1. Il problema della “guerra fascista”
Le fragili compagini governative susseguitesi al potere tra il 1943 ed il 1947 ebbero il delicato compito di fare i conti con l’eredità del fascismo: la dittatura, le sue politiche e – in primo luogo – le sue guerre. Si trattava di vagliare e giudicare le esperienze fatte dalla nazione, di stabilire gerarchie di valori e di delineare modelli di comportamento anche in opposizione e per contrasto con gli orizzonti politico-culturali preesistenti; andavano ripensate “l’esperienza della guerra” (sia 1940-43 che 1943-45) ma anche “l’idea della guerra”1. In gioco non vi era solo un giudizio politico sulla “guerra fascista” e sulla “guerra di liberazione”, ma anche la possibilità di tratteggiare nuovi modelli di partecipazione alla cittadinanza poiché la guerra era da sempre il momento di verifica delle virtù civiche che si estrinsecavano, tra l’altro, in un attivismo volontaristico impregnato di una concezione romantica dell’onore2. Così il giudizio politico sull’operato del regime si sovrapponeva a una rivisitazione del sistema di valori incentrato sulla figura archetipica del “cittadino-soldato”, lasciando un’impronta rilevante sui processi di riformulazione della religione civile. Se si accetta l’idea che i codici retorici e gli universi simbolici costitutivi del mito del “cittadino-soldato” siano da considerarsi coessenziali alla definizione dell’idea nazionale sviluppatasi nell’Europa occidentale tra il XIX e il XX secolo, allora è del tutto evidente l’importanza 1. Cfr. G.L. Mosse, La prima guerra mondiale e l’appropriazione della natura, in Id. L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Laterza, Roma-Bari 1982, ma soprattutto Id., Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Laterza, Roma-Bari 1990. 2. Su questi temi non si può fare a meno di rinviare all’opera di George L. Mosse. In particolare si vedano Sessualità e nazionalismo. Mentalità borghese e rispettabilità, Laterza, Roma-Bari 1984 [ed. or. 1983] e L’immagine dell’uomo. Lo stereotipo maschile nell’epoca moderna, Einaudi, Torino 1997 [ed. or. 1996].