Una filiera che rappresenta una risorsa e non un problema
Tassa sulla carne: se ne parla, ma è una fake news Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare
L’ipotesi di una tassa sulla carne per mitigare l’impatto ambientale delle emissioni di gas serra non è un argomento nell’agenda delle Istituzioni. Ecco alcuni motivi perché non è la soluzione
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a diversi anni nello scenario mondiale si discute di come sarà il pianeta nel 2050, quando si prevede che la popolazione mondiale sfiorerà i 10 miliardi di abitanti. Si fanno ipotesi su come potranno essere distribuite le risorse ma soprattutto su come gli effetti del cambiamento climatico, di cui stiamo già vivendo drammaticamente adesso alcune conseguenze, potranno incidere sulla qualità della vita dell’intero pianeta. Che ci siano oggi problemi legati alle emissioni di gas serra anche da parte del comparto agroalimentare è un fatto innegabile. Ed è evidente anche che - specie nel mondo occidentale - una cattiva alimentazione e una dieta non bilanciata sono causa in diversi Paesi di malattie sociali come l’obesità e il diabete che incidono sui costi di gestione della sanità pubblica nel curare malattie cardiovascolari o legate all’insorgere dei tumori, per taluni eccessi e cattive abitudini propri dei Paesi ricchi. In questo contesto, legando le due problematiche climatica e salutistica, c’è chi au-
spica che la riduzione dei consumi di taluni alimenti possa comportare notevoli risparmi sia nell’impatto climatico da questi sostenuto, sia negli interventi sanitari che verrebbero ridotti, le cui risorse potranno essere destinare alla produzione di alimenti alternativi più sostenibili. È fuori da ogni dubbio la volontà di mettere sul banco degli imputati la filiera agroalimentare dell’allevamento e il consumo di
carni trasformate che ne deriva. Alla prima si attribuisce infatti l’emissione di gas serra per una quota del 14,5% (fonte FAO) mentre il consumo di carni trasformate è stato classificato come potenzialmente cancerogeno nel rapporto dell’OMS del 2015. Il bersaglio più facile è rappresentato dai ruminanti (bovini da latte e da carne e ovini in particolare), che molti considerano gli unici responsabili della immissione di gas metano nell’atmosfera e di altri elementi clima-alteranti come l’anidride carbonica e il protossido di azoto. Per questi animali la produzione del gas dipende in gran parte dall’alimentazione: quella tradizionale a base di foraggi è quella che ne produce la maggiore quantità ed è anche quella meno “efficiente” da un punto di vista nutrizionale. Invece negli allevamenti intensivi propri dei Paesi occidentali, dove più acceso è il dibattito ambientale, la migliore efficienza produttiva a base di diete bilanciate tra alimenti ricchi di fibra grezza (foraggi freschi, insilati, fieni) e quelli con un buon contenuto proteico (cereali e leguminose), impatta in modo più ridotto sull’emissione di CO2, oltre a metano INGEGNERIA
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MAGGIO 2020
ALIMENTARE
le carni