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La coda pubblica porta verso la sanità privata

su Netflix o su Prime Video. La politica parla sempre delle stesse cose che interessano sempre di più ai partiti e sempre meno alla gente. Non è qualunquismo, è la realtà. Lo dimostra la crisi del Pd, una volta partito di massa, oggi ridotto a partito-salotto dove si discute persino sulla scelta del tè. A proposito di divisioni la sinistra non ha mai smesso di praticare questo sport: dal congresso di Livorno del 1921 ad oggi sono passati più di cento anni ma i distinguo, le spaccature e le scissioni sono state più dei compleanni. E ci sta provando anche adesso in attesa dei gazebo. La destra governa litigiosa e divisa, ma ha trovato il suo modo di vincere appiccicandosi insieme grazie proprio a una legge elettorale fatta dal Pd per fregare il Movimento 5 Stelle nella precedente legislatura. Sappiamo tutti come è andata a finire. Allora. E ora. Comunardo Niccolai, re degli autogoal del Cagliari del-

Le stranezze all’italiana. Un Paese diviso su tutto. Da Cospito ai cinghiali, da sinistra a destra lo scudetto, non avrebbe saputo fare meglio: due su due. Intanto si riscoprono gli anarchici che credevamo fossero spariti dai tempi di Valpreda e Pinelli vittime, vere, di un sistema deviato. Invece esistono, sono ancora quel movimento trasversale che attraversa “il mondo intero” e che purtroppo non ha lasciato le bombe nel cassetto della storia. La vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito, un sovversivo, non un padrino, che comunque merita la galera. Rischia un ergastolo ostativo per una bomba esplosa senza vittime. Non ha sciolto nessun bambino nell’acido come Matteo Messina Denaro ma la legge, e la Cassazione, dicono che deve stare al 41 bis. Francamente su questa vicenda la pensiamo come Diletta Belotti che ha scritto un pezzo impeccabile nel numero scorso de L’Espresso, anche se i continui disordini e violenze per le strade (condannabili senza se e senza ma) non fanno certo un favore alla causa dell’anarchico in sciopero della fame.

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Intanto gli italiani pazienti (in tutti i sensi) si mettono in fila per i servizi sanitari. La storia di copertina raccontata da Gloria Riva disegna una mappa della sanità con le toppe che sta perdendo persino la sua funzione sociale: quando per una tac occorre un anno di attesa o, peggio ancora, mesi e mesi per avere un referto istologico dove una persona sta aspettando se le arriverà sulla testa una possibile sentenza di morte, c’è qualcosa che va al di là delle inefficienze, delle lungaggini, della mancanza di personale. È mancanza di umanità. Una Caporetto per quello che era uno dei migliori servizi sanitari pubblici del mondo che cede efficienza e fa avanzare gli interessi del privato.

“L’Italia è il Paese che amo…” esordì Silvio Berlusconi nel suo messaggio a reti unificate (le sue) quando decise di scendere in politica. Anche gli italiani amano l’Italia. Solo vorrebbero che l’Italia li amasse un po’ di più.

Sebastiano Messina GUIDO CROSETTO

A settembre Laura Pausini si rifiutò di cantare “Bella ciao” perché, disse, «io non canto canzoni politiche, né di destra né di sinistra». Invece il ministro della Difesa Guido Crosetto ha accolto l’invito di Fiorello a cantarla in pubblico. Anche se poi ha cercato di ridimensionare l’evento, ricordando che una volta «era un canto contadino», il co-fondatore di Fratelli d’Italia ha rotto il tabù della destra post-missina. Considerato l’ambiente, ci voleva un coraggio da partigiano.

Damiano Tommasi

L’aveva detto e l’ha fatto: via dalle panchine i divisori anti-clochard, simbolo dell’ostilità perbenista verso i senzatetto. Damiano Tommasi, ex centrocampista della Roma, oggi sindaco di Verona, preside di una scuola, padre di sei figli e la domenica mediano del Sant’Anna d’Alfaedo (seconda categoria) dimostra ai veronesi che la vita ricomincia a 48 anni. E alla sinistra in crisi d’identità rivela che c’è un modo semplice per conquistare la fiducia dei cittadini: mantenere le promesse.

Silvio Berlusconi

Non ha potuto ottenere la riduzione delle tasse e l’aumento delle pensioni minime a 1000 euro, e oggi guida un partito scivolato al sesto posto nei sondaggi, eppure Silvio Berlusconi è riuscito a piazzare due colpi a sorpresa. Ha venduto Il Giornale, che evidentemente non gli serve più, e ha incassato il clamoroso risultato del suo Monza in casa della Juve. Ha ceduto un quotidiano che perde e si gode la squadra che vince. L’ex Cavaliere si conferma inaffondabile, anche a 86 anni.

Elisabetta Alberti Casellati

Investita del delicatissimo compito di varare il presidenzialismo, la ministra Elisabetta Alberti Casellati prima è incappata nella sgrammaticatura di voler coinvolgere il presidente della Repubblica in una riforma parlamentare, poi ha spinto alle dimissioni il suo capo di gabinetto Alfonso Celotto - professore di Diritto Costituzionale - che evidentemente non condivide la proposta che lei sta per annunciare (il premierato?). Un elefante in una cristalleria si muove meglio.

Alessandro Gassmann

«Andassero definitivamente a fare in c**lo», manda a dire al Pd Alessandro Gassmann, che già twittava «Li mortacci vostri!» ai romani che parcheggiano in seconda fila. Lui adopera con disinvoltura su Twitter lo stesso tono imperativo che suo padre, il grandissimo Vittorio, usava ne «L’armata Brancaleone»: «Bifolchi uscite dalla fanga, ché io farò di voi un’armata che sia veltro e lione al tempo istesso». La differenza del lessico conferma che si eredita il cognome ma non lo stile.

Carlo Fuortes

Non sono solo canzonette. Accettando di trasmettere un videomessaggio di Zelensky al Festival di Sanremo, la Rai ha sfidato chi alimenta la comoda convinzione che questa guerra non ci riguardi. Eppure, dopo aver difeso la sua scelta giusta, Carlo Fuortes ha precisato che il video sarà prima visionato dai dirigenti Rai, e forse anche da lui. L’hanno chiamato «controllo preventivo», ma l’idea di poter applicare la censura al presidente di un Paese bombardato dai russi è surreale.

Carlo Cottarelli

Il recente viaggio in Algeria di Giorgia Meloni è stato presentato come una prima componente del suo “piano Mattei” per l’Africa, piano che la Presidente aveva già citato nel suo discorso di richiesta di fiducia lo scorso ottobre. Il tema era quello della immigrazione. Dopo aver parlato di blocchi delle partenze dei barconi e di hot spot per il filtraggio dei migranti, Meloni proseguiva: «E allora mancherà un’ultima cosa da fare, forse la più importante: rimuovere le cause che portano i migranti, soprattutto i più giovani, ad abbandonare la propria terra, le proprie radici cultu-

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