ALBERTO BERTINI - BUCKELWIESEN: ENIGMATICHE MICROFORME DEL PAESAGGIO

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Gruppo Natura Bellunese - Notiziario 2020

BUCKELWIESEN: ENIGMATICHE MICROFORME DEL PAESAGGIO Alberto Bertini*

PREMESSA Tra le microforme del paesaggio più curiose dell'area dolomitica sono da segnalare i cosiddetti “Buckelwiesen”, il cui nome tedesco può essere tradotto con il termine “prati a gobbe” (in inglese Hummocky meadows). La letteratura scientifica italiana non conta studi approfonditi sulla genesi di queste particolari strutture, mentre per avere notizie più dettagliate bisogna rifarsi alle ricerche di geomorfologia degli autori tedeschi. I primi studi sui Buckelwiesen risalgono infatti al 1941 quando queste forme vennero analizzate dal geomorfologo austriaco Albrecht Penck nella zona bavarese di Mittenwald, dove ancora oggi vengono protetti e segnalati come forme paesaggistiche di alto valore ecologico. Si tratta di superfici caratterizzate da depressioni alternate ritmicamente a piccole creste in rilievo (gobbe). Esistono varie definizioni per spiegarne la morfologia, anche se quella ormai accettata è dovuta a Engelschalk, che nel 1971 ne propose per la prima volta un tentativo di classificazione in base alle loro forme e dimensioni: l'autore tedesco usa il termine “Buckelfluren”, ovvero “corridoi di gobbe”, scrivendo che “consistono in superfici irregolari, deformate (unruhige) unite da gobbe ben formate e cavità senza drenaggio. Le cavità si presentano organizzate senza soluzione di continuità con una densità da 170 a 900 esemplari per ettaro, la loro grandezza varia da 100 a 700 centimetri in diametro e tra 20 e 150 centimetri in altezza. Sono costituite da terreni sciolti, più o meno esposti alle intemperie e vengono denominate Bodenbuckel (rilievi del suolo)”. Esistono numerosi studi, soprattutto da parte di autori di lingua tedesca, che riportano le dimensioni dei microrilievi e la loro densità, con valori di altezza variabili da un minimo 30-40 centimetri, un diametro basale compreso tra 80 e 700 centimetri e frequenza che oscilla tra 170 e 900 forme per ettaro. L'aspetto globale delle superfici interessate da Buckelwiesen dipende dalle microforme singole e il modo con cui si presentano associate. Ecker-Embleton-Hamann (2014), in un loro studio sul fenomeno dei Buckelwiesen nelle Dolomiti, individuano due fattori fondamentali per lo studio di queste aree prative: la forma della pianta (planimetria) e l'altezza delle singole gobbe. Rifacendosi agli studi di Hamann e Engelschalk individuano quattro sottotipi di microrilievi: a pianta rotonda cupuliformi, a pianta rotonda su superfici basali inclinate, a pianta ellittica (ovale) con forma piatta ed ellittica con superficie basale a forma di onde. Per quanto riguarda l'altezza dei Buckelwiesen gli autori parlano di “distanza tra il vertice e il punto più basso delle cavità adiacenti, misurate perpendicolarmente alla superficie del terreno”. In pratica si tratta del dislivello tra l'altezza della gobba e della cavità vicina. Per quanto riguarda la composizione delle piccole collinette, si nota che queste sono sempre costituite da materiale sciolto, ghiaia, materiale morenico o detriti. ORIGINE DEI BUCKELWIESEN Gli studi sulle microforme del paesaggio note come Buckelwiesen non sono numerosi e soprattutto non hanno portato a una definizione sulla genesi che venga accettata da tutti gli autori. Le interpretazioni scientifiche sono basate principalmente su osservazioni sul campo e analisi pedologiche dei rilevi: l'insieme di queste ricerche ha portato, a partire dagli anni '40 del secolo scorso a oggi, alla formulazione delle attuali teorie sulla genesi dei Buckelwiesen che, pur con le dovute differenze, in alcuni casi tendono a coesistere e vengono a rappresentare casi di convergenza geomorfologica, come si vedrà in seguito. I primi ricercatori, tra cui Penck, spiegano l'origine di queste forme con quello che viene definito “Approccio ________________________

1. Vedi tabella alla fine dell'articolo.

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