LETTER TO MILAN

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A Milano DIANA BRACCO Presidente di Fondazione Bracco, presidente e amministratore delegato del Gruppo Bracco

La terribile pandemia che ha sfregiato l’intero pianeta, causando lutti e danni economici inimmaginabili, ha inferto un colpo durissimo alla nostra amata Milano. Un colpo che abbiamo particolarmente sentito perché la città veniva da anni di grande crescita economica, culturale, sociale e d’immagine. Ed è noto che, se si cade dall’alto, fa più male. Negli ultimi anni, grazie in particolare all’eccezionale successo di Expo 2015, di cui ho avuto l’onore e l’onere di essere tra i protagonisti, Milano è stata davvero uno dei place to be mondiali. Ospitando 21 milioni di visitatori, a iniziare dai potenti della Terra che ricordo incantati sulla terrazza del nostro avveniristico Palazzo Italia di fronte allo spettacolo dell’Albero della Vita, l’immagine di Milano è salita alle stelle in tutto il mondo. L’Expo è stato, inoltre, uno straordinario catalizzatore di energie, contribuendo in ogni campo al rilancio della città, rendendola più aperta, moderna ed efficiente e lasciando un’eredità materiale molto concreta. Per l’occasione dell’Esposizione universale, importanti progetti di cui si parlava da anni diventarono realtà. Il 2015 divenne l’anno cruciale per ogni cosa. Pensiamo allo sviluppo delle infrastrutture: la Brebemi, la tem, e soprattutto la quarta linea della metro e l’avvio della quinta. Ma non solo: grazie all’Expo, Milano è diventata una città leader nel car sharing e soprattutto nell’uso delle biciclette, alla pari con le capitali europee più avanzate come Londra, Berlino o Parigi. Sono tutti fattori che hanno reso la città più vivibile, più amica. Anche dal punto di vista delle reti internet la città ha saputo infrastrutturarsi bene: penso all’anello di duemila chilometri di fibra che corre intorno alla città. Imprese e grandi investitori privati hanno fatto la loro parte portando a compimento progetti importanti, a iniziare da quello di Porta Nuova, del Portello e di CityLife, che hanno cambiato il volto della metropoli. Il meglio dell’architettura mondiale è stato coinvolto, per cui a Milano hanno progettato e lavorato archistar come Rem Koohlaas, Zaha Hadid, Daniel Libeskind (che ha addirittura aperto in città un suo studio), David Chipperfield, Arata Isozaki, César Pelli, Ming Pei, Herzog & de Meuron, e naturalmente Renzo Piano e Stefano Boeri, che con il suo bosco verticale ha avuto il riconoscimento di miglior grattacielo costruito al mondo nel 2014. Accanto a questa straordinaria eredità materiale, ce n’è stata un’altra “immateriale”, che ha favorito il rilancio culturale e sociale della città e ha migliorato il suo stesso umore. Con l’Expo, infatti Milano ha acquisito una nuova sicurezza e un’attrattività internazionale riuscendo a dimostrare che era capace di fare una cosa grande e di farla per bene. Questo provocò una meravigliosa impennata di orgoglio che investì tutti i cittadini, che diventarono i primi paladini della loro città. Ricordo ancora la splendida risposta dei milanesi alle devastazioni dei No Global: una risposta civica, fattiva, concreta, positiva, molto 90 | Lettera a Milano

milanese. Non bisogna mai dimenticare, tra l’altro, che Milano è la capitale italiana del volontariato, e che ha sempre saputo coniugare crescita e solidarietà. A differenza di quanto avvenuto in altre metropoli che hanno ospitato l’Esposizione universale, il nostro Paese è stato anche capace di portare avanti un progetto vincente per il dopo-Expo. Il sito espositivo si sta trasformando nel distretto dell’innovazione di mind, con la realizzazione dello Human Technopole, che renderà Milano un vero hub della conoscenza, leader mondiale nelle Scienze della Vita. Questo, per me, è un sogno che si avvera. Nel Palazzo Italia e in tanti altri padiglioni espositivi sta nascendo un’infrastruttura di ricerca di livello mondiale, multidisciplinare e integrata, in tema di scienze della vita, genomica, radiomica e data science. Accanto ai ricercatori dello Human Technopole guidati da Iain Mattaj, lavoreranno fianco a fianco centri di ricerca privati, grandi multinazionali e start-up, ricercatori e studenti delle facoltà scientifiche dell’Università e strutture ospedaliere di eccellenza come il Galeazzi. Mind sarà una vera culla di futuro e di sviluppo economico, un luogo dove creare e condividere conoscenze. Le cose che ho fin qui ricordato devono renderci ottimisti sul futuro di Milano. La pandemia non può e non deve cancellare ciò che i milanesi hanno saputo costruire negli ultimi anni. La città deve superare lo smarrimento che l’ha quasi stordita. Ora, senza abbassare la guardia, dobbiamo riprendere da dove siamo stati interrotti; avviando una nuova fase che ci faccia tornare anche più forti di prima. Milano ha tutte le leve per riuscirci, puntando sui giovani, le università, la creatività, la cultura, l’industria, il commercio e la solidarietà, che sono le sue tante eccellenze. La nostra città non può perdere la sua vocazione di essere per l’Italia un traino e un vero motore civile, sociale e culturale, oltre che economico. Le parole pronunciate da Ursula von der Leyen in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Bocconi, sono state uno sprone inaspettato: «Milano», ha detto la presidente della Commissione europea, «è la città che non si arrende, che trova la forza di risalire per dare opportunità. Siete una capitale europea del successo, ora siete una capitale europea della solidarietà». Il dramma che abbiamo vissuto, certo, lascerà tracce indelebili in ognuno di noi, ma tutti insieme possiamo reagire. Anche Fondazione Bracco, che ha da poco celebrato i suoi primi 10 anni di attività a favore della cultura, della scienza e del sociale, ha voluto fare la sua parte. Già a settembre è stata a fianco della Scala, istituzione simbolo della cultura milanese, sostenendo il Concerto Straordinario dedicato al personale sanitario e diretto dal Maestro Chailly, con coro e orchestra del Teatro alla Scala nella Sinfonia n° 9 di Ludwig van Beethoven. Un impegno che veniva ad aggiungersi al sostegno che la Fondazione assicura da anni ai giovani talenti scaligeri come Membro Fondatore dell’Accademia. Lettera a Milano | 91


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