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Il mio amico Luigi Maria, per gli amici Giggi (rigorosamente con due “g”, siamo a Roma) è un piccolo imprenditore nel settore dei servizi e, recentemente, visto che gli affari stanno riprendendo, ha deciso di comprare 30 pc portatili. La sua sorpresa (e anche la mia) è stata grande quando gli hanno risposto che avrebbe dovuto aspettare quasi un mese, “perché – gli ha spiegato l’incaricato – scarseggiano, e di parecchio, alcuni componenti e le materie prime per fabbricare computer e batterie”. Ma che vuol dire che scarseggiano componenti e materie prime? Di che parliamo? Nella mia grande ignoranza in materia credo che il problema stia nei microchip da una parte e nelle terre rare dall’altra che infatti sono considerati, universalmente, i due “single point of failure in the value chain” dell’intero sistema industriale globale e gli asset strategici più contesi nella competizione per la supremazia digitale tra Usa e Cina. Gli esperti mi dicono che il combinato di questi elementi, se non affrontato in maniera multilaterale, potrebbe portare a una sorta di nazionalismo delle risorse, con restrizioni all’export, embarghi da parte dei Paesi produttori o a uno sfruttamento, soprattutto nei Paesi africani, piuttosto lontano dal concetto dello sviluppo sostenibile. Oggi i chip sono diventati indispensabili per ogni Stato e la loro produzione ha assunto connotati geopolitici. Se la capacità militare nei secoli scorsi era basata sui fucili a retrocarica o sulle navi da guerra, oggi potrebbe dipendere dall’uso dei sistemi tecnologici che alimentano le applicazioni dell’intelligenza artificiale. Mentre Intel, il principale produttore statunitense, sta perdendo posizioni, la Cina, che non è ancora autosufficiente e spende più per importare chip per
computer che per acquistare petrolio, sta sviluppando la propria industria con investimenti colossali per ridurre la dipendenza dai fornitori d’oltremare e diventare leader mondiale entro il 2030. E poi ci sono i metalli rari, rispetto ai quali l’Occidente si scopre vulnerabile. Litio, cobalto, nickel, indio, rame e soprattutto le terre rare, sono elementi essenziali della tecnologia moderna, fondamentali per l’agognata decarbonizzazione e digitalizzazione delle nostre economie. Dagli iPhone ai motori elettrici, passando per i sistemi elettronici militari fino alle future applicazioni nel quantum computing.
di
Ferruccio Venturoli
editoriale di ferro
Tutti pazzi per un chip
Non mi piace affatto quello che vedo, quando cerco di guardare dietro al mio Iphone o al mio Mac. Francis Ford Coppola A leggere questi dati appare quasi un’esercitazione senza una neanche relativa certezza pratica, l’aver fissato i ben noti parametri per il 2030 e per il 2050. Secondo un report della Commissione sulle dipendenze strategiche, la catena di approvvigionamento europea nel settore è sempre più vulnerabile per la forte dipendenza dall’Asia nella fabbricazione di chip avanzati e dagli Stati Uniti per la loro progettazione. L’80% dei semiconduttori più sofisticati è prodotto da Taiwan che quindi detiene quasi un monopolio sui semiconduttori di alta gamma. Nel mondo altamente interconnesso di oggi la sovranità tecnologica dipende da continui investimenti, ma anche dalla cooperazione e dagli accordi con partner internazionali. L’Unione Europea lo sta facendo?
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