WSA TN_People. Chiedimi cos'è la fragilità. Interviste su inclusione e marginalità

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Intervista a ELENA VALLORTIGARA, Carabiniere scelto dell’Arma dei Carabinieri e campionessa italiana di salto in alto

Il record non si improvvisa! Molte persone, quando iniziano ad acquisire un po’ di fama, si ritrovano circondate da falsi amici, gente che apparentemente tiene a te, ma che in realtà lo fa solo per popolarità. Hai mai riscontrato questo problema? Sicuramente la popolarità implica anche più persone attorno a sé, ma sono sempre stata attenta alle persone che decido di far entrare nella mia vita e, soprattutto crescendo, ho imparato ancora meglio a distinguere chi mi cerca per interesse o perché mi vuole bene. Non mi ritengo una persona così popolare, anche perché tendo ad essere abbastanza riservata e sono poco presente anche sui social, che di questi tempi sono il principale veicolo della propria immagine. Quando mi è successo di avere a che fare con atteggiamenti superficiali, ho cercato di tenere queste persone, gentilmente, a distanza. Ti sei mai trovata ad affrontare i commenti degli hater, i quali non guardano nel complesso una persona ma si concentrano sui loro piccoli errori? Generalmente cerco di prendere qualsiasi commento nei miei confronti nel modo più neutro possibile, che sia positivo o negativo. Ascolto sempre e cerco di trarre sempre qualcosa di utile, ma odio i giudizi da parte di chi non sa, perciò per me è utile solo ciò che mi dicono il mio allenatore, la mia famiglia e le poche altre persone che mi conoscono davvero. Che cosa vuol dire per te la parola record? Il record per me è una delle motivazioni più forti. È indipendente dal contesto, che sia allenamento o gara (o tipo di gara), è sempre presente e quindi posso sfruttarla in qualsiasi momento. È un numero che rappresenta il mio massimo come atleta o il massimo a cui aspirare per essere migliore in assoluto. Pur essendo sempre stato un elemento motivante, negli anni in cui ho avuto tanti problemi, era diventato allo stesso tempo quasi un’etichetta, in senso negativo, perché mi chiedevo sempre se sarei mai riuscita a cambiarla e a raggiungere quello che sapevo essere il mio valore. Che cosa pensi dell’improvvisazione? Nel mio sport c’è poca improvvisazione: è tanto lavoro e tanta ripetizione per arrivare ad automatismi che permettano, soprattutto in gara, di non pensare nemmeno più perché il corpo sa già cosa fare. Interpreterei questo termine anche nel senso di modificare le nostre azioni a fronte di un imprevisto, che si sa, è sempre dietro l’angolo e non sai mai cosa aspettarti.


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