli enti pubblici non economici (si pensi a quelli associativi, come gli ordini, i collegi professionali, lâACI, la CRI, ecc.) e quelli che svolgono un pubblico servizio, sprovvisti di finalitĂ di lucro (si pensi alle aziende ospedaliere). In definitiva, il decreto assoggetta a responsabilitĂ gli enti pubblici orientati dal fine di lucro e quelli conformati dal principio di economicitĂ , sottoposti ad uno statuto privatistico di disciplina. Questa scelta, con riguardo agli enti pubblici associativi, sembra muovere dalla marginalitĂ di tali enti, destinati, per lo piĂš, a scomparire a causa del crescente fenomeno delle privatizzazioni, che, una volta intervenute, provocherebbero la soggezione alla disciplina stabilita dal decreto; per quanto concerne gli enti pubblici non economici (specie quelli che svolgono un pubblico servizio), la sottoposizione alla normativa in esame avrebbe avuto una ridottissima efficacia deterrente, visto che il costo delle sanzioni pecuniarie si sarebbe scaricato, da ultimo, sullo Stato, mentre lâapplicazione di sanzioni interdittive si sarebbe risolta in un costo per la collettivitĂ . Il riferimento agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, come soggetti posti al di fuori della disciplina del decreto, coinvolge i partiti politici e i sindacati.
1.6.
LA DISCIPLINA DEI REATI COMMESSI ALLâESTERO E DI QUELLI COMMESSI IN ITALIA DA ENTI AVENTI LA SEDE PRINCIPALE ALLâESTERO
Lâart. 4 D. Lgs. 231/2001 disciplina le ipotesi di responsabilitĂ degli enti con sede principale nel territorio nazionale in relazione ai reati commessi allâestero. La norma prevede che il giudice italiano potrĂ procedere nei confronti dellâente se sarĂ competente ad accertare la responsabilitĂ dellâautore del reato. Nessuna differenza nei criteri di imputazione della responsabilitĂ , anche se in questi casi occorrerĂ che lâautore del reato commesso allâestero si trovi nelle condizioni poste dagli artt. 7, 8, 9 e 10 c.p., specificamente richiamati dallâart. 4, che è cosĂŹ strutturato:
a) attraverso il richiamo degli artt. da 7 e 10 c.p. pone le prime condizioni perchĂŠ lâente possa rispondere dei reati commessi allâestero;
b) richiede che lâente abbia la sede principale nel territorio dello Stato;
c) prevede che nei casi in cui la legge preveda la richiesta del Ministro della giustizia per procedere contro la persona fisica, la richiesta debba essere formulata anche per quanto riguarda lâente;
d) infine, contiene una clausola, particolarmente significativa, che esclude che si possa procedere contro la persona giuridica se lo Stato del luogo in cui il fattoreato è stato commesso abbia esso stesso deciso di procedere contro la società .
Lâart. 4 nulla dispone, per contro, con riguardo allâipotesi inversa, relativa ai reati commessi in Italia da societĂ aventi la sede principale allâestero, che ricomprende, dunque, lâattivitĂ svolta in Italia dalle societĂ estere, provviste o non di sedi nel territorio italiano. Da questo silenzio, non è però possibile trarre il principio di insussistenza della giurisdizione italiana. Che la giurisdizione italiana sussista è ricavabile dal complesso delle disposizioni del D Lgs. citato: in particolare, lâart. 36 sancisce che il giudice penale, legittimato a conoscere del reato-presupposto, è del pari competente a conoscere lâillecito amministrativo dellâente, sĂŹ che la competenza per lâaccertamento di tale illecito si radica nel luogo di commissione del reato-presupposto. Il perimetro entro il quale opera la giurisdizione italiana, anche in relazione
allâillecito amministrativo, è dunque delimitato da quanto disposto in via generale dallâart. 6 del codice penale, laddove statuisce che â il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando lâazione o lâomissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se ivi si è verificato lâevento che la conseguenza dellâazione od omissioneâ.
A questa stregua, rientrerebbe certamente nella competenza del giudice penale italiano lâillecito amministrativo conseguente ad es. ad un reato di corruzione laddove la dazione della provvista al pubblico ufficiale - avvenuta mediante lâaccredito delle relative somme di danaro su conti esteri - sia stata preceduta da un accordo corruttivo concluso sul territorio italiano; o ancora lâillecito amministrativo conseguente ad un reato di riciclaggio commesso attraverso unâoperazione di sostituzione di danaro di provenienza illecita, allorchĂŠ detta operazione sia stata effettuata con il coinvolgimento della filiale italiana; o ancora ad un reato di aggiotaggio, allorchĂŠ lâordine di investimento - effettuato ad opera del desk della societĂ âmadreâ collocata allâestero - abbia prodotto unâalterazione sensibile del prezzo di uno strumento finanziario collocato sul mercato italiano. Ne deriva, pertanto, che nel momento in cui lâente estero decide di operare in Italia ha lâobbligo di uniformarsi alle previsioni normative italiane, non potendosi prefigurare, per gli enti esteri, una sorta di âautoesclusioneâ dalla normativa nostrana, in chiaro contrasto con lâart. 3 c.p.
Parte Generale 2.0
ConďŹgurazione giuridica ed organizzativa di CPL
Concordia
2 PARTE GENERALECONFIGURAZIONE GIURIDICA ED ORGANIZZATIVA DI CPL CONCORDIA
CPL Concordia Soc. Coop. (per brevitĂ anche âCPLâ o âSocietĂ â) è la holding operativa di un gruppo cooperativo multiutility italiano costituito nel 1899, che occupa circa 1.600 addetti, con un fatturato consolidato di oltre 300 milioni di euro. Le attivitĂ del Gruppo riguardano lâenergia in tutti i suoi aspetti: dallâapprovvigionamento e distribuzione alla contabilizzazione di gas ed elettricitĂ , alla produzione mediante sistemi tradizionali o impianti rinnovabili, svolgendo anche la progettazione e attuazione di soluzioni che migliorano lâefficienza energetica e producono risparmio di risorse per clienti pubblici e privati.
Il Gruppo opera in Europa (Italia e Romania)
La SocietĂ adotta un sistema di amministrazione e controllo di tipo tradizionale, con un Consiglio di Amministrazione composto da 9 membri, un organo di controllo, il Collegio Sindacale, composto da 3 membri effettivi e due supplenti, e lâattivitĂ di revisione legale dei conti affidata ad una primaria SocietĂ di Revisione. La SocietĂ può costituire un Comitato rischi e operazioni con parti correlate e un Comitato nomine e remunerazione, relativamente ai quali il Consiglio di Amministrazione determina la composizione e le specifiche funzioni
Nella tabella sottostante viene riportata la composizione dellâorganico della SocietĂ alla data del 30/06/2025.
Dirigenti 19
Quadri 64
Impiegati 728
Operai 906
Apprendisti 26
TOTALE 1743
Di seguito vengono specificati i settori di business allâinterno delle macroaree nelle quali la SocietĂ ha sviluppato il proprio mercato:
1. GAS: reti, servizi alla distribuzione, odorizzazione, pronto intervento gas, ripartizione calore, stazioni di
decompressione, sistemi di filtrazioni, protezione catodica, telecontrollo cabine e consumi, telecontrollo reti, fatturazione, servizi di contact center, convertitori di volumi, software gas, GNL, manutenzione meccanica ed elettronica, impianti e sistemi dâiniezione;
2. ENERGIA: energy management, facility management, servizio energia, impianti MT, BT e illuminazione interni, building automation, sistema HVAC, pubblica illuminazione, teleriscaldamento, pronto intervento elettrico, smart city, convenzioni Consip, telecontrollo consumi energetici, software energia;
3. COGENERAZIONE: cogenerazione a metano, trigenerazione, service postvendita, moduli di cogenerazione, assorbitori a bromuro di litio;
4. BIOGAS e BIOMASSE: cogenerazione a biogas, service post-vendita biogas;
5. ACQUA: costruzione di reti, gestione di reti, pronto intervento acqua, telecontrollo impianti idrici, impianti idrico-sanitari antincendio, depurazione e trattamento acque, software acqua;
6. OIL & GAS SERVICES: manutenzione macchine rotanti, costruzione impianti;
7. FOTOVOLTAICO: impianti fotovoltaici, telecontrollo impianti.
Passando ad illustrare lâorganizzazione interna della SocietĂ (v. allegato 2: organigramma funzionale), occorre rilevare che a seguito della delibera del CDA del 4 agosto 2016, confermata con delibera del 30/06/2018, del 18/06/2021 e del 07/06/2024, questa ha assunto una diversa connotazione rispetto al passato.
Il CDA ha rappresentato la necessitĂ di individuare poteri e responsabilitĂ dei vertici aziendali e del management tutto, di definire un nuovo sistema di regole che assicurino la piĂš completa tracciabilitĂ dei processi decisionali e di portare a compimento il processo di managerializzazione della cooperativa. La sua realizzazione ha portato al trasferimento di buona parte dei poteri ordinari al Direttore Generale. Il CDA ha mantenuto la pianificazione strategica, la definizione delle linee dâindirizzo e di sviluppo della SocietĂ , la programmazione dellâattivitĂ sociale, la rappresentanza istituzionale della SocietĂ nonchĂŠ lâindirizzo ed il controllo dellâattivitĂ del Direttore Generale. Rimangono in capo al CDA, nella figura del Presidente e del
Vicepresidente, le attivitĂ non delegabili ex lege.
Il Direttore Generale assume, pertanto, tutti i poteri attuativi e di conduzione dellâordinaria attivitĂ dâimpresa, di gestione operativa, amministrativa e tecnica, anche con rilevanza esterna, fungendo da supporto realizzativo della volontĂ degli amministratori ed agendo in esecuzione delle politiche generali fissate dagli stessi. Il Direttore Generale assume anche il ruolo di Datore di Lavoro.
Il Direttore Generale ha delegato parte delle proprie funzioni a Direttori e Responsabili delle seguenti aree: Direzione di Produzione, Settori, Direzione Commerciale, Direzione Amministrativa, Direzione Sviluppo Organizzazione e Competenze, Direzione Approvvigionamenti, Direzione Ingegneria, nonchĂŠ al Responsabile Sistemi Informativi, agli Human Resources Business Partner, al Responsabile Finanziario e al Responsabile dellâUfficio Amministrazione e Paghe. Maggiori dettagli sullo schema di poteri e deleghe sono descritti nel capitolo âIl sistema delle procure e delle delegheâ. Lâoverview evidenzia che CPL è una SocietĂ holding operativa, che, oltre a svolgere la propria attivitĂ industriale, detiene quote di partecipazione di maggioranza con finalitĂ di controllo strategico e di coordinamento in societĂ italiane ed estere.
Stante lâimportanza che rivestono gli aspetti legali nellâattivitĂ della SocietĂ , CPL, come molte organizzazioni di eguale e superiori dimensioni e complessitĂ , ha optato per una separazione e specializzazione delle aree legali:
a) gli Affari Legali e Societari per tutte le attivitĂ e competenze del diritto con esclusione del Diritto del lavoro; b) lâarea legale della Direzione Organizzazione e Sviluppo delle Competenze per quanto rientra nel Diritto del Lavoro.
In tutto il Modello, per âArea Legaleâ, se non direttamente esplicitato nel capoverso, si dovrĂ intendere lâuna o lâaltra in funzione della tipologia. In caso di dubbio, lâassegnazione sarĂ rimessa al Responsabile Affari Legali e Societari.
2.1. INTERNAL AUDITING
La SocietĂ si è dotata di una struttura di Internal Auditing, approvandone il Mandato nel corso del CDA del 19 luglio 2016, riconfermato con aggiornamento nel CDA del 16 aprile 2019 sentito il Collegio Sindacale e lâOrganismo Di Vigilanza. La missione della struttura, parte integrante dell'ambiente di controllo interno e componente del sistema complessivo di Governance, è quella di valutare adeguatezza e funzionalitĂ dei processi di gestione dei rischi, di controllo e di Governance, tramite un'attivitĂ indipendente ed obiettiva di assurance e consulenza.
AffinchĂŠ tale missione possa essere perseguita, l'Internal Audit: Verifica lâadeguatezza, lâeffettivitĂ e lâefficacia del sistema interno per la gestione del rischio (ERM â Enterprise Risk Management) secondo gli schemi espressi dalla letteratura aziendalistica internazionale sul tema ed in particolare dal COSO ERM Framework1. Il nuovo framework si basa sulla premessa che ogni organizzazione, per creare valore, debba gestire i rischi che minacciano il raggiungimento degli obiettivi. Pertanto, la sfida consiste nel determinare quanto rischio lâorganizzazione è disposta e capace di gestire. In questo contesto, lâERM deve permettere allâorganizzazione di ottimizzare il rapporto tra esposizione al rischio e opportunitĂ , al fine di rafforzare la capacitĂ aziendale di creare, preservare e generare valore. In questâottica, la strategia di Audit deve essere definita non solo in funzione dei rischi sottesi, tenendo in considerazione le interdipendenze tra processi, ma anche degli obiettivi aziendali, cosicchĂŠ lâattivitĂ di controllo possa generare un effettivo valore aggiunto per la Cooperativa; verifica l'esistenza del Controllo Interno, accertandone il grado di adeguatezza in termini di conformitĂ ai principi di controllo interno della Cooperativa. Con il termine âControllo
Internoâ si fa riferimento alle fonti della letteratura aziendalistica internazionale sul tema ed in particolare al CoSO Report 37. Secondo tale fonte il Controllo Interno è il sistema di individuazione e gestione dei rischi che minacciano il raggiungimento dei principali obiettivi di unâimpresa: lâefficienza ed efficacia della gestione, lâattendibilitĂ dellâinformativa di bilancio, la conformitĂ a leggi e regolamenti. Il Controllo Interno, secondo il CoSO Report, è costituito da cinque elementi che interagiscono tra loro: ambiente di controllo, valutazione dei rischi, attivitĂ di controllo, informazioni e comunicazione, monitoraggio; verifica il regolare funzionamento del Controllo Interno, suggerendo eventuali azioni correttive; definisce periodicamente, con il Presidente del Consiglio di Amministrazione (nel seguito âPresidenteâ), con l'Organismo di Vigilanza (istituito ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 231/2001) ed il Collegio Sindacale, le aree di preminente interesse per lo svolgimento di audit specifici; riporta periodicamente al Consiglio di Amministrazione una sintesi delle risultanze degli interventi e delle valutazioni di adeguatezza del Controllo Interno; supporta il Management nella continua adozione e diffusione della metodologia di Risk Assessment, sulla base della quale sviluppa ed esegue un Piano di Audit; collabora con le funzioni di controllo di secondo livello (Controllo di Gestione, Sicurezza, Ambiente, ecc.) e ne monitora lâoperativitĂ e lâefficacia;
37 Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission,â Internal Control - Integrated Frameworkâ - (CoSO Report), AICPA, 1992, New York, trad. it. con adattamenti alla realtĂ italiana in Coopers &
monitora situazioni critiche intervenute all'interno dell'organizzazione che potrebbero apportare rilevanti cambiamenti nel Controllo Interno; fornisce un adeguato supporto all'Organismo di Vigilanza istituito ai sensi dell'art. 6 del D. Lgs. 231/2001 (nel seguito âODVâ).
L'Internal Audit provvede, tra l'altro, ad analizzare e valutare, prestando consulenza e supporto: l'affidabilitĂ dei sistemi di salvaguardia del patrimonio aziendale; la correttezza delle metodologie e dei comportamenti adottati sulla base delle disposizioni aziendali e delle norme applicabili; l'adeguatezza delle principali procedure della Cooperativa; l'affidabilitĂ dei sistemi informativi; la definizione dei programmi di revisione delle procedure e di miglioramento operativo sulla base delle rilevazioni effettuate; le metodologie ed i comportamenti adottati in relazione ad operazioni di scorporo, fusione, scissione, acquisizione, cessione di attivitĂ .
Le aree tipiche di intervento dell'Internal Audit coprono quindi gli ambiti conformitĂ e controllo, efficacia ed operativitĂ dei controlli interni esistenti, interventi speciali. Lâazione è disciplinata dai principi di etica professionale dellâInstitute of Internal Auditor
2.2. COMITATI ENDOCONSILIARI
Lo Statuto della Società prevede la possibilità di costituire un Comitato rischi e operazioni con parti correlate e un Comitato nomine e remunerazione. Si tratta di comitati endoconsiliari ai quali può essere assegnato un mandato di analisi e
Lybrand,â Il sistema di controllo interno. Progetto di Corporate Governance per l'Italia. Un Modello integrato di riferimento per il governo dell'aziendaâ, Il Sole 24 ore Libri, 1997 Milano.
rendicontazione rispettivamente in materia di gestione dei rischi e di politiche e strategie in materia retributiva. Per entrambi i comitati è direttamente il Consiglio di Amministrazione che ne determina la composizione e le specifiche funzioni
2.3. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DEL RISCHIO-REATO
PREMESSA
La Società è particolarmente sensibile allâesigenza di diffondere e consolidare la cultura della trasparenza e dellâintegritĂ , poichĂŠ â anche prescindendo dall'aspetto strettamente giuridico-sanzionatorio sin qui illustrato â tali valori costituiscono il fulcro della propria cultura.
A tal proposito, la SocietĂ , in una logica di costante crescita e sviluppo della cultura della legalitĂ , ha ritenuto opportuno definire un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo del rischio-reato ai sensi del D. Lgs. 231/2001.
2.3.1. Lâadozione del modello e suo aggiornamento
Lâadozione del Modello è demandata dal D. Lgs. 231/2001 stesso alla competenza dellâorgano dirigente (ed in particolare al Consiglio di Amministrazione), al quale è altresĂŹ attribuito il compito di integrare ed aggiornare il Modello.
Il Modello non è concepito infatti come un documento statico, ma al contrario è pensato nellâottica di un continuo aggiornamento in relazione alle esigenze di adeguamento che per esso si vengono a determinare nel tempo. Infatti, esso sarĂ oggetto di costante aggiornamento e miglioramento.
Gli eventi che, con lo spirito di mantenere nel tempo un Modello efficace ed effettivo, potranno essere presi in considerazione ai fini dellâaggiornamento o adeguamento del Modello, sono riconducibili, a titolo esemplificativo e non esaustivo, a: - novitĂ legislative con riferimento alla disciplina della responsabilitĂ degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato; - orientamenti della giurisprudenza e della dottrina prevalente; - riscontrate carenze e/o lacune e/o significative violazioni delle previsioni del Modello a seguito di verifiche sullâefficacia del medesimo;
- cambiamenti significativi della struttura organizzativa, dei processi o dei settori di attivitĂ di CPL; - considerazioni derivanti dall'applicazione del Modello, ivi comprese le risultanze degli aggiornamenti dellââanalisi storicaâ.
Nel processo di definizione ed adozione, CPL ha verificato che il Modello, relativamente alla data di approvazione, sia allineato: - alle ultime novitĂ normative; - alla piĂš recente giurisprudenza in materia; - agli orientamenti dottrinali piĂš accreditati; - alle migliori prassi applicative esistenti.
2.3.1.
Le finalitĂ del modello
Il Modello 231 predisposto dalla SocietĂ si propone come finalitĂ quelle di: - predisporre un sistema di prevenzione e controllo finalizzato alla riduzione del rischio di commissione dei reati, rilevanti ai fini del Decreto, connessi alla propria attivitĂ ; - rendere tutti coloro che operano in nome e per conto di CPL, ed in particolare quelli impegnati nelle âaree di attivitĂ a rischioâ, consapevoli di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni in esso riportate, in un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale ed amministrativo, non solo nei propri confronti, ma anche nei confronti della SocietĂ ; - informare tutti i terzi che operano con la SocietĂ che la violazione delle prescrizioni contenute nel Modello comporterĂ la risoluzione del rapporto contrattuale.
2.3.2. La costruzione del modello
CPL ha proceduto ad una ricognizione delle proprie attivitĂ e ad una analisi approfondita delle stesse, al fine di individuare le aree âa rischioâ allâinterno della SocietĂ
La costruzione del Modello 231 si è articolata nelle fasi di seguito descritte:
(i) esame preliminare della documentazione di riferimento, al fine di identificare le fattispecie di reato rilevanti per CPL ai sensi del D. Lgs. 231/2001;
(ii) individuazione delle aree di attivitĂ e dei processi âa rischioâ, delle attivitĂ âsensibiliâ, ovvero quelle al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati previsti dal D. Lgs. 231/2001, nonchĂŠ delle funzioni coinvolte;
(iii) definizione, in via di ipotesi, delle principali possibili modalitĂ esemplificative di commissione dei reati presupposto;
(iv) svolgimento di interviste con i ruoli organizzativi chiave di CPL, finalizzate alla rilevazione ed individuazione del sistema di controllo dellâente finalizzato a prevenire la commissione dei reati presupposto.
Lâesito di tale attività è stato raccolto e formalizzato nel documento di âMappa delle Aree a Rischio Reatoâ.
Sulla base di tali attivitĂ , si è provveduto allâindividuazione dei sistemi di controllo interno a presidio delle aree a rischio di reato, nonchĂŠ agli eventuali ambiti di miglioramento dei controlli (c.d. âgap analysisâ). Tale documento è denominato "Valutazione dei Fattori di Rischio e del Sistema di Controllo Internoâ.
Nella predisposizione del Modello 231 sono, dunque, state prese in considerazione le specifiche caratteristiche operative e organizzative di CPL, nonchĂŠ le diverse regole procedurali e comunicazioni organizzative.
2.3.3. Le componenti del modello. Il codice etico e di comportamento
La SocietĂ intende improntare lo svolgimento dellâattivitĂ , il perseguimento dello scopo sociale e la crescita della SocietĂ al rispetto, non solo delle leggi e dei regolamenti vigenti, ma anche di principi etici condivisi. A tale fine, la SocietĂ si è dotata di un Codice Etico, volto a definire una serie di valori e principi di "deontologia aziendale" che la SocietĂ riconosce come propri e dei quali esige lâosservanza da parte degli organi societari, dei propri dipendenti e di tutti coloro che cooperano a qualunque titolo al perseguimento dei fini aziendali. Il Codice Etico ha una portata di carattere generale e rappresenta uno strumento caratterizzato da propria autonomia contenutistica, pur richiamando principi di comportamento rilevanti anche ai fini del Modello.
Il Codice Etico vuole:
- ribadire che nessun vantaggio per lâazienda può giustificare lâadozione di comportamenti in contrasto con i principi e i valori condivisi; - rendere comuni e diffusi a tutti i livelli i valori di integritĂ in cui lâazienda crede, facendo in modo che ogni volta che qualcuno debba prendere una qualsiasi decisione si ricordi che sono in gioco non solo i propri interessi e i propri diritti e doveri, ma anche quelli degli altri; - rendere consapevoli le persone del fatto che il benessere ed il rispetto di tutti devono sempre essere presi in considerazione nellâagire quotidiano.
2.3.4. Il concetto di rischio accettabile
Nella predisposizione di un Modello, quale il presente, non può essere trascurato il concetto di rischio accettabile. Ă, infatti, imprescindibile stabilire, ai fini del rispetto delle previsioni introdotte dal D. Lgs. 231/2001, una soglia che consenta di limitare la quantitĂ e qualitĂ degli strumenti di prevenzione che devono essere adottati al fine di impedire la commissione del reato. Con specifico riferimento al meccanismo sanzionatorio introdotto dal D. Lgs. 231/2001, la soglia di accettabilità è rappresentata dallâefficace implementazione di un adeguato sistema preventivo che sia tale da non poter essere aggirato se non intenzionalmente, ovvero, ai fini dellâesclusione di responsabilitĂ amministrativa dellâEnte, le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente il Modello ed i controlli adottati dalla SocietĂ
2.3.5. La struttura del modello ed i reati presupposto rilevanti ex D. Lgs. 231/2001 ai fini della sua costruzione
CPL ha inteso predisporre un Modello 231 che tenesse conto della propria peculiare realtĂ e struttura organizzativa, in coerenza con il proprio sistema di governo e in grado
di valorizzare i controlli e gli organismi esistenti.
Il Modello, pertanto, rappresenta un insieme coerente di principi, regole e disposizioni che:
- incidono sul funzionamento interno della SocietĂ e sulle modalitĂ con le quali la stessa si rapporta con lâesterno; - regolano la diligente gestione di un sistema di controllo delle Aree a Rischio Reato, finalizzato a prevenire la commissione, o la tentata commissione, dei reati richiamati dal D. Lgs. 231/2001.
Il Modello 231 di CPL è costituito da una âParte Generaleâ e da una âParte Specialeâ, questâultima suddivisa in relazione alle diverse categorie di illeciti amministrativi previsti dal D. Lgs. 231/2001 ritenuti rilevanti in relazione allâattivitĂ della SocietĂ , dal Codice Etico e dai documenti di Mappatura delle Aree a Rischio Reato e Valutazione dei Fattori di Rischio e del Sistema di Controllo Interno.
Nella presente Parte Generale sono illustrate le componenti essenziali del Modello, con particolare riferimento allâOrganismo di Vigilanza, alla formazione del personale e diffusione del Modello nel contesto dellâEnte ed extra-Ente, al sistema disciplinare e alle misure da adottare in caso di mancata osservanza delle prescrizioni dello stesso.
In particolare, la Parte Generale del Modello 231 contiene:
1) il Modello di governance e i sistemi organizzativi e di controllo interno adottati dallâente: dunque, vengono descritti la configurazione giuridica societaria, gli organi dellâente e le funzioni di controllo interno esistenti (ad esempio, Internal Auditing);
2) la dislocazione dei garanti: dopo la descrizione dellâorganigramma aziendale, viene formalizzato, in modo tassativo, il sistema delle procure e delle deleghe, in coerenza con le responsabilitĂ operative e gestionali; la mappa dei poteri decisionali viene altresĂŹ integrata nella Parte Speciale, con lâindicazione dei responsabili, sul quale gravano il compito di dotare di particolare evidenza il processo a rischio-reato, controllare che il sistema di prevenzione funzioni e a fungere da interfaccia con gli organismi di controllo (in specie, lâOdV).
Questi due elementi sono complessivamente riconducibili al disimpegno di quella parte del dovere di
auto-organizzazione che riguarda la dislocazione topografica delle posizioni di garanzia e il sistema di governance adottato dalla SocietĂ . Sul terreno della diffusione della cultura della legalitĂ e della prevenzione del rischio-reato, la Parte Generale del Modello contempla altresĂŹ:
1) le linee dellâattivitĂ di informazione e di formazione sui contenuti del Modello e delle procedure di gestione del rischioreato;
2) le modalitĂ di emersione e di rilevamento delle violazioni del Modello;
3) la struttura del sistema disciplinare;
4) lâistituzione, la composizione, il funzionamento e gli obbiettivi dellâOrganismo di Vigilanza (OdV).
La Parte Speciale del Modello 231 di CPL è stata predisposta in relazione ad alcune âfamiglie di reatoâ che, allâesito delle attivitĂ di risk assessment effettuate, sono state ritenute maggiormente rilevanti in ragione del settore di operativitĂ , dellâorganizzazione e dei processi che caratterizzano la SocietĂ . Per ognuna delle singole Parti Speciali del Modello 231, esse contengono:
ď la descrizione della struttura dei reatipresupposto della responsabilitĂ dellâente;
ď la funzione della Parte Speciale;
ď le aree potenzialmente âa rischio reatoâ e le attivitĂ âsensibiliâ;
ď i principi generali di comportamento ed i contenuti essenziali delle cautele procedimentali e sostanziali, che ispirano le specifiche procedure operative richiamate nel Modello;
ď gli elementi essenziali dei presidi organizzativi aziendali nelle aree a rischio di reato;
ď i Responsabili del controllo;
ď i compiti dellâOdv e flussi informativi
2.4. IL SISTEMA DELLE PROCURE E DELLE DELEGHE
Il sistema in esame disegna la ripartizione dei poteri (e dei correlativi doveri) allâinterno di CPL (v. Allegato 3: Quadro sinottico dei poteri) ed è volto a delineare la griglia dei soggetti chiamati ad assumere responsabilitĂ di direzione e di gestione dei diversi compartimenti dellâente. Si riportano a seguire lo schema esemplificato di ripartizione i principali poteri suddivisi in macroaree. La descrizione è a titolo esemplificativo e non esaustivo e si rimanda agli Allegati 8 e 9 per la completa descrizione.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE (CDA)
A seguito della delibera del 7 giugno 2024, confermativa di delibere assunte sin dal 2018, il CDA ha definito un nuovo sistema di regole che assicurino il compimento il processo di managerializzazione della cooperativa trasferendo buona parte dei poteri al Direttore Generale. Il CDA ha mantenuto la pianificazione strategica, la definizione delle linee dâindirizzo e di sviluppo della SocietĂ , elaborazione dei piani di sviluppo riguardanti le eventuali attivitĂ diversificate, adozione delle scelte relative alla finanza strategica, il coordinamento dei rapporti fra la CPL e le societĂ controllate, la programmazione dellâattivitĂ sociale, la rappresentanza istituzionale della SocietĂ nonchĂŠ lâindirizzo ed il controllo dellâattivitĂ del Direttore Generale, nonchĂŠ le operazioni di ordinaria gestione: con valore superiore ai 15 milioni di euro; la nomina dei consulenti per importi superiori ai 100 mila euro; la sottoscrizione di contratti di assicurazione con premio assicurativo fino a 1 milione di euro.
Rimangono in capo al CDA, nella figura del Presidente e del Vicepresidente, le attivitĂ non delegabili ex lege.
IL DIRETTORE GENERALE (DG)
Il Direttore Generale assume tutti i poteri attuativi e di conduzione dellâordinaria attivitĂ dâimpresa, di gestione operativa, amministrativa e tecnica, anche con rilevanza esterna, fungendo da supporto realizzativo della volontĂ degli amministratori ed agendo in esecuzione delle politiche generali fissate dagli stessi,
entro il limite dâimporto di 15.000.000,00 euro per ciascuna operazione.
Inoltre, al DG è conferito il potere di sottoscrivere contratti di assicurazione a copertura di qualsiasi tipo di rischio con premio assicurativo entro il limite di euro 1.000.000,00 per singolo contratto, nonchĂŠ il potere di stipulare, con le clausole piĂš opportune inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di consulenza, prestazione dâopera intellettuale per incarichi relativi alla gestione corrente entro il limite di euro 100.000,00 per singolo incarico.
A titolo esemplificativo e non esaustivo (si rimanda per questo allâAllegato 8), vengono riportati nel seguito i principali poteri del DG suddivisi in macroaree:
a. AttivitĂ in esecuzione delle delibere del CDA: dare esecuzione alle delibere compiendo gli atti necessari; coordinare e sovrintendere alla organizzazione, produzione e attivitĂ aziendali; controllare lâandamento economico finanziario della SocietĂ ;
b. AttivitĂ Commerciale e di Partecipazione a Gare: negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti di fornitura/concessione di beni/servizi, prodotti/commercializzati/realizzati dalla SocietĂ ; negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti comunque funzionali alla gestione corrente della SocietĂ ; concorrere/presentare in nome e per conto della SocietĂ a gare, offerte, trattative; stipulare e sottoscrivere atti per la costituzione di RTI; rilasciare valide dichiarazioni nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni in genere e di privati e richiedere atti/documenti; prestare e richiedere il rilascio di fideiussioni in favore della SocietĂ e sottoscrivere le stesse;
c. Rapporti con i fornitori: negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti con i fornitori della SocietĂ ; sottoscrivere atti contabili e amministrativi relativi a contratti con i fornitori; accettare e restituire titoli rappresentativi di merce; accettare
performance bond, fideiussioni, polizze cauzionarie, etc.; emettere tratte su clienti, firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione;
d. AttivitĂ finanziarie, rapporti con le banche ed istituti assicurativi, pagamenti ed incassi: compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria; negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti con gli istituti di credito e le societĂ assicurative, di leasing, di factoring; sottoscrivere, richiedere/rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni dâincasso e pagamento;
e. Rapporti con AutoritĂ Fiscali, Doganali ed Amministrative: rappresentare la SocietĂ in tutti i rapporti con le Amministrazioni nazionali sovranazionali ed internazionali; rilasciare fideiussioni, firmare dichiarazioni attestati, fatture; effettuare dichiarazioni alle Camere di Commercio;
f. Rapporti con i dipendenti e con i consulenti: assumere e licenziare il personale non dirigente fissandone le mansioni; gestire il rapporto con il personale dirigente coordinandone lâattivitĂ ; attuare tutte le attivitĂ necessarie alla gestione del personale; rilasciare certificazioni ed attestati; promuovere e presidiare eventuali verifiche sul personale interno finalizzate allâesercizio del potere disciplinare; promuovere liti e resistere in giudizio; rappresentare la SocietĂ nei confronti delle OO.SS. e della R.S.A. â R.S.U.; rappresentare la SocietĂ in materia di lavoro;
negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti di consulenza entro i limiti di 100.000,00 euro per singolo incarico; il Direttore Generale assume anche il ruolo di Datore di Lavoro; g. Contenziosi: stare in giudizio in ogni grado di giurisdizione, con potere di conciliare o transigere la controversia; h. Potere di delega: il DG è autorizzato a delegare, nellâambito dei poteri a lui conferiti, i poteri che riterrĂ necessari per lâespletamento delle funzioni e degli incarichi a lui affidate, prevedendo la possibilitĂ di subdelega e di nomina di procuratori. i. Utile evidenziare che il DG assume anche il ruolo di Datore di Lavoro, ai sensi e per gli effetti di cui allâart. 2, co. 1, lett. B), D. Lgs. n. 81/2008, con tutti gli obblighi e responsabilitĂ derivanti a norma delle leggi vigenti; nonchĂŠ quale soggetto responsabile degli obblighi derivanti della disciplina in materia ambientale ai sensi del D. Lgs. 152/2006, s.m.i., degli adempimenti previsti ai sensi del D. Lgs. 105/2015 e s.m.i. in tema di protezione dai pericoli di incidenti rilevanti, ove applicabile, nonchĂŠ del Regolamento UE 679/2016, del D. Lgs. 196/2003 cosĂŹ come novellato dal D. Lgs. 101/2018 e della normativa vigente in tema di trattamento dei dati personali.
COMPONENTI DELLA DIREZIONE OPERATIVA (DO)
I Componenti della Direzione operativa sono partitamente indicati, con lâindicazione sintetica dei relativi poteri e competenze nellâelenco che segue. In particolare, essi si collocano nella prima linea gerarchica alle dirette dipendenze del DG e quasi tutti sono destinatari di deleghe e procure speciali nellâambito della responsabilitĂ a loro assegnata da questâultimo
DIRETTORE COMMERCIALE
Attualmente la funzione è ricoperta da due Direttori (il Direttore Commerciale Servizi
alle Reti, Soluzioni IT e Impianti Energetici ed il Direttore Commerciale Costruzioni e Servizi Territoriali) aventi i medesimi poteri. I DC possono, nei limiti assegnati, negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti con clienti aventi per oggetto la fornitura/concessione in uso dei beni/servizi, prodotti/commercializzati/realizzati dalla SocietĂ e presentare in nome e per conto della SocietĂ gare, offerte, trattative Possono, inoltre, stipulare e sottoscrivere atti per la costituzione di RTI; rilasciare valide dichiarazioni, richiedere atti/documenti, richiedere lâiscrizione ad albi fornitori e Sistemi di qualificazione, formulare istanze e manifestazioni dâinteresse, richiedere proroghe, richiedere e fornire chiarimenti, formulare istanze di accesso agli atti di gara e compiere i relativi accessi, richiedere ed eseguire sopralluoghi, nonchĂŠ sottoscrivere accordi di riservatezza.
DIRETTORE DI PRODUZIONE
Il DP può, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi; stipulare contratti di appalto, fornitura, somministrazione con clienti e fornitori; sottoscrivere documenti ed atti attivi e passivi relativi ad aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni, atti contabili, registri di contabilitĂ , SAL, verbali dâinizio lavori, di sopralluogo, etc. può, inoltre, accettare e restituire titoli rappresentativi di merce, chiederne lâammortamento; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonchĂŠ ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualitĂ di committente, dichiarazioni di conformitĂ ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dellâart. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualitĂ di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformitĂ per apparecchiature di misura e telecontrollo
presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento; accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionarie, etc.; gestire la somministrazione in qualitĂ di somministrato di diverse categorie di utilitĂ (telefonia, fornitura di acqua, gas ed energia elettrica); sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti
DIRETTORE DEI SETTORI
Il DS può, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi; stipulare contratti di appalto, fornitura, somministrazione con clienti e fornitori; sottoscrivere documenti ed atti attivi e passivi relativi ad aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni, atti contabili; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonchĂŠ ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualitĂ di committente, dichiarazioni di conformitĂ ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dellâart. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualitĂ di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformitĂ per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento Può, inoltre, accettare e restituire titoli rappresentativi di merce, chiederne lâammortamento; accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionarie, etc. gestire la somministrazione in qualitĂ di somministrato diverse categorie di utilitĂ (telefonia, fornitura di acqua, gas ed energia elettrica); sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti
DIRETTORE APPROVVIGIONAMENTI
Il DAC può, nei limiti assegnati, effettuare tutte le operazioni relative allâesercizio delle autovetture appartenenti alla SocietĂ , in
particolare: registrare e cancellare registrazioni, ottenere certificati di registrazione delle autovetture, riportare modifiche ai dati di registrazione, nonchĂŠ negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed allâestero contratti con i fornitori della SocietĂ , determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria per lâapprovvigionamento, tra lâaltro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilitĂ per lâesercizio dellâattivitĂ Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. compravendita e permuta di beni mobili, anche iscritti a pubblici registri, con esclusione di strumenti finanziari, aziende e rami dâazienda; ii. lâassunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende, rami dâazienda; iii. Prestazione di servizi; iv. Somministrazione in qualitĂ di somministrato (telefonia, fornitura di acqua, fornitura di gas ed energia elettrica); v. noleggio; vi. Trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vii. Appalto; viii. Mandato; ix. Agenzia in qualitĂ di preponente; x. Commissione; xi. Deposito; xii. Lavorazione per conto terzi; xiii. Comodato; xiv. Contratti di licenza e sublicenza aventi ad oggetto lâuso di diritti di proprietĂ industriale e/o di acquisto di brevetti, copyright e software a contenuto tecnologico. Può inoltre stipulare, con le clausole piĂš opportune inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di consulenza, prestazione dâopera intellettuale per incarichi relativi alla gestione corrente entro il limite di euro 30.000 per singolo incarico.
DIRETTORE FINANZIARIO
Il DF può, nei limiti assegnati, compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria in linea con gli obiettivi e le strategie periodicamente determinate dal Consiglio di Amministrazione; prestare fideiussioni a favore di terzi e chiedere a favore della Cooperativa il rilascio di fideiussioni bancarie da prestare a terzi; stipulare, modificare e risolvere contratti con istituti di credito e/o compagnie assicurative ivi incluse fideiussioni e/o garanzie e/o lettere di credito nellâinteresse della SocietĂ negoziare, stipulare, modificare e risolvere contratti di apertura di credito, di conto corrente, di deposito, di accettazione di
linee di credito e di finanziamento passivi, di scoperto di conto corrente, di castelletto di sconto di portafoglio commerciale, di anticipi su lavori, di accettazioni bancarie, fissandone le condizioni e le modalitĂ di esecuzione; sottoscrivere contratti di assicurazione a copertura di qualsiasi tipo di rischio, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria, con facoltĂ di predisporre ed accettare patti, condizioni, termini, premi, massimali, franchigie, scoperti; Può, inoltre, accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionali e avalli a garanzia degli adempimenti di terzi; richiedere allâoccorrenza lâadempimento dei garanti; emettere tratte su clienti in relazione a regolazione di crediti derivanti da ordini di fornitura, effettuare operazioni sui conti correnti della SocietĂ , disporre ordini di bonifico ed effettuare pagamenti a mezzo istituti di credito (comprese tutte le spettanze dei dipendenti della SocietĂ e di tutte le somme dovute in relazione al rapporto di lavoro di suddetti dipendenti per le retribuzioni, contributi, ritenute fiscali, pagamenti di premi assicurativi, fondi previdenziali e/o assicurativi integrativi, trattamento di fine rapporto, liquidazioni, premi incentivi e quantâaltro comunque dovuto ai o in relazione ai dipendenti della SocietĂ sia in pendenza del rapporto di lavoro sia in considerazione dellâintervenuta cessazione dello stesso); stipulare, in qualitĂ di cedente, con le clausole piĂš opportune, inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di factoring; cedere crediti a soggetti diversi da societĂ di factoring; sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti; stipulare, modificare e risolvere contratti di leasing relativi a macchinari, cogeneratori, autovetture, autocarri, e qualsiasi altro bene mobile che possa essere oggetto di locazione finanziaria o operativa; riscuotere somme, mandati, buoni del Tesoro, vaglia, assegni di qualsiasi specie, depositi cauzionali emessi dalla Banca dâItalia, dalle Tesorerie dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, dagli uffici postali, da qualunque ufficio pubblico e privato ed esonerare le parti pagatrici da responsabilitĂ ; rilasciare ricevute e quietanze; sottoscrivere, richiedere e/o rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni di incasso e pagamento derivanti da crediti documentari, quali in particolare â
esemplificativamente â sottoscrivere fatture e liste di imballaggio, firmare per girata certificati di assicurazione, di trasporto dei prodotti destinati allâestero, richiedere certificati di origine alla Camera di Commercio, produrre e sottoscrivere la documentazione richiesta dalla Lettera di credito, firmare lettere di manleva; rilasciare le fideiussioni previste dallâart. 38 bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a garanzia di rimborsi di eccedenze di iva, anche in relazioni a periodi inferiori allâanno, nellâinteresse della SocietĂ .
DIRETTORE AMMINISTRATIVO
Il DA può, nei limiti assegnati, prestare fideiussioni a favore di terzi e chiedere a favore della Cooperativa il rilascio di fideiussioni da prestare a terzi, bancarie, assicurative o rilasciate da intermediari finanziari autorizzati ai sensi di legge e sottoscrivere le stesse; richiedere referenze bancarie; costituire, accettare e svincolare garanzie fideiussorie rilasciate a favore della Cooperativa o depositi cauzionali, anche funzionali alla partecipazione a gare, autorizzare la richiesta di svincolo delle garanzie rilasciate dalla Cooperativa in favore di terzi, accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionali e avalli a garanzia degli adempimenti di terzi; richiedere allâoccorrenza lâadempimento dei garanti; compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria, in linea con gli obiettivi e le strategie periodicamente determinate dal Consiglio di Amministrazione; stipulare, modificare e risolvere contratti con istituti di credito e/o compagnie assicurative ivi incluse fideiussioni e/o garanzie e/o lettere di credito nellâinteresse della SocietĂ ; negoziare, stipulare, modificare e risolvere contratti di apertura di credito, di conto corrente, di deposito, di accettazione di linee di credito e di finanziamento passivi, di scoperto di conto corrente, di castelletto di sconto di portafoglio commerciale, di anticipi su lavori, di accettazioni bancarie, fissandone le condizioni e le modalitĂ di esecuzione; effettuare operazioni sui conti correnti della SocietĂ , disporre ordini di bonifico ed effettuare pagamenti a mezzo istituti di credito (comprese tutte le spettanze dei dipendenti della SocietĂ e di tutte le somme dovute in relazione al rapporto di lavoro di suddetti dipendenti
per le retribuzioni, contributi, ritenute fiscali, pagamenti di premi assicurativi, fondi previdenziali e/o assicurativi integrativi, trattamento di fine rapporto, liquidazioni, premi incentivi e quantâaltro comunque dovuto ai o in relazione ai dipendenti della SocietĂ sia in pendenza del rapporto di lavoro sia in considerazione dellâintervenuta cessazione dello stesso); stipulare, in qualitĂ di cedente, con le clausole piĂš opportune, inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di factoring; cedere crediti a soggetti diversi da societĂ di factoring; sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti; stipulare, modificare e risolvere contratti di leasing relativi a macchinari, cogeneratori, autovetture, autocarri, e qualsiasi altro bene mobile che possa essere oggetto di locazione finanziaria o operativa; riscuotere somme, mandati, buoni del Tesoro, vaglia, assegni di qualsiasi specie, depositi cauzionali emessi dalla Banca dâItalia, dalle Tesorerie dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, dagli uffici postali, da qualunque ufficio pubblico e privato ed esonerare le parti pagatrici da responsabilitĂ ; rilasciare ricevute e quietanze; sottoscrivere, richiedere e/o rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni di incasso e pagamento derivanti da crediti documentari, quali in particolare âesemplificativamente â sottoscrivere fatture e liste di imballaggio, firmare per girata certificati di assicurazione, di trasporto dei prodotti destinati allâestero, richiedere certificati di origine alla Camera di Commercio, produrre e sottoscrivere la documentazione richiesta dalla Lettera di credito, firmare lettere di manleva; rappresentare la SocietĂ in tutti i rapporti con le competenti amministrazioni pubbliche centrali e periferiche, dellâUnione Europea e degli organismi sopranazionali e internazionali, dello Stato, delle Authorities della Banca dâItalia, nonchĂŠ con qualsiasi ente pubblico e privato, sia in Italia che allâestero, operante â a mero titolo esemplificativo e non esaustivo â in ambito politico, previdenziale, sociale, militare, fiscale, sindacale, marittimo, doganale, valutario, ambientale ed assicurativo, con espressa facoltĂ di sottoscrivere, presentare e ritirare ogni dichiarazione, richiesta e documentazione obbligatoria o necessaria; rappresentare la SocietĂ nei rapporti con gli Uffici e gli Organi dellâAmministrazione
Finanziaria centrale e periferica; rappresentare la SocietĂ in tutti gli atti e rapporti presso gli Uffici dellâAgenzia delle dogane e dei monopoli competenti territorialmente; rappresentare la SocietĂ nei confronti di agenzie, esattorie e tesorerie, Agenzie delle Entrate, Uffici delle Imposte Dirette, Indirette ed I.V.A, delle imposte di fabbricazione, delle dogane, Direzioni Regionali delle Entrate, ministeri, commissioni comunali, distrettuali, provinciali, regionali, centrali ed ogni altra autoritĂ , amministrazione o ente competente in materia tributaria in Italia e firmare atti, dichiarazioni, documenti, attestazioni per uffici ed Enti suddetti; rilasciare le fideiussioni previste dallâarticolo 38 bis, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a garanzia di rimborsi di eccedenze di iva, anche in relazione a periodi inferiori allâanno, nellâinteresse della SocietĂ ; firmare dichiarazioni, attestati, firmare e quietanzare fatture, note di addebito e di accredito (anche in relazione a pratiche relative allâesportazione di beni e manufatti in genere); richiedere alle Amministrazioni Pubbliche Centrali e Periferiche e agli Enti locali, alle Amministrazioni Comunali, Provinciali, Regionali e dello Stato e, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alle AutoritĂ Marittime, agli uffici di posta, alle Questure, alle Prefetture, allâArma dei Carabinieri ed alle Capitanerie di Porto, anche allâestero, concessioni ed autorizzazioni; stipulare e risolvere convenzioni e/o protocolli di intesa; effettuare le dichiarazioni e le domande di deposito e di iscrizione alle Camere di Commercio e, in genere, alle Istituzioni ed alle autoritĂ come chiesto dalle disposizioni normative e regolamentari vigenti; espletare tutti gli adempimenti necessari in dipendenza dellâapertura, trasferimento, modifica e chiusura di unitĂ locali; effettuare tutte le operazioni relative allâesercizio delle autovetture appartenenti alla SocietĂ , in particolare: registrare e cancellare registrazioni, ottenere certificati di registrazione delle autovetture, riportare modifiche ai dati di registrazione, ecc.
DIRETTORE INGEGNERIA
Il DIN può, nei limiti assegnati, negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed allâestero contratti con i fornitori della SocietĂ , determinando tutte le clausole
opportune, inclusa quella compromissoria per lâapprovvigionamento, tra lâaltro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilitĂ per lâesercizio dellâattivitĂ Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. compravendita e permuta di beni mobili, anche iscritti a pubblici registri, con esclusione di strumenti finanziari, aziende e rami dâazienda; ii. lâassunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende, rami dâazienda; iii. Prestazione di servizi; iv. Somministrazione in qualitĂ di somministrato (telefonia, fornitura di acqua); v. noleggio; vi. Trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vii. Appalto; viii. Mandato; ix. Agenzia in qualitĂ di preponente; x. Commissione; xi. Deposito; xii. Lavorazione per conto terzi; xiii. Comodato; xiv. Contratti di licenza e sublicenza aventi ad oggetto lâuso di diritti di proprietĂ industriale e/o di acquisto di brevetti, copyright e software a contenuto tecnologico. Può inoltre sottoscrivere atti contabili ed amministrativi con implicazioni economiche per la SocietĂ , relativi a contratti e/o convenzioni con fornitori e/o clienti quali, a titolo esemplificativo: registri di contabilitĂ , stati di avanzamento lavori, apposizione ed iscrizione di riserve, approvazione di varianti, quietanze e certificati di pagamento, richieste e determinazione di nuovi prezzi; accettare e restituire titoli rappresentativi di merce, girarli per cessione, sconto e anticipazione; chiederne lâammortamento nei casi normativamente previsti; chiedere lâemissione dei titoli sostitutivi di quelli ammortizzati; firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte;
sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonchĂŠ ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualitĂ di committente, dichiarazioni di conformitĂ ai sensi del D.M. 37/08; sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dellâart. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualitĂ di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformitĂ per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento.
DIRETTORE SVILUPPO ORGANIZZAZIONE E COMPETENZE
Il DSOC può assumere e licenziare il personale non dirigente della SocietĂ fissandone le mansioni e le retribuzioni, negoziandone e definendone il relativo contratto di lavoro. Il tutto nel rispetto dellâorganigramma, degli indirizzi e del budget in relazione al personale deliberati dal Consiglio di Amministrazione; stipulare contratti di somministrazione di personale e di staff leasing; stabilire regolamenti, policies, codici e norme disciplinari; Attuare gli accordi contrattuali nazionali ed aziendali presidiando le relazioni sindacali ai vari livelli; Compiere tutte le operazioni necessarie presso gli enti previdenziali ed assistenziali, nonchĂŠ gli uffici pubblici competenti in materia di lavoro; Rilasciare certificazioni e attestati a dipendenti ed ex dipendenti, quali ad esempio certificazioni fiscali e attestazioni retributive, convalida dei documenti per lâassistenza sanitaria, attestazioni di presenza al lavoro; Promuovere e presidiare eventuali verifiche sul personale interno finalizzate allâesercizio del potere disciplinare e allâistruttoria per il licenziamento per giusta causa e/o per giustificato motivo soggettivo; Applicare e far applicare ogni norma e procedura di legge, dei contratti collettivi e dei regolamenti aziendali in materia di personale; Promuovere liti attive e resistere avanti a qualsiasi autoritĂ anche giudiziaria in materia di lavoro, anche per il personale dirigente, con facoltĂ di transigere e rinunciare in qualsiasi grado di giurisdizione; nominare avvocati e procuratori alle liti con relativa elezione di domicilio fino ad Euro 150.000,00; Rappresentare la SocietĂ nei
confronti delle OO.SS. e della R.S.A. â R.S.U., stipulando e sottoscrivendo gli accordi in materia di organizzazione del lavoro interno e/o specifici aspetti quali lavoro supplementare, part-time, smart working, assunzioni a termine, nel rispetto delle politiche deliberate dal Consiglio di Amministrazione; Sottoscrivere denunce ed attestazioni e ogni altro atto utile presso gli enti previdenziali e assistenziali, nonchĂŠ presso gli uffici dellâamministrazione statale, regionale e locale, relative alla materia del lavoro; Rappresentare la SocietĂ in materia di lavoro avanti lâautoritĂ giudiziaria per rendere la dichiarazione di terzi di cui allâart. 547 c.p.c.; Gestire il contenzioso stragiudiziale in materia di lavoro ed in particolare i procedimenti disciplinari meritatamente alla loro instaurazione potendo porre in essere gli atti dalla contestazione al provvedimento medesimo; Rappresentare la SocietĂ avanti alla Direzione Provinciale del Lavoro, al fine di procedere ex art. 410 c.p.c. al tentativo obbligatorio di conciliazione ed esplicitamente conferendogli il potere di conciliare o transigere la controversia ai sensi di legge, anche per il personale dirigente fino ad Euro 80.000,00; Gestire le attivitĂ inerenti la formazione dei dipendenti della SocietĂ e sottoscrivere accordi con gli Istituti formativi per tirocini curriculari nonchĂŠ sottoscrivere contratti di tirocinio curriculare.
DIRETTORE
QSAE
Il Direttore QSAE è responsabile delle attivitĂ volte a garantire, implementare, mantenere, coordinare, diffondere e migliorare sistemi di gestione integrati e le certificazioni aziendali, verificandone la puntuale applicazione e lâadeguatezza rispetto agli obbiettivi dellâorganizzazione. Collabora con le funzioni aziendali per assicurare lâapplicazione delle disposizioni di legge in materia di sicurezza sul lavoro e protezione dellâambiente.
Fornisce consulenza e operativitĂ per lâelaborazione della normativa interna allâorganizzazione; allâanalisi, allâinterfunzionalitĂ e allo sviluppo dei processi operativi e di supporto.
Fornisce consulenza operativa in relazione a problematiche puntuali quando richiesto. Fornisce assistenza operativa alle u.o. per le attivitĂ operative a loro assegnate quando
richiesto e, soprattutto, in momenti di emergenza.
Svolge un ruolo di controllo di secondo livello relativamente al rispetto dei requisiti di monitoraggio richiesti dai sistemi di gestione e dalla normativa. Non è titolare di formali procure o deleghe.
RESPONSABILI OPERATIVI
Il DG ha poi assegnato poteri e procure speciali a dirigenti e responsabili di unitĂ di business. A titolo esemplificativo e non esaustivo, vengono riportati nel seguito i principali poteri sub-delegati dal DG suddivisi in macroaree:
RESPONSABILE FINANZIARIO
Il RF può, nei limiti assegnati, compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria in linea con gli obiettivi e le strategie periodicamente determinate dal Consiglio di Amministrazione; Prestare fideiussioni a favore di terzi e chiedere a favore della Cooperativa il rilascio di fideiussioni da prestare a terzi, bancarie, assicurative o rilasciate da intermediari finanziari autorizzati ai sensi di legge e sottoscrivere le stesse; richiedere referenze bancarie; costituire, accettare e svincolare garanzie fideiussorie rilasciate a favore della Cooperativa o depositi cauzionali, anche funzionali alla partecipazione a gare, autorizzare la richiesta di svincolo delle garanzie rilasciate dalla Cooperativa in favore di terzi; Accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionali e avalli a garanzia degli adempimenti di terzi; richiedere all'occorrenza l'adempimento dei garanti; Emettere tratte su clienti in relazione a regolazione di crediti derivanti da ordini di fornitura; Stipulare, modificare e risolvere contratti con istituti di credito e/o compagnie assicurative ivi incluse fideiussioni e/o garanzie e/o lettere di credito nell'interesse della Società ; Negoziare, stipulare, modificare e risolvere contratti di apertura di credito, di conto corrente, di deposito, di accettazione di linee di credito e di finanziamento passivi, di scoperto di conto corrente, di castelletto di sconto di portafoglio commerciale, di anticipi su lavori, di accettazioni bancarie, fissandone le condizioni e le modalità di esecuzione; sottoscrivere contratti di assicurazione a copertura di qualsiasi tipo di
rischio, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria, con facoltĂ di predisporre ed accettare patti, condizioni, termini, premi, massimali, franchigie, scoperti; chiedere e ricevere la liquidazione di indennizzi e risarcimenti con facoltĂ di transigere eventuali controversie o potenziali controversie relative alla liquidazione di indennizzi e risarcimenti assicurativi o di terzi; Effettuare operazioni sui conti correnti della SocietĂ , disporre ordini di bonifico ed effettuare pagamenti a mezzo istituti di credito (comprese tutte le spettanze dei dipendenti della SocietĂ e di tutte le somme dovute in relazione al rapporto di lavoro di suddetti dipendenti per le retribuzioni, contributi, ritenute fiscali, pagamenti di premi assicurativi, fondi previdenziali e/o assicurativi integrativi, trattamento di fine rapporto, liquidazioni, premi incentivi e quant'altro comunque dovuto ai o in relazione ai dipendenti della SocietĂ sia in pendenza del rapporto di lavoro sia in considerazione dell'intervenuta cessazione dello stesso); Stipulare, in qualitĂ di cedente, con le clausole piĂš opportune, inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di factoring; Cedere crediti a soggetti diversi da societĂ di factoring; Sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti; Stipulare, modificare e risolvere contratti di leasing relativi a macchinari, cogeneratori, autovetture, autocarri, e qualsiasi altro bene mobile che possa essere oggetto di locazione finanziaria o operativa; Riscuotere somme, mandati, buoni del Tesoro, vaglia, assegni di qualsiasi specie, depositi cauzionali emessi dalla Banca d'Italia, dalle Tesorerie dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, dagli uffici postali, da qualunque ufficio pubblico e privato ed esonerare le parti pagatrici da responsabilitĂ ; rilasciare ricevute e quietanze; Sottoscrivere, richiedere e/o rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni di incasso e pagamento derivanti da crediti documentari, quali in particolareesemplificativamente - sottoscrivere fatture e liste di imballaggio, firmare per girata certificati di assicurazione, di trasporto dei prodotti destinati all'estero, richiedere certificati di origine alla Camera di Commercio, produrre e sottoscrivere la documentazione richiesta dalla Lettera di credito, firmare lettere di manleva; Rilasciare le fideiussioni previste dall'articolo 38 bis, del
Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a garanzia di rimborsi di eccedenze di iva, anche in relazione a periodi inferiori all'anno, nell'interesse della SocietĂ ; rappresentare la SocietĂ in tutti i rapporti con le competenti amministrazioni pubbliche centrali e periferiche, dellâUnione Europea e degli organismi sopranazionali e internazionali, dello Stato, delle Authorities della Banca dâItalia, nonchĂŠ con qualsiasi ente pubblico e privato, sia in Italia che allâestero, operante â a mero titolo esemplificativo e non esaustivo â in ambito politico, previdenziale, sociale, militare, fiscale, sindacale, marittimo, doganale, valutario, ambientale ed assicurativo, con espressa facoltĂ di sottoscrivere, presentare e ritirare ogni dichiarazione, richiesta e documentazione obbligatoria o necessaria.
HUMAN RESOURCES BUSINESS PARTNER (HRBP)
LâHRBP può, nei limiti assegnati, assumere o prorogare il personale operaio ed impiegato fino al quinto livello di inquadramento del CCNL applicato, fissandone le mansioni e le retribuzioni, negoziandone e definendone il relativo contratto di lavoro, ivi incluso il contratto di apprendistato professionalizzante e relativo Piano Formativo Individuale, incarico allâEnte formatore e conseguente conseguimento di qualifica. Il tutto nel rispetto del CCNL applicato, della pianta organica, degli indirizzi generali, delle procedure aziendali e del budget delle assunzioni di personale deliberato dal Consiglio di Amministrazione e successivamente aggiornato in corso dâanno; sottoscrivere aumenti retributivi, ivi inclusi riconoscimenti di "una tantum", nel limite di euro 2.000,00 (duemila virgola zero zero) lordi annui per ciascun dipendente, ad esclusione del personale Dirigente, anche ove detti importi vengano distribuiti in piĂš tranche. Il tutto nel rispetto del CCNL applicato, della pianta organica, degli indirizzi generali, delle procedure aziendali e del budget annuale dedicato alle variazioni retributive approvato dal Consiglio di Amministrazione; rappresentare la SocietĂ nei confronti delle rappresentanze sindacali esterne (OO.SS.) ed interne (RSU/RSA) a livello locale nell'ambito delle aree/settori di propria competenza, curando e presidiando le relazioni sindacali, con facoltĂ altresĂŹ di sottoscrivere corrispondenza interlocutoria e non vincolante per la SocietĂ , verso i sopra
citati referenti sindacali; sottoscrivere comunicazioni inerenti il rapporto di lavoro di personale rientrante nell'ambito delle aree/settori di propria competenza che non comportino maggiori oneri in capo alla SocietĂ quali a titolo esemplificativo ma non esaustivo lettere di trasferimento, comunicazioni inerenti aspettative, comporto, cambio mansioni, etc. Il tutto nel rispetto del CCNL applicato, della pianta organica, degli indirizzi generali, delle procedure aziendali; sottoscrivere accordi con gli Istituti formativi per la stipula di Tirocini curriculari nonchĂŠ gli stessi contratti di tirocinio curriculare; rappresentare la SocietĂ avanti allâIspettorato Nazionale del Lavoro, al fine di procedere ex art. 410 c.p.c. al tentativo obbligatorio di conciliazione nonchĂŠ in sede sindacale ed esplicitamente conferendo loro il potere di conciliare o transigere la controversia ai sensi di legge, ad esclusione del personale dirigente, ed esclusivamente nell'ambito delle aree/settori di propria competenza; resistere avanti a qualsiasi autoritĂ anche giudiziaria in materia di lavoro, ad esclusione dei rapporti inerenti il personale dirigente, rappresentando la SocietĂ con facoltĂ di rendere il libero interrogatorio, conciliare, transigere e rinunciare in qualsiasi grado di giurisdizione, ed esclusivamente nell'ambito delle aree/settori di propria competenza
RESPONSABILE UFFICIO AMMINISTRAZIONE E PAGHE
Il RUAP può compiere tutte le operazioni necessarie presso gli enti previdenziali ed assistenziali, nonchĂŠ gli uffici pubblici competenti in materia di lavoro; rilasciare certificazioni e attestati a dipendenti ed ex dipendenti, quali ad esempio certificazioni fiscali e attestazioni retributive, convalida dei documenti per lâassistenza sanitaria, attestazioni di presenza al lavoro, nonchĂŠ dichiarazioni per terzi inerenti lâorganico medio; sottoscrivere denunce ed attestazioni e ogni altro atto utile presso gli enti previdenziali e assistenziali, nonchĂŠ presso gli uffici dellâamministrazione statale, regionale e locale relative alla materia del lavoro; rappresentare la SocietĂ in materia di lavoro avanti lâautoritĂ giudiziaria per rendere la dichiarazione di terzi di cui allâart. 547 c.p.c..
RESPONSABILI DI AREA E RESPONSABILI DI
Possono, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi; determinare prezzi, condizioni di pagamento; Negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed allâestero contratti con i fornitori della SocietĂ , determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria per lâapprovvigionamento, tra lâaltro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilitĂ per lâesercizio dellâattivitĂ Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. compravendita e permuta di beni mobili, anche iscritti a pubblici registri, con esclusione di strumenti finanziari, aziende e rami d'azienda, ii. lâassunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende, rami d'azienda; iii. prestazione di servizi; iv. somministrazione in qualitĂ di somministrato (telefonia e fornitura di acqua); v. noleggio; vi. trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vii. appalto; viii. mandato; ix. agenzia in qualitĂ di preponente; x. commissione; xi. deposito; xii. lavorazione per conto terzi; xiii. comodato; xiv. contratti di licenza e sublicenza aventi ad oggetto l'uso di diritti di proprietĂ industriale e/o di acquisto di brevetti, copyright e software a contenuto tecnologico; sottoscrivere atti contabili ed amministrativi con implicazioni economiche per la SocietĂ , relativi a contratti e/o convenzioni con clienti o con fornitori quali, a titolo esemplificativo: registri di contabilitĂ , stati di avanzamento lavori, apposizione ed iscrizione di riserve,,, approvazione di varianti, quietanze e certificati di pagamento, richieste e determinazione di nuovi prezzi; firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla
normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonchĂŠ ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualitĂ di committente, dichiarazioni di conformitĂ ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dellâart. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualitĂ di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformitĂ per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento.
RESPONSABILI DI SEDE
Possono, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi, determinare prezzi, condizioni di pagamento e ogni altra clausola, stipulare contratti di appalto, subappalto, fornitura, somministrazione, servizi ed affini, sottoscrivere tutta la documentazione e gli atti relativi allâaggiudicazione ed allâesecuzione di appalti e concessioni di lavori, forniture e servizi e contratti affini, stipulati con soggetti pubblici e/o privati; negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed allâestero contratti con i fornitori della SocietĂ , determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria per lâapprovvigionamento, tra lâaltro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilitĂ per lâesercizio dellâattivitĂ Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. lâassunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende e rami d'azienda; ii. prestazione di servizi; iii. somministrazione in qualitĂ di somministrato (telefonia e fornitura di acqua); iv. noleggio; v. trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vi. appalto; vii. mandato; viii. deposito; ix. lavorazione per conto terzi; x. Comodato; sottoscrivere atti contabili ed amministrativi con implicazioni economiche per la SocietĂ , relativi a contratti e/o convenzioni con clienti quali, a titolo esemplificativo: registri di contabilitĂ , stati di avanzamento lavori, apposizione ed iscrizione di riserve, approvazione di varianti,
quietanze e certificati di pagamento; firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, verbali sospensione e ripresa lavori, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonchĂŠ ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualitĂ di committente, dichiarazioni di conformitĂ ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dellâart. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i ; sottoscrivere, in qualitĂ di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformitĂ per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento.
RESPONSABILE DEL CONTROLLO.
Il Responsabile del controllo è il Direttore Sviluppo organizzazione e Competenze.
2.5. LE LINEE DELLâATTIVITĂ DI
INFORMAZIONE E DI FORMAZIONE SUI CONTENUTI DEL MODELLO E DELLE PROCEDURE OPERATIVE DI GESTIONE DEL RISCHIO-REATO
Lâadeguata formazione e informazione del personale nonchĂŠ i criteri di selezione dei collaboratori esterni rappresentano fattori di massima importanza per lâefficace attuazione del sistema di prevenzione aziendale. A tal fine, è stata elaborata unâapposita procedura, che disciplina gli snodi del percorso informativo e formativo e le funzioni coinvolte
Con riferimento alle attivitĂ a rischio-reato, oggetto del presente Modello, si osserva quanto segue.
- Per quanto concerne lâinformazione del personale, le procedure, i sistemi di controllo, il Codice Etico e il Modello devono essere comunicati a tutto il personale, sia mediante una nota informativa ai dipendenti, sia con la messa a disposizione di tale documento presso le segreterie dellâazienda, sia attraverso sezioni âdedicateâ nel sito Internet e con lâaffissione nelle bacheche aziendali delle indicazioni utili per il loro reperimento
- Al fine di divulgare e implementare la comprensione delle procedure e delle regole comportamentali adottate, la SocietĂ cura lâorganizzazione di qualificate iniziative di formazione, ispirandosi ai criteri di continuitĂ e di intensitĂ . La formazione, cioè, non viene impartita occasionalmente, ma si inserisce in un progetto pianificato, sottoposto al parere dellâOdV. Essa ha una cadenza per lo meno annuale per i soggetti particolarmente esposti al rischio-reato. La formazione viene differenziata, nei contenuti e nelle modalitĂ di erogazione (criterio di intensitĂ ), a seconda della qualifica dei destinatari, del livello di rischio dellâarea in cui questi operano, dellâavere o meno funzioni di rappresentanza della SocietĂ . Ă necessaria, quindi, una valutazione delle esigenze formative in base ai criteri dei destinatari (qualifica, livello di rischio dellâarea di appartenenza, funzioni di rappresentanza nellâazienda) e la successiva elaborazione di qualificate iniziative formative ispirate ai criteri di intensitĂ e continuitĂ , la cui cadenza è programmata e diversificata in base alla suddetta verifica del livello di esposizione al rischio dei destinatari.
Si evidenzia che le lezioni possono essere impartite sia organizzando corsi di tipo âfrontaleâ, âin aulaâ, sia attraverso la divulgazione di video, utilizzando strumenti telematici idonei e personalizzati, tali da far pervenire il materiale didattico direttamente ai singoli interessati (eventualmente anche attraverso sistemi di controllo dellâapprensione mediante test multichoise).
In particolare, ai soggetti particolarmente esposti al rischio-reato, con il percorso formativo:
- vengono illustrate le caratteristiche essenziali dei reati previsti dal D Lgs.
231/2001, che formano oggetto di disciplina nel presente Modello;
- viene distribuito un questionario diretto a saggiare il grado di consapevolezza in ordine allâesistenza e allâintensitĂ dei diversi rischi-reato;
- vengono illustrate la struttura e la funzione del Modello, con particolare riguardo ai criteri di mappatura dei rischireato, alle loro piĂš ricorrenti modalitĂ di consumazione, alle procedure operative orientate alla corretta gestione di tale rischio e, infine, alla necessitĂ di procedere tempestivamente alla segnalazione di eventuali violazioni;
- vengono impartiti i principi e le metodologie che regolano la procedimentalizzazione dellâattivitĂ , lo svolgimento delle operazioni a rischio-reato, il controllo interno e i rapporti con lâOdV; - vengono rese note le conseguenze derivanti allâazienda dallâeventuale commissione di reati da parte dei soggetti che per essa agiscono (e le funzioni che il Modello svolge in tale contesto), anche con riferimento alle ripercussioni di natura disciplinare.
La partecipazione ai corsi di formazione è obbligatoria ed è corredata dalla distribuzione di materiale di documentazione oltre che da una verifica sul livello di apprendimento (da reiterare in caso di esito negativo).
Per quanto concerne la scelta dei collaboratori esterni (partners, rappresentanti, consulenti, ecc.), deve rispondere esclusivamente a criteri di professionalitĂ , integritĂ , correttezza e trasparenza. In particolare: devono essere fornite ai collaboratori esterni informative e note sulle procedure adottate dalla SocietĂ sulla base del Modello; tutti i collaboratori esterni devono impegnarsi, per espressa clausola contrattuale, alla conoscenza e al rispetto del Codice Etico e del Modello di organizzazione della SocietĂ , che, di conseguenza, vengono messi nella disponibilitĂ dei collaboratori; le strutture, che si avvalgono di collaboratori esterni, annotano i dati e le notizie del collaboratore, che permettano di valutarne il
comportamento, mettendo tali dati a disposizione dellâOdV, ove richiesti; negli accordi o nei contratti stipulati con i collaboratori esterni vengono inserite clausole che permettano alla SocietĂ di risolvere il rapporto o di applicare âpenaliâ qualora emergano comportamenti da parte di tali collaboratori non in linea con le norme del Codice Etico e del Modello di organizzazione adottati dalla SocietĂ .
2.6. WHISTLEBLOWING
2.6.1. Rilevamento degli illeciti e delle violazioni del Codice Etico e del Modello. Canali di segnalazione, tutela dellâidentitĂ del segnalante e divieto di misure ritorsive (sistema Whistleblowing)
Lâadeguatezza e lâeffettivitĂ del Codice Etico e del Modello dipendono, tra lâaltro, dallâesistenza di un efficace sistema di rilevamento delle condotte illecite e delle violazioni del Codice Etico e del Modello 231, che permetta di far emergere tali trasgressioni. Ad implementare tale profilo, è intervenuta la L 30 novembre 2017, n. 179 recante âDisposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolaritĂ di cui siano venuti a conoscenza nellâambito di un rapporto di lavoro pubblico o privatoâ e, successivamente, con la Direttiva UE 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2023 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dellâUnione, recepita in Italia con il D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023 recante âAttuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionaliâ, il Legislatore ha introdotto specifiche previsioni per gli enti destinatari del Decreto.
In particolare, in conformitĂ allâarticolo 3 del D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023, il
regolamento di CPL (Whistleblowing Policy) prevede che possano effettuare le segnalazioni di violazioni i seguenti soggetti:
- Tutti i dipendenti di CPL;
- tutti i soggetti che si trovino anche solo temporaneamente in rapporti lavorativi con CPL pur non avendo la qualifica di dipendenti (come, ad esempio, i tirocinanti, retribuiti o meno);
- gli assunti in periodo di prova;
- coloro che ancora non hanno un rapporto giuridico con CPL, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali;
- coloro che ancora non hanno un rapporto giuridico o il cui rapporto è cessato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto di lavoro;
- Lavoratori autonomi che svolgono la propria attivitĂ lavorativa per conto di CPL;
- Liberi professionisti e consulenti che prestano la propria attivitĂ a CPL;
- Soci della cooperativa;
- Persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto.
In conformitĂ allâarticolo 4 del D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023, gli enti devono implementare il proprio canale di segnalazione, tale da garantire la riservatezza dellâidentitĂ della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonchĂŠ del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Per ogni segnalazione, lâente deve rispettare le tempistiche e le attivitĂ informative verso il segnalante previste dallâarticolo 5 del D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023.
Inoltre, lâente deve informare i propri dipendenti:
- della possibilitĂ di effettuare una segnalazione esterna attraverso un apposito canale di segnalazione esterno messo a disposizione dellâAutoritĂ Nazionale Anticorruzione (âANACâ);
- della possibilità di effettuare una divulgazione pubblica della segnalazione al ricorrere di determinate circostanze (i. non è stato dato riscontro alla segnalazione interna effettuata; ii. la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire pericolo imminente o palese per il pubblico interesse; iii. la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto).
Devono essere adottate tutte le misure volte a tutelare la riservatezza dellâidentitĂ del segnalante. A tal proposito, oltre alla previsione di canali di segnalazione alternativi idonei a garantire la riservatezza del segnalante, lâente vieta atti di ritorsione o discriminatori, diretti e indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione e prevede sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante.
Allo scopo di agevolare la ricezione di tali segnalazioni, CPL ha istituito il seguente canale di segnalazione: https://www.cpl.it/chi-siamo/organismo-divigilanza/whistleblowing/ La disciplina di dettaglio del sistema di gestione delle segnalazioni in tal modo ricevute è contenuta nella WHISTLEBLOWING POLICY disponibile in versione aggiornata allâinterno della sezione specifica denominata âwhistleblowingâ, dedicata al canale per le segnalazioni riservate
2.7. IL SISTEMA SANZIONATORIODISCIPLINARE: INTRODUZIONE
Ai sensi degli artt. 6 e 7 del D Lgs. 231/2001, il Modello può ritenersi efficacemente attuato, ai fini dellâesclusione di responsabilitĂ della SocietĂ , se prevede un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure ivi indicate.
Il sistema disciplinare costituisce dunque un elemento costituivo del Codice Etico e del Modello: ne rafforza lâefficacia dissuasiva e pedagogica e, soprattutto, ne assicura lâeffettivitĂ . Si tratta di un sistema interno ed ulteriore rispetto a quelli giĂ esistenti per legge, atteso che sanziona non soltanto i comportamenti costituenti reato, che fanno scattare la responsabilitĂ dellâente a norma del D. Lgs. 231/2001, ma colpisce tutte le infrazioni del Codice Etico e del Modello Per quanto concerne il ventaglio delle sanzioni comminabili ai dipendenti, vengono richiamate quelle previste nello Statuto dei Lavoratori e nella contrattazione collettiva. Analoga scelta viene operata con riguardo ai dirigenti La SocietĂ ha, altresĂŹ, adottato una procedura operativa, che ha lo scopo di disciplinare le principali fasi del processo di gestione della procedura disciplinare da irrogare a tutto il personale dipendente (operai, impiegati, quadri e dirigenti) di CPL.
Decisamente piĂš problematica appare lâintelaiatura del sistema sanzionatorio con riguardo ai soggetti apicali (gli amministratori). In tale evenienza, vengono prospettate, soprattutto in dottrina, due diverse ricostruzioni. Da una parte, si sostiene che le uniche âsanzioniâ comminabili sarebbero quelle previste dal Codice civile (azione di responsabilitĂ , revoca), senza che vi sia la possibilitĂ di prefigurare sanzioni conservative del rapporto fiduciario (quali, ad esempio, sanzioni pecuniarie). Da una diversa angolatura, si evidenzia, per contro, che, non esistendo per i soggetti apicali una legge oppure la contrattazione collettiva che disciplina le vicende del rapporto, occorre mettere capo ad un sistema di sanzioni disciplinari âconvenzionaliâ, di natura contrattuale, che richiederebbero lâapprovazione dei soggetti interessati allâatto dellâaccettazione della carica. Tra questi due orientamenti, appare preferibile il secondo, che ha il pregio di valorizzare lâautonomia del potere sanzionatorio
previsto dallâart. 6 del D. Lgs. 231/2001. Invero, la scelta di affidarsi alle sole sanzioni del codice civile sconta il difetto di irrigidire il sistema: cosĂŹ, per fare un esempio, lâesercizio dellâazione di responsabilitĂ (che, peraltro, ha finalitĂ risarcitorie) è destinata a rivelarsi diseconomica rispetto a modeste violazioni formali del Modello. Di qui, lâevenienza che, in simili casi, si preferisca non agire, con il rischio, però, di incentivare pratiche devianti che potrebbero innescare, se non âpuniteâ, infrazioni ben piĂš gravi. Dunque, la SocietĂ ha deciso di ritagliare anche per i soggetti in posizione apicale un sistema di sanzioni âcontrattateâ, sottoposte allâaccettazione degli interessati, allâatto della nomina. Naturalmente, anche per queste sanzioni non possono non valere gli irrinunciabili principi di proporzionalitĂ della sanzione e del contraddittorio nel procedimento di irrogazione.
Quanto previsto per gli amministratori, non appare replicabile per i sindaci. La loro assoggettabilitĂ a una variegata gamma di sanzioni disciplinari (conservative e non) pone intuibili problemi rispetto alla necessitĂ di assicurare lâautonomia di tale organo di controllo, sĂŹ da evitare azioni ritorsive da parte del vertice della SocietĂ . Si è, pertanto, previsto che lâunica sanzione irrogabile sia quella della revoca per giusta causa, rimessa allâassemblea, che potrĂ deliberarla solo in presenza di gravi violazioni del Modello
2.7.1. Violazioni disciplinari: tipologia
Il sistema sanzionatorio, elaborato a norma del D. Lgs. 231/2001, si applica ai soggetti in posizione apicale, ai dipendenti e alle terze parti. Per terze parti si intendono tutti coloro che, a diverso titolo, intrattengono rapporti di lavoro, di collaborazione o dâaffari, compresi i collaboratori, gli stagisti, i somministrati, i consulenti, gli agenti, gli intermediari, i fornitori e i business partners Lâapplicazione delle sanzioni discende: a) dalla violazione delle disposizioni del Codice Etico, delle prescrizioni del Modello 231 e delle procedure operative o degli Standards di compliance che ne fanno parte integrante e prescinde dallo svolgimento e dallâesito del
procedimento penale eventualmente avviato dallâautoritĂ giudiziaria;
b) da condotte, attive o omissive, che espongono la societĂ al rischio di commissione di uno dei reati contemplati nel D. Lgs. 231/2001 o che determinano lâapplicazione, a carico della societĂ , di una delle sanzioni previste dal D. Lgs. citato;
c) dal compimento di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante, per ragioni collegate, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
d) dalla violazione delle misure di tutela del segnalante;
e) dallâeffettuazione, con dolo o colpa grave, di segnalazioni che si rivelano infondate.
Nei casi di cui alle precedenti lettere c) e d), si osservano le disposizioni di cui allâart. 6, commi 2-ter e 2-quater, del D. Lgs. 231/2001. Il sistema sanzionatorio tiene conto delle differenti normative relative ai dirigenti, ai lavoratori dipendenti e ai terzi che agiscono nellâambito della societĂ , nonchĂŠ della disciplina apprestata dagli artt. 2118 e 2119 del Codice Civile, dalla legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) e dai vigenti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
2.7.2. Criteri di scelta e di commisurazione delle sanzioni. principio del contraddittorio
Le sanzioni disciplinari si suddividono in sanzioni conservative e risolutive del rapporto di lavoro.
Le sanzioni conservative del rapporto con la SocietĂ possono essere irrogate in presenza di violazioni di norme procedimentali od organizzative, consistenti nella omessa o insufficiente attuazione di obblighi di informazione/relazione, di segnalazione, ovvero nella violazione delle cautele procedimentali e sostanziali che disciplinano le decisioni della SocietĂ nelle aree a rischio-reato.
Le sanzioni risolutive del rapporto si applicano solo in presenza di
comportamenti che espongono la SocietĂ ad un grave danno o ad un procedimento per responsabilitĂ amministrativa da reato, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, ovvero nel caso di reiterazione delle violazioni indicate nel precedente capoverso.
Con riferimento alle violazioni di cui alle lettere c), d) ed e), indicate nel par. 2.6.6., possono applicarsi sanzioni disciplinari risolutive del rapporto di lavoro nei casi di particolare gravitĂ , desumibili dai criteri commisurativi appresso illustrati.
Ai fini della commisurazione della sanzione applicabile, si tiene conto:
a) delle concrete modalitĂ di realizzazione della violazione;
b) dellâintensitĂ del dolo e il grado della colpa;
c) del comportamento tenuto dallâautore della violazione precedentemente e successivamente alla realizzazione della stessa;
d) della qualifica dellâautore della violazione nellâambito aziendale;
e) delle condizioni economiche dellâautore della violazione.
Nessuna sanzione può comunque essere irrogata senza aver prima sentito lâinteressato, avergli contestato con precisione, e in forma scritta, lâaddebito, ed avergli concesso un congruo termine entro il quale esporre per iscritto le proprie ragioni.
2.7.3. Sanzioni disciplinari nei confronti dei dipendenti (quadri, impiegati ed operai)
La violazione delle disposizioni del Codice Etico e del Modello 231, per come definite nel par. 2.6.6 realizzata dai lavoratori dipendenti, determina lâapplicazione, in ordine crescente di gravitĂ , delle seguenti sanzioni:
a) il richiamo verbale;
b) il richiamo scritto;
c) la sanzione pecuniaria non superiore a tre ore di retribuzione;
d) la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di tre giorni;
e) la risoluzione del rapporto di lavoro, consistente nel licenziamento con o senza preavviso.
Il procedimento disciplinare è regolato dalle norme dello âStatuto dei Lavoratoriâ.
2.7.4. Sanzioni disciplinari per i dirigenti
1. La violazione delle disposizioni del Codice
Etico e del Modello 231, per come definite nel par. 2.6.6 realizzata da dirigenti o da soggetti che svolgano in concreto funzioni dirigenziali, determina lâapplicazione delle seguenti sanzioni previste dal CCNL 38
2.7.5. Sanzioni nei confronti di persone che rivestono funzioni di amministrazione (Soggetti Apicali)
La violazione delle disposizioni del Codice
Etico e del Modello 231, per come definite nel par. 2.6.6., da parte degli amministratori o di soggetti che svolgano in concreto funzioni di amministrazione e/o di gestione può determinare a loro carico lâapplicazione delle seguenti sanzioni:
a) la diffida formale;
b) la sanzione pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro;
c) la revoca di una o piĂš deleghe; d) la destituzione dalla carica.
La sanzione della revoca è disposta dallâAssemblea (dal CDA quando trattasi del DG)
Resta impregiudicato lâesercizio dellâazione di responsabilitĂ .
2.7.6. Sanzioni nei confronti dei Sindaci
Nel caso di violazione, commessa da uno o piĂš sindaci, che esponga SocietĂ ad un grave danno o ad un procedimento per
38 Ă da evidenziare che vi sono contratti collettivi di lavoro dei dirigenti che non contemplano sanzioni disciplinari conservative (la stessa Cassazione, in una sentenza a sezioni unite del 1995, ne escludeva la configurabilitĂ ; peraltro, con una successiva decisione del 2007, pure a sezioni unite, la Corte pare avere rimosso tale preclusione). Se si intende mantenere,
responsabilitĂ amministrativa da reato, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale convocano tempestivamente, sulla scorta di quanto previsto dalla legge e/o dallo Statuto, lâassemblea, che potrĂ deliberare la revoca per giusta causa.
2.7.7. Sanzioni nei confronti di terze parti
Qualora sia accertata la commissione di una delle violazioni indicate nel par. 2.6.3., da terze parti, possono essere applicate le seguenti sanzioni:
- diffida al puntuale rispetto delle previsioni del Modello allo stesso applicabili;
- applicazione di una penale, convenzionalmente prevista;
- risoluzione immediata del rapporto negoziale intercorrente con la SocietĂ .
Nellâambito dei rapporti con le terze parti, la SocietĂ inserisce, nelle lettere dâincarico e/o negli accordi negoziali, apposite clausole volte a prevedere, in caso di violazione del Codice Etico o del Modello, lâapplicazione delle predette misure.
2.7.8. Il procedimento di irrogazione delle sanzioni
In considerazione di quanto previsto nella procedura, che ha lo scopo di disciplinare le principali fasi del processo di gestione della procedura disciplinare a tutto il personale dipendente (cosĂŹ come detto precedentemente), la segnalazione di eventi che possono essere giudicati rilevanti per lâapplicazione di sanzioni disciplinari può provenire da:
a) Responsabile Gerarchico;
b) DSOC;
c) HRBP;
come è auspicabile, un sistema che preveda sanzioni conservative, pare opportuno consultare le associazioni sindacali oppure prefigurare un sistema di sanzioni conservative âconvenzionaliâ, sottoposte allâaccettazione del dirigente allâatto della sottoscrizione del contratto di lavoro.
d) Commissione Interna; e) DPO; f) ODV, anche tramite il canale whistleblowing (WB).
Gli altri soggetti possono inoltrare le segnalazioni al HRBP competente o al DSOC.
La segnalazione, in forma scritta e contenente fin da subito elementi di valutazione quale descrizione circostanziata, soggetti concorrenti e presenti, contesto, etc. deve essere inviata a Legislazione Contenzioso Sindacale (LCS)
Se il segnalante è lâOrganismo di Vigilanza, può decidere se assegnare lâindagine in via ordinaria (v. âPR008 â processo disciplinareâ) o se arrogarsi lâindagine anche tramite lâInternal Auditing Se la segnalazione proviene dal canale WB, lâobbligo di riservatezza impone che il segnalante e le informazioni che possono a lui ricondurre devono essere anonimizzate.
Si prospettano, quindi, due scenari:
⢠La segnalazione è ragionevolmente inerente a un rischio di reato presupposto ex D. Lgs. 231/2001 s.m.i.: le indagini siano condotte direttamente dallâOrganismo di Vigilanza (anche tramite lâIA). In questo caso, lâesito dellâindagine e lâeventuale proposta di sanzioni saranno comunicati direttamente al Consiglio di Amministrazione;
⢠La segnalazione, pur non avendo la rilevanza di cui al punto 1, è attendibile: lâODV trasmette la segnalazione, sempre in versione anonimizzata, al DSOC, il quale o la trasmette al HRBP competente o si arroga il processo ai fini della valutazione della eventuale rilevanza della condotta rispetto alle altre leggi o regolamenti applicabili.
Il LCS apre un fascicolo ed esamina la segnalazione al fine di valutare lâattendibilitĂ e la rilevanza per il proseguo dellâindagine. Sono elementi utili a definire attendibilitĂ e rilevanza lâaccuratezza della narrativa, la descrizione del contesto, la descrizione dellâevento, la presenza di testimoni, verbali di enti o organi competenti, la gravitĂ /rischio per lâorganizzazione, la reiterazione, etc. Il LCS, nei casi dubbi, può chiedere un parere non vincolante al HRBP/DSOC.
Qualora la segnalazione non abbia i requisiti di attendibilitĂ , la segnalazione è archiviata inviando comunicazione e motivazioni al segnalatore. Semestralmente il LCS trasmette al DSOC e ai HRBP competenti lâelenco delle segnalazioni archiviate, i quali, collegialmente, verificano il KPI, rilevando eventuali andamenti anomali.
Se è giudicata attendibile, il LCS trasmette la segnalazione al HRBP/DSOC: i) se la segnalazione rientra nel campo dellâapplicazione della PR001-LG001, alla Commissione Interna; ii) se la segnalazione rientra nel campo del GDPR, al DPO. Valuta, inoltre, se lâevento oggetto della segnalazione può contenere ipotesi di reato presupposto ex D. Lgs. 231/2001 (applicando un criterio di prudenza). Se le informazioni della segnalazione giustificano il ragionevole dubbio di unâipotesi di reato presupposto, invia comunicazione allâOrganismo di Vigilanza mettendosi a disposizione collaborativa per eventuali ulteriori approfondimenti. In questo caso lâOrganismo di Vigilanza può arrogarsi lâindagine interna come sopra descritto dandone comunicazione allâUfficio LCS e al DSOC.
Se la segnalazione non deriva da HRBP, lo mette in conoscenza.
PiĂš precisamente, in tutti i casi in cui riceva una segnalazione (anche anonima) ovvero acquisisca, nel corso della propria attivitĂ di vigilanza e di verifica, gli elementi idonei a configurare il pericolo di una violazione del Modello, lâOrganismo di Vigilanza espleta gli accertamenti ed i controlli rientranti nellâambito della propria attivitĂ e ritenuti opportuni.
Esaurita lâattivitĂ di verifica e di controllo, lâOrganismo di Vigilanza valuta, sulla base degli elementi in proprio possesso, se si è effettivamente verificata una violazione sanzionabile del Modello.
Qualora riscontri la violazione del Modello lâOdV trasmette al Consiglio di Amministrazione una relazione contenente:
⢠la descrizione della condotta constatata;
⢠lâindicazione delle previsioni del Modello che risultano essere state violate;
⢠gli estremi del soggetto responsabile della violazione;
⢠gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o gli altri elementi di riscontro.
In tutti i casi deve essere disposta da parte dell'organo amministrativo lâaudizione dellâinteressato, lâacquisizione delle eventuali deduzioni da questâultimo formulate e lâespletamento degli eventuali ulteriori accertamenti ritenuti opportuni. Nell'ipotesi in cui l'interessato sia anche dipendente della SocietĂ devono essere rispettate tutte le procedure obbligatorie previste dallo Statuto dei Lavoratori nonchĂŠ dal CCNL applicabile nella specie, senza alcuna limitazione.
2.8. LâORGANISMO DI VIGILANZA (ODV)
NEL D. LGS. 231/2001
2.8.1. Lâistituzione, la composizione e le funzioni dellâorganismo di vigilanza (OdV): premessa
Il Modello, espressione di un insieme articolato e proceduralizzato di cautele preventive, richiede, rispetto ai reati riconducibili alle figure apicali delle organizzazioni complesse, la creazione di un organismo di vigilanza (OdV), che ha il compito di vigilare sul funzionamento e lâosservanza del Modello e di curarne, al tempo stesso, lâaggiornamento. Si tratta di unâassoluta novitĂ nellâambito dei sistemi di governance delle societĂ . Inoltre, nella prassi, si sta affermando lâidea di âsfruttareâ la funzione di sorveglianza esercitata dallâOdV anche nei confronti degli illeciti dei dipendenti: una scelta, questa, che, sebbene normativamente non imposta (arg. ex art. 7 D. Lgs. 231/2001), appare nondimeno espressiva di una apprezzabile volontĂ degli enti di adeguarsi, in toto, alle finalitĂ preventive della riforma. Se si prova, fin da ora, a raffigurare la funzione dellâOdV, si può immaginare una stella con tante punte, che si muovono, continuativamente, a doppio senso: per un verso, si proiettano verso i soggetti che presidiano il processo a rischioreato, per ottenere i flussi informativi previsti dal Modello; per altro e collegato verso, possono insinuarsi nel processo, come controllori di secondo grado, esercitando poteri ispettivi e di vigilanza Destinatario
dellâattivitĂ dellâOdV è, essenzialmente, il vertice della societĂ , al quale compete la decisione finale sulle segnalazioni che gli vengono trasmesse. Va, infatti, sottolineato subito un aspetto fondamentale dellâorganismo di vigilanza, desumibile dal dettato normativo: esso vanta esclusivamente poteri di sorveglianza e di controllo, sĂŹ che gli è preclusa qualsiasi attivitĂ di gestione, sia essa attiva che impeditiva: tale divieto è funzionale alla salvaguardia e allâimplementazione della imparzialitĂ dellâorgano, argine indispensabile per evitare insanabili conflitti di interesse.
2.8.2. La struttura dellâorganismo di vigilanza
Il legislatore del 2001 non ha ritenuto di introdurre una disciplina troppo dettagliata sulla configurazione strutturale dellâorgano, anche al fine di consentire che esso possa essere modulato rispetto al grado di complessitĂ aziendale, lasciando la piĂš ampia libertĂ agli operatori del settore. La scelta di una disciplina scarna non ha mancato di sollevare, però, una serie di questioni di carattere interpretativo ed applicativo.
La ricostruzione della struttura dellâorgano va, perciò, effettuata alla stregua delle funzioni che gli sono state assegnate. In questa ottica, se la funzione coessenziale allâorganismo è quella del controllo, ne deriva che esso dovrĂ necessariamente atteggiarsi, per ragioni di effettivitĂ , come unâistituzione autonoma e imparziale rispetto agli altri organi societari, munita di un ampio corredo di poteri di ispezione e di sorveglianza
Sulla scorta di questa premessa, lâindagine della struttura dellâOdV si snoderĂ attraverso lâesame dei seguenti aspetti: (a) lâistituzione e la nomina; (b) i requisiti che ne devono marcare lâazione di controllo. (a) Sul terreno dellâistituzione, ci si è interrogati, poco dopo lâemanazione del decreto, sulla necessitĂ di apprestare, allâinterno della societĂ , un nuovo distinto organismo o se, per contro, fosse stato compatibile con il dettato e lo spirito della riforma assegnare la funzione di controllo e di sorveglianza, indicata nellâart. 6, ad uno degli organismi giĂ presenti nel tessuto della corporate governance. La questione
ha trovato una unanime soluzione nel senso della istituzione di un nuovo organismo, per ragioni di intuitiva evidenza, legate allâautonomia e allâindipendenza dellâorgano 39
SennonchĂŠ, il legislatore si è mosso, in modo per vero inaspettato, in controtendenza. Lâart. 14, comma 12, l. 183/2011 (cd. legge di stabilitĂ ) ha introdotto un nuovo comma 4bis sul tessuto dellâart. 6 D Lgs. 231/2001, con il quale si stabilisce che <<nelle societĂ di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato di controllo della gestione possono svolgere le funzioni dellâorganismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)>> 40. Si prevede, cosĂŹ, un accorpamento di funzioni, lasciato, peraltro, alla libera scelta della societĂ , nella prospettiva di una semplificazione della struttura societaria, volta evidentemente a ridurre i costi di funzionamento degli apparati di controllo interno. Non si comprende, però, come possano coniugarsi efficacemente i requisiti di âautonomia ed indipendenzaâ dellâOdV, contemplati dal D. Lgs. 231/2001, con le funzioni di un organo - il collegio sindacale - che non vanta, fisiologicamente, continuitĂ di azione e che, soprattutto, in alcune aree sensibili (si pensi ai reati societari), potrebbe risultare coinvolto nella commissione di reatipresupposto della responsabilitĂ dellâente. Si è al cospetto di un corto-circuito logico, prima ancora che giuridico! Un tentativo ragionevole, per recuperare coerenza al sistema, potrebbe consistere nella valorizzazione della libertĂ di scelta lasciata alla societĂ , da rinvenire nellâesplicito ricorso, effettuato dal legislatore, al verbo âpossonoâ.
39 Non è ovviamente possibile demandare la funzione di vigilanza al Consiglio di amministrazione: cosĂŹ facendo, si verificherebbe una perfetta coincidenza tra controllante e controllato. Il discorso è, in parte, diverso per ciò che concerne la funzione di Internal auditing. In effetti, quella di Internal Auditing rappresenta una struttura che non svolge compiti operativi e che esercita la propria attivitĂ in modo continuativo; inoltre, in diversi casi, è giĂ chiamata a disimpegnare una funzione di fraud auditing, ossia di monitoraggio e prevenzione dei reati commessi all'interno dell'azienda. Nondimeno, trattandosi di una struttura situata in dipendenza funzionale dal Consiglio di amministrazione o dallâamministratore delegato, vanta un ridotto tasso di autonomia rispetto a quello che il decreto richiede per lâOdV: si pensi alla possibilitĂ di esercitare poteri ispettivi in via del tutto autonoma o âa sorpresaâ, impensabili per una funzione la cui strategia operativa è condizionata dalle decisioni del vertice aziendale. 40 Prima di tale intervento riformatore, era pressochĂŠ unanime lâorientamento in base al quale erano da intravvedersi almeno due ostacoli insuperabili al
In altre parole, si potrebbe sostenere che la societĂ può ricorrere al modulo organizzativo indicato nella nuova disposizione, con la consapevolezza, però, che esso risulterĂ inefficace quanto meno con riferimento a quelle aree a rischio-reato in cui è profilabile un coinvolgimento del collegio sindacale, stante la carenza dei requisiti di autonomia e indipendenza in parte qua. Lâopzione non è, pertanto, asettica: se si privilegia lâaccorpamento, si sarĂ davanti ad una compliance affetta da zoppia in tutti quei settori in cui la concentrazione della vigilanza contabile e di quella organizzativa impinge in aree a rischio di consumazione di reatipresupposto della responsabilitĂ dellâente. Un diverso problema, che alimenta tuttora il dibattito, è quello relativo alla composizione dellâorgano, destinato a trovare soluzione in sede di analisi dei suoi requisiti. (aa) Circa la costituzione, è da ritenere che spetti al vertice dellâente (Consiglio di Amministrazione, ecc.) la competenza a nominare lâorgano di vigilanza. In favore di questa soluzione milita la circostanza che, nellâesercizio delle sue funzioni, lâorganismo di controllo è chiamato a âdialogareâ con il vertice, al quale, oltre ad essere legato contrattualmente, è ovviamente tenuto a riferire sullâattivitĂ svolta e sulla presenza di irregolaritĂ o di situazioni a rischio che impongano lâimmediato intervento della dirigenza. Per contro, nellâeventualitĂ che lâamministrazione venga esercitata collegialmente, senza ricorrere a deleghe, la nomina dellâorganismo potrebbe anche far capo allâassemblea: in questo caso, tuttavia, lâorganismo di controllo non potrebbe certo conferimento delle funzioni dellâOdV al Collegio sindacale. Il primo è che il Collegio sindacale non svolge un'azione di vigilanza continuativa, che si richiede, come vedremo tra breve, allâOdV. In secondo luogo, si profila una piĂš radicale incompatibilitĂ funzionale: il Collegio sindacale è impegnato, in prima persona, nello svolgimento di funzioni che impingono in unâimportante area a rischio-reato, come quella pertinente alla formazione e alla redazione del bilancio, sottoposta al controllo dellâOdV. Dunque, si innescherebbe un insanabile corto circuito, derivante dalla âconfusioneâ di controllore e controllato. Ne derivava, logicamente, lâimproponibilitĂ del ricorso al Consiglio di Sorveglianza, in quanto trattasi di struttura cui si possono muovere le stesse obiezioni mosse al Collegio sindacale. Ancor meno ipotizzabile il ricorso al Comitato per il controllo sulla gestione, caratteristico del sistema monistico: stiamo parlando di veri e propri amministratori (ancorchĂŠ "non esecutivi" ed "indipendenti") e, perciò, di soggetti che assommerebbero la qualifica di controllori e controllati.
avere come interlocutore lâorgano controllato (il Consiglio di Amministrazione), ma dovrebbe fare riferimento (per la segnalazione di irregolaritĂ o per lâattivazione di procedimenti disciplinari) al collegio sindacale e all'assemblea. Sono sin troppo evidenti le difficoltĂ di funzionamento di un simile sistema, che finirebbero per pregiudicare le istanze di fluiditĂ e di tempestivitĂ che devono contraddistinguere il controllo interno. (b) I requisiti di azione dellâOdV possono essere enucleati nel modo seguente.
(i) Lâindipendenza è da riferire alle persone che lo compongono, che non devono trovarsi in conflitto di interessi con la societĂ , nĂŠ appartenere ai vertici della stessa o comunque costituire espressione del gruppo di comando nella societĂ .
Lâindipendenza dellâorganismo va garantita collocandolo come unitĂ di staff, al di fuori dellâautoritĂ di line: si tratta, infatti, di un organo chiamato a dialogare con il vertice, ma che non ne deve subire il condizionamento. Va ribadito che lâOdV vanta essenzialmente poteri di sorveglianza, ai quali sono estranei poteri impeditivi e gestionali, che, ove esercitati, finirebbero proprio per pregiudicarne lâindipendenza: una volta segnalata una violazione, la scelta di correre o non il rischio-reato spetta, in ultima analisi, al vertice della societĂ .
Ă su questo terreno, allora, che va risolto il problema della composizione dellâorgano
La prima questione concerne la provenienza dei componenti: in altre parole, si discute se lâOdV debba avere una conformazione interna od esterna, ovvero se sia preferibile una composizione mista
Un OdV, formato esclusivamente da membri della societĂ (dunque, a composizione interna), denota indiscutibilmente i vantaggi correlati ad una maggiore conoscenza dellâarchitettura societaria e delle dinamiche strategiche e operative. Nondimeno, una simile scelta incide negativamente sul requisito dellâindipendenza, vanificandolo per ragioni legate allâindiscutibile condizionamento che il vincolo societario proietta sullâazione di controllo dellâorganismo.
La composizione interamente esterna tradisce problemi diametralmente opposti: pur salvaguardando significativamente il
41 Proprio allo scopo di valorizzare lâindipendenza dellâOdV, la scelta del presidente dovrebbe cadere su un membro esterno, anche in ragione dei maggiori poteri
requisito dellâindipendenza (a patto che i membri esterni siano soggetti che non abbiano avuto ricorrenti rapporti di collaborazione o di consulenza con la societĂ o che siano stati componenti, a vario titolo, della compagine sociale), rischia, però, di involvere in difficoltĂ operative derivanti da una insufficiente conoscenza del tessuto societario, sĂŹ da scontare lâevenienza di azioni di controllo tardive o inefficaci. Si registra, allo stato, un consenso piuttosto diffuso per una composizione mista, ritenuta come quella piĂš idonea a coniugare le finalitĂ di indipendenza e di effettivitĂ di azione. Eâ di intuitiva evidenza che lâopzione per una composizione mista può dirsi davvero tale quando il rapporto tra membri di provenienza eterna ed interna integra un ragionevole equilibrio 41. Circa la provenienza dei membri interni, nonostante la recente novella legislativa orientata a consentirla, non appare opportuna, la presenza di componenti del collegio sindacale. Ciò, in primo luogo, in quanto il collegio sindacale, per quanto âindipendenteâ, costituisce, pur sempre, un organo âendoaziendaleâ, a stretto contatto con la gestione dellâente, e che risulta comunque espressione del ââgruppo di comandoâ della societĂ . Inoltre, la presenza di un membro del collegio sindacale può innescare una reciproca, patologica, interferenza fra i due organi con potenziale sbocco in autentici conflitti di interessi, tenuto conto del fatto che entrambi gli organismi svolgono attivitĂ di controllo e di vigilanza sulle modalitĂ di svolgimento dei rispettivi compiti. Si pensi ai controlli che il collegio sindacale è chiamato ad eseguire nei confronti dellâorganismo di vigilanza per quanto concerne il rispetto delle prescrizioni regolamentari, il funzionamento dellâorgano e la gestione del budget assegnato. Specularmente, questâultimo esercita controlli su alcuni reati societari, presupposto della responsabilitĂ dellâente (tra i quali il falso in bilancio), che annoverano, tra i possibili âautoriâ, i membri del collegio sindacale, sĂŹ che il collegio può diventare esso stesso oggetto di controllo da parte dellâorganismo di vigilanza. Questa eventualità è particolarmente concreta e di significativo impatto sulla idoneitĂ del Modello proprio con riferimento ai reati societari che contemplano i sindaci fra i che tale figura vanta (formalizzati nel regolamento che disciplina il funzionamento dellâorganismo).
destinatari del precetto penale: nel caso di emersione di un reato societario il componente-sindaco dellâOdV si troverebbe o nel âparzialeâ ruolo di âcontrollore di sĂŠ stessoâ o nella scomoda posizione di gravato di un obbligo (per sĂŠsĂŠ fra lâaltro incostituzionale) di autodenuncia
A maggior ragione, contrasta irrimediabilmente con le funzioni dellâOdV lâappartenenza al Consiglio di amministrazione, visto che lâattivitĂ dellâOdV è prevalentemente orientata proprio a vigilare sullâattivitĂ dei soggetti in posizione âapicaleâ (v. art. 6 D. Lgs. 231/2001); vi sarebbe, perciò, in questo caso una genetica ed inammissibile contaminazione tra funzioni di direzione e di controllo, visto che il membro del Consiglio di amministrazione, anche nel caso in cui sia indipendente (e sprovvisto di deleghe), costituisce comunque una propagazione, immediata, della struttura direzionale della societĂ . Parimenti inammissibile appare, poi, la possibilitĂ di nominare, come membri dellâOdV, soggetti che svolgono funzioni di direzione in aree coinvolte nel rischio-reato: si tratta, infatti, di soggetti che contribuiscono, in prossimitĂ dei vertici aziendali, a configurare lâorientamento strategico di fondo dellâimpresa, visto che sono chiamati a gestire aspetti tra i piĂš significativi dellâattivitĂ aziendale. La concentrazione in capo a tali soggetti di poteri di controllo (di secondo grado, come membri dellâOdV) fomenta una promiscuitĂ che pregiudica lâimparzialitĂ e lâattendibilitĂ dellâoperato dellâorganismo. Un discorso a parte merita lâarea legale. Buona parte dei modelli sinora adottati contempla, tra i membri dellâOdV, il responsabile (o un funzionario) dellâarea legale, anche allo scopo di assicurare lâindispensabile âsapere giuridicoâ e organizzativo in ordine ai rapporti tra le diverse funzioni aziendali. Una simile scelta non sembra esporsi ad obiezioni, a patto, però, che lâarea legale non svolga, come talvolta accade, un significativo ruolo attivo (di natura decisionale o consultiva) nelle attivitĂ esposte al rischio-reato: in questo caso, si innescherebbe un inammissibile conflitto di interessi.
Non vi sono, invece, ostacoli a che entrino a far parte dellâorganismo membri della funzione di Internal Auditing, a condizione che la loro presenza, munita di indubbi requisiti di professionalitĂ , non finisca per
condizionare eccessivamente la strategia operativa dellâorgano di vigilanza. Va ricordato, in proposito, che lâInternal Auditing è una funzione che si trova in rapporto di dipendenza con il Consiglio di amministrazione (dunque, con i vertici societari), sĂŹ che una presenza assorbente o comunque significativa allâinterno dellâorganismo di vigilanza rischia di minarne irreparabilmente lâindipendenza dal vertice. Sicuramente auspicabile, per contro, è la possibilitĂ che lâorgano di vigilanza si avvalga, in funziona ausiliaria, alla stregua di un âbraccio armatoâ, dellâInternal Auditing per lâesecuzione della sua attivitĂ .
(ii) Lâautonomia è espressione di effettivi ed incisivi poteri di ispezione e di vigilanza, anche proattivi, potendo lâorgano attivarsi, motu proprio, per prevenire possibili violazioni.
(iii) La professionalità è un requisito di natura soggettiva, che riguarda i componenti dellâorganismo. Questi debbono possedere competenze specifiche in tema di attivitĂ di controllo, da intendersi però in senso lato: auditing, controllo di legalitĂ (dunque, conoscenze di diritto societario, fiscale e, non ultime, penali, specie sul terreno della cultura e della costruzione delle cautele doverose), tecnicocontabile, direzionale e strategico.
Ovviamente, la professionalità può essere garantita ed implementata anche attraverso il ricorso a risorse esterne (consulenze).
Come si vede, è necessario un sapere multidisciplinare, che può essere garantito solo dalla coesistenza di diversificate competenze. Ne discende che, specie nelle aziende di maggiori dimensioni, lâOdV non potrĂ che avere una composizione collegiale, lâunica in grado di assicurare la descritta pluralitĂ di competenze. I requisiti di professionalitĂ dei componenti dellâOdV dovranno trovare riscontro in un adeguato compenso, anche a garanzia della loro effettiva autonomia.
(iv) La continuitĂ di azione: lâOdV deve assicurare un funzionamento costante nel tempo ed in continua interazione con gli organismi amministrativi e di controllo della societĂ . Assicurazione che non può ritenersi conseguita in presenza di unâattivitĂ saltuaria, meramente burocratica, appiattita sul mero reporting passivo. Nellâottica del perseguimento della continuitĂ di azione, assumeranno particolare rilievo le attivitĂ di
programmazione dellâattivitĂ , consistenti nellâeffettuazione (periodica o a sorpresa) di controlli, di ispezioni, ecc.: in definitiva, lâOdV deve manifestare una propria, autonoma strategia operativa, priva di soluzioni di continuitĂ , capace di far emergere le criticitĂ e di proporre i necessari interventi correttivi e di adeguamento. Ovviamente, per funzionare, lâOdV dovrĂ essere destinatario di adeguate risorse finanziarie (v) LâimparzialitĂ deriva dalla sommatoria dei requisiti di indipendenza e di professionalitĂ : solo una condizione di indipendenza dei membri dellâorganismo, accompagnata da caratteristiche di onorabilitĂ 42 e di elevata professionalitĂ , può permettere di raggiungere unâazione improntata ad equitĂ .
2.8.3.
2.8.3.1 COMPOSIZIONE, NOMINA E DURATA
In coerenza con quanto sinora premesso, è stato istituito presso la societĂ , con deliberazione del Consiglio di amministrazione, lâOrganismo di Vigilanza (OdV) per vigilare sul funzionamento, lâosservanza, lâimplementazione e lâaggiornamento del Modello di prevenzione del rischio-reato ex D. Lgs. 231/2001. LâOdV è un organo collegiale, costituito da tre o cinque membri, uno dei quali con funzione di Presidente, nominato dal CdA. La maggioranza dei componenti deve essere di provenienza esterna alla societĂ e, tra questi, viene eletto il Presidente. Nel caso di scelta di componenti interni alla SocietĂ , questa non deve ricadere, ovviamente, su di un Amministratore. I membri dellâOdV devono essere dotati, da un lato, di elevate e consolidate competenze professionali, dallâaltro lato, di assoluta onorabilitĂ , autonomia e indipendenza. Ai fini dellâindividuazione e nomina dei componenti esterni, devono essere richiesti i rispettivi curricula Non è identificabile come membro esterno chi:
⢠direttamente o indirettamente controlla la società o è in grado di
42 Caratteristiche che, nel Modello, trovano una pertinente declinazione tramite la predisposizione di una griglia di cause di ineleggibilitĂ e di decadenza dalla carica di membro dellâOdV.
esercitare su di essa unâinfluenza notevole;
⢠è, o è stato anche in uno dei cinque esercizi precedenti, un esponente di rilievo 43 della societĂ , di altre societĂ del medesimo Gruppo ovvero di una societĂ che la controlla o è in grado di esercitare su di essa unâinfluenza notevole;
⢠direttamente o indirettamente, ha, o ha avuto, anche in uno dei cinque esercizi precedenti, una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale con la societĂ o con altra societĂ del medesimo Gruppo ovvero con un soggetto che controlla la societĂ o è in grado di esercitare su di essa unâinfluenza notevole;
⢠è socio o amministratore di una societĂ o di unâentitĂ appartenente al network della societĂ incaricata delle attivitĂ di revisione;
⢠è uno stretto familiare di una persona che si trovi in una delle situazioni elencate ai punti precedenti.
LâOdV ha sede presso la sede legale della SocietĂ .
I membri dellâOdV vengono nominati dal Consiglio di Amministrazione di CPL; restano in carica per tre anni.
I membri dellâOdV, cui non sia stata confermata la nomina, rimangono in carica sino allâinsediamento dei successivi. Costituiscono cause di ineleggibilitĂ e di decadenza da membro dellâOdV:
⢠essere stata esercitata lâazione penale, nelle forme previste dal codice di procedura penale, in relazione ad uno dei reati (consumati o tentati) previsti dagli artt. 24 e segg. del D. Lgs. 231/2001; a questo fine, sono immediatamente ed automaticamente recepite nel presente Modello eventuali modificazioni e/o integrazioni delle fattispecie di reato previste dal D Lgs 231/2001;
43 Si considerano âesponenti di rilievoâ: i componenti del Consiglio di Amministrazione, lâamministratore delegato e i dirigenti con responsabilitĂ strategiche ed operative.
LâORGANISMO DI VIGILANZA DI CPL CONCORDIA
⢠essere destinatario di misure cautelari personali, coercitive o interdittive, per uno dei reati (consumati o tentati) previsti dagli artt. 24 e segg. del D. lgsLgs 231/2001;
⢠avere riportato condanna, con sentenza ancorchĂŠ non definitiva, ad una pena che comporta lâinterdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o lâinterdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; la sentenza di patteggiamento viene considerata equivalente ad una sentenza di condanna;
⢠avere riportato condanna, con sentenza ancorchĂŠ non definitiva, alla pena della reclusione per uno dei delitti previsti dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ovvero per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro lâeconomia pubblica o in materia tributaria; la sentenza di patteggiamento viene considerata equivalente ad una sentenza di condanna;
⢠avere riportato condanna, con sentenza ancorchÊ non definitiva, per uno dei reati previsti dal titolo XI del libro V del codice civile; la sentenza di patteggiamento viene considerata equivalente ad una sentenza di condanna;
⢠avere rivestito la qualifica di componente dellâOdV in seno a societĂ nelle quali siano stati commessi reati presupposto in corso di carica per i quali siano state successivamente applicate le sanzioni previste dallâart. 9 del D. Lgs. 231/2001;
⢠essere stati sottoposti, in via definitiva, ad una delle misure di prevenzione previste dallâart. 10, comma 3, l. 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dallâart. 3 della Legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni;
⢠essere coniuge, ovvero parente o affine entro il 4° grado di dipendenti o collaboratori, a qualsiasi titolo, dirigenti (con contratto di lavoro subordinato e/o di consulenza), amministratori e sindaci della società o di società del gruppo;
⢠essere legato, o essere stato legato nellâultimo quinquennio, da rapporti economici o professionali con la societĂ o con le societĂ controllate o con i loro amministratori, consiglieri dâAmministrazione o dirigenti con funzioni apicali;
⢠essere membro, o essere stato membro negli ultimi due anni, di un organismo di Vigilanza delle società controllate;
⢠essere stato interdetto, inabilitato, affiancato da un amministratore di sostegno;
⢠essere stato assente, senza giustificato motivo, ad almeno tre riunioni dellâOdV.
Il membro dellâOdV, che versi in una condizione di ineleggibilitĂ o decadenza, deve darne immediata comunicazione al Consiglio di Amministrazione Fuori dei casi precedenti, il Consiglio di Amministrazione può comunque ritenere ineleggibile o revocare dallâincarico colui nei cui confronti sia stato iniziato un procedimento penale per i reati, consumati o tentati, previsti dagli artt. 24 e segg. del D. Lgs. 231/2001, nonchĂŠ per delitti dolosi, consumati o tentati, commessi con violenza o minaccia alle persone o per delitti, consumati o tentati, contro il patrimonio, mediante violenza o frode, ovvero per reati societari o per taluni dei delitti previsti dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
LâOdV o uno dei suoi membri può essere inoltre revocato, con delibera del Consiglio di Amministrazione, per inadempienza agli obblighi, di seguito stabiliti, o comunque per comportamenti gravemente lesivi dei principi di imparzialitĂ , correttezza e trasparenza connessi allo svolgimento dellâincarico o legati allâattivitĂ della SocietĂ . I componenti dellâOdV possono recedere in qualsiasi momento dallâincarico, previa comunicazione inviata con Pec, raccomandata a.r. al Consiglio di
amministrazione; il recesso diviene operativi decorsi trenta giorni dalla ricezione della raccomandata a.r.
In caso di revoca, il CdA provvede alla nomina contestuale di un nuovo membro, mentre, in caso di recesso, vi provvede entro trenta giorni dalla ricezione del recesso e, comunque, nella prima adunanza successiva.
Ove la revoca o il recesso riguardi singoli componenti dellâOdV, i componenti di nuova nomina restano in carica fino al termine di durata dellâOrganismo, mentre, ove riguardi lâOdV nella sua interezza, il nuovo Organismo avrĂ lâordinaria durata triennale.
2.8.3.2
CONVOCAZIONE, RIUNIONI, VOTO E DELIBERAZIONI
LâOdV si riunisce con la frequenza necessaria per lo svolgimento delle proprie funzioni, tenendo comunque conto lâesistenza di situazioni di eccezionalitĂ e di urgenza che impongano convocazioni immediate. Le riunioni sono convocate dal Presidente ovvero su richiesta di almeno due membri. Il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale possono in qualsiasi momento chiedere al Presidente la convocazione dellâOrganismo.
Le riunioni dellâOdV sono valide con la presenza, anche attuata per il tramite di strumenti telematici, della maggioranza dei membri in carica e vengono presiedute dal Presidente, assistito dal Responsabile IA che svolge la funzione di segretario. In assenza del Presidente, le sue funzioni sono ricoperte dal membro piĂš anziano. Le deliberazioni dellâOdV vengono adottate a maggioranza e, in caso di paritĂ , prevale il voto del Presidente. Il verbale della riunione deve essere sottoscritto dal Presidente e dal segretario e deve essere conservato agli atti. Ă fatto obbligo a ciascun componente dellâOdV di dare notizia agli altri membri di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in attivitĂ che sono di competenza dellâorganismo e/o della societĂ , precisandone la natura, i termini, lâorigine e la portata.
Presso lâOdV è conservata, per un periodo minimo di dieci anni, copia (cartacea ed informatica) di tutto il materiale relativo allâattivitĂ svolta dellâOrganismo.
2.8.3.3 ORGANISMO DI VIGILANZA: (A) FUNZIONI E (B) GARANZIE PER LâEFFETTIVO FUNZIONAMENTO E LA CONTINUITĂ DI AZIONE
LâOdV svolge la sua attivitĂ in condizioni di autonomia e di indipendenza.
AllâOdV è affidato il compito di:
⢠effettuare una costante ricognizione delle attività della società , allo scopo di monitorare ed eventualmente integrare le aree a rischio-reato, individuando le implementazioni e/o le integrazioni da apportare al Modello;
⢠esaminare le relazioni periodiche e le altre segnalazioni (compreso il Whistleblowing) che prospettino eventuali violazioni del Modello, allo scopo di individuare possibili carenze nel suo funzionamento, proponendo le necessarie modificazioni; in tal caso, lâOdV avverte, senza ritardo, il vertice aziendale;
⢠vigilare sullâosservanza delle prescrizioni del Modello da parte dei destinatari, segnalando tempestivamente eventuali violazioni o tentativi di violazioni ai vertici aziendali;
⢠vigilare sulla congruitĂ del sistema delle procure, al fine di garantire lâefficacia del Modello; a questo scopo, potrĂ svolgere controlli incrociati per verificare la corrispondenza tra i poteri formalmente conferiti e le funzioni effettivamente svolte.
(aa) Allo scopo di esercitare al meglio tali funzioni, lâOdV, sul piano organizzativo ed operativo, deve:
1. dotarsi di un regolamento, che disciplini le modalitĂ di funzionamento dellâorgano, nel rispetto delle prescrizioni del Modello;
2. redigere un programma delle attivitĂ da svolgere annualmente;
3. determinare il budget annuale che si prevede necessario per lo svolgimento delle attivitĂ programmate, da sottoporre al vaglio
del CdA per il relativo stanziamento; eventuali integrazioni del budget, che si rendessero necessarie, saranno comunicate al CdA.;
può:
⢠avvalersi, sotto la propria sorveglianza, dellâausilio delle strutture della societĂ e/o di consulenti esterni;
⢠effettuare verifiche e ispezioni mirate, anche a sorpresa, su determinate operazioni o atti specifici, posti in essere nellâambito delle attivitĂ a rischio-reato, per come individuate nella parte speciale;
⢠raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti ai fini dellâattuazione del Modello e in vista di un suo eventuale adattamento;
⢠condurre indagini interne per lâaccertamento di eventuali violazioni delle prescrizioni del Modello e per lâesercizio dellâazione disciplinare;
⢠sollecitare la convocazione del CdA e del Collegio sindacale per riferire in ordine ad aspetti rilevanti e/o urgenti relativi allo svolgimento della sua attività di ispezione e di vigilanza;
⢠avvalersi dellâInternal Auditing per condurre Interventi Speciali, intesi come verifiche, ispezioni, indagini interne, al difuori degli interventi pianificati e come struttura di ausilio operativo per lo svolgimento del proprio Piano di Lavoro;
(b) ai fini dello svolgimento e della realizzazione delle proprie funzioni, lâOdV:
⢠è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e la sua attività non può essere sindacata da alcun altro organismo o struttura della società , fatte salve le ipotesi di inadempienza agli obblighi;
⢠si colloca, nellâorganigramma aziendale, al di fuori di qualsiasi autoritĂ gerarchica di line, come organo indipendente;
⢠il compenso spettante ai componenti dellâOdV, stabilito dal Consiglio di amministrazione, non potrĂ subire, a partire dal momento della nomina e sino al termine dellâincarico, alcuna variazione, se non quelle determinate da eventuali necessitĂ di adattamento ad indici legali; fuori da questa ipotesi, eventuali incrementi/decrementi del compenso sono ammessi solo in presenza di modificazioni della legge e dellâorganizzazione aziendale che comportino un allargamento o una restrizione dei compiti attribuiti allâOdV;
⢠dovrĂ essere munito di unâadeguata dotazione di risorse finanziarie per lâefficace svolgimento dei suoi compiti, nonchĂŠ di una sede stabile e di una casella di posta elettronica, che saranno comunicate a tutti i dipendenti;
⢠ha libero accesso a tutte le funzioni e le strutture della società , nonchÊ ad ogni documentazione ed archivio, senza necessità di alcuna autorizzazione preventiva, per ottenere ogni informazione o dato reputati rilevanti per lo svolgimento dei compiti previsti dal D Lgs. 231/2001;
⢠è dotato di una segreteria organizzativa con il compito di raccogliere, classificare e sottoporre all'esame dell'ODV la documentazione seguente:
i verbali delle attivitĂ di audit effettuate da terze parti indipendenti (enti di certificazione) sui processi sensibili soggetti a certificazione (ISO 9001, ISO 14001, OHSAS 18001, SA 8000, etc.);
i verbali delle attivitĂ di audit effettuate da terze parti indipendenti (enti di certificazione) sui bilanci; i verbali d'ispezione di soggetti pubblici redatti in occasione di
attivitĂ di controllo (G.d.F., ASL, VVFF ecc.);
le segnalazioni di origine interna; le segnalazioni di origine esterna ivi comprese eventuali notizie di reato;
i verbali delle attivitĂ di audit effettuate sui processi sensibili dalla competente funzione interna; la documentazione relativa ad attivitĂ di audit effettuate su processi sensibili affidate a consulenti esterni.
Lâarchiviazione ed il trattamento dei dati saranno condotti nel rispetto del GDPR e della normativa applicabile.
2.8.3.4
ORGANISMO DI VIGILANZA: OBBLIGHI
⢠LâOdV svolge le proprie funzioni con imparzialitĂ , correttezza e trasparenza.
⢠LâOdV non svolge alcun ruolo operativo, che ne minerebbe lâautonomia e lâobiettivitĂ di giudizio al momento delle verifiche, nĂŠ esercita alcun potere di ingerenza nella gestione aziendale e, quanto alla vigilanza sullâeffettivitĂ e lâadeguatezza del Modello, è gravato dal dovere di evidenziarne lâidoneitĂ e lâadeguatezza nel tempo, suggerendo le opportune e necessarie modifiche ed integrazioni, in dipendenza di significative violazioni del Modello, ovvero del Codice Etico, di modificazioni dellâassetto societario, organizzativo o dellâattivitĂ di impresa, nonchĂŠ di variazioni del quadro normativo.
⢠LâOdV è gravato da un obbligo di segnalazione in ordine alla violazione di prescrizioni del Modello, senza poter adottare alcun provvedimento impeditivo, che resta di esclusiva pertinenza del CdA o delle altre funzioni della societĂ , secondo le rispettive competenze.
⢠AllâOdV (e ai suoi eventuali collaboratori, esterni od interni) è fatto divieto di rivelare a terzi estranei alla societĂ tutte le notizie, le informazioni e le decisioni, concernenti lâattivitĂ sociale, di cui venga a conoscenza a causa e nellâesercizio delle sue funzioni.
⢠LâOdV ha lâobbligo di documentare lâattivitĂ di ispezione, di controllo, di vigilanza, nonchĂŠ di istruzione in ordine allâaccertamento delle violazioni. Ha altresĂŹ lâobbligo di riferire semestralmente, con relazione scritta, al CdA sullo stato di attuazione e di effettivitĂ del Modello, proponendo, ove necessario, modificazioni, adattamenti ed integrazioni. Tale informativa viene altresĂŹ trasmessa al Collegio sindacale.
⢠Cura lâarchiviazione e la conservazione, presso la propria sede, di ogni documento relativo allâattivitĂ espletata ed alla corrispondenza ricevuta ed inviata.
⢠Al fine di garantire lâassoluta autonomia ed indipendenza dellâOdV, è fatto divieto ai suoi membri di intrattenere con la societĂ o con societĂ del gruppo, anche per interposta persona, rapporti di carattere economico, fatti salvi quelli intrattenuti a condizioni praticate in via ordinaria.
2.8.3.5 ORGANISMO DI VIGILANZA: FLUSSI INFORMATIVI NEI CONFRONTI DEGLI ORGANI SOCIALI
⢠Oltre allâobbligo di riferire semestralmente sulla propria attivitĂ , lâOdV può essere convocato in qualsiasi momento dal CdA per lâacquisizione di ogni informazione utile relativa alla propria attivitĂ di vigilanza ed alla idoneitĂ preventiva del Modello. In ogni caso, il Presidente del Consiglio di Amministrazione può sollecitare, con richiesta motivata, in
forma scritta, estratto dei verbali delle riunioni dellâOrganismo di Vigilanza;
⢠LâOrganismo di Vigilanza comunica al Consiglio di Amministrazione le attivitĂ di verifica e controllo che verranno effettuate nel corso dellâanno;
⢠Presentandosene la necessitĂ , risponde a richieste di chiarimenti del Consiglio di Amministrazione, anche al fine di garantire il corretto svolgimento delle proprie funzioni e lâadempimento degli obblighi imposti dal Decreto;
⢠LâOdV ha lâobbligo di riferire senza ritardo al CdA eventuali violazioni alle prescrizioni contenute nel Modello, ai fini dellâadozione dei provvedimenti conseguenti. Analoga comunicazione è inviata, per quanto di eventuale competenza, al Collegio sindacale.
Nel report semestrale, lâOrganismo di Vigilanza deve riportare (a titolo esemplificativo):
⢠la sintesi dellâattivitĂ e dei controlli svolti dallâOrganismo di Vigilanza durante lâanno;
⢠eventuali carenze delle procedure operative attuative delle disposizioni del Modello;
⢠eventuali nuove aree delle attivitĂ dellâEnte a rischio di commissione di reati â231â;
⢠la verifica delle segnalazioni ricevute da soggetti esterni o interni che riguardino eventuali violazioni del Modello e i risultati di tali verifiche;
⢠una valutazione generale del Modello, con eventuali proposte di integrazioni e migliorie di forma e contenuto, sullâeffettivo funzionamento dello stesso;
⢠eventuali modifiche del quadro normativo di riferimento;
⢠un rendiconto delle spese sostenute.
2.8.3.6 FLUSSI INFORMATIVI VERSO LâORGANISMO DI VIGILANZA
Al fine di agevolare lâattivitĂ di vigilanza sullâeffettivitĂ e sullâefficacia del Modello, lâOdV è destinatario di tutte le segnalazioni, le informazioni a carattere occasionale e le informazioni a carattere periodico, da parte di soggetti che operano presso la SocietĂ
ovvero per conto o nellâinteresse di questa, nei termini che seguono.
2.8.3.6.1. Segnalazioni
Gli amministratori, i dirigenti, i dipendenti, i consulenti ed i partner di CPL sono tenuti ad informare tempestivamente lâOdV in ordine ad ogni violazione o sospetto di violazione del Modello, dei suoi principi generali e del Codice Etico previsto dal D. lgs. 231/2001, nonchĂŠ in ordine alla loro inidoneitĂ , inefficacia e ad ogni altro aspetto potenzialmente rilevante, inclusa la trasmissione di qualunque informazione o notizia, qualunque ne sia la fonte, attinente alla commissione dei reati previsti dal D. lgs. 231/2001 o comportamenti non in linea con il Modello predisposto.
à garantita la riservatezza di tali comunicazioni e il loro anonimato e nessuna conseguenza negativa di alcun genere può riverberarsi sul soggetto autore della comunicazione a cagione della comunicazione stessa, eccettuato il caso di segnalazione consapevolmente e deliberatamente falsa e/o calunniosa.
LâOrganismo di Vigilanza valuta le segnalazioni ricevute con discrezionalitĂ e responsabilitĂ . A tal fine, può ascoltare lâautore della segnalazione e/o il responsabile della presunta violazione, motivando per iscritto la ragione dellâeventuale autonoma decisione a non procedere.
2.8.3.6.2.
Informazioni Occasionali
Devono essere obbligatoriamente trasmesse allâOdV le seguenti informative:
⢠le segnalazioni e/o i provvedimenti aventi ad oggetto lâesistenza di un procedimento penale, relativi a fatti di interesse per la societĂ ; come pure le segnalazioni concernenti richieste di assistenza legale inoltrate dal personale alla societĂ per lâavvio di procedimenti penali;
⢠le segnalazioni riguardanti altresÏ le controversie amministrative, civili o giuslavoristiche comunque riferibili ad aree di attività esposte al rischioreato;
⢠le segnalazioni, provenienti dal personale della societĂ , comunque qualificato, relative alla commissione o al pericolo di commissione di reati o di violazioni delle prescrizioni del Modello; tali segnalazioni, anche in forma anonima, potranno essere inoltrate in forma scritta o per posta elettronica sul corrispondente indirizzo aziendale dellâOdV (alla stregua di un canale allâuopo dedicato) e gli autori delle segnalazioni andranno garantiti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, assicurando la riservatezza della loro identitĂ ;
⢠le notizie relative ai procedimenti disciplinari, alle sanzioni irrogate o ai provvedimenti di archiviazione;
⢠gli eventuali aggiornamenti del sistema dei poteri e delle deleghe.
Le segnalazioni allâOrganismo di Vigilanza possono essere inviate:
⢠per posta elettronica al seguente indirizzo email: odv@cpl.it;
⢠per posta ordinaria (scrivendo sulla busta la dicitura âRiservataâ) indirizzata a: Organismo di Vigilanza c/o CPL Concordia â Via A. Grandi 39, 41033 Concordia s/S. (Modena) -
Con riferimento ai responsabili delle funzioni aziendali le informazioni devono raggiungere un elevato livello di dettaglio ed essere ad ampio raggio, comprendendo in specie (sempre a titolo esemplificativo):
⢠le informazioni relative alle attività di monitoraggio e di controllo svolte, con i relativi esiti;
⢠i rapporti predisposti dalle funzioni aziendali nellâambito della loro attivitĂ , dai quali possano emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili di criticitĂ rispetto allâosservanza delle norme del Decreto, del Modello e del Codice Etico;
⢠le notizie relative a pratiche non conformi alle norme di comportamento indicate nel Modello;
⢠gli eventuali ordini ricevuti dal superiore livello gerarchico e ritenuti in contrasto con
la legge, la normativa interna, il Codice Etico o il Modello;
⢠le eventuali richieste od offerte di doni (eccedenti il valore modico) o di altre utilità provenienti da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio;
⢠le eventuali omissioni, trascuratezze o falsificazioni nella tenuta della contabilità o nella conservazione della documentazione su cui si fondano le registrazioni contabili.
2.8.3.6.3. informazioni a carattere periodico
Devono essere obbligatoriamente trasmessi allâOdV i report (flussi informativi a carattere periodico) da parte dei Responsabili del Controllo in ordine ai presidi organizzativi attivati ed eseguiti, nonchĂŠ sullo stato complessivo di adeguatezza e di attuazione di tali presidi deputati a prevenire il rischio-reato nelle aree di propria competenza. Lâindicazione specifica dei singoli flussi e la relativa periodicitĂ sono indicati allâinterno di unâapposita istruzione aziendale, di cui
allâAllegato 12 I Responsabili del Controllo dovranno, invece, comunicare tempestivamente variazioni organizzative, gestionali e nella normativa aziendale di rilievo ai fini dellâefficacia del Modello
2.8.3.7 MODALITĂ DI INOLTRO DELLA REPORTISTICA E DEI FLUSSI INFORMATIVI
La reportistica e i flussi informativi vengono effettuati, salvo motivate eccezioni, in forma elettronica, con il ricorso a tecniche che ne impediscono, in tutto o in parte, la contraffazione, lâalterazione o la soppressione.
2.9. RAPPORTI CON LE SOCIETĂ CONTROLLATE
CPL CONCORDIA, nella posizione di societĂ controllante e nellâesercizio del potere di indirizzo e di coordinamento (art. 2497 ss. c.c.), sollecita le societĂ controllate: ⢠ad adottare ed efficacemente attuare, in piena autonomia, il Modello di organizzazione, gestione e controllo di cui al D. Lgs. 231/2001, tenendo conto delle proprie
dimensioni, della natura dellâattivitĂ e delle potenziali aree a rischio-reato; ⢠ad istituire i correlativi organismi di vigilanza, nei quali non potranno assumere la carica di componenti coloro che lo sono nellâOdV della societĂ controllante o che lo siano stati nellâultimo quinquennio.
Qualora lâadozione di un proprio Modello (e la conseguente nomina di un OdV) sia evidentemente incompatibile con le norme applicabili (societĂ di diritto estero) e/o con le risorse a disposizione, le societĂ controllate dovranno comunque dotarsi di un proprio sistema di controllo efficace ed attuabile, proporzionato al livello di rischio proprio della societĂ .
In relazione alle attivitĂ a rischio-reato individuate nel presente Modello, espletate, con il supporto di societĂ controllate, sprovviste del Modello di organizzazione e di procedure autonome, (in virtĂš della sottoscrizione di contratti o di specifiche deleghe), le societĂ controllate sono tenute allâosservanza dei principi del presente Modello e delle procedure applicabili che, pertanto, andranno poste nella loro conoscenza.
La suddivisione delle società controllate nelle due categorie è riportata in Allegato 1.