Ingegneria Alimentare maggio

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sicurezza alimentare

miglioramenti e blockchain, come visto fino ad ora, potrebbe essere un’importante chiave di svolta. Data la sua architettura, potrebbe essere una soluzione vantaggiosa sia per grandi che piccole-medie imprese (Unuvar, 2017). Tuttavia diverse limitazioni potrebbero frenarne l’adozione. Ad oggi l’ammontare di informazioni che possono essere processate è piuttosto limitato e prima che tutte siano accessibili e reperibili bisognerebbe studiare come stipulare i diversi contratti tra le parti e anche come bilanciare trasparenza e riservatezza (Garavaglia, 2018). L’industria alimentare è piena di segreti e per questo blockchain potrebbe essere non ben vista da alcune aziende e ritenuta un problema (Rose, 2017).

Se da un certo punto di vista blockchain potrebbe aumentare la trasparenza della filiera alimentare e rendere più appetibili al consumatore i prodotti che mediante essa vengono tracciati, allo stesso tempo potrebbe essere pericolosa per piccole realtà non in grado di poterla applicare: un marchio come Walmart potrebbe ricavare molto potere e influenza rispetto altri marchi che non sono in grado di adottare la medesima tecnologia. A tutto questo bisogna aggiungere che blockchain è ancora a uno stato primordiale del suo sviluppo in questi termini e molte persone sono diffidenti nel suo potenziale. Non da meno, la sfida più grande di blockchain è la sua stessa adozione: tutte le parti devono adottare la tecnologia affinché possa funzionare e nella grande distribuzione

non tutte le compagnie condividono gli stessi ideali, così che alcune potrebbero influenzarne altre con il proprio potere. Per integrare con successo blockchain nel sistema alimentare bisognerebbe che tutti i partecipanti del settore fossero orientati allo stesso modo. La blockchain ancora sperimentale ad oggi di Walmart avrà sicuramente successo perché legata a un importante marchio della GDO, ma i sistemi di centinaia di compagnie potrebbero non mostrare lo stesso appeal. Blockchain nasconde un enorme potenziale e richiederà anni di lavoro e perfezionamento ma chissà che dietro al suo sviluppo non si nascondano la nuova Apple o la nuova Facebook... ¢ Bibliografia disponibile presso gli autori e in redazione

Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

Un articolo di Angelo Gamberini pubblicato sul sito Unaitalia

Analisi Efsa - Carni e prodotti animali sempre più sicuri Recenti analisi evidenziano che la presenza di ormoni, antibiotici e sostanze indesiderate nelle carni e dei prodotti animali migliora di anno in anno.

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a carne, il latte e le uova che arrivano sulle nostre tavole sono sempre più sicuri. Secondo i dati più recenti, riferiti alle analisi Efsa-Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare del 2018, appena lo 0,3% degli oltre 650.000 campioni esaminati presenta valori fuori norma. In altre parole, il 99,7% dei campioni è perfettamente in regola con una costante diminuzione dei casi “non conformi”, ovvero quelli che evidenziano residui eccedenti i limiti previsti dalle normative. In vari casi, inoltre, la presenza di sostanze indesiderate non origina da comportamenti scorretti da parte di chi alleva, ma da contaminazioni di origine ambientale. A sottolineare la situazione in costante miglioramento è stato recentemente Angelo Gamberini, giornalista e veterinario, in un articolo pubblicato sul sito di Unitalia. L’autore ha preso in esame l’impiego di antibiotici in relazione ai fenomeni di antibiotico-resistenza da parte di alcuni batteri,

argomento sempre più d’attualità. È diffusa convinzione, per quanto errata, che all’origine di questo fenomeno ci sia un uso improprio in campo veterinario: Gamberini precisa che i sostenitori di questa tesi si appellano a talune statistiche che “hanno però il limite di non distinguere fra animali da reddito e da affezione e che non tengono conto dei farmaci esportati. Con l’avvento della ricetta elettronica si potranno finalmente avere dati puntuali.” Secondo Efsa la presenza di residui di antibiotici si è registrata su appena lo 0,17% dei campioni esaminati. Il compito di contrastare i batteri è sostituito sempre più da efficaci misure di biosicurezza, da uno strategico ricorso ai presidi vaccinali e dall’utilizzo di armi antimicrobiche alternative. Negli ultimi sei anni l’uso di antibiotici si è ridotto del 30%. Quanto agli ormoni, il numero di campioni non in regola si è fermato al modesto 0,25%. Per i ricercatori la presenza di questi residui poteva originare non da comportamenti illeciti, ma da situazioni fisiologiche degli animali. Senza contare che l’impiego di ormoni, almeno in Europa, è vietato da sempre, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi

come ad esempio gli Usa. Vi sono tuttavia altre molecole in grado di stimolare la crescita e il cui uso è ammesso, ma solo per motivi terapeutici. In questo novero rientrano, anch’essi presi in esame dalle analisi di Efsa ha preso in esame anche i beta-agonisti ed anche in questo caso i risultati hanno testimoniato la correttezza dell’operato degli allevatori, con i risultati “non conformi” fermi allo 0,01% dei campioni sospetti. In altre parole il 99,99% della carne non ne presenta tracce. La ricerca di sostanze indesiderate o illecite nei prodotti di origine animale, continua nella sua disamina l’autore, si è allargata a molte altre molecole: “Anche per loro le analisi hanno confermato la sicurezza dei prodotti che escono da stalle e pollai. Quei pochissimi casi ove ciò non avviene diminuiscono anno dopo anno. E i controlli evitano che anche quei pochi possano giungere sulle nostre tavole. Eppure è convinzione diffusa che gli animali siano ‘imbottiti’ di farmaci. Una fandonia, una fake news, per dirla con un anglicismo alla moda, che si sente troppo spesso ripetere. È allora il momento di cambiare opinione su carne e allevamenti – conclude Gamberini.” ¢ INGEGNERIA

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MAGGIO 2020

ALIMENTARE

le carni


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